Legge di stabilità

Angeletti: La Uil pronta a scioperare

Taglio cuneo fiscale ci sembre una presa in giro

Roma, 16 ott. – (Adnkronos) – La Uil e’ “certamente pronta” a proteste forti e allo sciopero contro le misure della legge di stabilita’ che riguardano il pubblico impiego: dal blocco dei contratti a quello del turn over, dal taglio degli straordinari alle misure sulla liquidazione. A dirlo, in diretta a “L’Economia Prima di Tutto” su Radio1 Rai, e’ il segretario generale della Uil Luigi Angeletti.

“Il governo aveva detto basta ai tagli lineari, annunciando: d’ora in poi solo operazioni chirurgiche sulla p.a. per decidere dove investire e dove tagliare – afferma Angeletti – Cosa c’e’ invece di piu’ lineare di bloccare la contrattazione? Colpisce tutti i lavoratori dipendenti, qualsiasi lavoro facciano, qualunque importanza abbia il loro lavoro per la vita dei cittadini. Adesso basta, siamo certamente pronti” a proteste “molto forti”.

Anche allo sciopero? Luigi Angeletti risponde secco: “Certamente”. “La rateizzazione della liquidazione inoltre da il senso della disperazione: vanno alla ricerca dei soldi ovunque – continua il leader della Uil – E’ gravissimo e senza nessun criterio, se la prendono sempre con le stesse persone. Basta”, conclude Angeletti.

“Il problema dell’Italia e’ la scarsa crescita, non il debito. E a me sembra che l’unica preoccupazione di questa legge di stabilita’ sia stata di stabilizzare la tenuta del governo, non l’economia. A pagare non possono essere sempre i soliti”. A dirlo e’ il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, intervistato in diretta a “L’Economia Prima di Tutto” su Radio1 Rai.

In questa legge di stabilita’ secondo Angeletti “sotto i titoli, non c’e’ nulla: ci sentiamo presi in giro”. Soprattutto sulle misure per il lavoro le parti sociali si sentono “assolutamente prese in giro”, in particolare per quanto riguarda la riduzione del cuneo fiscale.

“Tutto il mondo ci spiega da mesi che per dare una spinta alla ripresa occorre fare manovra che riduca le tasse sul lavoro: il governo ha fatto solo finta – afferma – E fare finta comporta che si possono fare tutti gli annunci, si puo’ ostentare ottimismo, ma la realta’ e’ che nel 2014 noi continueremo ad essere il peggior paese dell’Ocse per la crescita e per l’occupazione, aumentando anche il divario rispetto agli altri”.

Insomma Angeletti prevede che “ad una simbolica riduzione tasse corrispondera’ una ripresa solo simbolica: l’unica cosa reale sara’ un ulteriore aumento della disoccupazione”. Anche sul fronte della riforma dell’Imu, il leader della Uil attacca: “come per tutto il resto a pagarne il prezzo sara’ il  paese, ci perderanno i cittadini italiani con piu’ difficolta’, chi perde il posto di lavoro e soprattutto i giovani”.

Di Menna: “Blocco del contratto e degli scatti. Una doppia penalizzazione ingiusta e inaccettabile”.

Legge di stabilità

Per la scuola una doppia penalizzazione e una ingiustizia inaccettabile – è il giudizio del segretario generale della Uil Scuola dopo l’approvazione della legge di stabilità.
Nel documento di bilancio del Governo si dà seguito a quanto approvato dal Consiglio dei ministri ad agosto.  Questo vuole dire, non solo retribuzioni ferme – spiega Di Menna – ma anche, blocco degli aumenti per anzianità, già finanziati, previsti dal contratto vigente.
Praticamente, dietro articoli e commi, c’è la decisione del Governo di prendere 300 milioni destinati alle retribuzioni degli insegnanti e del personale della scuola e di destinarli ad altre spese – commenta in modo molto critico il segretario della Uil Scuola – un modo di operare che contrasta con la tanto dichiarata attenzione per chi insegna e fa funzionare la scuola tra mille difficoltà.
Il Governo e le forze politiche debbono cambiare questa scelta che per la scuola rappresenta una doppia ingiustizia.
E’ già prevista una riunione di tutti i sindacati della scuola,  il 28 ottobre, per decidere le modalità della protesta e le forme di mobilitazione.
Serve una vera trattativa con il Governo finalizzata alla discussione sul rinnovo  contrattuale sulla parte economica e normativa e per il riconoscimento professionale.
Siamo in presenza di una legge di stabilità fatta soprattutto di titoli.  Per dare una spinta alla ripresa occorre ben altro,  una manovra che riduca le tasse sul lavoro: il governo ha fatto solo finta. A pagare non possono essere sempre i soliti.

Legge di stabilità, pubblico impiego penalizzato

Bonanni: legge di stabilità, pubblico impiego penalizzato

Veniamo da anni in cui ci hanno caricato di tasse e balzelli. Nella manovra del governo c’è ora una inversione di tendenza sul fisco. Ma è ancora un segnale troppo debole. I lavoratori e i pensionati giustamente vogliono di più“. È quanto afferma il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, in una conversazione con Repubblica Tv. “Tutti quelli che giustamente sono delusi per la manovra e si lamentano, devono avere chiara una cosa: o si sconfigge il partito della spesa pubblica improduttiva o noi le tasse non le abbasseremo mai“, ha sottolineato Bonanni. “Ogni volta che si tratta di discutere di tagliare le inefficienze, gli sprechi, le consulenze inutili, le poltrone politiche di enti inutili e le tante ruberie, salta il banco. Anche questa volta è accaduto tutto questo. Ha vinto il partito della spesa pubblica intoccabile. Ecco perché il Governo Letta deve avere più coraggio e noi come sindacato ci mobiliteremo. O si sconfigge il partito della spesa pubblica improduttiva, o le tasse non si abbasseranno mai. Quanto al pubblico impiego, la Cisl protesterà perché non si può far pagare ai lavoratori pubblici e ai precari della pubblica amministrazione la permanenza di un blocco di potere politico e affaristico che saccheggia la spesa pubblica”.

Editori, studenti, banda larga e Apple: una intervista molto lunga al ministro Carrozza

Editori, studenti, banda larga e Apple: una intervista molto lunga al ministro Carrozza

di Riccardo Luna
da Post
16 ottobre 2013

Il 2 ottobre scorso sono stato ricevuto dal ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza nel suo ufficio al ministero a viale Trastevere. Abbiamo avuto un lungo colloquio che prendeva le mosse dalla pubblicazione del decreto ministeriale sui libri digitali di cui io stesso avevo dato notizia sabato 28 settembre con un tweet. Avendo parlato con il ministro qualche settimana prima avevo avuto modo di apprezzare la sua appassionata visione sulla scuola ed ero ottimista sul decreto tanto da mandare un tweet positivo ad occhi chiusi, mentre mi imbarcavo da Bolzano per Roma; e invece atterrando a Fiumicino mi sono accorto subito che la lettura del testo aveva scatenato accese polemiche onestamente tutt’altro che infondate.

In particolare in quelle ore via Twitter c’è stato un brusco botta e risposta con il preside dell’Istituto Majorana di Brindisi Salvatore Giuliano (“E’ un regalo agli editori” “Lei come si permette?”); su Facebook l’editore indipendente Agostino Quadrino (Garamond) aveva avviato una discussione molto critica ancora non sopita; mentre Roberto Scano, esperto tecnologo con una sensibilità al tema dell’accessibilità, aveva messo il testo su un gdoc pubblico per accogliere proposte migliorative del testo.

In realtà il testo è intoccabile, nel senso che a differenza di un decreto legge, che deve essere convertito in legge dal Parlamento, il decreto ministeriale è immediatamente esecutivo dopo il visto della Corte dei Conti. In questo contesto, e nei giorni in cui il governo Letta sembrava al capolinea, il ministro mi ha invitato al ministero “per chiarire”. Ho dato conto subito dei punti essenziali del suo pensiero e del succo della polemica in corso il 4 ottobre su la Repubblica. Ma quel resoconto a mio avviso aveva due difetti: non rendeva giustizia di tutto il ragionamento del ministro e della sua visione della scuola; e non offriva al mondo della scuola uno strumento completo su cui impostare un dialogo con chi oggi ha la responsabilità di guidare il passaggio al digitale. Spesso in realtà i limiti di spazio dei quotidiani, riducono il tutto a un botta e risposta che fa assomigliare anche le questioni più importanti e delicate per il nostro futuro, e la scuola lo è, a delle mere dispute “calcistiche”, trattate come se fossimo dei tifosi.

Ho finalmente trovato il tempo di sbobinare l’intervista di dieci giorni fa. Ho deciso di farlo e di metterla in rete in versione integrale, senza altri aggiustamenti se non qualche correzione stilistica che la renda comprensibile, perchè ritengo che per non si possa non partire dalla scuola per far ripartire questo paese; ma da questa frase che tutti ripetono a macchinetta, discende l’obbligo di approfondire i problemi, avere il coraggio di perseguire delle soluzioni innovative e soprattutto uscire dagli slogan.
Il pensiero del ministro sui libri digitali, il futuro della scuola, il ruolo innovativo dei privati, il rapporto critico con Apple, sono tutte cose che affido alla rete, ovvero ai tanti che si occupano di scuola, sperando così di rendere un servizio utile al ministro ma soprattutto al mondo della scuola anche in vista di un grande appuntamento nazionale che il ministro vuole convocare sul tema, il prossimo 9 novembre.

Come la penso, credo risulterà evidente dalle domande piuttosto insistenti: potendo aggiungere una considerazione, mi sento di dire che dal colloquio ho ricavato l’impressione che il ministro sia animato da ottime intenzioni ma qualcuno al MIUR abbia forzato il testo in qualche passaggio a vantaggio degli editori scolastici senza dirlo al ministro; ma mi rendo perfettamente conto che affermare una cosa di questo tipo vuol dire sostenere che il ministro è stato imbrogliato da un suo collaboratore e quindi mi rimangio questa considerazione politicamente scorretta e rinvio ad un altro momento la risoluzione di alcune incompatibilità che ci sono tra il testo del decreto e quello che il ministro mi ha ripetuto per quasi un’ora. Buona lettura a chi avrà la pazienza di arrivare fino al termine.

Parliamo del decreto sui libri. Essendo un decreto ministeriale appena lo avrà vistato la Corte dei Conti, sarà legge. Voglio dire, mentre il decreto legge di inizio settembre sulla scuola deve essere convertito dal Parlamento, questo fa già parte della nostra vita, come studenti e famiglie intendo. 

Il decreto sui libri va avanti, quello “l’Istruzione Riparte” va discusso in commissione istruzione, ora bisogna capire la calendarizzazione, era previsto il termine del 4 ottobre per gli emendamenti. Le vicende del governo hanno avuto dei contraccolpi sui tempi, vediamo… Io confido che la discussione vada avanti.

Perché approvare in tutta fretta un decreto ministeriale sui libri digitali, alla vigilia di una crisi di governo, mentre il Parlamento sta discutendo la norma quadro che rappresenta la visione del suo ministero sulla scuola? Voglio dire, perché non aspettare il Parlamento? Qualcuno in commissione c’è rimasto male…
Perchè c’è il combinato disposto dei due decreti che conta per i libri…

A maggior ragione avrei atteso il Parlamento.
No, perché questa materia fa parte delle competenze del ministro. Il provvedimento “l’Istruzione Riparte” è di reinvestimento sulla scuola, ma è indipendente. Il primo e il secondo decreto non hanno bisogno reciprocamente dell’altro.

Infatti nelle premesse di questo decreto ho visto che “tenete conto” di un sacco di norme precedenti ma non di quelle del decreto in conversione.
Chiarisco. Questo decreto è un atto che rientra nelle mie prerogative. Nel decreto “l’Istruzione Riparte” la parte molto rilevante per i libri digitali è la liberalizzazione. Lì c’è la vera politica sui libri.

Allora, il decreto era molto atteso. Erano un po’ che si mormorava che avrebbe preso nettamente le distanze dal precedente decreto Profumo, del marzo scorso. Alcuni molto scontenti in rete, altri meno. Ma entriamo nel merito. Una delle cose che più interessa le famiglie è probabilmente il fatto che, abrogando per intero il precedente decreto Profumo, il prezzo dei libri scolastici aumenta.
Dobbiamo capire che è il combinato disposto dei due decreti che conta. E quindi la politica sui libri digitali si compone di tre parti e ha un obiettivo fondamentale. Il primo obiettivo è liberalizzare questo mondo e quindi rendere l’adozione dei libri facoltativa.

Già lo è, facoltativa, lo è sempre stata, ovvero da tantissimi anni.
Il decreto “l’Istruzione Riparte” conferma, precisa e ribadisce questo punto dando anche un indirizzo. Perché su queste cose c’è bisogno di un indirizzo politico. E l’indirizzo politico è quello che l’adozione dei libri è facoltativa: si definisce il fatto che la responsabilità è del collegio dei docenti che può anche decidere di non adottare affatto libri di testo e scegliere altri strumenti.

Fantastico. Ma questo è un principio che già c’era. Voi lo avete ribadito.
E’ un principio che dal punto di vista della legge andava ristabilito.

Perché? Davvero non lo capisco… Perché era così importante se già esisteva al punto che molte scuole lo facevano?
Appunto, per permettere a quelle scuole di farlo e per rafforzare questa scelta politica. E chiarire definitivamente che questa è una opzione.

E le altre due parti importanti, dopo la liberalizzazione?
Un investimento nelle infrastrutture che è nel decreto “l’Istruzione Riparte” e che stiamo provvedendo a mettere in atto.

In questo caso non parla di infrastrutture intese come edilizia scolastica, ma della rete – immagino.
Esatto. E quindi la connessione in rete di un maggior numero di aule, il fatto che noi vorremmo far sì che tutte le aule siano connesse. Il nostro compito è dire: parte questa sfida della digitalizzazione dei libri e della scuola digitale, per farlo occorre che tutte le scuole siano connesse. Il terzo elemento è…

Mi perdoni ma tutte le aule connesse è un passaggio fantastico rispetto all’attuale “connetto la segreteria del preside con l’adsl”, è meraviglioso.
Sì.

Sì ma in che modo? Con quali risorse?
Ora faremo il decreto di attuazione. Proprio oggi abbiamo discusso di come attuare questo principio, ovvero la parte di attuazione per il finanziamento della rete. Abbiamo fatto quello per il comodato d’uso dei libri o strumenti per fruire dei contenuti digitali, allocando le risorse per il 2013 per sostenere il fatto che reti di scuole possano distribuire o libri o strumenti per fruire dei libri digitali. Si inizia a reinvestire sul fatto che noi dobbiamo prima di tutto dotare tutti i bambini italiani degli strumenti per fruire dei libri, altrimenti la digitalizzazione la potremo fare solo nelle scuole dove c’è qualcuno che interviene. Il mio obiettivo quindi è liberalizzare, ovvero dare una responsabilità al collegio dei docenti; secondo, dotare le scuole per quanto si può con le risorse disponibili, della connessione, soprattutto per scaricare contenuti dei libri; e terzo, non avere una piattaforma di Stato, ovvero dire che lo Stato consiglia una piattaforma o un’altra, ma lasciare libere le scuole di dotarsi di piattaforme per la fruizione dei libri e insistere sull’open access, cioé non devono esserci licenze o libri il cui contenuto sia legato ad una certa piattaforma Samsung o Apple, ma far sì che ogni bambino possa fruirne a prescindere dal tipo di tablet o lettore che ha a casa. Secondo me questo è il passaggio più complicato: se noi agiamo nell’ottica di dire che c’è una scelta nazionale diventa una questione di appalti di Consip.

Era la strada del precedente decreto di Profumo…
Sì, infatti io non ho voluto cancellare o reindirizzare quello che aveva fatto il ministro Profumo. C’è una evoluzione e l’evoluzione parte dal concetto che rispetto all’impostazione di quel decreto io vorrei liberalizzare, gradualmente gestire questo passaggio, diffondendo a tutti i bambini, le alunne e gli alunni italiani, queste piattaforme entrando in una logica di coordinamento con le donazioni private… Il mio prossimo passaggio se rimarrò ministro sarà quello di lavorare sulle defiscalizzazioni delle donazioni. In questo momento le defiscalizzazioni delle donazioni dei privati alle scuole sono il 19 per cento, io vorrei arrivare al 100 per cento. E in più garantire come Ministero, anzi come governo, che noi entriamo in una politica di accesso aperto, non di accesso vincolato ad un particolare software o piattaforma perché questo innesca dei meccanismi sbagliati.

Mi ha innescato molte domande… Vorrei tornare un attimo indietro su quel che ha detto prima. State lavorando al decreto che si occupa della rete internet nelle scuole. In sostanza l’obiettivo è portare la banda larga in tutte le classi?
L’obiettivo, se io avessi le risorse per farlo, è la banda larga in tutte le classi, ma ci arriverei attraverso i comuni, come stiamo facendo con l’edilizia scolastica che ha trasferito risorse e competenze localmente. Quello che io non voglio fare sono gli appalti di Stato: vorrei la responsabilità di queste dotazioni fosse negli enti locali più i dirigenti scolastici.

Questo vuol dire trasferire risorse: è questo che sta pensando di fare?
Sì. Come abbiamo fatto con il comodato d’uso.

Ma sono risorse che vanno trovate già nella prossima Legge di Stabilità che dovete approvare?
No, ci sono già nel decreto “l’Istruzione Riparte”.

Sì, ma quei 15 milioni per la banda larga sono nulla.
Questo è quello che per ora ho trovato. Poi gradualmente continuerò a cercare risorse. E’ un processo. Io voglio lanciare il tema. Se si lancia un piano definendone l’attuazione in modo trasparente poi magari riesco a convincere anche i privati o altri soggetti a intervenire e sostenere questo processo. Ma il principio che mi muove è quello di andare ad una autonomizzazione delle scuole in queste materie.

Perfetto. Lei diceva che il suo decreto è una evoluzione di quello di Profumo. Ok, tutto è una evoluzione del passato – in un certo senso. Ma Profumo stabilì che dal prossimo anno i libri, tutti i libri scolastici, sarebbero stati digitali. Punto. Lei parla di graduale accompagnamento di questo passaggio…
La gradualità a cosa è legata? Il principio che a me sta a cuore non è tanto il fatto che si compia in uno o due anni. Più breve è il tempo e meglio è: l’obiettivo è rispondere agli obiettivi che ci dà l’Unione Europea di digitalizzare la scuola. Per me questo è inequivocabile. Noi dobbiamo farlo e più rapidamente possibile. Però vorrei che ci fosse in questo una dotazione degli strumenti equa sul territorio nazionale e quindi vorrei innescare un processo virtuoso anche in collaborazione con le donazioni liberali, le scuole e i comuni, e dotare tutti degli strumenti per far sì che i bambini abbiano un lettore per i libro. Perché poi il libro può essere digitale solo se la scuola può dare ad ogni alunno la possibilità di fruirne.

E come si fa? Mi spiego: come si fa a mettere un lettore in mano ad ogni studente italiano?
Secondo me questi processi non si fanno per decreto. Lo si fanno con una serie di politiche complessive. Non è che da oggi dico che la scuola è digitale, quando poi in certe scuole non hanno nemmeno l’antisismica…

Tante scuole non sono in regola con i certificati antisismici.
L’indirizzo del governo Letta è quello della scuola digitale. Questo si compone di una serie di politiche, che ci sono già. Da una parte “l’Istruzione Riparte” e quindi la dotazione del Wi-Fi, la liberalizzazione, riaffermare il principio che è il collegio dei docenti a decidere. E poi c’è il decreto sugli ebook. E poi ci saranno altri strumenti con i quali noi, gradualmente, garantiremo questo passaggio.

Lei lo sa meglio di me: con 15 milioni la banda larga nelle scuole non la portiamo. C’è una strada lunga da fare.
Lo so.

E i tablet ad otto milioni di studenti come dovrebbero arrivare? Dalle famiglie? Dalle scuole? Che idea si è fatta?
Se io potessi e avessi le risorse, sulla base della mia conoscenza del mondo della scuola, darei la possibilità ai dirigenti scolastici, con un fondo di autonomia scolastica, di acquistare in comodato d’uso i lettori di libri digitali, meglio se tablet, per darli in comodato d’uso ai ragazzi.

Chiaro. Fermiamoci un istante. Lei in questo momento ha in mano un iPad.
Giusto.

Però dal discorso che ha fatto finora mi pare di poter dire che nella sua visione la piattaforma di Apple per i libri scolastici non è compatibile con la scuola che ha in mente. Lo traduco troppo brutalmente?
Io personalmente uso i tablet da quando esistono e uso Apple per scelta. Ma ho provato anche un Samsung e mi sembra una piattaforma altrettanto valida. E come ministro non posso scegliere una marca rispetto ad un’altra.

Ci mancherebbe. Però dicendo che le piattaforme scolastiche devono essere aperte e interoperabili, lei sta dicendo che Apple è fuori?
Apple si dovrà adattare, se vorrà vendere nelle scuole italiane, a fare una piattaforma aperta.

Si chiama notizia.
Si chiama interoperabilità.

L’ho letto, è nel decreto.
Apple se vorrà giocarsi questo mercato dovrà sviluppare una piattaforma interoperabile.

Non è banale.
Questi sono fatti di Apple. Vede, se io dico agli studenti di usare una piattaforma chiusa, poi li obbligo a comprare licenze e strumenti che funzionano solo lì. E così il mio compagno di banco che ha il Samsung poi deve comprarsi un altro tablet? Io questo non lo voglio. Io voglio che tutti possano utilizzare il libro a prescindere dal tablet che hanno, il docente non deve assicurarsi che uno abbia comprato la licenza… ci deve essere un principio di open access. Per me questo è l’elemento essenziale, che non si debba fare la fatica alle famiglie di inseguire un software piuttosto che un altro.

Bene. Però queste cose le dite in una parte del decreto, l’allegato, che è tutto un condizionale. Un “dovrebbe”, “potrebbe”, “vorrebbe”… Sembra una circolare, non un decreto. Ci sono solo auspici, compresa l’interoperabilità.
No, non sono auspici, l’allegato tecnico ha lo spirito…

(leggo alcuni passaggi del testo) Guardi che è cosi, tanto che una delle polemiche che ci sono state sulla rete, in particolare da Roberto Scano…
Non so chi sia Roberto Scano

E’ un esponente autorevole del mondo digitale che si occupa in particolare di accessibilità. In questo caso ha messo il testo del suo decreto su un g-doc affinché tutti potessero apportare dei suggerimenti. Ma la mia domanda è: perché tanti condizionali? Mica è una circolare.

Perché voglio dare un indirizzo.

Sì ma le cose che vuole per la scuola, dovrebbero o devono essere fatte?
Quando si fa una rivoluzione digitale come questa, bisogna stare attenti: io ho la responsabilità di un milione di insegnanti ma anche di otto milioni di studenti. Avere la responsabilità di otto milioni di studenti che da Bolzano a Mazara del Vallo devono fare questo passaggio e lo devono fare con lo spirito di pari opportunità, equità, open access, dando a tutti la possibilità di usare gli strumenti che già hanno; avere questa responsabilità per me è enorme. Di qui, il tono del decreto: per me equivale a dire qual è l’indirizzo, cominciare a entrare in questo processo che non sarà un processo che si potrà fare in tre giorni. Io non mi illudo che la scuola digitale in Italia ci sarà in sei mesi o un anno. Guardi, che l’editoria tradizionale del libro scolastico sia superata è ormai accertato. Il problema è se gli editori vorranno rilanciarsi e giocare questa partita, vedremo. Ma probabilmente ci saranno tanti nuovi attori e io voglio anche impedire che qualche nuovo attore impedisca ad altri di entrare, non voglio nuovi monopolisti. Quindi prima di tutto abbiamo un obiettivo formativo: devo garantire che tutti questi otto milioni di studenti imparino la matematica, l’italiano e le storia; nello stesso tempo devo garantire che ci sia un mercato liberalizzato, non voglio favorire un produttore piuttosto che un altro. Anzi voglio favorire una nuova imprenditorialità che mi piacerebbe scaturisse da questa politica. Chi giocherà bene questa partita sarà colui che saprà fare uno strumento a costi accessibili, che vada su tutte le piattaforme e però insegni a fare le equazioni, le espressioni e la storia contemporanea. Allora quando si parla di un percorso di cambiamento così industriale nell’istruzione, bisogna far sì che tutti abbiano gli strumenti adatti. E poi c’è un’altra cosa: è necessaria una garanzia che quello che gli studenti studiano nel loro libro sia valido, occorre che il collegio dei docenti ne riconosca l’autorialità, ovvero che qualcuno si prenda la responsabilità di dire che quel contenuto è un contenuto adatto.

Ecco, è un passaggio fondamentale. Lo approfondiremo, ma prima mi faccia tornare su una cosa che ha appena detto. Lei ha citato gli otto milioni di studenti e il suo compito di indirizzo. In realtà su alcune cose lei è abbastanza imperativa nel testo del decreto. Per esempio la “tutela degli interessi patrimoniali degli editori” sono ribaditi addirittura tre volte. Tre volte è tanto…
A me degli interessi degli editori non interessa nulla.

C’è scritto tre volte in poche righe.
Ci sono scritte tante volte tante cose.

Quindi lei sta dicendo che lei non si è mossa per tutelare anche gli interessi degli editori scolastici?
Sì.

Allora perché rispetto al decreto Profumo di appena sei mesi fa lei ha modificato l’importo dei tagli sui tetti di spesa che le famiglie devono affrontare, riducendoli?
Perché il libro con il decreto l’Istruzione Riparte adesso è opzionale. Il libro può anche non essere adottato, questo è il punto.

Ma era già così, l’aumento del prezzo di copertina che c’entra?
Era così per un gruppo piccolissimo di scuole. Quel gruppo piccolissimo ha fatto dei passi avanti, il “Book in progress”, le Scuole senza zaino, sono elementi di crescita del sistema ma io devo far sì che tutti acquisiscano questo messaggio.

Ma era necessario alzare il prezzo dei libri, riducendo i tagli previsti, per far passare il messaggio? Non capisco davvero.
Tanto i libri cartacei nello spazio di pochi mesi, o pochi anni, probabilmente un anno o due, spariranno come sono spariti tanti strumenti del passato.

In che senso spariranno?
I libri cartacei tradizionali spariranno. E’ inevitabile. Ho visto i cali delle vendite dei vocabolari, ho visto 15 mila dizionari in meno. Questo è inesorabile.

Ma l’aumento dei prezzi conseguenza del suo decreto riguarda anche i libri digitali. Oltre al fatto che l’Iva sui libri è al 4 per cento, mentre su quelli digitali è il 21. C’è qualcosa che pensate di fare?
Ci lavoreremo. Questo è un aspetto importante.

Perché sennò è un controsenso con tutto quello che stiamo dicendo.
È un aspetto importante.

Bene, lei stava parlando del tema della autorialità dei libri fai-da-te nelle scuole. Ricordo anche un tweet che mandò qualche mese fa in cui asseriva che poi qualcuno deve validare i testi scolastici. Bene, nell’allegato del decreto ho trovato il fatto che dovrà esserci la validazione del libro. Che vuol dire? E’ una cosa che letta così suona male…
Vuol dire che deve essere chiaro chi è l’editore. Se c’è una rete di scuole, ci deve essere un comitato scientifico con nomi ben riconosciuti che faccia la validazione del testo. Qual è la funzione buona dell’editoria? Io vengo dal mondo accademico. Qualunque rivista scientifica, online o cartacea, ha un editore riconosciuto. Ma non è tanto un problema dell’editore come stampatore, ma di avere un comitato redazionale con nomi e cognomi a cui si dà la responsabilità della validazione del processo editoriale. Questo può anche essere fatto da un comitato di insegnanti.

Ma lei questo passaggio non lo disciplina, nel decreto. Dice soltanto che serve la validazione. Chi decide?
Se ne discuterà. Il 9 novembre faremo un convegno nazionale sul tema del libro digitale al quale inviteremo tutti. Sarà alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Inviteremo insegnanti, attori del mondo digitale che hanno fatto le prime esperienze. Tutti: sarà un convegno aperto in cui si discuterà proprio di questo aspetto, la valutazione dei contenuti. Non è che creeremo un ente apposta.

Va bene dirlo perché in questo paese c’è stato un ventennio in cui il controllo sui libri era, diciamo così, al confine della censura e oltre. Il Miur non tornerà a fare il controllore?
No, questo lavoro non lo può fare il ministero.

Non è una cosa di stampo fascista, bene.
Vede, una qualunque rivista scientifica ha un comitato editoriale. Deve essere tutelata l’authorship, cioé chi è l’autore, chi valida questo percorso – che può essere anche una rete di scuole, ma non deve mettermi i nomi delle scuole e dei dirigenti scolastici, deve mettermi chi è il comitato che valida il contenuto. Possono benissimo farlo altri insegnanti. Alcuni insegnanti oggi cosa fanno? Scrivono libri per conto di una casa editrice. E l’editore è quello che sceglie la linea editoriale. Nel passaggio al libro digitale ci sarà una liberalizzazione, ma ci deve essere anche una responsabilizzazione di chi fa questo. E’ ottimistico pensare che il tutto possa avvenire in stile Wikipedia. Ma non perché io non creda in Wikipedia. Wikipedia è uno strumento che sta lì, dove ciascuno può dare il suo contributo e apportare correzioni. C’è un tempo di latenza, a volte veloce e a volte lento. Qui però si tratta di dare ai ragazzi uno strumento con cui imparare a studiare.

In realtà, per quanto riguarda il libro di testo, il responsabile è il docente che lo adotta e che quindi anche in qualche caso lo scrive.
E quindi uno deve dire: il responsabile di questo testo è quel docente.

Ha visto questa storia – un po’ buffa e un po’ triste – capitata con Giunti Editore?
No.

Pare che ci sia un libro scolastico dove i friuliani sono descritti come un popolo di spazzacamini, e l’attribuzione dei vini locali è sbagliata, così come il dialetto. Si chiama il Giardino dei saperi, leggo su un’agenzia.
Probabilmente Giunti si è pregiudicato la possibilità di vendere libri scolastici in Friuli, è stata una bella prova.

Ma il punto è: anche gli editori sbagliano.
Certo.

La validazione a cui lei pensa è piuttosto una autocertificazione?
E’ una autocertificazione di un gruppo di insegnanti. Per esempio se io potessi dare un suggerimento a chi ha fatto “Book in progress”…

Ecco, diamoglielo, perché sono arrabbiati.
Tanti sono arrabbiati, sempre. Chi fa scelte in politica fa sempre arrabbiare qualcuno. Ma il punto fondamentale è un altro. Il mio suggerimento è dotarsi di un comitato scientifico, fatto da insegnanti, di esperienza o anche giovani, in modo che alcuni producano e altri valutino. Si chiama valutazione fra pari. Questo introduce un elemento di autocontrollo. Non la considero una cosa mostruosa. Prendiamo la matematica, che è la stessa da anni: se uno cambia il metodo di insegnarla, devo far sì che la novità venga validata da altri insegnanti di matematica in modo da garantire gli studenti. Se poi fra tre anni si vede che con quel libro li, con quelle novità di metodo, attraverso i dati Invalsi e altri test, emerge che l’apprendimento degli studenti migliora, beh, questo è il mio obiettivo, perché io sono convinta che alla fine sarà così.

In che senso? Diciamolo più chiaramente.
Sono convinta che l’introduzione di questa liberalizzazione, della produzione di testi e il confronto, inevitabilmente porterà innovazione nella scuola.

E quindi ne avranno un beneficio gli studenti.
E quindi gli studenti ne avranno un beneficio. Però tutto deve essere fatto in un’ottica aperta. Non voglio monopolisti, non di nuovo. Perché in questi processi la cosa peggiore è far finta di liberalizzare per poi trovarsi un nuovo monopolista.

Facciamo nomi e cognomi dei monopolisti se possibile: lei chi ha in mente? Apple? O “Book in progress”? Che intende?
Intendo il fatto di usare obbligatoriamente una piattaforma piuttosto che un’altra.

Ok, mi pare che in questo momento i libri di “Book in progress” si leggano solo su dispositivi Apple. È questo il punto?
Non lo sapevo, sinceramente non ne ho idea. Ma quello che posso dire è che non voglio monopolisti. Non ho in mente una esperienza piuttosto che un’altra di scuole digitali. Ma non voglio che ci sia una scelta che obblighi tutti ad avere la stessa piattaforma. Questo mi fa orrore! Per esempio io ho una LIM (lavagna interattiva multimediale) nella mia stanza, la vede? Quella lì. L’ho voluta provare per capire personalmente. E la trovo una cosa massiccia, grande, che è difficile spostare da una stanza all’altra. E mi dico: ma perché non dotiamo le scuole di un fondo per comprarsi la lavagna, o il proiettore – o ancora dieci proiettori con i soldi di una lavagna – della marca che loro ritengono più adatta?

Mi sta dando una bellissima notizia, personalmente: vuol dire che la finirete di spendere soldi in LIM. 
Ma sì, io penso che quel filone sia finito. Sì.

E che fine fanno tutte quelle che il MIUR ha pagato a peso d’oro negli anni scorsi?
Chi le ha le usa. Ma è finita l’epoca in cui si acquistano piattaforme di Stato, questo è il punto.

Mi pare molto significativo. Senta, in rete c’è stato un battibecco fra lei e il preside dell’Istituto Majorana di Brindisi, Salvatore Giuliano, leader di “Book in progress”. Forse i toni sono stati un po’ forti.
Mi ha accusata di aver fatto un regalo agli editori.

E lei ha risposto per le rime. Ma – battute a parte – se non è un regalo agli editori, perché la tutela dei loro interessi è ribadita tre volte e quella degli studenti mai?
Questo decreto è tutto fatto nell’interesse degli studenti.

E perché non lo avete scritto mai? Non so chi sia stato l’estensore materiale, magari il suo capo di gabinetto, l’ufficio legislativo. Quando si parla di libri di testo o studenti si parla solo dell’obiettivo di ridurre il peso.
Il testo del decreto lo ha curato un professore che si occupa di libri digitali.

Però la invito con serenità a leggere quello che ha firmato, perché è un po’ distante da quello che mi ha detto finora.
Il decreto è stato fatto solo nell’interesse degli studenti.

Guardi, io l’ho ascoltata un paio di settimane fa al meeting di Cernobbio, ho sentito con quanta passione ha parlato della scuola…
Per me l’obiettivo è solo l’interesse degli studenti.

Però il decreto resta. E’ scritto, è legge. Poteva scriverlo lì. Sennò uno che sta fuori, mettendo assieme il rinvio del libro digitale, la cancellazione del tablet per tutti e l’aumento dei libri di testo, si fa una idea sbagliata.
Se uno da fuori si legge anche il decreto “l’Istruzione Riparte” trova una norma più importante che rende il libro di testo facoltativo. Quella è la chiave di tutto.

Bene. Ho visto che è attesa a Bergamo in una visita dalla professoressa Dianora Bardi, che guida il progetto “Impara Digitale” partito con successo da un liceo di Bergamo. Qualche tempo fa è stata a Brindisi da Giuliano. Qui al Miur state ricevendo i protagonisti di belle storie di innovazione dal basso. Che idea si è fatta di questo mondo?
Io penso che queste siano esperienze molto belle e il mio compito come ministro è far sì che siano riproducibili su tutto il territorio nazionale. Portare tutto il paese allo stesso livello valorizzando il lavoro di chi va avanti. Io voglio facilitare chi va avanti e mandarlo più avanti possibile, ma voglio anche guardare al resto del paese e portare il resto del paese in quelle condizioni. Vorrei che tutti potessero utilizzare i libri digitali: a Casal di Principe, che è un caso particolare, o nelle periferie più estreme, o nelle terre più isolate, voglio che le scuole abbiano la possibilità di dare a tutti i ragazzi un lettore per fruire di questi contenuti. Vorrei insomma che le migliori esperienze in corso venissero messe a disposizione di tutto il paese.

Giustissimo, giustissimo pensare a Casal di Principe e a chi sta indietro. Ma lei con questo decreto sta spostando più in là il traguardo. Non c’è più l’obbligatorietà del libro digitale dal prossimo anno scolastico.
No.

Questo mi pare un fatto significativo. D’altro canto a me colpisce sapere che a Brindisi sono riusciti a dare un tablet ad ogni studente trovandosi i soldi da soli.
Infatti io voglio favorire le scuole in questo processo.

Ma come le favorisce? Voi i soldi non li avete per darli direttamente, temo. Restano solo le donazioni private?
Noi un po’ di soldi li metteremo e abbiamo iniziato a metterli nei provvedimenti fatti. È la prima volta che c’è uno stanziamento per comprare strumenti in comodato d’uso.

Mi ricorda di quanti soldi parliamo?
Circa otto milioni. Lo trova sul sito del MIUR. E comunque, una parte dei soldi verranno da noi, per il resto favoriremo delle donazioni private.

Vuol dire che è questo il prossimo decreto che farà? Defiscalizzare al 100 per cento le donazioni dei privati alle scuole?
Ci ho lavorato, ci stiamo lavorando.

Siamo nelle mani del suo collega, il ministro dell’Economia Saccomanni.
Abbiamo iniziato a parlarne con Saccomanni e con la Ragioneria. È un punto essenziale per me. Perché io ho parlato con molti genitori nel forum dei genitori. E ho capito una cosa: la scuola italiana è più evoluta laddove la comunità entra nella scuola. Ho visto per esempio Reggio Children, oppure delle scuole in Toscana a Montespertoli. Lì c’è una partecipazione alla vita della scuola dei genitori, degli imprenditori, degli enti locali e delle fondazioni. Per esempio mi piacerebbe fare un patto con le fondazioni bancarie in cui si inseriscono gli investimenti in edilizia scolastica e universitaria – ma anche nella scuola digitale – quale criterio di politica del bilancio sociale. E da lì vorrei fare un piano nazionale in cui si chiede alle fondazioni bancarie di assisterci in questo processo per dotare ogni bambino italiano di un tablet o un lettore digitale.

Nella sua visione i privati hanno ruolo fondamentale. Eppure soprattutto a sinistra c’è sempre stata una paura di “privatizzare” la scuola. Mi pare di poter dire che lei sta spalancando loro le porte: come donatori.
Esatto, come donatori. Sono stata in una scuola in Toscana recentemente dove un imprenditore, di cui non si sapeva nemmeno il nome perché non era scritto, aveva donato i tablet. A me è piaciuto questo ed è piaciuta la scuola senza zaino di Montespertoli dove questo modello è assimilato e fa sì che tutti gli studenti abbiano la stessa dotazione.

Senta, lasciamo da parte le polemiche: il progetto “Book in progress” le piace o no?
“Book in progress” mi piace, magari ce ne fossero altri di casi così, e magari avesse più successo di quello che ha oggi.

Beh, duecento scuole non sono poche.
L’importante adesso è che liberalizzi la piattaforma e che trovi criteri di autovalutazione interna, ma questo lo ritengo un normale processo di maturazione.

Quindi lei non vuole passare come un nemico della scuola digitale, nonostante le apparenze.
Che la scuola diventerà tutta digitale è sicuro. Il problema è andarci nel modo migliore. Io vorrei gestire questo passaggio favorendo una nuova imprenditorialità. Per esempio abbiamo fatto incontro con quelli che al CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) seguono questi temi e sono pronti a collaborare.

C’è poi un aspetto di cui non abbiamo parlato, ed è il ruolo che hanno i tablet e i libri digitali nel favorire gli studenti affetti da problemi di apprendimento. Senza contare che il costo per gli insegnanti di sostegno aumenta ogni anno: la scuola digitale vista da questo punto di vista è anche un elemento di spending review.
Sì, ma più che altro si rende più facile la vita a chi ha una dislessia. Io stessa ho parlato con i genitori di bambini con questi problemi e mi dicevano che per loro è essenziale avere il supporto di un libro digitale.

Un’ultima cosa: lei oggi è stata cortese e disponibile come raramente lo sono i politici, e di questo le sono grato. Alcune cose che ha detto sono davvero importanti, ma credo che su alcuni punti non sia stata convincente. Uno su tutti: l’aumento dei prezzi. Difficile capire perché lo ha fatto.
Noi abbiamo fatto molto di più: abbiamo reso possibile per le famiglie non spendere nulla permettendo ai docenti di autoprodursi i libri.

Legge di stabilità: azioni legali contro blocco contratto

Legge di stabilità: azioni legali contro blocco contratto

La Gilda degli Insegnanti si mobiliterà con tutti gli strumenti possibili per evitare questa ulteriore stangata

La Gilda degli Insegnanti annuncia l´avvio di azioni legali contro il blocco del contratto e degli scatti di anzianità previsti dalla legge di Stabilità.

“Da una prima lettura della bozza del provvedimento – spiega il coordinatore nazionale Rino Di Meglio – emerge che anche per i docenti, il cui contratto è fermo già da 5 anni, non ci sarà alcun rinnovo fino al 31 dicembre 2014 senza, per giunta, indennità di vacanza contrattuale. Ciò ridurrà ulteriormente il potere di acquisto degli insegnanti e – aggiunge Di Meglio – inciderà sui docenti che andranno in pensione, sia per il mancato adeguamento dello stipendio, sia perché la liquidazione sarà pagata entro 12 mesi e non 6, come avviene ora“.

La scuola e gli insegnanti – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – hanno già ampiamente contribuito al bilancio dello Stato, attraverso i tagli e il blocco degli ultimi 5 anni, e la Gilda degli Insegnanti si mobiliterà con tutti gli strumenti possibili per evitare questa ulteriore stangata”.

I giovani per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione

FAO denuncia l’impatto dello spreco alimentare dal punto di vista ambientale
I giovani per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione:
“Uno spreco al giorno leva il pianeta di torno”
Uno slogan e un poster per la sensibilizzazione della cittadinanza
concepiti e realizzati nelle prime due ore di lezione

Lecce – Oggi 16 ottobre, in occasione dell’anniversario della sua fondazione, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) celebra la Giornata Mondiale dell’Alimentazione con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della fame nel mondo e promuovere un corretto e sano regime alimentare. Il tema scelto per questa edizione è “Sistemi alimentari sostenibili per la sicurezza alimentare e la nutrizione” mentre “Perdite e sprechi alimentari globali: dalla riduzione alla prevenzione per un sistema alimentare sostenibile” è il tema del convegno internazionale organizzato dal ministero degli Affari Esteri – Cooperazione Italiana allo Sviluppo, presso la sede centrale della FAO a Roma.

Ed è in linea con questo obiettivo che i giovani promotori del progetto “Dieta Med-Italiana”, studenti dell’Istituto Galilei-Costa di Lecce, hanno voluto fornire alla campagna un personalissimo contributo e l’hanno fatto attraverso ciò che gli è più congeniale, la creatività e la comunicazione. Questa mattina hanno infatti concepito e concretizzato nelle prime due ore di lezione uno slogan, un sottotitolo ed un poster. Lo slogan è: “Uno spreco al giorno leva il pianeta di torno”, il sottotitolo recita “…perché spreco non fa rima con eco”, mentre il poster raffigura il pianeta terra morso a metà come una mela. L’auspicio dei giovani salentini è quello di aggiungere una voce dal basso e contribuire alla sensibilizzazione della cittadinanza al delicato tema dello spreco alimentare.

Dello spreco alimentare se ne parla sempre di più ma forse si fa sempre di meno. Secondo il rapporto della FAO ogni anno nel mondo si buttano via 1,3 miliardi di tonnellate di avanzi, pari a un terzo di tutto il cibo prodotto: quattro volte quanto servirebbe a nutrire quasi un miliardo di persone che soffrono la fame. Tradotte in denaro le perdite ammontano a quasi 680 miliardi di dollari nei paesi industrializzati e a circa 310 miliardi di dollari per quelli in via di sviluppo. Quindi di fronte a chi non ha di che nutrirsi, c’è chi può permettersi di sprecare ogni giorno una quantità impressionante di cibo.

Di fronte a questi dati, viene a tutti da pensare: “peccato”, non sapendo quanto sia azzeccata l’espressione in quanto è davvero un peccato, un peccato mortale, mortale per il pianeta. Il peso ambientale di quello che sprechiamo dipende sia da quanto sprechiamo, sia da cosa sprechiamo perché ogni alimento ha una propria impronta ambientale che dipende dalla sua filiera di produzione: lo spreco di 1 kg di carne “costa” all’ambiente 10 volte la quantità di gas serra e di azoto reattivo richiesti da 1 kg di pasta. Lo spreco di 1 kg di manzo utilizza invano 594 litri di acqua blu a fronte dei 15 litri per lo stesso quantitativo di pasta. Pertanto, anche se i cereali rappresentano il 35% della massa di cibo tipicamente sprecato, mentre la carne, alimento più caro e pregiato, ne rappresenta il 12%, i loro impatti ambientali sono comunque elevati.

Il rapporto Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources è il primo studio che analizza l’impatto delle perdite alimentari dal punto di vista ambientale, esaminando specificamente le conseguenze che esse hanno per il clima, per le risorse idriche, per l’utilizzo del territorio e per la biodiversità.

Poster in alta risoluzione a richiesta.

Alcuni collegamenti utili:
Giornata Mondiale dell’Alimentazione: www.fao.org/getinvolved/worldfoodday/it/
Rapporto FAO (in inglese): www.fao.org/docrep/018/i3347e/i3347e.pdf

Il CNPI è morto. Viva il Consiglio Superiore dell’Istruzione?

Il CNPI è morto. Viva il Consiglio Superiore dell’Istruzione?

Un’importante sentenza del TAR Lazio, in data 3 ottobre scorso, ha rimesso in moto la questione degli organi di rappresentanza territoriale del sistema scuola.

Come è noto, tutto l’impianto di tali organi era stato rinnovato con un Decreto Legislativo del 1999 (il n. 233, emanato in attuazione di una delega contenuta nella Legge 59/97). Quel Decreto prevedeva inizialmente che i nuovi organi entrassero in vigore in coincidenza con la riforma dell’autonomia e demandava al Ministro l’emanazione di un’ordinanza per lo svolgimento delle relative elezioni.

Quell’ordinanza non è mai stata emanata. Invece, è iniziata una serie di proroghe, che hanno mantenuto in vita i ” vecchi” organi collegiali territoriali, quelli del 1974, rinnovati per l’ultima volta nel 1996. Estintisi via via i Consigli Distrettuali e poi quelli Provinciali, era rimasto in vita il solo CNPI, all’interno del quale erano ormai quasi del tutto scomparsi gli eletti originari, surrogati con sempre maggiore difficoltà per il progressivo esaurirsi delle liste.

La stagione delle proroghe si è chiusa con il 31 dicembre 2012, quando il CNPI ha cessato – anche formalmente – di esistere. Al suo posto, il nulla, dato che non sono state avviate le procedure per eleggere i nuovi organismi.

E’ su questa situazione, di disapplicazione per via amministrativa di una legge dello Stato, che si è inserito il TAR Lazio, con la sentenza 08843/2013, per effetto della quale il MIUR è stato condannato a dare attuazione, entro il termine di 60 giorni, a quanto previsto dal DLgs. 233/99 (e cioè ad emanare l’ordinanza e ad indire le elezioni). In caso di inadempienza, è stato già designato il Commissario ad acta, nella persona del Prefetto di Roma, che subentrerà ex officio e dovrà provvedere a quanto necessario, entro l’ulteriore termine di 60 giorni.

Sembra quindi che – a meno di un’improbabile impugnativa davanti al Consiglio di Stato (che comunque difficilmente potrebbe modificare una sentenza ampiamente motivata) – sia giunto il momento di voltare pagina e di dar vita ad un importante tassello di quel disegno complessivo sull’autonomia che in tutti questi anni si è fatto di tutto per accantonare e rimuovere.

E’ vero che i “nuovi” organi sono nel frattempo invecchiati, senza mai aver visto la luce, in parte per effetto della riforma costituzionale del 2001, in parte per l’affievolimento politico e concettuale del tema della sussidiarietà. Ma comunque sarebbe difficile sostenere che una riesumazione di organi concepiti nel 1974 possa costituire una soluzione più adeguata di quella – peraltro giuridicamente dovuta – della messa a regime di quelli voluti dal legislatore.

Finita dunque la stagione del CNPI, con poche luci e molte ombre (soprattutto nell’ultima, estenuata, stagione del suo mantenimento in una sorta di “coma farmacologico”), sembrerebbe stia per aprirsi quella del Consiglio Superiore: che avrà, se non altro, il pregio di essere più snello e comunque di risultare espressione della scuola odierna e non di quella del 1996.

Se così sarà, l’Anp è chiamata a fare la sua parte, per contribuire alla vitalità del nuovo Organo e per cercare di rilanciare, anche per questa via, il progetto dell’autonomia scolastica. Ovviamente, vi terremo informati sugli sviluppi della situazione.

Corso di Aggiornamento per l’insegnamento ai disabili visivi “Conoscenze e competenze per l’autonomia”

Corso di Aggiornamento per l’insegnamento ai disabili visivi “Conoscenze e competenze per l’autonomia”

ott 16, 2013

Al fine di consentire una migliore organizzazione e permettere al maggior numero di interessati un congruo tempo per potersi iscrivere al corso in oggetto, la scadenza per le iscrizioni è procrastinata al 31 ottobre.
Conseguentemente il calendario del corso viene così modificato:
Modulo 0 erogazione il 28 ottobre
Modulo 1 erogazione il 28 ottobre

Modulo 2 :seminario in presenza verrà realizzato nella settimana dal 19 al 23 novembre.

Il calendario di tutti gli altri moduli rimane invariato.
Si allega il calendario aggiornato.

Distinti saluti.

Il Presidente Nazionale
Prof. Tommaso Daniele

Programma e calendario didattico (aggiornamento)

Modulo 0 – Sessione di benvenuto
Data di inizio: 28 ottobre
Modalità di erogazione: FaD
– Presentazione della piattaforma e fornitura della guida rapida all’utilizzo
– Completamento del proprio profilo personale

Modulo 1 Caratteristiche generali della minorazione visiva – 28 ottobre
Data di inizio: 28 ottobre
Modalità di erogazione: FaD
– Definizione legale di cecità in Italia
– Principali cause della minorazione visiva in età infantile
– Parametri e strumenti per la valutazione della funzionalità visiva
– Considerazioni sulla cecità e sull’ipovisione in rapporto agli interventi educativi

Forum Modulo 1 – 4 novembre – ore 14.30/18.30
Audio conferenza con il docente sui temi affrontati

Modulo 2 – in un pomeriggio della settimana tra il 19 e il 22 novembre – ore 14.30/18.30 – Capoluoghi di Regione
Aula – Cecità e ipovisione in età evolutiva
– Aspetti psicologici generali relativi allo sviluppo del bambino con disabilità visiva
– Sviluppo e funzioni dei sensi vicari
– La condivisione dell’esperienza percettiva
– L’interazione comunicativa e relazionale
– Imitazione e gioco simbolico
– Presa di coscienza della propria minorazione visiva

Modulo 3 – Introduzione al Codice di lettura e scrittura Braille
Data di inizio: 04 novembre
Modalità di erogazione: FaD
– Struttura del codice Braille base a 6 punti
– Struttura del codice Braille informatico a 8 punti
– Lettura del codice Braille da parte delle persone vedenti: tavoletta, dattilo Braille e stampante Braille, punteggiatura e notazione matematica
– Strutturazione del layout della pagina
SSD: M-PED/03 – Ore di lezione: 20

Forum Modulo 3 – 08 novembre – ore 14.30/18.30
Audio conferenza con il docente sui temi affrontati

Modulo 4 – Strumenti per l’inclusione di alunni con disabilità visiva nella scuola
Data di inizio: 11 novembre
Modalità di erogazione: FaD
– Attività didattiche inclusive e attività didattiche speciali
– Ausili specifici per la geografia
– Ausili per la rappresentazione grafica
– Ausili specifici per il calcolo matematico
– Tavole tattili (narrazione e didattica)
SSD: M-PED/03 – Ore di lezione: 20

Forum Modulo 4 – 15 novembre – ore 14.30/18.30
Audio conferenza con il docente sui temi affrontati

Modulo 5 – in un pomeriggio della settimana tra il 19 e il 22 novembre – ore 14.30/18.30 – Capoluoghi di Regione
Aula – La rappresentazione del reale
– Dalla percezione tridimensionale alla rappresentazione bidimensionale
– Metodi, strumenti e tecniche di rappresentazione bidimensionale

Modulo 6 – Tecnologia informatica assistiva per la disabilità visiva
Data di inizio: 25 novembre
Modalità di erogazione: FaD
– Tecnologia informatica assistiva di base: lettore di schermo, sintesi vocale e display Braille
– Strumenti e tecniche per il trattamento testi
– Strumenti e tecniche per la scrittura della matematica
– Strumenti e tecniche per la creazione di audiolibri
SSD: INF/01, M-PED/03 – Ore di lezione: 30

Forum Modulo 6 – 29 novembre – ore 14.30/18.30
Audio conferenza con il docente sui temi affrontati

Modulo 7 – in un pomeriggio della settimana tra il 3 e il 6 dicembre – ore 14.30/18.30 – Capoluoghi di Regione
Aula – L’accessibilità digitale
Il principio di accessibilità
La normativa sull’accessibilità
La progettazione accessibile

Modulo 8 – Orientamento e mobilità
Data di inizio: 9 dicembre
Modalità di erogazione: FaD
– Percezione dello spazio nella persona non vedente e ipovedente
– Esigenze specifiche di mobilità in ambiente scolastico
– Ausili per la mobilità
SSD: M-PED/03 – Ore di lezione: 20

Forum Modulo 8 – 13 dicembre – ore 14.30/18.30
Audio conferenza con il docente sui temi affrontati

Modulo 9 – in un pomeriggio della settimana tra il 17 e il 19 dicembre ore 14.30/18.30
Aula – Muoversi nell’ambiente
– Tecniche di educazione all’orientamento e alla mobilità
– Progettazione degli spazi educativi
– Strumenti e tecniche di progettazione di interventi educativi individualizzati

Prova finale

N.B.: le ore in FaD non si riferiscono al tempo di connessione, ma rappresentano il tempo medio previsto per l’”assimilazione” dei contenuti didattici proposti.

Scuola italiana: buone notizie, almeno in apparenza

da Il Fatto Quotidiano

Scuola italiana: buone notizie, almeno in apparenza

di Marina Boscaino

Alla Fiera del Levante di Bari Matteo Renzi (segretario in pectore alla segreteria del Pd) si è lasciato andare a dichiarazioni che dovremmo tenere a mente. “Un paese civile, che non immagina di finire domani, deve ripartire da scuola, educazione, asili nido”. Condivisibile: sono anni che ci sforziamo di trasmettere lo stesso messaggio. “Deve ripartire da scuola, educazione, asili nido; deve scommettere sul capitale umano; diciamo però le cose come stanno. Abbiamo il voto degli insegnanti: il 43% vota per noi. Ma noi non ci siamo mai preoccupati fino in fondo degli insegnanti”.  Un’ammissione: chi potrebbe non essere d’accordo, a parte forse il riferimento al “capitale” umano. “Dobbiamo cercare di restituire agli insegnanti la forza sociale del loro impegno”. Argomentazione: gli lasciamo i nostri figli. Cosa c’è di più prezioso? Ma: “Li abbiamo bombardati con la contraerea di riforme, una dopo l’altra. Non li abbiamo mai coinvolti in un progetto serio”. Esattamente così.

Prendiamo per buone tutte queste affermazioni e svincoliamole, per un momento, dal fatto che – una campagna elettorale dopo l’altra – la scuola ha tradizionalmente occupato un posto d’onore, poi fatalmente sconfessato nella successiva prassi politica e amministrativa. Riconsideriamo, però,  quanto Renzi ha sostenuto nel tempo a proposito di scuola. Andiamo indietro di 2 anni. Siamo alle “100 idee per il Big Bang”: alla convention alla stazione Leopolda di Firenze il “rottamatore” presenta un documento con le sue cento idee per l’Italia.

Il programma sulla scuola della sedicente new generation, che si candidava ormai esplicitamente come alternativa al vetero-Pd, raccoglieva una serie di formulette: prestigio e reddito agli insegnanti capaci, con revisione del reclutamento e premialità (facile: basta non intervenire su quanto aveva già disposto Brunetta; e continuare ad omettere chi valuta e cosa valuta) ; eBook (un evergreen transgenerazionale) per tutti, con fornitura gratuita da parte del Miur dei dispositivi necessari per la loro lettura; 5 ore settimanali di inglese dalla quinta elementare (mentre tra i nostri ragazzi le competenze di letto-scrittura e di comprensione del testo in lingua madre sono scoraggianti, come ultimamente ha confermato il rapporto PIAAC OECD, che vede la nostra popolazione tra i 16 e i 65 anni ultima rispetto a 24 paesi proprio nelle competenze linguistiche). E poi l’abolizione del valore legale del titolo di studio, che secondo l’avvocato Mauceri (per la Scuola della Repubblica) “mette in discussione l’assetto istituzionale del sistema scolastico, perché comporterebbe una “liberalizzazione” (oggi molto di moda) dei percorsi formativi sul modello americano e si moltiplicherebbero i “progettifici”, senza un progetto culturale nazionale. La scuola del “fai da te”, insomma. Proposta demagogica, apparentemente innovativa, in realtà vecchia e in contrasto con l’assetto costituzionale. Un pericoloso florilegio di amenità, probabilmente concepite all’epoca per garantirsi visibilità, condite da modernità acritica e da ignoranza assoluta in merito a fini e problemi della scuola della Repubblica. Non una parola per la Costituzione, naturalmente (troppo “antica”?).

Tema, quello della Costituzione, accuratamente evitato anche nel programma politico presentato in occasione, un anno dopo, delle elezioni dello scorso febbraio. Per Renzi un’urgenza: accesso del 40% dei bimbi ad un nido pubblico. “Il costo stimato sarebbe di 3 miliardi l’anno di spese correnti. Elevato ma sostenibile, in una manovra complessiva da 75-90 miliardi come quella che proponiamo”. Il sindaco di Firenze affermava che “gli istituti scolastici devono godere di un’ampia autonomia, anche riguardo alla selezione del personale didattico e amministrativo, con una piena responsabilizzazione dei rispettivi vertici e il corrispondente pieno recupero da parte loro delle prerogative programmatorie e dirigenziali necessarie”: tradotto, potrebbe significare chiamata diretta del personale e pieni poteri al dirigente: requiem per gli organi collegiali. Per gli addetti ai lavori: un ritorno alla versione hard – quella originaria – della proposta di legge Aprea.

Nel programma di Renzi apparivano centrali anche la valutazione e sue implicazioni: delle scuole e dei docenti (per i quali si prevedeva formazione in servizio obbligatoria e carriera); incentivi ai dirigenti degli istituti con performance di alto livello;  riproposizione della logica del progetto Valorizza “già sperimentato in 4 province nel 2010-11”, di cui veniva però omesso il clamoroso fallimento. Ma questo è un altro discorso. Infine: edilizia e upgrade (sic!) tecnologico della didattica.

Non abbiamo motivi di pensare che il candidato alla segreteria confermi che “ripartire dalla scuola” significhi riproporre il programma presentato lo scorso anno e quindi rottamare alcuni aspetti fondanti della scuola dello Stato. Ma qualche dubbio c’è, considerando che la matrice neoliberista orienta le sue convinzioni anche in altri settori. Un sospetto che quella sua aria scanzonata e ridente, da eterno ragazzino un po’ saccente ma autentico in modo disarmante; quel suo colloquiare informale e quella schiettezza ostentata, continuamente rimarcata, non riescono proprio a fugare. Anzi.

500 emendamenti, un solo grido: più soldi

da Corriere della Sera

500 emendamenti, un solo grido: più soldi

Fra le   proposte: più geografia e ginnastica e niente accise sugli alcolici, bensì sulle bevande gassate

Valentina Santarpia

Corsa contro il tempo per discutere in Commissione cultura alla Camera gli emendamenti al decreto scuola, quello approvato il 9 settembre scorso e che dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni. Martedì prossimo, tra una settimana, il provvedimento arriverà in Aula e la commissione punta per allora alla scrematura delle modifiche proposte dai gruppi parlamentari. Sono quasi cinquecento in tutto gli emendamenti presentati, 180 solo da parte del Movimento Cinque stelle: una cifra enorme che è stata poi ridotta già lunedì dopo la scelta di dichiararne 129 inammissibili per problemi di copertura finanziaria oppure per incompatibilità di temi. L’idea di fondo che ha guidato le scelte della commissione è stata quella di evitare che il decreto, come molti altri che lo hanno preceduto, si trasformasse in un carrozzone su cui traghettare tutte le questioni irrisolte del mondo scolastico. E soprattutto aspetti troppo delicati per essere disciplinati senza un adeguato dibattito: come la durata massima delle specializzazioni mediche, che infatti non è stata considerata una modifica valida da discutere in questa sede.  Dall’aumento dei fondi per il diritto allo studio alle modalità dell’orientamento per le scelte degli alunni, restano comunque in piedi tantissime ipotesi di modifica del decreto. Vediamo le più importanti.

I SOLDI- Uno dei primi emendamenti riguarda gli investimenti: mentre il decreto prevede 15 milioni dal 2014 per il cosiddetto welfare scolastico, uno degli emendamenti stanzia invece dieci volte tanto, ipotizzando una spesa di 150 milioni, a partire già da quest’anno, per l’attribuzione di contributi e benefici a favore degli studenti delle scuole pubbliche. La copertura? Si troverebbe, stando all’ipotesi che dovrà essere sottoposta al vaglio del Parlamento, nella riduzione delle esenzioni fiscali e del Fondo per la tutela dell’ambiente. Diversi emendamenti propongono anche l’aumento del fondo per le borse di studio, che il decreto fissa a 100 milioni all’anno. Mentre per quanto riguarda i proventi derivanti dalle multe anti-fumo, che vengono estese anche a chi viene beccato ad accendersi una sigaretta nei cortili delle scuole, si chiede di modificare la destinazione: i soldi non dovrebbero andare più allo Stato, per essere usati per campagne anti-tabagismo, ma alle scuole stesse, perché siano impiegati per attività formative. Infine, vengono richiesti più fondi anche per i libri scolastici -proposto lo stanziamento di 50 milioni ai Comuni per l’erogazione di libri di testo gratuiti per tutti gli studenti della scuola primaria- e per il wireless: 15 milioni invece che i dieci previsti.

SPORT E SALUTE – Nelle scuole più attività fisica e meno snack: è questo il senso di alcuni emendamenti, che vanno nella direzione di considerare l’attività motoria e l’educazione alimentare come parte fondamentale dell’attività scolastica. Ad esempio viene introdotta la possibilità di rendere obbligatorie almeno due ore di ginnastica alla settimana, e di definire per legge le modalità di insegnamento e i titoli che i docenti dovranno possedere per insegnarla. E anche l’ipotesi di vietare l’introduzione nelle macchinette automatiche di cibi molto grassi e poco salutari e di promuovere invece una dieta mediterranea ricca di cereali, frutta, verdure, olio extravergine d’oliva e yogurt.

PIU’ GEOGRAFIA PER TUTTI – Un’ora di insegnamento di geografia generale ed economica negli istituti tecnici professionali: è quanto prevede il decreto Carrozza, cercando di superare una lacuna creata dalla riforma Gelmini. Ma un emendamento punta ad aumentare le ore di geografia anche nei licei, assegnandole due ore a settimana sia nella prima classe del biennio che nella seconda, mantenendo a tre le ore di storia. Bocciata invece la proposta di introdurre una nuova materia: l’emendamento sull’educazione sentimentale e sessuale è stato giudicato inammissibile.

ORIENTAMENTO – Il decreto allarga la platea degli studenti a cui destinare le politiche di orientamento: non più solo gli studenti di ultimo anno delle superiori, ma anche quelli del quarto anno. Le modifiche proposte in Commissione cultura prevedono di ampliare ancor di più il raggio di azione: dovranno essere, se gli emendamenti saranno accolti dal Parlamento, indirizzati anche gli studenti dell’ultimo anno delle scuole medie. E ad essere coinvolti nell’azione di orientamento dei ragazzi non potranno essere solo le agenzie del lavoro e le camere di commercio ma anche le associazioni di categoria, gli enti pubblici e quelli privati, nell’ottica di fornire agli studenti maggiori informazioni possibili sul quadro generale del lavoro nel Paese. In questo senso viene ipotizzata anche una massiccia campagna di informazione sull’apprendistato e sulle sue possibilità di inserimento immediato nel mondo delle professioni.

EDILIZIA SCOLASTICA – Non solo mutui, ma anche leasing finanziari per ricostruire le nostre scuole: ecco una delle novità che potrebbero essere introdotte in materia di edilizia scolastica. Un’agevolazione in più per permettere allo Stato di ricorrere agli aiuti della Banca d’investimenti d’Europa, alla Banca di sviluppo del consiglio d’Europa e alla Cassa depositi e prestiti per 40 milioni annui. Ma questi soldi dovrebbero essere spesi rendicontando ogni sei mesi sullo stato di avanzamento dei lavori al Parlamento: è quanto prevede un’altra proposta di modifica.

BISOGNI EDUCATIVI (SPECIALI)- I dieci milioni stanziati per migliorare le conoscenze degli studenti in che direzione devono andare? Secondo il decreto approvato un mese e mezzo fa, dovrebbero servire a migliorare gli apprendimenti generali, che in base ai dati Invalsi e Ocse-Pisa sono particolarmente bassi in alcune regioni. Ma per molti deputati invece no, devono essere indirizzati a colmare le lacune dei ragazzi con bisogni educativi speciali, in aumento vertiginoso nelle classi di ogni ordine e grado. Evitando così che i problemi siano delegati solo agli insegnanti di sostegno, già pochi e inadeguati rispetto alle esigenze.

PRESIDI LEADER – Come si diventa presidi? Diverse le modifiche proposte all’articolo 17 del decreto, che è quello che regola l’accesso alla carriera da dirigente scolastico. Le più singolari: quella che prevede il reclutamento su base regionale, per cui l’aspirante preside deve essere residente da almeno cinque anni nella regione in cui si candida, e l’emendamento che ipotizza che il candidato debba aver frequentato un master in leadership scolastica, per dimostrare di avere doti organizzative e da trascinatore.

BONUS MATURITA’ – Va bene abrogarlo, come prevede il decreto scuola. Ma perché togliere una chance a quegli studenti che avrebbero potuto entrare nei corsi di laurea a numero chiuso se solo avessero potuto sfruttare l’alto voto di maturità? E’ questo il senso di una serie di emendamenti che, pur rispettando l’abolizione del bonus maturità, che dava un punteggio in più ai candidati alle facoltà a numero chiuso, prevede la possibilità di immatricolare comunque in sovrannumero gli studenti che sono risultati fuori dalle graduatorie in quanto non hanno più potuto «giocarsi» la carta del punteggio aggiuntivo. Una sorta di sanatoria per venire incontro a quanti, forse contando proprio sul bonus maturità, non avevano dato il massimo ai test, risultando così esclusi dai corsi.

SALVIAMO LA BIRRA – Per evitare l’aumento delle accise sugli alcolici, individuato dal decreto come lo strumento per trovare i fondi per la scuola, i deputati si sono sbizzarriti: da una tassa sulle bevande analcoliche frizzanti  fino a proporre di assoggettare all’Iva comune alcuni prodotti postali, che invece usufruiscono di aliquote agevolate. Ma con l’accortezza di specificare che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dovrebbe vigilare per evitare che l’aumento dell’imposta venga traslato dagli operatori postali sui prezzi al consumo. E che quindi per salvare i bevitori si penalizzino gli utenti dei servizi postali.

L’enigmistica per aiutare i bambini con dislessia

da LaStampa.it

L’enigmistica per aiutare i bambini con dislessia

I bambini con dislessia presentano difficoltà sia nella lettura sia nello scrivere, rispetto a quanto atteso, hanno problemi con l’ortografia, sono lenti nello scrivere e perdono spesso la concentrazione, con conseguente diminuzione di autostima.

Questi problemi riguardano il 4-5% circa della popolazione scolastica italiana. Solo a partire dalla fine della seconda elementare è possibile fare una diagnosi definitiva con test e valutazione neuropsicologica e intervenire con un percorso terapeutico mirato. Ma un aiuto potrebbe arrivare anche dai giochi enigmistici.

Montessori 2.0: la scuola con Nfc e Rfid

da LaStampa.it

Montessori 2.0: la scuola con Nfc e Rfid

Si chiama Block Magic ed è la versione moderna dei blocchi logici dove trovano spazio nuove e vecchie tecnologie. Italia paese pilota

Molti ricorderanno i vecchi blocchi logici, oggetti fatti passare per giocattoli  ma che servono, principalmente, per agevolare lo sviluppo psico-cognitivo dei  bambini. Seppure se ne trovino ancora oggi nei negozi, c’è chi ha pensato di  modernizzarli, integrando il loro utilizzo con quello di strumenti digitali come  computer e notebook. È l’idea alla base di Block Magic , strumenti  che associano l’utilizzo dei blocchi con quello delle tecnologie Nfc e Rfid, per  restituire un’esperienza di utilizzo nuova ma altamente  formativa.
Finanziato  dall’Unione Europea nell’ambito del programma LLP-Comenius, Block Magic è il kit  di blocchi realizzato dall’Istituto  di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr di Roma, dal  Laboratorio di Cognizione Naturale e Artificiale e dall’Università  Federico II di Napoli in  partnership con l’Università di Barcellona, la Technische Universitat di Dresda,  la Ellinogermaniki Agogi della Grecia e la Lega del Filo  d’Oro. Il progetto  è la versione tecnologicamente avanzata dei tradizionali blocchi logici,  utilizzati nell’ambito dell’apprendimento scolastico grazie alla loro  teorizzazione e sviluppo da parte del pedagogista Zoltan Dienes. L’Italia è  paese pilota per il nuovo progetto assieme a Germania, Spagna e Grecia dove è  attualmente in fase di test.
“Mettiamola  così, con Block Magic la scuola immaginata dalla Montessori diventa 2.0 – dice  Orazio Miglino, responsabile scientifico del progetto e ordinario di Psicologia  Generale presso l’Università Federico II di Napoli e direttore del Laboratorio  per lo studio dei Sistemi Cognitivi Naturali e Artificiali dell’ateneo  federiciano. Le capacità manipolative e la capacità di prendere iniziativa  restano intatte. Composto da blocchi manipolabili, i Block Magic  portano un arricchimento tecnologico grazie alla presenza di antenne Rfid e  Nfc  grazie alle quali il bambino può interagire con un computer tramite il software  specifico a corredo. In questo modo vengono proposti esercizi, attività  creative, matematiche e logiche con un feedback acustico e visivo che guida i  piccoli durante gli esercizi. “Un software intelligente – aggiunge Miglino –  rende possibile una formazione individuale conforme allo specifico status di  sviluppo del bambino grazie all’adattamento del livello di difficoltà degli  esercizi. Proprio questa peculiarità rende il sistema un’inesauribile fonte di  sorpresa e stimola la curiosità e l’apprendimento”.
Nello  specifico l’hardware è composto da una piccola valigetta contenente 48 blocchi  logici organizzati sulla base di 4 categorie (3 differenti colori, 4 differenti  forme, 2 differenti grandezze e 2 differenti spessori) con dei tag passivi  che sfruttano la tecnologia Rfid, in grado di  identificare univocamente il pezzo e da una piccola tavoletta, il vero e proprio  lettore di Rfid per il riconoscimento dei blocchi, collegato tramite USB o  Bluetooth ad un computer.

PAS, arrivano le FAQ chiarificatrici: valido il sostegno senza specializzazione

da Tecnica della Scuola

PAS, arrivano le FAQ chiarificatrici: valido il sostegno senza specializzazione
di Alessandro Giuliani
Il Miur pubblica 11 risposte. Sul sostegno: valgono i periodi senza titolo, ma su classe di concorso richiesta. No alle supplenze di religione, via libera per quelle all’estero e al congedo per dottorato di ricerca o maternità. Ok ai servizi svolti col salva-precari e nei licei musicali. Con vincoli quelli con contratti atipici, in istituti paritari e Cfp. Confermata la validità del 2012/13. Se si dimostra la volontà dell´aspirante, domande regolarizzabili. Rimane il rebus sui costi.
Come avevamo preannunciato da giorni, il ministero dell’Istruzione ha provveduto alla pubblicazione di alcune FAQ relative ai PAS, i Percorsi Abilitanti Speciali a cui parteciperanno oltre 66mila candidati, con almeno tre anni di servizio di supplenza.
Quelli ‘postati’ dall’amministrazione, nella serata del 15 ottobre, sono in tutto di 11 punti. Che toccano svariati ambiti. Si parte con il servizio prestato dai docenti incaricati di religione, che il Miur conferma di non essere “valutabile ai fini della partecipazione al P.A.S., poiché non riconducibile ad alcuna classe di concorso o tipologia di posto”. Mentre è invece “valido il servizio di insegnamento prestato presso le istituzioni scolastiche italiane all´estero”. Come pure le supplenze sul “su posto di sostegno, anche senza il possesso del titolo di specializzazione, purché” riconducibili “alla classe di concorso o alla tipologia di posto richiesta”: in questo caso, però, il Miur specifica che serve anche “il possesso di almeno 180 giorni di servizio nella classe di concorso o tipologia di posto richiesta”. Nella quarta FAQ, l’amministrazione ricorda che “è valido il servizio giuridico in costanza di contratto”. Ciò significa che “il periodo di congedo per dottorato di ricerca e maternità o congedo parentale è utile ai fini della valutazione del servizio necessario per l´accesso ai PAS, purché se ne sia usufruito in costanza di contratto”.
È anche “valutabile il servizio giuridico del cosiddetto ‘Salva-precari’, compreso quindi quello su progetti regionali ai sensi del DL 134/09 come convertito dalla Legge 167/09 e ai sensi DD.MM. n. 82 e n.100 del 2009, n.68 e 80 del 2010 e DM 92 del 2011. Il servizio è riconosciuto per l´intera durata del progetto”: per costoro, tuttavia, al pari degli altri, rimane indispensabile l’aver assolto “almeno un anno di servizio nella classe di concorso o tipologia di posto richiesta”. Via libera anche “al servizio prestato nei licei musicali è valutabile ai fini della maturazione del requisito dei tre anni di servizio previsto dal DDG 58/13”. Ma il “servizio deve essere obbligatoriamente riferito alla specifica classe di concorso (A031, A032 o A077) dalle cui graduatorie si è stati nominati. In caso di nomina sulla base delle convenzioni con i Conservatori di Musica previste il candidato può scegliere di imputare il servizio in una delle seguenti classi di concorso: A031, A032 o A077. La scelta – sottolinea il Miur – deve essere coerente con il titolo di studio di accesso previsto per le suddette classi di concorso”.
E disco verde anche per “i servizi prestati con contratti atipici, non da lavoro dipendente, ove stipulati nelle scuole non statali per insegnamenti curricolari rispetto all´ordinamento delle scuole stesse e svolti secondo le medesime modalità continuative delle corrispondenti attività di insegnamento delle scuole statali”: anche in questo caso, il vincolo è che siano stati “debitamente certificati con la data di inizio e termine del servizio stesso”. In tal caso, verranno “valutati per l´intero periodo, secondo i medesimi criteri previsti per i contratti di lavoro dipendente”. Viale Trastevere conferma, inoltre, la validità del “servizio svolto nelle scuole paritarie, purché sia stato prestato per 180 giorni e sia riconducibile a classe di concorso e alle ore curricolari”. E anche i servizi svolti nei centri di formazione professionale, limitatamente ai corsi accreditati dalle Regioni per garantire l´assolvimento dell´obbligo di istruzione” (come era espressamente indicato nel bando) vanno considerati utili. Sempre che “il servizio sia stato svolto per l´intera durata del progetto formativo e sia riconducibile a classi di concorso in base alle tabelle di corrispondenza dell´Intesa relativa alle linee guida per la realizzazione di organici raccordi tra i percorsi di istruzione degli istituti professionali statali e i percorsi di istruzione e formazione professionale regionali (Intesa del 16/12/2010)”. Confermata poi la validità, “nelle more dell´adozione del nuovo decreto di modifica al D.M. 249/2010”, del “servizio svolto nell´anno scolastico 2012/13”. Il Miur ha tenuto, infine, a precisare che “sono regolarizzabili le istanze prive di alcune informazioni se sia interpretabile in maniera chiara e univoca la volontà dell´aspirante”. Ponendo anche come esempio l’indicazione dei tre anni di servizio, ma con “mancata indicazione del titolo di studio o degli esami sostenuti/crediti richiesti”: in questo caso, l’amministrazione darà facoltà di porre rimedio. Rimangono da risolvere ancora alcuno problemi: da quelli legati alla riluttanza di alcuni atenei ad avviare i corsi all’organizzazione dei PAS per raggruppamenti ridotti, tanto per fare qualche esempio. Rimane sempre da chiarire, infine, l’entità dei costi che i corsisiti dovranno affrontare: possibili discrepanze tra le diverse università.

CNPI: il TAR Lazio dà ragione alla Flc e condanna il Ministero

da Tecnica della Scuola

CNPI: il TAR Lazio dà ragione alla Flc e condanna il Ministero
di Reginaldo Palermo
Con una sentenza pubblicato in questi giorni il Tar Lazio ha accolto il ricorso presentato a suo tempo dal sindacato di Mimmo Pantaleo. Adesso il Miur ha 60 giorni di tempo per predisporre il decreto istitutivo del nuovo organismo (Consiglio superiore della pubblica istruzione).
Il Ministero deve a più presto porre rimedio alla inerzia con cui ha finora affrontato la questione della mancata proroga delle competenze del CNPI. Lo ha stabilito il TAR Lazio con una sentenza emessa a seguito del ricorso presentato mesi addietro dalla Flc-Cgil. Come si ricorderà, il CNPI ha cessato ogni attività al 31.12.2012 perché il Governo Monti non aveva ritenuto opportuno prorogarne compiti e funzioni. Il decreto legislativo 233 del 1999 stabiliva infatti che il CNPI sarebbe stato sostituito da un nuovo organismo denominato Consiglio superiore della pubblica istruzione ma che avrebbe continuato ad esistere fino a che questo secondo organismo non si sarebbe insediato. In realtà, di anno in anno, l’operazione è slittata con continue proroghe. Lo scorso anno, però, il Governo ha deciso di non inserire il funzionamento del CNPI nel consueto decreto “mille proroghe” di fine anno. La decisione non è piaciuta affatto ai sindacati che hanno più volte protestato. La Flc-Cgil si è anzi rivolta alla giustizia amministrativa che, ora, ha sanzionato il comportamento del Miur. L’Amministrazione scolastica ha giustificato la propria inerzia sostenendo che a partire dal 2001 la riforma del titolo V della Costituzione ha modificato le competenze statali e regionali in materia di istruzione, ma il Tar ha argomentato che il Ministero avrebbe comunque dovuto dare attuazione a quanto previsto dal decreto 233 del 1999. In concreto, adesso, il Miur ha 60 giorni di tempo per adempiere a quanto previsto dalla sentenza del TAR. In caso contrario verrà nominato un commissario ad acta che dovrà avviare le procedure per insediare il Consiglio superiore della pubblica istruzione.

Fondo di istituto: ancora un rinvio

da Tecnica della Scuola

Fondo di istituto: ancora un rinvio
di R.P.
Nella giornata del 15 ottobre il Ministero avrebbe dovuto comunicare le somme disponibili in modo da consentire alle scuole di dare l’avvio alla contrattazione di istituto.
Ci vorranno ancora diversi giorni per sapere qualcosa di più sulla questione del fondo di istituto. Nella giornata del 15, infatti, il Ministero avrebbe dovuto fornire ai sindacati l’informativa sulla entità delle risorse disponibili, ma l’incontro è saltato e per ora non si conosce neppure la data della prossima riunione. Lo scorso anno il problema era arrivato a soluzione completa solo nel mese di marzo e il ritardo aveva determinato non poche difficoltà organizzative in molte scuole. Quest’anno, in un primo momento il Miur aveva fatto sapere che, per ora, le scuole possono aprire la contrattazione facendo riferimento solamente agli eventuali avanzi dello scorso anno. Poi, qualche giorno fa, è stata divulgata la notizia che sarebbe imminente un acconto del 30% rispetto alle cifre dello scorso anno. Il problema, come è noto, è legato al fatto che per riconoscere gli scatti stipendiali per il passaggio di “gradone” bisognerà necessariamente attingere alle risorse del fondo di istituto. I sindacati sostengono che i risparmi derivanti dalle riduzioni degli organici saranno sufficienti per pagare gli scatti, ma l’esperienza dello scorso anno dovrebbe aver dimostrato che difficilmente i risparmi basteranno. Sulla questione si registrano anche posizioni sindacali antitetiche: Cisl, Uil, Snals e Fgu-Gilda sembrano disponibili ad attingere al fondo per pagare gli aumenti, mentre sul punto la Flc-Cgil è irremovibile e dichiara: “Abbiamo già espresso la nostra assoluta indisponibilità a ulteriori tagli dei fondi MOF finalizzati a finanziare il pagamento degli scatti di anzianità maturati nel 2012, continuiamo la nostra pressione presso il MIUR affinché l’invio della comunicazione alle scuole dei 4/12 del MOF 2013 sia trasparente e tempestivo”.

Il nuovo maestro, quello di 60 anni fa

da Tecnica della Scuola

Il nuovo maestro, quello di 60 anni fa
di Pasquale Almirante
In diversi articoli del 1952, tratti dal più importante quotidiano di Catania, è possibile capire come i problemi della scuola siano sempre uguali a se stessi: dall’emergenza educazione, all’edilizia, alla funzione docente, compreso il “tempo pieno” che all’epoca, come oggi, veniva invocato
Il Corriere di Catania, il più importante quotidiano della città, del maggio 1952 riporta un singolare articolo dal titolo: “Il nuovo maestro” con cui l’editorialista, che si firma Calcante, fa riferimento all’intervento tenuto da Giorgio Gabrielli (fra gli esperti per la riforma della scuola elementare) nel 1911, a quarant’anni quindi di distanza, al 1^ Congresso contro l’analfabetismo e la delinquenza svoltosi in Sicilia. Il relatore, riferisce Calcante, annunciava che per fare dei buoni cittadini, istruiti e perbene, occorreva creare una nuova scuola (non più in mano alla Chiesa che aveva fallito la sua missione educativa visti i risultati): bella, accogliente e confortevole, ma soprattutto aperta a ricevere il popolo in ogni momento della giornata, che diventasse una sorta di “casa del popolo”, dove il maestro avesse la funzione di sicura guida spirituale, del consigliere puntuale, dell’amico a cui si apre il cuore e tramite il quale si raggiungono i sentieri della sapienza e del vivere civile. Una scuola, diremmo oggi, a tempo pieno.
Tuttavia nel 1911, continua Calcante, gli analfabeti raggiungevano il 90% circa della popolazione siciliana complessiva e da allora di poco la percentuale si è abbassata, anzi, considerando i tempi, il 1952, questa è più pericoloso di quella di prima. Come mai? Perché la Regione siciliana, che dispone di ampie autonomie legislative, aggiunge l’editorialista, farebbe poco per a reclutare nuovi maestri nonostante il preoccupante tasso di disoccupazione intellettuale che è il più pesante d’Italia sulla basa delle statistiche ufficiali. E poi aggiunge che nell’ultimo dibattito all’Assemblea siciliana si sono dette solo parole vuote da parte dei politici, anche in funzione della necessità di una nuova edilizia scolastica, mentre risorse finanziarie effettive per costruirne di nuove e per nuove opportunità culturali, come le mancanti biblioteche, non se ne sono trovate, né si intravede la possibilità di trovarne. Quale soluzione allora? Calcante a questo punto dice la sua: non bastano solo le nuove scuole, ciò che è fondamentale è una nuova figura di maestro: “un maestro culturalmente, moralmente e socialmente pronto al disimpegno della grande, delicata, umana, e perché no?, cristiana funzione educativa e culturale.” Ebbene, basandoci su quell’intervento, possiamo dire che, a quasi cento anni da quel Congresso e a sessanta dall’articolo, nulla è cambiato se si fa eccezione dei termini che oggi si chiamano bullismo e ignoranza. Non è cambiata neanche l’emergenza della disoccupazione intellettuale, né il problema della edilizia scolastica, né quello della preparazione dei docenti. Ma c’è di più. Sempre sul Corriere di Catania di quell’anno troviamo tra le lettere al direttore, a firma di Arturo Mannino, questo titolo a cinque colonne: “Il pericolo più grave è che i giovani contagino agli adulti la loro vuotagine.” Motivo dello scritto? Il signor Mannino, che doveva essere un docente, lamentava il fatto che i giovani del tempo fossero proprio analfabeti e arrogantemente propensi alla delinquenza tanto che alla lettura del giornale o dei Promessi sposi preferissero solo le notizie sportive o le partite di calcio al termine delle quali li ha visti uscire dagli stadi “malridotti dai pugni e dai calci dei tifosi della squadra rivale”. E fa pure altre considerazioni sulla loro volgarità, invadenza e maleducazione che i genitori però non tentano di frenare e da qui il possibile e temuto contagio. E fra i tanti articoli di quell’anno sulla scuola e il suo temuto degrado, abbiamo pure trovato, sempre sul Corriere di Catania del 13 aprile 1952 e a cinque colonne, un’altra chicca che oggi più che mai è emblematica per non meravigliarsi più di nulla. La firma di Lincoln Chiavicchioli: “La rinascita del Mezzogiorno è condizione per lo sviluppo del Nord. De Gasperi all’inaugurazione della Fiera di Milano. Non c’è distinzione fra Nord e Sud. La Patria ha bisogno di unità e soprattutto della solidarietà economica.” Non ci siamo potuti intrattenere a leggere il pezzo ma, a occhio e croce, non pare difficile a immaginare il contenuto dell’articolo, anche se interessante sarebbe stato capire, e ci scusiamo per la nostra stanchezza, da chi provenivano le bordate contro il solito meridione pigro, affamato e ingordo di risorse pubbliche del Nord.