Sentenza d’appello nel processo per il crollo del controsoffitto di un’aula al liceo Darwin

Sentenza d’appello nel processo per il crollo del controsoffitto di un’aula  al liceo Darwin il 22 novembre 2008 –Lettera aperta al Ministro Maria Chiara Carrozza-

 

L’Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici (ANDIS) del Piemonte ha provato sconcerto alla lettura delle pene inflitte con la sentenza d’appello per il processo che doveva individuare gli eventuali responsabili per il crollo del controsoffitto sulla classe IV G, a.s. 2008/2009, del liceo Darwin di Rivoli.

Accadde, il terribile e tragico evento, improvvisamente, alla fine del primo intervallo, alle h.10,15, quando  in classe erano presenti diciassette studenti, durante un sabato mattina in cui la scuola aveva organizzato uno dei suoi open day e un vento fortissimo stava sferzando le città e i paesi all’imbocco della Val di Susa e tra essi, appunto, Rivoli. L’edificio che ospitava, e ospita, il Liceo Scientifico Charles Darwin e l’Istituto di Istruzione Superiore Oscar Romero, è una imponente e solida costruzione la cui prima pietra fu posta, per volontà del cardinal Maurilio Fossati, a metà degli Anni Trenta del secolo scorso per costruire un importante Seminario Vescovile che entrò in funzione al termine degli Anni Quaranta e ospitò fino al 1973  un buon numero di seminaristi tra i quali  non pochi presero i voti sacerdotali. Ancora oggi, tra gli abitanti del territorio circostante, tale edificio è conosciuto come Il Seminario.

Sulla collina morenica di Rivoli, il Seminario compete in imponenza con il Castello, attuale Museo di Arte Contemporanea. Costruzioni, alla vista, solide, forti, sicure, fatte per durare nei secoli.

 

Gli anni Sessanta e Settanta hanno visto, come conseguenza dello sviluppo economico -il boom- e del recente assetto democratico, l’innalzamento dell’obbligo scolastico e imponenti flussi migratori dal  Sud verso le grandi città industrializzate del Nord del Paese.  Comuni e Province si sono trovati a dover  improvvisamente rispondere all’impellente bisogno di scuole di ogni ordine e grado. La ricerca di soluzioni di veloce realizzazione era pressante: non bastò costruire nuove scuole in muratura, si dovette ricorrere a prefabbricati leggeri e pesanti, a volte ad alloggi trasformati in aule scolastiche -che in alcune realtà nazionali sono ancora operanti- e alla ricerca di edifici con altra destinazione d’uso. A Rivoli, ridente cittadina nell’area metropolitana di Torino,  l’occhio cadde sul Seminario che si era nel frattempo svuotato per l’emorragia di vocazioni; aveva  una cubatura davvero importante e una struttura solida -così almeno appariva ed appare- ed era immerso in un parco invidiabile. La cittadinanza  chiedeva  una Scuola Superiore e parve di reciproca convenienza, si presume, per la Curia e per la Provincia, operare il passaggio di proprietà e trasformare il Seminario in Scuola. Anzi, in Due Scuole: un liceo ed un istituto tecnico e professionale che vennero intitolati allo scienziato Charles Darwin l’uno e a monsignor Oscar Romero l’altro.

Furono necessari interventi di un certo rilievo per aprire aule laddove c’erano stanze per i seminaristi, predisporre uffici, palestre e spazi adatti  all’essere scuola. Interventi spesso parziali, che si susseguirono negli anni, secondo una visione progettuale in capo all’Ente Proprietario. La percezione era di interventi “a spizzichi e bocconi”, come risposta all’emergenza e mai come progetto complessivo in vista di una stabilità di lungo periodo. A dir il vero un bisogno di lungo periodo cui rispondere fu preso in considerazione, non solo per l’ex Seminario, ma in modo generalizzato per gli edifici con alti soffitti, in genere edifici storici: quello del risparmio sul riscaldamento. Fu così che si diffuse a macchia d’olio e divenne consuetudine abbassare i soffitti per diminuire la cubatura da riscaldare, nelle scuole dell’ex Seminario e in moltissime altre e, pessima ma altrettanto diffusa abitudine, depositare e nascondere le macerie sui controsoffitti per evitare le spese di smaltimento.

Non ci è dato conoscere i parametri utilizzati per prendere quelle -ed altre- decisioni operative, né se il rapporto tra spesa per costruire in modo diffuso controsoffitti e risparmio energetico produsse un risparmio reale e, se sì, in quanti anni. Sappiamo invece che, proprio in alcuni comuni della provincia di Torino, pochi anni fa, nel corso di un inverno particolarmente freddo, durante le vacanze natalizie fu spento il riscaldamento nelle scuole e scoppiarono i tubi a causa dell’acqua che vi ghiacciò dentro. Ci fu risparmio o maggiore spesa? Se ci fu maggiore spesa in quanti anni venne ammortizzata? Così come non ci è dato sapere se chi ci ha amministrato e governato nell’ultimo cinquantennio si sia mai posto il problema; se i decisori della spesa pubblica, dal cuore dello Stato fino agli Enti Locali,  abbiano mai considerato i fabbisogni reali e le priorità in una prospettiva di lungo periodo ed in un’ottica di sistema, considerando anche il contesto (i riscaldamenti spenti durante l’inverno e i tetti piatti costruiti al Nord sono emblematici), così come farebbe un “buon padre di famiglia”, secondo buon senso ed esperienza. Non lo sappiamo per i decenni di vacche grasse, quando il PIL era in crescita ed erano possibili sprechi e cattiva gestione, a maggior ragione non lo sappiamo oggi quando la risposta ai bisogni legittimi e legittimati delle scuole è diventato un mantra: “non ci sono soldi”. Già, per le scuole “non ci sono soldi”, come se le scuole fossero un aspetto marginale e fastidioso, un buco nero possibilmente da evitare per non esservi risucchiati, e non il luogo dove si produce e riproduce -e si dovrebbe ampliare- il Patrimonio di Conoscenza di una Nazione. Si produce e riproduce il capitale umano, il fondamento dell’economia, nelle scuole e nelle università. Si educano e formano le generazioni, nelle scuole. Passano, dalla Scuola, tutti i bambini e ragazzi per almeno dieci anni della loro vita, e molti, moltissimi, per sedici anni, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado. Insieme ai propri figli ci passano anche i genitori, i nonni, gli zii, le tate, i vicini di casa. La Scuola è il nostro patrimonio, la nostra storia, il nostro domani. La Scuola è ben oltre e ben più di un edificio. E’ organizzazione di un servizio vasto e complesso, rapporto con i soggetti del territorio e con le famiglie, formazione del personale, procedure e procedimenti per forniture, gestione  e valorizzazione delle risorse, di tutte le risorse, attenzione al miglioramento degli apprendimenti, personalizzazione degli apprendimenti per chi ne ha necessità e tanto, tanto altro ancora.

Invece, negli ultimi anni, il problema degli edifici, del loro funzionamento e funzionalità  è diventato sempre più pressante, ci ha avviluppati in modo soffocante con una ricaduta abnorme in termini di impegno, tempo e responsabilità, sul nostro lavoro, la nostra professione e sulla nostra vita. Noi, che ci riteniamo dirigenti a predominante connotazione formativa -non per nulla per accedere al ruolo è conditio sine qua non aver insegnato per un congruo numero di anni- siamo stati individuati come controllori, impauriti perchè non competenti, di strutture ed impianti.  Il dirigente scolastico sta dedicando parte sempre maggiore del suo prezioso tempo per tentare -sì, proprio tentare- di mappare e segnalare all’Ente Proprietario le magagne degli edifici, chiedere interventi che regolarmente non arrivano se non in fase di emergenza, predisporre documentazione delle segnalazioni per non incappare in procedimenti penali, nei quali incorrono, per altro, anche i più diligenti, attenti, responsabili; preparare documenti e “piani di fattibilità”, da quelli di valutazione del rischio, statici, dinamici, integrati, ai piani di evacuazione, organigrammi relativi al sistema di sicurezza, piani di formazione, di aggiornamento della formazione, per tutti i lavoratori, per i preposti, per gli addetti all’antincendio, al pronto soccorso e via di seguito. Una quantità abnorme di funzioni e di carte che di fatto non aiutano a costruire quella cultura della sicurezza e della tutela degli individui di cui ha bisogno non solo la scuola, ma la comunità nazionale intera .

Il dirigente scolastico, anche se supportato da insegnanti o altro personale interno dotato di specifiche competenze, o da “responsabili” esterni, è al centro di questa situazione paradossale: colui che risponde sempre, pur non avendo né competenze tecniche, né disponibilità finanziarie, né strutture organizzative di supporto. Per le “responsabilità” è un dirigente a pieno titolo, per le possibilità di intervento e spesa no. E’ un dirigente anomalo, dimezzato, privo di mezzi, caricato di responsabilità oltre la soglia dell’umana gestione. Emblematico di questa situazione è la rinuncia, nella regione Piemonte, di ben sette dirigenti di nuova nomina e la richiesta di tornare all’insegnamento non può non essere sintomatica dello stato di disagio che vive la nostra categoria. Non ci risulta sia mai successo negli anni precedenti.

Per tornare alla sentenza d’appello, di cui si è in attesa di pubblicazione, risulta particolare per almeno due motivi:

–     ad essere indagati, assolti in primo grado e condannati in secondo, sono stati gli RSPP che si sono succeduti nel corso degli anni (ben tre professionisti non hanno valutato il rischio “crollo soffitti” pur avendo le carte in regola, diplomi ed attestati, per ricoprire quella carica!);

–     il dolo pare (bisognerà leggere la sentenza) essere di non aver pensato di entrare nell’area tra il soffitto e il controsoffitto -in muratura!- per verificarne la stabilità.

 

Il pubblico ministero ha dichiarato che questa vuole essere una sentenza esemplare che deve produrre maggior consapevolezza e responsabilità da parte delle scuole e degli enti proprietari e che se le scuole non sono sicure si devono chiudere! Ma chi ci informa in merito al rapporto tra rischio e probabilità che un evento effettivamente accada? Chi ci dice qual è l’indice di sicurezza di una scuola e quando la si debba, in modo preventivo, chiudere. Siamo noi ex docenti, maestri, professori di italiano e latino, di inglese, di matematica, di arte, a doverlo stabilire? Grazie all’aver  imparato a memoria la legge 81? Grazie alle multe inflitteci  da Vigili del Fuoco e  SPRESAL  per omissioni o negligenze opinabili e spesso dipendenti dalle curvature dei punti di vista, dalla mancata rilevazione del rischio radon alla omissione del rischio di caduta dei controsoffitti, secondo visioni spesso particolaristiche  e sempre parziali?

Tutto ciò ha provocato nei dirigenti scolastici un timore generalizzato da inadeguatezza tecnica, un senso di impotenza per assenza o profonda carenza di strumenti, tecnici e finanziari, ed ora anche solitudine e sgomento a seguito delle dimissioni a catena, in molte scuole, delle figure  di supporto (ASPP, RLS e addetti vari).

Molte delle nostre scuole risiedono in edifici storici, alcuni dei quali destinati precedentemente ad altri usi. Molte altre sono state costruite quando vigevano norme differenti e non sempre possono essere adeguate alle più recenti. Con l’applicazione delle norme sulla sicurezza le scuole sono più sicure? E’ stato calcolato un indice di sicurezza? Quando, per quali motivi,  il dirigente scolastico può decidere di chiudere una scuola senza che questo venga considerato interruzione di pubblico servizio? Qual è il limite tra attività gestionale del servizio scolastico e responsabilità in capo all’Ente Proprietario? E dove si colloca la responsabilità di chi progetta materialmente i lavori o li esegue?  Chiediamo alle strutture competenti dello Stato di semplificare, adattare, regolamentare, rendere più chiara la normativa e più certe, meno opinabili, le responsabilità. Chiediamo l’emanazione, almeno, di un Regolamento specifico per la scuola. E chiediamo al nostro Ministero di farsi tramite presso altri ministeri e poteri dello Stato per concordare un Patto a favore della rinascenza della Scuola, del suo rifiorire e riprendere a dare i migliori frutti che nel passato produsse, nella pur difficile trasformazione in scuola di massa, quando era strumento di allargamento e diffusione culturale, ascensore sociale, vivaio a cui le aziende e i centri di ricerca hanno potuto attingere, luogo di formazione, ricerca, accoglienza, solidarietà, speranza di una nazione che guardava al futuro avendo cura del presente: i propri bambini, ragazzi, giovani.

 

Ciò che è accaduto al Darwin è evento tragico, tale da segnare in modo indelebile la comunità scolastica e l’intera società, che deve restare eccezionale e irripetibile; ma meno eccezionale e certo ben più frequente è tuttavia il distacco di parti di controsoffitti o di edifici, meno eccezionali sono altre evenienze causate da mal funzionamento di impianti elettrici o idraulici, o mancata tenuta delle strutture a seguito di scosse telluriche o fattori metereologici di particolare intensità su tutto il territorio nazionale.

Se davvero vogliamo evitare il ripetersi di simili tragedie bisogna porre da subito il problema della sicurezza nelle scuole come priorità nazionale assegnando tutte le risorse necessarie e mobilitando, in un piano di interventi agile, tempestivo e costantemente monitorato, le migliori competenze tecniche e gestionali del Paese.

 

La sentenza del Darwin, condannando RSPP succedutisi nella scuola e dirigenti tecnici della Provincia di Torino, di fatto assolve chi progettò e chi costruì materialmente il controsoffitto omicida senza aver rimosso le macerie prodotte. Mette sullo stesso piano  di responsabilità del  sondaggio/monitoraggio della struttura ente proprietario e gestore. Ma deve veramente essere in carico all’affittuario la verifica delle strutture? Se così fosse occorrerebbe rivedere il profilo del dirigente scolastico, le sue competenze, la sua struttura di supporto, il budget a sua disposizione, i criteri di selezione.

La scuola tutta chiede di essere rispettata, tutelata, valorizzata e non considerata il capro espiatorio di una situazione paludosa e paradossale  in cui i decisori che stanno a monte di un servizio pubblico essenziale non predispongono le opportune garanzie a tutela dei cittadini, siano essi studenti o lavoratori, e di fatto scaricano anche le proprie responsabilità su coloro che direttamente si occupano di aprire le scuole ogni primo giorno di scuola e per tutti i giorni dell’anno, con o senza banchi, con finestre rotte e muri scrostati, con palestre proprie o prese in prestito.

E le apriamo, le nostre scuole, per la consapevolezza che la Scuola è il centro, il cuore pulsante della vita presente e futura di questo Paese e non può rinchiudersi in se stessa per il timore di possibili e  non improbabili capi d’accusa che vanno oltre la sacrosanta valutazione di rischi intrinseci e specifici all’attività lavorativa. Apriamo le nostre scuole e le teniamo aperte perchè questo è il rischio minore, non per noi dirigenti, ma per il nostro Paese. Le teniamo aperte nonostante sentenze disorientanti e assenze irresponsabili. Le teniamo aperte perchè sono rimasti i luoghi, tra i pochi, in cui la coesione sociale è possibile e diffusa, dove tutti hanno la stessa dignità indipendentemente dalla classe sociale o dal luogo di provenienza e dove i geni possono coesistere con gli svantaggiati.

 

L’edificio che contiene le autonomie scolastiche Darwin e Romero, con circa milleseicento ragazzi e duecento unità di personale, dove più di cinque anni fa crollò un controsoffitto e che prendiamo come caso esemplificativo di una situazione molto diffusa, a tutt’oggi presenta: -l’ala del crollo ancora sotto sequestro (il buon senso dice che il degrado si accentua con il passare del tempo se non si interviene) e pertanto interdetta ad ogni possibile opera di ripristino; -lavori di ristrutturazione del tetto iniziati nella primavera del 2012 grazie ad un finanziamento CIPE e attualmente interrotti a causa del mancato rispetto dei vincoli da parte della ditta appaltatrice (possibile, con  un ribasso d’asta di circa il cinquanta per cento!); -una serie di lavori appaltati a segmenti e pertanto a ditte differenti, per la messa a norma in vista dell’acquisizione del CPI (certificato prevenzione incendi) su progetto presentato da parte dell’ente proprietario nel 2009; -dirigenti scolastici ed rspp che passano buona parte del proprio tempo in riunioni per la  preparazione di DUVRI (documento valutazione rischio da interferenze), uno  per ogni nuova ditta che interviene e solo nel corso del 2013 ne sono passate ben cinque. Queste scuole, a distanza di cinque anni da un tragico evento fortemente mediatizzato, non solo non sono state ristrutturate, ma non sanno ancora quando lo saranno. E, nonostante i processi, gli innumerevoli servizi giornalistici e televisivi, le manifestazioni pubbliche e i tam tam sui social- network, gli appelli e gli impegni urlati da più parti ai sette venti, queste scuole non sanno quale sia il proprio indice di sicurezza strutturale.

Ci si sente davvero in balia del Caso.

 

Ciononostante siamo qui, a ribadire il nostro impegno, la nostra disponibilità a collaborare, la nostra forza d’animo, la nostra intelligenza, la nostra umanità per reggere insieme le nostre scuole ferite. E per guarirle.

 

Signora Ministro, abbiamo notato anche il suo di impegno, dopo anni di sacrifici -tagli sconsiderati- non sempre giustificati e giustificabili e le garantiamo, che se vorrà riportare la Scuola al centro delle scelte del Governo, ci avrà al suo fianco, sostenitori attenti e battaglieri, perchè se riparte la Scuola riparte il Paese.

 

Torino 11 dicembre 2013

 

 

Il Presidente Provinciale                      Il Presidente Regionale

ANDIS Torino                                    ANDIS Piemonte

Dott.ssa Maria Luisa Mattiuzzo                    Dott. Nicola Puttilli

                                     

Ministro al convegno “Esperienze internazionali di valutazione dei sistemi scolastici”

Scuola, domani ministro Carrozza al convegno “Esperienze internazionali di valutazione dei sistemi scolastici”

Domani, giovedì 12 dicembre a Roma, a partire dalle ore 9.30, il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza interverrà al convegno “Esperienze internazionali di valutazione dei sistemi scolastici”, che si svolgerà nell’Aula Magna dell’Università Luiss, Viale Pola 12.

Esonero dalle tasse universitarie per gli studenti con disabilità certificata

Esonero dalle tasse universitarie per gli studenti con disabilità certificata (d. Lgs 68/12)

di Salvatore Nocera

Insegnanti no, maestri si!

Insegnanti no, maestri si!

di Umberto Tenuta

 

Questo grido, credo, sia nel cuore di gran parte degli studenti che stamattina, come ogni mattina feriale, si sentono costretti, loro malgrado, a frequentare le nostre scuole, salve le poche, molto lodevoli eccezioni di scuole alle quali i giovani vanno con gioia, scuole che andrebbero meglio valorizzate anche dalla particolare attenzione della Signora Ministra.

 

In fondo, il problema del rinnovamento della scuola italiana si riassume nel grido dei giovani:

Insegnanti no, Maestri sì!

 

Credo che il senso di questo slogan sia compreso da tutti.

Ma nella mia riconosciuta e quotidianamente riconfermata pedanteria, mi dispongo ancora una volta a cercare di chiarirlo.

 

Insegnanti NO!

Non è un rifiuto personale degli studenti, ma una constatazione di fatto, alla luce delle attuali risultanze della ricerca e della sociopsicopedagogia.

Non si può in-segnare, incidere nella mente degli altri alcuna conoscenza, alcuna capacità, alcun atteggiamento.

Ripeto quanto detto da Confucio:

Se ascolto dimentico 

Se vedo ricordo 

Se faccio capisco 

 

Se ascolto dimentico! 

Peraltro, non è nemmeno possibile ascoltare, se non si è motivati ad aprire le orecchie.

Per ascoltare occorre essere interessati a quello che altri dicono.

E dove anche si ascoltasse qualcosa, quale flatus vocis, lo si dimenticherebbe facilmente.

Se vedo, ricordo! 

Innanzitutto, anche per vedere occorre voler vedere.

E, poi, dalla psicologia della forma (Gestaltpsycologie), apprendiamo che si vede solo quello che si vuole vedere e come lo si vuole vedere (ad modum percepientis).

Se faccio, capisco!

Ancora Piaget: <<L’intelligenza è un sistema di operazioni… L’operazione non è altro che azione: un’azione reale, ma interiorizzata, divenuta reversibile. Perché il bambino giunga a combinare delle operazioni, si tratti di operazioni numeriche o di operazioni spaziali, è necessario che abbia manipolato, è necessario che abbia agito, sperimentato non solo su disegni ma su un materiale reale, su oggetti fisici…>>[1].

Ma quali azioni fanno i giovani studenti nella gran parte nostre scuole, se non quella di sbadigliare?

Non è detto che stando con le mani conserte e gli occhi spalancati, le orecchie non si sa come, essi mettano in moto, se non le braccia ed i piedi, almeno la testa!

Gli studenti non agiscono, non operano, non fanno … niente!

Sono passivi!

Sì, loro, così giovani, così irrequieti, così portati a muoversi, a prendere, a toccare, ad aprire la bocca… sin dal momento della nascita, ora lì, nell’aula dalle pareti grigie, in un silenzio tombale, che cosa fanno, gli studenti non studenti?

Essi non fanno niente, ed è una gran fortuna per gli insegnanti!

Perché se gli studenti effettuassero qualche azione, cosa resterebbe da fare agli insegnanti?

Non sarebbero più insegnanti: non leggerebbero, non parlerebbero, non scriverebbero sulle LIM, non inviterebbero gli studenti a leggere i libri di testo!

E invece no: gli insegnanti parlano, si sgolano, ci mettono tutto il loro fiato, gesticolano con le loro braccia, si agitano, si muovono, scrivono, disegnano sulla LIM!

Sì, gli insegnanti insegnano, traducono in segni fonici e visivi −ma non olfattivi, tattili e cinestetici− i saperi dei libri di testo!

Gran lavoro, quello degli insegnanti!

Ma siamo fermi a quello che possono fare e fanno gli insegnanti in quasi tutte le scuole: parlare, esporre, mostrare, scrivere e disegnare sulla benvenuta LIM, che sostituisce, quando sostituisce, seppure a malincuore, la gloriosa lavagna di ardesia, alla quale con somma ingratitudine nessuno si è degnato di rivolgere un ringraziamento!

 

Ma questo non basta, come oggi risulta manifesto e come si può dimostrare con un semplice sillogismo:

1. L’insegnante parla, espone, mostra, invita a guardare, ad ascoltare, a leggere, a scrivere …anche se molto spesso con divieto di audio e video registrare.

Salvo qualche, sporadiche, lodevoli eccezioni, questo è un dato di fatto inconfutabile, a prescindere dalle modalità in cui queste operazioni vengono eseguite e questo divieto esiste.

2. Gli studenti stanno ordinatamente seduti, con le mani conserte, le orecchie senza tappi e gli occhi aperti, seppure con qualche malcelato sbadiglio.

Diamo per scontato che essi percepiscano visivamente ed uditivamente quanto fa l’insegnante.

Dalla premessa maggiore e dalla premessa minore dovrebbe conseguire che gli studenti memorizzano. 

Se questo avvenisse, sarebbe già un qualche risultato. <<ché non fa scïenza, sanza lo ritenere, avere inteso>>[2],

Ma questo non avviene sempre, perché ci sono studenti bocciati, respinti!

 

−Oddio, ancora oggi è tollerato che la scuola respinga i suoi utenti! −

 

Ma ipotizziamo pure −ipotesi di terzo grado− che gli studenti apprendano, cioè ricordino.

E domandiamoci: basta <<lo ritener>>?

Lasciamo la parola a Montaigne ed a Morin:

è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”.

No, non basta che gli studenti  abbiano la mente ben piena di conoscenze, che peraltro oggi sono a disposizione anche di tutti gli studenti negli smartphone, nei tablet…

Non basta il memorizzare, per garantire, come è obbligatorio, il <<successo formativo>>, la piena, integrale, originale formazione degli studenti.

Assieme al sapere occorre il saper fare e forse soprattutto il saper essere.

Possiamo benissimo sapere come si fanno le quattro operazioni aritmetiche ma non essere capaci di utilizzarle quando facciamo la spesa.

E poi, anche se avessimo la capacità di utilizzarle, le operazioni, non è detto che saremmo disponibili ad utilizzarle, preferendo, per pigrizia, affidarci all’onestà del venditore.

Possiamo avere appresso a scuola tutta la storia dell’umanità e poi non saperla e non volerla utilizzare per comprendere il presente.

Possiamo avere memorizzato tutte le poesie dei grandi Poeti ma non essere nemmeno modesti lettori di poesie.

Oddio, quanto banali sono queste conclusioni!

Conclusioni che dovrebbero scoraggiare qualsiasi insegnante a continuare a fare lezioni con la sua ‘viva voce’, con le LIM, con le presentazioni di POWER POINT…

E, allora?

 

INSEGNANTI NO!

La formazione dei giovani non si realizza se essi non vengono messi nella condizione di formarsi, di educarsi, di esprimere la loro umanità!

Victor, il bambino selvaggio dell’Aveyron, insegna, dovrebbe insegnare… agli INSEGNANTI!

Mi viene da dire: Perché non facciamo un bel corso di aggiornamento per gli INSEGNANTI, facendo vedere −come a me è stata data la felice occasione di vedere in un corso di aggiornamento− il film Il selvaggio di Aveyron di François Truffaut che racconta la storia di Victor?

 

MAESTRI Si!

La formazione dei giovani, la loro educazione non si realizza, non avviene, se essi non sono messi nelle condizioni di formarsi, di educarsi, di fare proprie le conoscenze (sapere), le capacità (saper fare), gli atteggiamenti (saper essere) che gli uomini, emuli di Prometeo, hanno inventato, costruito, organizzato nel lungo cammino dei secoli e continueranno a inventare, costruire, organizzare, fino a quando essi avranno vita, magari su altri pianeti.

 

 

Una rivoluzione copernicana, quindi?

La si è chiesta, forse esagerando, per essere meglio intesi.

L’ho chiesta anch’io, esagerando, in tanti miei scritti che dormono sulle nuvole dei saperi del nostro mediterraneo cielo azzurro.

 

Per formarsi, i giovani debbono innanzitutto compiere azioni, prima reali con oggetti concreti, poi digitali con oggetti virtuali, poi ancora con oggetti iconici, infine con i simboli della scrittura, della matematica, delle scienze…

Occorre una gran rivoluzione!

Occorre cambiare l’aspetto e l’organizzazione delle nostre scuole, anche con una nuova edilizia scolastica che trasformi le aule chiuse in laboratori aperti: laboratori scientifici, matematici, letterari, storici, geografici, artistici, sì, anche artistici, e non in attività integrative, perché tutto è integrativo, in quanto mira alla integrale e piena formazione dei giovani.

 

Sì, laboratori di apprendimento, di formazione linguistica, matematica, scientifica, storica, geografica, artistica…!

Nelle aule gli alunni stanno seduti ad ascoltare gli insegnanti.

Nei laboratori possono stare anche in piedi, possono anche spostarsi, possono anche dialogare tra di loro, possono anche chiedere aiuto ai Maestri…

 

Fattibile, questa rivoluzione?

Sì, fattibile!

Lo dimostrano, tra gli altri uomini grandi della storia della scuola, le Sorelle Agazzi, la Montessori e tanti altri grandi Maestri della Storia del rinnovamento della scuola che abbiamo il dovere di andare a rivisitare.

E lo dimostrano pure quelle umili Maestre e quegli umili Maestri che anche ai nostri giorni fanno grandi le loro scuole!

Attenzione, però!

Non basta creare i laboratori opportunamente attrezzati con le cianfrusaglie agazziane ed i materiali strutturati della Montessori, anche realizzati in formato digitale.

Occorre che i giovani non perdano la gioia di imparare, di essere studenti, filosofi, innamorati del sapere, studiosi.

Filosofi, studiosi vuol dire innamorati del sapere!

Chi li motiva i nostri studenti?

Quanto inchiostro è stato versato sulla MOTIVAZIONE!

Non ultimo, né primo, Gian Giacomo Rousseau.

Non primo, perché l’ha preceduto Virgilio!

Sì, Virgilio che guida Dante nei tre regni dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso ove, infine, lo incorona maestro di sé stesso:

<<…. per ch’io te sovra te corono e mitrio>>[3]

Sì, Virgilio che Dante chiama Maestro:

<<Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore>>[4].

 

NON INSEGNANTI, MA MAESTRI

Quindi, non più Insegnanti, ma Maestri che accompagnano gli studenti, finalmente resi studenti, filosofi, innamorati del sapere dai loro Maestri.

 

Studenti bramosi di compiere azioni, sperimentare, ricercare, inventare, porsi e  risolvere problemi…!

A voler compiere queste operazioni non si può costringere nessuno, con nessuno strumento, nemmeno coi voti, nemmeno con le punizioni che valgono solo per gli animali di Torhndike.

 

Per indurre ad agire, a fare, a manipolare, a cercare, a risolvere problemi… occorre innanzitutto motivare gli alunni, farli diventare studenti.

 

È questo il primo e più importante impegno degli INSEGNANTI, pardon dei MAESTRI che ogni mattina entrano nei laboratori delle nostre scuole ove gli studenti li aspettano con amore, con gioia, con la loro grande, insaziabile, infinita sete di apprendere, di scoprire nuovi mondi, di divenir grandi… come i loro maestri, come i loro Virgili!

 

 

Sogno di Una notte di mezza estate?

No!

Siamo alla fine di un anno, vicini all’inizio di un nuovo anno, che ci auguriamo sia l’anno della scuola della gioia di imparare di tutti gli studenti, e non solo di una sparuta minoranza che hanno già la fortuna di andare incontro ogni mattina, possibilmente anche di sabato, ai loro beneamati Maestri!

 

Questo è l’augurio che io faccio ai giovani ed ai loro maestri: sotto l’albero di Natale la CA’ ZOIOSA di Vittorino da Feltre!



[1] PIAGET J., Avviamento al calcolo, la Nuova Italia, Firenze, 1956, p. 31

[2] Dante, Paradiso, V, 42.

[3] Dante, Purgatorio, XXVII.142.

[4] Dante, Inferno, I, 85-86.

Scuola, spending review: “Tagli a docenti di sostegno”. Ma il Miur dice il contrario

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, spending review: “Tagli a docenti di sostegno”. Ma il Miur dice il contrario

Il piano di del commissario Cottarelli per tagliare la spesa prevede anche una riduzione dell’organico tra i docenti da affiancare agli alunni diversamente abili. Il decreto del governo della scorsa estate però, prevedeva esattamente il contrario

di Redazione Il Fatto Quotidiano

E’ uno temi fondamentali del mondo della scuola. Eppure sugli insegnanti di sostegno, il governo sembra non riuscire ad avere una politica coerente. Sono passati appena tre mesi dall’approvazione dell’ultimo decreto legge: un testo annunciato in pompa magna e che riserva grande attenzione ai docenti di sostegno, a cui spettano ben 26mila delle 69mila assunzioni programmate nel prossimo triennio. Adesso però – proprio mentre in tante città d’Italia prendono il via i test per i corsi di abilitazione (altra novità annunciata dal Miur quest’estate – si torna a parlare di tagli. Lo scorso 12 novembre Carlo Cottarellil’esperto del Fmi chiamato dal premier Letta per elaborare un piano di riduzione della spesa pubblica – ha inserito il sostegno tra i temi che riguardano il Ministero dell’Istruzione. Il piano è ancora in fase embrionale: per il momento si tratta solo di una serie di punti (tra gli altri, anche dimensionamento delle scuole e edilizia scolastica, inidonei, finanziamento dell’università e ricerca), da sviluppare nei prossimi mesi. Ma date le premesse e l’intenzione del Miur di sanare le carenze in organico, è difficile capire come il sostegno possa rientrare in un piano di spending review.

A viale Trastevere – dove sono arrivate numerose richieste di chiarimenti da parte di insegnanti e genitori – sono rimasti davvero perplessi quando hanno letto il documento. “Nessuno ci ha chiamato, non è certo una nostra idea. Per noi resta valido quanto detto negli scorsi mesi e stabilito nell’ultimo decreto legge sulla scuola: ovvero esattamente l’opposto”, fa sapere il Ministero. Per il Miur non è preventivabile alcun taglio al personale di sostegno, che anzi dovrebbe aumentare nei prossimi anni.

Secondo le ultime stime, in Italia i docenti di supporto sono poco più di 100mila. E pesano sulle casse dello Stato per circa quattro miliardi di euro l’anno. Una spesa comunque necessaria, visto che una sentenza della Corte Costituzionale del 2010 vieta ogni tipo di deroga all’assegnazione di personale qualificato nei casi di alunni con gravi disabilità. “Forse al Ministero dell’Economia se lo sono dimenticato…”, fanno notare da viale Trastevere. Tenendo però a precisare: “Noi, comunque, siamo apertissimi al dialogo, remiamo tutti dalla stessa parte: ridurre gli sprechi e razionalizzare le spese è un obiettivo comune”. A tal fine già ad ottobre il ministro Carrozza ha istituito un comitato interno per la spending review, che avrà mandato annuale e sarà coordinato da Daniele Checchi, professore ordinario di Economia politica presso l’Università degli Studi di Milano. “Vogliamo farci trovare pronti: quando verrà il momento proporremo noi dei settori dove è possibile razionalizzare le risorse, così da evitare tagli insensati”.

Intanto, però, resta il testo del piano Cottarelli, che almeno in uno dei suoi punti (il 6.1 comma b) spaventa la scuola italiana e apre diversi interrogativi. Che si tratti solo di un suggerimento sbagliato, di una svista o piuttosto di un’effettiva inversione di marcia da parte del governo lo si capirà nei prossimi mesi. A breve dovrebbe cominciare la fase di ricognizione tecnica dei gruppi di lavoro, con l’obiettivo di emanare i primi provvedimenti legislativi tra maggio e luglio 2014. “Per quel che riguarda gli insegnanti di sostegno – conclude il Miur – noi crediamo e speriamo che alla fine non ci sarà nessun taglio. Altrimenti il Ministero dell’Economia si assumerà la responsabilità di smentire l’ultimo decreto”. E delle conseguenze che ciò potrebbe avere sul mondo della scuola.

L’esercito dei 200 mila alunni disabili italiani

da Corriere della Sera

emergenza

L’esercito dei 200 mila alunni disabili italiani

Rapporto Censis 2013: mancano  insegnanti di sostegno,  scivoli e ascensori. Rossi Doria: «Stanziati 300 milioni»

Valentina Santarpia

Sono oltre duecentomila (207.244, per la precisione) gli alunni disabili in Italia, il 2,6% della popolazione studentesca, con punte del 14,8% in Lombardia, dell’11% nel Lazio, del 10% in Campania. Una fotografia, quella del rapporto Censis 2013, che racconta  come per un dirigente scolastico su quattro (il 23,6%) l’integrazione degli alunni con disabilità resti un problema di difficile soluzione: mancano gli insegnanti di sostegno (uno ogni due studenti disabili in media), quelli che ci sono non sono abbastanza preparati (lo pensa il 34,5% dei presidi del Nord Italia), e manca un raccordo tra la scuola e la rete dei servizi sul territorio, come denuncia il 50% dei dirigenti scolastici del Mezzogiorno.

BARRIERE ARCHITETTONICHE –   A rendere difficile la vita degli studenti disabili sono anche le barriere architettoniche: secondo l’indagine effettuata da Cittadinanza attiva e Uildm (Unione lotta alla distrofia muscolare), il 27% degli edifici scolastici ha gradini all’ingresso, l’ascensore è assente nel 35% delle scuole a più piani e non funziona nell’11% dei casi; nel 23% delle scuole non esistono bagni per disabili e il 15% ha barriere architettoniche tali da renderli inutilizzabili ai ragazzi con disabilità. Un’aula su 4,il 26%, non ha sufficiente spazio per la carrozzina, il 44% non ha banchi adatti o adattabili, nel 57% dei casi non ci sono attrezzature didattiche o tecnologiche per facilitare la partecipazione alle lezioni degli studenti con handicap. Non ci sono tavoli o postazioni adatte ai disabili in carrozzina nel 28% dei laboratori, nel 18% delle biblioteche e nel 17% delle mense. Spesso sono le associazioni a sopperire alle mancanze. All’istituto Verrazzano di Roma Cittadinanza attiva e Uildm hanno donato un pc portatile dotato di software per disabili. Alla scuola primaria Deledda di Torino è stato regalato un calciobalilla adatto anche al gioco per studenti in carrozzina. Alla scuola materna Bagnocavallo di Ravenna sono arrivati sussidi didattici specifici. All’istituto comprensivo di Ischia sarà consegnato il servo scala per superare i gradini di accesso alla palestra. Mentre all’istituto comprensivo Manara di Milano è stato donato un tavolo adattabile alle esigenze di uno studente in carrozzina.  Una goccia nel mare, rispetto alle esigenze reali. E il governo, cosa fa?

GLI INTERVENTI DEL GOVERNO – «Sull’edilizia scolastica, stiamo facendo un enorme lavoro – assicura il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria, con delega alla Disabilità –. Sia nel decreto del Fare che nel decreto Scuola ci sono norme importanti per l’accessibilità e la vivibilità delle scuole per ogni tipo di disabile. Nel decreto del Fare vengono stanziati 300 milioni, ed entro la fine di febbraio inizieranno i cantieri per i primi 150 milioni mentre con l’aiuto dell’Inps entro il 2014 ci saranno altrettanti soldi. Nel decreto Scuola, lo Stato favorisce, con le garanzie delle Regioni, la possibilità di accedere a mutui molto agevolati da parte dei Comuni che vogliano aggiustare o costruire scuole, con soldi provenienti da Cassa depositi e prestiti e enti di credito come il Consiglio d’Europa». Ma le barriere architettoniche non sono l’unico ostacolo. «Infatti- spiega Rossi Doria- .Ma per quanto riguarda l’inclusione, noi siamo universalmente riconosciuti nel mondo come il più civile dei Paesi Ocse, perché integriamo nelle classi normali i bambini con disabilità: investiamo quasi 4 miliardi l’anno, abbiamo 102 mila insegnanti di sostegno, stiamo potenziando i centro territoriali provinciali per l’integrazione. E nel decreto scuola c’è un ulteriore rafforzamento, perché stiamo stabilizzando 27mila insegnanti di sostegno che si occuperanno in maniera stabile di 54mila disabili, in quanto inseriti nell’organico di diritto».

M5S: indiscrezioni di tagli all’istruzione ma Miur tace: scarica barile?

da Tecnica della Scuola

M5S: indiscrezioni di tagli all’istruzione ma Miur tace: scarica barile?
di P.A.
In una nota i deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Cultura fanno dichiarazioni accese e inquietanti nei confronti del Miur: da un lato trapelano notizie di tagli attraverso la spending review, dall’altra il Miur fa le spallucce
”Abbiamo la spiacevole sensazione di trovarci di fronte a un bieco gioco delle parti, consumato sulla pelle del sistema di istruzione. Da un lato trapelano notizie sui tagli che potrebbero essere realizzati attraverso la spending review dal commissario Cottarelli, dall’altra il Miur afferma di non sapere nulla a tal proposito, e scarica il barile”. ”Consideriamo inaccettabile il fatto che il piano di tagli della spending review per la scuola e l’università cominci a emergere senza che vi siano nè conferme nè smentite. Se a questo si aggiunge che al Miur, rispetto a tali indiscrezioni, sembrano cadere dalle nuvole, abbiamo un quadro che prospetta o malafede, o dilettantismo. Dopo le voci su sui tagli relativi al dimensionamento delle scuole, l’edilizia scolastica, gli insegnanti inidonei, il finanziamento dell’università e ricerca, l’ultima sirena d’allarme arriva dalle colonne de il Fatto, che parla di una riduzione del numero degli insegnanti di sostegno, i quali erano stati aumentati di 26 mila unità, in tre anni, nel recente Decreto Istruzione. Aumento che però è solo sulla carta, dal momento che negli ultimi anni i piani triennali di assunzione non sono mai stati rispettati”. ”Ci domandiamo: per il caso il Mef prevede un ridimensionamento delle assunzioni già rispetto a queste immissioni in ruolo? Tra l’altro proprio in occasione della discussione sul Decreto Istruzione, in commissione Cultura, avevamo posto l’attenzione sul fatto che l’aumento degli insegnanti di sostegno, portati a un totale di 90 mila, includesse elementi di incertezza. Dal provvedimento, infatti, restavano esclusi circa 20 mila docenti di supplenza. A questo punto ci chiediamo se saranno loro, i non stabilizzati, i più deboli, i primi ad essere sacrificati sull’altare della spending review. Riteniamo inqualificabile l’avallo di questo clima di incertezza e di mancanza di comunicazione nei confronti dell’opinione pubblica. A nessuno è consentito agire nell’ombra o nascondersi. Ciascuno, secondo la propria responsabilità e competenza, riferisca presso le sedi competenti quanto è in atto e si intende fare. Non intendiamo, ne’ accetteremo, trovarci di fronte al fatto compiuto”.

Salone dello Studente “Campus Orienta”

Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca partecipa, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia alla prima edizione del Salone dello Studente di Catania , in programma presso il complesso Le Ciminiere  il 12 e 13 dicembre 2013. L’evento è per gli studenti un’occasione per entrare in contatto con le principali università italiane, le più importanti realtà di formazione professionale, nonché le maggiori istituzioni legate al mondo della formazione. L’iniziativa mira a favorire l’incontro tra chi vuole orientarsi nella scelta del percorso di studi da intraprendere e chi offre formazione a differenti livelli. La manifestazione è anche un importante canale di riferimento per gli insegnanti che desiderano  conoscere meglio le esigenze degli studenti, accompagnandoli nelle loro scelte in ambito scolastico e universitario svolgendo  quindi un significativo ruolo di supporto nei loro processi decisionali. Il Ministero sarà presente con un proprio spazio espositivo nel quale illustrerà materiali su temi specifici e attuali del panorama educativo e formativo italiano, con particolare attenzione alle tematiche dell’orientamento.
Per maggiori informazioni
www.salonedellostudente.it

www.universitaly.it

Direttore Us Calabria assume l’incarico al Miur

da Tecnica della Scuola

Direttore Us Calabria assume l’incarico al Miur
di Aldo Domenico Ficara
Francesco Mercurio lascia la direzione dell’Ufficio scolastico regionale per la Calabria, assumendo un incarico al MIUR .A tal proposito si riporta un comunicato dello stesso Mercurio tratto dal Corriere della Calabria
“Lasciare l’incarico di direttore generale in questa regione, a me tanto cara ha, a livello emotivo un doppio significato sia perché ho iniziato da qui, ormai nove anni or sono, il prestigioso incarico di direttore generale, sia perché è la terra nella quale sono nato, dove dimorano gli affetti della famiglia d’origine e parte della mia storia personale. Questo lungo periodo di permanenza in Calabria mi ha arricchito in esperienza e professionalità per l’intensità degli impegni e delle scelte, effettuate sempre in prima linea per il bene del territorio e a fianco delle scuole per un cammino di trasformazione e di costruzione del Sistema scolastico regionale, basato sul principio della legalità considerata non come ‘una delle priorità’ ma come la “priorità”. Certo, il cammino non è stato facile e tranquillo, ma sono certo che le posizioni raggiunte in questi anni dal Sistema scolastico hanno segnato punti di eccellenza e hanno consentito a tutti gli attori di questo faticoso percorso di maturare la consapevolezza dell’importanza di un sistema educativo di qualità. Da parte mia ho cercato sempre il dialogo e ho promosso accordi, ho incontrato studenti, genitori, dirigenti, docenti, amministratori, associazioni e singoli cittadini, ascoltando tutte le ragioni, ma avvalorando sempre il ruolo dell’Amministrazione che rappresento. Nel momento del saluto, con la consapevolezza che il cammino insieme percorso ha raggiunto risultati importanti, il mio ringraziamento va a tutti i colleghi dell’Ufficio scolastico regionale, compresi coloro i quali non sono più in servizio, che mi hanno accolto e hanno collaborato, a tutti i livelli di responsabilità, con lealtà e professionalità, ai dirigenti scolastici, ai docenti, al personale Ata, alle autorità civili, religiose e militari, al presidente della Regione Calabria, all’assessore regionale alla cultura ed agli amministratori degli enti locali. Un saluto finale speciale e un messaggio li rivolgo agli studenti e alle famiglie: ricordate che dialogare, agire e partecipare attivamente sono fattori strategici per una scuola viva ed al passo con i tempi”.

Integrazione alla circolare sui docenti inidonei

da Tecnica della Scuola

Integrazione alla circolare sui docenti inidonei
di Lara La Gatta
Alcuni chiarimenti del Ministero sull’applicazione del Decreto-Legge 12 settembre 2013 n. 104 convertito con modificazioni in Legge 8 novembre 2013 n. 128
In risposta ad alcune richieste di chiarimento, il Miur ha pubblicato la nota prot. n. 13220 del 6/12/2013 di integrazione della precedente nota prot. 13000 del 3 dicembre scorso (vedi precedente notizia) riguardante il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti.
Il Miur chiarisce che, nelle more dell’applicazione della mobilità intercompartimentale e, comunque fino alla conclusione dell’anno scolastico 2015-2016, il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti potrà essere utilizzato, oltre che nelle mansioni attualmente previste dal contratto collettivo integrativo concernente i criteri di utilizzazione del personale docente dichiarato inidoneo alla sua funzione per motivi di salute sottoscritto in data 25/06/2008, anche per le iniziative di cui all’art. 7 del citato Decreto-Legge 12 settembre 2013 n. 104 (apertura delle scuole e prevenzione della dispersione scolastica) convertito con modificazioni in Legge 8 novembre 2013 n. 128 o per ulteriori iniziative per la prevenzione della dispersione scolastica ovvero per attività culturali e di supporto alla didattica, anche in reti di istituzioni scolastiche. In attesa della definizione delle modalità di attuazione della mobilità intercompartimentale, il citato personale permane in utilizzo nell’attuale sede di servizio. La nota precisa, inoltre, che nei confronti del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma dichiarato idoneo ad altri compiti alla data del 31 dicembre 2013 trovano applicazione le medesime disposizioni normative, di cui all’art. 15 comma 7, dettate nei confronti del personale dichiarato permanentemente inidoneo alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n.104/2013. Questo vuol dire che tale personale dovrà essere sottoposto a nuova visita da parte delle commissioni mediche competenti, per una nuova valutazione dell’inidoneità. In esito a detta visita, ove la dichiarazione di inidoneità non sia confermata, il personale interessato torna a svolgere la funzione docente. Al personale per il quale è invece confermata la precedente dichiarazione di inidoneità si applica il comma 6, vale a dire l’assunzione, su istanza di parte da presentare entro trenta giorni dalla dichiarazione di inidoneità, della qualifica di assistente amministrativo o tecnico ovvero, in assenza di istanza o in ipotesi di istanza non accolta per carenza di posti disponibili, applicazione obbligatoria della mobilità intercompartimentale in ambito provinciale verso le amministrazioni che presentino vacanze di organico, anche in deroga alle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente, con mantenimento del maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Nelle more dell’applicazione della mobilità intercompartimentale e comunque fino alla conclusione dell’anno scolastico 2015-2016, tale personale può essere utilizzato per le iniziative di cui all’articolo 7 del decreto o per ulteriori iniziative per la prevenzione della dispersione scolastica ovvero per attività culturali e di supporto alla didattica, anche in reti di istituzioni scolastiche. In tal caso i 30 giorni di cui al comma 6 decorrono dalla data di conferma della inidoneità. Il suddetto personale può comunque chiedere, senza essere sottoposto a nuova visita, l’applicazione del comma 6.

Infanzia povera e la scuola non riesce a contenere la dispersione e a rafforzare le competenze

da Tecnica della Scuola

Infanzia povera e la scuola non riesce a contenere la dispersione e a rafforzare le competenze
di P.A.
‘L’Italia SottoSopra’, il 4° Atlante dell’Infanzia (a rischio) in Italia di Save the Children, è stato diffuso stamattina alla presenza, tra gli altri, del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Enrico Giovannini, dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Vincenzo Spadafora, del Dirigente nel Servizio Studi di Struttura Economica e Finanziaria della Banca d’Italia Paolo Sestito, del Direttore Dipartimento Statistiche Sociali ed Ambientali ISTAT Linda Laura Sabbadini
Povertà e deprivazione per bambini e adolescenti: cibo al discount, pochi o nessun libro, scuola solo la mattina senza neanche un’ora in più per attività di svago e socializzazione, e poi a casa, in uno spazio piccolo e soffocante, nient’altro da fare nel tempo libero perché non ci sono soldi e gli aiuti che arrivano dai servizi sociali se ci sono, sono pochi, perché il Comune è in default. Il resoconto è dell’Ansa Dal 2007 al 2012 i minori in povertà assoluta, che non possono permettersi molti beni essenziali, sono più che raddoppiati, passando da meno di 500 mila a più di un milione. Solo nel 2012, il loro numero è cresciuto del 30% rispetto all’anno precedente, con un vero e proprio boom al Nord (+ 166 mila minori, per un incremento del 43% rispetto al 2011) e al Centro (+41%). Il Sud già fortemente impoverito ha conosciuto un aumento statisticamente più contenuto (+20%), ma ha raggiunto la quota “stratosferica” di mezzo milione di minori nella trappola della povertà. E’ in condizione di povertà assoluta una coppia con bambino fino a tre anni se può spendere mensilmente una quota pari o inferiore a 1.252 euro, e risieda in un’area metropolitana del Nord, 880 euro se risiede in un piccolo comune del Sud. Allo stesso modo è povera in senso assoluto una coppia con due figli adolescenti con una spesa mensile di 1.312 euro in una metropoli del Sud e di 1.455 euro in un piccolo comune del Centro. Sottolinea Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia: “Oltre un milione di minori sono in povertà assoluta, in contesti segnati da disagio abitativo, alti livelli di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile alle stelle. Un numero così grande e crescente di minori in situazione di estremo disagio, ci dice una cosa semplice: la febbre è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più, serve una cura forte e strutturata”. Negli ultimi cinque anni gli italiani hanno tagliato le spese di 138 euro: tra il 2017 e il 2012 le famiglie con almeno un bambino hanno ridotto del 4,6% il proprio bilancio. La tendenza si aggrava se nel 2012 due famiglie su tre con figli – ovvero ben 4 milioni 400 mila nuclei familiari – hanno ridotto la qualità/quantità della spesa per almeno un genere alimentare. Se il budget per l’alimentazione nel complesso ha avuto una riduzione modesta a livello nazionale, di circa 3 euro, al Sud invece la spesa media alimentare è scesa del 5,8%. Le famiglie disagiate possono destinare in media 11 euro al mese ai libri e alla scuola (venti volte meno di quello che spendono le famiglie più ricche); 23 euro al mese è la cifra destinata al tempo libero, alla cultura e ai giochi, a fronte dei 360 euro delle famiglie più abbienti. Il report racconta un paese “ribaltato” tra disoccupazione, calo dei consumi, default del welfare e denatalità, “diseguale” nella saluta e nelle possibilità educative. Nell’Italia delle emergenze e dei disagi abitativi, l’incertezza va di pari passo con la precarietà di molte sistemazioni, 1 milione e 344 mila tra bambini e ragazzi, il 12% della popolazione di riferimento, vive in situazioni di particolare disagio – sovraffollamento, alloggi privi di alcuni servizi e con problemi strutturali – con un incremento del 25% rispetto al 2007. Questo anche perchè l’Italia occupa le ultime posizioni della classifica europea in quanto a presenza di case popolari e alloggi sociali. L’ong ricorda come l’Organizzazione mondiale della Sanità da tempo evidenzi la stretta relazione tra le condizioni sociali ed economiche dei genitori e le condizioni di salute dei bambini, non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche nei paesi più ricchi. Un’indice di questo fenomeno lo vedremo nel sorriso dei futuri adulti: il pericolo denti storti riguarda quasi 2 milioni di bambini e ragazzi italiani. Un bambino su tre non può permettersi l’apparecchio in un paese nel quale il 90-95% dell’assistenza odontoiatrica è garantita da studi privati, e le richieste al servizio sanitario sono aumentate del 20% e le liste di attesa si sono allungate all’inverosimile. “La traccia più profonda e significativa della recessione in atto è il calo della fertilità”, dice ancora l’ong, in base ai dati Eurostat: la crisi delle culle si è fatta sentire anche in Italia nella misura del 7,4%, interrompendo la lenta ma costante ripresa che aveva caratterizzato l’ultimo decennio, quando dai 515 mila nati del 1998 eravamo giunti ai 576 mila del 2008, grazie soprattutto al contributo delle madri straniere. L’altro aspetto del fenomeno sono le madri teenager: nel 2011 si annoveravano 6.500 madri tra i 18 e 19 anni e poco più di 2 mila mamme minorenni, il 62% delle quali concentrato in Sud e Isole. Il rapporto analizza anche la crisi del welfare: oltre 650 mila i minori che vivono in comuni completamente falliti (72) o sull’orlo della bancarotta (52). Amministrazioni costrette ad alzare al massimo le tasse per le prestazioni fondamentali o anche a ridurre alcuni servizi cruciali. Per la prima volta dal 2004, nel 2011-2012 sono calati (-0,5%) i bambini iscritti agli asili comunali. La scuola “fa più fatica ad attrarre e trattenere gli studenti più disagiati, impedendone la dispersione e il rafforzamento delle competenze”. Dal 2007 al 2012, i cosiddetti early school leavers fermi alla sola licenza media hanno preso a scendere al ritmo più lento, sono lo 17,6%: un esercito di 758 mila giovani con bassi titoli di studio e fuori dal circuito formativo: 5 punti percentuali in più della media europea. Ragazzi che spesso vanno ad accrescere il numero di disoccupati che, nel luglio 2013, hanno raggiunto la cifra record di oltre un milione di under 30.

Non tutti gli incontri scuola famiglia rientrano nelle 40 ore dei docenti

da Tecnica della Scuola

Non tutti gli incontri scuola famiglia rientrano nelle 40 ore dei docenti
di Lucio Ficara
A volte capita che i docenti facciano un po’ di confusione nell’interpretare correttamente l’art. 29 del Ccnl, per quello che attiene gli incontri scuola-famiglia. Di cosa si tratta in sostanza?
Di quale tipo di confusione stiamo parlando? Stiamo parlando del comma 3 punto a) del su citato articolo e del successivo comma 4.
Nel primo di questi due commi è scritto che le attività di carattere collegiale riguardanti tutti i docenti sono costituite anche dall’informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali e sull’andamento delle attività educative nelle scuole materne e nelle istituzioni educative, che comprese le attività di collegio dei docenti e di programmazione e verifica di inizio e fine anno, si svolgono con durata fino al massimo di 40 ore obbligatorie, mentre nel secondo è specificato che per assicurare un rapporto efficace con le famiglie e gli studenti, in relazione alle diverse modalità organizzative del servizio, il consiglio d’ istituto sulla base delle proposte del collegio dei docenti definisce le modalità e i criteri per lo svolgimento dei rapporti con le famiglie e gli studenti, assicurando la concreta accessibilità al servizio, pur compatibilmente con le esigenze di funzionamento dell’istituto e prevedendo idonei strumenti di comunicazione tra istituto e famiglie.
I due commi parlano di due tipologie di incontro scuola-famiglia sostanzialmente differenti. La prima è rientrante nel conteggio delle 40 ore, ed è relativa esclusivamente all’informazione dei risultati degli scrutini parziali e finali, la seconda, invece, regolata e definita dal consiglio d’istituto, sentito il parere del collegio dei docenti, non rientra nel conteggio delle 40 ore, ma va comunque garantita attenendosi alle disposizioni proposte e disposte dagli organi collegiali. In cosa consiste quindi la confusione di cui riferiamo? Si tratta del mettere, secondo l’interpretazione di alcuni docenti, tutto nello stesso calderone delle 40 ore, sia gli incontri informativi degli esiti degli scrutini e sia gli incontri periodici volti a garantire un idoneo strumenti di comunicazione tra i docenti e i genitori degli studenti.
L’art. 29 del Ccnl scuola 2006-2009, non lascia dubbi al riguardo. Non è possibile mettere tutto all’interno delle 40 ore, dentro le 40 ore ci finiscono soltanto, come espressamente specificato dal comma 3 punto a) gli incontri previsti per l’informazione degli esiti degli scrutini intermedi e finali, tutto il resto resta fuori e viene gestito dalla scuola. Proprio per quanto appena detto, sbaglia quel docente, che avendo più di una scuola, pensa di gestire questa parte dei colloqui, non rientrate nelle 40 ore, proporzionalmente alle ore che svolge settimanalmente in tale istituto.
 Chi ha più di una scuola dovrà comunque garantire la sua presenza ai colloqui previsti dall’art. 29 comma 4, a prescindere da calcoli di proporzionalità o delle 40 ore. Questo tipo di incontro scuola famiglia resta comunque regolato dalle disposizioni interne. Per questo motivo è opportuno che ad inizio di anno scolastico i docenti stiano attenti in collegio docenti, a proporre, in modo che il consiglio d’istituto li accolga,strumenti di incontro scuola famiglia che siano flessibili, specificando ad esempio che tali incontri vengano espletati su appuntamento, indicando l’ora di ricevimento come ora di disponibilità.

Tra Letta e Renzi c’è di mezzo la scuola?

da Tecnica della Scuola

Tra Letta e Renzi c’è di mezzo la scuola?
di Lucio Ficara
Dopo la vittoria di Renzi, la scuola si aspetta risposte chiare su cosa intendono fare il presidente Letta e il ministro Carrozza. Si continuerà a parlare solo di contratto normativo? La riforma degli organi collegiali partirà dalla ipotesi Aprea-Ghizzoni? E così via
Dopo il giorno dell’Immacolata Concezione, che ha visto Renzi trionfare alle primarie del partito  democratico, il mondo della scuola si interroga: “cosa cambierà di concreto nella politica sulla scuola con la  nuova segreteria del PD?”.  Una domanda che potrà avere una risposta già nei prossimi mesi, dove si  attende un serio confronto sui temi della scuola tra Renzi e il premier Letta. Gli insegnanti chiedono alla  politica soluzioni concrete ai problemi del blocco dei contratti e degli scatti di anzianità. Si chiede di  restituire ai docenti, con atti legislativi e contrattuali, l’autorevolezza e la dignità professionale perse da  tempo.  Mentre Renzi lancia una campagna volta all’ascolto dei problemi che provengono dal mondo della scuola, gli insegnanti rispondono che il tempo dell’ascolto e delle chiacchiere è terminato, serve adesso  un’azione politica volta a ricostruire la scuola, tenendo conto dell’importanza del ruolo sociale dei docenti.
Tuttavia il neo segretario del PD ammette che la politica sulla scuola ha commesso un errore strategico, ha  fatto le riforme della scuola sulla testa di chi vive la scuola. Adesso sull’onda dello slogan “si cambia verso” il Pd, sostiene Renzi, cambierà verso alla scuola italiana, partendo dagli insegnanti, togliendo alibi a chi si  sente lasciato ai margini.  Quindi da queste chiare affermazioni fatte dal segretario del PD, subito dopo il  trionfo delle primarie, sembrerebbe che il tema della scuola è una priorità che si interporrà tra il premier  Letta e Renzi. In buona sostanza tra Letta e Renzi c’è di mezzo la scuola.  Tutti se lo augurano, ma qualcuno,  anche all’interno dello stesso partito democratico è scettico.  Eppure le parole di Renzi sono chiare: “Ora si cambia, c’è la priorità di rafforzare il prestigio sociale dei docenti, che oggi è in caduta libera. Bisogna  coinvolgere gli insegnanti nei processi di riforma, perché oggi gli insegnanti sono stati sostanzialmente  messi ai margini, anche dal nostro partito”. Parole che suonano come musica melodica alle orecchie del  mondo della scuola, ma che non trovano riscontro, almeno finora, sull’operato di Letta e del ministro  dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza.  Agli osservatori di politica scolastica, nascono spontanee delle  domande. Renzi e Carrozza condividono entrambi la riduzione di un anno di scuola nelle scuole secondarie  di secondo grado? Condividono l’idea politica di riformare gli organi collegiali delle scuole, partendo dalla  riforma Aprea – Ghizzoni abortita nella scorsa legislatura? Condividono l’idea di rinnovare il contratto della  scuola, scaduto da oltre 4 anni, soltanto nella parte giuridica? Condividono l’idea di rafforzare l’autonomia scolastica, dando super poteri ai dirigenti scolastici?  Infine condividono l’idea di aumentare l’orario di servizio settimanale ai docenti delle scuole secondarie?  Adesso la scuola attende di capire, in tempi rapidi, se tra Letta e Renzi c’è veramente di mezzo la scuola, o se invece tutto continuerà a scorrere come sempre.

Programma Annuale: è il solito rebus

da Tecnica della Scuola

Programma Annuale: è il solito rebus
di Reginaldo Palermo
Come sempre le scuole non riescono a rispettare i tempi previsti dalle disposizioni in vigore perchè il Ministero non comunica per tempo l’entità delle risorse a disposizione.
Per il Programma Annuale siamo alle solite: le disposizioni in vigore, contenute nel DI 44/2001, prevedono che le istituzioni scolastiche debbano approvarlo entro il 15 dicembre, ma è da sempre che questa scadenza non viene rispettata soprattutto perché entro quella data il Ministero non è mai riuscito a comunicare alle scuole l’entità delle risorse disponibili per la redazione del documento contabile. E’ vero che le scuole potrebbero (e forse dovrebbero) approvare comunque il Programma facendo riferimento al solo avanzo di amministrazione (peraltro presunto, visto che a metà dicembre non si può neppure conoscere l’avanzo definitivo) ma è del tutto evidente che una simile procedura comporterebbe solo lavoro aggiuntivo pergli uffici e per gli stessi organici collegiali(giunta esecutiva e consiglio di istituto). Sta di fatto che a anche quest’anno la “regola” del rinvio sarà rigorosamente rispettata e quindi le scuole potranno adottare il Programma annuale entro il 15 febbraio. Dopo quella data il dirigente scolastico dovrebbe comunicare la situazione all’USR che, a sua volta, dovrebbe designare un commissario ad acta. Ma, negli ultimi anni, ci sono state deroghe anche su questa scadenza perentoria e in più di un caso le scuole hanno approvato il Programma anche nel mese di marzo e oltre. Il punto è che molto spesso le risorse disponibili per le scuole sono legate o a stanziamenti previsti nella legge finanziaria (ora detta di stabilità) o ad altri atti previsti da norme di legge o contrattuale. Per esempio l’entità dei (pochi) fondi ancora legati alla legge 440/97 sull’ampliamento dell’offerta formativa si conosce quasi sempre nelle ultime settimane dell’anno mentre i fondi contrattuali vengono definiti in accordo fra Ministero e sindacati. Peraltro quest’anno si sta verificando un ritardo poco comprensibile perché il Ministero sta legando la nota sul Programma 2014 alla definizione delle risorse del FIS e MOF, che però nulla hanno a che vedere con il documento contabile in quanto non sono più gestite all’interno del bilancio della scuola ma transitano esclusivamente attraverso il cosiddetto “cedolino unico”. Resta poi sempre irrisolto il gravissimo problema dei residui attivi delle scuole e cioè dei crediti che esse vantano nei confronti del Ministero (si parla di circa un miliardo di euro). Ogni volta che i sindacati chiedono di affrontare l’argomento l’Amministrazione propone un ennesimo monitoraggio che senza però provvedere a restituire alle scuole le somme anticipate negli anni per il pagamento di compensi dovuti al personale. C’è comunque attesa sulla nota ministeriale perché molti sono curiosi di sapere se la “promessa” del ministro Carrozza di aumentare le risorse destinate alle spese di funzionamento verrà mantenuta o meno. Attualmente per questa voce le scuole ricevono mediamente 8 euro per alunno, il Ministro aveva annunciato che la somma andrebbe almeno triplicata. Poi, resasi conto della impossibilità di raggiungere questo obiettivo, ha parlato di un aumento del 15-20%. Vedremo se ci sarà almeno questo.