Carrozza incontra Parmitano

Carrozza incontra Parmitano: abbiamo bisogno di eroi positivi per i ragazzi

Il Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha incontrato oggi pomeriggio al Miur, nella sede di Viale Trastevere, il Maggiore Luca Parmitano, l’astronauta di Paternò che ha rappresentato l’Italia sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) da cui è tornato lo scorso 11 novembre dopo sei mesi nello spazio. Al centro dell’incontro, l’eccellenza della ricerca italiana nel settore aerospaziale e il racconto dei giorni nello spazio di Parmitano che, attraverso i social network, ha tenuto un dialogo costante anche con gli studenti italiani rispondendo alle loro curiosità. “Abbiamo bisogno di eroi positivi per i ragazzi per questo ringrazio Parmitano”, ha sottolineato il Ministro Carrozza, che ha ricordato come la missione del nostro astronauta “servirà per spiegare ai giovani a cosa serve la ricerca e come possono trovare motivazioni forti per studiare materie anche complesse come ingegneria. Bisogna motivare i ragazzi, ma anche le ragazze, ad abbracciare studi tecnico-scientifici che poi portano a grandi soddisfazioni”. Il XXI secolo “sarà il secolo dello spazio e del cervello. Sono le sfide della scienza dei prossimi anni e sono sfide strettamente legate fra loro – ha proseguito il ministro – Ci sono infinite possibilità legate alla presenza nello spazio e noi siamo considerati fra i paesi più forti anche a livello europeo nel settore spaziale”. Un dato confermato anche dal Maggiore Parmitano che, guardando alla sua carriera, ha ricordato di aver frequentato sempre “scuole pubbliche italiane: la mia famiglia è formata da docenti e conosco il valore della scuola italiana. Il capitale dei giovani – ha chiuso Parmitano – è il tempo. Investire il capitale quando si è giovani significa investire il proprio tempo nello studio”.

Separazione fra scuola e lavoro, uno stereotipo che va superato

da  Il Sole 24 Ore

Separazione fra scuola e lavoro, uno stereotipo che va superato

di Gianni Trovati

Quello della separazione netta tra il tempo della scuola e quello del lavoro è uno stereotipo da superare, perché il 48% dei ragazzi che si sono diplomati la scorsa estate ha svolto almeno un periodo di stage durante le superiori, e il 61% di loro ha avuto anche un’esperienza di lavoro vera e propria, ovviamente stagionale nella stragrande maggioranza dei casi.   Il problema vero è quello dell’orientamento, perché il 44% dei neo-diplomati si dice almeno in parte pentito delle scelte fatte e specifica che, se potesse tornare indietro, cambierebbero indirizzo o scuola (e spesso entrambi). Altri numeri preoccupanti arrivano quando si guarda al futuro immediato: meno di sei neo-diplomati su dieci puntano con sicurezza all’università, e il 16% dei ragazzi dichiara di non avere idea di che cosa fare, una preoccupante quota di «incerti» che sale al 25% negli istituti tecnici.   Sono questi i numeri chiave del nuovo rapporto AlmaDiploma, presentato ieri a Roma dal Consorzio AlmaLaurea che da anni ha esteso le proprie rilevazioni al mondo della scuola superiore, e abbraccia ormai poco meno di 50mila diplomati in 347 istituti da Nord a Sud. «Quello che un Paese avanzato non può permettersi – riflette Andrea Cammelli, presidente di AlmaLaurea – è lo spreco di risorse umane, in particolare dei giovani: solo il 30% dei 19enni si iscrive all’università: quante risorse potenziali sprecate».

Il deficit è prima di tutto nell’orientamento, la cui mancanza contribuisce a mantenere bloccato un ascensore sociale in un Paese che sembra perpetuare le condizioni di partenza della famiglia. I figli di laureati continuano a concentrarsi nei licei classici e scientifici, la loro presenza si affievolisce negli istituti tecnici e diventa minima nei professionali, mentre naturalmente la distribuzione dei figli di genitori senza titoli di studio elevati è speculare. Se il contesto famigliare ha questo peso nella scelta della scuola, si spiegano anche le percentuali elevate di diplomati “delusi” dall’esperienza fatta e “incerti” sul futuro prossimo. In media, il peso dei «pienamente soddisfatti», che rifarebbero lo stesso corso nella stessa scuola, si ferma al 55%, si rivela un po’ più alta negli istituti tecnici e nei licei classici (entrambi gli indirizzi sono al 60%) e scende al liceo linguistico (44%).   Tra le tendenze positive, e in parte innovative rispetto al passato, spicca l’apertura delle scuole a esperienze di stage, con un tasso medio del 48% che si mantiene alto in quasi tutti gli indirizzi con la sola eccezione del liceo classico (15%). L’estensione di questi collegamenti alla generalità degli studenti aiuterebbe sicuramente ad abbattere una delle barriere che complicano il passaggio dai banchi al lavoro.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

I NUMERI

48% –  Stage   Studenti che nel 2012 hanno svolto un periodo di stage durante le superiori

61%-   Lavoro   Percentuale di studenti delle superiori che ha avuto un’esperienza occupazionale

44% –   Orientamento   Neo-diplomati almeno in parte pentiti  delle scelte scolastiche

50% – Niente Università     Quasi uno su due dei diplomati non si iscrive all’Università

25% –  Incertezza   Uno studente su quattro degli Istituti tecnici non ha idea su cosa fare

Fonte: AlmaDiploma

«Nessuna resa dei conti sull’Invalsi»

da Corriere della Sera

La replica dei commissari

«Nessuna resa dei conti sull’Invalsi»

Dopo le accuse di Ichino sulla fine dell’era degli economisti soppiantati dai pedagogisti. De Mauro: «Non ne so nulla»

Valentina Santarpia

Non c’è nessun orientamento prestabilito per la nomina del nuovo presidente dell’Invalsi. I commissari incaricati dal ministro all’Istruzione Maria Chiara Carrozza, che  martedì 10 dicembre si riuniranno per iniziare i lavori per la scelta della rosa di candidati tra cui selezionare il successore di Paolo Sestito, rispediscono al mittente le accuse di Andrea Ichino e smentiscono qualsiasi illazione sulla futura nomina. Secondo Ichino, gli esperti scelti dal ministro sarebbero «persone che in maggioranza si sono espresse contro il recente operato dell’Invalsi» e che quindi sceglieranno  «un presidente che cambierà radicalmente la faccia dell’Invalsi e porrà fine alle misurazioni standardizzate introdotte negli anni recenti, per passare ad altre forme di valutazione delle scuole sulle quali fino ad ora si sono sentite solo idee molto vaghe e confuse». Sarebbe la fine, questa la tesi di Ichino, dell’epoca degli economisti di Bankitalia – da Cipolloni a Sestito – per entrare nell’era dei pedagogisti.

LA REPLICA DEL PRESIDENTE  – «Non so niente di queste beghe tra fazioni», sbottail presidente della commissione, l’ex ministro all’Istruzione Tullio De Mauro, oggi professore emerito nella facoltà di Scienze umanistiche all’università La Sapienza di Roma. «Mi hanno raccontato che Ichino ha attaccato violentemente i test Invalsi, ma il nostro compito non è quello di cambiarli: dobbiamo solo scegliere delle persone degne, esperte di didattica, di scuola e di rendimento e presentare una rosa al ministro». L’Invalsi allora va bene così com’è? «Bisognerebbe dargli più autonomia, dovrebbe essere davvero un organo terzo e non dipendere dal ministero. Ma questo non è compito nostro, andrebbe cambiata la legge. I test vanno bene, andrebbero articolati meglio, cosa che non sempre è stata fatta: ma anche questa è un’altra questione che non ci riguarda».

IL COMMISSARIO-PEDAGOGISTA  VERTECCHI – Ancora più duro Benedetto Vertecchi, professore di Pedagogia sperimentale presso l’università degli studi di Roma Tre, anche lui tra i membri della commissione: «Vorrei sapere Ichino dov’è andato a pescare le cose che ha scritto: dice che siamo tutti pedagogisti, ma in realtà De Mauro è un linguista, Clotilde Pontecorvo una professoressa di Psicologia, Cristina Lavinio una docente di didattica delle lingue moderne, Giorgio Israel è un matematico… l’unico pedagogista sono io, e sono pure sperimentale. La pedagogia è rappresentata al 10% nella commissione! Spero che Ichino sia più preciso quando parla degli argomenti di sua competenza, perché in questo caso ha fatto solo una frittura mista di luoghi comuni: glielo perdono solo perché non è il mestiere suo». Ma allora non c’è nessuna linea comune, in vista della stesura del bando con cui si sceglierà il nuovo presidente? Secondo Vertecchi, assolutamente no: «Conosco molto bene da anni tutti i membri della commissione, eppure non ci siamo ancora neanche sentiti per telefono: l’idea di una sorta di accordo tra noi è frutto di pura fantasia. Noi ci dovremo solo preoccupare che il nuovo presidente sia una persona competente e che abbia reale esperienza di ricerca valutativa, che abbia un’apertura ampia nei confronti dei sistemi educativi e uno sguardo di lungo periodo, e non solo sull’immediato. Non deve essere come un imprenditore – puntualizza Vertecchi nel delineare l’identikit del nuovo presidente Invalsi –che guarda solo ai risultati economici immediati, ma deve avere un’idea di cultura ampia e non precondizionata, che tenga conto delle diversità di cultura». Una visione poco economicista, quella di Vertecchi? «Guardi, io non voglio esprimere un orientamento – conclude il professore – Ma ammetto che la mia speranza è che ci sia un salto di qualità nella valutazione del sistema: quest’ossessione di parlare di competenze è una follia, perché non si può separarle dalle conoscenze. Vorrei che la scuola ritrovasse la sua autonomia e fosse in grado di esprimere una sua cultura, non quella che gli viene imposta dal mercato. E’ per questo che ho trovato vergognosi i dati Ocse-Pisa: il quadro teorico da cui partono è che i Paesi devono considerare l’educazione indipendentemente dalle proprie culture, e che ciò che conta è la rapidità con cui si perseguono obiettivi dell’economia globalizzata. E’ come chiedere a tante persone di tutto il mondo di preparare la stessa minestra: gli unici ingredienti in comune saranno l’acqua e il sale, tutto gli altri saranno diversi in base all’offerta del mercato locale. Nella valutazione la situazione non è dissimile: dobbiamo tener conto del poco che gli studenti hanno in comune e del molto per cui differiscono. L’Invalsi finora ha sfornato dati, dati, dati. Adesso è giunto il momento che faccia un passo in avanti, abbracciando anche una capacità interpretativa».

Ora la sfida della rottamazione

da ItaliaOggi

Ora la sfida della rottamazione

Alessandra Ricciardi

L’attesa adesso è per le prossime mosse. Per capire se e come il cambio della segreteria del Pd porterà a un cambio di passo e di direzione anche nell’agenda del governo sul fronte della scuola. Perché se sulle affermazioni l’istruzione è «valore primario per il paese» e «deve esserci più spazio per il merito» il consenso è unanime, da destra a sinistra, è sulle declinazioni dell’assunto che si gioca la sfida del rinnovamento.

O della rottamazione, per utilizzare il mantra che è divenuto il marchio vincente di Matteo Renzi. Il neo segretario del Pd ieri ha comunicato la nuova segreteria: è Davide Faraone il responsabile welfare e scuola. Palermitano, capogruppo del Pd al consiglio comunale nel 2009, deputato regionale, si occupa di ambiente, Faraone oggi è deputato nazionale, componente della commissione lavoro pubblico. «Ora si cambia», ha detto Renzi in conferenza stampa. La mozione presentata per queste primarie indica come priorità il rafforzamento del prestigio sociale dei docenti, in caduta libera, il loro coinvolgimento nei processi di riforma, perché oggi «gli insegnanti sono stati sostanzialmente messi ai margini, anche dal nostro partito», che pure, dice Renzi, raccoglie consensi nella categoria (circa il 43% degli insegnanti vota democratico), «si tratta di un errore strategico, abbiamo fatto le riforme della scuola sulla testa di chi vive la scuola… il Pd che noi vogliamo costruire cambierà verso alla scuola italiana, partendo dagli insegnanti, togliendo alibi a chi si sente lasciato ai margini». Renzi ha annunciato, a partire dal prossimo gennaio, una grande campagna di ascolto che coinvolga «i docenti, gli assessori alla scuola del Pd, i ragazzi …chiameremo il governo, il ministro, a confrontarsi sulle nostre proposte». Dei sindacati neanche l’ombra. Assenza che non stupisce viste le dichiarazioni rilasciate in campagna elettorale sul loro ruolo nei processi di riforma. Ieri l’invito: «Il sindacato deve cambiare con noi».

Ancora più indicativo il programma che era stato presentato per le primarie del 2012, quelle perse contro Pierluigi Bersani: valutazione degli istituti sul modello di quella britannica (che lega i finanziamenti al rendimento); incentivi ai dirigenti scolastici basati sulle performance delle strutture; revisione complessiva della selezione dei docenti «basata sulle competenze specifiche e sull’effettiva capacità di insegnare», valutazione dei prof e premi ai migliori, sulla scorta del progetto «Valorizza», già sperimentato nel corso del 2010-2011. Capitoli incandescenti, soprattutto in un assenza di nuove risorse, che delineano un sistema profondamente diverso dall’attuale.

E la reazione dei sindacati? «Bene la consultazione pubblica. Per cambiare la scuola», dice il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, «occorre un ampio consenso e un ampio dibattito da parte di tutti gli attori della scuola italiana». Le iniziative che mettono tra le priorità del paese l’istruzione e la formazione «sono le benvenute», afferma il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima, «bisogna passare poi dalle parole ai fatti, allora valuteremo». Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna: «Se le azioni sono coerenti con le intenzioni, gli daremo una mano. Gli insegnanti però non si accontentano di essere ascoltati. Chiedono decisioni e soluzioni concrete che riconoscano il lavoro fatto ogni giorno con impegno e passione. Renzi lo ricordasse a Enrico Letta, che ha bloccato i contratti e ha tolto 300 milioni di euro per le retribuzioni». Piena condivisione per la fase di ascolto dal segretario dello Snals-Confsal, Marco Paolo Nigi: «Restituiamo autorevolezza alla scuola e dignità alla professione docente». La scuola, ha aggiunto il coordinatore di Gilda, Rino Di Meglio, «ha bisogno di tranquillità e non di riforme continue. Abbiamo già avuto troppi ministri che hanno voluto lasciare il segno».

L’accusa: quei percorsi triennali sono troppo teorici

da ItaliaOggi

L’accusa: quei percorsi triennali sono troppo teorici

Emanuela Micucci

Strategico per l’Italia incrementare il successo formativo degli studenti dei percorsi triennali di istruzione e formazione professionale. Lo sottolinea il Censis approfondendo nel 47° Rapporto sulla condizione sociale del Paese 2013, presentato venerdì a Roma (www.censis.it), alcune derive del sistema educativo nazionale. Partendo dall’insufficiente scolarità degli italiani: il 21% con più di 15 anni oggi possiede al massimo la licenza elementare, concentrato tra gli anziani. Ma campanelli d’allarme suonano per il 2% di 15-19enni, l’1,5% di 20-24enni, il 4% di 25-29enni e il 7,7% di 30-59enni che non hanno mai conseguito un titolo di scuola media. “Un contributo determinante può e deve essere apportato dal circuito dell’istruzione degli adulti (IdA), in corso di revisione e aggiornamento ormai da troppo tempo come il Censis ha già sottolineato nel 2011”, spiega Giuseppe Roma, direttore del Censis. Avviata nel 2009, la riorganizzazione dei centri d’istruzione per gli adulti, compresi i corsi serali, ha avuto una forte accelerazione tra il 2012 e il 2013. Da questo anno scolastico partiranno le prime sperimentazioni per verificare il nuovo assetto organizzativo e l’incisività dell’azione educativa sui gruppi target che sarà focalizzata solo sull’acquisizione di titoli di studi scolastico e sull’alfabetizzazione linguistica degli stranieri. Occorre, propone il Censis, «una campagna più incisiva di reclutamento, maggiore capillarità e solidità dell’offerta per porre fine agli squilibri territoriali, rinnovare la proposta educativa dei centri IdA per assicurarne la frequenza e il successo formativo». Infatti, i tassi di abbandono sono elevati: il 24,4% nel 2011-12 con una punta massima del 31,5% proprio nei corsi del primo ciclo d’istruzione, seguiti dai corsi per immigrati al 25,2%. In questo contesto si inserisce il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFp) con la sua «disparità territoriale nell’offerta e nelle performance». I percorsi triennali di IePf sono scelti per l’espletamento dell’obbligo d’istruzione da 241.620 ragazzi nel 2011/12, con un ulteriore incremento nel 2012/13. Ma gli esiti dei percorsi IeFp finora attivati nelle istituzioni scolastiche sono inferiori a quelli registrati nelle istituzioni formative. I dati Isfol evidenziano che solo il 57,1% degli iscritti alle scuole nel 2008-09 hanno conseguito la qualifica tre anni dopo, mentre il valore sale all’87,5% per le istituzioni formative, e anche i tassi di abbandono sono più elevati nelle scuole. Da un’indagine Censis ancora in corso presso i dirigenti scolastici emerge che il 31,8% degli istituti professionali che hanno attivato i percorsi di IeFp segnalano una domanda debole e il 18,2% ritiene che percorsi scolastici e formativi debbano rimanere distinti. Sui bassi tassi di conseguimento della qualifica il 29,9% dei presidi afferma che molti ragazzi hanno deciso di proseguire nel percorso quinquennale fino al diploma. Ma il 26,2% chiama in causa percorsi triennali realizzati nella scuole come troppo teorici, impegnativi, pesanti. E il 24,4% dichiara che molti studenti sono passati a frequentare i corsi erogati dalla formazione professionale. Tra gli aspetti da migliorare il 74,4% indica i servizi di accompagnamento e supporto per gli studenti. Le strategie più diffuse intraprese dagli istituti professionali per incrementare il successo formativo riguardano il raccordo tra studio e lavoro, in primo luogo con stage (74,3%), alternanza scuola-lavoro (72,9%). Il 72,2% punta alla didattica laboratoriale, seguita dal raccordo tra competenze di base e professionalizzanti (64,6%). Solo il 27,1% indica la personalizzazione degli apprendimenti.

Matematica, contano le persone

da ItaliaOggi

Matematica, contano le persone

Performance migliori grazie all’impegno dei docenti

Giovanni Scancarello

Ocse Pisa 2012, nonostante al verde, dietro al recupero italiano c’è un mezzo miracolo compiuto tutto da persone: docenti e studenti. Restiamo ancora sotto la media Ocse delle competenze in matematica. Ciò soprattutto a causa delle differenze territoriali, per altro peculiari di un Paese cerniera in Europa come il nostro.

Ma nonostante le condizioni più avverse, il recupero degli studenti italiani in matematica è stato il più rapido al mondo dal 2003. Ben 20 punti recuperati in classifica in 9 anni. La scuola italiana è annoverata dall’Ocse fra quelle che sono state più capaci di far esprimere meglio i livelli di eccellenza nella formazione matematica delle nuove generazioni.

Gli studenti rialzano le quotazioni (economiche)

Nell’edizione 2012 l’Ocse è tornata a concentrarsi sulle competenze di matematica dei 15enni di 34 Paesi. Tra il 2003 e il 2012 solo l’Italia, insieme a Portogallo e Polonia, hanno incrementato la popolazione degli studenti top performer, quelli che fanno segnare punteggi uguali o superiori al livello 5 di competenza, e ridotto quella dei low performer, al di sotto del livello 2 di competenza. L’Italia viene formalmente annoverata dall’Ocse tra i sistemi scolastici in grado di esprimere livelli di eccellenza nonostante non riesca a stare sopra la media Ocse di competenza in matematica. Tra il 2003 e il 2012 la percentuale di studenti che si colloca nella fascia inferiore del punteggio è diminuita di 7 punti percentuali e quella degli studenti che si colloca nella fascia superiore del punteggio invece è aumentata di 2,9 punti. Quest’ultimo dato, per altro, sottolinea l’Ocse, ha una specifica rilevanza sul piano economico.

In alcune zone siamo in vetta in Europa

Questo, sostengono dall’Ose, nonostante l’Italia resti ancora ampiamente sotto media, con 485 punti fatti segnare ai test Pisa 2012 contro una media Ocse di 494. In Italia gli studenti quindicenni ottengono in media un risultato comparabile a quello di Russia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Spagna e Stati Uniti. Senza contare che non sono poche le regioni che si piazzano già sopra la media Ocse come Lombardia, l’autonomia di Bolzano, Piemonte, Marche, Toscana, o quelle, come Trento (a 524 punti), Friuli e Veneto (523) che si collocano addirittura sopra a due giganti dell’educazione come Finlandia (519) e Canada (518).

Andiamo bene nell’interpretazione

Dov’è che in Italia gli studenti ottengono risultati più bassi alle prove dell’Ocse Pisa è nella richiesta di formulare situazioni in modo matematico. Ma ci siamo quando si tratta di interpretare, applicare e valutare risultati matematici. Gli studenti in Italia ottengono, in media, 498 punti negli esercizi che misurano la capacità di interpretare, applicare e valutare risultati matematici, dato in linea con la media Ocse, mentre arrivano solo a 475 punti negli esercizi che misurano la capacità di formulare situazioni in modo matematico, punteggio ben inferiore alla media Ocse. Pesa forse su questo un’impostazione più teorica dell’apprendimento del nostro sistema scolastico. In ogni caso le quotazioni degli studenti italiani risalgono anche in scienze.

Record di impoverimento finanziario dell’istruzione

Come ci sia riusciti sarà motivo di studio. Di sicuro non per merito degli investimenti. Tra il 2001 e il 2010 la spesa per studente è cresciuta nella maggior parte dei Paesi Ocse ma in Italia è diminuita dell’8%.

Siamo annoverati tra i Paesi del miracolo matematico ma anche tra quelli del depauperamento maggiore, insieme a Islanda e Messico. Quanto basta per toglierci il cappello anche davanti ai nostri docenti di matematica.

Nella squadra di Renzi, Davide Faraone al welfare e scuola

da Tecnica della Scuola

Nella squadra di Renzi,  Davide Faraone al welfare e scuola
di P.A.
La nuova segreteria del Pd sarà composta da sette donne e cinque uomini. E’ quanto annuncia in conferenza stampa il neosegretario del Partito democratico, Matteo Renzi. Davide Faraone si occuperà di scuola
”Ho chiesto una mano a 12 persone che faranno parte della segreteria: 5 uomini e 7 donne, le pari opportunità non vanno bene, dunque mettiamo una donna in più”: così Matteo Renzi. ”L’età media della segreteria del Pd è intorno ai 35 anni. Ieri i cittadini hanno detto che è venuto il momento di fare sul serio”. Nel corso della conferenza stampa nella sede del Partito Democratico, il neo-segretario Matteo Renzi ha annunciato la composizione della nuova segreteria del partito. Di seguito la ”squadra” del sindaco di Firenze: Luca Lotti (responsabile organizzazione), Stefano Bonaccini (enti locali), Filippo Taddei (economia), Davide Faraone (welfare e scuola), Francesco Nicodemo (comunicazione), Maria Elena Boschi (riforme istituzionali), Marianna Madia (lavoro), Federica Mogherini (Europa e affari internazionali), Debora Serracchiani (infrastrutture), Chiara Braga (ambiente), Pina Picierno (legalita’ e Sud), Allessia Morani (giustizia). Lorenzo Guerini sara’ il portavoce della segreteria. Davide Faraone è il parlamentare di Palermo che si occuperà di welfare e scuola insieme a Luca Lotti.  Ieri, proprio Faraone, aveva occupato in segno di protesta un seggio elettorale allestito nella sede del circolo Pd di Enna, in cui ha sede anche la segreteria politica del parlamentare siciliano Vladimiro Crisafulli, fortemente osteggiato dai renziani per i suoi rapporti poco trasparenti con esponenti della malavita locale. Rapporti che non lo hanno comunque mai visto condannare Ma chi è Davide Faraone? Un suo profilo lo pubblica Vita.it Palermitano, classe 1975, una lunga carriera politica iniziata come segretario cittadino dei Democratici di Sinistra. Faraone è nato a Palermo il 19 luglio del 1975. Sposato, è padre di una bimba di nove anni, a cui un’ora fa ha dedicato, in un tweet, il suo nuovo incarico Il suo nome, nel mondo dell’informazione sulla disabilità, era rimbalzato da un sito all’altro la scorsa estate: Faraone infatti aveva alzato gli scudi contro la «scuola materna speciale» per bambini autistici deliberata dal Consiglio comunale di Palermo. L’amministrazione comunale aveva poi specificato che non era in atto alcuna creazione di una scuola “riservata” a bambini autistici, ma di avviare invece «una scuola materna di sua proprietà ad orientamento cognitivo-comportamentale, con personale specializzato in tecniche validate a livello mondiale (Aba, Teacch, Pecs)», non riservata ai bambini autistici ma molto specializzata sui trattamenti ad essi utili. A settembre poi Faraone aveva stigmatizzato anche l’episodio avvenuto scuola elementare di Mugnano, vicino a Napoli, da cui alcuni genitori avevano chiesto per i figli uno spostamento, per la presenza in classe di un compagno autistico. E Faraone aveva detto: «È un campanello di allarme per tutti, soprattutto per chi fa politica, che ha il dovere di garantire il diritto allo studio e l’integrazione e inclusione dei bambini autistici. L’episodio della scuola di Mugnano rischia di diffondere allarmismi e cattive pratiche: non vorrei che divenisse la scusante o l’anticamera delle classi ghetto per i bambini portatori di handicap, e lo dico da papà». La scelta di Davide Faraone pare essere dunque una buona decisione, vista la sensibilità su una materia tanto delicata come l’autismo e per i problemi delle persone diversamente abili. La sua carriera politica inizia il 13 aprile del 2008, quando viene eletto deputato regionale nelle file del Partito Democratico, nel collegio di Palermo. A Palazzo dei Normanni è nominato membro della quarta commissione parlamentare Ambiente e territorio, primo firmatario di ben 24 disegni di legge, 54 interrogazioni, 7 interpellanze, 4 mozioni, 7 ordini del giorno. È cofirmatario di 58 disegni di legge, 33 mozioni e 65 ordini del giorno. Quindi tra i più attivi deputati all’Ars. Ha portato avanti in prima persona battaglie politiche importanti, tra le quali: la riduzione da 90 a 50 deputati regionali all’Ars; l’abolizione del privilegio riservato al solo personale dell’Amministrazione regionale di andare in pensione grazie a benefici della legge 104; lo svincolo di ipoteche che gravano sui beni confiscati alla mafia e per l’istituzione del reddito minimo garantito; l’istituzione, in ogni comune siciliano, della consulta dei cittadini migranti. Alle elezioni politiche del 2013 è stato eletto deputato alla Camera per il Partito Democratico.

Il docente Rsa può essere trasferito d’ufficio dalla sua sede di titolarità?

da Tecnica della Scuola

Il docente Rsa può essere trasferito d’ufficio dalla sua sede di titolarità?
di Lucio Ficara
Il docente che ha responsabilità sindacali all’interno di una scuola e quindi svolge regolarmente le sue funzioni di rappresentanza sindacale non può essere dichiarato soprannumerario e di conseguenza trasferito d’ufficio.
Infatti, secondo un chiarissimo dispositivo del tribunale di Cassino, emesso il 2 dicembre scorso dal giudice del lavoro, Amalia Savignano, promossa da un’azione legale della FGU-Gilda Frosinone, viene riaffermato il diritto all’inamovibilità del dirigente sindacale che è docente in una scuola, senza che ci sia il nulla osta dell’associazione sindacale di appartenenza.
In sostanza in questa sentenza del tribunale di Cassino, si sostiene che un docente che svolge il ruolo di Rsa nella stessa scuola di titolarità, non può essere dichiarato soprannumerario e conseguentemente trasferito d’ufficio, senza che ci sia l’eventuale via libera del sindacato che lo ha delegato alla rappresentanza sindacale per quello stesso Istituto.
La condotta del dirigente scolastico che lo ha individuato soprannumerario e dell’Amministrazione tutta che ha gestito il trasferimento d’ufficio del docente Rsa, è ritenuta dalla sentenza del giudice del lavoro di Cassino antisindacale. Per cui lo stesso giudice ordina, con tale sentenza, l’immediata cessazione della predetta condotta, mediante la revoca dei provvedimenti di mobilità e la riassegnazione del docente al ruolo di precedente titolarità. Inoltre la sentenza si chiude con la condanna all’Amministrazione di rifondere alla controparte le spese di lite, che ammontano a 3300,00 euro, oltre l’Iva e il Cpa.
Una sentenza che riguarda il caso particolare di una Rsa e non nello specifico di una Rsu. Tale sentenza potrebbe interessare un’eventuale modifica del Ccni sulla mobilità, nella parte in cui si parla dei docenti che hanno diritto all’esclusione dalla graduatoria d’Istituto. Ricordiamo infatti che il Ccni sulla mobilità riferito all’a.s. 2013/2014, ribadiva che vengono esclusi dalla graduatoria di istituto per l’individuazione di eventuali perdenti posto i soli docenti di cui al Titolo I, art. 7 punti I, III, V, e VII.
Quindi tra le categorie che vengono escluse dalle graduatorie d’Istituto per individuare i perdenti posto, ci sono il personale scolastico docente ed educativo non vedente (art. 3 della legge 28 marzo 1991 n. 120); il personale emodializzato (art. 61 della legge n. 270/1982); il personale con disabilità ai sensi dell’art. 21 e dell’art. 33 comma 6 della legge n. 104/1992 e che pur non essendo disabile ha bisogno di particolari cure continuative; il personale che assiste il coniuge o il figlio disabile ovvero il personale che assiste, in qualità di figlio referente unico, il genitore con disabilità, in base all’art. 33 commi 5 e 7 della legge n. 104/1992; infine il personale che ricopre cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali.
Nel Ccni sulla mobilità non c’è scritto che i dirigenti sindacali delegati alla rappresentanza sindacale nella stessa scuola dove sono titolari, devono essere esclusi dalle graduatorie interne per i perdenti posto. Dopo la sentenza del giudice del lavoro di Cassino , che abbiamo appena esposto, bisognerebbe inserire nel punto VII dell’art. 7 del Ccni sulla mobilità, il caso specifico delle Rsa che non possono essere trasferite d’ufficio in mancanza del nulla osta del sindacato d’appartenenza.

La scuola è il primo punto di questo Governo: solo così si compete nell’Ue

da Tecnica della Scuola

La scuola è il primo punto di questo Governo: solo così si compete nell’Ue
di A.G.
Il sottosegretario Gian Luca Galletti: se il nostro paese avrà un futuro servono più competenze. Puntiamo molto dunque sull’orientamento e sull’alternanza scuola-lavoro, anche all’estero. I diplomi conseguiti fuori Italia? Devono valere come gli altri.
La competizione in Europa passa anche per la scuola di qualità. A sostenerlo è stato, il 9 dicembre, il sottosegretario all’Istruzione, Gian Luca Galletti, durante un incontro con gli studenti nella sala polifunzionale di palazzo Chigi per parlare dell’anno europeo dei cittadini.
Per essere competitivi in Europa, ha detto Galletti, ”bisogna che le competenze degli studenti italiani siano elevate. Dobbiamo lavorare sulle conoscenze e sulle competenze dei nostri ragazzi”. Per poi aggiungere che ”il primo punto di questo governo è la scuola. Se il nostro paese avrà un futuro è attraverso l’elevazione delle competenze. Puntiamo molto dunque sull’orientamento e sull’alternanza scuola-lavoro, anche all’estero, per essere ancora più competitivi”.
Insomma, le intenzioni sono buone. Quello che è mancato al Governo Letta, almeno sino ad oggi, sono stati i soldi per finanziarle.
Galletti si è anche soffermato sui diplomi acquisiti fuori l’Italia. La scuola, ha aggiunto il sottosegretario, ”deve svolgere un ruolo fondamentale per l’integrazione europea: far capire che l’Europa unita può dare opportunità”. Galletti è infine intervenuto sul riconoscimento dei titoli di studio all’estero: ”Stiamo facendo passi in avanti sia per la scuola che per l’università. È fondamentale per l’integrazione vera”.

Nuova opzione “Tecnologie del legno” per gli Istituti tecnici

da Tecnica della Scuola

Nuova opzione “Tecnologie del legno” per gli Istituti tecnici
di A.T.
Con il decreto interministeriale del 7 ottobre 2013 è stata istituita una ulteriore opzione nell’ambito dei percorsi degli istituti tecnici. Il nuovo percorso sarà attivato a partire dal prossimo anno scolastico.
Il Ministero dell’istruzione rende noto che è stato registrato alla Corte dei Conti il 13 novembre scorso il decreto interministeriale Miur/Mef del 7 ottobre 2013, relativo all’integrazione dell’elenco nazionale delle articolazioni delle aree di indirizzo degli istituti tecnici con l’opzione “Tecnologie del legno” nell’indirizzo “Meccanica, meccatronica ed energia”, articolazione “Meccanica e meccatronica”.
Ricordiamo che il D.P.R. n. 88 del 15 marzo 2010 (Regolamento di riordino degli istituti tecnici) prevede la definizione degli ambiti, dei criteri e delle modalità per l’ulteriore articolazione delle aree di indirizzo in opzioni incluse in un apposito elenco nazionale.
Il “repertorio nazionale” per il triennio degli istituti tecnici (per la costruzione del piano orario delle opzioni si utilizzano gli spazi di flessibilità, secondo quanto riportato nella Direttiva n. 69 del 1° agosto 2012 – Linee guida per i percorsi degli istituti tecnici: 30% nel secondo biennio e 35% nel quinto anno, previsti dal suddetto D.P.R. n. 88/2010) è stato istituito con il D.I. 24 aprile 2012 prevedendo dieci opzioni più la specializzazione (VI anno) di Enotecnico nell’ambito dell’indirizzo “Agraria, agroalimentare e agroindustria”, articolazione “Viticoltura ed enologia”.

Assenze di un giorno: il Ds non ha solo la responsabilità di assicurare la vigilanza

da Tecnica della Scuola

Assenze di un giorno: il Ds non ha solo la responsabilità di assicurare la vigilanza
di Aldo Domenico Ficara
In una scheda di dettaglio della Uil-Scuola si scrive: “Ogni anno a settembre, con la ripresa dell’anno scolastico, si ripresenta puntualmente il problema delle cattive prassi dello “sdoppiamento” delle classi o, peggio ancora, delle classi scoperte nel caso di assenza dell’insegnante.
Questa è una cattiva abitudine di alcuni dirigenti scolastici ed è una procedura del tutto illegittima che ne può determinare la responsabilità diretta. Il Dirigente scolastico non può limitarsi ad assicurare la semplice vigilanza ma è tenuto a garantire la formazione e la continuità didattica dei ragazzi quali elementi prioritari insiti nei compiti istituzionali della scuola dell’autonomia. Questi concetti sono stati ribaditi dal Miur negli anni con specifiche note“.  A tal proposito si ricorda che può capitare, e spesso nelle nostre scuole capita, che per assenze di un giorno o di breve periodo, non ci siano supplenti disponibili. In questo caso, di natura straordinaria, il Ds ha la responsabilità di assicurare comunque la vigilanza, infatti lo stesso si assume la responsabilità, motivata, di un provvedimento che di fatto interrompe la continuità didattica individuando le modalità organizzative meno rischiose per tale evento eccezionale. Queste modalità organizzative di sostituzione del docente assente non dovrebbero ridurre l’autonomia didattica, in quanto rimane comunque la possibilità di un progetto educativo deliberato dal collegio dei docenti e assunto nel Pof, che utilizzi la flessibilità organizzativa e didattica assicurando l’offerta formativa agli studenti delle “classi rimaste scoperte”.  Limitatamente alla scuola secondaria in un contributo della FLC CGIL si evidenzia che la finanziaria 2002 (L. 448/2001 art. 22 comma 6) ha previsto la possibilità (non l’obbligo) di utilizzare personale interno, in coerenza con il Pof, per assenze fino a 15 giorni. Di conseguenza si chiamano subito i supplenti a partire dal 1° giorno tutte le volte che l’assenza del titolare supera i 15 giorni anche a seguito di più certificati o richieste. Al contrario quando l’assenza è inferiore a 15 giorni prima di chiamare il supplente va valutata la possibilità di utilizzare il personale interno a disposizione o che si è reso disponibile.  Per docenti a disposizione si intendono coloro che devono completare l’orario di cattedra, o che, per situazioni particolari, siano senza classe (viaggi, stage, ecc.) oppure siano rientrati dopo il 30 aprile a disposizione della scuola. Per docenti che si sono resi disponibili si intendono coloro che hanno dato la disponibilità ad effettuare sostituzioni in aggiunta al proprio orario d’obbligo per massimo 6 ore settimanali.

Snals-Confsal, Tar Lazio annulla la riduzione dell’orario

da Tecnica della Scuola

Snals-Confsal, Tar Lazio annulla la riduzione dell’orario
Il Tar Lazio dice no alla riduzione dell’orario scolastico negli istituti tecnici e professionali. Con sentenza numero 3527/2013 (presidente Evasio Speranza, estensore Pierina Biancofiore) il Tar ha accolto il ricorso dello SNALS-Confsal, annullando i provvedimenti che riducevano l’orario complessivo annuale delle classi seconde, terze e quarte degli istituti tecnici e professionali
Infatti, nel 2010 il Ministero dell’istruzione aveva ridotto l’orario delle materie del corso di studi di questi istituti. Lo Snals si era opposto proponendo ricorso al Tar. La sentenza comporta il ripristino delle ore di insegnamento e delle cattedre. In altre parole, si avranno nuovi posti di lavoro per gli insegnanti.  Commenta con soddisfazione il segretario generale Marco Paolo Nigi: ”L’impegno del sindacato, costretto a ricorrere allo strumento giudiziario per la tutela degli interessi degli insegnanti, e’ stato premiato. E questo e’ avvenuto in un momento in cui la tenuta dell’occupazione e’ il nostro obiettivo primario.  Tra l’altro – prosegue Nigi – la sentenza assicura la serieta’ degli studi, dal momento che la riduzione di orario aveva inciso proprio sulle materie professionalizzanti, determinando una violazione dei livelli minimi delle prestazioni didattiche”. Lo SNALS-Confsal auspica che il ministro rispetti la decisione del Tar. In caso contrario, il sindacato continuera’ a portare avanti le proprie iniziative a tutela degli insegnanti, degli studenti e delle loro famiglie

Sindacati: bene Renzi, ora i fatti

da tuttoscuola.com

Sindacati: bene Renzi, ora i fatti

C’è una larga concordanza tra i sindacati di categoria della scuola nel commentare positivamente l’impegno del neo segretario del Pd Matteo Renzi che nel suo intervento ha dato spazio all’educazione e alla cultura, annunciando ‘‘una grande iniziativa per la scuola” e l’intenzione di ascoltare ”gli insegnanti che fino ad oggi si sono visti arrivare le riforme sulla testa senza poter dire niente”.

Tutte le iniziative politiche che servono a mettere tra le priorità del Paese il ruolo della scuola, dell’istruzione e della formazione, sono le benvenute – afferma all’Adnkronos il segretario generale della Cisl Scuola, Francesco Scrima – Considerare la scuola come strumento indispensabile per la crescita e per il futuro dei giovani e del Paese trova la condivisione della mia organizzazione. Bisogna passare poi – evidenzia Scrima – dalle parole ai fatti. Bisogna essere coerenti e conseguenti con gli annunci”.

Analogo il commento del segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna che mette comunque in guardia Renzi sulla difficoltà del compito. ”Dare importanza e centralità alla scuola nell’azione politica – afferma – è un impegno difficilissimo. Se le azioni sono coerenti con le intenzioni, gli daremo una mano. Gli insegnanti – sottolinea Di Menna – hanno bisogno di non avere più riforme calate dell’alto, come ha detto Renzi, ma non si accontentano di essere ascoltati. Chiedono decisioni e soluzioni concrete che riconoscano il lavoro, l’impegno e la passione con cui lo svolgono. Se lo ricordasse a Letta, che ha bloccato i contratti e ha tolto 300 mln di euro previsti dalle retribuzioni – conclude – sarebbe buona cosa”.

Piena condivisione e soddisfazione è stata espressa anche dal segretario generale dello Snals, Marco Paolo Nigi che sottolinea come la posizione di Renzi ”ricalchi” le tesi più volte espresse dal suo sindacato. ”Serietà degli studi, restituzione dell’autorevolezza alla scuola e di conseguenza della dignità alla professione docente – evidenzia – sono tesi che lo Snals ha espresso più volte’‘.

Anche il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, esprime apprezzamento sottolineando che la scuola, “come ha detto Renzi, ha bisogno di tranquillità e non di riforme continue. Abbimo già avuto troppi ministri che volevano lasciare il loro nome nella storia e ci hanno bombardato con le cosiddette riforme degli ultimi decenni. Saremmo contenti – conclude – che qualcuno, non dico facesse quello che dicono gli insegnanti, ma che almeno ascoltasse chi la scuola la vive ogni giorno”.

Era ora. Per cambiare la scuola – sottolinea, infine, il segretario generale della Flc Cgil, Mimmo Pantaleo – occorre un ampio consenso e un ampio dibattito pubblico da parte di tutti gli attori della scuola italiana. Ben venga, quindi – conclude – il confronto a tutto campo con i docenti, con l’ambizione di poter mettere in campo un programma ambizioso a partire dalla necessità di riprendere a investire”.

Renzi: bisogna ridare autorevolezza sociale agli insegnanti

da tuttoscuola.com

Una dichiarazione a caldo del neosegretario Pd

Renzi: bisogna ridare autorevolezza sociale agli insegnanti

Abbiamo perso l’autorevolezza sociale del ruolo dell’insegnante, la riconquisteremo centimetro per centimetro“. E’ l’impegno di Matteo Renzi, che spiega: “E’ l’educazione il punto da cui ripartire“.

Una dichiarazione promettente e impegnativa del nuovo segretario del Pd, appena eletto, che sembra in linea con quanto emerge dalle indagini comparative internazionali: ciò che fa la differenza tra i diversi sistemi educativi, e che consente ad alcuni di occupare i primi posti nelle classifiche riguadanti i livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti, non è di per sè la quantità delle risorse finanziarie impegnate nè il numero di alunni per classe, ma la qualità degli insegnanti, il prestigio sociale della loro figura, il rispetto degli alunni e soprattutto delle famiglie per il loro ruolo, la formazione continua, la forte motivazione etico-professionale. Tutti fattori riconducibili più alla dimensione culturale che a quella economica e organizzativa, ma proprio per questo di più lenta e complessa maturazione.

A Matteo Renzi non resta che fare sinceri auguri di successo per un’impresa, come quella di restituire autorevolezza e riconoscimento sociale agli insegnanti, che si annuncia difficile e di non breve periodo.

Galletti: Necessarie competenze elevate degli studenti italiani

da tuttoscuola.com

Galletti: Necessarie competenze elevate degli studenti italiani

Per essere competitivi in Europa “bisogna che le competenze degli  studenti italiani siano elevate. Dobbiamo lavorare sulle conoscenze e  sulle competenze dei nostri ragazzi“. Lo ha detto il sottosegretario  all’Istruzione, Gian Luca Galletti, durante un incontro con gli studenti  nella sala polifunzionale di palazzo Chigi, on occasione dell’evento  conclusivo dell’Anno Europeo dei cittadini 2013.

Il primo punto di questo governo – ha sottolineato Galletti – è la  scuola. Se il nostro paese avrà un futuro è attraverso l’elevazione  delle competenze. Puntiamo molto dunque sull’orientamento e  sull’alternanza scuola-lavoro, anche all’estero, per essere ancora più  competitivi”. La scuola, ha aggiunto il sottosegretario, “deve svolgere  un ruolo fondamentale per l’integrazione europea: far capire che  l’Europa unita può dare opportunità”.

Galletti è infine intervenuto sul riconoscimento dei titoli di studio  all’estero: “Stiamo facendo passi in avanti sia per la scuola che per  l’università. E’ fondamentale per l’integrazione vera”.