Le carenze dei consiglieri del ministro

Le carenze dei consiglieri del ministro

di Enrico Maranzana

L’excursus professionale del ministro Maria Chiara Carrozza si sviluppa in ambito universitario: non risultano interazioni significative con il mondo della scuola.

Un folto gruppo di consiglieri la affianca per assisterla nel suo mandato ministeriale e per fornirle strumenti per osservare le dinamiche educative.

 

Si trascrivono tre dichiarazioni del ministro, proiezioni della sua concezione delle realtà scolastica:

  • “Certamente la scuola media va rivista, come tutta la scuola italiana dovrebbe subire un ripensamento, ci vorrebbe una costituente della scuola italiana, deve essere aggiornata soprattutto nei programmi”  [Prima di tutto  su Radio Uno  – 22 ottobre 2013];
  • Se ci fosse stata quando ero studentessa, anch’io mi sarei iscritta a una scuola come la vostra. Si tratta di un’esperienza che dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica”   [Visita al liceo Guido Carli di Brescia – 17 ottobre 2013]
  • Se non diamo una prospettiva .. dove va il sistema di istruzione italiano, che obiettivi si pone .. leggere la contemporaneità .. pensare che i nostri programmi si fermino al novecento, che non si studi la contemporaneità, i problemi economici .. intervenire sulla scuola per metterla in grado di fronteggiare i problemi di questo tempo”  [videoforum – Repubblica.it – 18 luglio 2013]

Tre asserzioni che travalicano i vincoli posti dal sistema di regole in cui la scuola è immersa: l’origine dello stallo in cui versa l’istituzione non è stata riconosciuta.

Una carenza percettiva che nasce dall’inadeguato flusso informativo proveniente dai funzionari che assistono il ministro.

La scuola media va rivista, va ripensata

Il buon padre di famiglia, prima di sostituire un elettrodomestico che non funziona, ricerca e rimuove le cause del guasto. Allo stesso modo, prima di rivisitare e ripensare la scuola media, si dovrebbe identificare l’origine dell’inefficacia dei programmi vigenti [il regolamento del 2012  potrebbe essere un parziale rimedio]. Questi, nonostante la loro vetustà, sono perfettamente sovrapponibili all’assetto scolastico sistematizzato dalla legge 53/2003.  I primi incasellano le conoscenze come “strumento e occasione” d’apprendimento mentre la seconda finalizza il sistema educativo alla promozione e al consolidamento delle capacità e delle competenze dei giovani, da perseguire “attraverso” le conoscenze e le abilità.

Lo studente e le sue qualità sono poste al centro e costituiscono il perno di rotazione dell’istituzione scolastica …  non ai programmi!

Una scelta che implica una progettazione didattica orientata alla promozione di capacità,  capacità  che traspaiono dai comportamenti esibiti quando si riconoscono, si affrontano e si risolvono problemi (competenze).

Indurre comportamenti produttivi

é il leitmotiv della programmazione educativa

 

Una modus operandi estraneo alla prassi scolastica attuale. L’attività di classe è scandita dai libri di testo e l’apprendere è sostituito dall’imparare.

Le discipline sono il centro di gravità dei processi scolastici.

La divaricazione di cui si tratta è stata rinforzata nel marzo 2013 dal Miur:  le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola di base hanno assunto come contenuti chiave

  • Dialogo tra discipline: insegnare a ricomporre i grandi oggetti della conoscenza in prospettiva complessa;
  • Essenzialità: ricerca dei nuclei fondamentali delle discipline;
  • Priorità: maggiore attenzione per una solida acquisizione delle conoscenze e competenze di base, fondamentali per lo sviluppo successivo del sapere e per l’esercizio della cittadinanza;
  • Traguardi: sistema di verifiche periodiche e sistematiche degli apprendimenti. Attenzione per le diversità individuali e valorizzazione dei momenti di passaggio.

 

Una tipica immagine disciplinare della scuola d’inizio novecento che i nuovi regolamenti di riordino del 2010 avevano superato: i problemi che hanno fatto evolvere i diversi settori del sapere, associati ai metodi risolutivi, sono stati collocati tra gli aspetti “fondamentali e imprescindibili”.

 

Non avrebbe potuto essere diversamente: la promozione delle competenze non avviene attraverso l’insegnamento ma ponendo quesiti a cui gli studenti risponderanno, operando su un terreno che per loro è ignoto.

In ambito educativo (promozione di capacità)

Il binomio   “metodo disciplinare .. competenza”   è inscindibile

 

Gli inascoltati programmi della scuola media del 1979  l’avevano postulato.

Le attività laboratoriali costituiscono l’ambito deputato alla promozione delle competenze:  gli studenti sono posti nella condizione di rivivere l’attività di ricerca che ha scandito la storia delle discipline.

 

La scuola deve essere aggiornata soprattutto nei programmi che si fermano al novecento .. intervenire sulla scuola per metterla in grado di fronteggiare i problemi di questo tempo.

La finalità del sistema educativo, di istruzione e di formazione non è stata identificata così come non è stata riconosciuta la dimensione del problema scolastico e la corrispondente strategia risolutiva.

Se il decreto legislativo 294/97 fosse stato associato con la legge 53/2003 il quadro di riferimento sarebbe nitidamente apparso.

L’istituzione scuola muove verso il traguardo istituzionale adottando un procedimento per successive approssimazioni:

  • in un primo momento affronta le problematiche formative e enuncia i relativi traguardi in termini di competenze generali. Saranno “elaborati e adottati gli indirizzi generali” al fine di favorire “l’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”;
  • successivamente enuclea dai traguardi formativi i corrispondenti obiettivi, esprimendoli sotto forma di capacità. Si tratta della necessaria premessa alla formulazione di ipotesi per la “programmazione dell’azione educativa” e per “valutare periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia” ;
  • in seguito fronteggia il problema dell’istruzione: gli insegnamenti sono sinergicamente “coordinati”;

 

In questo l’ambito è da collocare l’insegnamento, anello finale dell’attività progettuale: il docente mette a punto e gestisce occasioni d’apprendimento sia per conseguire i traguardi collegialmente individuati, sia per trasmettere una corretta immagine della disciplina insegnata, sia per motivare lo studente valorizzando le sue “attitudini e le sue scelte personali”.

 

Se ci fosse stata quando ero studentessa, anch’io mi sarei iscritta a una scuola come la vostra..

Il liceo Guido Carli di Brescia assurge a esempio: un cedimento emotivo al battage.

 

.. un’esperienza che dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica.

L’identità del liceo Carli si fonda “sul taglio internazionale, sulla forte sinergia con il tessuto imprenditoriale, sull’alleanza con il sistema universitario”. Una scelta strategica: i giovani interagiscono con il contesto socio-culturale contemporaneo e ad esso si adeguano.

Il sistema scolastico statale germina su un presupposto differente: il vorticoso dinamismo socio-culturale  non consente di prefigurare i caratteri dell’ambiente in cui i giovani dovranno  integrarsi. Questa la ratio del sistema scuola: la promozione e il consolidamento delle capacità degli studenti.

Una scelta che consentirà loro “d’essere di casa”  in ambienti ignoti.

 

Estremizzando:

addestramento..abilità..presente  VS  educazione..capacità..futuro

Se non diamo una prospettiva .. pensare che i nostri programmi si fermano al novecento

Sono i piani dell’offerta formativa che dovrebbero mostrare gli itinerari di sviluppo in materia educativa, formativa e dell’istruzione. Il coinvolgimento di studenti, delle famiglie e del territorio è la naturale conseguenza dell’esatta descrizione delle scelte operate in sede di programmazione.

Gli elementi essenziali del documento di programmazione sono:

  1. la dichiarazione dei traguardi,
  2. la rappresentazione della struttura decisionale;
  3. l’indicazione delle ipotesi di lavoro,
  4. la descrizione dei meccanismi di feed-back,
  5. l’inequivocabile distinzione tra finalità e strumentazione.

 

La progettazione e la realizzazione di interventi  di educazione, formazione e istruzione” è l’atout per la credibilità del servizio.

Uno, nessuno, centomila

Uno, nessuno, centomila

Libri di testo e risorse digitali per la scuola italiana in Europa

9 novembre 2013, Scuola Normale Superiore di Pisa

locandina_9_11-2013

Bando “Futuro in ricerca”, approvati 67 progetti

Bando “Futuro in ricerca”, approvati 67 progetti: 46% dei vincitori è donna
Contratti per 150 giovani. Dal 2014 le nuove regole

Sono 67 i progetti presentati da giovani ricercatori e ricercatrici under 40 che hanno superato la selezione del bando “Futuro in ricerca (Fir) 2013”. Sul piatto 29.526.800 euro: 11.810.720 euro per le Scienze della vita (28 progetti vincitori), 11.810.720 euro per le Scienze ‘dure’ (Matematica, Fisica, Chimica e Ingegneria, 25 progetti vincitori), 5.905.360 euro per le Scienze umane (14 progetti vincitori). Il 46,2% dei vincitori è donna (31 progetti). L’età media di chi ha ottenuto il finanziamento è 35 anni.
Tre le fasi della selezione: la preselezione (sulla base di proposte sintetiche) curata dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca; la valutazione (sulla base di progetti più dettagliati) curata sempre dal Miur attraverso Comitati di Selezione formati da esperti italiani e stranieri; le audizioni svolte dagli stessi Comitati, suddivisi anche in sottocommissioni. Hanno superato la fase di preselezione 214 progetti: 81 per le Scienze della vita, 92 per le Scienze ‘dure’, 41 per le Scienze umane. Alle audizioni sono stati ammessi 120 progetti, 67 sono quelli che hanno superato il vaglio finale dei Comitati.
Sulla scelta degli esperti hanno pesato il carattere innovativo delle idee presentate e il loro possibile impatto sia in termini di avanzamento della conoscenza sia dal punto di vista tecnologico-applicativo. Con decreto emesso ieri, 29 ottobre, è stato formalizzato lo stanziamento dei 29.526.800 euro del bando. Il finanziamento offrirà ai giovani vincitori la possibilità di poter lavorare su progetti concepiti in maniera indipendente e autonoma all’interno di atenei e enti pubblici di ricerca.

Il finanziamento consentirà la stipula di contratti a tempo determinato in favore di circa 150 giovani ricercatori a cui potranno aggiungersi, nel corso dello svolgimento dei progetti, ulteriori contratti e collaborazioni scientifiche, sempre in favore di giovani. Entro la fine dell’anno il Miur erogherà i fondi assegnati. I progetti potranno avere concreto avvio già all’inizio del 2014.
Sempre entro la fine dell’anno sarà emanato il nuovo bando Fir per il 2014, che presenterà alcuni elementi innovativi per dare ulteriore impulso al conseguimento dell’autonomia scientifica e professionale da parte dei giovani ricercatori e delle ricercatrici fin dalle fasi iniziali della loro attività, come accade nel resto d’Europa. Con l’obiettivo di aumentare anche le potenzialità di successo delle proposte italiane nell’ambito dei progetti che l‘Erc (European Research Council) destina ai giovani (gli ‘Starting Grant’) per finanziare la riceca di base. Le procedure di selezione dei progetti da parte dell’Italia si allineeranno con quelle europee per fornire ai nostri giovani una ‘palestra’ in cui allenarsi secondo le procedure e le regole utilizzate a livello internazionale.

Anticipo a 5 anni, l’unica soluzione “praticabile”

Anticipo a 5 anni, l’unica soluzione “praticabile”

Se non ci fossimo abituati da vari lustri, potremmo ancora stupirci dell’ennesima
levata di scudi del sindacato della Scuola nei confronti della possibilità di sperimentare
il percorso del II ciclo in quattro anni, recentemente concessa dal Ministro Carrozza ad
alcune Scuole del Nord. I toni apocalittici dei nostri sindacalisti, notoriamente
riformisti, gridano al fatto compiuto (una sperimentazione?) e all’assenza di un
confronto collettivo da avviare (ma non se ne parla dal 2001, allora Ministro
Berlinguer?). Insomma, la possibilità di uscita dei nostri ragazzi a 18 anni come
avviene nel resto del mondo non passerà anche questa volta, come ha dimostrato la
storia di quest’ultimo decennio. Perchè, in definitiva, quello che conta è che, poichè
la Scuola è prioritariamente un ufficio di collocamento, qualsiasi soluzione che ne
riduca di un anno il percorso è valutata esclusivamente in termini di riduzione di posti
di lavoro, questione che azzera qualsiasi altra considerazione. E se non ci è riuscito
Luigi Berlinguer (con la proposta di accorpare elementari e medie in 7 anni) e la
Moratti (con la riduzione a 4 anni del II ciclo), con maggioranze di governo ben più
solide di queste, lasciamo ogni speranza che l’attuale governo abbia il coraggio di fare
qualcosa, con il Sindacato contro. Con buona pace dei nostri ragazzi che saranno
indietro, in termini di chanches, di un anno rispetto ai loro colleghi europei.
In realtà una soluzione che salverebbe le capre e i cavoli potrebbe essere quella
dell’anticipo scolastico a 5 anni di età, già proposta dal Ministro Moratti nella sua
Legge di Riforma ( la L.53 del 2003). Anche allora ed anche su questo ci fu una levata
di scudi ma anche un dibattito che ha animato il mondo della scuola per alcuni anni.
Tuttavia, noi riteniamo che sia una falsa querelle la questione dell’anticipo
scolastico al primo ciclo di istruzione, ma anche che possa essere, dato il contesto,
non la sola soluzione possibile ma l’unica praticabile.
Infatti, non vi è difficolta’ a comprendere che questa sia l’unica soluzione (se
la matematica non è un’opinione) per avere contemporaneamente: l’uscita dei nostri
ragazzi dall’istruzione scolastica a 18 anni (come chiede l’Europa), il mantenimento
della durata dell’istruzione liceale a 5 anni e la durata del percorso formativo a 13
anni. Inoltre, siamo assolutamente favorevoli a questo anticipo, per tre ordini di
motivi.
Il primo è che riteniamo che questa soluzione sia coerente con lo sviluppo
evolutivo ormai mediamente raggiunto, ed acclarato scientificamente, dai bambini di
questa fascia di età.
Il secondo è che così si accoglie una esigenza di moltissimi genitori che ogni
anno sono costretti ad iscrivere anticipatamente i loro figli alle scuole non statali, che
consentono la frequenza a 5 anni, per poi passare alla scuola statale (questo molti
fingono di dimenticarlo).
Il terzo è che comunque, nel rispetto di una libera scelta, si potrebbe proporre
l’anticipo a 5 anni come possibilità e non come un obbligo.
Altre soluzioni non sono state prospettate, salvo la ben nota conservazione
dell’esistente, all’infinito.

Paola Tonna
presidente APEF

La scuola protesta contro il governo

da ItaliaOggi

La manifestazione si è svolta lunedì 28 ottobre a roma

La scuola protesta contro il governo

Lunedì 28 ottobre, lo Snals-Confsal ha tenuto a Roma – insieme a Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Gilda – una manifestazione nazionale per esprimere il proprio netto dissenso sulla politica governativa nei confronti della scuola e per avanzare le proprie richieste: sblocco del contratto, corresponsione degli scatti di anzianità e soluzione, una volta per tutte, del problema del precariato scolastico.

Per lo Snals, dopo 8 mld di tagli, il recente decreto 104 risulta inconcludente (400 ml mal distribuiti e senza nessun investimento sul personale) e offensivo. Inoltre, la legge di stabilità colpisce i lavoratori della scuola in modo “speciale”, dato che la loro retribuzione non solo viene immiserita dal blocco prorogato del contratto, come per tutti gli altri comparti del pubblico impiego, ma viene addirittura “decurtata” dal blocco degli scatti di anzianità che nella scuola non sono accessori ma parte integrante della retribuzione fondamentale. La speciale attenzione alla scuola promessa dal governo ha avuto un esito tristemente paradossale: una doppia penalizzazione.

A questo si aggiunge la manifesta volontà del governo di non risolvere la distinzione tra organico di diritto e organico di fatto (centinaia di migliaia di precari) che penalizza la scuola italiana. Sarebbe un passo di civiltà e di correttezza che, tra l’altro, avverrebbe senza nessun costo aggiuntivo. Perché, questo è il paradosso, il precariato non solo pesa sulla qualità della scuola ma costa di più del personale stabilizzato!

Per il segretario generale Marco Paolo Nigi: “Siamo di fronte a una grave disattenzione della classe politica verso i reali problemi della scuola, dei giovani e del paese, a una presa in giro di cui hanno responsabilità tutti i partiti e una parte degli apparati dello stato. A questo punto dobbiamo dire che il declino cui assistiamo è voluto e non casuale. La mobilitazione è dichiarata e non escludiamo lo sciopero”.

La scuola autonoma è vincente

da ItaliaOggi

Negli Usa sono in continuo aumento gli iscritti alle charter school esportate dalla Francia

La scuola autonoma è vincente

Rispetto a quella pubblica ottiene risultati migliori
 di Simonetta Scarane  

Ad Harlem ha già vinto la partita. La New York french american charter school, fondata nel 2009 da alcuni privati, e che piace al presidente Obama, ha innovato la didattica. E ha facilitato l’integrazione sociale offrendo ai suoi piccoli allievi, precoci (cominciano a due anni e mezzo), l’insegnamento bilingue, francese e inglese.

E, a giudicare dai risultati scolastici raggiunti dai suoi iscritti, è da considerare un successo l’esperienza di questa scuola «à charte». È un modello di scuola di origine canadese, ma popolare in Francia, che pur essendo pubblica opera in regime di autonomia. Per questo la direzione gestisce in maniera indipendente il proprio budget che può anche essere arricchito dai fondi privati. La Carta è il documento che specifica finalità e regolamenti della scuola che non può scegliere i suoi allievi essendo una scuola pubblica. Né può chiedere una quota di iscrizione come in quelle private. A governarla ci pensa un consiglio di amministrazione che è libero di gestire le proprie risorse. In termini pratici significa avere la possibilità di prendere iniziative ulteriori rispetto ai percorsi standard dei corsi della scuola pubblica. Ad esempio, sono previsti due insegnanti per classe dove il numero degli allievi raggiunge al massimo quota 25, meno rispetto alla media di 30-35 delle classi delle scuole pubbliche. Due insegnanti per un numero inferiore di allievi garantiscono alla scuola «charter» risultati più performanti. È quello che è successo alla New York french american charter school di Harlem. E questo modello di scuola sta seducendo gli americani perchè più innovativa. La scuola, che autorizza il supporto di finanziamenti privati, in forza della sua autonomia può decidere di acquistare materiali didattici di qualità, aprire alle nuove tecnologie e arruolare personale docente specializzato oltre ad affiancare assistenti agli insegnanti nel caso di classi troppo numerose. Cose impossibili per la scuola pubblica. E, giocoforza, i risultati per i piccoli allievi raggiungono vette di qualità educativa differenti. Così, nel confronto, risulta vincente. Lo svantaggio è che riceve meno fondi pubblici per ogni singolo studente, rispetto alla scuola pubblica. Eppure dall’esterno niente fa intuire la differenza. La scuola charter di Harlem sembra una scuola come tutte le altre: situata in una strada qualsiasi, ha l’area giochi come tutte, porte blindate e guardia all’esterno. Gli allievi, invece, non fanno le stesse cose dei loro coetanei che frequentano la scuola pubblica. Loro, anglofoni, fanno lezione in francese e gli insegnamenti mettono sempre l’accento sull’apertura al mondo. Presenti sul territorio americano da una ventina d’anni, le scuole charter oggi si stanno moltiplicando negli Stati Uniti dove contano 2,3 milioni di iscritti e contano 6 mila sedi. Dal 2009 l’incremento è stato dell’80% e a contribuire alla loro crescita è stata anche la chiusura delle scuole pubbliche mal gestite. Oggi le scuole «charter» hanno raggiunto migliori performance rispetto alla scuola pubblica in materia di lettura nel 25% dei casi, e in matematica nel 29% e oggi il 70% dei cittadini è favorevole a questo tipo di scuola contro il 40% di dieci anni fa.

Tassa sui giovani per finanziare la scuola. Brunetta: Iva al 58,5% per filtri e cartine da sigarette , accise boom sulla birra

da Il Sole 24 Ore

Tassa sui giovani per finanziare la scuola. Brunetta: Iva al 58,5% per filtri e cartine da sigarette , accise boom sulla birra

Iva al 58,5% sulle cartine e sui filtri per confezionare le sigarette “rollate” fai-da-te, oggi in voga tra i giovani. Lo prevede un emendamento del Pdl, a firma di Giancarlo Galan e Renato Brunetta al dl scuola, all’esame dell’Aula della Camera.

Il decreto sulla scuola prevede come copertura, tra l’altro, l’aumento delle accise sulla birra. Ed è su questo che interviene l’emendamento del Pdl a doppia firma del capogruppo alla Camera, Brunetta, e del presidente della commissione Cultura e Scuola, che propongono in alternativa l’aumento dell’Iva fino al 58,5% su  «le cartine e i filtri per arrotolare le sigarette».

Curiosamente birra e cartine per sigarette sono due dei prodotti «cult» delle giovani generazioni, che prediligono questa bevanda alcolica rispetto al vino, e preferiscono «rollarsi» le sigarette, preparandosele da soli, anziché comprare quelle già confezionate. L’emendamento deve essere discusso dall’Aula della Camera.

I presidi giocano d’anticipo: no alle occupazioni «Lanciamo cogestioni e didattica alternativa»

da Corriere della Sera

I presidi giocano d’anticipo: no alle occupazioni «Lanciamo cogestioni e didattica alternativa»

L’Anp: per ogni classe occupata si buttano mille euro al giorno Intellettuali divisi: «Occupare ha senso?»

Simona De Santis

Mille euro al giorno per ogni classe che occupa. Sarebbe questo il costo delle occupazioni scolastiche, al netto di eventuali danni causati dalla protesta stessa, stando ai calcoli effettuati dall’Associazione nazionale presidi (Anp). «Uno studente costa allo Stato circa 8 mila euro l’anno, cioè 40 euro al giorno di lezione – afferma Antonio Petrolino dell’Anp – Una classe di 25 studenti ne costa mille. Il fermo di una scuola di 30 classi ne costa 30 mila, sempre al giorno». Sarebbe come dire, rilanciano i presidi, che in due giorni di sospensione delle lezioni , «una scuola di medie dimensioni ha bruciato l’equivalente di quanto riceve in un anno di finanziamenti». Nella somma vengono conteggiati gli stipendi dei docenti e del personale scolastico. Soldi e lezioni persi che non verranno recuperati: «Se i ragazzi vogliono difenderla la scuola pubblica – sottolinea Petrolino – devono capire che questa non è la strada giusta perché genera uno spreco di denaro pubblico».

IPOTESI COGESTIONE – Dalle dirigenze scolastiche arriva una proposta alternativa: la cogestione, ovvero un periodo di didattica alternativa che studenti e professori possano gestire insieme. «Bisogna offrire ai ragazzi, già dai primi giorni di scuola spazi di confronto – insiste l’Anp – e trattare temi che stanno loro a cuore» ma nella legalità. Una forma alternativa di protesta sperimentata già da alcuni presidi: a Roma – dove a novembre dello scorso anno gli istituti occupati risultavano 70 – hanno avviato negli ultimi mesi esempi di cogestione il Mamiani, il Newton, il Talete, il Virgilio (che però si era spaccato con la sede centrale occupata e la succursale cogestita). Ma, se tra i ragazzi prevalesse la «linea dura», i presidi intendono reagire (denunce e sgomberi restano l’estrema ratio) introducendo nei regolamenti di istituto norme che rendano sanzionabili dal punti di vista disciplinare la «permanenza illecita nella scuola – aggiunge Petrolino – l’utilizzo non autorizzato di aule, l’ingresso non autorizzato di esterni all’istituto».

CENNI DI AUTUNNO CALDO – Al momento l’onda delle occupazioni è solo accennata: nella Capitale si registrano picchetti, dal 22 ottobre, nel liceo Manara, mentre lampo è stata l’occupazione al tecnico Bachelet, occupazione “senza danni” come ha comunicato il dirigente scolastico sul sito della scuola. Mentre i professori del Manara hanno firmato un documento in cui dichiarano «la loro ferma contrarietà all’occupazione dei locali dell’istituto e all’interruzione delle attività didattiche provocate da un gruppo ristretto di studenti. Ribadiscono che il normale funzionamento della scuola pubblica è un diritto di tutti i cittadini e che nessun gruppo è autorizzato a bloccarlo».

INTELLETTUALI DIVISI – I presidi si muovono in anticipo e cercano di prevenire gli effetti dell’autunno caldo e il grande numero delle occupazioni che lo scorso anno hanno messo a rischio anche il raggiungimento dei 200 giorni minimi di lezione previsti per rendere valido l’anno scolastico. E l’azione dei presidi pone anche un interrogativo: ha ancora senso occupare? Prendono la parola gli intellettuali: per lo scrittore Erri De Luca, le occupazioni sono «un’organizzazione minima di resistenza». Secondo lo storico Giordano Bruno Guerri, invece quella dei ragazzi è «una lotta per la sopravvivenza». Rincara la dose il filosofo Massimo Cacciari secondo il quale «è un miracolo che la protesta sia così soft». Diversa l’opinione dello scrittore Antonio Pennacchi per il quale le occupazioni sono un «fenomeno legato alla gioventù».

Legge stabilità: blocco degli stipendi ma soldi per le scuole paritarie

da la Repubblica

Legge stabilità: blocco degli stipendi ma soldi per le scuole paritarie

Il testo varato dal governo, emendabile in Parlamento, prevede anche un finanziamento aggiuntivo di 150 milioni per le università e la possibilità di fare più assunzioni negli atenei e nei centri di ricerca

Salvo Intravaia

In arrivo 220 milioni per le scuole paritarie ma si bloccano anche per il 2014 gli stipendi del personale della scuola. La legge di Stabilità approda al Senato e dopo tantissime indiscrezioni, revisioni e aggiunte dell’ultimo momento il suo contenuto è finalmente noto. Una manovra che sembra scontentare tutti, ma che secondo diversi membri del governo può essere modificata in Parlamento. Ecco cosa prevede per scuola, università e ricerca.
Scuola paritaria. Dopo tante lamentele, anche da parte di illustri esponenti del clero italiano, e il rischio di chiusura della maggior parte delle scuole paritarie italiane, arrivano 220 milioni di euro per il 2014 a favore degli istituti non statali. Soldi che compensano parzialmente i tagli effettuati nel corso degli ultimi anni al budget di 539 milioni di euro (dato 2007). I fondi erogati nel 2013 sono stati pari a 260 milioni di euro e con i 220 previsti dalle legge di stabilità si arriverebbe a 480: ancora pochi per i gestori delle paritarie e anche troppi per coloro che non immaginano alcuna sorta di finanziamento pubblico alle scuole private.
Contratto della scuola e scatti stipendiali. Gli stipendi del personale della scuola resteranno bloccati ancora per due anni. Niente scatti automatici, come prevederebbe il contratto della scuola. Ma non solo. Per tutto il pubblico impiego non sarà possibile rinnovare i contratti scaduti e in scadenza, se non per la parte normativa. Disposizione che per la scuola è particolarmente pesante perché il contratto è scaduto da quasi quattro anni e le retribuzioni di insegnanti e non docenti (Ata) si sono nel frattempo svalutate del 12/15 per cento. Una situazione che i sindacati non esitano a definire come “doppia penalizzazione”. Per questa ragione, Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda hanno indetto una manifestazione per il 30 novembre e andranno allo sciopero di un’ora di lezione articolato in date diverse su base regionale.
Sulla vicenda degli scatti automatici – il primo dopo tre anni, gli altri ogni sei – sugli stipendi dei docenti e del personale Ata della scuola si è consumato nei giorni scorsi un piccolo giallo. Nella legge di stabilità non c’è una norma specifica che blocca gli scatti stipendiali del personale della scuola, ma solo un generico provvedimento che congela gli aumenti di stipendio per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. In più, la legge dello scorso mese di luglio che prevedeva il blocco degli scatti anche per docenti e Ata non era stata ancora pubblicata in Gazzetta. Ma nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di stabilità, si fa riferimento esplicito alle norme che decretano il blocco degli scatti automatici. Un mezzo pasticcio che il governo ha pensato di risolvere pubblicando in Gazzetta la legge che blocca gli scatti per tutti i pubblici dipendenti.
Fondo di finanziamento ordinario e fabbisogno delle università. Dopo essere stato decurtato pesantemente – 760 milioni in appena quattro anni, che rappresentano una sforbiciata superiore al 10 per cento rispetto ai 7.450 milioni di euro del 2009 – dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, si apre uno spiraglio per gli atenei italiani che sono costretti a rivolgersi sempre più agli studenti – e alle loro famiglie – per evitare il default. La legge di stabilità prevede un finanziamento aggiuntivo di 150 milioni di euro per il 2014 che andranno a sommarsi agli attuali 6.690 milioni di euro previsti per il 2013.
Una situazione che nei mesi scorsi ha indotto la Crui – la Conferenza dei rettori – a lanciare un grido d’allarme sulla tenuta dei conti di parecchi atenei. I 150 milioni previsti dalla legge di stabilità rappresentano ossigeno puro per le casse delle università più in difficoltà ma sono poca cosa rispetto ai 760 milioni tagliati in appena quattro anni. Mentre, per evitare i possibili effetti dovuti alla modica delle regole di calcolo sull’intero fabbisogno finanziario annuale del sistema universitario nazionale, il governo per il 2014 incrementa del 3 per cento il budget dell’anno 2013.
Durata delle specializzazioni mediche. Dal 2014/2015 per specializzarsi in medicina, dopo i sei anni di laurea magistrale, sarà sufficiente seguire un corso di quattro anni e non più di cinque com’è avvenuto finora. Fermo restando la facoltà degli atenei di stabilire una diversa durata delle specializzazioni mediche fino al massimo di cinque anni.
Assunzioni all’università e negli enti di ricerca. Sarà possibile a partire dal 2016 assumere più docenti e ricercatori. La norma attuale prevede un turn over bloccato al 50 per cento dei pensionamenti. Dal 2016 si passerà al 60 per cento, nel 2017 all’80 per cento e nel 2018 si potranno sostituire tutti gli insegnanti e i ricercatori che andranno in pensione.
Dismissioni. E’ prevista l’individuazione dei beni immobili di proprietà dell’Indire – l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa – da trasferire all’Agenzia del demanio per la successiva dismissione.
Ricerca. E dopo i tagli del precedente governo, la ricerca scientifica potrà contare ancora sul rifinanziamento del 5 per mille sulle dichiarazioni dei redditi 2013. A partire da gennaio saranno disponibili 400 milioni di cui una parte potranno essere utilizzati per il finanziamento della ricerca scientifica e dell’università e per il finanziamento di progetti di ricerca in ambito sanitario.

L’82% degli studenti preferiscono preparare le interrogazioni a casa

da LaStampa.it

indagine di Skuola.net

L’82% degli studenti preferiscono preparare le interrogazioni a casa

Le cambiano per gli studenti universitari che preferiscono le biblioteche
roma

 Quando si deve studiare seriamente si prediligono le mura domestiche. Che sia individuale o di gruppo, se si parla di preparazione, scolastica o universitaria che sia, i ragazzi preferiscono restare in casa.

Questo è quanto emerso da un’indagine del portale specializzato Skuola.net. da cui risulta, comunque, che le cose in parte cambiano all’università. In questo caso sembrerebbe aumentare la percentuale di studenti che, almeno per lo studio di gruppo, abbandona il tetto paterno in favore di aule studio e biblioteche.

Se si parla di studio individuale gli studenti non si muovono dalla loro stanza. Circa l’82% di loro dichiara a Skuola.net di preparare esami, compiti in classe o interrogazioni al riparo delle mura domestiche. Pochissimi coloro che escono da soli con libri e quaderni: il 9.3% si dirige verso una biblioteca, il 4.5% verso qualche aula studio scolastica o universitaria e solo il 3.7% in luoghi pubblici dotati di WiFi, come per esempio bar e piazze.

Le percentuali cambiano, anche se non di molto, se lo studio è di gruppo. In questo caso aumentano coloro che preferiscono darsi appuntamento con i loro compagni in qualche biblioteca (15%), anche se circa il 9% non disdegna le classi scolastiche ed universitarie. Salgono anche le percentuali di coloro che studiano con i loro amici in luoghi come i bar, ma dotati di rete pubblica (5.4%). Ma anche in questo caso, la casa resta il luogo preferito da circa 7 studenti su 10 per dedicarsi allo studio.

Vuoi per la poca autonomia, vuoi per il metodo di studio ancora molto guidato, a preferire le pareti domestiche sono soprattutto gli studenti di scuola medie e superiori. Per quanto riguarda i primi, si studia in casa sia da soli (circa 80%), sia in gruppo (circa 75%). Pochissimi coloro che se devono studiare da soli si rifugiano in qualche aula studio, poco più del 3%, probabilmente complice della scelta anche l’età anagrafica ancora bassa.

Le cose non cambiano per gli studenti delle scuole superiori. Infatti anche loro prediligono il tepore materno per dedicarsi ai loro libri, sia in solitudine che in compagnia. Nel primo caso, sceglie di restare in casa circa l’85% dei ragazzi, nel secondo circa il 72%. Ma se aumenta l’età, aumenta anche l’indipendenza che permette agli studenti di allontanarsi da mamma e papà: circa il 14% per lo studio di gruppo sceglie la biblioteca, mentre circa il 9% la sua scuola. Pochissimi gli studenti delle scuole superiori che si incontrano in luoghi pubblici dotati di rete WiFi, solo il 3.5% di coloro che studiano in gruppo e il 6% di coloro che lo fanno in solitudine.

All’università si cambia prospettiva e l’indipendenza dai propri genitori si ricerca anche nel metodo di studio. Circa la metà degli universitari, il 49%, si incontra con i suoi amici in biblioteche e aule studio, prediligendo le prime. I luoghi pubblici continuano ad essere i luoghi meno preferiti per dedicarsi allo studio, scelti solo da circa il 3% degli studenti per preparare in gruppo i suoi esami. Le cose cambiano se si sceglie di studiare da soli. In questo caso si preferisce comunque restare a casa, come dichiarato da circa il 74% degli universitari, anche se circa 1 studente su 4 non disdegna biblioteche o aule studio.

Approvato dal Senato il “decreto D’Alia”

da Tecnica della Scuola

Approvato dal Senato il “decreto D’Alia”
di R.P.
Contiene norme in materia di precariato. Secondo i sindacati le norme riguardani scuola e università sono peggiorate nel corso dell’iter parlamentare.
Nella mattinata del 29 ottobre il Senato ha approvato in via definitiva la conversione in legge del decreto 101 (il cosiddetto “decreto D’Alia”)  recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. Le norme che più direttamente riguardano anche il personale della scuola sono contenute negli articoli 1, 2 e 4. Il testo dell’articolo 1 approvato inizialmente dal Senato  prevedeva la riapertura delle graduatorie dei concorsi già espletati a posti di insegnante di religione cattolica, ma questa disposizione è stata cancellata nel corso del passaggio alla Camera. L’articolo 2 prevede che per i dipendenti pubblici in soprannumero trovi applicazione la disciplina pensionistica vigente prima della riforma Fornero. L’articolo 4 contiene disposizioni in tema di precariato e di reclutamento nel pubblico impiego e stabilisce che si potranno indire nuovi concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato esclusivamente in assenza di graduatorie vigenti, le quali rimarranno in vigore fino al 2016. Quanto alla stabilizzazione del personale precario, la Camera dei deputati ha esteso fino al 31 dicembre 2016 il termine per bandire concorsi per assunzioni a tempo indeterminato di personale precario nelle pubbliche amministrazioni, nel limite massimo del 50 per cento delle risorse disponibili. Ed è stata ampliata anche  la possibilità per le pubbliche amministrazioni di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che abbiano maturato almeno tre anni di servizio alle loro dipendenze.

D.L. scuola in Aula alla Camera solo il 30 ottobre

da Tecnica della Scuola

D.L. scuola in Aula alla Camera solo il 30 ottobre
di A.G.
Il rinvio dovuto alla richiesta da parte del commissione Bilancio, che ha chiesto più tempo per verificare le coperture economiche. Oltre 300 gli emendamenti presentati. Ma i tempi sono strettissimi: scontato il voto di fiducia. Poi tour de force al Senato.
Ancora un rinvio per l’esame in Aula alla Camera del decreto legge sula scuola, n. 104, inizialmente in calendario per il 29 ottobre pomeriggio. La decisione del rinvio alla mattina di mercoledì 30 è stata assunta dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, dopo che il presidente della commissione Bilancio ha comunicato che la sua commissione non sarebbe stata in grado di esprimere entro la scadenza programmata un parere sulle coperture economiche dei provvedimenti contenuti nel decreto.
Nel frattempo, sono diventati oltre 300 gli emendamenti che l’Aula dovrà esaminare senza che siano stati “filtrati” dalla VII Commissione Cultura. Modifiche che si aggiungono ai tanti emendamenti approvati dalla stessa commissione di Montecitorio, riassunti dall’Anief in un unico documento ma ritenuti deludenti (in particolare per il mancato inserimento dei precari nelle Gae, tanto da indurre il sindacato autonomo alla ripresentazione in Aula). In ogni caso i tempi sono strettissimi. Appare quindi inevitabile, come da noi annunciato da giorni, il ricorso al voto di fiducia. E questo, comunque, non chiuderebbe il cerchio: servirà anche l’esame del Senato, che avrà appena una settimana (la data off limits è quella dell’11 novembre) per approvare definitivamente il discusso decreto. Senza, ovviamente, averne spostato una virgola.

Comunicazioni scuola-famiglia, quelle on line sono ancora limitate

da Tecnica della Scuola

Comunicazioni scuola-famiglia, quelle on line sono ancora limitate
di A.G.
Il dato emerge da una ricerca presentata da Kion, società del Cineca specializzata in tecnologia per la didattica: il 97% dei 420 DS intervistati ammette di conoscere la Legge 135/2012, con l’invito ad utilizzare il registro elettronico e di inviare comunicazioni in formato elettronico. Ma il massimo risultato ottenuto sino ad oggi è l’inserimento di questi dati nel sito web della scuola (48%) e il loro invio tramite e-mail (40%).
L’interazione tra scuola e famiglie continua ad avvenire in prevalenza con modalità tradizionali. Come dire, il digitale può attendere. E non perché le scuole neghino l’importanza delle nuove tecnologie interattive. Il dato è emerso da un’indagine sul tema della comunicazione tra scuola e famiglie, realizzata coinvolgendo 420 dirigenti scolastici di istituti di ogni ordine e grado, presentata da Kion, società del Cineca specializzata in tecnologia per la didattica.
Quasi tutti i dirigenti (97%) affermano di essere al corrente della Legge 135/2012, che prevede, oltre all’“obbligo” (anche se sarebbe meglio chiamarlo invito) di introduzione del registro elettronico, anche l’invio delle comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico per l’anno 2013/14. I risultati rivelano la consapevolezza, da parte degli intervistati, dell’impatto positivo che la comunicazione digitale può rivestire nell’ambito del rapporto scuola-famiglia, contribuendo ad “avvicinare docenti e genitori” (secondo il 32%) o a “fare maggiore chiarezza” (34%). Tuttavia, accanto alla persistenza di modalità di comunicazione “prevalentemente cartacee” (31%), l’uso della tecnologia digitale appare ancora limitato nei mezzi utilizzati e nell’accesso alle potenzialità disponibili. Infatti, per il 69% degli intervistati che affermano di ricorrere alla “comunicazione digitale” (il 46% insieme alla carta, il 23% in “modo prevalente”), ciò si traduce soprattutto nell’utilizzo del sito web della scuola (48%) e della posta elettronica (40%), con percentuali minori per Sms (8%) e gestionali per la scuola (2%). In sostanza – spiegano i ricercatori – “è un approccio definito ‘digitale’ esclusivamente per la natura dei canali utilizzati, ma che resta ancorato a uno schema in cui la scuola è il soggetto ‘erogatore di comunicazioni’ a cui l’utente deve adeguarsi, senza una logica di reciprocità e di personalizzazione che le stesse scuole citano come richieste provenienti dalle famiglie”. I dirigenti intervistati, infatti, affermano di ricevere dalle famiglie richieste generali di “maggiore interazione” (32%) e di “maggiore puntualità” (30%) nella comunicazione da parte della scuola, e in modo specifico il desiderio di ricevere “comunicazioni digitali” su aspetti organizzativi (36%) o relativi alla carriera dello studente, come assenze, voti e rendimento (36%).

Una nuova funzione Inps per la Dichiarazione di Immediata Disponibilità

da Tecnica della Scuola

Una nuova funzione Inps per la Dichiarazione di Immediata Disponibilità
di L.L.
Per presentare ASpI e mini ASpI il disoccupato non deve più obbligatoriamente recarsi al Centro per l’Impiego, ma può trasmettere il documento direttamente sul sito dell’Inps
Sempre in materia di ASpI, l’Inps ha diramato la circolare n. 154 del 28/10/2013, con la quale ha illustrato la nuova funzionalità che consente al lavoratore che perde il lavoro di presentare la dichiarazione di immediata disponibilità direttamente all’Inps, senza doversi recare al Centro per l’Impiego. Ricordiamo, infatti, che uno dei requisiti, oltre a quelli di natura assicurativa e contributiva, per la concessione dell’indennità di disoccupazione nell’ambito ASpI e della mini ASpI, è di dimostrare di essere immediatamente disponibili allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa, e per farlo è necessario rendere la dichiarazione di immediata disponibilità di cui all’art. 1, comma 2, lettera c) del D.Lgs. n. 181 del 2000.  Con la Riforma Fornero, il legislatore ha previsto la facoltà, in capo al lavoratore disoccupato, di rilasciare all’INPS la dichiarazione in oggetto, al momento della presentazione della domanda di indennità nell’ambito dell’ASpI. Ora l’Istituto ha provveduto ad aggiornare la modulistica per la richiesta delle prestazioni ASpI (SR134) e Mini-ASpI (SR133) pubblicata nell’apposita sezione del sito (www.inps.it) ed allegata alla circolare, implementando conseguentemente la procedura di presentazione della domanda telematica da parte dei cittadini, Patronati e contact center integrato. Questo vuol dire che da oggi in poi l’utente, attraverso i canali telematici di presentazione della domanda di ASpI o Mini-ASpI, a cui si accede tramite PIN, dovrà indicare o che si è già recato al Centro per l’impiego per attestare lo status di disoccupato, oppure rendere la dichiarazione di immediata disponibilità direttamente all’Istituto compilando i campi appositamente inseriti.

Reclutamento DS, per l’Anp il testo del D.L. 104 va rivisto

da Tecnica della Scuola

Reclutamento DS, per l’Anp il testo del D.L. 104 va rivisto
di A.G.
Lettera alla VII Commissione della Camera e al ministro dell’Istruzione Carrozza: no alle graduatorie ‘ad esaurimento’ dei dirigenti scolastici. Per il sindacato avviare assunzioni fuori dall’ordinario percorso concorsuale è in contraddizione con la ratio di base dell’art. 17 del Decreto, intesa a risolvere i problemi di organico della dirigenza scolastica attraverso la cadenza annuale delle procedure di reclutamento, affidate alla Scuola Nazionale di Amministrazione.
Rivedere l’emendamento (17.31) approvato in sede di esame del Decreto Legge 104 (Decreto scuola) con cui “si creano, di fatto, , recuperando in varie forme le posizioni di diverse categorie di aspiranti alla dirigenza”. La richiesta formale è dell’Anp, il sindacato dei dirigenti scolastici e delle alte professionalità della scuola, ed è contenuta in una lettera indirizzata ai componenti la VII Commissione della Camera e al ministro dell’Istruzione Carrozza. Secondo l’Anp la disposizione che consente l’accesso alla dirigenza scolastica, con procedure riservate variamente modulate, a una molteplicità di aspiranti, al di fuori dell’ordinario percorso concorsuale “si colloca in radicale contraddizione concettuale e politica con la ratio di base dell’art. 17 del Decreto, intesa a risolvere i problemi di organico della dirigenza scolastica attraverso la cadenza annuale delle procedure di reclutamento, affidate alla Scuola Nazionale di Amministrazione”.
Nella lettera, firmata presidente dell’Anp, Giorgio Rembado, il sindacato rilancia la sua proposta di reclutamento: “istituire tre distinte procedure concorsuali, con prove scritte e orali, che dovrebbero servire a recuperare aspiranti di precedenti percorsi ormai esauriti, avrà come risultato quello di allungare i tempi e non di accorciarli. Tanto più che ogni prova porta con sé uno strascico di contenzioso, che allunga i tempi e rende sempre provvisorio l’esito”.
“Vorremmo che, almeno per una volta e data la delicatezza della materia, il criterio guida – scrive ancora il sindacato – fosse quello dell’interesse pubblico e non di quelli di singole categorie, pur meritevoli in astratto di considerazione. E l’interesse pubblico è quello di avere, nel più breve tempo possibile, dirigenti scolastici assunti pleno jure con procedure trasparenti e ordinarie, non all’insegna delle più varie emergenze, presenti e passate”. L’Anp segnala anche un altro rischio: “ammettere a beneficiare di un percorso riservato coloro che hanno un contenzioso aperto, a prescindere dalla natura delle relative rivendicazioni, costituisce un messaggio ambiguo e pericoloso. In futuro, nessuno accetterà più un risultato sfavorevole: tutti promuoveranno e sosterranno qualunque ricorso possibile, nell’attesa di una sanatoria”. In mancanza dei tempi tecnici per agire prima della discussione in Assemblea, l’Anp chiede di intervenire in quella sede “per rimuovere quello che appare come un autentico infortunio per la scuola e per la categoria dei dirigenti prima che per l’attività legislativa”.