Attività sportiva scolastica: ulteriore taglio del 50% dei finanziamenti. Adesso basta!!

Attività sportiva scolastica: ulteriore taglio del 50% dei finanziamenti. Adesso basta!!

Martedì 10 dicembre, alla Conferenza nazionale dei coordinatori degli uffici di EFS, il dott. Luciano Chiappetta Capo dipartimento per l’istruzione del Miur, sarebbe intervenuto dichiarando che per l’anno scolastico in corso, le disponibilità finanziarie da gestire in ogni scuola sono quelle definite dal portale al momento dell’iscrizione (106,44 euro per classe) e quindi non ci saranno altre risorse in corso d’anno o se ci saranno potrebbero essere pari ad un aggiunta del 5% (economie provenienti da scuole che non richiedono le risorse).

La dichiarazione del DG Chiappetta è gravissima e nello stesso tempo potrebbe essere vicina alla reale situazione di disponibilità finanziaria del MOF (Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa) se per pagare gli scatti di anzianità ai docenti per l’anno 2012 (circa 380 milioni di euro) il Miur dovesse attingere da tali disponibilità.

Riepilogando: le risorse destinate al MOF sono 984 milioni di euro; 521 di queste sono state impegnate con l’accordo del 26 novembre (all’attività sportiva 106,44 euro per classe) ne rimangono 463. Per gli scatti di anzianità 2012 ci sono disponibili da parte del Tesoro solo 120 milioni (dichiarati una tantum) contro i 380 e con la necessità quindi di trovare altri 260 milioni. Se questi vengono prelevati dal fondo del MOF rimangono poco più di 200 milioni di euro!! Dai quali potrebbero venire altri pochi spiccioli a finanziare le attività delle scuole e conseguentemente anche l’attività sportiva scolastica. Identica situazione si è presentata lo scorso anno con corrispondente riduzione del Fondo. Per le attività complementari di Educazione fisica siamo passati dai 60 milioni dell’a.s. 2011/2012 a 40 milioni del 2012/2013  e a 20 milioni (se rimangono tali) per l’a.s. 2013/2014

Da FLcgil prendiamo il confronto dei finanziamenti degli ultimi 3 anni con esempio un Istituto superiore con 30 classi in organico di diritto dove si coglie il taglio del finanziamento all’attività sportiva e alla quota aggiuntiva dei coordinatori di EF.

capdi

Dal momento che anche per il 2014 la situazione dovrebbe ripetersi (blocco degli scatti di anzianità e dei contratti) per ripristinare gli scatti del 2013 si dovrebbero tagliare altri 400 milioni di euro con il probabile azzeramento del Fondo e quindi anche delle risorse destinate alle attività complementari di Educazione fisica.

Tale situazione è insostenibile perché vorrebbe dire la morte dell’attività sportiva scolastica!!

E’ assolutamente necessario che:

1-   il Governo-Miur reperisca le risorse per coprire lo scatto 2012 (con specifico emendamento alla legge di stabilità 2014?) al fine di ripristinare almeno i 40 milioni dello scorso anno (215 euro per classe) e conseguentemente rimpinguare le risorse per tutte le altre attività del FIS e della scuola dell’autonomia!
2-   Le economie (risorse non richieste dalle scuole) dello stanziamento alle attività complementari di EF vengano reinvestite nello stesso istituto contrattuale come già previsto dalle Intese Miur-OOSS del 18 maggio 2010 “ Eventuali economie verranno reimpiegate nel medesimo anno scolastico, per le stesse finalità, finanziando i progetti non rientranti nella prima ripartizione finanziaria” e del 20 giugno 2013.

Oggi con 106 euro per classe mediamente un insegnante di EF può programmare l’attività mediamente per circa 25 ore (il valore dipende dall’anzianità di servizio) che sono assolutamente insufficienti per qualsiasi seria progettazione di attività sportiva scolastica che abbia le caratteristiche del coinvolgimento di tutti gli studenti, continuità per tutto l’a.s.  e che garantisca una adeguata preparazione ai progetti ministeriali…..

Siamo al ridicolo! Il Miur ha espresso un Progetto Tecnico rinnovato (con il lavoro settembrino e forzato dei coordinatori)  poi presentato a Novembre e per svolgere tali attività mette una miseria!  Sembra, poi, che alla trattativa con il sindacato non ci fosse  nessun rappresentante della Direzione Generale per lo studente a perorare la causa delle scuole!

Già a gennaio 2013 scrivevamo:
…….il rischio è di far partecipare alle gare gli atleti (studenti) che sono fortunatamente iscritti alla scuola invece che promuovere gli studenti(atleti) con una attività di preparazione sportivo scolastica adeguata. In ogni caso poi, riuscire a fare le stesse attività con metà del tempo a disposizione e meno risorse, oltre ad essere professionalmente discutibile, potrebbe far pensare che tutta quella organizzazione e quelle risorse non sono poi così necessarie (se si possono fare le stesse manifestazioni con minore tempo e  minori finanziamenti, perché darne di più!!).

Tra l’altro non sono ancora garantite le risorse a disposizione degli uffici EFS per il funzionamento e l’organizzazione degli stessi Campionati Studenteschi!

DOBBIAMO DARE UNA RISPOSTA FORTE DA PARTE DI TUTTA LA CATEGORIA (COORDINATORI COMPRESI)

Stiamo già ricevendo numerose proteste e prese di posizione da parte dei colleghi (in allegato il documento dell’assemblea dei docenti di EF della provincia di Frosinone che “…..comunicano che per il corrente a.s. svolgeranno l’attività solo per le poche ore fruibili sulla base del finanziamento disponibile  e limitatamente a “Classi in gioco”, escludendo quindi la partecipazione alle varie fasi dei Campionati Studenteschi.

Questa potrebbe essere una posizione condivisa che permetterebbe l’incontro-confronto sportivo tra le scuole (spendendo le risorse) e bloccando tutto il resto. O magari organizziamo dei tornei inter-classi che durino il tempo reale per utilizzare e ore a disposizione!

Prendiamo posizione contro il taglio dei finanziamenti all’attività sportiva scolastica!

Chiediamo a tutti i colleghi, ai coordinatori di EF e a  tutte le associazioni di informare della grave situazione, di convocare incontri e assemblee degli insegnanti e di dichiarare le decisioni territoriali e di comunicarle al presidente del Consiglio Letta, al Miur, al Ministero dello sport, ai responsabili scuola dei partiti politici, parlamentari, presidente del Coni, OOSS, ai coordinatori di EF, alle Associazioni di categoria, alla stampa..nazionali e locali
Informiamo le nostre scuole i dirigenti, colleghi, gli studenti, i genitori, gli organi collegiali.. della grave situazione.

La Capdi metterà tutti i documenti  e le iniziative proposte nel sito www.capdi.it ! Cerchiamo di fare tutto prima della pausa natalizia per poi riprendere anche con iniziative nazionali da gennaio 2014!

Oggi più che mai rilanciamo il motto Non c’è educazione senza Educazione fisica

Il presidente Flavio Cucco

News e motori di ricerca, in arrivo la norma più severa d’Europa

News e motori di ricerca, in arrivo la norma più severa d’Europa

di , con un articolo di e

da Il Sole 24 Ore
15 dicembre 2013

L’Italia ha adesso la normativa più severa d’Europa, contro il diritto di siti e motori di ricerca di aggregare o indicizzare le notizie dei giornali. Si trova all’interno del disegno di legge collegato alla Legge di Stabilità, varato ieri dal Consiglio dei Ministri insieme con il decreto legge Destinazione Italia.

In sostanza si dice che i siti devono mettersi d’accordo con gli aventi diritto prima di utilizzare (in qualsiasi modo) prodotti dell’attività giornalistica (di qualunque tipo: stampa, tv…) contrassegnati con la dicitura “diritti riservati”.

È il tentativo di obbligare i big come Google a pagare gli editori per qualunque contenuto editoriale indicizzato sul motore di ricerca normale, su Google News, su Youtube. Visto che la terminologia usata è molto ampia, la normativa può avere però ricadute anche su qualsiasi utente che, nel proprio blog o su Facebook, utilizzi contenuti editoriali protetti da diritto d’autore.

La novità arriva negli stessi giorni in cui Agcom ha varato con una delibera un nuovo regolamento sul diritto d’autore online. Nella Legge di Stabilità, ora in discussione alla Camera e che poi con ogni probabilità tornerà al Senato, ci sono inoltre altre due norme che possono avere una forte ricaduta sull’innovazione tecnologica: la web tax sui giganti come Google e l’aumento dell’equo compenso dovuto, sui dispositivi elettronici, alla Siae.

Non a caso, Matteo Renzi, all’assemblea del partito (PD), ha messo insieme le critiche a tutti queste normative , affermando che così «diamo l’impressione di un Paese che rifiuta l’innovazione». Tra tutte le questioni, quella meno nota e che è passata finora sotto traccia è appunto la norma di Destinazione Italia (ieri il tema è stato aperto da Radio24 su 2024 ).

Nel testo si legge: “Laddove sia stata apposta dichiarazione di riserva, la riproduzione, la comunicazione al pubblico e in ogni caso l’utilizzazione, anche parziali, in ogni modo o forma, ivi compresa l’indicizzazione o aggregazione di qualsiasi genere, anche digitale, di prodotti dell’attività giornalistica, compresi la forma e il contesto editoriali, pubblicati a stampa, con mezzi digitali, tele-radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico con altri mezzi, è consentita solo previo accordo tra il titolare del diritto di utilizzazione economica dei prodotti medesimi, ovvero le organizzazioni di categoria dei titolari dei diritti a ciò delegate, e l’utilizzatore, ovvero le organizzazioni di categoria degli utilizzatori a ciò delegate. In mancanza di accordo sulle condizioni anche economiche dell’utilizzazione, dette condizioni sono definite dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, su istanza della parte interessata”.

Come si vede la terminologia è molto ampia e di fatto copre ogni utilizzo possibile e immaginabile (anche semplice link, indicizzazione, citazione parziale) di contenuti giornalistici di ogni tipo, dagli articoli o spezzoni televisivi. Si dà inoltre compito ad Agcom- un nuovo potere, che si somma a quello sul diritto d’autore appena sancito con la nuova delibera- di stabilire il prezzario per questo utilizzo.

È un terremoto rispetto alla prassi attuale. Com’è noto, i motori di ricerca indicizzano tutto fino a prova contraria, senza chiedere autorizzazioni; editori o gestori di una qualsiasi pagina possono decidere di escludere le proprie pagine dall’indicizzazione. Youtube invece elimina in automatico o su segnalazione il materiale protetto da diritto d’autore di editori tv o altri soggetti.

La novità starebbe quindi nell’accordo preventivo e nell’obbligo di pagare gli editori per usare quei contenuti. È prevedibile che i motori di ricerca e altre piattaforme, piuttosto che pagare, reagiranno escludendo a priori tutti i siti giornalistici.

È stata sempre questa, del resto, la posizione di Google ogni volta che è stata ventilata un’ipotesi simile in altri Paesi. Finora solo la Germania ci ha provato, con una legge, che ha però un effetto meno importante rispetto a quella italiana. Il Bundestag, il parlamento tedesco, ha approvato la cosiddetta lex Google, che impone ai motori di ricerca e agli aggregatori di notizie di pagare una tassa di licenza per la pubblicazione dei contenuti editoriali sui rispettivi siti. Nella versione definitiva della legge è stato tuttavia inserito un passaggio per consentire la pubblicazione di singole parole o di parti ridotte dei testi. Di fatto lascia inalterato così lo status quo.

Non c’è la stessa “scappatoia” nella normativa italiana e quindi ora la parola, eventualmente, spetterà al Parlamento nella fase di conversione del decreto in legge. Per altro, il testo della norma italiana non tiene conto del diritto di citazione da parte di qualsiasi utente sul proprio sito o pagina Facebook, aprendo la via a possibili controversie e rischi di (auto)censure. In altre parole, come se fosse una macchina del tempo tarata su tempi pre-internet, la norma non tiene conto della prassi dei social network e del web 2.0.

Ampie le ricadute potenziali anche del regolamento Agcom, che scatta a marzo 2014. L’Autorità, su segnalazione dei detentori di diritto d’autore, chiederà ai soggetti responsabili di rimuovere contenuti pirata presenti sul web. In caso di rifiuto, ordinerà agli hosting provider o ai provider d’accesso internet rispettivamente di rimuovere il contenuto dai propri server o di oscurare il sito. La procedura durerà 35 giorni e l’ordine andrà eseguito in cinque giorni (i tempi scendono a dodici e tre giorni nei casi più gravi e urgenti). I provider rischiano fino a 250 mila euro se non ubbidiscono.

Anche questa è una norma che ha impatto sui big del web e infatti a quanto risulta Google e altri sono pronti a impugnarla al Tar del Lazio. Li riguarda direttamente la web tax, inoltre, com’è noto: presente all’interno della Legge di Stabilità (ancora non approvata, a differenza delle altre due norme). Prevede l’obbligo di acquisto di pubblicità o servizi di e-commerce da operatori con partita Iva italiana ma anche un calcolo del reddito da tassare in Italia basato non sui costi sostenuti ma su altri indicatori di profitto. A questo si aggiunge il vincolo di tracciabilità nei pagamenti di servizi pubblicitari sulla rete.

Completa il quadro l’aumento – pure previsto nella Legge di Stabilità – per l’equo compenso Siae per il diritto alla copia privata su dispositivi elettronici. Il testo prevede che venga allineato alla media europea e quindi rincarato – secondo le prime stime – di circa il 70 per cento.

Sarà poi un decreto un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ad aggiornare i compensi previsti per ciascun dispositivo, i cui prezzi quindi aumenteranno al pubblico: smartphone, memorie, hard disk, computer, tablet.

«Dobbiamo subito ribadire che nuovi aggiuntivi balzelli non farebbero che penalizzare ulteriormente l’innovazione tecnologica», ha commentato Cristiano Radaelli, presidente di Anitec, l’Associazione Nazionale Industrie Informatica. «Se implementata, questa richiesta si trasformerebbe, di fatto, in un costo aggiuntivo che graverebbe sui consumatori e sulle famiglie, generando il concreto rischio di allargare il digital divide italiano».

Maestro anch’io, finalmente!

Maestro anch’io, finalmente!

di Umberto Tenuta

 

Maestro anch’io, finalmente!

Maestro, un sogno, un’avventura.

 

Sono arrivato lì, sull’aia, sulla quale sedici bambini mi aspettavano, con la loro compagna Maria che dirigeva il Girotondo, lì, sull’alto della collina di Sciuddri, collina dirupata, affacciata sulla verde Valle del Crati che scorre ai suoi piedi.

 

Sono arrivato sul cavallo baio che avevo chiesto allo zio Salvatore, almeno per il mio augurale ingresso nel nuovo mondo della scuola che tanto mi aveva mortificato quanto io poi sono riuscito ad emergere.

Esami che avrebbero dovuto riparare le umiliazioni inflittemi dai professori, soprattutto di quello di Educazione meccanica, sì, di educazione meccanica, che nei giorni di Officina Ferro immancabilmente mi apostrofava: “Ca..one, ca..one, ca..one, non vedi che combini! Più limi e più il tuo pezzo di ferro −pezzo di fortuna− risulta a dislivello!”.

 

Avevo pianto a dirotto, quando la professoressa di francese mi aveva comunicato che ero stato rimandato a settembre. Avevo pianto a dirotto, ma nessuno mi aveva consolato con voce materna!

 

E avevo pianto, di nascosto, nascondendo le lacrime col fazzoletto, anche allora, quando avevo sentito il mio Maestro che diceva a mio padre: <<Ma questo è un ragazzo intelligente ed io gli farò fare gli esami di ammissione alla scuola Media, e non gli esami di riparazione>>.

Mio padre aveva biascicato che così avrei perduto un anno di scuola e lui lo tranquillizzò dicendo che avrei recuperato l’anno perduto facendo gli esami di Licenza Media al termine della classe seconda, quando, come lui aveva profetizzato, forse per motivarmi, sarei stato promossocon la media dell’otto.

 

E così fu!

 

Entrai all’età giusta all’Istituto Magistrale e, ormai abituato ad essere il primo della classe, di diritto Capoclasse, saltai ancora la Quarta magistrale!

Appena diciottenne, avevo già in tasca il Diploma di abilitazione magistrale!

Con mia grande fortuna, lo utilizzai subito, quel Diploma, nell’ottobre successivo, affrontando il Concorso magistrale che alla fine della primavera successiva mi vedeva Maestro a pieni voti.

Ora, sì, potevo cavalcare il cavallo baio e andare incontro al mio futuro di successi professionali: maestro per un decennio scarso, dirigente per un decennio pieno, ispettore per un trentennio scarso!

 

Ma ritorniamo sull’aia, in alto, lassù sul dirupo di creta scivolosa che ogni mattina mi avrebbe visto arrancare per raggiungere la piana dell’aia, sulla collina affacciata alla verde Valle del Crati.

Là mi accolsero, stupite le bambine, stupiti i bambini, che mi vedevano così giovane arrivare sull’aia dei girotondi, per mettermi a giocare con loro, mano nella mano!

 

Dopo il girotondo, andammo nell’aula, là, nel sottoscala, illuminato da una piccola finestra con l’inferriata che impediva di sporgere la testa fuori a guardare le contadine sulla viuzza stretta.

 

Cominciai così:

“Oh, miei bravi bambini, io sono il vostro nuovo maestro! 

Giocherò con voi, come stamattina sull’aia, ogni mattina, anche in questa bella scuola, e voi giocherete con me!

Sapete, io sono stato uno di voi, uno che amava giocare, giocare il gioco della CONOSCENZA, per conoscere il mondo che gli si squadernava dinnanzi agli occhi di bambino curioso che  il  mondo guardava con gli  occhi incantati dalle fiabe che mia madre analfabeta mi raccontava innanzi alle fiamme alte del focolare.

Sapete, questo gioco l’ho appreso da un grande Maestro ed ora lo faremo assieme!”

 

Mi corsero addosso, mi circondarono chiedendomi quali fossero le regole di questo gioco che essi non conoscevano.

Io dissi loro che un Saggio antico, di nome Platone, me lo aveva insegnato e che io l’avevo sempre praticato, affascinato dalle letture delle fiabe che facevo fuori dalla scuola, affascinato dal desiderio di conoscere da vicino le alte vette della Serra di Paola e dell’Altopiano della Sila che chiudevano la nostra comune valle del Crati, affascinato dai giochi geometrici che facevo scrivendo con uno scuorpuru sullo spazio piano della terra che stava sotto i miei piedi scalzi.

 

Cominciai a raccontare la fiaba della mia infanzia, intento a raccogliere le erbe ed i rossi papaveri dei miei verdi prati, a guardare incantato le forme delle foglie di fico, di ulivo e di querce, dei salici piangenti e dei pioppi frondosi sui cui rami mi accoccolavo.

Sì, raccontavo delle lucertole che fuggivano negli spinari, delle cavallette, dei lombrichi che aravano la terra…

Raccontavo la fiaba della mia infanzia, della mia fanciullezza, della mia adolescenza, pronto a vivere con loro la fiaba della mia giovinezza!

 

I bambini erano incantati e smarriti allo stesso tempo, presi dal rimorso di non fare scuola, di perdere il loro tempo per ascoltare le mie fiabe, venendo meno ai loro obblighi scolastici di eseguire copiati, di scrivere temi sugli argomenti imposti e soprattutto di risolvere i problemi del maestro, che non erano i loro problemi.

Io li rassicurai.

I bambini mi regalarono la loro fiducia!

Il patto era chiaro.

Noi avremmo giocato ogni giorno, avremmo giocato nell’angusto sottoscala e sull’aia festosa che si godeva lo spettacolo fiabesco dei monti della Sila e della verde Valle del Crati.

E così fu!

 

Ma questa è solo la prima giornata di un giovane Maestro.

Istruzione, i danni postumi di Gelmini: cancellata la Storia dell’arte

da Il Fatto Quotidiano

Istruzione, i danni postumi di Gelmini: cancellata la Storia dell’arte

di Tomaso Montanari

Le colpe dei Padri ricadono sui figli, si sa. Così pagheremo per generazioni l’idea scellerata di affidare l’Istruzione (che una volta era) pubblica a un ministro come Mariastella Gelmini. Tra le eredità più pesanti di quel passaggio fatale si deve contare l’ulteriore estromissione della Storia dell’arte dalla formazione dei cittadini italiani del futuro.

Nonostante la raccolta di oltre 15 mila firme, nonostante l’appoggio esplicito del ministro per i Beni culturali Massimo Bray, nonostante la disponibilità di quasi 2500 precari prontissimi a insegnarla, la ministra Maria Chiara Carrozza non è per ora riuscita a rimediare al grave errore di chi l’ha, purtroppo, preceduta.

Fortemente ridotta negli Istituti tecnici, la Storia dell’arte è stata del tutto cancellata in quelli Professionali: dove è possibile diplomarsi in Moda, Grafica e Turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo o Michelangelo. E nei Licei artistici non si studierà più né il restauro né la catalogazione del nostro patrimonio artistico. Inoltre si chiudono tutte le sperimentazioni che rafforzavano l’esigua presenza della Storia dell’arte negli altri licei (compresi i classici, da sempre scandalosamente a digiuno di figurativo). Numeri alla mano, più della metà dei nostri ragazzi crescerà in un radicale analfabetismo artistico.

Non si tratta di una svista, né di un caso. È stata invece una scelta consapevole, generata dal disprezzo per le scienze umanistiche in generale e da una visione profondamente distorta del ruolo del patrimonio storico artistico del Paese: che non si salverà finché gli italiani non torneranno prima a saperlo leggere. Insomma, oggi non riusciamo a trovare qualche diecina di milioni per insegnare la Storia dell’arte: domani ne dovremo spendere centinaia o migliaia per riparare ai danni prodotti dall’ignoranza generale che stiamo producendo.

Perché un italiano dovrebbe essere felice di mantenere, con le sue sudate tasse, un patrimonio culturale che sente lontano, inaccessibile, superfluo come il lusso dei ricchi? È una domanda cruciale, e se davvero si vuol cambiare lo stato presente delle cose, è da qua che bisogna partire. Per la maggior parte degli italiani di oggi, il patrimonio è come un’immensa biblioteca stampata in un alfabeto ormai sconosciuto. E non si può amare, e dunque voler salvare, ciò che non si comprende, ciò che non si sente proprio. Per non parlare della nostra classe dirigente: la più figurativamente analfabeta dell’emisfero occidentale.

Lo storico dell’arte francese André Chastel scrisse che al Louvre gli italiani si riconoscevano dal fatto che sapevano come guardare un quadro: e lo sapevano perché, a differenza dei francesi, lo studiavano a scuola. Ma proprio ora che i francesi provano ad adottare il nostro modello, noi lo gettiamo alle ortiche.

E se non ci pensa la scuola, è illusorio pensare che lo facciano altre agenzie (potenzialmente) educative. Nei media, nei programmi televisivi, nei libri per il grande pubblico non c’è posto per una Storia dell’arte che non sia il vaniloquio da ciarlatani sull’ennesima attribuzione farlocca, o sulle mostre di un eventificio commerciale che si rivolge a clienti lobotomizzati e non a cittadini in formazione permanente.

Educare al patrimonio vuol dire far viaggiare gli italiani alla scoperta del loro Paese, indurli a dialogare con le opere nei loro contesti, e non in quelle specie di tristi giardini zoologici a pagamento che sono quasi sempre le mostre. Renderli capaci di leggere il palinsesto straordinario di natura, arte e storia che i Padri hanno lasciato loro come il più prezioso dei doni. Perché non dirottare la gran parte dei soldi pubblici spesi per far mostre (in gran parte inutili, anzi dannose) in borse di viaggio attraverso l’Italia per studenti capaci e meritevoli, di ogni ordine e grado? Ma tutto questo non si può fare se manca quel minimo di alfabetizzazione che solo la scuola può dare. E che – paradossalmente – gli insegnanti eroici della scuola dell’infanzia e della scuola primaria offrono spesso molto bene, costituendo un patrimonio di conoscenze che viene poi totalmente dissipato alle superiori.

Nel 1941, nell’ora più nera della storia europea, il grande storico dell’arte Bernard Berenson seppe distillare pagine profondissime, e sconvolgentemente profetiche, sul destino della storia dell’arte. In quei mesi, egli intravide un mondo “retto da biologi ed economisti, come guardiani platonici, dai quali non verrebbe tollerata attività o vita alcuna che non collaborasse a un fine strettamente biologico ed economico”. Egli previde anche che “la fragilità della libertà e della cultura” avrebbe potuto aprire la strada a una società in cui ci sarebbe stato spazio per “ricreazione fisiologica sotto varie forme, ma di certo non per le arti umanistiche”. Meno di un secolo dopo ci stiamo arrivando: anche se la Gelmini, nemmeno un Berenson poteva prevederla.

Giovani: 3,7 milioni non studiano né lavorano

da Corriere della Sera

dati istat

Giovani:  3,7 milioni non studiano né lavorano

I  Neet (not in Education, Employment or Training)   under 35 aumentano di 300 mila unità in un  anno. Record al Sud

In Italia ci sono oltre 3,7 milioni di giovani under 35 che non studiano, non lavorano né sono in alcun percorso formativo: il 28,5% della popolazione in questa fascia di età, in crescita e ai primi posti in Europa (più 300 mila rispetto a un anno fa). La fotografia sui Neet (Not in Education, Employment or Training) è stata scattata dall’Istat con riferimento al terzo trimestre 2013 ampliando (come fa l’Eurostat) il limite di età di riferimento dai 29 ai 34 anni. La situazione è drammatica al Sud con quasi il 40% degli under 35 che non studia né lavora (oltre due milioni di persone). Dalle tabelle si evince che su 3,7 milioni di giovani che non studiano e non lavorano, 1,2 milioni non cercano lavoro né sono disponibili a lavorare. Ma per altri 2,5 milioni c’è la disoccupazione (1,333 milioni) o il limbo  delle «forze di lavoro potenziali» (ovvero la condizione di coloro che pur non cercando sarebbero disponibili a lavorare) con oltre 1,2 milioni di persone.  Finora l’Istat aveva diffuso le rilevazioni sui Neet fino ai 29 anni: 2,5 milioni contro i 2,3 del terzo trimestre 2012.  Oltre la metà dei Neet (2 milioni) sono al Sud con una percentuale che sfiora il 40% del totale . Se si guarda agli under 29 nel Mezzogiorno sono fuori dal percorso lavorativo, formativo e di istruzione il 36,2%(1,3 milioni su 2,5 milioni  in tutto il Paese). Nel complesso ci sono quasi 1,2 milioni di Neet tra i 30 e i 34 anni di cui 666.000 al Sud. Sulla cifra totale  di 3,7 milioni ci sono oltre 1,5 milioni di giovani con bassa scolarità (fino alla licenza media), mentre 1,8 milioni hanno il diploma di maturità e 437.000 hanno nel cassetto una laurea o un titolo post laurea.

In qualche scuola vorrebbero risparmiare sui coordinatori di classe

da Tecnica della Scuola

In qualche scuola vorrebbero risparmiare sui coordinatori di classe
di Lucio Ficara
Il taglio sul FIS non risparmia nulla e nessuno. In diverse scuole si sta già pensando a come fare per risparmiare sui compensi. Il rischio sono le dimissioni da incarichi decisivi insopprimibili.
La notizia è di quelle che fa rumore e preoccupa soprattutto i coordinatori di classe di talune scuole. Infatti  visto il gravoso taglio del Mof di 350 milioni di euro, attuato per permettere di sbloccare gli scatti di anzianità del personale scolastico per il 2012, si riducono gli spazi contrattuali, ancora di più rispetto all’anno scolastico passato, tanto da dovere prendere la decisione di ridurre e tagliare, dall’elenco dei compensi, alcune voci, anche di particolare importanza. Ci giunge l’indiscrezione dall’interno di alcune scuole che si stanno facendo i conti sul cosa tagliare, per fare quadrare i conti. Una delle voci incriminate, ma che noi riteniamo indispensabile, per il buon funzionamento delle scuole, è la voce di pagamento dei coordinatori di classe. Questi sono figure delegate del dirigente scolastico, che si occupano di seguire tutto l’andamento burocratico-amministrativo di una data classe. I coordinatori di classe, svolgono anche il compito di  presiedere il consiglio di classe, in assenza del dirigente, che non avendo il dono dell’ubiquità è spesso indisponibile a seguire i consigli di classe e a volte anche gli scrutini. Il coordinatore è una sorta di punto di riferimento per i problemi che sorgono all’interno della classe. È responsabile degli esiti del lavoro del consiglio ed è facilitatore di rapporti fra i docenti. Per questo compito di delega, che comunque risulta particolarmente gravoso, soprattutto nei periodi di scrutini,  il coordinatore viene retribuito, secondo la tabella 5 allegata al contratto scuola, riferita alla voce ore aggiuntive non di insegnamento, il compenso di 17,50 euro lordi l’ora. Di solito nei contratti integrativi d’Istituto, si prevede un pacchetto annuale per ogni coordinatore di 20 ore, quindi per un importo lordo complessivo di 350 euro l’anno. Una scuola con 60 classi, spende per questa figura, circa 21mila euro lordi. Se le scuole dovessero decidere di risparmiare sui compensi dei coordinatori, sarebbe scontato un naturale effetto dimissioni dal ruolo di coordinatore da parte di molti docenti incaricati. Ma è possibile contravvenire alla delega che il dirigente scolastico fa al docente coordinatore di classe? Il docente coordinatore è sicuramente non obbligato, per le norme contrattuali vigenti, ad eseguire tutto il lavoro che attiene per esempio alla raccolta delle programmazioni didattiche, alla stesura del documento del consiglio di classe, a curare i rapporti, in casi di particolare difficoltà didattico-disciplinare, con i genitori degli alunni della classe, alla raccolta di documentazione per il conteggio delle assenze, e per il conteggio, nel caso delle scuole secondarie di secondo grado, dei crediti scolastici, alla compilazione dei moduli per le comunicazioni alle famiglie e altro ancora. Quindi, poiché tutti i compiti suddetti non sono disciplinati dall’art. 29 del CCNL scuola nella parte che attiene agli obblighi delle funzioni delle attività funzionali all’insegnamento, il docente coordinatore può dimettersi dall’espletare questi compiti, mentre potrebbe avere l’obbligo, ma per questo c’è una certa ambiguità normativa, come se fosse un ordine di servizio a presiedere il consiglio di classe come delegato del dirigente scolastico. La cosa stupefacente è quella che si possa pensare di obbligare, con ordini di servizio, i coordinatori a lavorare gratis, perché alle scuole sono state tolte risorse importanti. Speriamo che nessuna scuola avanzi realmente questa surreale ipotesi di taglio di spesa.

Edilizia scolastica, arrivano i fondi dello Stato dall’8×1000

da Tecnica della Scuola

Edilizia scolastica, arrivano i fondi dello Stato dall’8×1000
di A.G.
Approvato, dalla commissione Bilancio della Camera, un emendamento del Movimento 5 Stelle alla legge di stabilità: i soldi che i contribuenti destinano allo Stato saranno destinati anche alla ”ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”.
Dal prossimo anno i cittadini italiani potranno molto probabilmente migliorare lo stato edilizio degli istituti scolastici. Nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre è stato infatti approvato, dalla commissione Bilancio della Camera, un emendamento del Movimento 5 Stelle alla legge di stabilità. Il provvedimento prevede che i fondi dell’8 per mille che i contribuenti destinano allo Stato saranno destinati anche alla ”ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”.
Si tratta di un provvedimento che, se approvato anche nell’aula Montecitorio con il nuovo maxi-emendamento, porterà non pochi soldi ad un comparto, quello della sicurezza scolastica, che necessita di finanziamenti urgenti.
Intanto,  la commissione Bilancio della Camera ha sospeso l’esame della legge di stabilità. E lo riprenderà domenica 15 dicembre, alle ore 21, per lavorare in seduta notturna. Entro la serata del 14 dicembre arriveranno gli ultimi emendamenti del governo e del relatore Maino Marchi (Pd) sui temi accantonati: i temi vanno dal fondo taglia cuneo fiscale agli esodati, dal dissesto idrogeologico alla sicurezza, dalle spiagge agli stadi agli Lsu (anche gli addetti alle pulizie impiegati negli istituti scolastici) e anche su scuola e università.

Concorso a Ds in Lombardia: troppe le differenze valutative fra prima e seconda correzione?

da Tecnica della Scuola

Concorso a Ds in Lombardia: troppe le differenze valutative fra prima e seconda correzione?
di Aldo Domenico Ficara
Dopo gli esiti della nuova correzione degli scritti al concorso per dirigenti scolastici, che si sta svolgendo in Lombardia, le perplessità di molti candidati, che si sono visti ribaltare l’esito valutativo, sono aumentate esponenzialmente
E’ molto probabile che l’inevitabile conseguenza sarà quella di esercitare il diritto di accesso ai documenti amministrativi. I candidati esclusi dalla seconda correzione vorranno vedere come elaborati valutati nella prima correzione “nettamente negativi“, possano essere stati considerati più che sufficienti nella seconda correzione, mentre i loro scritti valutati in prima battuta sufiicienti non lo sono stati più con la ricorrezione. Si ricorda che più un centinaio di ex idonei a causa della seconda correzione non è stato ammesso all’orale. A tal proposito negli appunti di giurisprudenza della UIL a cura di Domenico Naso si può leggere: “Il Tar Lazio con la sentenza n. 32103/2010, ha stabilito che, in caso di concorso pubblico, il diritto di accesso ai documenti amministrativi prevale sul diritto alla riservatezza, Pertanto, i partecipanti ad un concorso possono accedere ai verbali, alle schede di valutazione ed agli elaborati degli altri candidati senza che il diritto alla riservatezza degli altri candidati ne risulti leso. Infatti, come si legge nella parte motiva della sentenza: “i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione nella quale la comparazione dei valori costituisce l’essenza…”. Inoltre questi atti, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti“. Si ricorda che nella prima correzione furono ammessi alla prova orale 476 candidati, di cui 406 entrarono nella graduatoria di merito, poi annullata per la questione delle buste trasparenti. Oggi i numeri sono cambiati, ma in particolar modo è cambiato il rapporto tra ex idonei e ex non idonei della prima correzione. Infatti, facendo un primo approssimativo conteggio (con una tolleranza massima di errore del 5%) abbiamo circa 604 ammessi alla prova orale, tra i quali dovrebbero esserci 124 ex idonei bocciati e ben 252 ex bocciati (prima correzione) promossi alle fasi successive del concorso. Questi dati potrebbero far scatenare nuove ondate di ricorsi amministrativi, visto che elaborati prima valutati meno di 7/30, ora sono diventati almeno dei 21/30. Prodigi delle griglie di valutazione? Non rimane che attendere i futuri sviluppi concorsuali.

Ata, il 16 dicembre sciopero USB per salvare 22mila ex-lsu

da Tecnica della Scuola

Ata, il 16 dicembre sciopero USB per salvare 22mila ex-lsu
di A.G.
I lavoratori protesteranno contro l’avvio delle procedure di licenziamento per i lavoratori in servizio in circa 4mila scuole, prevalentemente nel centro-sud: le esternalizzazioni sono state un fallimento, l’unica soluzione è il loro passaggio diretto e immediato negli organici del Miur. Il Governo, intanto, si impegna a trovare una soluzione tempestiva.
L’Unione Sindacale di Base conferma lo sciopero degli ex-lsu Ata per l’intera giornata di lunedì 16 dicembre, con manifestazione a Roma, in piazza San Silvestro: dalle ore 10, i lavoratori protesteranno contro l’avvio delle procedure di licenziamento per 22 mila lavoratori e addetti alle pulizie in servizio in circa 4mila scuole, prevalentemente nel centro-sud.
“Dopo che Ministero dell’Istruzione e Governo hanno drasticamente tagliato le risorse destinate al servizio di pulizie nelle scuole, da anni gestito in appalto da Consorzi di aziende e cooperative – ha scritto l’Usb in una nota – è stata indetta una gara Consip con ribassi fino al 70% per le nuova aggiudicazioni. I Consorzi, a cui non è garantita né proroga degli appalti in essere né certezza di futuri affidamenti, hanno cominciato ad inviare le lettere di licenziamento”.
L’Usb, che da anni si batte contro il sistema degli appalti, sottolinea che l’assunzione diretta di questi lavoratori, oltre a dare un futuro certo a migliaia di famiglie, avrebbe determinato un risparmio di circa 60 milioni di euro annui.
l’Usb indice lo sciopero chiedendo il ritiro dei licenziamenti, il blocco dei passaggi di cantiere a ribasso e la piena garanzia per tutti gli addetti pulizia scuole di prosecuzione lavorativa a tempo indeterminato e senza sospensioni o riduzioni. La manifestazione avrà come principale obbiettivo quello di indicare al Governo e al Parlamento quella che oggi sempre più sembra essere l’unica soluzione vera a questa vertenza, visto il disastroso esito delle esternalizzazioni, e cioè l’assunzione dei lavoratori attraverso il passaggio diretto e immediato negli organici del personale Ata e la gestione degli eventuali esuberi con ammortizzatori sociali. Intanto, da parte del Governo si si registra una risposta positiva. Il 13 dicembre il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, ha presentato nel corso del Consiglio dei ministri una relazione proprio sui lavoratori socialmente utili del comparto scuola: “il governo – ha spiegato Carrozza – si è impegnato a individuare soluzioni adeguate e tempestive”. Insomma, qualcosa si muove. Ma lo sciopero del 16 è confermato.

35° Anniversario del Centro Studi “Chora-Ma”

Un’operazione riuscita

di Antonio Stanca

chora-maLa sera di Mercoledì 11 Dicembre a Sternatia (Lecce) presso il Palazzo Marchesale “Granafei” è stata celebrata la ricorrenza del trentacinquesimo anniversario della fondazione del Centro Studi “Chora-Ma”, che nel Palazzo ha sede. Molte sono state le persone presenti e molte le autorità convenute, dai rappresentanti della Chiesa e del Comune di Sternatia, della Provincia di Lecce e dell’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina ai sindaci dei paesi vicini. Dopo le relazioni introduttive di Vincenzo Filieri, Segretario del Centro Studi, e di Donato Indino, Presidente, ci sono stati interventi volti a sottolineare l’importanza dell’attività svolta da “Chora-Ma” durante i trentacinque anni della sua esistenza e ad evidenziare l’impegno profuso per il recupero e la valorizzazione del “griko”, del sostrato linguistico, cioè, ancora presente a Sternatia e dintorni a testimonianza dell’antica colonizzazione greca. Sono stati illustrati i rapporti, gli scambi avvenuti nel lontano passato tra Sternatia e la Grecia, si è detto delle tante testimonianze che di essi sono state portate alla luce grazie all’azione di “Chora-Ma”. A conferma di tale attività e di altre iniziative promosse dal Centro e finalizzate a coinvolgere, interessare sia i giovani sia gli anziani, a fare di esso un riferimento sicuro, una presenza attiva nel territorio, è stato proiettato un video intitolato “I nostri primi 35 anni”.

Sono venute poi le considerazioni conclusive del professore Emilio Filieri, docente di Letteratura Italiana presso l’Università di Bari. Egli ha parlato del significato, del valore che hanno operazioni come quella compiuta da “Chora-Ma”, ha spiegato che, tramite il recupero di una lingua del passato, si arriva a ricostruire la cultura, la religione, il costume, la civiltà, la vita di un’area geografica che rischierebbe di rimanere sconosciuta, ha precisato che la lingua offre la possibilità di entrare a far parte della storia, di diventare un suo elemento permanente.

Dopo l’aperitivo la serata ha avuto termine con un’esibizione folkloristica ad opera del gruppo “Asteria”.

Attento è stato il pubblico, ha seguito con molto interesse le varie fasi della manifestazione, i discorsi fatti per ripercorrere la storia del Centro. Si è pure parlato delle difficoltà attraversate durante i primi anni, del lavoro dei collaboratori ed in particolare del Presidente Indino, della comune aspirazione che li ha mossi fin dall’inizio circa il recupero della lingua “grika”. Tra tante altre testimonianze del passato di Sternatia quella linguistica è sembrata loro molto importante ed alla sua riscoperta hanno dedicato gran parte della loro attività. Per studiarla, chiarirla hanno cercato e ottenuto la collaborazione di noti studiosi non solo locali o nazionali ma anche stranieri, hanno promosso la pubblicazione di molti testi in lingua “grika”, hanno organizzato dei corsi per il suo apprendimento, l’hanno fatta inserire tra le discipline scolastiche della locale Scuola Media. “Chora-Ma” ha ritrovato il “griko”, lo ha sottratto al silenzio al quale sembrava destinato, ha esteso la sua conoscenza. Con esso, per esso ha ottenuto, instaurato rapporti durevoli con la Grecia, con ambienti, istituzioni, personalità del posto al fine di confrontare con le loro le proprie iniziative, di sottoporre alla loro verifica, ritenendola tra le più idonee, i propri risultati. Tramite il “griko” il Centro è giunto lontano, prima lo ha cercato, lo ha  raccolto, poi lo ha diffuso, ne ha fatto il motivo principale della sua attività ed è riuscito a procurargli la dignità, l’importanza che ad ogni lingua spettano, a renderlo un mezzo di comunicazione ancora possibile.

Un’operazione di carattere non solo culturale è stata quella svolta dal Centro ma anche sociale. Per questo il suo nome non è rimasto nei confini del Comune che l’ha visto nascere ma è diventato noto anche a distanza, è diventato una realtà della quale si deve tener conto.