Lettera aperta al ministro

Ministro Carrozza,

per la seconda volta in pochi mesi lei si è rivolta a una platea di studenti in modo tale da delegittimare gli insegnanti ai loro occhi. A settembre li invitò addirittura a ribellarsi “ai genitori, ai prof, alla scuola”; ieri a chiedere ai professori di dare meno compiti per le vacanze; e naturalmente ha riscosso in ambedue i casi un’ovazione.

Quanto ai compiti, è proprio sicura di conoscere meglio di chi ci lavora le esigenze di ogni singola classe e di ogni singolo allievo? Non è forse corretto lasciar decidere ai docenti “in scienza  e coscienza” se dare pochi, molti o nessun compito e se debba trattarsi di leggere un libro, di scrivere un testo o di ripassare un argomento?

Ma il problema è più ampio e più grave: con simili messaggi Lei, il Ministro dell’Istruzione, si pone come difensore dei ragazzi nei confronti di una di una scuola che ai suoi occhi sarebbe oppressiva; e così incoraggia in loro atteggiamenti di contrapposizione e di sfiducia verso i docenti, invece di invitarli alla serietà dell’impegno.

Ci tornano in mente a questo proposito le parole di tutt’altro segno che il presidente Obama disse agli studenti nel 2009: “Possiamo avere gli insegnanti più appassionati, i genitori più attenti e le scuole migliori del mondo: nulla basta se voi non tenete fede alle vostre responsabilità. Andando in queste scuole ogni giorno, prestando attenzione a questi maestri, dando ascolto ai genitori, ai nonni e agli altri adulti, lavorando sodo, condizione necessaria per riuscire”.

La scuola ha infatti estremo bisogno di un governo che le assicuri non solo le necessarie risorse, ma anche il sostegno morale di chi è consapevole dell’importanza e della difficoltà del suo compito.

 

Con franchezza,

 

per il Gruppo di Firenze

 

Giorgio Ragazzini

De Sanctis e lo spirito di ricerca

De Sanctis e lo spirito di ricerca

di Anna Marra Barone

 

Obiettivi importanti della formazione dei giovani  si rivelano  essere  oggi, soprattutto,  la capacità di ricerca,  intesa come manifestazione di uno spirito euristico e critico, e la creatività che della ricerca rappresenta forse la nota più qualificante e produttiva, sia sotto il profilo personale che sotto quello sociale. Creatività, dunque, intesa come capacità di porsi, in maniera autonoma e sempre diversa, di fronte a problemi nuovi e di saperli affrontare e risolvere inventando strategie e procedimenti adeguati.

In questo senso Francesco De Sanctis, che oltre ad essere uno dei più grandi critici letterari italiani fu anche un appassionato studioso di problemi educativi in funzione soprattutto della realtà politica italiana del tempo, si può considerare, a buon diritto, un autentico anticipatore delle più avanzate concezioni moderne sulla scuola e sui sistemi educativi nel loro complesso. Le sue concezioni pedagogiche, racchiuse per la maggior parte nelle sue prose autobiografiche e nelle sue numerose lettere, furono il frutto delle sue esperienze di insegnante. Quale uomo di scuola, era fermamente convinto che alla base dell’apprendimento di qualsiasi disciplina ci dovesse essere innanzitutto l’interesse, quale stimolo per l’allievo  ad intraprendere attività autonome. Al riguardo, facendo riferimento all’alunno, affermava testualmente «che lo scibile è lui che deve conquistarlo, se vuole che sia veraménte cosa sua». E di qui ne derivava la sua avanzatissima concezione  della scuola  intesa «come laboratorio dove tutti siano compagni di lavoro, maestri e discepoli, ed il maestro non esponga solo e dimostri, ma cerchi ed osservi insieme con loro, sicché attori siano tutti, e tutti siano come un solo essere organico, animato dallo stesso spirito».

Il suo ideale educativo appare ancora più evidente in uno scritto del 1872 intitolato «La scuola in cui  affermava: «Cominciai la scuola con questo disegno, di associare giovani al mio lavoro, e far sì che ciascuna lezione fosse il prodotto di un lavoro collettivo. Spiegherò il soggetto di una lezione, indicherò le indagini, le analisi, i libri da consultare, i materiali da raccogliere, e poi li comporremo, li formeremo,  et  lux facta est  e la lezione è fatta. Avremo forse una sola lezione  in un mese, ma sarà il frutto del lavoro collettivo di tutto il mese. Ciascuna lezione sarebbe stata un avvenimento. I giovani l’avrebbero veduta nascere, formarsi, acquistare colore. Questo è il laboratorio come io l’intendo”

La lezione, dunque, concepita dal De Sanctis come attività di ricerca programmata, il tema di studio inteso come unità di lavoro da sviluppare in una successione di attività collettive e l’insegnante, infine, raffigurato come guida e ricercatore insieme ai suoi alunni, impegnato non tanto a svolgere il suo corso, quanto piuttosto a scoprirlo con i suoi alunni in un continuo processo di comprensione e di reciproco confronto di esperienze, di conoscenze, di capacità.

Purtroppo, il De Sanctis dovette accontentarsi di far lezione secondo il modello tradizionale, in quanto i suoi allievi, immaturi per questo suo progetto, desideravano ascoltare il maestro piuttosto che lavorare loro. Egli riuscì soltanto a mantenere viva, nel corso delle sue lezioni, la discussione sugli argomenti da lui presentati.

Ancora oggi, a distanza di più di un secolo, la nostra scuola difetta di quello spirito comunitario di ricerca tanto auspicato dal De Sanctis e che si rivela oggi, a tutti i livelli, necessario per un reale rinnovamento della scuola e per la formazione critica della personalità dei giovani.

                                          De Sanctis : Studioso e Maestro

La professione dell’insegnamento diventò per il De Sanctis definitiva  (grazie all’intervento del marchese Puoti) nel 1838-39, più o meno contemporaneamente nel settore della scuola pubblica . A quest’ultima esperienza (di cui restano importanti documenti nei Quaderni di scuola e una vasta rievocazione nella raccolta “Giovinezza” ) si attribuisce, per tradizione ormai consolidata, la definizione di “prima scuola” del De Sanctis. Ma sarebbe forse più giusto comprendere nella definizione l’esperienza didattica complessiva del decennio 1838-48: il decennio che consacrò il successo indiscusso del De Sanctis  Maestro,

I numerosi Quaderni di scuola, che documentano il suo  primo insegnamento, furono in massima parte scritti dagli alunni stessi  sotto dettatura del maestro e finalizzati a raccogliere il “succo” dei diversi corsi di lezioni, rispetto ai quali si configuravano come veri e propri libri di testo costruiti in parallelo con l’esperienza scolastica.

I  quaderni erano  divisi secondo le “materie d’insegnamento” della scuola.

La grammatica fu l’insegnamento originario  ma i quaderni “grammaticali” più importanti che ci restano appartengono agli ultimi anni. I più antichi tra i quaderni in nostro possesso sono quelli di Lingua e stile (1840-41).

Una lunga storia della poesia è nei quaderni dedicati alla Lirica (1841-42), in cui l’approdo è rappresentato dal Leopardi.

I quaderni sul Genere narrativo (1842-43) hanno le loro fonti in Villemain, Sismondi, Voltaire. Un salto di qualità notevolissimo si avverte nei corsi del 1843-44 (Estetica) e del 1844-45 (Estetica applicata. Hegel fa la sua apparizione nel corso di Storia della critica (1845-46), che introduce una più stimolante rivisitazione della lirica.

Alla luce dei nuovi  principi  affronta inoltre l’esame della Letteratura drammatica (1846-47), soffermandosi a lungo sulle opere di Shakespeare.

Dell’ultimo anno di scuola (1847-48) ci resta anche un quadernetto di Storia e filosofia della storia, che ha come punti di riferimento costanti Vico, Sismondi, Hegel

Questo blocco di materiali storiografici conferma il livello criticamente e ideologicamente molto avanzato della ricerca del De Sanctis alla fine della “prima scuola“, attestando una visione laica della storia, un rigoroso rifiuto di ogni astrattismo e una forte rivendicazione della “concretezza” in ogni ambito di analisi. Come detto prima,  alcuni  quaderni sono  presenti fin dall’inizio nella “Giovinezza”  e altri  sono stati introdotti successivamente.

(De Sanctis  nacque nel 1817 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri a Morra in provincia di Avellino che in suo onore  fu chiamata Morra De Sanctis) e morì  a Napoli   il 29 dicembre 1883.

Continuità dell’apprendimento e curricoli verticali

Continuità dell’apprendimento e curricoli verticali

di Anna Marra Barone

 

1°  intervento

Parlerò della ricerca-azione sui curricoli verticali di Scienze, riguardante gli Istituti comprensivi che ho coordinato in Campania,  e di un progetto in rete interregionale riguardante la costruzione di standard di competenze.

La ricerca-azione degli istituti comprensivi è stata preceduta da un analogo lavoro  progettato da

Berlinguer  su 21 istituti sperimentali, per accertare la validità dell’autonomia. Oggetto dell’indagine erano: 1) La flessibilità, con particolare riguardo alla personalizzazione degli eventi; 2) L’integrazione,  interna ed esterna, secondo la legge 112 del ’98 che ha trasferito alcune competenze agli enti locali (comuni, province, regioni)  considerati partner delle scuole; 3)La responsabilità, cioè la scelta di decisioni individuali e collegiali con particolare riferimento alla leadership.

 

Il progetto sui curricoli verticali, ai quali  mi riferisco, aveva come scopo quello di promuovere una analisi sugli obiettivi formativi declinati in verticale e sulle competenze degli allievi, per differenziare

progressivamente l’organizzazione dei saperi.

Il progetto si è articolato in quattro poli territoriali: 1) Il Piemonte, capofila,  per la matematica,

coordinato dall’ ispettore Militerno; 2) La Campania, capofila per le scienze, coordinato da me

insieme al prof Guidoni, al prof. Balzani e a un tecnico dell’IRRSAE; 3) La Toscana, per la lingua italiana; 4) L’Emilia Romagna per la storia.

Era  presente  anche un gruppo nazionale che ha svolto funzioni di coordinamento e di organizzazione dei seminari di formazione.

 

I primi documenti su cui si impostò il lavoro furono quelli prodotti dalle commissioni Berlinguer e

Di Mauro sulle indicazioni curricolari, che vennero confrontate con i piani di studio personalizzati degli istituti comprensivi in esame. In seguito, si dovette tenere conto dei documenti e delle nuove raccomandazioni presenti nella riforma Moratti, che intanto aveva avviato una sperimentazione nella scuola dell’infanzia e nelle scuole elementari.

Le raccomandazioni erano soltanto orientative e davano grandissima importanza alla condivisione

di un lessico comune e ai concetti di capacità, competenze, abilità e attitudine degli allievi.

L’impostazione del lavoro partì poi da alcuni seminari di formazione cui hanno partecipato, quali esperti, anche  il prof. Guidoni e il prof.  Balzani.  Con altri esperti del gruppo nazionale. sono state

poi prese in considerazione tutte le esperienze pregresse degli istituti comprensivi, le attività di ricerca

fatte dall’università di Napoli con alcune scuole e le iniziative del progetto SET – Scienza e

Tecnologia-.impostate  su temi della scienza legati al vissuto quotidiano e  molto sentiti dagli allievi.

Per quanto riguarda poi l’ impostazione dei curricoli verticali, voglio ricordare che la continuità

nell’apprendimento è stata istituita con la legge 148 del ’90, seguita dai decreti ministeriali e dalla

circolare 339, poco applicata nelle scuole, ma che conteneva  indicazioni operative fattibili e concrete.Si constatò,  infatti,  che i  documenti successivi (la legge 30 del 2000 e la legge Moratti) costituivano   un ampliamento e un potenziamento dei precedenti documenti, nei quali  era  sempre raccomandata la continuità  dell’ apprendimento  e  l’ adattamento delle conoscenze ai diversi livelli di età. La continuità dell’ apprendimento va sempre legata all’orientamento, inteso come scoperta

delle attitudini, delle inclinazioni, degli interessi degli allievi  e che iniziano già nella scuola dell’infanzia e che successivamente devono essere potenziati.

Questa continuità è senz’altro comunicazione, coordinamento, lavoro cooperativo, costruzione di progetti in verticale. E questo e’  proprio  il difficile ! Anche nella riforma Moratti, come nelle riforme precedenti, si parla di progettazione verticale, passando dalla logica dei programmi alla logica del curricolo e del processo.  Questo è ciò che si intende per continuità.!

 

Gli istituti comprensivi sono solo il 43% delle scuole, ma presentano adeguatamente  le condizioni di fattibilità del progetto di continuità, perché hanno un collegio dei docenti e un consiglio di istituto unitario, con possibilità di scambi reciproci. Per esempio.  i  docenti di lingua  straniera vanno ad insegnare nelle classi  della scuola elementare. Docenti di educazione fisica fanno anche educazione motoria ai bambini delle classi elementari. Il docente di tecnica unisce alunni della scuola elementare e della scuola media e anche nei corsi di recupero e sostegno possono essere  utilizzati, indifferentemente, docenti della media e delle elementari.

Lo scambio dei docenti facilita senza dubbio  il confronto tra docenti ed alunni.  Infatti, nei seminari di formazione gli insegnanti della scuola elementare hanno ringraziato quelli della scuola media per la disciplinarietà offerta, mentre quelli di scuola media hanno ringraziato i docenti della scuola primaria per le possibilità di comprensione dei problemi più svariati.  Solo un dato è risultato molto negativo,  il fatto, cioè,  che alcuni istituti comprensivi dipendevano da più comuni, anche 5 o 6, e ciò  limitava  notevolmente   la fattibilità dei progetti.

In Campania è stata costruita una rete di scuole che consente di lavorare  “on line”. A questa rete   partecipano non solo i docenti delle 15 scuole che l’hanno formata, ma anche docenti dell’università e di altri istituti.. E’ in corso, inoltre, un monitoraggio che riguarda più aree: la progettazione curricolare, la gestione del curricolo, gli esiti dell’ apprendimento sia in senso orizzontale che verticale. Tutti lavorano insieme per migliorare la qualità dell’apprendimento e dell’insegnamento, legati alla valutazione degli esiti. E’ un esempio autentico di trasversalità della scuola.

 

2° intervento

Per rispondere alla domanda sull’importanza dei laboratori, voglio far presente che nel lavoro

di ricerca-azione, condotto negli istituti comprensivi, si è evidenziata la carenza dei laboratori, intesi in senso stretto, cioè come luoghi attrezzati per esperienze specifiche.

E’ stata data però grande importanza al concetto di laboratorio allargato, inteso  come  possibilità che gli studenti, in gruppi elettivi secondo gli interessi, possano  sperimentare all’esterno della scuola occasioni di apprendimento, le  più svariate possibili.  E’ comunque innegabile che i laboratori specifici sono carenti e colgo l’occasione  per ricordare che ad essi devono provvedere gli enti locali, ai sensi della legge n. 112.

Qualcuno poi ha fatto riferimento anche alla  figura del “tutor”, introdotto  sia nella scuola elementare  che nella media.  Con la nuova riforma  bisogna tenere presente che il  tutor è una figura  di grande importanza, con funzioni di coordinamento anche con l’équipe pedagogica che lavora nelle classi e con le famiglie. Le figure di sistema però,  come si ricava dall’esperienza delle figure obiettivo, non hanno funzionato a dovere,  in quanto  non hanno saputo coordinarsi tra di loro né con i dipartimenti, con i consigli di classe, con il dirigente scolastico.

Nel nostro progetto di ricerca-azione la figura del tutor ha rivestito grande importanza in quanto

ha rappresentato  il punto di avvio dell’ aggiornamento, ha coordinato i percorsi didattici in verticale con l’assistenza  di  docenti esperti, ciascuno  nel proprio  campo scientifico ( a seconda se era un progetto di fisica, di chimica, di  biologia o geologia)..

 

 

Nel suo libro Guarire dal mal di scuola” Romeo diceva La figura del singolo docente, motivato e appassionato, rimane comunque fondamentale.  Ma  come possiamo motivare gli studenti se non siamo noi stessi veramente motivati?”

 

Riferendomi ad un altra situazione, colgo l’occasione per ricordare  l’Ispettore Sergio Beer, un uomo altamente  illuminato ed  esperto nel campo delle scienze, A quei tempi si parlava  rigidamente di programmi e  io, che insegnavo in un istituto magistrale,  gli chiesi un giorno  se potevo  anticipare

alcuni argomenti  di chimica organica perché, a mio parere, propedeutici al corso di Biologia. Lui condivise pienamente  la mia opinione ma purtroppo mi disse con dolcezza: professoressa, si tenga però a posto con le “carte” perché i programmi si devono seguire!

 

ANISN -XIII Convegno Nazionale. Torino, 23-27 marzo 2004

Riforma dei licei. Obbligo di istruzione a 16 anni

Riforma dei licei. Obbligo di istruzione a 16 anni

di Anna Marra Barone                                                                    

 

Nella nota di indirizzo inviata a tutte le scuole il 31 agosto 2006 per l’avvio del nuovo anno scolastico, il Ministro Fioroni intese precisare che, per quanto riguardava la scuola secondaria di II grado, riteneva opportuno sospendere il decreto ministeriale concernente le iniziative di “innovazione” perché, riferendosi al nuovo assetto della scuola secondaria superiore, vincolava l’esercizio dell’autonomia progettuale delle scuole alla mera “anticipazione” di un modello organizzativo e didattico rigido e predefinito. Per quanto riguardava poi il progetto Brocca, i diversi indirizzi risultavano adottati in via sperimentale nella maggior parte delle scuole del II ciclo di istruzione e, pertanto, anche nell’ Istituto Magistrale “Regina Margherita”.

A partire dall’anno scolastico 2007/2008, che veniva considerato dal Ministro Fioroni un “anno-ponte, anno laboratorio”, prese il via sia la sperimentazione biennale delle nuove “Indicazioni per il curricolo” relative al primo ciclo di istruzione introdotte con il DM 31 agosto 2007, sia la fase di prima attuazione del nuovo obbligo di istruzione fino a 16 anni varato con il DPR 22 agosto 2007 n.139, cui hanno fatto seguito in pari data le relative “ Linee guida”.

Parte integrante del Regolamento sull’obbligo scolastico era rappresentata da un Documento tecnico costituito da due allegati. Nel primo allegato erano esplicitati i saperi e le competenze, articolati in conoscenze e abilità e con l’indicazione degli assi culturali di riferimento. Nel secondo allegato invece erano riportate le Otto competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria. Le predette competenze, che erano considerate essenziali per favorire il successo formativo e prevenire e contrastare la dispersione scolastica, sono le seguenti:

1) Imparare ad imparare; 2) Progettare; 3) Comunicare; 4)Collaborare e partecipare; 5) Agire in modo autonomo e responsabile; 6) Risolvere problemi; 7) Individuare collegamenti e relazioni; 8) Acquisire ed interpretare l’informazione).

La cornice delle Competenze-chiave per l’apprendimento permanente, che furono indicate dalla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, stanno a rappresentare la soglia culturale comune per preparare i giovani alla vita adulta e offrire loro un metodo per continuare ad apprendere per tutto il corso della loro vita.

Come accennato prima, il Ministro della Pubblica Istruzione non intese applicare cambiamenti ai programmi scolastici del biennio della scuola secondaria di II grado previsti dal Decreto del 22 Agosto 2007, ma piuttosto intese fornire indicazioni importanti per i Piani dell’Offerta formativa delle scuole superiori.

Successivamente, con il Regolamento D.P.R. n. 89 del 15 Marzo 2010, disciplinato anche dal Regolamento del piano programmatico di interventi di cui alla Legge 6 Agosto n.133, finalmente videro la luce i nuovi programmi dei licei di durata quinquennale. Tali programmi prescrivevano che, a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione di cui all’allegato A, gli studenti adottavano il profilo educativo, culturale e professionale dello studente e conseguivano un diploma di istruzione. secondaria superiore. Nello stesso periodo, il MPI avrebbe provveduto entro il 31 luglio 2008, con appositi regolamenti, alla riorganizzazione e al potenziamento degli Istituti tecnici e degli Istituti professionali così come fissato dall’Unione Europea (la decorrenza del nuovo assetto del secondo ciclo venne fissata per l’anno scolastico 2009/2010).

L’anno scolastico 2007/2008 doveva segnare dunque l’avvio di una stagione di profonde innovazioni finalizzate “alla ricomposizione , in un contesto unitario, di tutti gli ordinamenti dell’istruzione a partire dall’anno 2009/2010”. Nei due anni successivi, dunque, si sarebbero impegnati in questa sperimentazione tutti i dirigenti e i docenti di tutte le istituzioni scolastiche sia del primo che del secondo ciclo di istruzione . Le scuole del primo ciclo si sarebbero impegnate nella sperimentazione delle nuove Indicazioni per il curricolo, che sostituivano le indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati e che fornivano le coordinate culturali e pedagogiche per lo sviluppo delle competenze degli alunni in uscita dal I ciclo di istruzione.

Dalla lettura dei testi ministeriali si evinceva che le scuole dovevano già da quell’anno procedere alla elaborazione del curricolo sulla base delle nuove Indicazioni sperimentali , non in maniera globale, ma solo per quelle parti che risultavano coerenti con il POF già elaborato dalla scuola. I collegi dei docenti, pertanto, erano invitati a scegliere parti delle indicazioni che non contrastavano con il curricolo in atto nella scuola. e ad adottare nell’attività sperimentale i principi della gradualità, dell’autonomia .e della centralità della persona.

La nuova sfida: Il Documento di Lisbona Nel marzo del 2000, la riunione del Consiglio europeo di Lisbona, constatando che l’Unione europea si trovava “di fronte ad un profondo sconvolgimento indotto dalla mondializzazione e a causa delle sfide inerenti ad una nuova economia fondata sulla conoscenza”, aveva preso in considerazione un obiettivo strategico forte: l’Unione doveva, da lì al 2010, “diventare l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo. Dunque, occorreva tradurre gli obiettivi generali di Lisbona in strategie coerenti in materia di politica educativa.
A questo si sono attenuti i Ministri dell’educazione in occasione dei consigli di Stoccolma (marzo 2001) e di Barcellona (marzo 2002).. A Stoccolma, i Ministri decisero di prendere in considerazione tre obiettivi strategici : 1)”Migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi di educazione e di formazione”, 2)“Facilitare l’accesso di tutti ai sistemi di educazione e di formazione ” 3)”Aprire al mondo esterno i sistemi di educazione e di formazione”. A Barcellona, questi tre obiettivi strategici furono tradotti in tredici “obiettivi concreti” che furono riassunti in un documento strategico: Educazione e formazione in Europa: sistemi diversi, obiettivi condivisi”, pubblicato nel 2002. Da allora, tutti i Paesi europei hanno cercato di dare impulso ad una dimensione dell’insegnamento in chiave europea poiché essa è essenziale nella costruzione di un’Europa dei cittadini.
Nella seconda parte del documento si sottolinea l’esigenza di promuovere “l’educazione all’Europa”, che costituisce un nodo cruciale nella strategia di costruzione del futuro del nostro continente. Per questo motivo è necessario riflettere sui processi educativi indispensabili per costruire una diffusa “Cittadinanza europea”..
Il compito esecutivo è stato assunto dal MIUR e dall’INDIRE e trasmesso, attraverso i nuclei regionali, alle Scuole alle quali spetta, nella loro autonomia, un ruolo assolutamente insostituibile per rafforzare nei giovani “il senso dell’identità europea “includendo esplicitamente la dimensione europea nei programmi scolastici in tutte le opportune discipline.

 

La Riforma Gelmini

Con il Regolamento D.P.R. n. 89 del 15 Marzo 2010, disciplinato dal Regolamento del piano programmatico di interventi di cui alla Legge citata prima del 6 Agosto n.133, hanno visto la luce i nuovi programmi dei licei di durata quinquennale. I programmi di cui sopra prescrivono che, a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione di cui all’allegato A, gli studenti dovrebbero essere in grado di adottare il profilo educativo, culturale e professionale, e di conseguire un diploma di istruzione secondaria superiore… Vai a: navigazione, cerca Con il termine “Riforma Gelmini” si indica appunto l’insieme degli atti normativi riguardanti il settore dell’Istruzione che sono entrati in vigore durante la permanenza in carica del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini.. Questi interventi sono contenuti in alcuni articoli già citati sopra e, principalmente, nella Legge 133/2008 e nella Legge 169/2008, il cui scopo principale è quello di riformare l’intero sistema scolastico italiano. La riforma è entrata in vigore il 1º settembre 2009 per la scuola primaria e secondaria di primo grado, e il 1° settembre 2010 per la scuola secondaria di secondo grado.

 Riordino dei Licei Tutte le sperimentazioni, i corsi autonomi e le opzioni sperimentali liceali vengono semplificate, riordinate e riportate in 6 effettivi licei di ordinamento obbligatorio: 1) Liceo delle scienze umane– 2) Liceo artistico– 3) Liceo classico – 4) Liceo scientifico– 5) Liceo Linguistico– 6) liceo musicale e coreutico.

 Nella maggior parte dei licei riformati si studia una sola e unica lingua straniera (ovvero l’inglese) per tre ore la settimana dal primo al quinto anno, ad eccezione del Liceo delle scienze umane – Opzione Economico-sociale- nel quale si studia anche una seconda lingua straniera (al posto del latino) e del Liceo Linguistico nel quale si studiano per tutto il quinquennio ben 3 lingue straniere..

Nuovo ordinamento Vecchio ordinamento Novità principali
Liceo classico (Unico indirizzo) Indirizzi, Sperimentazioni e opzioni varie Viene introdotto in ordinamento lo studio della lingua inglese per l’intero quinquennio.
Liceo scientifico Liceo scientifico
Liceo scientifico-tecnologico (con varie sperimentazioni)
Verrà rafforzato lo studio delle materie scientifiche. Saranno disponibili due indirizzi:

  • tradizionale
  • opzione scienze applicate
Liceo linguistico (Unico indirizzo) Indirizzi, progetti, sperimentazioni e opzioni varie Si studieranno tre lingue straniere dal primo anno.
Liceo artistico Liceo artistico
Istituto d’arte
A partire dal terzo anno di studi avranno sei indirizzi tra cui si potrà scegliere:

  • arti figurative
  • architettura e ambiente
  • design
  • audiovisivo e multimediale
  • grafica
  • scenografia
Liceo musicale e coreutico Liceo musicale
Liceo coreutico
Saranno disponibili due indirizzi:

  • musicale
  • coreutico
Liceo delle scienze umane Liceo socio-psico-pedagogico
Liceo delle scienze sociali
Si studiano, tra le altre materie, antropologia, sociologia, psicologia, pedagogia. Saranno disponibili due indirizzi:

  • tradizionale
  • opzione economico-sociale

 

 

A conclusione si fa presente che nell’Art.2 comma 2 del predetto D.P.R. n.89 del 15 Marzo 2010 si legge testualmente:

 

“I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”.

La strettoia

La strettoia

di Stefano Stefanel

Il sistema scolastico nazionale sembra di nuovo sulla strada della conflittualità permanente, anche se nei toni e nelle azioni dimesse del momento. Un segnale molto consistente è dato da alcune questioni che si sono accumulate in questi ultimi tempi e che hanno avuto finora esiti pubblici tutti tesi a confondere il quadro generale e a non mettere fine al micro contenzioso che riesce però sempre a paralizzare tutto. Credo che il sistema sia arrivato a una strettoia, che imponga scelte nette e chiare e che invece produce solo un ingorgo difficilmente risolvibile. La rubrica che segue è un addio al 2013 scolastico che apre su un 2014 incerto più che mai, dove però nessuno sembra più in grado di indicare al sistema scolastico nazionale un obiettivo chiaro. Affronto con molta sintesi le varie questioni sul piatto più che per dare opinioni o indicazioni in merito per dare il senso dello scollamento progettuale in atto.

 

INVALSI. Come segnala Paolo Cipollone – ex Presidente dell’Invalsi – sul Corriere della sera del 21 dicembre la vicenda dell’Invalsi ha del grottesco. Un sistema di rilevamento importante, che ha modificato la percezione della scuola e la sua organizzazione soprattutto nelle regioni migliori d’Italia, sta vivendo un passaggio di grande incertezza, in quanto coloro che sono stati designati per definirne il futuro provengono dalle file dei più chiari critici dell’impianto Invalsi. Poiché non è un caso che le Regioni con migliori risultati nelle rilevazioni OCSE-PISA e INVALSI sono le stesse che hanno marginali elementi di contestazione all’INVALSI stesso, mentre le Regioni con risultati catastrofici sono quelle in cui le scuole cercano di boicottare regolarmente l’INVALSI, mettere a capo dell’Invalsi chi ha sollevato dubbi sulla costruzione di questi ultimi anni significa lanciare un chiaro segnale verso chi non ha collaborato. Invece di utilizzare i rilevamenti per migliorare il sistema le regioni più in difficoltà contestano i rilevamenti stessi. I sindacati nel frattempo sono contro le rilevazioni, ma non lo dicono apertamente: dicono infatti di essere a favore di quelle “serie”, facendo capire che quelle dell’INVALSI non lo sono. Anche Maurizio Tiriticco ha sposato questa tesi. La cosa grave è che tutto questo può portare dall’oggi al domani all’azzeramento del lavoro fatto in questi anni. Il Ministro Carrozza si è infilato in una strettoia avendo scelto per decidere il futuro dell’Invalsi una serie di persone che si è sempre detto critico sui metodi dell’INVALSI, ma lo ha fatto dopo aver ribadito la centralità della valutazione per il sistema dell’istruzione. Avevamo una certezza (“dal metodo INVALSI non si recede”) adesso abbiamo tanti dubbi (“cosa succederà?”).

 

RILEVAZIONI OCSE PISA. E’ successo quello che qualche tempo fa avevo previsto: i risultati OCSE PISA degli studenti italiani nella rilevazione del 2012 mostrano dei leggeri miglioramenti. La mia piccola profezia nasceva dall’osservazione – banale – che eravamo finiti troppo in  basso per poter scendere ancora. Certamente i tagli non hanno influito sui risultati e questo è un fatto che dovrebbe far riflettere la sinistra. Investimenti mirati e una flessibilità assoluta invece potrebbero portare buoni risultati (come avviene in tutto il resto del mondo) e questo dovrebbe far riflettere la destra che ha reso rigidissimo il sistema didattico con la definizione di tabelle con ore e tempi completamente fuori dal tempo e dalle necessità della scuola. Invece nessuno medita e i dati stanno già svaporando. Anche perché il concetto di “più risorse” quando i miglioramenti si sono avuti con “meno risorse” dovrebbe costituire il problema da affrontare non la condizione da porre.

 

RETRIBUZIONE DI POSIZIONE DEI DIRIGENTI SCOLASTICI. Scrive il 19 dicembre il sito di ANP: “Non è accettabile che ad un aumento dei carichi di lavoro e di responsabilità per i dirigenti scolastici corrisponda una decurtazione della retribuzione di circa 2.000 euro medi lordi all’anno.”. Ribadisce la sigla concorrente DIRIGENTISCUOLA-CONFEDIR: “Vogliono diminuire la retribuzione dei dirigenti scolastici di 2.000 euro; serve di più dello stato di agitazione e mobilitazione “. E’ molto bizzarro che i Dirigenti siano sindacalizzati, ma ancora più bizzarro che chiedano solidarietà o minaccino forme di lotte per la propria retribuzione di posizione. In realtà l’eventuale decurtazione di 2.000 euro l’anno è un’ulteriore tassa su una categoria non popolare e non rappresentativa. Però non è logico che i dirigenti scolastici chiedano reggenze per diecimila euro lordi l’anno e poi si lamentino di decurtazioni nella retribuzione di posizione, quando percepiscono anche quella di risultato senza che ci sia uno straccio di valutazione sistematica in atto. A nessuno fa piacere perdere soldi (me incluso), ma non credo sia possibile stigmatizzare le proteste sindacali per il mantenimento dello status quo della funzione docente e poi invece reclamare quando si viene toccati. Il lavoro è molto e la paga è bassa: ma non lo si sapeva prima?

 

CONCORSI PER IL RECLUTAMENTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI. La legge 104/2013 ne stabilisce l’annualità, ma qui nessuno sta bandendo nulla e dunque il tempo passa e tutto resta come prima, col semplice aumento delle reggenze o il passaggio di vincitori del concorso ordinario dalle Regioni che hanno bocciato di meno a quelle che hanno bocciato di più. Credo che lo Stato abbia capito che col sistema delle reggenze si risparmia e si ottengono gli stessi risultati, in quanto senza una valutazione dei dirigenti e delle scuole come si fa a capire chi fa bene e chi fa male il proprio lavoro? Dunque molto fumo, concorsi annunciati, commissioni rigide che producono buchi in organico coperti dalle regioni di manica larga. Risparmi, lamentele e una professione che va a remengo.

 

CONCORSI ORDINARI PER DOCENTI. Quello che dovrebbe essere l’ordinarietà è invece l’eccezione. Invece di bandire concorsi ordinari in continuazione se ne bandisce uno ogni tanto e nel frattempo si attinge da graduatorie che diventano sempre più lunghe. Da un lato si dice di voler porre fine al sistema delle graduatorie, dall’altro non si bandiscono concorsi ordinari. Il metodo per porre fine a tutto questo è semplice: da oggi non ci sono più graduatorie e lo Stato deve bandire un concorso ordinario all’anno. Le supplenze fanno stipendio e pensione, ma non punti per graduatorie che condizioneranno immissioni in ruolo per anzianità. Tutto troppo banale per essere realizzato.

 

TEST DI AMMISSIONE ALL’UNIVERSITA’ ED ESAME DI STATO. Le Università si sono stancate e guardando i dati della propria dispersione hanno deciso di fare di testa propria riformando nei fatti quell’orribile e inutile mostro che è l’esame di “maturità”. Esame nozionistico e avvilente, che condiziona la vita di diciottenni che altrove sono già all’Università. Si sa che esiste al Miur un gruppo di lavoro “segreto” per la riforma dell’esame. Il timore è che l’impianto resti inalterato e si inventi qualcosa di complicato e inutile, come è stato per la terza prova diventata la cerimonia dei quizzetti nozionistici. Tra l’altro sarebbe proprio divertente se il gruppo di lavoro desse un ruolo all’Invalsi e nel frattempo l’Invalsi quel ruolo se lo togliesse da solo. Soluzione possibile, perché al ridicolo non c’è mai fine. La questione dell’esame di stato è connessa al valore legale del titolo di studio, vera zavorra dello Stato italiano, che condiziona la vita delle persone, elimina il merito e favorisce i diplomifici. Se quella commissione fosse meno segreta e se quell’esame fosse meno dannoso forse il passaggio all’Università diventerebbe un vero meccanismo orientativo e non quella lotteria che è oggi per troppi studenti. Non vedere come l’anticipo dei test d’ammissione all’Università sia già una modifica nei fatti dell’esame di Stato è solo l’ennesimo esempio di un sistema che non sa governarsi e non sa leggersi.

 

BES. Franco de Anna e Raffaele Iosa hanno condotto in questi ultimi mesi una battaglia contro la medicalizzazione dei BES. Battaglia che condivido in maniera assoluta: i BES non sono una questione medica o cartacea, non sono un modo per produrre burocrazia e certificati medici, ma lo specchio di una società che si è personalizzata. Le confuse circolari ministeriali sull’argomento fanno la gioia di chi non vuole modificare nulla, ma rimane lì intatto il problema dei DSA che non si fanno certificare (magari perché albanesi o ghanesi), degli iperattivi che non potendo vivere dentro i banchi cercano di spaccarli, di coloro che vivendo dentro la soglia della povertà rischiano di stare fuori per sempre dalla società della sconoscenza.

 

MENTOR E MENTORATI. La vicenda è banale ma mostra come il sistema non voglia mettersi a regime neppure nelle piccole cose. Nell’a.s. 2012/2013 ai dirigenti neo-assunti è stato affiancato in mentor per l’anno di prova e per la formazione. I mentor sono stati formati a Montecatini per tre giorni a spese del Miur e hanno seguito il percorso di valutazione dei dirigenti neo assunti. Tutto questo doveva far diventare il percorso formativo organico a partire dai soggetti formati. Invece in quest’anno scolastico si riparte quasi da zero, visto che molti mentor sono nuovi e quindi o dovranno essere formati a loro volta o dovranno fare i mentor senza formazione. I “mentovati” (dirigenti neo assunti) dello scorso anno, invece, potrebbero diventare l’elemento trainante per mettere a regime il sistema nazionale di valutazione, invece sono entrati nei ranghi e tutto il percorso di formazione da loro seguito ancora una volta è stato fine a se stesso. Il MIUR lo scorso anno disse che formava i mentor per costruire un sistema di formazione. Adesso fa ripartire tutto da capo, senza dare alcun indicazione su come utilizzare le risorse già formate sempre a spese del Ministero.

 

COMPITI PER CASA. Il Ministro Carrozza ha invitato gli studenti a convincere i docenti a non dare compiti per casa. Un meccanismo ottocentesco detto con una lingua ottocentesca. E’ ovvio che il concetto di compito per casa con una generazione di nativi digitali “connessi” e “sdraiati” sembra veramente un parlare con linguaggio incomprensibile a chi si attende direttive chiare. Il Ministro Carrozza vorrebbe intervenire sul sistema, ma non ha il coraggio per farlo. I compiti per casa sono per lo più dannosi in quanto stancano gli studenti e limitano l’attenzione in classe. Invece a casa bisogna studiare e certamente un buon libro e una bella mostra sono molto utili per la formazione. Ma qui stiamo parlando di riformare tutto, non di invitare gli studenti a convincere i docenti a non dare compiti. Qui stiamo parlando di studio e apprendimento: magari chiamando le cose col loro nome andremmo più lontani. I compiti per casa sono solo compiti per casa. Lo studio e l’apprendimento sono altro. Questa la questione.

 

Tutte questi sono problemi molto specialistici, ognuno dei quali può avere molteplici soluzioni. Messi tutti insieme mostrano un sistema arrivato alla strettoia, che invece di selezionare cosa portare dentro la strettoia cerca di entrarci con tutte le sue incertezze. Rischiando di rimanere paralizzato senza potersi muovere.

Ripartono i seminari nazionali

Ripartono i seminari nazionali D’Anna Per 2014

Udine: giovedì 13 febbraio  –  Firenze: giovedì 27 febbraio – Salerno: giovedì 13 marzo 2014

Riprendono i seminari D’AnnaPer “Il benessere dello studente: l’educazione fisica e sportiva per vivere meglio” rivolti ai diplomati Isef e laureati in Scienze motorie.
I seminari nati dalla cooperazione tra la Casa editrice D’Anna e la Capdi & LSM vogliono proporre un momento di riflessione sul cambiamento in atto nel sistema scolastico italiano e il rapporto con la nostra disciplina, approfondendo i nuovi scenari: le novità metodologiche, la valutazione per competenze a seguito delle nuove Indicazioni Nazionali, il liceo sportivo, le CLIL – l’insegnamento dell’ EF in lingua straniera, i BES..

La partecipazione è libera e a tutti gli insegnanti verranno consegnati materiali utili alla didattica con la possibilità di esaminare le pubblicazioni della Casa editrice G. D’Anna e Capdi.
Il pranzo-buffet è offerto dalla Casa Editrice D’Anna.

Verrà rilasciato attestato di partecipazione

Gli incontri sono a numero chiuso e aperti a tutti gli insegnanti di Educazione fisica. Le iscrizioni verranno accolte sino ad esaurimento posti.

MODALITÀ DI ISCRIZIONE – Vi sono due possibilità:

• Compilare on-line la richiesta collegandosi a www.edusport.it

• Compilare la richiesta di partecipazione (in allegato) scrivendo in stampatello e spedirla alla Casa editrice G. D’Anna via fax al numero 055.933.66.50

Il richiedente riceverà riscontro anche qualora la richiesta di iscrizione sia pervenuta a posti disponibili esauriti.
Le richieste di iscrizione dovranno pervenire almeno 10 giorni prima della data dell’evento prescelto.

Ricordiamo che gli insegnanti hanno diritto all’esonero dal servizio scolastico:
La Capdi & LSM è Ente Qualificato per la formazione del personale della scuola (decreto prot n. AOODGPER 14350 – MPI 27 luglio 2007). Le iniziative di formazione organizzate dalla Capdi & LSM rientrano nella normativa (DM n° 90 del 1/12/2003) e danno diritto “all’esonero dal servizio del personale della scuola” che vi partecipi, nei limiti previsti dalla normativa vigente : art 64 del CCNL “ 5 giorni con esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi

Agli incontri sarà possibile trovare il cofanetto con il CD contenente i numeri della  rivista della Capdi & LSM ” E.F. – La rivista di Educazione fisica, scienze motorie e sport” pubblicati negli anni 2011 e 2012, “Il giornale del Docente di Educazione fisica” Il registro per la valutazione delle competenze motorie” preparato dalla Capdi e la NUOVA DISPENSA dell’Educazione fisica che vogliamo “ Le nuove competenze motorie dai 3 ai 19 anni” rivisitata a seguito delle Nuove Indicazioni Nazionali.

Il presidente Flavio Cucco

UDINE 13 febbraio – FIRENZE 27 febbraio – SALERNO 13 marzo
PROGRAMMA GENERALE

Ore 8.20 Registrazione accreditamento dei partecipanti
Ore 8.50 Saluti: Dirigente scolastico Istituto ospitante – USR e USP – Coordinatore Ufficio EFMS – Capdi & LSM – Casa editrice G. D’Anna
Ore 9.00 L’Educazione fisica tra riforme e innovazioni
Coordina: (giunta Capdi & LSM) – (coordinatore EMFS)
Le normative che hanno modificato l’organizzazione e la didattica dell’Educazione fisica in Europa e in Italia
Luca Eid (insegnante di EF/APA, referente Italia presso L’EUPEA – Nicola Lovecchio (insegnante EF – dr di ricerca Uni Cattolica Milano – Flavio Cucco (Presidente Capdi & LSM) – Livia Brienza ( DS – v. Presidente Capdi & LSM) –
Ore 10.00 Progettare per competenze in Educazione Fisica, sportiva e adattata
Lucia Innocente (insegnante di EF, referente naz. del Progetto «L’Educazione fisica che vogliamo») – Marisa Vicini (insegnante EF – dottorato di Ricerca Università di Bergamo) –
Antonella Sbragi (insegnante di EF, referente naz. del Progetto «L’Educazione fisica che vogliamo» – Rosa Anna Rosa: insegnante EF/APA – cultore CdL-STAMPA Università di Foggia – Stefania Cazzoli (insegnante EF/APA, presidente Fiep – Europa sezione APA ) – Silvia Saccardi (insegnante di EF)
Ore 12. Didattica multimediale ed EF – Fabio Mancini, Beatrice Bosso (responsabili materiali multimediali della Casa editrice G. D’Anna)
Ore 12.50 Buffet per i partecipanti
Ore 14.00 L’Educazione fisica verso nuovi scenari
Coordina (giunta Capdi & LSM) – (coordinatore EMFS)
Interventi e discussione della mattina
Ore 14.30 CLIL: L’insegnamento dell’EF in lingua straniera – Esemplificazione di materiali ed esperienza di formazione all’estero di colleghi – Cristina Dichirico (già ricercatrice Ansas) Lombardia, esperta CLIL e progetti internazionali)
I BES (Bisogni Educativi Speciali)- Come affrontare in palestra il disagio Giovanile – Gabriella Frattini Docente a contratto Uni Cattolica Milano – Stefania Melica insegnante EF, Docente a contratto SM Uni Cattolica Milano – Maria Cristina Salvetti Docente a contratto SM Uni Cattolica Milano
Il Liceo ad indirizzo sportivo – Giancarlo Alberti Direttore del corso L. Scientifico a Indirizzo Sportivo Sant’ Elia – Cantù/CO – Rossana Villa insegnante di EF – collaboratore Ufficio EFSM Como
Ore 16.00 Interventi e discussione
Ore 16.30 Consegna attestati di partecipazione

La Capdi & LSM è Ente Qualificato per la formazione del personale della scuola (decreto MPI 27 luglio 2007). Le iniziative di formazione organizzate dalla Capdi & LSM rientrano nella normativa (DM n° 90 del 1/12/2003) e danno diritto «all’esonero dal servizio del personale della scuola» che vi partecipi, nei limiti previsti dalla normativa vigente: art 64 del CCNL «5 giorni con esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi».

Abilitati in Strumento Musicale

L’ANIEF ottiene ragione per gli abilitati in Strumento Musicale: il Tribunale di Forlì dichiara illegittimo l’operato del MIUR

 

Primo soddisfacente successo ANIEF presso il Giudice del Lavoro sul diritto dei docenti abilitati in Strumento Musicale a vedersi riconosciuto nelle Graduatorie a Esaurimento il punteggio aggiuntivo che il MIUR aveva sempre negato loro, di fatto discriminandoli rispetto a tutti gli altri abilitati. Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, coordinando i nostri legali sul territorio, ottengono il pieno accoglimento delle richieste avanzate in favore di una nostra iscritta e l’immediata modifica delle graduatorie d’interesse. Pesante anche la condanna carico del Ministero dell’Istruzione soccombente: oltre 4.000 Euro di spese di lite.

 

Il Tribunale di Forlì accoglie le richieste dell’Avv. Tiziana Sponga – che, con la perizia che da sempre contraddistingue il suo operato, segue gli iscritti ANIEF sul territorio – e dichiara illegittime le determinazioni ministeriali contenute dei Decreti di aggiornamento delle Graduatorie a Esaurimento nella parte in cui attribuiscono il punteggio aggiuntivo al voto di abilitazione soltanto ai corsi biennali di secondo livello finalizzati alla formazione dei docenti di educazione musicale nella scuola secondaria e non anche al corso di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di strumento musicale nella scuola media (classe di concorso 77/A).

 

Il Giudice del Lavoro, in accoglimento del ricorso ANIEF, ha ordinato al MIUR di provvedere all’attribuzione in favore della nostra iscritta del punteggio aggiuntivo spettante e all’immediata rettifica della graduatoria d’interesse. Come conseguenza dell’illegittimità del suo operato, il Ministero resistente è stato condannato anche al pagamento delle spese di lite quantificate in ben 3.700 Euro oltre IVA e CPA.

 

L’ANIEF ha da sempre sostenuto che nelle Graduatorie a Esaurimento la mancata attribuzione del punteggio aggiuntivo agli abilitati in Strumento Musicale annulla di fatto, e in maniera irrazionale, il meccanismo premiale previsto dalla legge per le abilitazioni conseguite a seguito di corsi di specializzazione determinando, quindi, una grave violazione dei più elementari criteri meritocratici. Il nostro sindacato si dichiara soddisfatto di questo ulteriore passo avanti compiuto in favore dei propri iscritti e attende con fiducia i prossimi pronunciamenti dei Tribunali del Lavoro italiani certo di ottenere quanto prima nuovi positivi riscontri che segneranno la strada per un’effettiva risoluzione dell’annosa e controversa questione.

 

Ripartire dagli insegnanti

Ripartire dagli insegnanti
finanziare ogni scuola per la formazione in servizio
proposta del Cidi alle forze politiche

La scuola è un sistema complesso che non si può modificare in maniera significativa e permanente senza agire contemporaneamente su tutte le variabili.
Tuttavia, poiché è impossibile, di questi tempi, immaginare interventi su tutto il sistema contemporaneamente, è necessario stabilire delle priorità, indicando un percorso operativo concretamente praticabile.
Da dove partire? Dalle fondamenta, cioè dagli insegnanti.
Ecco perché il Cidi ritiene che la prima cosa da fare sia investire risorse per la costruzione di un sistema nazionale di formazione in servizio per i docenti facendo tesoro delle migliori esperienze presenti nel territorio.
La scuola reale ha già dimostrato di essere capace di mettersi in moto, ma attende segnali convincenti di un cambio di direzione nella politica scolastica del nostro paese.
Noi crediamo che la priorità oggi sia la costruzione di un sistema nazionale di formazione in servizio capace di attivare quel “processo attraverso il quale si sviluppano e si organizzano la ricerca e l’innovazione educativa”; garanzia di costante miglioramento della dinamica tra insegnamento e apprendimento. E’ solo questo processo che connota le scuole come centri di ricerca e di sperimentazione.
La formazione in servizio dunque non è un corollario complementare della professione docente, ma deve legarsi alla ricerca didattica e diventarne parte costitutiva, al pari del progettare gli interventi educativi, fare lezione, valutare gli esiti, confrontarsi collettivamente. È solo in quest’ottica che si può sviluppare la filiera progettazione-attuazione-valutazione, che dà senso a tutto il sistema.
Ci pare invece che l’attività di formazione in servizio che si fa nelle scuole è contraddistinta dalla provvisorietà, dall’improvvisazione, da scelte centralistiche, in sintesi dalla mancanza di una visione di sistema. E ciò, nonostante lo stesso Regolamento del Sistema nazionale di valutazione preveda per le scuole in difficoltà un piano di miglioramento “anche con il supporto dell’INDIRE o attraverso la collaborazione con università, enti di ricerca, associazioni professionali e culturali”. Ma il problema non si risolve con una formazione simile a quella organizzata dall’INVALSI o portando a sistema le iniziative finanziate con fondi PON e POR, nonostante alcune di esse abbiano dato risultati positivi. Ormai da molti anni le riflessioni sui risultati delle indagini OCSE PISA hanno messo in evidenza la necessità di un radicale cambiamento dell’insegnamento sia dal punto di vista metodologico che concettuale, e questo si può realizzare solo con una costante attività di ricerca e sperimentazione. Le risorse impegnate dal Ministero nella formazione in servizio sono consistenti, ma vengono utilizzate con una visione centralistica, non basata sull’autonomia di ricerca e sperimentazione delle scuole.
Occorre affrontare finalmente i nodi importanti del sistema scolastico che emergono con forza dai dati delle rilevazioni sia nazionali che internazionali: la dispersione scolastica troppo alta; le problematiche interculturali e del disagio; l’applicazione delle nuove indicazioni della scuola del primo e del secondo ciclo; un insegnamento per competenze che si scontra con la resistenza delle prassi didattiche tradizionali e con una valutazione anacronisticamente ancorata al voto decimale.
Negli ultimi dieci anni si è realizzato un consenso quasi universale tra gli esperti sulla imprescindibile necessità di un curricolo per competenze e del conseguente utilizzo di metodologie laboratoriali. Tutte le indicazioni ministeriali hanno fatto propria questa impostazione. Tuttavia nella scuola reale stenta ad imporsi una didattica che renda effettivo il curricolo per competenze.
Noi pensiamo che una delle cause principali di questa situazione sia la mancanza di un intervento sistematico sulla formazione in servizio degli insegnanti. Dalle Indicazioni per il primo ciclo traiamo segnali positivi, che fanno pensare che almeno a livello teorico ve ne sia una nuova consapevolezza, in particolare là dove si afferma che la costruzione del curricolo per competenze non è un adempimento formale, ma è “il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e l’innovazione educativa”. All’interno di una tale visione la formazione in servizio non può che coinvolgere direttamente scuole e insegnanti, responsabili in prima persona dei processi di ricerca e sperimentazione.
Ma implementare innovazioni significative è possibile soltanto con un’attività di accompagnamento proiettata su molti anni, finalizzata a coinvolgere la generalità degli insegnanti. Le esperienze passate dovrebbero averci insegnato che la scelta di formare pochi insegnanti per
ciascuna scuola utilizzando reti nate appositamente per questo scopo non porta ad effetti significativi.
Tuttavia esistono esperienze di formazione dei docenti che si sono dimostrate efficaci. I Laboratori del Sapere Scientifico sono un’esperienza regionale che ha previsto un finanziamento triennale di 5.000 € per ogni scuola partecipante, vincolandolo all’intervento di esperti, all’incentivazione degli insegnanti e all’acquisto di materiali. Valutiamo positive quelle esperienze che garantiscano i tempi distesi necessari ad attivare processi di ricerca, sperimentazione e valutazione nelle scuole, coinvolgendo un numero consistente di insegnanti per ogni istituzione scolastica.
In conclusione, il Cidi propone che vengano messi subito a disposizione di ogni scuola autonoma 10.000 euro vincolati ad attività di formazione in servizio. Siamo consapevoli che sarebbero necessarie maggiori risorse e garanzie di continuità, tuttavia proponiamo questa cifra come punto di partenza, considerate le difficoltà economiche del paese. Le risorse necessarie complessive previste da questa proposta sono infatti di € 100 milioni.
Lo sviluppo di una formazione in servizio adeguata è possibile soltanto con strutture permanenti nelle scuole. Solo una scuola così organizzata potrà effettivamente realizzare un curricolo per competenze e sviluppare, in piena autonomia e con i necessari supporti esterni, attività di ricerca e sperimentazione, dando vita a un processo costantemente documentato e valutato, capace di connotarsi come un percorso di ricerca azione permanente.

M. Serra, Gli sdraiati

Come mai nella storia

di Antonio Stanca

serraPubblicato a Novembre del 2013 dalla casa editrice Feltrinelli di Milano nella serie “I Narratori” (pp. 108, € 12,00), il romanzo Gli sdraiati è ancora in testa alle classifiche di vendita e ancora sta facendo parlare dell’attività letteraria del suo autore, Michele Serra, figura molto nota perché impegnata in molte direzioni. A cinquantanove anni Serra tanto ha fatto e continua a fare. Sempre e variamente impegnato è stato, dai corsivi su giornali quotidiani e settimanali, l’Unità, Epoca, Panorama tra i primi e la Repubblica, l’Espresso tra i più recenti, alla fondazione e direzione del settimanale satirico Cuore, dalla politica alla televisione, dai testi teatrali alla letteratura.

E’ nato a Roma nel 1954. Trasferitosi con la famiglia a Milano ha conseguito qui la maturità classica e giovanissimo, a vent’anni, ha cominciato a lavorare per l’Unità. Ora vive tra Milano e Bologna e impegnato continua ad essere in particolare nel lavoro di giornalista satirico e di costume, di opinionista, di polemista. Questa finora è risultata l’attività che più lo ha coinvolto essendo egli un intellettuale di sinistra e le tendenze del giornalista hanno interessato anche gli altri aspetti della sua vasta e varia produzione compresa quella di carattere letterario. In essa aveva esordito nel 1989 con la raccolta di racconti Il nuovo che avanza. La seconda raccolta, Cerimonie, sarebbe venuta nel 2002 e gli avrebbe fatto meritare i Premi Procida e Gradara Ludens. Nel 1983 sarebbe comparso il primo libro di poesie, Poetastro, e nel 2000 il secondo, Canzoni politiche. Nel 1997 avrebbe scritto il primo romanzo, Il ragazzo mucca, ed ora è stata la volta del secondo, Gli sdraiati.

Anche nelle narrazioni, anche nei versi tornano i modi che hanno distinto il Serra fin dal suo apparire, quelli, cioè, legati al suo giornalismo, al suo atteggiamento polemico nei confronti di una realtà, di una società, di una vita che hanno perso i principi, i valori che le distinguevano per accettare altri che annullano la loro identità, confondono i loro tratti, ne fanno delle vittime di meccanismi inesorabili, guastano ogni loro aspetto, dalla famiglia alla scuola, dalla religione alla cultura, dalla morale al costume, dal pensiero alla comunicazione. Polemico è Serra perché è convinto che molto è stato perduto di quanto apparteneva all’uomo, alla sua dimensione, e che non sarà possibile recuperarlo, che l’umanità è stata sconfitta dal suo stesso desiderio di diventare, di sentirsi nuova, moderna, che ha perso la sua vera natura e che il peggio deve ancora arrivare. Ma anche alla satira si concede quasi a ridurre, snellire il tono di una polemica che rischierebbe di diventare sempre più accesa e di trasformarsi nella voce di chi è rimasto solo e indietro in un mondo, in un tempo che sono tanto avanzati. Serra, invece, è inserito in questo mondo, in questo tempo, in essi vive, lavora, di essi scrive senza, però, esserne soddisfatto. E’ questo disagio a farlo diventare polemico, a segnare l’intera sua attività compresa quella narrativa, di esso fa interpreti molti personaggi delle sue narrazioni ed anche quelli de Gli sdraiati. Qui un padre divorziato vive col figlio diciannovenne ed è costretto ad assistere a quanto di esteriore è entrato a far parte della vita del ragazzo annullando ogni sua intimità. Egli è come tutti i ragazzi d’oggi, passa la maggior parte del suo tempo “sdraiato” su un divano con il computer addosso, il cellulare accanto e gli auricolari alle orecchie, rientra a casa quando fa alba, dorme in una stanza traboccante  di indumenti smessi. La casa, la scuola sono un problema, un ostacolo in una vita che vuole trascorrere soltanto con gli amici, tutti uguali, nei posti, nei locali che più sono di loro gradimento. Fuma quasi sempre, a volte non solo sigarette, non ascolta le parole che il padre si sforza di dirgli a suo giovamento, vive soltanto di sé, dei suoi interessi, delle sue amicizie, della sua maniera di vestire, di apparire, della sola vita del corpo, dei soli piaceri a questo legati. Ad una rovina totale sembra al padre di assistere perché è consapevole che né lui né altri padri possano arginare un fenomeno così straripante, che impotenti sono diventati, oggi, i vecchi di fronte ai giovani. Pertanto si è dovuto convincere che nel romanzo che intende scrivere, La Grande Guerra Finale, nel quale ha intenzione di rappresentare questo scontro tra i vecchi e i giovani dei tempi moderni, la battaglia finale dovrà farla vincere ai giovani anche se dovrà ammettere che le conseguenze di un simile evento rimarranno quanto mai oscure, impossibili da prevedere.

Abile è stato il Serra a configurare in tal modo quanto di allarmante lascia intravedere l’attuale condizione giovanile, quanto pericoloso sarà questa volta, a differenza di ogni altra volta nella storia, il passaggio, il cambio generazionale. Ci è riuscito con un’opera che si fa leggere volentieri grazie ad uno stile rapido, incalzante, dalle frasi brevi, concise come quelle di un proclama, un’opera che come altre volte fa polemica ma anche satira, è determinata ma anche ironica. E’ il suo modo per avere successo, riconosce il fenomeno ma non si lascia sommergere, si arrende ad esso ma non completamente!

Auguri dell’onorevole ministra Carrozza agli uomini di scuola

Auguri dell’onorevole ministra Carrozza agli uomini di scuola

di Umberto Tenuta

carrozza

Accorto profeta, Reginaldo Palermo, nel prevedere polemiche e proteste per gli auguri che l’Onorevole Ministra Carrozza ha fatto pervenire agli uomini di scuola e che sopra riporto.

 

Sinceramente, non credo che l’Onorevole Ministra Carrozza si sia ispirata all’affermazione del Ministro dell’Educazione nazionale che nel 1939 a chi chiedeva migliori opportunità di studio per i figli dei contadini rispondeva che non era proprio il caso che di essi, nati nei campi, si facessero degli spostati, offrendo loro la possibilità di scalare la piramide delle classi sociali e lasciando incolte le patrie terre.

Infatti, l’Onorevole Ministra Carrozza non fa alcun riferimento alle classi sociali e si limita, condividendo la soprariportata affermazione del marchese di Condorcet, a prendere atto che la Natura dissemina i suoi  doni a caso, e non come accorto seminatore che sparge equammente i suoi semi, anche se non può evitare che alcuni cadano sulle strade, altri sulle pietre ed altri infine sulle più o meno fertili terre.

Che triste destino graverebbe sui figli di madre Natura, antica e novella dea, che al giorno d’oggi solo una casta privilegiata adora.

Non voglio e d’altra parte non avrei la profonda competenza per addentrarmi nell’antica e ancora non risolta questio dei talenti e dei geni.

Non voglio, qui, mettermi a discutere se madre Natura opera delle ingiustizie o se sono gli uomini a crearle.

Io non so se madre Natura favorisce alcuni, molto spesso coloro che appartengono a una classe sociale privilegiata, come ha denunciato Don Milani.

Mi limito solo a richiamare quanto Papa Francesco, nella sua incommensurabile fraternità cristiana, ha detto a proposito di coloro che nascono nelle famiglie che godono i privilegi della ricchezza di denari e quindi possono offrire ai loro figli −come, d’altra parte farebbero tutte le madri ed i padri− le  migliori opportunità formative, opportunità costituite da ambienti familiari e formativi più  ricchi di stimoli culturali, nonché scuole di alto livello, diversamente da coloro, e sono la maggioranza, che ai loro figli possono far frequentare solo le scuole comuni, le scuole che le statistiche internazionali pongono agli ultimi posti per efficienza ed efficacia, come avviene per il Paese Italia.

 

Mi limito a fare solo alcune semplici considerazioni.

 

Innanzitutto, mi domando se siamo stati condannati da madre Natura a dipendere dalla generosità dei più favoriti, che l’Onorevole Ministra Carrozza invita a voler essere generosi, mettendo i loro talenti a disposizione di tutti i non favoriti da madre Natura.

Insomma, dobbiamo rassegnarci al nostro destino e a nulla vale migliorare le istituzioni formative per tutti i figli di donna?

 

La seconda domanda che faccio è se siamo sicuri che, soprattutto con i progressi che le scienze moderne hanno raggiunto, non sia possibile migliorare l’humus delle terre, nelle quali i figli di qualsiasi donna possano crescere in virtute e canoscenza, alla pari di coloro che sono stati concepiti e che sono vissuti in terre già ricche di humus.

 

Infine, mi voglia permettere la Ministra Carrozza −alla quale certamente non è pervenuta, per un sempre possibile disguido postale, una mia lettera, che peraltro già avevo inviato anche ai Suoi Predecessori− un’altra domanda.

Che cosa voleva dire il Marchese di Condorcet?

Forse voleva dire che Madre Natura si affida al Caso nel distribuire i suoi doni e, pertanto, alcuni ricevono di più e altri di meno, a prescindere dai loro meriti?

A riguardo, però, mi viene da chiedere se madre Natura si affida proprio al Caso e casualmente i suoi favoriti appartengono prevalentemente ai ceti che, non si sa per quali motivi, si trovano ai più alti livelli della piramide sociale.

Ma sappiamo che così non dovrebbe essere, perchè statisticamente i talenti dovrebbero risultare equamente distribuiti tra le diverse classi sociali.

 

E poi, non sarebbe il caso, oddio, non il caso ma il dovere di migliorare tutte le terre, come oggi è possibile fare, perché tutti i talenti di madre Natura possano fiorire, e non morire, soprattutto quelli dei poveri?

Chi può dire quanti talenti sono caduti sulla strada e gli uccelli se li sono mangiati?

Chi può dire quanti talenti sono caduti sulle aride rocce dove non avevano molta terra a disposizione e sono morti?

 

Onorevole Ministra Carrozza, come che sia la storia dei talenti, certamente la Politica dovrebbe impegnarsi al massimo perché tutte le terre siano resi fertili −come è avvenuto in Israele dopo la Seconda  Guerra mondiale− e tutte le scuole siano rese efficaci ed efficienti.

Forse non sta scritto all’articolo 1 del D.P.R. 275/1999 che << L’autonomia delle istituzioni scolastiche  … si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>?

 

Onorevole Ministra Carrozza, forse non sarebbe il caso che per la Befana invii a tutti gli uomini di scuola, impegnati a <<migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>, una copia di Lettera ad una professoressa e un abbonamento ad una delle tante belle riviste impegnate a favorire il loro aggiornamento?

 

Comunque, Onorevole Ministra Carrozza, io umilmente le chiedo scusa per aver osato scriverLe la presente e faccio a Lei ed ai Suoi amministrati −tra i quali io purtroppo non sono più− i migliori auguri di Buon Natale, di un Felice Anno 2014 e di una Generosa Befana.

 

Con ogni ossequio.

Umberto Tenuta

 

 

POST SCRIPTUM

Mi viene il dubbio che lo stampatore della Sua lettera di auguri abbia scambiato con la citazione soprariportata  la seguente affermazione del Condorcet:

(Occorre) <<offrire a (ciascun individuo) della specie umana… l’opportunità… di sviluppare tutta la potenzialità dei talenti che ha ricevuto dalla natura, e con ciò stabilire tra i cittadini l’eguaglianza di fatto, rendendo reale l’eguaglianza politica riconosciuta dalla legge; tale deve essere il primo scopo di una istruzione nazionale che, sotto questo punto di vista, è per i pubblici poteri un dovere di giustizia>>.

(HESSEN S., Democrazia moderna, Armando, Roma, 1971, p. 76).

Caro Renzi, parliamo di scuola. Seriamente

da Il Fatto Quotidiano

Caro Renzi, parliamo di scuola. Seriamente

di Giorgio Simonelli

Avendo fatto per molti anni l’insegnante di scuola secondaria superiore, con qualche velleità sindacale, sono sempre molto attento alle notizie e alle discussioni che riguardano la scuola. Quindi mi ha molto colpito, qualche giorno fa, il fondo di Marco Politi che, per denunciare l’assenza di una politica capace di abbattere veramente i privilegi, partiva dalla notizia dell’ennesimo torto subito dai precari della scuola a cui è stata tagliata la monetizzazione delle ferie, un gruzzoletto di euro per intenderci.

Ho pensato, leggendo quelle righe, al discorso di Renzi dopo il suo clamoroso successo alle primarie, un discorso ormai celebre. Parlando della scuola e della necessità di riformarla, riportandola al centro delle attenzioni del governo, il neo segretario PD è ricorso a un tema molto in voga nei discorsi sull’istruzione: quello della perdita di prestigio degli insegnanti che quando rimproverano o sanzionano un alunno vengono attaccati dai genitori, mentre un tempo i genitori stavano saggiamente sempre dalla parte dei docenti.  E’ un ritornello che si sente continuamente al bar, sul tram, in spiaggia. Certo ci sarà del vero, come in tutti i luoghi comuni, ma che questo possa diventare il simbolo dei problemi dell’educazione in un paese che ha l’obbligo scolastico più basso d’Europa non mi pare opportuno, anzi forse è fuorviante.

Scegliamo dei temi più seri, più ampi e profondi se davvero abbiamo a cuore il futuro della scuola. Come si può immaginare, infatti, che dei cittadini, magari pure un po’ rozzi, abbiano rispetto e stima degli insegnanti se il primo a non mostrare alcun rispetto, a trattarli come carne da cannone è proprio lo Stato? E’ su scelte come queste che voglio vedere e giudicare le reali intenzioni e capacità di Renzi. A cui mi permetto di segnalare un dato.

Se non sbaglio – e vorrei sbagliarmi – è tuttora in vigore quella norma che decurta dallo stipendio degli insegnanti il primo giorno di malattia. Si tratta di una norma nata nel delirio brunettiano sui fannulloni e ovviamente accolta con piacere dal duo Gelmini-Tremonti, una norma oscena, indegna di un paese civile, una cosa che grida vendetta, che merita ampiamente tutte le possibili forconate e dovrebbe sparire immediatamente dalla vita scolastica per occupare un posto solo nella pattumiera della storia, come ricordo di un’epoca buia. Ecco, Renzi, ora che è il responsabile del maggior partito della maggioranza di governo, nonché della sinistra, chieda subito di cancellarla quella norma, lo faccia senza indugio, senza se e senza ma, senza fare chiacchiere ma dimostrando con i fatti che idea ha della scuola.

Scuola, gli auguri ‘paritari’ del ministro Carrozza

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, gli auguri ‘paritari’ del ministro Carrozza

di Marina Boscaino

È impossibile che un’istruzione, anche uguale, non aumenti la superiorità di coloro che dalla natura sono stati più favoriti. Ma, per mantenere l’uguaglianza dei diritti, basta che questa superiorità non apporti una dipendenza reale, e che ciascuno sia tanto istruito da esercitare da se stesso, e senza sottomettersi ciecamente alla ragione altrui, quelli che la legge gli ha garantito. Allora la superiorità di alcuni uomini, lungi dall’essere un male per coloro, i quali non hanno ricevuto i medesimi vantaggi, contribuirà al bene di tutti; e i talenti, come le cognizioni, diverranno il patrimonio comune della società”. Marchese di Condorcet, ‘Elogio dell’istruzione pubblica’

Ieri sono stati recapitati nelle caselle di posta elettronica @istruzione.it gli auguri del ministro Carrozza ai lavoratori della scuola. Non è tanto sulla famosa affermazione di Condorcet che vorrei insistere, pur nel sospetto che vi sia una virgola in più del dovuto. Nel merito, mi limito a dire che non solo un’istruzione, anche uguale, è impossibile non aumenti la superiorità di coloro che dalla natura sono stati più favoriti. Ma anche – aggiungo – di coloro che sono favoriti dal punto di vista socio-economico. È per questo che occorrerebbe potenziare la rete di sicurezza scolastica intorno ai più disagiati.

Una ricerca dell’Anief, invece, pubblicata proprio ieri, sottolinea come il nostro Paese raggiunga picchi di dispersione scolastica (fenomeno che grava particolarmente su quella fascia di popolazione), addirittura peggiorando la propria posizione rispetto alla media dei 28 Paesi dell’Ue, scesa quest’anno al 12,7%, e all’obiettivo comunitario del raggiungimento del 10% entro il 2020 (Programma Ue). Quali interventi, oltre che direttamente sulla dispersione, sono previsti? Qual è la risposta del Miur rispetto alla sentenza del Tar del Lazio, che ha dichiarato illegittimo il taglio di ore nelle classi intermedie del tecnico e del professionale, operato dalla riforma Gelmini? Quale la proposta sull’istruzione professionale, devoluta alle Regioni e caratterizzata da 21 sistemi diversi, con rare punte di eccellenza ed una omogenea e drammatica situazione di disagio?

Gli interrogativi sono molti, rispetto a quella citazione. Ma ancor più vorrei soffermarmi sul titolo dell’opera da cui esso è tratto: Elogio dell’istruzione pubblica. Efficace ma demagogico, considerato il fatto che Carrozza si è a suo tempo espressa a favore del voto B in occasione del referendum di Bologna (per confermare, cioè, il finanziamento alle scuole dell’infanzia private). E non ha mai fatto mistero del suo apprezzamento nei confronti della scuola paritaria.

A caso, una delle tante dichiarazioni, 7 settembre: ”In questo momento la scuola paritaria offre più di quel che prende dallo Stato”(…) “So che le scuole paritarie, in tanti territori, fanno da vicari rispetto a quello che potrebbe essere la scuola statale ed integrano il servizio. E poi c’è da dire che dobbiamo introdurre più libertà nell’ambito dei parametri essenziali altrimenti rimane un sistema rigido e conservatore nel suo insieme che non si apre al mondo esterno, e questo non va bene”. Il nostro ministro, che di scuola sa ben poco, non sa anche (o forse finge di ignorare) che a causa dei parametri laschi, sono scuole paritarie a tutti gli effetti (con i relativi finanziamenti dello Stato) i diplomifici, le fabbriche di diplomi, che prevalgono in Campania rispetto alle scuole statali.

È molto gentile e accattivante inviare gli auguri in posta elettronica ai lavoratori della scuola. Auguri, ovviamente, ricambiati; in particolare affinché le letture che la prof. Carrozza cita diventino, da evidente specchietto per allodole, alimento, condivisione profonda, convinzione, coerenza. Come conseguenza effettiva di buone letture, finora, non ci è stato dato di vedere nulla. Davvero.

Troppi compiti a Natale? È vero, si rischia il rigetto

da Tecnica della Scuola

Troppi compiti a Natale? È vero, si rischia il rigetto
di A.G.
A dirlo, schierandosi col ministro Carrozza, è il docente, scrittore e giornalista Marco Lodoli: gli alunni devono lavorare più in classe che a casa, altrimenti non c’è più tempo per la vita. La crescita è fatta di tanti fattori. Natale e i fine settimana sono periodi in cui i bambini si ricreano e crescono nell’educazione sentimentale. E’ importante che si dedichino al gioco, alle gite, alle passeggiate, allo sport, a stare in famiglia. E poi largo alla lettura: una edificante può essere “L’uomo che piantava gli alberi”, di Jean Giono.
Più tempo per gioco, famiglia, sport e letture piacevoli. Meno per i compiti. Marco Lodoli, scrittore, giornalista ma anche professore nelle scuole superiori e padre di due figli, è d’accordo con l’appello lanciato poche ore prima dal ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza. Interpellato dall’agenzia Ansa, il docente-scrittore-giornalista, autore tra gli altri di “Il rosso e il blu”, libro sulla scuola da cui è stato tratto il film omonimo di Giuseppe Piccioni (2012), ritiene che nel periodo natalizio, così come nei fine settimana e negli altri periodi di chiusura delle scuole, non occorre effettivamente assegnare troppi compiti. Molto meglio dedicarsi, invece, alla lettura. “Effettivamente – spiega Lodoli – la mole di compiti sui ragazzi è immensa. Una mole tra l’altro, stando almeno a quanto ci dice l’Europa (che ci posiziona indietro nelle classifiche legate ai risultati scolastici), cui non corrisponde neanche un grande risultato in termini di apprendimento. Lasciamo del tempo libero ai nostri studenti, esagerare con i compiti non serve, anzi rischiamo solo che abbiano crisi di rigetto”.
“L’invito a leggere del miniatro Carrozza è giusto – continua -. Credo che una lettura edificante per un pomeriggio possa essere “L’uomo che piantava gli alberi”, di Jean Giono: il racconto di un uomo che, indifferente a tutto ciò che lo circonda, va avanti per la sua strada e cambia la vita di un intero paese. Anche da questo si impara”.
Lodoli, da professore di un istituto professionale del quartiere romano periferico ‘Torrespaccata’, preferisce che i suoi alunni lavorino più in classe che a casa. “Altrimenti non c’è più tempo per la vita, la crescita è fatta di tanti fattori. E anche se può sembrare una bestemmia, non solo lo studio, ma anche il gioco è uno strumento di crescita. Natale e i fine settimana dovrebbero essere periodi in cui i bambini si ricreano e crescono anche nell’educazione sentimentale. E’ importante che si dedichino alle gite, alle passeggiate, allo sport, a stare con la famiglia”. Conti alla mano, sostiene il prof-scrittore, i giovani passano più tempo sui libri di quanto non facciano gli adulti nel lavoro: “Se pensiamo che trascorrono a scuola una media di 6 ore e poi per altre 3-4 ore sono alle prese con i compiti, è chiaro che alla fine ‘lavorano’ più di noi adulti. Almeno più di me sicuramente”. E se lo dice un prof impegnato su più fronti e di successo, allora sulla questione sollevata dal Ministro forse è proprio giunto il momento di riflettere.

Le angosce di Carrozza: c’è tanto malcontento, è difficile fare il Ministro

da Tecnica della Scuola

Le angosce di Carrozza: c’è tanto malcontento, è difficile fare il Ministro
di Alessandro Giuliani
L’ammissione: oggi stare a capo del Miur è più complicato che in passato. A volte mi sveglio alle 4 del mattino e mi chiedo come faremo a pagare i supplenti, a integrare gli studenti stranieri, a riparare le scuole. Stiamo però cercando di far ripartire il Paese, cominciando proprio dall’istruzione; per il presidente del consiglio Enrico Letta è una priorità dell’esecutivo. Sull’integrazione difficile: i docenti hanno sempre fatto bene.
“E’ difficile fare il ministro dell’Istruzione oggi, lo è sempre stato ma credo oggi lo sia di più: c’è tanto malcontento, c’è la povertà, ci sono tanti nuovi poveri, difficoltà di integrazione ed esasperazione, perché leggiamo di tante ruberie e di persone che hanno approfittato del ruolo che avevano”. L’ammissione è del ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza: durante la cerimonia di inaugurazione della nuova Casa della Misericordia di Lari (Pisa), il responsabile del Miur ha rivelato di svegliarsi, “a volte, alle 4 del mattino: mi chiedo come faremo a pagare i supplenti, a integrare gli studenti stranieri, a riparare le scuole”.
Poi Carrozza, che era insieme al ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge, ha sottolineato che pur nelle difficoltà “il Governo ce la sta mettendo tutta a far ripartire il Paese, cominciando dalla scuola e dall’istruzione che anche il presidente del consiglio Enrico Letta ricorda come una priorità dell’esecutivo”.
“Poi – ha concluso il Ministro – qui si respira un’aria positiva. C’è una sala gremita di tante persone, famiglie con bambini. Di gente che si mette in gioco e si impegna a favore dell’altro”.
Durante la cerimonia è intervenuto anche il ministro Kyenge, esprendo apprezzamento per i promotori dell’iniziativa che hanno definito la nuova sede un luogo d’incontro e condivisione: “Sono valori – ha spiegato il ministro per l’integrazione – che costituiscono la base di una società che voglia essere davvero inclusiva”. E Carrozza ha concluso: “Leggiamo spesso sulle cronache problemi di integrazione, ma mai arrivano dal mondo della scuola: significa che i nostri insegnanti lavorano bene e sanno coniugare solidarietà e inclusione sociale con istruzione e cultura”.