Attività Sportiva scolastica: lettera al Ministro Carrozza

Attività Sportiva scolastica: lettera al Ministro Carrozza

La situazione è ancora bloccata.
A tutt’oggi non c’è una nuova data di convocazione da parte del Miur del Tavolo (ultimo incontro il 15 ottobre) con il sindacato per discutere delle risorse del MOF e quindi anche di quelle per l’attività sportiva scolastica. La motivazione, ricordiamo, sembra essere la mancata certificazione del MEF delle economie (30%) derivanti dai tagli agli organici effettuati dal Piano Gelmini – Tremonti. (articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008).

Le notizie che arrivano dai colleghi e dalle associazioni ci dicono di una situazione nelle scuole ingessata e in attesa che la situazione si sbocchi. In maggioranza la attività non sono partite anche perché i DS, in questa situazione di incertezza, non si fidano a dare l’ok e i colleghi giustamente non sanno poi su quante risorse contare. Invitiamo anche i coordinatori gli uffici di EFS a non calendarizzare le manifestazioni territoriali dei GSS finchè la situazione non si sblocca. Come abbiamo già scritto sia alla DG dello Studente che al Ministro, le fasi competitive dei Giochi sportivi studenteschi hanno ancora significato solo se fase finale di una attività di base aperta a tutti gli studenti e continuativa per tutto l’anno scolastico. Non si possono fare le gare senza preparazione a scuola altrimenti gareggiano solo gli atleti delle società sportive!

Iniziano anche ad arrivare le prime lettere di protesta delle associazioni e dei colleghi da più parti d’Italia: in allegato quella dei colleghi di Parma e di Trento. Da segnalare in quest’ultimo documento la ancor più grave situazione nella Provincia Autonoma di Trento dopo l’accordo del 4 luglio:
“…..Dopo una serie di pesanti tagli che avevano già nel recente passato progressivamente ridotto le risorse destinate e riservate nello specifico, all’avviamento alla pratica sportiva scolastica, si assiste ora a una nuova limitazione.  In seguito al recente accordo contrattuale siglato il 4 luglio 2013, i fondi destinati allo sport scolastico, sono confluiti nel FUIS (Fondo unico dell’Istituzione scolastica), unico “calderone” dal quale ogni scuola attingerà per le varie spese e progetti educativi, dai viaggi di istruzione, ai corsi di recupero e attività di eccellenza, al rimborso per le spese di viaggio e molto altro ancora”

Abbiamo scritto una nuova lettera al Ministro Carrozza epc al ministro Delrio e presidente Coni Malagò, dichiarando l’assoluta necessità di intervenire per risolvere questa situazione che oramai si trascina da 2 anni e… “Nel caso non dovessimo ricevere a breve una sua risposta positiva, le comunichiamo che informeremo tutte le associazioni europee di categoria (Eupea, Fiep) e in particolare scriveremo al Commissario Europeo per l’Educazione, Multilinguismo e Gioventù (con delega per lo Sport) Androulla Vassiliou. Avvieremo  contemporaneamente forti iniziative di protesta. (vedi in allegato)

Abbiamo inviato la comunicazione a tutti i parlamentari le Commissioni Cultura della camera e del Senato.
E’ stata presentata un’interrogazione al Ministro da parte dell’on. Coccia (vedi allegato)

In attesa della risposta del Ministro Carrozza invitiamo tutti a inviare lettere di protesta agli indirizzi sotto indicati e a far conoscere la situazione ai parlamentari locali, nelle scuole agli studenti e ai genitori, nei territori alle forze politiche e sociali, alla stampa…
Inviateci le informazioni sulle iniziative che vengono prese localmente ed eventuali proposte da far conoscere a tutti

Esito ricorso equiparazione retributiva

Esito ricorso equiparazione retributiva

La Segreteria provinciale SNALS di Lucca comunica con soddisfazione un
successo per le prime sentenze dei ricorsi intrapresi a tutela del personale della scuola
assunto a tempo determinato.
Gli esiti dei giudizi presso i Giudici del lavoro di Lucca (Dott. L. Nannipieri)
e di Livorno hanno dato ragione ai ricorrenti assistiti dal nostro legale avv. Stefano
Leuzzi in merito all’inquadramento economico del personale docente,
amministrativo tecnico ed ausiliario.
I precari hanno diritto allo stesso trattamento economico del personale di ruolo
a parità di anzianità di servizio con regolarizzazione dei contributi e riliquidazione
del TFR per ogni singolo contratto a termine nonché il riconoscimento degli arretrati.
I docenti precari devono quindi essere inquadrati negli stessi gradoni retributivi
previsti dal CCNL per il personale a tempo indeterminato che ha lavorato per lo
stesso numero di anni.
La segreteria, in attesa di ulteriori analoghe sentenze, intende sottolineare il
significato rilevante del risultato raggiunto. Si tratta della ineludibile applicazione di
principi derivanti dalla normativa dell’Unione Europea che indirizza il
comportamento del nostro paese in merito alla parità di trattamento tra il personale
che a parità di qualifica, esperienza maturata, ha ricevuto per anni un trattamento
economico diversificato, favorendo nell’amministrazione scolastica la tendenza a
prolungare per anni l’utilizzo dei supplenti annuali anche su posti vacanti e
disponibili per nuove assunzioni a tempo indeterminato.
La Segreteria Provinciale Snals, che provvederà a contattare i vincitori del
ricorso, si riserva nei prossimi mesi di riaprire le procedure per i ricorsi suddetti per i
propri iscritti.

LEGGE DELEGA: “GOVERNO CHIARISCA”

LEGGE DELEGA, GILDA: “GOVERNO CHIARISCA”

“Ci opponiamo fermamente a una legge delega che, bypassando il dibattito parlamentare e il confronto con i sindacati, punterebbe a riformare radicalmente il mondo della scuola e il rapporto di lavoro dei docenti”. Ad affermarlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, intervenuto questa mattina a Salerno all’assemblea di oltre 300 delegati Rsu della Campania.

“Se davvero il Governo vuole seguire questa linea – prosegue Di Meglio – il ministro Carrozza non può esserne all’oscuro e, dunque, le chiediamo di chiarire subito i contenuti di questa legge delega. Riteniamo molto grave che un Esecutivo di transizione possa anche soltanto pensare di mettere mano a una riforma epocale scavalcando il Parlamento e ignorando totalmente il mondo della scuola”.

Il coordinatore nazionale della Gilda lancia poi l’allarme sul collegio dei docenti che, a quanto sembra, rischierebbe di essere trasformato in un organo meramente consultivo: “Se questa notizia risultasse fondata – dichiara Di Meglio – sarebbe preferibile abolirlo perché non diventerebbe altro che un’ulteriore perdita di tempo per i docenti ridotti sempre più a burocrati”.

“Se confermato, questo colpo di mano – conclude Di Meglio – rappresenterebbe un motivo in più per scendere in piazza il prossimo 30 novembre e far sentire la voce degli insegnanti contro una politica che mortifica, invece di valorizzare, la professione docente”.

La salute vien clicc@ndo?

“La salute vien clicc@ndo?”: presentata a Milano la Guida sulla contraffazione dei farmaci online promossa da Cittadinanzattiva. Il 22 novembre sarà distribuita in occasione della XI Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole

Informazioni e consigli utili sull’uso consapevole di internet per l’acquisto di farmaci e prodotti destinati alla salute e al benessere, con l’obiettivo di informare i giovani studenti sul pericoloso fenomeno della contraffazione dei farmaci.

È questo il contenuto della guida multimediale “La salute vien clicc@ndo?”, rivolta a studenti ed insegnanti delle scuole superiori di secondo grado, che sarà diffusa negli istituti che parteciperanno alla XI Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole, in programma il prossimo 22 novembre in tutta Italia.

La Guida è il frutto della collaborazione, ormai pluriannuale fra Cittadinanzattiva  e Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione ed è stata presentata oggi al Museo Nazionale della Scienza e della tecnologia di Milano, nell’ambito della manifestazione “Knowledge” promossa sa Nuvola verde.

Attraverso simpatici personaggi come Pino Lino, Jimmy Contrabbando, Flack 1, Fialetta, Dottor Foglio, Chimi-Kotto, gli studenti saranno accompagnati nella scoperta di temi fondamentali per la loro salute e sicurezza: cosa è un farmaco, come è quando si usa, come si conserva; l’automedicazione; i corretti stili di vita; l’uso di internet per l’acquisto di prodotti; la vendita online dei farmaci; la contraffazione dei farmaci e i rischi per la salute.

La Guida è navigabile online sul sito www.lasaluteviencliccando.cittadinanzattiva.it

Al link http://j.mp/1doVqAP è attivo un sondaggio per conoscere quanto gli studenti “frequentino” internet per l’acquisto di prodotti, anche per la salute e il benessere, e sugli eventuali pericoli o truffe che hanno dovuto fronteggiare.

L’XL’XI Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole inizierà il 22 novembre, in collegamento ideale con Rivoli per la V ricorrenza della morte di Vito Scafidi e verrà celebrata in circa 5.000 scuole di tutta Italia, per concludersi il 3 dicembre. Alcune delle attività previste:
1)  Interventi concreti di abbattimento delle barriere o di donazione di ausili per studenti disabili, a Roma (ITC Verrazzano, 22 novembre), Torino (Scuola Deledda, IC Alpi, 28 novembre), Milano (IC Manara, 3 dicembre), Ischia, Corciano, Bagnacavallo di Ravenna.
2)  Nomina e prima uscita pubblica di 600 giovanissimi Responsabili Studenti Sicurezza in alcune scuole del Piemonte (Torino), dell’Umbria (Spoleto, Foligno, Terni, Corciano), della Basilicata (Matera, Policoro);
3)  Piani di emergenza comunali: consegna delle cartoline ai Sindaci da parte delle scuole/classi che hanno ricevuto il kit predisposto dalla Scuola di Cittadinanzattiva.
4)  Presentazioni locali dei dati relativi alle scuole monitorate alla presenza delle istituzioni competenti.
5)  Prove di evacuazione e primo soccorso con studenti e personale con disabilità, in molte scuole.

Collegato Scuola, Università e Ricerca alla Legge di stabilità

Collegato Scuola, Università e Ricerca alla Legge di stabilità: Governo chiede carta bianca al Parlamento per la sua riforma epocale da attuare entro 9 mesi

Per Anief-Confedir non si parla soltanto di semplificare o di adeguare la normativa italiana alla giurisprudenza comunitaria, ma di riscrivere un nuovo testo unico attraverso diversi decreti legislativi, che declassa gli organi collegiali, interviene illegittimamente su stato giuridico e trattamento economico del personale, riscrive le regole per l’accesso alla docenza con l’introduzione del corso-concorso beffa nelle scuole, riduce il numero di ricercatori, assegnisti di ricerca e il numero dei partecipanti alle abilitazioni scientifiche nazionali i cui criteri di selezione e valutazione saranno riformulati.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “la contrarietà è già nel metodo perché lo strumento della legge-delega su una riforma epocale del settore della conoscenza svilisce il dibattito parlamentare e non parte da un profondo ascolto dei protagonisti”.

L’adozione del Disegno di legge collegato alla Legge di stabilità 2014 è stata rinviata nel Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, segno che ancora nella maggioranza manca un accordo su alcuni temi, ma sembra che le differenze non siano insormontabili. “Certo che se veramente la normativa scolastica italiana fosse adeguata a quella europea – continua Pacifico – si risolverebbero i problemi del precariato, della sicurezza, delle classi-pollaio, dei congedi parlamenti, del diverso trattamento dei supplenti, ma dubito che così accada. Di contro, all’articolo 1, comma 1 una serie di lettere esplicitano i campi di intervento su cui il Governo chiede carta bianca e che potrebbero sconvolgere la vita di un milione di dirigenti, insegnanti e ata nelle scuole e di migliaia di aspiranti alla ricerca”.

Alla lettera h), in materia di istruzione si prevede infatti:

  1. una riforma organica del reclutamento che riprende l’ordine del giorno del PD approvato dai due rami del Parlamento durante l’esame del D.L. 104/13 (ora L. 128/13) nel mantenere il sistema del doppio canale (graduatorie di merito e ad esaurimento) ma introduce l’istituto del corso-concorso nelle scuole, quando migliaia di precari hanno diritto alla stabilizzazione immediata dopo aver prestato servizio per più di 36 mesi su posti vacanti e disponibili, come dice la Commissione UE.
  2. Una riforma degli organi collegiali che lasci loro la sola funzione consultiva, forse una revanche contro la presa di posizione di numerosi collegi docenti contro l’aumento delle ore da 18 a 24 ore, abortito soltanto un anno fa.
  3. La definizione e il potenziamento delle reti di scuole autonome, visto che sono state ridotte di 1/3 negli ultimi sei anni (da 12.000 a 8.000) e visto che il fondo per l’offerta formativa è stato depredato per garantire il pagamento dell’una tantum per il 2011 (MOF) e per evitare l’aumento delle ore a 24 (FIS).
  4. Una riforma dello stato giuridico e della definizione del trattamento economico del personale con interventi tra le fonti di natura pubblicistica e negoziale, che in verità dovrebbe riguardare tutto il pubblico impiego dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro ma che ne dovrebbe vedere attore il Parlamento e non il Governo-Legislatore d’urgenza o delegato che è anche il datore di lavoro; perché in questo caso uno dei due contraenti dell’atto negoziale cambia le regole da solo, in maniera incostituzionale, come è avvenuto in questi ultimi anni con il blocco dei contratti (2010-2014) o del primo gradone stipendiali per i neo-assunti dal 1° settembre 2011.
  5. L’introduzione della contabilità delle istituzioni scolastiche, come se non ci fosse già un regolamento.
  6. La disciplina giuridica degli altri soggetti riconosciuti nel settore dell’istruzione, si spera ricordandosi dei supervisori abbandonati, dei nuovi tutor del TFA o ancora dei vicari non pagati.
  7. Una riforma dello stato giuridico dei docenti dell’AFAM, magari chiarendo se appartengono al settore della scuola o dell’università.

Per quanto riguarda l’università, invece, alla lettera i), mentre da una parte (punto 5) si prende atto del fallimento dell’attuale sistema di valutazione delle commissioni insediate per riconoscere l’abilitazione scientifica nazionale, i cui criteri saranno di nuovo riformati – sperando che si abbandoni il criterio della quantità per abbracciare quello della qualità – dall’altra s’intende ridurre il numero di partecipanti e di abilitati vista la proroga del blocco del turn-over fino al 2017 previsto proprio dalla legge di stabilità per risparmiare sul finanziamento del FFO. Trova così spiegazione anche la riduzione del numero di figure per quanto riguarda ricercatori e assegnisti di ricerca (punto 6), perché la legge 240/10, purtroppo ha abolito la figura del ricercatore a tempo indeterminato e il ministro Carrozza sembra non intenzionata a cambiare idea nonostante la legge 1/10 avesse alimentato tante speranze a migliaia di precari e le università debbano ricorrere a contratti gratuiti, peraltro illegittimi, di insegnamento per le docenze.

EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

CONVEGNO NAZIONALE
Martedì 26 novembre 2013
ore 9,00 / 13,00 e 15,00 / 18,00
Liceo Classico Statale “Terenzio Mamiani”
Viale delle Milizie, 30 – Roma

PROGRAMMA

La sfida della globalizzazione impone alla Scuola italiana scelte drastiche. I recenti studi internazionali valutano con severità le competenze raggiunte dagli studenti italiani in settori chiave della loro formazione. Ciò rischia di compromettere definitivamente la possibilità degli studenti italiani di competere sul mercato internazionale.
Anche per questo, nell’ultimo decennio, si è tentato di standardizzare metodi di valutazione oggettivi, che permettano di conoscere e studiare scientificamente il funzionamento delle agenzie formative (Scuole ed Università) secondo percorsi e criteri già sperimentati nei Paesi anglosassoni.
Questo tentativo, tuttavia, ha incontrato resistenze, con motivazioni che vengono tuttora discusse: ad esempio, l’impossibilità di valutare con obiettività il processo di apprendimento mediante standard valutativi considerati validi universalmente, a prescindere dal contesto geografico, sociale, culturale; la necessità di finanziare adeguatamente il sistema scolastico ed universitario italiano prima di valutarlo; l’iniquità di un sistema che valuti l’operato dei Docenti a partire dal mero risultato degli alunni, senza minimamente considerare l’involuzione indotta nella società italiana dell’ultimo trentennio da un sistema mediatico improntato a criteri puramente mercantilistici ed antieducativi; la necessità di mantenere la Scuola, l’Università e la ricerca libere ed indipendenti rispetto alla dominante ideologia neoliberista, di cui l’ideologia delle competenze è un frutto; in particolare sollevano forti opposizioni i test Invalsi, considerati schematici ed inappropriati perché “tarati” su progetti estranei alla nostra tradizione; la svalutazione della complessa professionalità dei Docenti, svalutazione implicita nella presunta necessità di valutarne la “produttività” come se l’insegnamento fosse un mestiere di mera natura impiegatizia.
Ma è giusto frenare un processo, come quello della valutazione di sistema, che appare oramai ineluttabile? È didatticamente produttivo impedire una valutazione oggettiva degli studenti, la quale comporti anche una valutazione parimenti oggettiva dell’operato dei Docenti e dell’intero sistema scolastico, al fine di farlo progredire? L’opposizione non nasce piuttosto dalla paura di essere valutati?
Questo e altri temi di argomento docimologico saranno oggetto del Convegno. I relatori saranno invitati ad esprimere liberamente la propria opinione, con l’intento di giungere, se possibile, a conclusioni condivise.

INTERVERRANNO:
MATTINA:
Saluto ai presenti dalla Prof.ssa Tiziana Sallusti, Dirigente Scolastico Liceo Classico “T. Mamiani”
Prof. Alvaro Belardinelli (Docente Liceo Classico “T. Mamiani”) – “Taglia 52: valutare una Scuola impoverita”
Dott.ssa Carmela Palumbo (Direttore Generale MIUR per gli ordinamenti e l’autonomia scolastica) – “La valutazione degli apprendimenti degli studenti per orientare le politiche scolastiche”
Prof. Francesco Sabatini (Filologo, lessicografo e linguista, Presidente Onorario dell’Accademia della Crusca, Professore emerito Università degli Studi Roma Tre) – “Valutazione: i molti limiti di un’operazione utile”
Prof. Andrea Ichino (Professor of Economics at the European University Institute in Fiesole) – “Liberiamo la scuola”
Prof.ssa Anna Angelucci (Docente, Associazione Nazionale “Per la scuola della Repubblica”) – “Sistema di valutazione negli Stati Uniti d’America: storia di un fallimento.”
Prof. Giorgio Israel (Professore di Storia della Matematica, Università “La Sapienza” Roma) – “Valutazione o ingegneria sociale?”
Prof. Stefano d’Errico (Segretario Nazionale Unicobas Scuola) – “Il sistema di valutazione, la condizione e lo stato giuridico della funzione docente”
Segue dibattito, introdotto da Giacomo Gabbuti (Studente)

POMERIGGIO:
Prof. Giorgio Ragazzini (Membro del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità) – “Valutazione: di quale merito parliamo?”
Prof.ssa Maria Mantello (Presidente dell’Associazione Nazionale del libero pensiero “Giordano Bruno”) – “Pensiero critico e scuola pubblica: la via maestra della Costituzione.”
Dott.ssa Diana Cesarin (FLC CGIL Centro Nazionale) – “La valutazione nella conoscenza, per la qualità e i diritti”
Prof.ssa Alessandra Fantauzzi (Docente di scuola primaria I.C. “Viale Venezia Giulia”, Roma) – “L’invalsi e i diversamente abili.”
Prof. Stefano Lonzar (Vicepresidente Associazione Unicorno l’AltrascuolA) – “Invalsi: merito e castigo. La ricaduta del sistema di valutazione nella scuola secondaria di primo grado.”
Segue dibattito, introdotto da Lorella Bertone (Genitore)

Per informazioni telefonare a:
Unicobas Scuola
Sede Nazionale:
Via Casoria, 16 – 00182 Roma
Tel. 06/7026630 Fax 06/62209306
www.unicobas.it (.org)
Email: unicobas.rm@tiscali.it

l‘AltrascuolA
Associazione Professionale
Sede Nazionale:
Via Casoria, 16 – 00182 Roma
Tel. 06/7017009 Fax 06/62209306
www.altrascuola.org

Il convegno è coperto da esonero ministeriale – nota MIUR del 31.10.2013 prot. AOODGPER 11530 – fruibile per tutti i docenti e gli ATA, di ruolo e non, ai sensi dell’art. 64, commi 4 e 5, vigente CCNL

Anche gli Istituti paritari devono garantire il sostegno

Anche gli Istituti paritari devono garantire il sostegno

di Salvatore Nocera

            Il Tribunale civile di Vigevano con la sentenza del 6 Settembre 2013 ha accolto il ricorso n. 216/2013 col quale i genitori di un alunno con grave disabilità certificata hanno impugnato per discriminazione il provvedimento dell’ufficio scolastico provinciale che ha assegnato solo 11 ore di sostegno.

La sentenza è interessante non tanto per il fatto che il MIUR sia stato condannato per discriminazione ai sensi della l.n. 67/06 , giurisprudenza ormai consolidata specie in Lombardia a partire dall’accoglimento   del ricorso collettivo promosso dalla LEDHA di Milano un paio di anni fa, quanto perché è una delle prime volte in cui il diritto al sostegno  viene esercitato vittoriosamente nei confronti di una scuola paritaria.

Il Tribunale ha sostenuto che comunque tale scuola  non poteva autonomamente aumentare le ore di sostegno, poiché le riceve dal Ministero e quindi non l’ha condannata, né ha condannato l’ufficio scolastico provinciale e regionale, ritenendo che essi sono semplici articolazioni amministrative interne del Ministero, condannando quindi solo il Ministero.

La condanna con questo tipo di sentenze consiste nell’obbligare la parte soccombente, il Ministero, a cessare dall’azione discriminatoria , assegnando, nel caso concreto, le ore indicate nel PEI , cioè il rapporto uno ad uno “per tutta la durata dell’orario scolastico.”

Interessante la motivazione della sentenza che si riporta:

“ ridurre le ore di sostegno ad uno studente disabile non e giustificata ed è, per tale motivo, idonea a concretare una discriminazione indiretta, vietata ai sensi della 1. n. 67\06, perlomeno tutte quelle volte in cui non si accompagni ad una analoga corrispondente riduzione delle ore di insegnamento in capo agli studenti normodotati. “

 

OSSERVAZIONI

E’ discutibile l’affermazione del Tribunale che l’ufficio scolastico regionale sia una mera articolazione interna del MIUR, dal momento che in base al decentramento amministrativo, ormai gli uffici scolastici regionali ( correttamente non quelli provinciali) sono dotati di propria personalità giuridica e godono di piena autonomia amministrativa. Ed infatti tutte le sentenze dei TAR condannano ,oltre al MIUR , anche gli uffici scolastici regionali.

E’  da ritenere che trattavasi di ore concernenti una scuola primaria paritaria parificata, dal momento che solo per tali scuole lo Stato è tenuto a fornire il pagamento dei docenti, ivi compreso quello per il sostegno. Per tutti gli altri ordini di scuole paritarie l’ultimo comma della l.n. 62/2000, legge sulla parità scolastica, riconosce solo un contributo forfettario che, di fatto, si aggira intorno ai duemila euro annui.

L’ipotesi è rafforzata dalla considerazione che la condanna riguarda il rapporto uno ad uno per tutta la durata dell’orario scolastico. E solo nella scuola dell’infanzia ed in quella primaria, il rapporto uno ad uno coincide con la durata di tutto l’orario scolastico.

Nelle scuole secondarie  il sostegno massimo coincide con l’intera cattedra che è di 18 ore e le poche decisioni che hanno assegnato il rapporto uno ad uno per tutta la durata dell’orario scolastico sembrano ignorare la cultura dell’inclusione scolastica secondo cui l’alunno deve avere rapporti prevalenti con i docenti curricolari e coi compagni, cosa assai difficile se l’alunno è isolato col docente per il sostegno per tutte le ore di insegnamento.

Altro aspetto interessante è il fatto che il Tribunale abbia stabilito che l’amministrazione scolastica non possa discrezionalmente distaccarsi nella quantificazione delle ore di sostegno dal numero indicato nel PEI, formulato dal GLHO di cui all’art 12 comma 5 l.n. 104/92.

E’ forse la prima volta che una decisione è così esplicita su questo punto, anche se non viene data una motivazione esaustiva di questa affermazione. Una spiegazione logica potrebbe essere che il PEI è formulato dalla scuola in dialogo con gli operatori sociosanitari e con la famiglia, soggetti tutti che conoscono i bisogni educativi dell’alunno e quindi possono seriamente proporre all’amministrazione scolastica il numero delle ore richieste per rispondere alle effettive esigenze dello stesso. Oggi abbiamo anche una spiegazione formale costituita dall’art 10 comma 5 della l.n. 122/2010, secondo cui le ore di sostegno e delle altre risorse umane necessarie debbono essere indicate nel PEI. La legge però non si spinge sino a dire che il numero di ore indicato nel pei sia vincolante per l’amministrazione scolastica, come invece fa il tribunale di Vigevano.

Quello invece che lascia assai perplessi è la motivazione della decisione, sopra riportata. Infatti , il tribunale per accogliere la tesi della discriminazione deve dire che ridurre le ore di sostegno ad un alunno con disabilità non sarebbe discriminatorio se contemporaneamente l’Amministrazione scolastica avesse egualmente ridotto il numero delle ore dei compagni non disabili. Siccome però ha ridotto solo le ore di sostegno , senza ridurre le ore curricolari ai compagni c’è discriminazione. Questa argomentazione è perfettamente logica sul piano della l.n. 67/06 sulla non discriminazione delle persone con disabilità; ma risulta assolutamente fuori della logica dell’inclusione scolastica; anzi legittimerebbe la deriva degli ultimi anni della delega assoluta o quasi del progetto inclusivo ai soli docenti per il sostegno  da parte dei docenti curricolari.

Questo è il motivo maggiore che mi ha spinto, fin dal prestigioso ricorso collettivo della  LEDHA accolto ,di cui ho detto sopra, ad avere perplessità sull’opportunità di utilizzare la l.n. 67/06 per ottenere più ore di sostegno, rispetto alla ormai consolidata giurisprudenza dei ricorsi ai TAR per l’annullamento dei provvedimenti di assegnazione di ore di sostegno in numero inferiore a quello richiesto nei pei.

Dal momento che i risultati pratici sono gli stessi, mi permetto di insistere coi Colleghi avvocati che continuano in questa strategia giudiziale a dismetterla per la sola richiesta delle ore di sostegno, poiché si contribuisce , con motivazioni come quelle  necessariamente espresse dal Tribunale di Vigevano,

ad affossare la cultura dell’inclusione scolastica che deve essere prioritariamente realizzata dai docenti curricolari, “ sostenuti” ( ma non sostituiti ) dai docenti specializzati.

Ovviamente perché ciò si realizzi pienamente è indispensabile che i docenti curricolari abbiano una formazione iniziale ed una ricorrente obbligatoria in servizio sulle didattiche inclusive; ma il MIUR ancora non ha attuato  tale normativa e speriamo che lo faccia adesso che l’art 16 della l.n. 128/2013 sulla scuola ha introdotto il principio dell’aggiornamento obbligatorio in servizio; né vigila sufficientemente sul rispetto dell’art 5 comma 2 dpr n. 81/09 che fissa a 20 il tetto massimo di alunni nelle classi con disabili, numero ridotto di alunni, rispetto alle altre classi, proprio per consentire ai docenti curricolari di occuparsi seriamente dei propri alunni con disabilità.

Potrà questa provvidenziale sentenza indurre l’amministrazione scolastica a riprendere in mano questi fondamentali aspetti della cultura  e della conseguente normativa dell’inclusione scolastica, come è stato fortemente richiesto nella mozione finale del prestigioso convegno internazionale  del Centro studi Erickson , svoltosi a rimini dall’8  al 10 Novembre  2013 ?

La scuola in mano al governo: il disegno di legge di cui nessuno parla

da Il Fatto Quotidiano

La scuola in mano al governo: il disegno di legge di cui nessuno parla

di Marina Boscaino

È bene che tutta la scuola stia in ascolto per provare a recuperare in breve tempo risposte plausibili ad un interrogativo che si è diffuso nelle ultime ore. Italia Oggi, Orizzonte Scuola, Edscuola, media caratterizzati da un’indiscussa affidabilità di informazione sul nostro sistema scolastico, sulle politiche e gli atti normativi ad esso relativi, riportano la notizia di un disegno di legge delega su Istruzione, Università e Ricerca presentato dal ministro Maria Chiara Carrozza durante il cdm dello scorso venerdì, che pare dovrebbe essere riesaminato nelle prossime sedute.

Nel caso la notizia fosse confermata, si tratterebbe di un disegno di legge delega, collegato alla legge di Stabilità e, in quanto tale, sarebbe certamente approvato, senza adeguata discussione su una materia incandescente. La discussione sui collegati passa ovviamente in subordine, il dibattito parlamentare e l’attenzione dei media saranno centrati essenzialmente sulla legge di Stabilità. I disegni di legge collegati alla legge di stabilità normalmente sono sottratti al dibattito parlamentare; in questo peraltro si tratterebbe non solo di una legge approvata senza un reale dibattito, ma di una legge che delegherebbe al Governo (e quale Governo!) la revisione dei procedimenti «relativi allo stato giuridico e al trattamento economico del personale della scuola»; «la precisa definizione dei rapporti tra le diverse fonti di disciplina pubblicistica e negoziale» che riguardano i dipendenti, gli organi collegiali della scuola, «con il mantenimento delle sole funzioni consultive e il superamento di quelle in materia di stato giuridico del personale e di quelle rientranti nelle materie di competenze regionali», le reti di scuole e «la riforma organica del reclutamento del personale docente, che garantisca la tutela delle diverse categorie dei soggetti abilitati, mantenga l’equilibrio tra le assunzioni per concorso, anche con l’introduzione di una selezione all’ingresso dei corsi di studio abilitanti, e gli scorrimenti di graduatoria, fermo restando il rigoroso rispetto del principio del merito, e consenta lo smaltimento del precariato». Ce n’è per tutti: stato giuridico, salari, riforma degli organi collegiali, collegati ad una legge di Stabilità che – peraltro – procrastina il  blocco dei contratti, non rinnovati da 4 anni.

Se tutto fosse confermato, se Carrozza davvero riproponesse il testo in Consiglio dei ministri (pare che la discussione sia stata rimandata per la complessità e la vastità dei temi) si determinerebbe una esplicita dichiarazione di guerra tra governo delle larghe intese e mondo della scuola. Si tratterebbe di un atto gravissimo, non solo per la questione salariale. Si delegherebbero al governo i temi strategici dello stato giuridico; del reclutamento. E significherebbe che (nonostante l’inequivocabile e netto rifiuto della scuola al Pdl Aprea Ghizzoni e – soprattutto – nonostante le garanzie che il Pd in campagna elettorale a più riprese ha espresso rispetto ad un’ampia consultazione del mondo della scuola sulla questione della democrazia scolastica e della eventuale revisione degli organi collegiali) questo governo, di cui il Pd fa parte, e il ministro, che dal Pd proviene, imporrebbero con metodi autoritari e antidemocratici interventi che andrebbero ad attentare ai fulcri vitali del nostro lavoro, della nostra professione e professionalità, alla libertà di insegnamento, alla partecipazione, al pluralismo, alla equiordinazione dei diversi organi nel governo degli istituti scolastici.

Sarebbe una scelta suicida, incomprensibile persino per chi è abituato da anni a constatare la devastazione che intenzionalmente e trasversalmente si opera sulla scuola dello Stato. Una scelta che minerebbe quel minimo di credibilità che qualcuno di noi (i più ottimisti) ancora attribuisce al partito che avrebbe dovuto – una promessa mancata da sempre – raccogliere l’eredità di coloro che in anni lontani si sono battuti per garantire al nostro sistema scolastico il rispetto dei principi che l’hanno resa quel veicolo di pensiero divergente, di emancipazione, di crescita etica e culturale per futuri cittadini consapevoli che ancora – nonostante tutto – prova ad essere.

Conservatori, 6mila docenti con otto studenti l’uno

da Corriere della Sera

dal 2000 questi istituti sono equiparati agli Atenei, ma  i minorenni sono 34.400 su 47.900

Conservatori,  6mila docenti con otto studenti l’uno

Pochi i nuovi licei, formazione musicale nel caos. Per gli aspiranti musicisti una scuola a Milano e Roma, 16 in Campania

SERGIO RIZZO

Hanno lavorato a lungo, i sindacati, perché si aprisse il paracadute: un emendamento firmato da una ventina di deputati democratici e comparso nella legge di conversione del decreto scuola. C’è scritto che 1.120 docenti precari dei Conservatori sono per il momento salvi. Certo, per stabilire in che modo avverrà il salvataggio si dovrà attendere il solito decreto ministeriale attuativo. Però il principio almeno è stato messo nero su bianco.

Di storie così sono piene zeppe le cronacheparlamentari: cominciano con l’affanno e finiscono con un sospiro di sollievo. Ma questa apre anche uno squarcio su uno stato di cose assurdo. Quei 1.120 precari, il cui costo annuale si aggira sui 60 milioni, si aggiungono ai 4.900 docenti di ruolo negli 80 fra Conservatori pubblici e Istituti musicali pareggiati (quasi tutti comunali). Per un totale di circa 6 mila professori, oltre a 1.200 esperti «a contratto». Che in un Paese con le tradizioni musicali dell’Italia potrebbe non sembrare un numero sorprendente. Se però andiamo a vedere le cifre degli iscritti, la prospettiva cambia. Perché 6 mila docenti per circa 48 mila studenti significa che ce n’è uno ogni otto, in confronto alla media universitaria europea di uno a tredici e italiana di uno a venti.

Già, perché i Conservatori, come anche le Accademie, dovrebbero essere in tutto e per tutto equiparati agli atenei. Lo dice una legge approvata quattordici anni fa, negli ultimi mesi del governo di Massimo D’Alema. Anche se quella legge, in tutto questo tempo, non è mai stata completamente applicata per colpa della mancanza, forse non casuale, di alcune norme di attuazione. Il risultato è surreale. Dall’anno 2000 ai Conservatori sarebbe riservato l’insegnamento di livello universitario, destinato cioè a chi ha completato la scuola media secondaria. Gli aspiranti musicisti più giovani dovrebbero invece frequentare appositi licei musicali statali. Ma la riforma, ammesso che fosse del tutto sensata, è andata avanti con il contagocce. Tanto a rilento che di licei musicali pubblici ne sono nati ben pochi. Una settantina in tutto, e con una distribuzione territoriale talvolta assai curiosa. A Milano, per esempio, ce n’è uno solo. Come a Roma: ed è uno dei quattro esistenti in tutto il Lazio. Mentre se ne trovano 16 in Campania. Dove c’è un liceo musicale perfino a Gesualdo, 3.557 anime nella Provincia di Avellino.

Fatto sta che ancora oggi tantissimi studenti minorenni continuano a frequentare i Conservatori, che non hanno mai abolito i cosiddetti corsi per liceali. Anzi, sono proprio costoro la maggioranza assoluta degli iscritti: su 47.900 ci sono soltanto 13.500 «universitari» e ben 34.400 studenti «medi». E questo nonostante le norme lo escludano esplicitamente, come ricorda anche un recente parere dell’Avvocatura dello Stato. Precisando che «la legge fa riferimento soltanto alla possibilità di stipulare convenzioni con le istituzioni scolastiche e non attribuisce ai Conservatori il potere di istituire corsi pre-accademici rivolti agli alunni delle scuole al di fuori di quelle convenzioni. Si aggiunga altresì che allo stato attuale non appare neanche possibile effettuare siffatte convenzioni: e ciò per la decisiva ragione che non risulta ancora emanata la specifica disciplina regolamentare…».

Da queste parole si deduce che l’insegnamento musicale è nel più completo disordine. Se non addirittura nella illegalità. Una situazione che di sicuro non fa onore a un Paese che ha dato al mondo i Niccolò Paganini, i Giuseppe Verdi e gli Arturo Toscanini. Ma che forse fa comodo a qualcuno, come potrebbe far capire la piccola sanatoria approvata dal Parlamento qualche giorno fa. Perché è ovvio che se i Conservatori dovessero concentrare la propria attività sull’insegnamento di livello universitario i docenti diventerebbero un numero insostenibile: quasi uno ogni due iscritti. Con la conseguenza inevitabile di un gigantesco rimescolamento di carte con i licei, che nessuno auspica.

Non è un caso che, ancor prima di vedere la luce, la prevista riorganizzazione del ministero dell’Istruzione sia stata già bersagliata dalle critiche provenienti da quel mondo. La ragione è la soppressione della direzione dell’Alta formazione artistica e musicale, in gergo Afam, regno incontrastato del potente direttore Giorgio Bruno Civello, alle cui cure sono stati affidati per anni i destini di Accademie e Conservatori. A rimarcare in questo modo una rigorosa separatezza dall’università, che però il ministro Maria Chiara Carrozza vuole ora azzerare. Il decreto di riordino del ministero stabilisce che l’Afam sia disciolta in un nuovo Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca: cui saranno assegnate, appunto, tutte le competenze sul settore universitario.

Superiori, due ragazzi su cinque abbandonano lo sport

da Corriere della Sera

Superiori, due ragazzi su cinque abbandonano lo sport

Nasce il programma del Coni 14-19@sport a scuola

Lilli Garrone

In Italia il 40 per cento dei ragazzi fra i 14 ed i 19 anni abbandona l’attività sportiva. Così per «invertire l’inerzia», come ha detto il 14 novembre il presidente del Coni Giovanni Malagò, è nato un progetto: «14-19@sport a scuola», per invitare gli alunni delle superiori a pensare sì allo studio, ma anche a proseguire in un’attività che è altrettanto maestra di spirito e di vita. E il programma per creare una nuova cultura dello sport a scuola è stato tracciato  nella sede dell’Istituto agrario di Roma «Giuseppe Garibaldi». «Ho il dovere morale – ha detto il presidente del Coni Malagò – di aiutare lo Stato a portare lo sport nella scuola. E su questo noi investiamo 7 milioni di euro in un programma che intendo chiamare “Sport di Classe”, in modo che i ragazzi non smettano di fare attività fisica: perché anche questo ha importanza nella qualità della vita».

RILANCIARE L’ATTIVITA’ FISICA – Sport come motore di integrazione e di prevenzione del disagio giovanile: la capacità di fare squadra come crescita personale e collettiva. Per questo nell’Istituto agrario gli alunni ieri hanno avuto anche i testimonial: da Simone Perrotta, ex calciatore e oggi consigliere della Figc che ha ricordato di «essere andato via di casa a 13 anni» e come «lo sport insegna a superare te stesso e a relazionarti in un gruppo»: «In Italia – ha aggiunto – iniziano a giocare a calcio 300 mila bambini, che sui 13 anni diventano neppure un quarto»; a Mario Pisanti, campione italiano dei Pesi piuma che ha parlato di come abbia iniziato a fare il pugile a 16 anni e di come lo sport l’abbia «tolto dalla strada»; alle due giovani ginnaste dell’Acqua Acetosa Elisabetta Preziosa e Giorgia Campana, protagoniste della serie «Vite parallele» in onda su Mtv, che hanno ricordato il loro duplice impegno di sportive e studentesse. «Creare una scuola dello sport è l’obiettivo che va perseguito con determinazione per radicare una nuova cultura, fondata su basi solide e capace di regalare una prospettiva di crescita al movimento agonistico con evidenti benefici sotto il profilo sociale – ha poi aggiunto Giovanni Malagò – E’ decisivo favorire iniziative che possano invertire questa pericolosa tendenza per fare dello sport uno strumento di benessere fisico ma anche relazionale, dal punto di vista dell’aggregazione e dell’inclusione, andando a incidere positivamente sulla crescita individuale dei giovani». «Questo dibattito – ha spiegato Marco Perissa – vorremmo fosse attivo ogni giorno nelle scuole: lo sport come motore di  socializzazione primaria e come risposta al disagio giovanile. E il confronto con i presidi di alcune scuole romane testimonia un passaggio fondamentale per la costruzione di reti orizzontali e verticali, che leghino il mondo della scuola a quello dello sport, per intervenire in maniera decisiva nella formazione degli uomini e delle donne del domani». E per il presidente dell’Istituto Agrario Franco Antonio Sapia «l’educazione fisica come quella civica preparano i cittadini di domani: lo sport aiuta a rispettare le regole».

Anche i ministri sono soggetti alla legge

Anche i ministri sono soggetti alla legge

di Enrico Maranzana

Sabato 9 novembre si è tenuto a Pisa un convegno sui libri di testo e le risorse digitali: è intervenuto il ministro MC Carrozza [http://www.youtube.com/watch?v=Vl1M3zTY3-A]. Nel suo intervento ha sottolineato che “quella del digitale è un’occasione per ripensare un sistema dell’istruzione che ha profondo bisogno di rinnovamento: la sfida del digitale deve essere per noi anche e soprattutto una sfida legata alla qualità della formazione”.

 

Le argomentazioni sviluppate han fatto apparire nitidamente la sua strategia verso la qualità: il ritorno alla scuola napoleonica. Una dissertazione che costituisce un sintomo inequivocabile del male che da lustri infetta i piani più alti dell’edificio scolastico: la presunzione d’aver la verità in tasca e la noncuranza per la volontà del legislatore.

 

Il leitmotiv della riflessione del ministro è stato: “Dobbiamo trasmettere il sapere”  non dimenticando che “il contenuto di quello che trasmettiamo sia tale da rendere i nostri studenti competenti”.

Un principio dottrinalmente sbagliato e contrario allo spirito e alla lettera della legge: le competenze non sono una variabile dipendente dalla conoscenza.

Le competenze sono entità non primitive.

In ambienti dinamici e aperti le sue componenti sono capacità e conoscenze.

In ambienti statici e chiusi le sue componenti sono abilità e conoscenze.

Nell’istituzione scuola vige una relazione gerarchica che pone le capacità al vertice, a finalità del sistema educativo; le conoscenze sono a esse subordinate, incasellate come “strumento e occasione” d’apprendimento.

Non sarebbe potuto essere diversamente: i caratteri della società in cui i giovani entreranno al termine dei loro studi non sono prefigurabili. L’esplosione delle conoscenze,  l’invasività della cultura informatica, la complessità dei problemi, il lavoro d’équipe,  il “ mondo ormai villaggio” impediscono ogni ragionevole congettura.

Ne consegue che il promuovere la capacità di decidere in situazioni d’incertezza e  in ambienti ignoti è la sostanza del mandato affidato alle scuole   [un tema sviluppato in  “La professionalità dei docenti, un campo inesplorato”, visibile in rete].

Una  piattaforma inconciliabile con  l’orientamento ministeriale di “recuperare il dialogo tra scuola e università interrotto da riforme scellerate, da un’idea che si potesse separare l’istruzione secondaria da quella superiore .. scuola e università non sono due mondi diversi”.

Quale superficialità traspare dalla corrispondente giustificazione: “gli studenti sono sempre gli stessi” che ha a riferimento la fisicità dell’individuo non i suoi bisogni.

Una contrapposizione originata sia dalla disattenzione per le disposizioni che regolamentano la vita delle scuole,  sia dalla noncuranza per i dettami delle scienze dell’organizzazione.

Da un lato il sistema scolastico è orientato all’educazione, unitario, coordinato, sinergico, dotato di feed-back;  dall’altro lato l’università è costituita da un insieme d’insegnamenti autonomi,  con una propria, specifica finalità   [una tematica sviluppata in  “Coraggio! Organizziamo le scuole” e “Quale formazione per il dirigente scolastico” visibili in rete].

 

Non meno fragile è l’incipit: siamo in “una comunità che crede nel futuro del libro .. il passaggio dal libro cartaceo ad un libro che non sappiamo ancora come sarà .. i nostri libri potranno essere su piattaforme diverse .. ipad, samsung, piattaforme nuove ..”.

Nella scuola contemporanea, la cui mission è “rendere i nostri studenti competenti”,  discutere della forma del libro di testo è  irrilevante:  da analizzare è la sua sostanza che risiede nei regolamenti di riordino del 2010.  Essi hanno aperto la via elencando le competenze generali verso cui il sistema educativo deve muovere.  Hanno dato indicazioni sulle modalità di progettazione dei percorsi d’apprendimento:  la conoscenza viene intesa ed è da intendersi come la fase conclusiva di un percorso di ricerca che ha inizio con la percezione e la definizione di problemi, affrontati e risolti con le tipiche metodiche disciplinari.

Un’indicazione che fa tesoro del monito di Albert Einstein “La conoscenza è cosa morta, la scuola, però serve alle persone” 1.  Lo spirito vitale risiede nei problemi e nei metodi disciplinari che sono  motivanti e  coinvolgenti,  che sono il cardine della didattica laboratoriale e costituiscono la chiave di volta per la promozione di comportamenti produttivi.

L’attività di classe risulta bipartita: in un primo momento agli studenti è sottoposta una situazione problematica aperta, rilevante per la storia disciplinare, su cui sono chiamati a elaborare soluzioni.   Solo in un secondo momento il docente interverrà per portare a unità la produzione degli studenti e, quando l’attività di promozione delle competenze sarà conclusa, sistematizzerà la materia.

In questa fase appare la rilevanza dei libri di testo sui quali lo studente rintraccia la struttura delle conoscenze affiorate nelle analisi compiute  e  contestualizzate dall’insegnante: è pronto a cogliere le astrazioni concettuali del corpus disciplinare.

E’ da superare l’attuale configurazione dei testi che  sequenzializzano argomenti,  proponendo  itinerari  di conoscenze  [legati al sapere]  e non di problemi  [legati al saper agire in un contesto dato -> competenze], che forniscono ai docenti percorsi  cui   delegare le responsabilità  progettuali.

In prima battuta i testi dovrebbero  descrivere le situazioni problematiche che fungono da occasione di cattura dei principali problemi della disciplina, mostrare le modalità della loro  definizione,  illustrare le ipotesi formulate, precisare le strategie e le tecniche risolutive, presentare lo stato dell’arte.

Solo quando la progettazione sarà finalmente diventata il modus operandi della scuola e la socializzazione delle esperienze sarà universalmente accettata, la documentazione del lavoro dei docenti esaurirà tutte le esigenze.   [Un esempio è visibile in rete: “La storia di un triangolo” che documenta un approccio al teorema di Pitagora].

 

Il ministro ha sostenuto che le scuole e i docenti non sono in grado di “vedere l’esito di quello che fanno e avere un feed-back sull’effetto delle scelte fatte”.

 

Una concezione che rottama l’autonomia delle istituzioni scolastiche che “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”.

Com’è possibile progettare se non si può rilevare l’esito del lavoro fatto e capitalizzare le informazioni contenute nello scostamento risultati attesi-risultati conseguiti? [Una tematica sviluppata in  “Insegnare matematica dopo il riordino”,  visibile in rete].

 

L’enunciato iniziale era molto ambizioso: “Quella del digitale è un’occasione per ripensare un sistema dell’istruzione che ha profondo bisogno di rinnovamento”.  La questione è stata traslata e banalizzata.

Sarebbe stato interessante discutere della proporzione:

Il digitale STA al mattone COME l’informatica STA all’architettura

[una problematica sviluppata in “La scuola regredisce. Dal piano nazionale informatica al piano nazionale scuola digitale”,  visibile in rete].

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[1] Albert Einstein, “Ideas and Opinions” Crown Publishers Inc., 1954

“Sometimes one sees in the school simply the instrument for transferring a certain maximum quantity of knowledge to the growing generation. But that is not right. Knowledge is dead; the school, however serves the living. It should develop in the young individual those qualities and capabilities which are of value for the welfare of the commonwealth”.

M5S, alla Regione tutte le competenze su istruzione

da Tecnica della Scuola

M5S, alla Regione tutte le competenze su istruzione
di P.A.
La consigliera regionale del MoVimento 5 Stelle, Eleonora Frattolin, dopo le arringhe contro il decreto che prevede il taglio di quattro Uffici scolastici regionali, tra cui quello del Friuli Venezia Giulia, propone di affidare le competenze sull’istruzione alle regioni
“Invece di fare battaglie anacronistiche nel nome di una specialità che, di fatto, non esiste più, la politica regionale dovrebbe attivarsi per ottenere tutte le competenze primarie ed esclusive in materia di istruzione. Questo è un risultato importante da conquistare. Solo in questo modo potremo assumerci tutta la responsabilità nella costruzione di una scuola migliore per i giovani del Friuli Venezia Giulia”. Per il MoVimento 5 Stelle, “al di là degli intenti meritevoli di risparmio di spesa pubblica e di ottimizzazione dell’organizzazione sul territorio, bisogna chiedersi soprattutto se questo provvedimento sia in grado di portare a un reale miglioramento del servizio erogato agli studenti e alle loro famiglie”. Una riproposizione dunque di quanto da tempo si dice e si promette, quello cioè del federalismo scolastico, mentre la modifica del titolo V della Costituzione ha creato finora solo intralci e ricorsi alla Corte costituzionale. Parlare inoltre di specificità di ogni singola Regione solo per mantenere gli Usr appare oggettivamente anacronistico, mentre invece il vero problema sono i disagi e gli impigli che il personale e le singole scuole dovranno sopportare nel caso degli accorpamenti paventati. Ma il fatto ancora più strano riguarda il fatto che simili e drastiche scelte, come gli accorpamenti degli Usr, da parte del Governo non abbiano tenuto in conto un minimo di concertazione e non solo con le singole presidenze regionali, ma anche coi rappresentanti del personale delle scuole, che come sempre rimane l’ultima ruota dell’ultimo carro.

Salgono i timori per i prossimi provvedimenti sulla scuola

da Tecnica della Scuola

Salgono i timori per i prossimi provvedimenti sulla scuola
di Lucio Ficara
Si parla con sempre maggiore insistenza di un collegato alla legge di stabilità che potrebbe riguardare una delega al Governo per nuove norme sugli organi collegiali e sullo stato giuridico del personale della scuola.
Crescono i timori, tra docenti, studenti e  genitori,  per quelli che potrebbero essere i prossimi provvedimenti sulla scuola. Preoccupa non tanto quello che il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza dice attraverso gli organi di stampa, ma piuttosto, preoccupano i suoi silenzi, su alcune possibili riforme che lo stesso ministro vorrebbe attuare. In buona sostanza preoccupano, non tanto le dichiarazioni pubbliche del responsabile del Miur, che sono sempre rassicuranti e vanno nella direzione della risoluzione dei problemi della scuola, ma piuttosto le dichiarazioni non fatte pubblicamente e che magari, lo stesso ministro Carrozza, esterna e confida ai suoi più stretti collaboratori. Sarebbero particolarmente temuti, quei provvedimenti che andrebbero a toccare alcuni diritti del personale scolastico, e che rappresenterebbero  un’invasione dei patti e delle regole contrattuali. I primi provvedimenti sulla scuola, potrebbero arrivare con un collegato alla legge di stabilità, che toccherebbe punti nevralgici di riforma scolastica. Si tratta di una delega in bianco, fatta al governo per trattare temi delicati come il reclutamento del personale docente, la riforma degli organi collegiali, l’avvio delle reti di scuole e il delicatissimo argomento dello stato giuridico ed economico del personale scolastico. Provvedimenti che intersecano profondamente gli interessi contrattuali e che dovrebbero essere discussi in tavoli sindacali, prima di imporli di imperio, attraverso atti legislativi, per lo più collegati ad una legge importante come la legge di stabilità. Il timore di tanti è quello che per la riforma degli organi collegiali, si voglia ripartire dall’intesa trovata nella scorsa legislatura tra il PD e il PDL. È opinione diffusa che il testo base, possa essere il tanto contestato decreto Aprea-Ghizzoni.  Si teme anche che si voglia attuare una riforma dello stato giuridico ed economico del personale scolastico, basato su un non ben precisato merito. Molti si stanno domandando se per caso, quando il ministro Carrozza si lamentava dei troppi tabù presenti nel sistema scolastico, non si riferisse anche ai tabù che rappresenterebbero un freno posto dai sindacati e dai movimenti studenteschi, rispetto a riforme così radicali. La contestazione su questi provvedimenti potrebbe nascere non soltanto sul merito delle proposte, ma anche sul metodo, che sembrerebbe essere poco democratico e molto autarchico. Sentendo gli umori di piazza, sembrerebbe che sta nascendo un fronte unitario di protesta contro questa spinta riformistica, che si sta sviluppando senza attuare nessun confronto con i sindacati. Non vorremmo, visto che la nostra Ministra dell’Istruzione è pisana, che si confermasse il vecchio adagio medioevale che dice: “meglio un morto in casa che un pisano all’uscio”. Sì, perché come ci dice la storia, ai tempi dello splendore della repubblica pisana che aveva uno statuto particolarmente avanzato in termini di diritto privato, commerciale ed amministrativo, i pisani erano temibili e impetuosi esattori. Solo in un caso questi temibili esattori, non facevano razzia di tasse, se ci fosse stato in casa del contribuente  un lutto. Visto che il funerale della scuola pubblica è stato già celebrato, e quindi c’è uno stato luttuoso, forse sarebbe opportuno recedere da norme che vadano ancora una volta a penalizzare il settore della conoscenza, cercando invece risorse da investire in questo campo.

Pas, imminente il decreto: si parte a metà dicembre

da Tecnica della Scuola

Pas, imminente il decreto: si parte a metà dicembre
di Alessandro Giuliani
Ormai siamo agli ultimi dettagli. Queste le novità anticipate ai sindacati: al via pure i corsi per discipline con pochi iscritti, con ricorso ad accorpamenti ed e-learning; le attività formative dureranno 900 ore (un terzo in presenza), pari a 36 CFU; rimangono incertezze per infanzia e primaria; per quanto riguarda i permessi studio sono in arrivo le deroghe; forse si sblocca pure la questione degli AFAM. La tabella aggiornata regione per regione
Il Miur continua a fornire indicazioni sul prossimo avvio dei Percorsi abilitanti speciali, cui sono interessati circa 65mila candidati all’abilitazione: nel corso dell’ultima riunione con i sindacati, svolta al Miur il 13 novembre, l’amministrazione ha fatto sapere che i corsi prenderanno il via entro un mese (metà dicembre) e dovranno necessariamente terminare entro giugno 2014. Fermo restando, che le attività formative si svolgeranno secondo il calendario che verrà fissato da ogni ateneo organizzatore.
Sono diverse le novità comunicate ai rappresentanti dei lavoratori: una di queste riguarda la confermata volontà del Miur di attivare i corsi anche nel caso il numero dei candidati fosse esiguo o comunque, inferiore alle 30 unità. Dal resoconto della Uil Scuola apprendiamo che in questi, “in alternativa all’attivazione dei corsi interregionale, possono essere previsti raggruppamenti di classi di concorso omogenee o accorpamenti di discipline comuni”. In questi casi sarà possibile anche attivare parte del percorso formativo su piattaforma e-learning.
Qualora fosse necessario suddividere i corsi in più anni accademici, il Miur ha predisposto un ordine di precedenze determinato sostanzialmente da tre elementi afferenti ai corsisti: mancanza di altra abilitazione, maggiore anzianità di servizio e, in caso di parità di punteggio, maggiore anzianità anagrafica.
Tramite i direttori generali Chiappetta e Livon, l’amministrazione ha fatto sapere che la procedura sarà curata direttamente dagli uffici centrali e periferici del ministero dell’istruzione. In particolare, scrive la Flc-Cgil, “sarà responsabilità del Miur verificare la validità delle domande degli aspiranti; compilare gli elenchi; ripartire i candidati negli anni e/o a livello territoriale”.
Il Miur ha anche stabilito che la durata complessiva dei corsi dovrà essere di 900 ore, pari a 36 crediti formativi. La frequenza dei corsi sarà obbligatoria, con un massimo di assenze consentite del 20% del totale (è caduta definitivamente la volontà del Miur di ancorare le assenze alle singole discipline).
Per quanto riguarda le attività didattiche in presenza, queste dovranno essere pari a 300 ore. Mentre le rimanenti 600 ore saranno impegnate in attività di studio, comprese le attività svolte in e-learning.
Sempre la Uil Scuola ha sottolineato che “su richiesta dei corsisti, le università, in presenza di certificate competenze disciplinari già acquisite, possono deliberare una riduzione del carico didattico complessivo in misura non superiore al 15%”.
Per la prima volta è stato affrontato il problema dei soldi che verranno chiesti ai corsisti per la frequenza dei corsi. Il Miur avrebbe espresso la volontà di voler creare le condizioni più favorevoli possibili per facilitare la formazione dei candidati all’abilitazione. La Uil, assieme alle altre organizzazioni, ha chiesto “un tetto massimo di spesa al fine di rendere accessibile la partecipazione ai corsi per tutti, evitando anche disparità di trattamento tra le diverse università. E ciò vale anche per i corsi per l’acquisizione delle competenza linguistiche rientrino nel budget generale, senza costi aggiuntivi”.
Durante l’incontro la Cisl Scuola ha rappresentato le fortissime preoccupazioni (segnalate da tutti i territori) circa l’incertezza dei PAS per le scuole dell’infanzia e primaria. “Il capo dipartimento Università – scrive il sindacato – ha cercato di rassicurare in merito, senza peraltro convincere; dietro l’insistenza di tutte le Organizzazioni Sindacali si è impegnato ad una puntuale verifica e ad un confronto in sede CRUI giovedì prossimo, 21 novembre”.
Capitolo permessi studio. I sindacati hanno chiesto la riapertura generalizzata dei termini di presentazione delle150 ore relative al diritto allo studio (ferma restando la titolarità della contrattazione sulla materia al livello regionale). Anche alla luce dei non pochi frequentati, lo scorso anno scolastico, i Tfa ordinari a cui non furono concesse le 150 ore (a causa dell’abbondanza di candidature), i sindacati hanno chiesto che il 3% dell’organico da destinare a tale procedura venga calcolato sull’organico di fatto e non su quello di diritto.
All’incontro c’era anche lo Snals. Che, a tal proposito, ha chiesto che sia formulata a livello nazionale, fermo restando la contrattazione di livello regionale, una Intesa tra OO.SS. e Amministrazione che consenta, tra l’altro, ai territori la possibilità di “spacchettamento” delle 150 ore anche tra più soggetti. Ancora lo Snals ha fatto osservare la necessità che “l’operazione di avvio dei PAS sia contestuale e non si crei allarme per “fughe in avanti” di alcuni USR, quali, ad esempio, le Marche, che hanno già ufficializzato l’attivazione di alcuni corsi, ingenerando negli interessati la preoccupazione che altri non verranno organizzati”.
La pubblicazione del decreto direttoriale è prevista nelle prossime ore.
A breve, infine, è previsto anche un incontro dei sindacati con la direzione generale dell’AFAM con la quale si sta predisponendo una direttiva congiunta per l’attivazione dei PAS delle classi di concorso relative alle discipline artistiche e musicali di competenza.

Galletti: “Oltre un miliardo per l’edilizia scolastica”

da Tecnica della Scuola

Galletti: “Oltre un miliardo per l’edilizia scolastica”
di Andrea Carlino
Il Sottosegretario al QN annuncia lo stanziamento di nuovi fondi: 150 milioni grazie al Decreto Fare, 300 tramite Inail, 800 milioni con il decreto scuola.
”Alla fine dei conti ci sono 150 milioni subito, poi 300 tramite l’Inail e, infine, 800 milioni contenuti nel decreto scuola con la possibilità, per le Regioni, di accendere mutui a carico dello Stato al di fuori del patto di stabilità. Siamo oltre il miliardo. Direi che è un passo avanti per l’edilizia scolastica”. Così Gianluca Galletti, sottosegretario all’Istruzione, in una intervista a QN commenta gli interventi per rimettere in sesto gli istituti italiani.  Il ministro ha firmato il decreto che assegna alle Regioni i primi 150 milioni previsti dal decreto del Fare. Riguarderanno interventi urgenti per la messa in sicurezza delle scuole e la loro riqualificazione, soprattutto per gli istituti dove è presente l’amianto. I 150 milioni ”sono spendibili nel tempo più breve possibile: le Regioni hanno già presentato al Miur una graduatoria di interventi immediatamente cantierabili. Le Regioni, a loro volta, avevano raccolto le segnalazioni dei Comuni. Entro febbraio prossimo dovranno essere chiuse le gare di appalto. Inoltre, ai sindaci vengono affidati poteri straordinari equiparabili a quelli previsti per le calamità naturali”. Per quanto riguarda le priorità d’ intervento, ”La decisione spetta alle Regioni. A loro sono assegnati i fondi in base al numero delle scuole presenti sul territorio e al loro stato di vetustà. Le Regioni decidono quindi la divisione tra i Comuni, e le priorità”. Quindi’ un po’ di numero. ”Alle Regioni sono arrivate, dagli enti locali, 3.302 richieste dì intervento di cui 2.515 ammissibili al finanziamento – spiega Galletti – I 150 milioni permettono di avviare 692 interventi, ossia il 27,5% del totale di quelli ammissibili. Tra questi, 202 per l’amianto. Poi arriveranno, nel 2014-2016, altri 300 milioni destinati, tramite l’Inail, sempre all’edilizia scolastica”.