Motivare Perchè Come Quando
di Umberto Tenuta
Ho scritto “Motivare motivare motivare“.
Mi si domanda, legittimamente: perché, come, quando,?
Scrive Tommaso D’Aquino:
<<Ogni essere che agisce, agisce per un fine. Ora, per ogni essere, il fine è il bene che si desidera e si ama. Da ciò è manifesto che ogni essere che agisce, qualunque sia questo essere, compie ogni sua azione, qualunque sia questa sua azione, mosso da qualche amore>>[1]
Mi sembra che questa sia una risposta esauriente, sulla quale riflettere.
Le pietre si muovono, perché spinte dalla forza dell’acqua o del vento o di qualsiasi altra forza che le trascina.
E così le piante che svettano verso il sole, il sole che ad esse dona la vita.
O maestre e maestri, avete mai visto l’erba che dal masso che la schiaccia fuoriesce alla luce del sole, luce che la fa vivere, crescere, fiorire nei suoi colori stupendi?
Avete mai visto le rondini volare nel cielo azzurro ed i pesci nuotare nelle acque profonde alla ricerca delle loro prede?
Anche il figlio di donna è un essere vivente, un essere che ama la vita, che si porta dentro il suo bergsoniano slancio vitale[2], istinto di vita che sin dal grembo materno lo porta a muoversi, ad esplorare, ad alimentarsi, come poi farà, sin dai primi vagiti, muovendo la testa ove lo chiama l’odore del latte che fuoriesce dai seni dalla madre amorosa che se lo stringe al cuore.
Istinto di vita che gli dà il pianto per gridare i suoi bisogni vitali, istinto di vita che non gli consente di cadere e di soffocare sotto la coperta, dalla quale sempre fuoriesce per respirare l’ossigeno della vita.
E ancora, il figlio di donna, candidato alla condizione umana[3], ha cominciato già nel grembo materno il suo cammino, il cammino dell’uomo[4], che lo porterà ad essere il capolavoro di madre natura.
Cammino lungo, quello del figlio di donna, cammino di vita, cammino di crescita, cammino che ha bisogno di alimenti[5].
Già nel grembo materno non si era alimentato solo attraverso il cordone ombelicale ma aveva cominciato a manifestare la sua sete umana di conoscere attraverso l’esplorazione delle pareti dell’aula nella quale viveva.
Appena nato, accresce la sua attività esploratoria.
Non si accontenta del latte materno che lo fa diventare alto[6], robusto, estremamente complesso nel suo corpo, più di qualsiasi altro animale terrestre, soprattutto nel suo cervello di cento miliardi di neuroni e di un numero senza fine di sinapsi[7].
Sì, sinapsi senza limiti, che possono superare quelle di Dante, di Leonardo da Vinci, di Rita Levi Montalcini!
Novello Einstein, egli esplora in lungo e in largo gli sconfinati territori della cultura umana che percorrerà per andare oltre, per arricchirla di nuove inesplorate inimmaginabili terre.
Sì, lui, piccolo marmocchio, bello come nessun altro per la mamma sua, si porta dentro una forza che lo spinge, che lo chiama, che lo fa andare più lontano di ogni seme che la pianta affida al vento perchè essa possa continuare a vivere nelle nuove piante, nelle quali essa rivivrà, fino a quando madre terra non precipiterà nello spazio cosmico.
Bambini assetati di latte e assetati ancor più di saperi: sapere, saper fare, sapere essere (conoscenze, capacità, atteggiamenti)[8]!
La curiosità innata[9] è la più profonda motivazione del figlio di donna.
Una curiosità che porterà il cucciolo dell’uomo verso i confini più lontani delle steppe sterminate, oltre le vette dell’Everest, nello sconfinato spazio cosmico, per raggiunger il Big Bang[10].
L’avete mai visto, voi, di cosa è capace il figlio di donna, di nome Prometeo, che ruba il fuoco agli dei per farne dono ai suoi fratelli umani?
L’avete mai visto Icaro, l’alato figlio di Dedalo, volare alto nei cieli azzurri dell’Egeo?
L’avete mai visto, voi, il Figlio di Galilea che porta la buona novella a tutti i fratelli della terra fino alla fine dei secoli?
Che fate, voi madri generose, se non rispondere alla fame dei vostri figli?
Ecco, nascono i bambini assetati di latte e di saperi: sapere, saper fare, sapere essere.
Quali madri accorte, generose, sagge, le donne soddisfano ogni crescente bisogno dei loro figli.
E non si risparmiano mai!
Anche i padri fanno la loro parte. E la fanno anche i fratelli e le sorelle, le nonne ed i nonni, le zie e gli zii, tutto il parentado.
E il bambino cresce in virtute e canoscenza[11].
Cresce se è alimentato.
A un anno pattina, a tre suona il violino e parla due lingue[12].
A quattro anni ha sviluppato il 50% della sua intelligenza[13].
Cresce tra le mura della sua casa dalle pareti verdi come la sua verde età, case traboccanti di giocattoli i più fantasiosi,
case allietate dai canti melodiosi delle amorevoli madri.
Cresce nei verdi prati che percorre veloce per acchiappare le farfalle multicolori che svolazzano di qua e di là.
Cresce nei giardini delle Case agazziane coi loro musei delle cianfrusaglie che tanto stimolano la sua esuberante fantasia creatrice.
Cresce nelle Case dei bambini della Montessori, ricche già degli odierni materiali strutturati, ancora per poco non digitali.
Cresce, allarga sempre più i confini delle cose toccate, prese, spezzate, assaporate, gustate, guardate con occhi meravigliati.
Espande senza confini, senza limiti di tempo e di spazio, la sua innata curiosità.
Poi arriva il giorno che le sagge madri hanno fatto attendere come terra promessa, il giorno della loro corsa verso la Scuola che porta il loro nome e il nome delle loro madri: Case dei bambini e Case materne.
Entrano festanti e subito chiedono: Maestra, aiutami a fare da solo!
Sì, nati dipendenti, aspirano all’indipendenza, all’autonomia.
Dante dice a Virgilio: “Tu sei lo mio maestro e lo mio autore”!
E Virgilio con infinita amorevole discrezione facilita a Dante il lungo cammino nei tre regni perché giunga al cielo empireo, ove lo incorona: “Ora te sovra te corono e mitrio”.
Così fanno le madri, così fanno i padri, così fanno e debbono fare i maestri, quelli della scuola dell’infanzia, quelli della scuola primaria e quelli delle scuole secondarie.
Ascoltare i bisogni dei bambini.
Non solo i bisogni materiali del Decroly[14], ma anche i bisogni più profondi, più propriamente umani, di crescere in virtute e canoscenza.
Motivare i giovani?
No, innanzitutto è necessario non spegnere[15] la loro innata motivazione, la loro innata curiosità.
Non la debbono spegnere né le madri, né le famiglie, né la società educante.
Anzi la debbono soddisfare, alimentare, senza mai stancarsi di rispondere ai loro mille perché:
−Perché la neve è fredda?
−Perché il fuoco scotta?
−Perché la barca galleggia?
−Perché la luna cammina?
−Perché i grilli fanno cri cri?
…
Sì, quando arrivano alla scuola, i bambini sono bramosi di alimentarsi alla fonte dei saperi con la virgiliana guida dei loro maestri che ascoltano i loro perché, che non danno risposte a domande mai fatte!
Ecco, non si tratta di motivare i giovani, se la loro innata curiosità non è stata spenta, cosa peraltro alquanto difficile.
Quello che i Maestri debbono innanzitutto fare −debbono fare prima di insegnare, prima di fare lezioni, prima di disegnare e scrivere sulle LIM− consiste nello scoprire, nel fare esprimere, nell’ascoltare i mille perché dei loro giovani alunni.
Questi perché i Maestri debbono alimentarli, accrescerli, farli divampare, come fuoco che arde quanto più lo alimenti.
Che altro è lo studio, studium[16], se non amore, passione, desiderio di conoscere?
Questo amore è innato, se non nei minerali, senz’altro negli animali e soprattutto negli esseri umani.
Ai maestri non insegnanti dico:
Non spegniamo questo amore ma alimentiamolo col nostro soffio vitale e facciamolo esplodere in ogni figlio di donna!
Facciamolo divampare come fuoco che arde nei cuori e nelle menti, come fuoco che tanto più cresce quanto più lo alimenti, lo alimenti e non lo spegni con le tante costrizioni, con le tante pene, con le tante mortificazioni che uccidono l’innata curiosità, la voglia di esplorare, l’ardente desiderio di diventare adulti, alimentati e quindi cresciuti, alti come i loro padri, come le loro maestre!
Vorrei finire dicendovi:
Maestri, quanto è grande il nostro compito!
Quanta riconoscenza vi debbono le madri, i padri e la società tutta!
Riconoscenza anche tangibile, tangibile come l’amore che vi manifestano i vostri studenti!.
E finisco dicendovi ancora col Poeta latino:
Maestri, fate che i vostri giovani accendano la loro fiaccola alla vostra fiaccola che arde nei vostri cuori.
Intorno a voi sarà più luce e nulla avrà perduto la vostra fiaccola della sua luce!
SITOGRAFIA MINIMA
−http://www.rivistadidattica.com/pedagogia/pedagogia_33.htm
− http://www.rivistadidattica.com/filosofia/filosofia_15.htm
−http://www.rivistadidattica.com/metodologia/metodologie_62.htm
[1] Bastien H., Psicologia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1954, p. 102.
[2] Élan vital del filosofo Bergson
[3] <<Come è stato ben espresso da Pieron, il bambino è solo un “candidato alla condizione umana”>> (OSTERRIETH P.A., Introduzione alla Psicologia del bambino, Giunti-Barbèra, Firenze, 1980, p. 25).
[4] TRSTENJAK A., Il cammino dell’ uomo, La Scuola, Brescia, 1975.
[5] Alunno deriva da alere, alimentarsi, e quindi significa crescere: chi si alimenta (alunno) cresce, diventa adulto (Participio passato di alere, cioè alimentato, e quindi cresciuto).
[6] Alto, da alere, alimentato,
[7] <<Che il Sé sia sinaptico può essere una maledizione: non ci vuole molto perché vada in pezzi. Ma è anche una benedizione, dal momento che ci sono sempre nuove connessioni in attesa di essere realizzate. Tu sei le tue sinapsi. Esse sono chi sei tu>> (LE DOUX J., Il sé sinaptico, Raffaello Cortina, Milano, 2002).
[8] ATTEGGIAMENTI CAPACITÀ CONOSCENZE (Umberto Tenuta http://www.edscuola.it/archivio/didattica/atteggiamenti.html).
[9] HODKIN R.A., La curiosità innata – Nuove prospettive dell’educazione, Armando, Roma, 1978.
[10] È questo l’impegno degli astronomi!
[11] Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, canto XXVI, 116-120.
[12] IBUKA M., A un anno si pattina, a tre si legge, e si suona il violino, Armando, Roma, 1984.
[13] Mazzetti R., Scoperta dell’infanzia e nuove prospettive dello sviluppo dell’uomo, Edizioni Beta, Salerno, 1970.
[14] Decroly O., Una scuola per la vita attraverso la vita, Loescher, Torino,1974.
[15] De closets F., La bonheur d’apprendre (et comment on l’assassine), Ed. du Seuil, Paris, 1996
[16] Studium in latino significa “passione, desiderio, impulso interiore“. Scrive il Ferrarotti che <<La scuola non sembra in grado di stimolare e far scoprire ai giovani la gioia della lettura, e di riportare lo studio al suo significato originario di studium, ossia amore, passione, avventura>> (Presentazione: FERRAROTTI F., Leggere, leggersi, Donzelli, Roma, 1998.
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