Ricorso Reinserimento in GaE

Ricorso Reinserimento in GaE: vittoria ANIEF presso il Tribunale di Verona

 

Il Giudice del Lavoro di Verona accoglie il ricorso ANIEF volto ad ottenere il reinserimento nelle Graduatorie a Esaurimento dei docenti cancellati per non aver prodotto domanda di aggiornamento. Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli ottengono un’importante vittoria in favore dei docenti precari cui il MIUR continua a negare la possibilità di essere reinseriti nelle Graduatorie a Esaurimento e procederanno ora a coordinare i nostri legali sul territorio per la conclusione delle operazioni di deposito dei medesimi ricorsi in tutti i tribunali del lavoro italiani.

 

L’Avv. Maria Maniscalco, cui l’ANIEF ha affidato il patrocinio dei propri iscritti sul territorio, ci trasmette notizia di accoglimento del ricorso pilota predisposto dai nostri legali e depositato presso il Tribunale di Verona che ottiene piena soddisfazione per le tesi da sempre sostenute dal nostro sindacato: per ben due volte il MIUR, in occasione degli aggiornamenti 2009 e 2011, aveva negato a una nostra iscritta la possibilità di essere reinserita, a domanda, nelle graduatorie di interesse da cui era stata cancellata nel 2007. Il nostro sindacato ha ribadito in tribunale che la normativa vigente in materia (L. 143/2004) dispone a chiare lettere che, a domanda dell’interessato, da presentarsi entro il termine fissato per l’aggiornamento, è consentito, ai docenti cancellati per non aver prodotto domanda nei precedenti aggiornamenti, il reinserimento nelle graduatorie d’interesse.

 

Il Giudice del Lavoro, accogliendo le richieste patrocinate dal legale ANIEF, ha sanato l’ingiustizia per anni perpetrata a danno della nostra iscritta dichiarando il diritto della ricorrente “ad essere reinserita nella graduatoria ad esaurimento valida per il triennio 2011 – 2014” e condannando il MIUR al pagamento di 1.000 Euro oltre accessori per le spese di lite.

 

Il MIUR del tutto immotivatamente, nel disporre con il D.M. 42/2009 e con il D.M. 44/2011 l’integrazione e l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo, non ha previsto il reinserimento di coloro che, in occasione dei precedenti aggiornamenti, non avevano prodotto domanda di permanenza ed erano stati cancellati dalle graduatorie. Tale omissione, da sempre denunciata dall’ANIEF, ha determinato l’esclusione di molti docenti che sono stati “tagliati fuori” per sempre dalle graduatorie a esaurimento. L’ANIEF ottenendo nuovamente ragione in tribunale contro le inique determinazioni del MIUR, ricorda a quanti con sempre maggiore fiducia si affidano al nostro sindacato per la tutela dei propri diritti, che si stanno ormai concludendo in tutta Italia le operazioni di elaborazione dei ricorsi e che i nostri legali provvederanno a breve al deposito degli stessi presso i competenti tribunali del lavoro forti anche di questa nuova vittoria ottenuta dal nostro sindacato.

R. Maragliano, Adottare l’e-learning a scuola

maraglianoRoberto Maragliano, Adottare l’e-learning a scuola
ISBN: 9788868850623

Fin qui l’e-learning è stato per lo più utilizzato, in ambito scolastico, per la formazione in servizio degli insegnanti. Cosa potrebbe mai capitare se si provasse a utilizzare la formazione online anche per le attività di classe? Ha senso farlo? E come? In che cosa potrebbe essere utile adottare l’e-learning e quali problemi potrebbe incontrare? A queste domande non è possibile dare risposte che siano soltanto tecniche. Quelle più adeguate, che hanno a che fare con la didattica, le potrà dare il singolo docente ragionando, con l’aiuto di questo testo, sui punti di forza e sulle zone critiche dell’insegnamento frontale: alla conclusione di questo itinerario, che è quello del libro, si troverà nelle condizioni di decidere se dire sì all’e-learning e, soprattutto, a che tipo di e-learning dirlo. La presente versione dell’ebook, di novembre 2013, è aggiornata e completamente revisionata rispetto alla prima versione del 2011.

#PARLIAMONE: adottare l’e-learning a scuola
con Roberto Maragliano e Dario Cillo

INDICE

PREMESSA ALLA NUOVA VERSIONE

  • Non è solo consumo
  • A cosa dà risposta
  • Due modi di apprendere
  • Tipologie di sapere e di metasapere
  • Libri, pezzi di libri e piattaforme
  • Lettura collettiva e connettiva

CAPITOLO 1 – CHE STIAMO A FARE IN RETE

1.1 Partire da noi
1.2 Adottare un bicchiere e fare posta
1.3 Abitare e apparentemente altro

CAPITOLO 2 – ESSERE O NON ESSERE IN FACEBOOK

2.1 Non evitare il disturbo, anzi
2.2 L’abc dei problemi di un’esperienza piena di rete
2.3 Palestra Facebook

CAPITOLO 3 – APPRODARE ALL’ELEARNING

3.1 Come ci arriva la scuola
3.2 Come ci arrivo io
3.3 E tu, come ci arrivi?

CAPITOLO 4 – E-LEARNING UNO E BINO

4.1 Una definizione, perché?
4.2 Ciò che non cambia tra P e T
4.3 I due modelli di e-learning

CAPITOLO 5 – LE OBIEZIONI

5.1 “Vuoi mettere?”
5.2 “Mancano le attrezzature, materiali e professionali”
5.3 “Chi me lo fa fare?”

POSTFAZIONE

BIBLIOGRAFIA

 

maraglianoRoberto Maragliano insegna Tecnologie per la formazione degli adulti all’Università Roma Tre. Da tempo si occupa dei rapporti fra educazione e comunicazione, sia sul piano della ricerca scientifica sia e soprattutto su quello delle realizzazioni pratiche e delle soluzioni operative. E’ ideatore e responsabile del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive.

 

Bibliografia

In forma di libro:

  • Manuale di didattica multimediale, Bari, Laterza, 1994 (nel 1998, ne esce una nuova versione completamente revisionata, accompagnata da un CD-Rom di utilities per la didattica);
  • Esseri multimediali. Immagini del bambino di fine millennio, Firenze, La Nuova Italia, 1996 (con allegato il software La stanza del tesoro);
  • Tre ipertesti su multimedialità e formazione, Bari, Laterza, 2000
  • La scuola dei tre no, Bari, Laterza, 2003;
  • Nuovo manuale di didattica multimediale, Bari, Laterza, 2004;
  • Pedagogie dell’e-learning, Bari, Laterza, 2004;
  • Didattica e comunicazione di rete, Stripes, 2007 (con I. Margapoti, O. Martini, M. Pireddu);
  • Immaginare l’infanzia (cura), Anicia, 2007;
  • Parlare le immagini. Punti di vista, Apogeo, 2008;
  • Educare e comunicare. Spazi e azioni dei media (cura con A. Abruzzese), Mondadori Università, 2008;
  • Digital collaboration: some issues about teachers’ functions (cura con T. Leo – F. Falcinelli – P. Ghislandi), Scriptaweb, 2009.

In formato ebook:

  • Adottare l’e-learning a scuola, Garamond-Bookliners, 2011;
  • Immobile scuola. Alcune osservazioni per una discussione, CastelloVolante, 2011;
  • Storia e pedagogia nei media (con Mario Pireddu), Garamond, 2012;
  • Pedagogia della morte, Doppiozero, 2012;
  • Adottare l’e-learning a scuola (nuova edizione), 2013

G. Decollanz, Educazione e politica nel Pinocchio

PINOCCHIO: UN BURATTINO POI BAMBINO DEL XXI SECOLO

di CARLO DE NITTI

decollanzItalo Calvino scriveva che classico è quell’autore e/o quel libro che non ha ancora finito di dirci ciò che ha da dirci: insomma, quei testi che – a distanza di anni, di decenni, di secoli, di millenni – parlano al nostro presente di uomini, di persone, di cittadini.
Nel 1972, Giuseppe Decollanz (1935 – 2012) – uomo di scuola, intellettuale, studioso di letteratura per l’infanzia e pedagogista engagé – pubblicò il volume Educazione e politica nel Pinocchio, qui recensito, oggi rieditato in occasione del settantottesimo anniversario della sua nascita per i tipi di rebus books.
Il volume Le avventure di Pinocchio venne pubblicato a Firenze nel 1883 da Carlo Lorenzini – più noto con lo pseudonimo di Collodi, il paesino toscano, vicino Pescia, di cui era originaria la madre – precedendo di pochi anni la stampa di Cuore (1886), di Edmondo De Amicis: sono essi i due capisaldi della letteratura per l’infanzia più rappresentativi – in modo radicalmente diverso – della pedagogia dell’Italia post risorgimentale, umbertina.
Il testo di Decollanz, articolato in un’ampia introduzione – divisa in due parti, l’una sull’epoca e sulla temperie culturale in cui Collodi visse e l’altra sulla sua vita -, in due capitoli (il primo di storia della critica ed il secondo su “Il Problema del Pinocchio”) ed in una conclusione non casualmente intitolata “La rivoluzione del Collodi”, rappresentò, a sua volta, un nuovo interessante capitolo di storia della critica del capolavoro collodiano.
Come non ricordare, tra i numerosi interventi critici discussi da Decollanz, le pagine che Benedetto Croce dedicò allo scrittore toscano, nell’ambito del suo La letteratura della nuova Italia, allorquando parla di lui come di chi ha “scoperto il valore dell’umanità di Pinocchio” (p. 64)? Ma anche, in tempi più recenti, la trasposizione televisiva che ne realizzò Luigi Comencini con un impareggiabile Nino Manfredi nel ruolo di Geppetto, con Gina Lollobrigida come Fatina dai capelli turchini e con la coppia Franchi – Ingrassia nei panni del gatto e della volpe? Oppure la versione
che la Walt Disney realizzò per il cinema? O ancora, ma è posteriore rispetto alla prima uscita del volume di cui si discorre, il concept album del cantautore partenopeo Edoardo Bennato, Burattino senza fili del 1977?
Insomma, Pinocchio ha attraversato ed attraversa ancora la storia, la vita, il mondo degli uomini: è un vero e proprio romanzo di formazione, cui occorre accostarsi – come metodologicamente ci insegna Decollanz – “seguendo la norma di dare rilievo ai fatti e fornire di essi un’interpretazione il più possibile realistica” (p. 116). I fatti, nel caso di Collodi – un mazziniano puro che credeva fermamente in una rivoluzione che ribalti lo stato delle cose presenti, nel riscatto degli umili, degli oppressi, ma che si trovava vivere in un mondo che aveva fatto della meschinità e dell’accomodamento il suo unico credo – erano rappresentati dagli enormi problemi politici, economici, sociali della stragrande maggioranza degli italiani nel Paese appena unito, prima, e nell’Italia umbertina, poi. “Nell’Italia dei Savoia, ligia alle regole dell’esteriorità, il Collodi, insieme con pochi altri, mantenne in vita la problematica di un’Italia nuova, di un’Italia diversa, più umana e più giusta nei confronti di tutti i suoi figli” (p. 122).
Per leggere il Pinocchio in modo ermeneuticamente euristico, il critico non si può non mettersi nell’ottica, conoscendola e condividendola a fondo, dell’Autore. L’opera di Collodi – argomentava, nel ’72, Giuseppe Decollanz – “fu condizionata, in ogni momento, dalla tradizione rivoluzionaria ed egli seppe esprimere in modo originale una delle maggiori attese del secolo scorso e cioè la sintesi rinnovatrice tra l’individuo e la storia. Il Pinocchio si pone così a metà strada tra I Promessi Sposi ed i Malavoglia” (p. 119). Pinocchio armonizza l’ottimismo manzoniano sul ruolo della Provvidenza nella storia ed il pessimismo verghiano sull’ineluttabilità di una situazione presente caratterizzata da miseria e rassegnazione, rimanendo fedele agli ideali che avevano animato il Risorgimento nazionale.
In quest’ottica, il personaggio del burattino che, al termine della storia, diventa un bambino è, ancora oggi nel XXI secolo, un esempio paradigmatico di un ‘poema pedagogico’: non un trattato di pedagogia, esclusivamente teorico e scientifico, ma una “favola istruttiva” (p. 125) che in corpore vili dona ampie suggestioni di grande valore educativo: “Il Pinocchio fu il classico sasso lasciato cadere nelle acque chete di uno stagno; fu l’esplosione, la ribellione, il rifiuto di norme e metodi retrogradi, la rivendicazione di un diritto da lunghi anni negato ai fanciulli: il diritto alla libertà che poi è il diritto alla stessa vita […] nel libro sono riaffermati i tradizionali princìpi della morale comune, della morale del buon senso, i princìpi della carità, della bontà, dell’altruismo, del martirio, dell’eroismo […] come elementi di vita reale e non più come norme astratte codificate dai grandi” (pp. 126 – 127 passim).
La misura della consapevolezza teorica di quanto affermato, in Collodi, riviene dalla sua storia di patriota risorgimentale – argomentava Decollanz con un’attualità sorprendente – “La favola istruttiva del burattino Pinocchio è la storia istruttiva della vita dell’uomo Collodi: il Pinocchio è un libro autobiografico, una confessione poetica rivissuta attraverso la fantasia, immersa nel mondo rarefatto della favola […] Nel Pinocchio c’è la famiglia, c’è la solidarietà,c’è il sacrificio e c’è la bontà […] c’è il desiderio di una società più giusta, c’è la visione di nuovi valori e di un nuovo costume; c’è la speranza di una storia più grande e più giusta” (pp. 128- 130).
La trasformazione del burattino in bambino/uomo è l’insegnamento dell’etica del lavoro quale fondamento della socialità: “il lavoro è il segno dell’onestà e della creatività, dell’impegno civile e del progresso sociale […] All’educazione dell’intelletto, alle scuole del leggere e dello scrivere Pinocchio e Collodi sostituiscono la scuola della vita, che è vera educazione alla libertà, o, se si preferisce, la scuola della libertà, che è vera educazione alla vita” (pp. 138 – 139).
Il messaggio radicalmente rivoluzionario di Collodi, nell’Italia umbertina, fu, in un certo senso ‘anestetizzato’, affinchè perdesse quella dirompente carica potenzialmente ‘eversiva’: si tratta insomma – concludeva Decollanz il suo testo del’72 – di superare gli schemi neoidealistici nella valutazione storiografica e critica della letteratura del secondo Ottocento in Italia per i quali essa doveva essere “ascesa costruttiva e verifica razionale della religione della libertà”, secondo l’idea crociana.
L’impressione che pervade ogni lettore che abbia avuto l’onore ed il piacere di conoscere Giuseppe Decollanz, al pari di chi scrive queste righe, leggendo o, eventualmente, rileggendo questo volume, è che nello studiare Collodi e nello scrivere questa monografia, egli abbia ha ricostruito la figura di uno dei suoi ‘maggiori’.
‘Socialista nel cuore’, come viene definito in modo scultoreo nella quarta copertina, e da sempre – come non ricordare il capitolo “L’occupazione delle terre” nell’autobiografico La guerra siamo noi. Storie dalla Basilicata (2008, I ediz.), in cui a Peppinillo viene affidato il compito di portare la bandiera rossa della Camera del lavoro di Montepeloso alla manifestazione del primo maggio 1945? – non poteva non vedere in Collodi un suo Maestro ideale, un fratello di fede pedagogica, sociale e politica: “La sua adesione all’ideale patriottico mazziniano fu la scelta che caratterizzò tutta la sua esistenza, scelta che in un certo senso la storia aveva preparato per lui, ma che egli non esitò a fare con l’entusiasmo dei giovani ma anche con la sincera passione dell’animo nobile. Rimase sempre una grande anima di patriota, anche durante gli anni difficili del decennio cavourriano, un grande mazziniano, un uomo onesto desideroso di giustizia, furono questi sentimenti che negli ultimi mesi della sua vita lo fecero avvicinare al socialismo che andava diffondendosi in Italia” (p. 19).
Non a caso, il messaggio politico-educativo di Collodi veniva da Giuseppe Decollanz accostato in un parallelismo fraterno a quello di Rocco Scotellaro, poeta del mondo contadino lucano, cui è dedicato un altro suo volume di racconti Ai margini del cratere (Bari 1980). Il nucleo dell’insegnamento dei due scrittori non può essere sintetizzato ancor oggi meglio di quanto non faccia l’esergo che, nel 1972, fu posto all’inizio di Educazione e Politica nel Pinocchio:”Ai bambini di tutto il mondo ed alle ‘teste di legno’, nella speranza che anche loro, prima o poi, come Pinocchio, escano dal ventre della balena per divenire, finalmente, donne e uomini liberi”.
La missione cui Giuseppe Decollanz ha dedicato per intero tutta la sua vita.

A scuola non si possono fare tessere per associazioni o organizzazioni

da Tecnica della Scuola

A scuola non si possono fare tessere per associazioni o organizzazioni
di Lucio Ficara
Il codice di comportamento dei dipendenti pubblici impone regole precise ed è meglio attenersi evitando di fare propaganda o addirittura di sollecitare adesioni e iscrizioni.
Quando il ruolo che si occupa è un ruolo di responsabilità, che pretende di essere super partes, allora bisogna stare molto attenti ai propri comportamenti. Non si può approfittare del proprio ruolo, per chiedere al collega o peggio ancora al proprio sottoposto, l’iscrizione ad esempio ad un sindacato o ad una associazione professionale. Si ricorda infatti che nel  DPR n.62 del 2013, all’art.5 è scritto, con estrema chiarezza che il pubblico dipendente non deve costringere altri dipendenti ad aderire ad associazioni oppure ad organizzazioni, né  può esercitare pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera. Anche la sola richiesta di firmare una delega per aderire ad una data  associazione può risultare inopportuna o addirittura molesta. Bisogna dire che se un dirigente scolastico, chiedesse ad un docente della sua scuola di aderire ad un’associazione professionale, questo  oltre ad essere contrario alle norma comportamentale dei dipendenti pubblici attualmente vigenti , sarebbe ad considerarsi, visto anche il ruolo gerarchico, un comportamento deprecabile e da condannare. Eppure certe situazioni accadono di frequente all’interno delle scuole, dove si ignora totalmente l’esistenza dei codici deontologici. Basta fare un giro per i siti istituzionali delle scuole pubbliche italiane, per accorgersi che in diverse centinaia di scuole, che hanno un sito ( esistono anche scuole che non hanno un sito istituzionale), non è pubblicato il  Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Si ricorda che l’ultimo regolamento su citato si riferisce al decreto del presidente della repubblica numero 62 del 16 aprile 2013. Bisognerebbe sapere che questo regolamento, ai sensi dell’art.17 dello stesso, , per le scuole pubbliche, dovrebbe essere obbligatoriamente  pubblicato sui propri siti istituzionali e il dirigente scolastico lo avrebbe dovuto trasmettere, tramite email, a tutto il personale scolastico ed ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione, e all’atto del conferimento d’incarico  di qualunque supplente si dovrebbe dare una copia del codice di comportamento. Eppure in un momento di crisi dell’associazionismo e anche delle deleghe sindacali, il mal costume di fare tessere all’interno delle scuole e a volte con il coinvolgimento in prima persona del capo d’Istituto, esiste ed è sotto gli occhi di tutti. Bisogna dire che esistono anche dirigenti scolastici trasparenti e sindacalisti corretti, che rispettano i regolamenti e onorano la deontologia  del proprio ruolo e della propria persona. D’altronde i sindacati hanno delle strutture proprie dove possono fare consulenza e dare supporto ai docenti e al personale scolastico tutto, quello è il luogo preposto a sottoscrive una delega ed eventualmente a chiedere di sottoscriverla, non è certamente né un aula degli insegnanti di una scuola e né, cosa ancora peggiore, una dirigenza scolastica.

Carrozza su Mandela: se ne va un simbolo della storia contemporanea

da Tecnica della Scuola

Carrozza su Mandela: se ne va un simbolo della storia contemporanea
di A.G.
Per il Ministro l’ex presidente sudafricano e simbolo della lotta all’apartheid costituisce anche un esempio di come si può usare bene la politica. Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef, ha ricordato quante energie spese per l’istruzione: lanciò la campagna Schools for Africa per mandare a scuola due milioni di bimbi africani.
“Mandela è stato un personaggio importante, che fa parte della storia contemporanea”. Così il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha ricordato il 6 dicembre, dai microfoni ‘Radio anch’io’, l’ex presidente del Sudafrica, vero simbolo della lotta all’apartheid. Il Ministro ha tenuto a precisare che quanto realizzato da Mandela rappresenta un esempio di come si può ben “usare bene la politica”. Sempre dagli studi radiofonici, il Ministro ha anche mandato un tweet rivolto agli studenti, “perché lo leggano, anche se – ha osservato scherzando – durante le lezioni non si potrebbe”.

Tra le tante dichiarazioni rilasciate nella giornata della perdita a Mandela, riportiamo anche quella di Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef: “Tutti noi abbiamo perso un eroe”, ha detto. E poi ha aggiunto: “un campione speciale per i bambini”, “che sono una parte centrale della sua eredità. Padre della sua nazione, Nelson Mandela – ricorda – ha dedicato molto del suo lavoro ai bambini”. Nel 2002 ha esortato ad aumentare le risorse per la salute e l’istruzione dei bambini e nel 2004 ha lanciato la campagna Schools for Africa per mandare a scuola due milioni di bimbi africani. Nel corso della sua vita, anche insieme all’Unicef, “ha lottato con passione”, conclude Lake, “per mettere i bambini al centro dell’agenda dello sviluppo mondiale”.

Permesso retribuito per motivi personali e familiari: nessuna discrezionalità è rimessa al DS

da Tecnica della Scuola

Permesso retribuito per motivi personali e familiari: nessuna discrezionalità è rimessa al  DS
di Aldo Domenico Ficara
Dal sito web della UIL scuola “ Appunti di giurisprudenza “ in riferimento alla fruizione del permesso retribuito e delle ferie per motivi personali e familiari si dice:
“Nella decisione in ordine alla chiesta fruizione del permesso retribuito per motivi personali e familiari e per la fruizione, per le medesime ragioni, delle ferie, del personale docente a tempo indeterminato, nessuna discrezionalità è rimessa al Dirigente Scolastico in merito alla opportunità di autorizzare il permesso e le ferie per le suddette particolari ipotesi. In tal senso al Dirigente non è consentita alcuna comparazione delle esigenze scolastiche con le ragioni personali o familiari certificate, per cui il permesso richiesto sarà unicamente soggetto ad un controllo di tipo formale in merito alla presentazione della domanda ed alla idoneità della documentazione a dimostrare la sussistenza delle ragioni poste a base della domanda.  Allo stesso modo, nemmeno è consentito al Dirigente Scolastico porre delle regole preventive che vietino o restringano la possibilità per i docenti di usufruire dei permessi o delle ferie in periodo di attività didattica qualora queste siano richieste per motivi personali o familiari “. A tal proposito un utile approfondimento è fornito dalla sentenza del giudice del lavoro di Monza n.288/2011, che, avvalorando pienamente la tesi sindacale escludente ogni discrezionalità del dirigente scolastico nell’attribuzione dei permessi in parola , si aggiunge ad altre conformi decisioni della giurisprudenza di merito e di legittimità e alla nota dell’ARAN – Agenzia rappresentanza pubbliche amministrazioni – n.3989 del 16 .2.2011, in risposta a corrispondente quesito, in cui la stessa ” esclude un potere discrezionale del dirigente scolastico , il quale nell’ambito della propria funzione … è preposto al corretto ed efficace funzionamento dell’istituzione scolastica, nonché alla gestione organizzativa della stessa”.

Attività di avviamento alla pratica sportiva e Campionati Studenteschi a.s. 2013/2014

da Tecnica della Scuola

Attività di avviamento alla pratica sportiva e Campionati Studenteschi a.s. 2013/2014
di L.L.
Entro il 20 dicembre 2013 le scuole interessate dovranno effettuare la richiesta delle risorse finanziarie per le attività complementari di educazione fisica si cui all’Intesa del 26 novembre scorso
Il 26 novembre 2013 il Miur e le OO.SS. hanno sottoscritto un’Intesa finalizzata alla ripartizione delle risorse di cui agli artt. 33, 62, 85, 87 del CCNL 2006/2009 del comparto scuola, nella quale sono stati definiti i valori unitari e i criteri utili per la ripartizione dei fondi tra le istituzioni scolastiche ed in particolare per le attività complementari di educazione fisica (art. 87 CCNL 2006- 2009).
All’art. 4 dell’Intesa è previsto per le attività complementari di educazione fisica un finanziamento di € 20.280.000,00 che, diviso per il numero complessivo delle classi di istruzione secondaria in organico di diritto, determina una quota base di € 106,44 per ciascuna classe di scuola secondaria dell’organico di diritto, come risultante dalle scritture informatiche del sistema SIDI.
Sarà cura della Direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio del Miur assegnare con apposito avviso la risorsa prevista per ogni singola scuola, pari al valore totale dei progetti validati.
Le Istituzioni scolastiche dovranno provvedere, con procedura on-line sul sito www.campionatistudenteschi.it  ad effettuare le seguenti operazioni:
A partire dal giorno 9 dicembre 2013:  • effettuare l’iscrizione ai CS specificando le discipline a cui si intende partecipare;  • associare gli alunni partecipanti a ciascuna disciplina.
Entro il giorno 20 dicembre 2013:  • effettuare la richiesta delle risorse finanziarie ai sensi dell’art. 87 CCNL;  • comunicare la costituzione/conferma del Centro Sportivi Scolastico;  • inserire la delibera di adesione all’attività sportiva per l’anno scolastico in corso;  • provvedere alla nomina dei docenti partecipanti.
Attraverso la medesima piattaforma, le scuole potranno anche iscriversi ai Campionati Studenteschi.
La partecipazione è riservata agli studenti delle istituzioni scolastiche di primo e secondo grado statali e paritarie, regolarmente iscritti e frequentanti.
L’adesione delle scuole ai CS è subordinata alla costituzione dei Centri Sportivi Scolastici, fermo restando che attività di avviamento alla pratica sportiva potranno essere comunque svolte anche dalle istituzioni scolastiche che non adottano tale formula organizzativa e che pertanto non partecipano ai CS.
Alla Nota MIUR 7885 del 3/12/2013 è allegato il progetto tecnicocontente le modalità e l’organizzazione delle diverse fasi dei Campionati.

47° Rapporto Censis: una società sciapa e infelice. Il capitolo “Processi formativi”

da Tecnica della Scuola

47° Rapporto Censis: una società sciapa e infelice. Il capitolo “Processi formativi”
di P.A.
La 47ª edizione del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2013 riferisce che se l’atteso crollo non c’è stato, troppe persone scendono nella scala sociale. Il sistema ha bisogno di istituzioni e politica. Il 21,7% della popolazione con più di 15 anni possiede la licenza elementare. Il 2% di 15-19enni, l’1,5% di 20-24enni, il 2,4% di 25-29enni e il 7,7% di 30-59enni non hanno mai conseguito un titolo di scuola secondaria di primo grado. Nel 2011 alla fine del primo anno aveva abbandonato gli studi l’11,4% degli studenti iscritti
Una società la nostra che “ha bisogno e voglia di tornare a respirare e reagire”, ad esempio, “alla scelta implicita e ambigua di ‘drammatizzare la crisi per gestire la crisi’ da parte della classe dirigente, che tende a ricercare la sua legittimazione nell’impegno a dare stabilità al sistema partendo da annunci drammatici, decreti salvifici e complicate manovre”. E ancora, dice Censis, “nel progressivo vuoto di classe politica e di leadership collettiva, i soggetti della vita quotidiana rischiano di restare in una condizione di incertezza senza prospettive di élite”. Il crollo atteso da molti non c’è stato, ma ha dominato la sopravvivenza. Oggi dunque siamo una società più «sciapa»: senza fermento, circola troppa accidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale, disinteresse per le tematiche di governo del sistema, passiva accettazione della impressiva comunicazione di massa. E siamo «malcontenti», quasi infelici, perché viviamo un grande, inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali. Si è rotto il «grande lago della cetomedizzazione», storico perno della agiatezza e della coesione sociale. Troppa gente non cresce, ma declina nella scala sociale. Da ciò nasce uno scontento rancoroso, che non viene da motivi identitari, ma dalla crisi delle precedenti collocazioni sociali di individui e ceti. Ci sono poi due grandi ambiti che consentirebbero l’apertura di nuovi spazi imprenditoriali e di nuove occasioni occupazionali. Il primo è il processo di radicale revisione del welfare; il secondo ambito è quello della economia digitale in attesa della crescita di giovani «artigiani digitali». Le istituzioni sono autoreferenziali, avvitate su se stesse, condizionate dagli interessi delle categorie, avulse dalle dinamiche che dovrebbero regolare, pericolosamente politicizzate, con il conseguente declino della terzietà necessaria per gestire la dimensione intermedia fra potere e popolo. Le donne I giovani, navigatori del nuovo mondo globale. L’Italia oltre confine ammonta a oltre 4,3 milioni di connazionali. Nell’ultimo decennio il numero di cittadini che si sono trasferiti all’estero è più che raddoppiato, passando dai circa 50.000 del 2002 ai 106.000 del 2012 (+115%). Ma è stato soprattutto nell’ultimo anno che l’incremento si è accentuato (+28,8%). Nel 54,1% dei casi si è trattato di giovani con meno di 35 anni. Secondo un’indagine del Censis, circa 1.130.000 famiglie italiane (il 4,4% del totale) hanno avuto nel corso del 2013 uno o più componenti residenti all’estero. A questa quota si aggiunge un altro 1,4% di famiglie in cui uno o più membri sono in procinto di trasferirsi. Chi se ne è andato lo ha fatto per cercare migliori opportunità di carriera e di crescita professionale (il 67,9%), per trovare lavoro (51,4%), per migliorare la propria qualità della vita (54,3%), per fare un’esperienza di tipo internazionale (43,2%), per lasciare un Paese in cui non si trovava più bene (26,5%), per vivere in piena libertà la propria vita sentimentale, senza essere vittima di pregiudizi o atteggiamenti discriminatori, come nel caso degli omosessuali (12%). Nel confronto con l’estero, per loro il difetto più intollerabile dell’Italia è l’assenza di meritocrazia, denunciata dal 54,9%, poi il clientelismo e la bassa qualità delle classi dirigenti (per il 44,1%), la scarsa qualità dei servizi (28,7%), la ridotta attenzione per i giovani (28,2%), lo sperpero di denaro pubblico (27,4%).

Una logica industriale per la cultura.

Nel 2012 l’Italia, primo Paese al mondo nella graduatoria dei siti Unesco, presentava una dimensione del settore culturale fortemente contenuta se comparata ad altri Paesi europei. Il numero dei lavoratori (309.000, pari all’1,3% del totale) coincide con la metà di quello di Regno Unito (755.000) e Germania (670.000), ed è molto inferiore rispetto a Francia (556.000) e Spagna (409.000). Anche il valore aggiunto prodotto in Italia di 12 miliardi di euro (contro i 35 miliardi della Germania e i 26 miliardi della Francia) contribuisce solo per l’1,1% a quello totale del Paese (meno che negli altri Paesi europei). Mentre in Spagna (+14,7%), Francia (+9,2%), Germania (+4,8%) il valore aggiunto prodotto in ambito culturale è cresciuto significativamente tra il 2007 e il 2012, da noi l’incremento è stato molto debole, pari all’1%. A impedirne la crescita è la logica di governo del settore e modelli gestionali che ostacolano una maggiore integrazione tra pubblico e privato.

Il capitolo «Processi formativi»

Il ruolo strategico dell’istruzione degli adulti. Il 21,7% della popolazione italiana con più di 15 anni ancora oggi possiede al massimo la licenza elementare. Per quanto si tratti di un fenomeno concentrato nelle fasce d’età più anziane, un campanello d’allarme squilla per il 2% di 15-19enni, l’1,5% di 20-24enni, il 2,4% di 25-29enni e il 7,7% di 30-59enni che non hanno mai conseguito un titolo di scuola secondaria di primo grado. E anche per quel 56,2% di ultrasessantenni senza licenza media (23% tra gli occupati) i vantaggi di un “ritorno a scuola” sarebbero indiscutibili per il rafforzamento del loro kit di strumenti utili ad affrontare le sfide della complessità sociale. Inoltre, si è fermato alla licenza media il 43,1% dei 25-64enni. Il circuito vizioso tra bassi titoli di studio, problemi occupazionali e scarsa propensione all’ulteriore formazione è, infine, testimoniato: dalla significativa incidenza tra i giovani Neet di individui con al massimo la licenza media (43,7%); dalla marginale partecipazione complessiva della popolazione adulta ad attività formative, se in possesso della sola licenza elementare (0,8% del totale) o diploma di scuola secondaria di primo grado (1,9%).

Aggredire la dispersione includendo il territorio.

Nel nostro Paese la quota di early school leavers, seppure in tendenziale diminuzione, continua a essere significativa e in alcune aree geografiche pericolosamente endemica. Se nel 2012 la popolazione di 18-24 anni con al più la licenza media che non frequentava altri corsi scolastici o attività formative superiori ai due anni era pari al 17,6%, in alcune aree del Paese restava al di sopra della soglia del 20%: ad esempio nel complesso delle regioni meridionali (21,1%). Lo scenario nazionale è distante non solo da quello medio europeo (12,8%), ma soprattutto dall’obiettivo fissato da Europa 2020, secondo il quale i giovani che abbandonano precocemente gli studi non dovranno superare la soglia del 10%. In Italia nel 2011 alla fine del primo anno aveva abbandonato gli studi l’11,4% degli studenti iscritti. Lo stesso indicatore nelle regioni del Nord e del Centro era rispettivamente 10,4% e 10,3%, mentre i tassi di abbandono erano del 13% nel Mezzogiorno nel complesso e del 14,9% nelle sole isole.

L’integrazione scolastica degli alunni disabili: un processo sinergico.

I dati sulla distribuzione nell’anno scolastico 2013-2014 dei 207.244 alunni disabili, pari al 2,6% del totale degli alunni iscritti, attestano una loro maggiore presenza nella ripartizione settentrionale del Paese, dove si concentra il 38% del totale, seguita dal Sud e isole (35,6%) e infine dal Centro, dove la percentuale è del 19,9%. La periodica rilevazione del Censis sui dirigenti scolastici, che quest’anno ne ha coinvolti 2.178, evidenzia che il 47,1% ha dichiarato che nel proprio istituto l’integrazione degli alunni con disabilità non è un problema, mentre per il 29,3% è un problema in via di risoluzione. Tuttavia, ancora per quasi un dirigente su quattro (23,6%) tale processo resta un problema di difficile soluzione. I principali problemi sono: l’insufficiente numero di insegnanti per le attività di sostegno rispetto alla numerosità dell’utenza (70,6%), la difficoltà nella gestione dei rapporti con gli altri soggetti coinvolti nel processo di inserimento – servizi socio-sanitari, enti locali, altre scuole/enti formativi, ecc. – (39,9%) e la inadeguata specializzazione dei docenti di sostegno rispetto alle specifiche disabilità (26,5%).

Il sistema di istruzione e formazione professionale di fronte alla sfida della sussidiarietà.

I percorsi triennali d’istruzione e formazione professionale costituiscono ormai una scelta concreta e sempre più perseguita al termine della scuola secondaria di primo grado. Degli appena 23.563 allievi dei primi corsi si è giunti ai 241.620 dell’anno formativo 2011/2012. Secondo l’indagine del Censis, numerose e diversificate sono le azioni intraprese dagli istituti professionali per incrementare il successo formativo degli iscritti ai percorsi triennali. Le azioni più diffuse sono quelle finalizzate a garantire il raccordo tra studio e lavoro, in primo luogo l’attivazione di stage (74,3%) o di percorsi in alternanza scuola/lavoro (72,9%). Un analogo livello di diffusione (72,2%) sembra caratterizzare la realizzazione di una didattica laboratoriale, seguita dalle attività di raccordo tra le competenze di base e le competenze professionalizzanti (64,6%).

L’università italiana: un sistema squilibrato territorialmente e con scarsa capacità di globalizzazione.

Le università italiane stentano a collocarsi all’interno delle reti internazionali di ricerca. Secondo l’indagine del Censis sui rettori italiani, tra i fattori più efficaci per accrescere la competitività dei loro atenei c’è al primo posto il miglioramento della qualità dei servizi e delle strutture di supporto alla didattica (73,8%), poi lo sviluppo di collaborazioni internazionali nelle attività di ricerca (54,8%), lo sviluppo di percorsi di laurea a doppio titolo/titolo aggiunto con atenei stranieri (52,4%), le ricerche di grande rilevanza scientifica (40,5%) e l’incremento del numero di laureati in corso (38,1%). Le criticità esistenti sono aggravate dal divario territoriale tra Nord e Sud del Paese. Nel decennio 2002-2012 l’indice regionale di attrattività delle università passa nel Mezzogiorno da -20,7% a -28,3%, incrementandosi negativamente di oltre 7 punti percentuali. Nelle regioni insulari l’indice precipita da -10,1% nel 2002 a -26,2% nel 2012.

Rapporto Censis 2013 Forte crescita degli IeFP e degli IP

da tuttoscuola.com

Rapporto Censis 2013 Forte crescita degli IeFP e degli IP

Il Rapporto Censis di quest’anno mette l’accento sulla crescita dei percorsi triennali d’istruzione e formazione professionale che “costituiscono ormai una scelta concreta e sempre più perseguita al termine della scuola secondaria di primo grado“.

Dai 23.563 allievi dei primi corsi si è giunti ai 241.620 dell’anno formativo 2011/2012. Secondo il Censis numerose e diversificate sono anche le azioni intraprese dagli istituti professionali per incrementare il successo formativo degli iscritti ai percorsi triennali. Le azioni più diffuse sono quelle finalizzate a garantire il raccordo tra studio e lavoro, in primo luogo l’attivazione di stage (74,3%) o di percorsi in alternanza scuola/lavoro (72,9%).

Un analogo livello di diffusione (72,2%) sembra caratterizzare la realizzazione di una didattica laboratoriale, seguita dalle attività di raccordo tra le competenze di base e le competenze professionalizzanti (64,6%).

Censis, oltre un italiano su cinque ha solo la licenza elementare

da tuttoscuola.com

Censis, oltre un italiano su cinque ha solo la licenza elementare

Il 21,7% della popolazione italiana con più di 15 anni ancora oggi possiede al massimo la licenza elementare, e i miglioramenti registratisi nel corso degli anni sembrano dovuti soprattutto a fenomeni demografici. Per quanto si tratti di un fenomeno concentrato nelle fasce d’età più anziane, un campanello d’allarme squilla per il 2% di 15-19enni, l’1,5% di 20- 24enni, il 2,4% di 25-29enni e il 7,7% di 30-59enni che non hanno mai conseguito un titolo di scuola secondaria di primo grado. è quanto emerge dal rapporto del Censis 2013, nel capitolo relativo ai ‘Processi formativi’.

E anche per quel 56,2% di ultrasessantenni senza licenza media (23% tra gli occupati) i vantaggi di un “ritorno a scuola” sarebbero indiscutibili per il rafforzamento del loro kit di strumenti utili ad affrontare le sfide della complessità sociale.

Allargando la riflessione al gradino appena superiore, quello di coloro che si sono fermati alla licenza media, la percentuale di 25-64enni in tale condizione è pari al 43,1%. Tra le classi d’età più giovani è inoltre ormai risaputo con quale lentezza si riesca a contenere il fenomeno degli abbandoni precoci degli studi, segnalati dall’indicatore europeo relativo ai 18-24enni non più in formazione e con la sola licenza media, che pur in progressiva contrazione si attesta nel 2012 sul 17,6%.

Il circuito vizioso tra bassi titoli di studio, problemi occupazionali e scarsa propensione all’ulteriore formazione è, infine, testimoniato: dalla significativa incidenza tra i giovani Neet di individui con al massimo la licenza media (43,7%); dalla marginale partecipazione complessiva della popolazione adulta ad attività formative, se in possesso della sola licenza elementare (0,8% del totale) o diploma di scuola secondaria di primo grado (1,9%). Non dissimile a quella del complesso della popolazione residente, è la strutturazione per titolo di studio della popolazione immigrata, considerato che nel 2011 circa la metà (49,9%) di tale gruppo sociale risultava in possesso di un titolo di studio basso, fino alla licenza media.

Handicap, per un preside su 4 l’integrazione resta un problema

da tuttoscuola.com

Rapporto Censis 2013

Handicap, per un preside su 4 l’integrazione resta un problema

I dati sulla distribuzione nell’anno scolastico 2013-2014 dei 207.244 alunni disabili, pari al 2,6% del totale degli alunni iscritti, attestano una loro maggiore presenza nella ripartizione settentrionale del Paese, dove si concentra il 38% del totale, seguita dal Sud e isole (35,6%) e infine dal Centro, dove la percentuale è del 19,9%. è quanto emerge dal rapporto del Censis 2013.

Tre sono le regioni in cui si raggiunge o si supera quota 10%: Campania (10%), Lazio (11%) e Lombardia (14,8%), seguite dalla Sicilia, dove tale soglia viene solo lambita (9,7%). Il Lazio (parimenti con l’Abruzzo) si caratterizza, inoltre, come la regione in cui più alta è l’incidenza di alunni con disabilità. I dati sull’incidenza della disabilità per livello scolastico evidenziano, infine, una crescita di tale indicatore con il procedere del percorso di scolarizzazione, rilevabile in particolare nel passaggio dalla scuola dell’infanzia (1,4%) a quella primaria (3%) e, più ancora, a quella secondaria di I grado (3,8%).

Dal rapporto tra il numero totale degli alunni e i posti riservati agli insegnanti di sostegno nell’organico risulta che nel corrente anno scolastico il numero medio di alunni con disabilità per docente è pari a 2. Il 47,1% dei dirigenti scolastici interpellati dal Censis ha dichiarato che nel proprio istituto l’integrazione degli alunni con disabilità non è un problema, mentre per il 29,3% (in particolar modo nelle scuole del Centro Italia, 35,6%) è un problema in via di risoluzione. Tuttavia, ancora per quasi un dirigente su quattro (23,6%) tale processo resta un problema di difficile soluzione.

Se la scarsità degli insegnanti di sostegno in rapporto all’utenza è annoverata tra gli impedimenti da circa il 70% dei rispondenti al Nord, al Centro e al Sud e isole, le difficoltà di raccordo tra la scuola e la rete dei servizi sul territorio sono denunciate soprattutto dai dirigenti scolastici delle regioni meridionali e insulari (50,5%), mentre l’inadeguata specializzazione dei docenti di sostegno in misura maggiore da quelli che operano al Nord (34,5%).

Radiografia della scuola fatta dagli studenti: prof promossi, ma la metà pensa di aver sbagliato strada

da Repubblica.it

Radiografia della scuola fatta dagli studenti: prof promossi, ma la metà pensa di aver sbagliato strada

Il rapporto di Almalaurea con l’indagine condotta da 48mila diplomati nel luglio scorso. E c’è la conferma ancora delle disparità di risultato legati alle differenze socio-culturali delle famiglie

di SALVO INTRAVAIA

Prof promossi, ambienti scolastici bocciati. E soprattutto grande confusione degli studenti sul loro percorso di studi. Il Rapporto 2013 presentato questa mattina più importante dal consorzio di scuole italiane assegna un voto positivo agli insegnanti e un mezza bocciatura alla scuola come organizzazione e spazi. Ma certifica ancora una volta il fallimento dell’orientamento se è vero che, su oltre 48mila diplomati nel mese di luglio di quest’anno, 44 su cento cambierebbero indirizzo scolastico se potessero tornare indietro. Un brutto colpo per il sistema scolastico nazionale e per le casse dello stato, visto che gli insuccessi scolastici costano parecchio alla collettività. Giovani che sognano il posto fisso ma che sono sfiduciati sui possibili guadagni nel lavoro.

Per questa ragione, Almadiploma ha messo in piedi AlmaOrièntati, “un percorso  –  spiega Andrea Cammelli, presidente del consorzio Almalaurea-Almadiploma  –  che offre non solo informazioni sul post-diploma, ma dà ai giovani diplomandi la possibilità di confrontarsi con le proprie potenzialità e i propri limiti, di scoprire le materie di studio più consone in relazione all’offerta formativa universitaria”. “Quello che un paese avanzato non può permettersi  –  ammonisce Cammelli  –  è lo spreco di risorse umane. In particolare dei giovani, che rappresentano il futuro: un bene prezioso che stiamo perdendo all’anagrafe e verso il quale la perdurante disattenzione e sottovalutazione da parte del mondo adulto finirà per diventare un vero punto critico”.

L’indagine ha coinvolto 48.272 diplomati di 347 scuole italiane che forniscono un giudizio sul percorso scolastico appena compiuto. E permettono di fornire uno spaccato anche dal punto di vista sociale dei nostri giovani diplomati. “L’ambiente familiare  –  si legge nel rapporto  –  influenza il percorso scolastico degli studenti ben prima del loro ingresso nella scuola secondaria superiore. Fra i diplomati nel 2013, il 38 per cento dei ragazzi con almeno un genitore laureato aveva concluso la scuola media inferiore con il giudizio di ottimo; questa percentuale si riduce al 24 per cento fra i figli di genitori con al più il diploma di maturità e al 15 per cento fra i figli di genitori con grado di istruzione inferiore”.

Le opinioni dei 48mila studenti sulla scuola vanno in parte in controtendenza rispetto alla vulgata politica degli ultimi anni. L’84 per cento degli intervistati esprime un giudizio positivo sull’esperienza scolastica complessiva. Gli insegnanti sono promossi: l’80 per cento li ritiene “competenti”, il 74 per cento apprezza la loro “chiarezza espositiva” e la “disponibilità al dialogo” e il 65 per cento la loro “capacità di valutazione”. Meno buoni i giudizi sulle dotazioni e gli spazi scolastici. Più della metà  –  il 52 per cento  –  degli studenti non è soddisfatto delle attrezzature sportive, il 49 per cento considera le aule dove ha trascorso tante ore non adeguate e il 46 per cento boccia i laboratori.

Anche l’organizzazione scolastica è parecchio criticata dai giovani. Sul banco degli imputati, soprattutto, “l’adeguatezza degli spazi comuni, le attività pratiche durante l’orario delle lezioni e le attività extrascolastiche”. Ma sembra proprio l’orientamento il punto critico della scuola italiana, almeno stando ai giudizi degli studenti. Perché il 44 per cento dei diplomati, se tornassero indietro di cinque anni, cambierebbero indirizzo di studio o scuola. Quasi 4 su dieci  –  il 39 per cento  –  di coloro che cambierebbero lo farebbero per studiare altre materie. Mentre uno su quattro per compiere studi che preparino meglio al mondo del lavoro. E una minoranza  –  il 15 per cento  –  per affrontare studi più consoni con la scelta universitaria futura.

Dal report di AlmaDiploma si scopre che quasi uno studente su due  –  il 48 per cento  –  ha svolto almeno uno stage all’estero e uno su tre ha compiuto una esperienza di studio all’estero. E nel tempo libero, sei studenti su dieci hanno anche lavorato. Il 50 per cento dichiara anche di avere una buona conoscenza dell’inglese e quasi nove si dieci navigano in internet. Le competenze informatiche sono ancora invece a macchia di leopardo. E il futuro? Una buona fetta  –  il 50 per cento, che diventa l’85 per cento al liceo classico  –  intende continuare a studiare all’università, mentre una piccola parte  –  l’8 per cento  –  intendono coniugare studio e lavoro. Sono 22 su cento coloro che vogliono lavorare soltanto e abbastanza consistente gli intesici: il 16 per cento.

Sono soprattutto tre le molle che spingono i giovani a proseguire gli studi all’università: continuare a studiare per intraprendere la professione che si desidera, ottenere un lavoro ben retribuito e per approfondire i propri interessi culturali. Chi punta a lavorare da subito sogna il posto fisso e a tempo pieno. Non importa troppo l’attinenza del lavoro con gli studi effettuati, che interessa “molto” soltanto il 37 per cento degli intervistati. Giovani invece piuttosto sfiduciati sui guadagni. Pochi, sia tra chi proseguirà gli studi all’università sia tra chi vuole lavorare, coloro che credono che il reddito sia proporzionale al titolo di studio posseduto: appena il 24 per cento.

Normativa sui BES: meno chiacchiere e più applicazione

Normativa sui BES: meno chiacchiere e più applicazione

di Salvatore Nocera

 

Di recente ho replicato ad un duro e dotto attacco dell’ispettore Iosa sui bes con un mio articolo dal titolo “Basta coi bes e pensiamo ad altro”.

Questo titolo mi ha attirato molte critiche come se io volessi cancellare la normativa sui bes.

Ci tengo allora a precisare che sono stato tra i primi a difendere tale normativa ed a condividerne le ragioni di completamento della visione della scuola inclusiva per la quale mi batto fin dagli Anni Sessanta sull’integrazione  generalizzata degli alunni con disabilità.

Cosa intendevo dire allora con quell’articolo?Semplicemente ciò che intendo dire con quello attuale: si sta facendo un gran chiacchiericcio su un tema pedagogico importante, che però rischia di offuscare il problema di fondo e cioè come garantire  in concreto quotidianamente il diritto all’educazione ed allistruzione di quegli alunni con bes particolarmente complessi come sono gli alunni con disabilità.

Ho forte il timore che, mentre si discute sulla legittimità della recente normativa sui DSA e sugli altri casi di bes come il disagio e lo svantaggio, si stia trascurando il problema assai più difficile e complicato dell’inclusione degli alunni con disabilità.

Infatti molti credono che, avendo ormai  approvato in Italia una normativa ampia ed articolata, gli alunni con disabilità abbiano finalmente raggiunto pienamente ed in modo generalizzato la loro inclusione scolastica di qualità.

Le numerose lagnanze che le famiglie manifestano e le troppe cause  legali da esse proposte stanno purtroppo a dimostrare il contrario.Non che l’inclusione degli alunni con disabilità sia un fallimento; ma si va notando negli ultimi anni un crescente divario tra ciò che la normativa afferma e la  disapplicazione della stessa . Basti pensare al mancato rispetto del tetto massimo di 20 alunni nelle classi frequentate da alunni con disabilità; basti pensare alla mancata presa in carico del progetto inclusivo da parte di molti, troppi, docenti curricolari, specie di scuola secondaria, che lo delegano totalmente ai soli docenti per il sostegno; e ciò per la  “ legale” mancata formazione iniziale ed obbligatoria in servizio dei docenti curricolari  sulle didattiche inclusive; si pensi alla mancata collaborazione delle AASSLL e degli Enti locali, prevista per legge, ma sempre più

Generalizzata a causa dei tagli alla spesa pubblica.

Per questo sono assai preoccupato del futuro dell’inclusione scolastica di qualità di quelli che sono stati i casi più gravi che l’Italia ,da sola al mondo , ha avuto il coraggio pedagogico e giuridico di affrontare con notevole successo.

Si potrebbe obiettare che concentrando l’attenzione su casi meno gravi, quali il disagio e lo svantaggio, si giova ad una maggiore attenzione ai casi più gravi della disabilità.

Io, avendo vissuto tutta la vicenda storica dell’inclusione scolastica a partire dagli Anni Sessanta, ho un’impressione opposta e cioè che sia stata proprio l’attenzione alla qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, che ha permesso alla scuola italiana di affrontare con maggiore attenzione e formazione quella degli alunni stranieri, degli alunni con DSA, disturbi specifici di apprendimento e degli alunni con altri bes, buisogni educativi speciali o specifici che dir si voglia.La mia impressione può essere confutata; però non mi pare possa essere confutato il mio giudizio sul calo di attenzione e tensione sulla qualità dell’inclusione degli alunni con disabilità.

Lo stesso ispettore Iosa, uno dei più accaniti critici della recente normativa sui bes, ha dovuto ammettere che, grazie alla circolare n. 8/13 ed alla Nota prot n. 2563 del 22 Novembre 2013 , sono stati chiariti molti punti oscuri della Direttiva del 27 Dicembre 2012 e notevolmente ridimensionato il problema dell’individuazione dei nuovi bes e dei PDP, piani didattici personalizzati che, inizialmente, sembrava avrebbero dovuto sommergere la scuola italiana.

Ed allora , dal momento che  è stato definitivamente chiarito con l’ultima Nota prot n. 2563/13 che ormai l’individuazione e gestione dei nuovi casi è sostanzialmente rimessa ai  soli docenti  indipendentemente da eventuali “ diagnosi di bes “, occorre ridurre le polemiche su questa importante normativa e concentrarsi di più sulla sua attuazione in termini didattici e sulla ripresa dell’attuazione didattica della normativa sull’inclusione degli alunni con disabilità.

Questo e solo questo era il senso di quel mio titolo, come può anche ricavarsi dalla lettura di tutto l’articolo.

Faciliterebbe questo nuovo slancio operativo l’approvazione della recente norma dell’art 16 della l.n. 128/13 sull’obbligo di formazione in servizio di tutti i docenti che hanno in classe alunni con disabilità o altri bes.Gioverebbe pure l’attuazione del decreto legislativo n. 80/13 sull’individuazione di indicatori di qualità del sistema di istruzione che comprenda anche indicatori che permettano l’autovalutazione delle scuole sul livello da loro realizzato di didattiche inclusive.

Nel medio periodo gioverebbe l’attuazione del decreto ministeriale n. 249/2010 sulla formazione iniziale deifuturi docenti che comprenda anche un certo numero di crediti universitari formativi sulle didattiche inclusive, che ancora non decolla e nel quale occorre aumentare il numero di crediti formativi per i futuri docenti delle scuole secondarie.

Occorrerebbe l’attuazione di un ruolo  a sé stante dei docenti per il sostegno che attende nell’art 14 della l.n. 104/92, , in modo da garantirne una scelta professionale definitiva, evitando l’attuale precarietà.

Occorrerebbe infine la realizzazione dell’organico funzionale di reti di scuole, in modo da garantire una seria continuità docente, la cui mancanza oggi disorienta gli alunni, specie quelli più fragili. Si potranno finalmente  vedere attuate queste importanti norme comprese quelle più recenti sui bes?

Gazzetta ufficiale – Serie Generale n. 287

Gazzetta Ufficiale

Serie Generale
n. 287 del 7-12-2013

Sommario

ATTI DEGLI ORGANI COSTITUZIONALI

SENATO DELLA REPUBBLICA

 


DELIBERA 4 dicembre 2013


Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con
particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro. (13A10044)

 

 

Pag. 1

 

 

DECRETI, DELIBERE E ORDINANZE MINISTERIALI

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

 


DECRETO 16 novembre 2013


Disciplina, ai sensi dell’articolo 62-quater, comma 4, del decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, del
regime della commercializzazione dei prodotti contenenti nicotina o
altre sostanze, idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati
nonche’ i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di
ricambio, che ne consentono il consumo. (13A10013)

 

 

Pag. 2

 

 

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

 


DECRETO 30 settembre 2013


Sostituzione del commissario liquidatore della «Duemila service
societa’ cooperativa», in Cerignola, in liquidazione coatta
amministrativa. (13A09784)

 

 

Pag. 6

 

 

 


DECRETO 28 ottobre 2013


Sostituzione del commissario liquidatore della «Luxury societa’
cooperativa», in Roma, in liquidazione coatta amministrativa.
(13A09783)

 

 

Pag. 6

 

 

 


DECRETO 8 novembre 2013


Sostituzione del commissario liquidatore del Consorzio agrario di
Benevento. (13A09782)

 

 

Pag. 7

 

 

 


DECRETO 18 novembre 2013


Autorizzazione al rilascio di certificazione CE alla societa’ ISET
SRL, in Moglia, ad operare in qualita’ di Organismo notificato per la
certificazione CE, in attuazione della direttiva 89/686/CEE, relativa
ai dispositivi di protezione individuale. (13A09805)

 

 

Pag. 8

 

 

ESTRATTI, SUNTI E COMUNICATI

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL TURISMO

 


COMUNICATO


Avviso relativo alla perimetrazione di una zona di interesse
archeologico, ricadente nel comune di Pozzilli. (13A09799)

 

 

Pag. 10

 

 

MINISTERO DELL’INTERNO

 


COMUNICATO


Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti
(13A09853)

 

 

Pag. 10

 

 

 


COMUNICATO


Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti
(13A09854)

 

 

Pag. 10

 

 

 


COMUNICATO


Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti
(13A09855)

 

 

Pag. 10

 

 

 


COMUNICATO


Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti
(13A09856)

 

 

Pag. 11

 

 

 


COMUNICATO


Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti
(13A09857)

 

 

Pag. 12

 

 

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

 


COMUNICATO


Approvazione della delibera n. 9/2012 adottata dal Comitato dei
delegati della Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei
geometri liberi professionisti, in data 29 novembre 2012. (13A09834)

 

 

Pag. 12

 

 

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI – COMITATO DI COORDINAMENTO PER L’ALTA SORVEGLIANZA GRANDI OPERE

 


COMUNICATO


Seconda edizione delle Linee-Guida per i controlli antimafia di cui
all’art. 3-quinquies del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135,
convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, inerente la
realizzazione delle opere e degli interventi connessi allo
svolgimento dell’EXPO Milano 2015. (Deliberazione 20 novembre 2013).
(13A09871)

 

 

Pag. 13

 

 

RETTIFICHE

 


ERRATA-CORRIGE


Comunicato relativo all’estratto della determinazione V & A/1745 del
28 ottobre 2013 dell’Agenzia italiana del farmaco, recante: «Modifica
dell’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per
uso umano “Trittico”.». (Estratto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
– serie generale – n. 268 del 15 novembre 2013). (13A10000)

 

 

Pag. 20