FERMARE IL DISASTRO!

FERMARE IL DISASTRO!

Notizie circolanti ed in attesa di conferma accrediterebbero la volontà del commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica,dottor Carlo Cottarelli, di sopprimere ben 800 istituzioni scolastiche autonome, privandole del loro dirigente e del direttore dei servizi generali e amministrativi.

In clamorosa contraddizione di quanto affermato dallo stesso nel Convegno sulla spending review, promosso dalla Confedir e tenutosi il 22 novembre u.s., e delle pur timide aperture sulla scuola, figuranti nella legge 128/13,verrebbe così riproposto,nella ricorrente visione tecnocratica alimentata dall’impotenza della politica, il consunto copione degli indiscriminati tagli orizzontali,che tra l’altro sterilizzerebbero la recente volontà del legislatore nel punto in cui, recependo un emendamento della  DIRIGENTISCUOLA-CONFEDIR, ha trasformato ad esaurimento le graduatorie dei vincitori e degli idonei dei concorsi già espletati e in atto, atteso che, per intanto, molti aspiranti alla dirigenza scolastica sarebbero beffati, perché in fatto si vedrebbero preclusa la nomina o potrebbero, a fatica, conseguirla alle soglie della pensione.

Ma,al di là di questa che potrebbe apparire una difesa corporativa, è di palmare evidenza che la reiterazione di una consimile funesta politica recherebbe irrimediabile nocumento alla qualità di un servizio pubblico – quello di istruzione,formazione, educazione – essenziale e perciò presidiato dalla nostra Carta fondamentale,siccome fondato sul correlato valore dell’inclusività sociale.

Negli ultimi dieci anni di massacro della scuola,resa sempre più povera di risorse e condannata ad una progressiva fatiscenza delle sue strutture(con la provocazione di crolli e lutti, imputati da giudici della Repubblica alla responsabilità oggettiva dei suoi operatori),sono stati cancellati 10.000 dirigenti scolastici ed altrettanti direttori dei servizi generali e amministrativi, con incremento esponenziale dei carichi di lavoro e delle responsabilità a fronte della diminuzione delle retribuzioni reali. Pensavamo che si fosse finalmente raggiunto il punto di arresto, dopo essersi sfiorato l’orlo del baratro, con il dimensionamento selvaggio imposto dalla legge 111, poi inasprito dalla legge 183/11, entrambe dichiarate dalla Consulta affette da profili di incostituzionalità.

Ora l’ulteriore preannunciata amputazione segnerebbe, semplicemente, la fine dell’autonomia scolastica, prefigurata dalla Costituzione e mai compiutamente decollata, primariamente per il continuo depauperamento delle risorse professionali, finanziarie e strumentali che dovevano sostenerla.

Megaistituti costituiti dall’assemblaggio di sempre più numerosi plessi, insistenti su territori sempre più disomogenei e sempre più distanti, potrebbero, a mala pena, assicurare la mera vigilanza degli utenti e giammai la loro precipua mission: la realizzazione di interventi di educazione, istruzione e formazione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi  generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.

E’ necessario fermare questa deriva e, contestualmente,premere sul Parlamento che, accingendosi a licenziare nella versione definitiva la Legge di stabilità, vi inserisca, per contro, l’imposizione di un parametro medio di alunni per istituzione scolastica autonoma di non più di 800, con deroghe – se non con esclusione – delle scuole che si trovano in piccoli comuni montani ed in aree metropolitane a rischio; ovvero assegnando un dirigente e un DSGA secondo i predetti parametri. Di modo che alla Conferenza stato-regioni potrà essere demandato il compito di organizzare sul territorio l’ottimale erogazione del servizio.

Vogliamo perciò chiamare all’unità tutti coloro che hanno a cuore le sorti della scuola, quale bene comune di importanza capitale per il futuro del nostro Paese e dell’intera nostra civiltà.

Fermiamo il disastro!

videoINTERVENTI convegno NO INVALSI

UNICOBAS: LINK videoINTERVENTI convegno NO INVALSI

A seguire i link di tutti gli interventi e del dibattito relativi al Convegno ‘EDUCARE ALLA CRITICA: QUALE VALUTAZIONE?’ di martedì 26 Novembre 2013, tenutosi al LC ‘Mamiani’ di Roma:

MATTINATA

Saluto dalla Prof.ssa Tiziana Sallusti ai presenti al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Prof. Alvaro Belardinelli al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Dott.ssa Carmela Palumbo al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Prof. Francesco Sabatini al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Prof. Andrea Ichino al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Prof.ssa Anna Angelucci al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Prof. Giorgio Israel al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?”

Intervento Prof. Stefano d’Errico al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?”

Intervento Giacomo Gabbuti (ex studente Liceo Classico “T. Mamiani”) al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Dibattito fine prima parte (mattinata) del Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

POMERIGGIO:

Intervento Prof. Giorgio Ragazzini al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Prof.ssa Maria Mantello al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Dott.ssa Diana Cesarin al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Prof.ssa Alessandra Fantauzzi al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Prof. Stefano Lonzar al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Intervento Dott. Raffaele Costa (genitore) al Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

Dibattito finale del Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

VIDEO COMPLETO DEL CONVEGNO:

Convegno Nazionale “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?

26.11.13 – Interviste ai relatori del Convegno “EDUCARE alla critica: quale VALUTAZIONE?” (Agenzia Stampa DIRE)

3 dicembre: Giornata Internazionale delle persone con disabilità

3 dicembre: Giornata Internazionale delle persone con disabilità

Il 3 dicembre è la Giornata Internazionale delle persone con disabilità. È un’occasione per ricordare le condizioni di vita di milioni di Cittadini e delle loro famiglie, ma anche un momento per ribadire la necessità di un impegno comune per garantire loro fondamentali diritti umani.

Ancora troppe persone a causa della disabilità vivono situazioni di marginalità e addirittura di segregazione.

Nel 2006 l’ONU ha approvato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, atto ratificato con norma anche dall’Italia nel 2009.

Ma la strada da percorrere sulla via della piena inclusione è ancora lunga.

In questi anni il movimento internazionale delle persone con disabilità ha continuato a ripetere lo slogan “Nulla su di noi, senza di noi”, rivendicando il diritto di essere protagonisti attivi di tutto ciò che riguarda la propria esistenza.

La Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap ha voluto, nei vent’anni della propria attività, plasmare le proprie azioni su questi principi, forte dell’adesione di tante persone ed associazioni.

Al 3 dicembre 2013 la FISH dedica particolare attenzione, promuovendo iniziative di informazione e sensibilizzazione in molte città italiane grazie al grande impegno delle Federazioni regionali.

Innanzitutto verrà proposta in varie città la mostra Nulla su di Noi senza di Noi! Le persone con disabilità e le loro famiglie: una partecipazione da protagonisti. Appunti per immagini. Un percorso espositivo che ripropone la storia, le azioni, la voglia di partecipazione delle persone con disabilità e delle loro famiglie, con immagini simbolo e commenti significativi che testimoniano diversi passaggi epocali.

E vediamo, dunque, che cosa è stato programmato, città per città, puntando sempre su sedi di grande visibilità, allo scopo di attirare l’attenzione del maggior numero possibile di Cittadini.

– Bari: la videoproiezione della mostra fotografica è in programma martedì 3 alla Sala del Fortino del Comune e fino a venerdì 6.

– Ferrara: una conferenza stampa è prevista per martedì 3 (ore 12.30) presso il Castello Estense, con la partecipazione di Massimo Maisto, vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, Caterina Ferri, assessore alle Pari Opportunità della Provincia di Ferrara, Carlos Dana, portavoce del Comitato Ferrarese Area Disabili e Silvana Messina, presidente del Forum Provinciale per le Politiche a Favore delle Persone Disabili. La mostra verrà poi esposta dal 3 al 17 dicembre al Centro Commerciale Il Castello (Via Ada Negri).

– Genova: la mostra verrà inaugurata martedì 3 (ore 18), presso Palazzo Ducale, ove resterà esposta fino a mercoledì 11. Inoltre, martedì 10, che sarà la Giornata Internazionale dei Diritti Umani, è in programma, sempre a Palazzo Ducale, un concerto del Coro Millelire Gospel Choir (ore 19), seguito da una cena solidale (Berio Cafè, presso Biblioteca Berio, Via del Seminario, 16).

– Milano: con una conferenza stampa martedì 3 (ore 11.45) all’Aeroporto di Linate (Terminal Arrivi) verrà inaugurata la mostra e saranno presentate le varie iniziative della FISH.

– Modena: tutti potranno vedere un documento filmato sulla FISH e sulla realizzazione della mostra fotografica, da martedì 3 a giovedì 12, presso il Centro Commerciale La Rotonda CONAD-Leclerc (Strada Morane, 500). Nella stessa sede, da martedì 10 a giovedì 12, vi sarà una postazione FISH di sensibilizzazione e raccolta fondi, con la partecipazione, giovedì 12, di autorevoli ospiti e anche di calciatori delle squadre del Sassuolo e del Modena. Sabato 14, infine, presso la Parrocchia di Baggiovara, è previsto un pranzo di Natale, dopo una funzione religiosa celebrata dal parroco don Giovanni Gilli, persona ammalata di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), alla presenza di rappresentanti istituzionali, tra cui Francesca Maletti, assessore comunale alle Politiche Sociali, Sanitarie e abitative.

– Palermo: la mostra verrà inaugurata lunedì 2 con una conferenza stampa (ore 17) presso la Real Fonderia alla Cala (Piazzale Fonderia alla Cala).

– Roma: la videoproiezione della mostra si avrà martedì 3 al Museo di Roma in Trastevere (Piazza Sant’Egidio, 6, ore 17.45), seguita da una cena solidale (ore 20) alla Trattoria degli Amici della Comunità di Sant’Egidio. La mostra, nel formato tradizionale dei pannelli, è disponibile anche presso il Centro Commerciale Euroma2 – Galleria IPERCOOP con inaugurazione alle ore 11.45 del 3 dicembre.

– Salerno: all’inaugurazione della mostra, in programma martedì 3, presso la Sala della Giunta Provinciale di Palazzo Sant’Agostino (Via Roma, 104, ore 10), interverranno Amilcare Mancusi, assessore provinciale al Bilancio, al Personale e alle Politiche Socio Sanitarie, Massimo Cariello, presidente della Comissione Provinciale Lavoro, Formazione e Pari Opportunità e Generoso Di Benedetto, presidente della FISH Campania. Sono stati inoltre invitati anche Antonio Iannone, presidente della Provincia e Anna Petrone, consigliera della Regione Campania.

– Terni: la mostra verrà inaugurata martedì 3 (ore 10) alla Sala Caffè Letterario della Biblioteca Comunale e subito dopo è in programma la tavola rotonda Dalla discriminazione all’inclusione: a che punto siamo?, mentre in serata vi sarà la cena conviviale denominata Assapora il gusto di partecipare! (Agriturismo Tenuta Astolfi a Portaria di Acquasparta), allo scopo di raccogliere fondi per la nuova sede del Centro per l’Autonomia Umbro (evento organizzato grazie alla collaborazione tra FISH Umbria, Slow Food, Associazione Vita Indipendente, Confragricoltura, CIA, Coldiretti e produttori associati, gli studenti dell’Istituto Alberghiero Casagrande e gli Chef Gianni Calabretto, Alessandro Montanari e Sergio Tomassini).

Nella mattinata di venerdì 6, quindi, ancora presso la Biblioteca Comunale di Terni, il Gruppo di Lavoro Tecnico Agenda 22 (indetto dal Comune di Terni) darà vita a un tavolo incentrato sui servizi alla persona, al diritto allo studio, alla mobilità e all’accessibilità, mentre nel pomeriggio, nella stessa sede (ore16.30), spazio al Tavolo Interassociativo per la Promozione del Diritto allo Sport, incontro dedicato alla presentazione del primo corso per operatori paralimpici, organizzato dal CIP Umbria (Comitato Italiano Paralimpico), e rivolto a tutti i soggetti pubblici e privati che operano nel settore della disabilità, con particolare riferimento all’avviamento della pratica sportiva e dell’inclusione sociale.

E ancora, sabato 7 (Sala Blu di Palazzo Gazzoli, ore 20), il gruppo Suoni Band proporrà pezzi degli Anni Settanta, nel corso di una serata musicale organizzata in collaborazione tra FISH Umbria e Unitalsi.

Infine, martedì 10 (Sala con galleria, Palazzo Primavera, ore 9-13), all’incontro Tutti i Diritti Umani per Tutti, aperto agli studenti delle scuole superiori e organizzato con la collaborazione di Marcello Ricci del Centro Diritti Umani, parteciperanno alcune persone che hanno vissuto sulla propria pelle la discriminazione e la violazione dei diritti fondamentali.

– Torino: l’inaugurazione della mostra è prevista per martedì 3 al Centro Commerciale Le Gru di Grugliasco (ore 18), alla presenza di rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni locali.

Imponente, quindi, lo sforzo organizzativo messo in campo dalla FISH e dalle sue varie componenti locali, con la Federazione che – oltre agli Enti locali e a coloro che ospiteranno i vari eventi nelle città coinvolte – intende ringraziare anche, tra gli altri, Fiat Autonomy, il Coordinamento H per i Diritti delle Persone con Disabilità nella Regione Siciliana Onlus, Sodalidas CSV Salerno, la Comunità di Sant’Egidio e l’Associazione Culturale Alfabet! di Genova.

Da ultimo, ma non ultimo, sempre il 3 dicembre, il programma Mi manda Raitre (ore 10) ospiterà Pietro Barbieri, presidente nazionale della FISH, oltre a mettere in onda il video di presentazione della mostra fotografica.

A scuola c’è un anno di troppo

da Corriere della Sera

INCOMPIUTE D’ITALIA. lE IPOTESI DI RIFORMA FERMATE DALLA POLITICA

A  scuola  c’è un anno di troppo

Ridefinire i cicli di studio è una sfida inevitabile. Ma come? Accorpando elementari e medie o tagliando le superiori?

Gianna Fregonara e Orsola Riva

Farebbe la felicità dei ragazzi e, secondo una parte consistente di pedagogisti ed esperti, anche il loro bene. Sarebbe una boccata d’ossigeno per le casse dello Stato: risparmio stimato, tre miliardi. Piace ai professori universitari e agli imprenditori. Contrari «senza se e senza ma» i sindacati degli insegnanti. I ministri dell’Istruzione da dieci anni a questa parte sono personalmente favorevoli, ma il dibattito politico è fermo da quando, nel 2001, fu sotterrata la riforma Berlinguer. Stiamo parlando di uscire da scuola un anno prima, a 18 invece che a 19 anni: in linea con gli altri Paesi europei e con gli Stati Uniti, nonché con il gigante cinese. Il modo più semplice sarebbe tagliare un anno di superiori. Finora il liceo di 4 anni è stato avviato a livello sperimentale solo da alcune scuole paritarie lombarde con l’ok del ministero. Visitando il liceo Guido Carli di Brescia il ministro competente, Maria Chiara Carrozza, ha detto che, se ci fosse stata questa possibilità ai suoi tempi, lei avrebbe volentieri «studiato in una scuola come questa». Alcuni presidi di licei e istituti tecnici statali, da Verona a Bari, l’hanno presa in parola: dall’anno prossimo la secondaria superiore di 4 anni parte anche nelle scuole pubbliche.

In realtà, la rimodulazione dei cicli scolastici era diventata legge già nel 2000 (legge n. 30), ministro Luigi Berlinguer: le superiori rimanevano di 5 anni, ma medie ed elementari erano accorpate in un ciclo unico di 7 anni. La riforma fu seppellita da Letizia Moratti, arrivata a viale Trastevere nel 2001. Nemmeno la Gelmini volle esercitare le sue forbici sul percorso dalle elementari alle superiori. L’ultimo a esprimersi a favore di una riduzione del curriculum dei liceali è stato Francesco Profumo, che lo aveva indicato tra le priorità del 2013. Ma le forze politiche su questo tema sono in difficoltà, perché, come dimostra anche il destino della riforma Berlinguer, i sindacati fanno muro sulla riduzione di un anno, temendo il taglio degli insegnanti: «In questo momento non ci sono le condizioni, prima servono investimenti per la scuola», è la riposta della Flc-Cgil. Non è un caso che nei programmi dei partiti non si parli della riduzione da 13 a 12 anni del percorso scolastico, ma tutt’al più, nel programma del Pdl, si trovi l’anticipo a 5 anni della scuola elementare: un modo per raggiungere l’obiettivo del diploma a 18 anni aggirandone i costi politici.

Fuori dai nostri confini ci sono altri Paesi, per la verità non molti, in cui la scuola inizia un anno prima: l’Inghilterra con Malta e Cipro, e l’Irlanda del Nord, dove addirittura si incomincia a 4 anni (gli Stati Uniti, invece, partono dai 6 come noi; idem la Francia, il Belgio, la Spagna, la Germania, l’Austria). Ma quest’ipotesi non incontra il favore dei pedagogisti. Spiega Susanna Mantovani, professore ordinario di Pedagogia generale alla Bicocca di Milano: «I Paesi che hanno i migliori risultati nei test Ocse, come per esempio la Finlandia, iniziano addirittura a 7 anni. E poi, avendo noi una buona scuola dell’infanzia, mi pare illogico tagliare un anno all’inizio del percorso scolastico solo perché il liceo in Italia è sacro». Luigi Berlinguer taglierebbe semmai l’ultimo anno di scuola elementare. O meglio: «Lo si potrebbe accorpare alla prima media — spiega a “la Lettura” l’autore dell’inapplicata riforma del 2000 — per un passaggio più morbido tra l’educazione primaria e quella secondaria-disciplinare. Ormai gli istituti comprensivi, dove elementari e medie si trovano anche fisicamente nello stesso posto, sono molti. Cinque scuole hanno chiesto  questa sperimentazione, ma il ministero  non ha dato il permesso».

La soluzione più a portata di mano resta quella di rivedere i programmi delle superiori e tagliare a fine percorso. Non solo perché, come spiega Mantovani, che per anni è stata contraria a questa ipotesi, ma ora ha cambiato idea, oggi «i ragazzi sono stufi, privi di motivazione e questo dimostra che il vecchio impianto gentiliano è affaticato». L’ultimo «dovrebbe diventare un anno di passaggio — suggerisce — in cui si esce dalla gabbia dei programmi per incominciare a nuotare da soli: si potrebbe anche pensare che chi è pronto si iscriva subito all’università». Per Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli non è tanto questione di risparmi (per lo Stato) o di non perdere tempo nell’ingresso del mondo del lavoro: «Questo tema riguarda soprattutto i laureati, che si confrontano con i loro coetanei stranieri; molto meno invece i diplomati, che restano a lavorare in un ambito locale. E per i laureati i ritardi maggiori si accumulano all’università». Il punto è, secondo Gavosto, «che il nostro sistema distribuisce l’investimento sul capitale umano, cioè l’istruzione, in un modo che funzionava 50 anni fa. Oggi i ragazzi nell’ultimo anno di superiori si annoiano: vorrebbero andare all’estero e invece sono lì bloccati. Sarebbe molto più utile riservare un anno di istruzione o formazione da poter usare durante l’esperienza lavorativa, sul modello anglosassone o scandinavo dei prestiti di onore».

Qualche esperimento di anticipare l’università al quinto anno di scuola superiore è in corso. Quello di Ca’ Foscari per esempio: in tre licei veneti durante l’ultimo anno si può frequentare anche un corso universitario. Chi passa l’esame ha un credito per l’anno successivo, insomma un esame fatto. Anche vista dal  mondo accademico infatti, la riduzione del curriculum scolastico è necessaria. «È dimostrato — spiega Alberto De Toni, rettore dell’Università di Udine e responsabile istruzione e alta formazione della Conferenza dei rettori — che la divisione del percorso in due cicli diminuisce la dispersione scolastica e dunque il sistema 7+5 sarebbe più utile per gli studenti e le famiglie. In Italia viviamo poi anche il paradosso che, essendo l’istruzione obbligatoria fino a 16 anni e ricevendo invece i ragazzi la qualifica degli istituti professionali a 17, almeno il 20% dei ragazzi dei professionali lascia prima di ricevere la qualifica, alla fine del secondo anno. Se iniziassero un anno prima, a 16 anni potrebbero avere il diploma. Ridurre di un anno il curriculum scolastico poi è un bel risparmio anche sociale e per le famiglie e a 21 anni avremmo dei laureati (laurea breve) come nel resto d’Europa».

Sui banchi: il confronto con gli altri Paesi

Oltreconfine gli ultimi a passare da 13 a 12 anni di scuola sono stati i tedeschi. I Land hanno avviato in ordine sparso una (contestata) riforma che accorcia il percorso del cosiddetto Gymnasium (medie più liceo), portandolo da 9 a 8 anni. Ma i programmi sono rimasti gli stessi ed è aumentato il carico orario (e lo stress) per i ragazzi. Di qui, le critiche. In Francia la scuola dell’obbligo dura 11 anni (5 di elementari, 4 di medie, 2 di liceo), che diventano 12 per chi vuole fare l’università: in quel caso è necessario passare l’esame di maturità (il Baccalauréat) che si consegue solo al termine del terzo anno di liceo (a 17-18 anni). Gli inglesi cominciano un anno prima, a 5 anni, ma la loro lower school (le elementari) dura un anno in più (6 in tutto). A undici anni passano all’upper school, divisa in 3 anni di scuola media e due di liceo, alla fine dei quali c’è il Gcse, l’esame che conclude la scuola dell’obbligo (a 16 anni). Seguono due anni di specializzazione pre-universitaria, dove si studiano solo 3-4 materie, e che si concludono a 18 anni. Infine gli americani: 12 anni di scuola dell’obbligo divisi tra elementari (5), medie (3) e liceo (4), ma l’ordinamento federale è molto poco vincolante. A parte l’età minima di 16 anni, tutto il resto (inizio del percorso accademico, programmi, insegnanti, finanziamento) lo decidono i board dei distretti scolastici, che hanno l’autonomia assoluta impensabile nei Paesi europei: per esempio in Kansas e in altri Stati della Bible Belt, la fascia di più intensa presenza di cristiani evangelici, le scuole non insegnano la teoria dell’evoluzione di Darwin perché confligge con il creazionismo.

Senza arrivare a questi estremi, riscrivere i programmi e rimodulare la scuola in Italia forse sarebbe a portata di mano. Anche perché, a sentire Alberto De Toni, l’occasione per «internazionalizzare» il curriculum scolastico senza provocare sconquassi tra gli insegnanti ora ci sarebbe: «Se si arrivasse a ridurre il liceo a quattro anni — spiega De Toni — gli insegnanti in esubero potrebbero utilmente essere chiamati a insegnare negli Its, gli Istituti tecnici superiori ad alta specializzazione tecnologica, creati con la riforma Gelmini e partiti tra gli stenti (formano non più di  5 mila studenti) e senza fondi, che invece avrebbero bisogno di moltiplicare i posti per i ragazzi».

Contrario è Raffaele Mantegazza, docente di Pedagogia generale e sociale alla Bicocca, che però rivoluzionerebbe l’intero ciclo di studi, cambiando quello che oggi è considerato il buco nero della scuola italiana, le medie, per farne invece il fulcro del percorso. «Partiamo dai bisogni dei ragazzi: manca una scuola della preadolescenza che aiuti i teenager a elaborare il periodo dagli 11-12 anni ai 15-16. Caricare su un tredicenne (e sui suoi genitori) il peso della scelta del proprio destino è sbagliato: come si fa, a quell’età, a scegliere il liceo coreutico o lo sportivo?».  L’idea è dunque quella di un primo ciclo di cinque o sei anni; poi quattro anni di media unica con latino per tutti «perché aiuta a ragionare e a imparare l’italiano». Infine i tre anni di superiori: «Penso a un modello flessibile in cui si fanno delle ore di scuola, degli stage in azienda, magari anche un mese all’estero e si comincia anche a frequentare l’università». Ma così si va troppo lontano: una riforma che  toccasse tutti gli ordini di scuola difficilmente uscirebbe intatta dal Parlamento.

Istruzione. Italia in ritardo. Resta ancora divisa in due

da l’Unità

Istruzione. Italia in ritardo. Resta ancora divisa in due

Giorgio Mele

NEI GIORNI SCORSI È STATO PRESENTATO A ROMA UN RAPPORTO sul sistema educativo promosso da quattro associazioni scolastiche di diverso orientamento: il Cidi (insegnanti democratici), l’Aimc (maestri cattolici), Lega Ambiente scuola e formazione, Proteo Fare Sapere. La ricerca, coordinata da Emanuele Barbieri, è stata condotta sulla base dei dati del 2009 che sono i più completi. Ciò che colpisce è il giudizio perentorio che viene espresso in premessa e cioè il fatto che dopo 150 anni di unità d’Italia, rispetto ai tassi di successo scolastico, nonostante lo sviluppo culturale del Paese si registrano disuguaglianze che ricordano i «dati relativi ai tassi di analfabetismo della popolazione adulta nel 1861». L’allarme riguarda due elementi decisivi: il primo è relativo al fatto che la scuola sembra aver esaurito la sua funzione positiva di promozione sociale, di garanzia delle pari opportunità di successo formativo che ha avuto in altri momenti della nostra storia e, dall’altro che tutti i dati riconfermano un distacco ampio e strutturale tra il centro-nord e la quasi totalità del Sud, come era appunto nel 1861. A conferma della distanza tra le «due Italie» basta leggere i dati relativi alla carenza dei servizi per la prima infanzia come gli asili nido – in Emilia c’è una copertura di questo servizio del 29%, in Campania del 2,7-, l’ assenza quasi completa del tempo pieno, i tassi di abbandono scolastico che in Sicilia raggiungono il 26, 5 % tra i ragazzi tra i 18 e i 24 anni. Oppure i dati dei cosiddetti Neet (ragazzi che non studiano né lavorano) con una percentuale in Campania del 32,9, rispetto al 9% del Trentino Alto Adige. Dal rapporto emerge anche un indice preoccupante di sperequazione territoriale. La caratteristica della nostra penisola è tale che in essa convivono zone metropolitane densamente popolate e zone montane che lo sono meno. E i processi di ridimensionamento delle unità scolastiche, compiute negli anni scorsi su parametri numerici uniformi e dettati solo dalle compatibilità finanziarie, hanno generato «disfunzioni nella qualità dell’offerta del servizio» con «classi sovraffollate nelle aree urbane, pluriclassi, e soppressione di plessi nei piccoli montani». Ora, se si considera che stiamo parlando di 9 milioni di persone, si comprende che le politiche dei tagli hanno causato la compressione del diritto all’istruzione come stabilisce la nostra Costituzione. D’altra parte la spesa per la scuola in Italia rimane abbastanza bassa: il 4.8% del Pil, che ci colloca al ventiduesimo posto tra i Paesi europei, prima della Grecia e anche della Germania, ma molto lontano da tutti gli altri. Un quadro complessivamente preoccupante, quindi, tenendo conto che andrebbero verficate con più attenzione le conseguenze del «taglio colossale» operato dalla coppia Tremonti-Gelmini, che finora nessuno ha messo in discussione, neanche la legge di stabilità appena varata. È probabile perciò che tutti gli indicatori siano peggiorati rispetto al 2009 e che il lavoro per ridare senso alla scuola italiana sia ancora più difficile.

Se la scuola non guarda lontano

da l’Unità

Se la scuola non guarda lontano

Benedetto Vertecchi

Il confronto sulle scelte di politica scolastica si sta ormai trascinando su questioni di funzionamento quotidiano. Ognuna di esse ha certamente una sua rilevanza, se non altro perché coinvolge le condizioni di lavoro di un gran numero di insegnanti e quelle di studio di milioni di bambini e ragazzi, ma è spesso marginale rispetto agli intenti da perseguire attraverso il sistema di istruzione. Il limite di tale confronto è che ci si sofferma su questioni contingenti senza chiedersi cosa accadrà tra cinque, dieci, venti o più anni (Piaget se lo chiedeva già più di mezzo secolo fa). Men che meno ci si chiede in che modo la scuola possa concorrere attraverso l’attività educativa a indirizzare lo sviluppo della cultura e della società in questa o quella direzione.

Gli interventi che rispondono a logiche di breve periodo possono, nei casi migliori, rimediare al disagio che si manifesta in questo o quell’aspetto del funzionamento del sistema educativo, ma non modificano la direzione del suo sviluppo. Non è un caso che, ormai da troppo tempo, i provvedimenti che riguardano la scuola non sono il risultato di un confronto che coinvolga le forze politiche e quelle sociali interessate al miglioramento dell’istruzione, ma sono inseriti, come nel caso della legge di stabilità appena varata, in una sorta di omnibus legislativo. Non si possono determinare alla spicciolata nuovi traguardi per l’educazione, i cui effetti non si limitino a qualche aggiustamento nei conti, ma possano riscontrarsi quando i bambini e i ragazzi che ora frequentano le scuole avranno finito il loro percorso sequenziale di studio.

La contraddizione che non si fa niente per risolvere è quella che oppone la rapidità dei cambiamenti che si verificano nella vita sociale e nella conoscenza con la necessità di estendere nel tempo la progettualità educativa. Non sappiamo che cosa faranno nella vita (in una vita, oltre a tutto, che già oggi è molto più lunga di quella delle generazioni precedenti) gli allievi che in questi anni fruiscono di educazione scolastica. Quel che è certo, è che gran parte di loro sarà impegnata in attività che ancora non esistono e che ciò suppone una grande capacità di comprensione e una grande flessibilità di comportamento. È il contrario di ciò che si ricava da interventi la cui validità il più delle volte si esaurisce prima che gli allievi abbiano terminato gli studi nei quali sono al momento impegnati.

Le scarse indicazioni a carattere prospettico che si ricavano dal dibattito politico e dagli interventi dell’opinione pubblica indicano una sostanziale insensibilità nei confronti della tradizione culturale italiana ed europea, che si aggiunge ad atteggiamenti subalterni nei confronti di scelte culturali che rispondono a interessi di mercato, senza tener conto di fenomeni evolutivi che non è difficile ipotizzare si manifestino nel medio e nel lungo periodo. Quando si enfatizza l’importanza dell’apprendimento dell’inglese e dell’informatica si accetta una linea di modernizzazione schiacciata sul momento. Non ci si chiede, per esempio, quale potrà essere nei prossimi anni il quadro della comunicazione linguistica nel mondo (eppure, nel Paese che più ha determinato la diffusione della cultura anglofona, gli Stati Uniti, sono stati pubblicati studi dai quali risulta che nell’arco di alcuni decenni la lingua più diffusa nel Paese sarà lo spagnolo, che peraltro già oggi è la lingua maggioritaria in città importanti, come Miami). Né ci s’interroga sulle conseguenze che potranno derivare da un uso fondamentalmente consumistico di apparecchiature digitali. Eppure, basterebbe osservare le abitudini e il comportamento di bambini e ragazzi per trovarsi di fronte a problemi che, quanto meno, richiederebbero una riflessione approfondita.

Nelle scuole la mancanza di scelte e la subalternità al mercato (peraltro incoraggiate dalle politiche dei governi che dall’inizio del secolo si sono succeduti alla guida del Paese) hanno portato a una progressiva riduzione della capacità di bambini e ragazzi di operare con le cose, trasformandole secondo un progetto tramite azioni coordinate e coerenti. Sono state rapidamente abbandonate attività la cui presenza qualificava l’attività didattica, per il fatto che costituiva la congiunzione necessaria tra l’acquisizione di conoscenze slegate e la loro composizione in un quadro funzionale. Si trattava delle attività di laboratorio, nelle quali era possibile superare la scissione tra il pensare e il fare, tra la mente e le mani. Non solo: l’apprendimento cessava di essere qualcosa di apprezzato solo nell’ambito di ritualità scolastiche, per segnare in profondità il profilo degli allievi. Quel che si sarebbe potuto lamentare, semmai, era l’insufficienza delle dotazioni delle scuole, al fine di porvi rimedio. È accaduto, invece, il contrario: anche le scuole che disponevano di gabinetti e laboratori per le dimostrazioni scientifiche e per l’osservazione naturalistica, e che avevano nel tempo raccolto collezioni importanti di campioni minerali e biologici, hanno lasciato disperdere tale patrimonio, destinando le risorse a disposizione all’acquisto di materiale digitale.

Non starò qui a ricordare altre scelte ugualmente distruttive: quante sono oggi le scuole che dispongono di un teatro, di una sala da musica, di una biblioteca? Eppure, basterebbe considerare che tutte le dotazioni citate potevano essere utilizzate per molte generazioni di studenti, mentre le apparecchiature digitali sono soggette a un rapido superamento, per capire quanto i condizionamenti che, con la complicità dei governi, hanno finito con l’affermarsi comportino lo spreco delle limitate risorse disponibili per sostenere il lavoro didattico. La questione non è tuttavia solo di qualità dell’impegno delle risorse finanziarie. Se si potesse dimostrare che tramite le nuove dotazioni è possibile migliorare la qualità dell’educazione scolastica, se ne dovrebbe sollecitare la disponibilità indipendentemente dal costo. Il fatto è che i dati disponibili vanno in altra direzione. Da qualche tempo nella stampa internazionale, sia quella specializzata, sia quella d’informazione, si legge di progetti centrati su strumentazioni tecnologiche che sono stati interrotti per gli effetti negativi che stavano producendo o, addirittura, si apprende che in alcune università americane nei luoghi di studio sono state eliminate le connessioni alla rete. A mio giudizio erano eccessivi gli entusiasmi precedenti come lo sono gli atteggiamenti negativi che ora si stanno diffondendo. La questione vera è che cosa sia preferibile per l’educazione dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. Un fatto è certo: nei laboratori che abbiamo evocato si acquisiva autonomia e si stabilivano rapporti positivi con la natura, mentre la realtà simulata nella quale oggi gli allievi sono immersi, se considerata come un’alternativa, produce l’effetto contrario. La conclusione mi sembra scontata.

Corsi di specializzazione sostegno, tempi lunghi: finiranno ad aprile 2015!

da Tecnica della Scuola

Corsi di specializzazione sostegno, tempi lunghi: finiranno ad aprile 2015!
di Alessandro Giuliani
La tempistica è nelle FAQ pubblicate in questi giorni dagli atenei organizzatori dell’attività formativa. In tal modo, gli specializzati potranno chiedere di essere inseriti in fondo alle graduatorie d’istituto per le supplenze del 2015/16. E per la collocazione in coda alle GaE dovranno attendere la primavera del 2017. Intanto il Miur continua a non pronunciarsi sulla validità del diploma magistrale conseguito prima dell’a.s. 2001/02.
I corsi per acquisire la specializzazione sul sostegno prenderanno il via nella prossima primavera e termineranno solo un anno dopo: nel 2015 inoltrato. La tempistica, piuttosto lunga, si evince scorrendo le FAQ pubblicate in questi giorni dalle varie università organizzatrici dei corsi specializzanti nell’insegnamento ai ragazzi disabili o con problemi di apprendimento.
Alcuni atenei hanno fatto sapere che l’avvio dei corsi dovrebbe coincidere con il prossimo mese di marzo. Ma ci sono organizzazioni accademiche che prospettano tempi particolarmente “lunghi”. Come l’Università di Firenze, che in una delle FAQ pubblicate dall’ateneo toscano, la numero 10 comunica che “i corsi inizieranno nel mese di maggio e fino al 7 giugno avranno luogo i venerdì e sabato pomeriggio; dal 9 giugno al 1 agosto si svolgeranno dal lunedì al venerdì sia la mattina che il pomeriggio; dal 4 al 29 agosto dal lunedì al venerdì solo la mattina; dal 1 al 9 settembre dal lunedì al sabato sia la mattina che il pomeriggio”. Sempre l’Università di Firenze “prevede di ultimare tutte le ore di docenza, di laboratorio e di TIC a settembre, mentre le ore di tirocinio diretto e indiretto termineranno nei mesi successivi. Si ipotizza la conclusione del Corso con discussione della prova finale entro aprile 2015”.
Pertanto, coloro che al termine del corso acquisiranno la specializzazione potranno chiedere di essere inseriti in coda alle graduatorie d’istituto, liste speciali per il sostegno, solo a partire dall’anno scolastico 2015/16. Per la collocazione, invece, sempre in fondo, alle graduatorie ad esaurimento dovranno aspettare la primavera del 2017.
Vale la pena ricordare che l’accesso ai corsi è subordinato al superamento di una serie di prove selettive di accesso (scadenze e modalità cambiano da ateneo ad ateneo): le prove di accesso consistono in un test preliminare, una prova scritta ed una prova orale. Oltre ad una valutazione di titoli professionali ed accademici
Intanto, il ministero dell’Istruzione continua a mantenere l’incertezza sulla validità di accesso ai corsi per chi ha conseguito il diploma magistrale prima dell’a.s. 2001/02. L’università di Modena e Reggio Emilia ammette che “nel caso in cui il Miur consentisse questa possibilità i candidati devono autocertificare il conseguimento del Diploma Magistrale nel Modello A”.
E’ evidente, quindi, che si attende ancora la risposta del Miur. Nel frattempo l’Anief ha messo le mani avanti. Sostenendo che “risulta davvero paradossale – scrive il sindacato autonomo – che al Ministero dell’Istruzione non siano bastati due mesi di tempo per poter dirimere le incertezze sulla valenza abilitante del diploma magistrale conseguito prima dell’a.s. 2001/2002”. Pertanto, il sindacato invita il personale in possesso del suddetto titolo a presentare regolare domanda di partecipazione ai corsi di sostegno agli alunni con disabilità, in procinto di essere attivati sulla base del D.M. 706/13 con cui il Miur ha autorizzato le Università incaricate ad organizzare nell’anno accademico 2013/2014 i percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione. Inoltre l’Anief ribadisce, che nel caso Viale Trastevere dovessenegare la validità del titolo, avvierà ricorso presso gli organi competenti.

Carrozza: presto la Costituente della scuola, servono anche gli intellettuali

da Tecnica della Scuola

Carrozza: presto la Costituente della scuola, servono anche gli intellettuali
di A.G.
Per il Ministro devono occuparsi di più dell’istruzione, superando antichi steccati. Poi tiene a sottolineare che non ha “una riforma della scuola in testa”: vuole solo riattivare “un dialogo tra mondi che fino a oggi sono stati troppo separati”. Poi cita le sfide da vincere: nuove tecnologie, formazione adulti e ricerca.
Il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, continua a mandare segnali di apertura al dialogo e al confronto con le parti coinvolte con il mondo scolastico. Anche quelle che sinora se ne sono disinteressate. Lo ha fatto anche il 30 novembre, nel corso all’inaugurazione della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, quando ha detto che il sistema dell’istruzione “non può che essere uno solo e tutto collegato e quindi anche la comunità intellettuale è chiamata a occuparsene di più”.
“Gli intellettuali – ha aggiunto il responsabile del Miur – devono occuparsi di più della scuola, superando antichi steccati. E anche i partiti devono farlo, rispondendo in questo modo all’esigenza di affrontare concretamente i problemi della gente”.
Carrozza ha sottolineato che non ha “una riforma della scuola in testa”, ma vuole solo “perseguire questo obiettivo riattivando un dialogo tra mondi che fino a oggi sono stati troppo separati: lo faremo a partire dalla Costituente della scuola dei prossimi giorni, dove ascolterò proposte e suggerimenti e dove metteremo i temi della scuola, dell’istruzione, della formazione e della ricerca al centro dell’agenda politica del Paese”.
Il Ministro ha poi spiegato che la sua azione di governo sarà caratterizzata da tre sfide cruciali: “le nuove tecnologie che hanno radicalmente cambiato il modo di insegnare; la formazione degli adulti che deve essere capace di stare al passo con i tempi comprendendo la continua evoluzione del mondo del lavoro; e la ricerca”, facendo capire che è fondamentale continuare a investire su di essa, perché non esiste nessuna politica economica efficace senza adeguate risorse per la ricerca scientifica.
“Confindustria – ha concluso il Ministro – in questi anni l’ha capito e ha perseguito su questa strada, vorrei che anche altre associazioni, i partiti e la comunità intellettuale facessero altrettanto per fare sistema davvero e remare tutti dalla stessa parte”.

Sperimentazione del liceo breve: ci informerà periodicamente il Miur dei risultati?

da Tecnica della Scuola

Sperimentazione del liceo breve: ci informerà periodicamente il Miur dei risultati?
di Pasquale Almirante
La ministra Carrozza intende avviare la sperimentazione del cosiddetto liceo breve, 4 anni invece di 5, anche nelle scuole statali e da Nord a Sud. Posto che il taglio di un anno lasci invariato il numero di personale e di cattedre, cosa che appare impossibile, ci diranno passo passo come si organizzeranno queste scuole?
La ministra dell’istruzione ha precisato che, dopo l’attuale sperimentazione del liceo breve nelle paritarie, si passerà l’esperimento anche in alcune scuole statali e da Nord a Sud, dalla Lombardia alla Puglia, mentre, per stabilire se transitare il decurtamento di un anno in tutti gli Istituti della Repubblica, bisognerà attendere 4 anni. E non solo, ha pure ribadito che si potrà parlare di eventuale allargamento del progetto solo se la preparazione degli studenti dovesse rivelarsi effettivamente equiparata ai “colleghi” che hanno frequentato lo stesso corso nei cinque anni. E fin qui si potrebbe essere pure d’accordo, benchè bisognerà pure capire quale destino avranno i tanti docenti che si troveranno senza cattedra, e per motivi oggettivi, visto che tagliare di un anno significa fare fuori, sulla base del nuovo ordinamento liceale, a firma Gelmini, qualche migliaio di ore l’anno, considerato che il liceo classico, per esempio, dispone: 1° e 2°anno di 891 ore; il 3° e 4° anno di 1023 ore e il 5° anno di 1023 ore. Il problema allora è quello di capire come verranno ripartite in quattro anni le 1023 ore del 5° anno del Classico, che abbiamo preso ad esempio, quali curricula verranno implementati, programmi e indicazioni, e quale didattica verrà consigliata per consentire ai ragazzi di avere preparazione e competenze paragonabili e assimilabili a quelle attuali. Perché in ogni caso, al di là del “taglio” di un anno dei licei, il punto chiave dell’ordinamento rimangono gli alunni e il loro diritto compiuto all’istruzione. Questo significa pure che la ministra Carrozza, se vuole fare le cose per bene, nel senso della trasparenza e della “sperimentazione” controllata dal basso, vale a dire da parte di tutti i docenti e dai dirigenti, dovrebbe disporre la pubblicazione, iniziale e periodica, dell’intero ordinamento didattico e programmatico di tale sperimentazione, a cominciare dal monte ore complessivo, dalla materie e della loro distribuzione nei due bienni. E di conseguenza, dare alla verifica del personale docente quali sono state le parti delle “indicazioni nazionali che, sempre sulla base del nuovo ordinamento di Gelmini, subiscono ritardi e contrazioni, ma anche miglioramenti e punti di forza. Prendiamo atto che la ministra procrastina l’eventuale implementazione del cosiddetto liceo breve fra quattro anni e dopo la verifica della preparazione dei ragazzi agli esami di stato, ma nel frattempo farebbe opera di meritoria democrazia se desse disposizioni a questi istituti di pubblicare passo passo tutto ciò che mensilmente viene elaborato in quelle classi “sperimentali”, da nord a sud, dalla Lombardia alla Puglia. Per capirlo tutti, insomma, e per renderci conto, vedendolo crescere giorno dopo giorno, degli sviluppi virtuosi, o no, di questo nuovo e “inattuale” virgulto della nostra istruzione secondaria superiore.

Il DPR 62/2013 non consente ai Ds di accettare crociere gratuite

da Tecnica della Scuola

Il DPR 62/2013 non consente ai Ds di accettare crociere gratuite
di Aldo Domenico Ficara
In relazione a quanto scritto da alcuni quotidiani dove si legge: “Scuole occupate e presidi in crociera“. L’incredibile storia risale allo scorso anno ma, a quanto pare, anche in questi giorni alcuni presidi di Palermo e provincia – proprio mentre le loro scuole stavano per cadere o erano già cadute nelle mani degli studenti in agitazione – si sono concessi un “viaggio premio” all’estero
Al punto che – riferisce il Giornale di Sicilia di sabato scorso – il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Maria Luisa Altomonte, ha preso carta e penna e ha scritto ai dirigenti scolastici siciliani per invitarli a non aderire ad iniziative del genere, che possono “compromettere l’immagine di imparzialità dell’istituzione”. Si riporta quanto scritto dal Direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Maria Luisa Altomonte: “Si è appreso che alcune agenzie turistiche hanno invitato dirigenti scolastici a partecipare gratuitamente a crociere organizzate per la presentazione di programmi per studenti. Al riguardo, si ritiene che la gratuità del viaggio comporti un’utilità non conciliabile con la funzione di pubblico dipendente. Si invitano, pertanto, le SS.LL ad astenersi dall’aderire all’iniziativa, anche al fine di evitare che la partecipazione al viaggio di personale della Scuola possa compromettere l’immagine di imparzialità dell’Istituzione, come previsto dal Regolamento recante Comportamento dei dipendenti pubblici approvato con DPR 16 aprile 2013, n. 62“.  A tal proposito si ricorda l’articolo 4 del DPR 16 aprile 2013, n. 62 dal titolo “Regali, compensi e altre utilità”, recita: “1. Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità.  2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto.  3. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d’uso di modico valore.  4. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.  5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all’esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell’ente e alla tipologia delle mansioni.  6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza.  7. Al fine di preservare il prestigio e l’imparzialità dell’amministrazione, il responsabile dell’ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo”.

“Le compresenze verranno ripristinate”

da Tecnica della Scuola

“Le compresenze verranno ripristinate”
di Reginaldo Palermo
Lo avevano annunciato Puglisi e Carrozza in campagna elettorale, ma poi non se n’è fatto nulla. Come nulla si è fatto sui “quota 96”, sul biennio unitario e su tante altre cose. Vedremo se almeno verrà aumentata la quota per il funzionamento ordinario delle scuole.
Di tanto in tanto può essere utile mettere a confronto la dura “realtà effettuale” con le reboanti dichiarazioni di principio fatte da candidati al Parlamento in campagna elettorale o da neo-ministri nei primi giorni di incarico. Il 21 febbraio, per esempio, Francesca Puglisi e Maria Chara Carrozza, candidate per il PD al Senato e alla Camera, annunciavano senza timori: “Nella scuola primaria vogliamo rimettere in vetrina i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano: tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze, mentre per la scuola media, punto critico per l’abbandono scolastico, dobbiamo reclutare una leva di insegnanti specializzati per preadolescenza e adolescenza, e allungare il “tempo scuola” (scuole aperte anche al pomeriggio con sport, tecnologia, studio in gruppo, laboratori, classe aperte ecc)”. Si badi bene che non si usavano né il condizionale né termini o incisi come “forse”, “se riusciremo”, “abbiamo intenzione di”. Niente affatto: si usava un bell’indicativo presente quasi ad evidenziare che si trattava di una decisione già presa e che sarebbe bastato entrare “nella stanza dei bottoni” per poterla mettere in pratica. La realtà, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti: le compresenze nella scuola primaria sono ormai un lontanissimo ricordo e l’allungamento del tempo scuola è di là da venire. Quanto all’apertura delle scuole “full time” è meglio sorvolare visto che non passa giorno senza che arrivino notizie di scuole chiuse per rischio crolli o di mense scolastiche che funzionano in doppio o triplo turno per in capienza dei locali. E che dire di questa dichiarazione? “Per il ciclo superiore, il Pd propone un primo biennio unitario, così che la scelta a quale scuola iscriversi non sia fatta in 3ª media, troppo presto, ma maturi dopo i primi due anni della secondaria”. Come si concilia con l’idea di portare a 4 anni il secondo ciclo di istruzione? L’idea sarebbe forse quella di un biennio unitario seguito da due anni di non-si-sa –bene-cosa? Tralasciamo le piccole cose (si fa per dire), dette e ripetute sia in campagna elettorale sia subito dopo: “Risolveremo in poco tempo la questione dei Quota 96!” Il presidente della Commissione Bilancio Boccia era persino arrivato a dire “La copertura va trovata ad ogni costo”. Non aveva aggiunto “Altrimenti me ne vado”, ma il tono era quello (“Me ne andrò” lo aveva invece detto il ministro Carrozza, riferendosi all’obiettivo di vedere aumentata la quota di PIL destinata all’istruzione). Nelle prime settimane trascorse a Viale Trastevere Carrozza si era accorta (ed era quasi inorridita) che per il funzionamento ordinario lo Stato assegnava alle scuole 8-9 euro per alunno. Il proclama non si era fatto attendere: “La cifra va almeno triplicata”. Poi, non appena dalla Ragioneria Generale le avevano spiegato che per triplicarla si sarebbero dovuti mettere insieme un po’ di quattrini, il Ministro ha precisato: “Ovviamente li triplicheremo nel giro di 3-4 anni, ma per il 2014 ci sarà almeno un 20% in più”. Vedremo se con la nota per il Programma Annuale si passerà da 8 a 10 euro. E per concludere non dimentichiamo la famosa questione dei “residui attivi” vantati dalle scuole: centinaia di milioni di euro che le istituzioni scolastiche hanno anticipato nel corso degli anni e sui quali, puntuali come le rondini a primavera, vengono annunciati monitoraggi e verifiche. Ma di trasferimenti alle scuole non si parla.

Di Meglio: “Docenti rischiano di essere i nuovi proletari”

da Tecnica della Scuola

Di Meglio: “Docenti rischiano di essere i nuovi proletari”
“Se gli scatti di anzianità venissero aboliti la busta paga resterebbe ferma a 1200 euro per tutta la carriera e ciò significherebbe essere proletarizzati”
Il leader della Gilda lo ha detto ieri alla manifestazione proclamata dai sindacati della scuola contro la legge di stabilità. “Un rinnovo del contratto soltanto sul fronte normativo sarebbe una fregatura: non siamo disposti a un aumento del carico di lavoro senza un incremento dello stipendio o per qualche spicciolo in più. Nelle scuole non ci sono fannulloni ma lavoratori a tempo pieno che ogni giorno, tra enormi difficoltà, mettono in campo professionalità e passione”. Ad affermarlo è stato Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, durante il suo intervento questa mattina al teatro Quirino di Roma in occasione della manifestazione proclamata insieme con Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil Scuola e Snals Confsal per chiedere la modifica della legge di Stabilità. Sul palco, di fronte a una foltissima platea di docenti arrivati nella capitale da tutta Italia, Di Meglio ha citato il recente rapporto Eurydice da cui risulta che gli stipendi degli insegnanti italiani sono tra i più bassi d’Europa. “Se gli scatti di anzianità venissero aboliti, la busta paga resterebbe ferma a 1200 euro per tutta la carriera e ciò significherebbe essere proletarizzati. Percepire uno stipendio basso vuol dire anche non godere di alcuna considerazione sociale. Il contratto delle colf, prevede uno scatto biennale del 2,5% mentre a noi insegnanti viene detto che i gradoni sono un privilegio”. Per pagare lo scatto del 2012, il coordinatore nazionale della Gilda ha ricordato che mancano risorse per 200 milioni di euro, “un’inezia rispetto allo spreco di soldi perpetrato dalla politica con i suoi costi esorbitanti. Ci auguriamo che il governo trovi queste risorse per evitare di toccare il fondo d’istituto, una soluzione – ha sottolineato Di Meglio – che rappresenta l’ultima spiaggia”. Di Meglio ha affrontato anche il dramma dei precari, affermando che “è inaccettabile risparmiare sulle loro ferie: a questi colleghi va riservato lo stesso trattamento degli insegnanti di ruolo”. La manifestazione al teatro Quirino è stata preceduta da un sit in in piazza Monte Citorio al quale hanno partecipato alcune centinaia di docenti e i deputati Nicola Fratoianni (Sel) e Maria Coscia (Pd).

Attesa per i risultati Ocse-Pisa

da TuttoscuolaFOCUS

Attesa per i risultati Ocse-Pisa

Martedì 3 dicembre vengono presentati a Roma, presso il Ministero dell’Istruzione, i risultati dell’Indagine Ocse-Pisa 2012 sulle competenze degli studenti quindicenni in matematica (campo principale), scienze, lettura. È previsto che l’evento venga trasmesso in diretta streaming sul sito del Miur www.istruzione.it.

È la prima volta che Roma rientra fra le città in cui i risultati del rapporto Pisa vengono presentati in contemporanea con il lancio internazionale, che si effettua a Vienna, Bruxelles, Parigi, Berlino, Tokyo, Città del Messico,  Madrid e negli Stati Uniti (con un’anteprima a Londra). Ed è anche la prima volta che l’evento si svolge nella sede del Ministero anziché in quella dell’Invalsi. Segno del maggior ‘peso’ anche mediatico che l’indagine ha acquisito anche nel nostro Paese.

Il programma, come informa un comunicato del Miur, prevede un video messaggio del ministro Maria Chiara Carrozza, gli interventi del sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria, del presidente dell’Invalsi Paolo Sestito e di Francesca Borgonovi, membro del team Pisa dell’Ocse.

C’è attesa, oltre che per i risultati, anche per quanto dirà il presidente dell’Istituto di valutazione, che ha rassegnato le dimissioni dall’incarico a decorrere dal 4 dicembre, il giorno dopo la presentazione dei risultati Pisa. Sarà per lui l’occasione per fare un bilancio pubblico dell’attività svolta dall’Invalsi sotto la sua guida, che si è posta in continuità con quella del suo predecessore Cipollone, come lui un economista proveniente dall’ufficio studi della Banca d’Italia.

L’Invalsi degli economisti si è mosso con una certa autonomia rispetto ai ministri di riferimento succedutisi in questi anni (Fioroni, Gelmini, Profumo, Carrozza), ed è andato avanti per la sua strada non preoccupandosi troppo delle critiche, mosse all’Istituto da varie parti, di agire come un soggetto tecnocratico e anche per certi aspetti autoreferenziale. Potrà continuare a farlo anche dopo Sestito?

Fascinosi laghi

Fascinosi laghi

di Umberto Tenuta

Un ragazzo che guarda di qua e di là, mentre l’insegnante fa lezione.

 

Lo vedi, tu, quel ragazzino undicenne che guarda di qua e di là, mentre l’insegnante, rivolto all’indistinta scolaresca senza volti, va avanti con la sua lezione, spiegando puntigliosamente che le colline sono elevazioni di terreno che non superano i 500 metri −mentre i monti li superano− e che i laghi sono degli specchi d’acqua che possono avere un immissario ed un emissario:

“Ragazzi, sapete bene che l’immissario porta l’acqua al lago e l’emissario la scarica”!

 

Il ragazzino si ferma un attimo e pensa al gioco di quell’Immissario che versa l’acqua nel lago e soprattutto di quell’Emissario che si diverte a togliere l’acqua al lago.

Lui, il lago l’ha già visto, sulle montagne dell’Appennino, con il padre e la madre che ve l’hanno portato per fargli vedere il lago, i fiumi, i monti innevati, dove tutto era immobile, fermo, ghiacciato.

Lo spettacolo gli torna alla mente e lo distrae ancora, lo porta più lontano dall’aula con i banchi allineati e le teste dei compagni rivolte verso l’insegnante, nel silenzio tombale in cui solo si ode lo zigzagare di una mosca che lui solo segue con grande attenzione, meravigliato da quell’animale che solo lui degna di uno sguardo attento.

All’insegnante anche lui si degna di rivolgere, di tanto in tanto, uno sguardo interrogativo, quasi domandandosi: <<ma Lei lo sa che io il lago l’ho visto?>>.

No, lei non lo sa, anzi non si è nemmeno posto il problema di saperlo, tanto nel suo elenco programmatico della materia Geografia i laghi figurano dopo i fiumi ed i mari di cui l’altro ieri ha “parlato” tanto, tanto, tanto, a sufficienza, sempre davanti alla scolaresca tutta attenta, tranne quel distrattone impenitente, con il quale le ha tentate tutte, dal richiamo forte alla nota sul registro, all’avviso scritto ai genitori, alla minaccia del voto basso, preludio della bocciatura, la migliore arma per richiamare l’attenzione degli alunni.

Ma il ragazzo undicenne continua a non seguirla, distratto, sì, dis-tratto, tratto da cose altre, più interessanti della voce dell’insegnante che, anch’essa distratta dalla sua lezione, non si preoccupa di attrarre il ragazzo, intensamente attento a cose altre da quello che lei, sgolandosi, col rischio professionale di perdere la voce, va dicendo.

lagoCerto, l’insegnante mostrerà sulla LIM anche il grafico del lago con i suoi immissari ed emissari!

Ma il ragazzo undicenne è un irrecuperabile distrattone che tante cose altre da quelle dette dall’insegnante segue, prendendosi tanti e tanti rimproveri, ai quali ha già fatto l’abitudine, ma in attesa di quel maestro che finalmente lo attrarrà, lo coinvolgerà nell’avventurosa corsa dell’acqua che dagli oceani si solleva, sotto la forma del vapore che esce dalla pentola, e raggiunge, lassù, le altre nuvole che qua e là vanno a spasso, per poi incontrare il freddo vento che le scioglie in piogge sui monti.

Preadolescenza, terra di avventure, quanto sei lontana dalle noiose lezioni della tua brava professoressa, non attratta, come sei tu, da avventurosi mondi che ti affascinano, che ti prendono, che ti portano via, verso altri sconfinati orizzonti di terre, di cieli, di monti, di laghi, di fiumi, di oceani e di mari che il cuore e la mente ti prendono!

Bravo, ragazzo mio, un giorno anche tu incontrerai il fascinoso Maestro che ti prenderà l’anima e il cuore, che ti porterà lontano nelle terre fascinose della Cultura, di quella Cultura che ti farà uomo, un uomo grande, un grande uomo!

Nota USR Emilia-Romagna 2 dicembre 2013, Prot.n. 18793

Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna

Nota USR Emilia-Romagna 2 dicembre 2013, Prot.n. 18793

Oggetto: Master on-line di I o II livello in Tecnologie per la didattica e Diploma on-line per Esperti di didattica assistita dalle Nuove Tecnologie – Politecnico di Milano