Sciopero della fame a scuola: i primi due giorni

Ieri (24 febbraio) e oggi (25) si sono svolte le prime due tappe dello sciopero della fame a staffetta dei docenti precari della scuola primaria bolognese. La lotta è per ottenere corsi abilitanti gratuiti all’interno delle scuole pubbliche, in luogo dei cosiddetti Pas organizzati solo da alcune università (creando disparità inconcepibili tra le diverse province) e per cifre onerosissime (tra i 2000 e 3000 euro).
Lo sciopero per ora ha coinvolto i precari terza fascia delle scuole di Bentivoglio e di Altedo. Oggi tocca alla scuola Fortuzzi di Bologna… Nel sito alcune immagini degli aderenti www.cespbo.it/pe.htm
Lo sciopero a staffetta continuerà fino a Sabato 1 marzo quando invitiamo tutti i precari all’assemblea alle 10,30 presso il circolo arci “Angolo B” via San Rocco, 5/D dove decideremo come continuare la nostra lotta.

Concorso Lombardia: Auguri ai neo-dirigenti

Il concorso per dirigenti scolastici della Lombardia, dopo più di tre anni dal suo inizio, ha forse oggi superato l’ultimo traguardo.
Lo stesso TAR che nell’agosto 2012, a causa di una busta, ne decise la sospensione, oggi ha rigettato le istanze di sospensiva delle procedure concorsuali, rinviandone il merito all’1 luglio prossimo e  permettendo così all’Ufficio Scolastico Regionale di giungere alle sospirate nomine dei primi 355 neo-presidi.
DiSAL non può che esserne soddisfatta, dopo essersi impegnata per anni al fine di consegnare alla scuola lombarda la sua piena operatività.
Nello stesso tempo DiSAL conferma di aver chiesto al nuovo ministro di valutare seriamente la possibilità di ottenere dal MEF l’ampliamento del numero della nomine ben oltre le 355 già autorizzate, così da riportare alla normalità tutta la scuola lombarda.
Pur nel caos di una vicenda che lascia comunque molto amaro in bocca a molti, la nostra scuola ha dirito di ritrovare la tranquillità necessaria ad uno stabile lavoro culturale ed educativo.
I migliori auguri ai neo-dirigenti !

Roberto Fraccia
Presidente DiSAL Lombardia

Libri Book miei

LIBRI EBOOK MIEI
Ancora, ancora, ancora?

di Umberto Tenuta 

 

La mia dichiarata e acclarata pignoleria mi induce a ritornare su questa vexatio quaestio che da tempo assilla i docenti nelle nostre scuole e sgomenta i genitori non facoltosi.

Allora mi ripeto.

Abbiamo il fondato timore che la globalizzazione della stampa superi le disponibilità di cellulosa che il globo terrestre può offrire.

C’è quindi anche una buona ragione ambientalista per l’utilizzo del digitale.

Ma forse la ragione più consistente è l’estrema leggerezza del digitale.

Ho acquistato i dizionari più accreditati della lingua italiana, francese ed inglese..

Ho acquistato enciclopedie, e fino al soffitto ho riempito di scaffali le pareti del mio studio, per sistemarvi in ordine alfabetico i testi delle diverse scienze

dell’educazione.

Ma ora, quando ho bisogno di fare una ricerca e una  citazione, ricorro a Google.

Peraltro, faccio il copia e incolla per le citazioni, memorizzandole a futura occasione nel Glossario di Winword.

E a scuola?

I sussidiari, i libri di storia, i libri e gli atlanti di geografia, i libri di scienze naturali, i libri di grammatica italiana, inglese, francese, spagnolo…

Vedo il libro di Scienze naturali di prima media, leggo, mi spavento e non lo dico a mio nipote che pure il libro di scienze naturali lo conosce, almeno così mi assicura la zietta.

Quante pagine, quante illustrazioni a colori, quante mappe concettuali già pronte, quanti ideogrammi…!

Quante nozioni, quanti saperi che conoscer si debbono, che la professoressa certamente ricorderà, anche se con un po’ di fatica. Perché pretendere di più non si può da una brava professoressa, ma da uno studente, sì, perbacco!

Certo le pagine debbono entrare nel cervello, nell’area della memoria, della memoria a breve termine, perché dopo l’interrogazione ricordar non serve.

Non solo le pagine dei testi, ma anche le videoregistrazioni delle lezioni, anche le schede, anche le videoschede del docente pure necessita conservare.

E, allora, che si fa?

Sembra ovvio.

Memorizzare nel  tablet!

Nel tablet ogni studente si crea l’antologia dei suoi testi ai quali ricorre alla bisogna.

Una cartella per le città d’Italia, con le immagini, le descrizioni, le mappe, i video delle stanze dei musei eccetera eccetera.

Una cartella per le poesie: L’infinito di Leopardi, Alla sera di Foscolo, il Primo maggio di Manzoni…

Una cartella per i romanzi preferiti, a libera scelta: romanzi di narrativa, romanzi di contenuto storico, romanzi della scienza… Oh quanti romanzi!

Tutti in ordine, tutti a portata di mano, pardon, di dito.

E poi, a casa, sì, ci sono i libri cartacei…

Forse la carta e il digitale convivranno a lungo.

Poi si vedrà.

Quando sono comparse le automobili circolavano ancora le carrozzelle. E sono rimaste un bel po’, magari per i freschi sposi, là, sul Vomero!

Bah, non facciamoci il sangue acido.

La vita è bella, è bella perché è varia.

A chi piace la carne, a chi piace il pesce.

A chi piace il rosso, a chi piace il bianco

C’è posto per tutti.

Per coloro ai quali piace il cartaceo.

Per coloro ai quali piace il digitale.

A me piacciono tutt’e due?

E a te?

Suvvia, son centocinquantatrè anni da che Voltaire scrisse il Trattato sulla tolleranza.

Cartacei, Cartacei, tollerate!

Digitali, Digitali, tollerate!

Viva la tolleranza, viva il rispetto reciproco, viva la convivenza democratica!

 

28 FEBBRAIO: MANIFESTAZIONE NAZIONALE

28 FEBBRAIO: MANIFESTAZIONE NAZIONALE DELLA FLP PER IL RINNOVO  DEI CONTRATTI, LO SBLOCCO DELLE CARRIERE E LA VALORIZZAZIONE DEL LAVORO PUBBLICO!!
Negli ultimi 4 anni abbiamo pagato caro, ora chiediamo il rilancio del settore, una nuova P.A. che crei valore per le imprese e difenda i valori della Costituzione.

A breve si insedierà il nuovo Governo Renzi, il quarto Governo negli ultimi 4 anni, cioè da quando la coppia Tremonti-Brunetta varò il blocco degli stipendi e delle carriere dei dipendenti pubblici, confermato dal Governo Letta per tutto il 2014.
In questi anni i nostri salari si sono sensibilmente ridotti, sia come potere d’acquisto sia sul piano nominale.
Il risultato è che le “spending review” si sono tradotte quasi esclusivamente in risparmi sul personale, che negli ultimi 3 anni ha lasciato all’erario all’incirca 20 miliardi di euro e quasi mezzo milione di posti di lavoro ma ha anche consegnato al Paese una Pubblica Amministrazione più anziana (quasi il 50% di over 50), meno formata e tra le peggio pagate di tutta Europa, con ovvie ripercussioni sulla motivazione del personale.
La FLP vuole, pretende, di difendere il ruolo della pubblica amministrazione, a tutela dei valori costituzionali e quindi ha deciso di convocare un’assemblea cittadina con manifestazione nazionale per il 28 febbraio a Roma, a Palazzo Vidoni, sede della Funzione Pubblica.
Rinnovo dei contratti, sblocco delle carriere e miglioramento dei servizi pubblici sono le nostre rivendicazioni.
A tutti i Governi che si sono succeduti abbiamo tentato di spiegare che una Pubblica Amministrazione efficiente e motivata è condizione necessaria per creare valore  aggiunto per le imprese e per erogare servizi  adeguati ai cittadini, soprattutto alle fasce più deboli.
Non siamo pregiudizialmente contro nessun Governo e quindi a maggior ragione non possiamo esserlo contro un Governo che non si è ancora formato.
Il Presidente del Consiglio incaricato ha però già parlato di riforma della pubblica amministrazione da fare entro maggio.
Ebbene, la nostra manifestazione serve anche a chiarire da subito la nostra idea di riforma.
La Pubblica Amministrazione non può essere oggetto dell’ennesima operazione di smantellamento per fare “cassa”, ma deve vedere, invece, pur in un quadro di razionalizzazione e semplificazione dei livelli di governo, confermata ed anzi rafforzata la sua presenza di presidio e di servizio sul territorio.
Lo dicevamo sopra e lo ribadiamo.
Per garantire livelli adeguati di equità fiscale, di  sicurezza, di funzionamento della giustizia, un istruzione ed una sanità pubblica di qualità, migliori e più efficaci servizi alle imprese ed ai cittadini,  bisogna valorizzare e  coinvolgere il personale, anziché criminalizzarlo come è avvenuto negli ultimi anni con l’adozione di normative penalizzanti, il blocco reiterato dei contratti ed il taglio delle retribuzioni.
Insomma, vogliamo da subito essere coinvolti, dimostrare la bontà delle nostre idee, cambiare l’approccio e le leggi  punitive sul lavoro pubblico approvate colpevolmente in questi anni.
Per questo manifesteremo in modo deciso, fermo e propositivo il 28 febbraio.

Lotta agli sprechi e alle caste, sblocco dei contratti e delle carriere.
Partiamo da questi obiettivi per arrivare a una Pubblica Amministrazione sana, produttiva ed efficiente!

In classe con Matteo

da Il Fatto Quotidiano

In classe con Matteo

di Alex Corlazzoli

Proviamo a immaginare per un attimo le scuole italiane tra qualche mese. Il prossimo 15 settembre i nostri ragazzi al suono della campanella, finalmente troveranno gli intonaci rifatti, le tapparelle sistemate, le finestre senza spifferi, le aule ristrutturate. Gli studenti diversamente abili avranno ascensori, non ci sarà più una sola barriera architettonica. Tutte le scuole saranno antisismiche. Le palestre non saranno più negli ex magazzini comunali o in angusti atri.

Dal 15 giugno al 15 settembre, mentre saremo in vacanza, solerti imprese edili che si saranno aggiudicate appalti a tempo di record, sistemeranno tutto grazie ai miliardi di euro trovati da super Matteo.

Finalmente il sindaco del paese dove insegno non dovrà più rincorrere i bandi provinciali, regionali od europei per trovare qualche soldo per ristrutturare la scuola: basterà rispondere alla lettera che tra qualche giorno (dovrebbe partire oggi secondo quanto affermato nel discorso al Senato) arriverà sulla sua scrivania a firma di super Matteo.

Sarà un’altra Italia, quella che vedremo tra qualche mese. I dati diffusi da Legambiente nel XIII rapporto sulla qualità dell’edilizia scolastica (quasi la metà degli edifici non possiede le certificazioni di agibilità; sono più del 65% le scuole che non possiedono il certificato di prevenzione incendi) saranno smentiti. Legambiente, Cittadinanzattiva non avranno più bisogno ogni anno di presentare report sullo stato delle nostre aule.

E noi maestri? Finalmente ci riconosceranno per quello che siamo: “collaboratori della creazione della libertà” (cit. Matteo Renzi, presidente del Consiglio). Non avremo uno stipendio più alto, non avremo contratti a tempo determinato e tantomeno scatti d’anzianità ma saremo rispettati perché i politici, le famiglie ci considereranno formatori, maestri di vita, coloro che insegnano ovvero segnano la strada. Sarà tutto un altro mestiere: super Matteo ci ridarà la dignità.

il mercoledì, al posto di far lezione di Storia o d’Italiano, potrà arrivare una sorpresa. Suonerà il campanello della scuola, la bidella andrà ad aprire e sulla porta della classe ci troveremo il signor Matteo Renzi: “Bambini, bambine è venuto a trovarci il presidente del Consiglio. Lo conoscete vero?”. Sarà un giorno di festa, giocheremo tutti insieme: finalmente anche nella mia scuola di campagna potremo avere la possibilità di essere considerati non dal preside ma dal primo ministro. E se avremo qualche problema basterà parlarne con lui e, probabilmente, tutto si risolverà.

Che bella sarà l’Italia e la scuola italiana… tra qualche mese!

Sì al bonus maturità, no ai concorsoni: Ecco la scuola della ministra Giannini

da Corriere della Sera

L’INTERVISTA

Sì al bonus maturità, no ai concorsoni: Ecco la scuola della ministra Giannini

Sul reclutamento degli insegnanti «più autonomia alle scuole», non si entusiasma per il ciclo breve e la tecnologia

Sì al bonus maturità, ni alla tecnologia e al ciclo breve di studi, reclutamento degli insegnanti basato sul merito, no  al concorsone e alla tecnologia. Il ministro Stefania Giannini, appena approdata in viale Trastevere, ha già le idee molto chiare sulla scuola che verrà.

Ministro Giannini, cosa ne pensa del discorso di Renzi?

Politicamente rivoluzionario: un presidente del Consiglio che mette il tema dell’istruzione al centro del modello di Paese  è quanto di meglio potessi aspettarmi.  Ho sentito un cambio generazionale, culturale e stilistico in questo discorso: ho sentito davvero la volontà di dare una svolta significativa. Ora toccherà mio dicastero mettere in atto, condividendole, le priorità elencate.

Secondo lei è fattibile l’idea di superare il patto di stabilità per dare a sindaci e presidenti di Provincia questo grande potere?

Lì le operazioni possono essere fatte in due direzioni: una è quella orizzontale, interno al Paese, l’altra è quella verticale da Roma a Bruxelles. Bisogna rivisitare, sul primo fronte regole assai motivate  finora da ragioni di contenimento di una spesa pubblica negli enti locali, ma che hanno impedito di utilizzare fondi disponibili. E poi negoziare a Bruxelles  questo capitolo di spesa come capitolo per investimenti, in capitale umano, e non come costo.

Al di là del programma di Renzi, ci sono tanti fronti aperti sul fronte scuola. Per gli insegnanti, ad esempio: come si può affrontare il problema del reclutamento e degli scatti di anzianità?

Il tema degli insegnanti è uno di quei temi che presuppone almeno due cose importanti e immediate: primo, ascoltare gli insegnanti.   Non so ancora se continuerò la costituente per la scuola come la Carrozza, ma vorrei mobilitare una riflessione su due-tre temi: finché a scuola si è pagati male, non si ha una motivazione a lavorare meglio e di più, finché non si restituisce all’insegnante quel prestigio che il suo lavoro dovrebbe oggettivamente assegnargli, è difficile davvero poter riqualificare questa figura. Quindi concretamente il tema della progressione in carriera e della posizione stipendiale è importante. Non ho tabù nel parlare di soldi. In qualunque mestiere chi lavora meglio e lavora di più deve essere premiato. Sia in termini di stima, che economicamente.

Le sue dichiarazioni sugli scatti di anzianità hanno già causato un bel po’ di polemiche…

Ma io volevo solo dire che adesso esistono solo gli scatti di anzianità per premiare gli insegnanti, mentre invece con un processo di valutazione sereno si possono dare incentivi economici anche per arrivare alla riqualificazione della premialità, dando maggiore autonomia alle scuole.

Per il reclutamento, va bene il  concorsone alla Profumo?

Se siamo ancora al punto di partenza ogni volta come nel gioco dell’oca, vuol dire che quello non è lo strumento giusto e si deve ragionare di più su autonomia responsabile di chi assume e chi viene assunto. Anche nella scuola. I concorsi, così come sono stati fatti, hanno creato più problemi che soluzioni. Se vuoi dare un cambio generazionale continuo, devi dare degli strumenti di cambio continui: è la regolarità della procedura a fare la differenza.

Per semplificare, possiamo immaginare un dirigente scolastico che fa selezioni per capire quali insegnanti vanno bene per la sua scuola, facendo colloqui e prendendo curricula?

Certo, ci sono tanti strumenti che si possono sperimentare per dare autonomia alle scuole. Le scuole, come strutture pubbliche devono dare conto delle scelte che fanno, possono operare delle scelte e sulla base di esse valutate e premiate.

E i precari dove li mettiamo?

E’ una situazione drammatica: ho amici della mia età con percorsi di carriera meno fortunati, che sono ancora  inseriti nelle graduatorie in attesa di una supplenza. Ma si può curare il male antico introducendo sistemi per non rigenerarlo.

A proposito dell’università, che è il suo settore, i temi aperti sono tanti. A partire dalle risorse: più fondi per meno atenei, usando anche lì la valutazione, oppure dare a tutti la possibilità di sopravvivere?

Il fondo per le università prevede già una quota premiale, anche se piccola. Va sicuramente sviluppato questo tema: dobbiamo essere sempre più attenti alla valutazione per tradurla  in azione concreta. Sugli accorpamenti, credo che le scelte non devono essere operate dall’alto, del tipo  “unitevi carnalmente se no vi sopprimo”, ma ci deve essere una sorta di consapevolezza, in cui in alcuni contesti giova al territorio specializzarsi e si mettono in comune servizi e progetti. Si parla di federazione di atenei, e non di fusione. Se l’istituzione è responsabilizzata e resa autonoma nelle sue scelte, e su di esse viene finanziata, si ha tutta la convenienza a migliorare la performance. Il sistema si autoregola.

Più numero chiuso o meno numero chiuso?

Per come è l’università italia adesso, con un diritto allo studio aperto, secondo me non si può mettere dall’alto un numero chiuso.Mentre in un passaggio di maggiore autonomia agli atenei, gli atenei hanno il diritto di selezionare i propri studenti.

La valutazione: si apre anche alle scuole, oppure se ne fa già un uso eccessivo?

Il modello ha pregi e difetti ma assolutamente bisogna anda re avanti sulla strada della valutazione, migliorarla e svilupparla.

Il ciclo breve per il diploma, cosa ne pensa?

Non sono contraria a continuare la sperimentazione ma non sono entusiasta sostenitrice all’idea di eliminare un anno alle scuole superiori sia la carta vincente. Piuttosto, penso che abbiamo tre cicli di scuola, due funzionano molto bene, uno, quello intermedio, molto meno. La scuola media inferiore è quella che ha bisogno di maggiore attenzione.

La tecnologia a scuola è una priorità o no?

Una priorità non sostitutiva. Ho l’idea che se spariscono i libri, forse sarò anche un po’ datata, non vada bene. A scuola senza zaino? No, deve esserci anche un contatto con la dimensione cartacea della cultura. Si alla tecnologia che collega la scuola col mondo ma non la vedo sostitutiva del patrimonio che abbiamo.

Come si evitano episodi spiacevoli come il prelievo in busta paga degli insegnanti?

Si evitano con quello che mi auguro farà questo governo, cioè una politica integrata su tutti i livelli di azione del governo e non ciascun ministro nel suo isolamento, soprattutto con cambi di governo così rapidi e ostacoli, pasticci, causati magari da legislature prima.

Quindi chiamerà spesso Padoan?

Nel presente , ma non solo: il Consiglio dei ministri dovrà essere il luogo dell’integrazione.

Anche perché c’è un pasticcio che rischia di travolgerla tra poco: il prelievo in busta paga dei collaboratori scolastici. Sa già cosa farà?

Sono entrata al ministero stamattina alle 9 (ieri, ndr) : ho qualche idee e tanta buona volontà, ma non ho ancora soluzioni.

Il bonus maturità: si può pensare di reinserirlo dopo la polemica dell’anno scorso?

Non era il bonus in sè, ma il fatto di aver cambiato le regole in corso, a creare problemi. Ce la carriera scolastica conti per me è importante, lo studente non deve andare all’università vergine, ignorando tutto quello che ha fatto prima, che abbia un peso bisogna valutarlo insieme a tutte le altre componenti che gli vengono richieste. Una cosa è che faccia un test, o un colloquio o una prova a risposta a multiple, però il voto di maturità non è altro che la sintesi che uno ha fatto nei precedenti anni di carriera scolastica, quindi deve  esserci.

Ci prepariamo  ad una nuova riforma della scuola?

La parola riforma non mi piace, mi evoca grandi e lunghi processi. Sono una riformista, ma nel senso di avere grandi idee e tradurle in atti politici. La scuola italiana non ha bisogno di una  riforma epocale, ma di una svolta epocale. E per quella mi sembra ci siano tutte le premesse.

Valentina Santarpia

Anief, in aumento gli alunni ma docenti in caduta libera

da La Stampa

Anief, in aumento gli alunni ma docenti in caduta libera

L’allarme dei sindacati per rischio di “classi-pollaio” nel nuovo anno scolastico
roma

Da settembre ci saranno 34mila alunni in più, ma il numero dei docenti è in caduta libera. A denunciarlo è l’Anief, associazione sindacale del settore scuola.

«Il Miur – fa notare l’Anief – ha comunicato i dati ufficiali sull’anagrafe degli studenti del prossimo anno scolastico: aumentano di 25.546 unità alle superiori e di 9.216 alla primaria, con un leggero calo (-785) nella scuola secondaria di primo grado. Anche nel 2013 vi fu un incremento di 30.000 iscritti: è evidente che servono più insegnanti. Invece permane il blocco degli organici e tra il 2007 e il 2012 l’amministrazione ha soppresso oltre 100mila cattedre».

Nel dettaglio per il prossimo anno scolastico sono previsti 33.997 allievi in più: l’incremento più consistente sarà nelle classi superiori con +25.546 allievi (+ 1,03%); in aumento anche gli scolari della primaria (+9.216, +0,36%). Previsto invece un lieve decremento nella scuola media: ci saranno 785 alunni in meno (-0,05% rispetto all’anno scolastico in corso).

«Ma anziché adeguare l’organico dei docenti a questo importante boom di allievi, il ministero dell’Istruzione – denuncia l’Anief – ha comunicato ai sindacati che non ci saranno variazioni del corpo docente. A ben vedere, però, la forbice prof-alunni si sta sempre più allargando. Scorrendo gli ultimi dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato si scopre che tra il 2007 e il 2012 il personale della scuola ha perso oltre 124 mila posti».

L’incremento degli alunni per l’anno scolastico 2014-2015 è stato comunicato in un incontro tecnico tra ministero e sindacati. «L’incremento riguarda soprattutto alcune regioni del nord – riferisce Massimo Di Menna della Uil scuola – e il rischio è che soprattutto nelle grandi città avremo classi particolarmente numerose, con oltre trenta alunni».

Ora è atteso un atto amministrativo, un decreto interministeriale (Istruzione-Economia) per la determinazione degli organici. «Sarebbe più opportuno prima provvedere alla formazione delle classi e poi verificare i posti da assegnare», dice ancora il sindacalista della Uil.

Tra i problemi – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – c’è anche «la legge del 2011 con la quale il legislatore ha fatto cadere l’autonomia delle scuole d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, accorpandole in mega-istituti senza capo né coda, rette da dirigenze in perenne affanno. Non è un caso che il nostro sindacato abbia deciso di contrastare questa impostazione, patrocinando gratuitamente i ricorsi ai Tar contro il dimensionamento selvaggio. Un’opera che abbinata al blocco degli organici, anche a fronte di un incremento sostanzioso di alunni, come avverrà nel prossimo anno, sta producendo timori sempre maggiori, purtroppo fondati, sulla funzionalità del servizio scolastico».

Scuola. Primo no dei prof alla Giannini: “Gli scatti di anzianità non si toccano”

da la Repubblica

Scuola. Primo no dei prof alla Giannini: “Gli scatti di anzianità non si toccano”

I sindacati contro il ministro: prima pensi ad alzare gli stipendi

C’è Matteo Renzi, al Senato, che mette la scuola al centro del paese e chiede la fiducia. Il neopremier, spiega, entrerà nelle aule d’Italia ogni mercoledì perché «l’educazione che si dà nelle scuole è motore dello sviluppo, di fronte alla crisi economica non puoi non partire dalle scuole». Poi c’è il suo ministro di riferimento che alla terza intervista è già in urto con il mondo della scuola tutto, e pure con l’università. A Repubblica Stefania Giannini, 53 anni, neoministro dell’Istruzione per nove stagioni e fino al 2013 rettore dell’Università per stranieri di Perugia, aveva detto: «I soldi sono necessari per la scuola pubblica e quella paritetica, ma il modello scatti d’anzianità va rivisitato con coraggio. Premi a chi si impegna, chi si aggiorna, chi studia. Tutti i mestieri che si rispettino prevedono premi». Altrove aveva ribadito il concetto. Ottenendo una risposta corale da un fronte sindacale compatto: «Nessuna cancellazione degli scatti». Reduce dall’errore di Natale del governo Saccomanni-Carrozza (la sottrazione in busta paga dell’ultimo scatto d’anzianità nonostante accordi firmati lo avessero mantenuto), Rino Di Meglio del sindacato Gilda ha attaccato: «Con le prime esternazioni il ministro Giannini ci ha gelato dimostrando di non sapere che l’anzianità di servizio è riconosciuta agli insegnanti in tutti i paesi europei e in Italia è la più bassa in termini assoluti». La Cgil (Flc) con Domenico Pantaleo dettaglia lo stipendio medio di un docente italiano: 1.200-1.300 euro al mese, penultimi in Europa. «Queste vecchie impostazioni di stampo gelminiano non tengono conto che il contratto nazionale della scuola è bloccato dal 2006». Francesco Scrima, segretario della Cisl, ricorda le ultime emergenze contratto: «Al personale amministrativo stanno scippando la retribuzione dopo un lavoro regolarmente fatto e i presidi oggi si vedono decurtare lo stipendio ». Marcello Pacifico dell’Anief: «Macché blocco degli scatti, alla scuola servono risorse aggiuntive. Il ministro Giannini prima di tutto ha l’obbligo di allineare le buste paga all’inflazione ». I Cobas vedono nelle proposte del Pd renziano («il superamento di alcune rigidità del contratto nazionale») e in quelle del ministro di Scelta civica («sì ai licei in quattro anni») un disegno comune e annunciano «un rafforzamento delle mobilitazioni in corso». Gli universitari a loro volta si sono irretiti di fronte alla riproposizione — a proposito delle borse di studio — del prestito d’onore, questione di memoria gelminiana e tradizione anglosassone (negli Usa molti laureati non riescono a restituire i soldi prestati e in Italia l’istituto non è mai decollato). Venerdì prossimo gli studenti della Link saranno sotto le finestre del Miur per la prima contestazione al neoministro. Ecco, quelle di Renzi sono «parole belle e importanti», come dice il segretario Scrima. Ma sulla scuola belle parole le pronunciò all’insediamento l’ex rettore Mario Monti, che poi costrinse Profumo a tagliare ancora, e pure Enrico Letta («di fronte a nuovi tagli mi dimetterò»), che poi lasciò diverse partite in deficit. Già oggi il neoministro Giannini dovrà decidere sui 24 mila addetti alle pulizie a rischio licenziamento (pronta una proroga di un mese), l’abrogazione della quota 96 sul pensionamento dei prof (pronta la proposta di legge Ghizzoni) e, appunto, gli scatti d’anzianità. Le ipotesi pre-Giannini parlavano di un reintegro di quelli congelati, non della loro cancellazione

Sostegno, ecco la prima grana

da ItaliaOggi

Sostegno, ecco la prima grana

Il Sud dovrebbe restare quasi a secco di nuove assunzioni. Il Miur: scelta politica

Alessandra Ricciardi

Tutto sospeso. Perché la questione è politica, dicono ai piani alti di viale Trastevere, e tocca al nuovo ministro occuparsene. Il dossier sulle 22 mila assunzioni da fare nella scuola per il sostegno degli alunni con disabilità campeggia tra i faldoni dei nodi irrisolti con cui il neoministro dell’istruzione, università e ricerca, Stefania Giannini, dovrà confrontarsi.

Secondo le stime fatte dai tecnici del dicastero, a voler essere rigorosi, l’80% delle assunzioni da farsi dal prossimo anno dovrebbero andare nelle regioni del Nord. Il Sud dovrebbe rimanere a bocca asciutta o quasi, avendo un rapporto tra organico di diritto e di fatto molto alto: si va dall’85% della Basilicata al 75% e passa di Campania e Calabria. Contro meno del 50% della Lombardia e del Molise, giusto per fare un esempio. Se l’obiettivo è stabilizzare i docenti di sostegno sui posti in organico di diritto, va detto a tante regioni meridionali che di nuove assunzioni a tempo indeterminato, almeno per i prossimi due anni, non se ne fanno. Salvo alcuni correttivi, a cui il precedente ministro, Maria Chiara Carrozza, stava lavorando prima del cambio di governo. Ora si dovrà vedere qual è l’orientamento della Giannini. Che ha mostrato nelle sue prime uscite di voler prendere di petto molte questioni da tempo rinviate, da quella degli aumenti di merito per i docenti a quella della durata del percorso scolastico. Innescando il fuoco di sbarramento di tutti i sindacati di settori: gli scatti nella scuola non si toccano, se si vuole parlare di carriera, hanno detto all’unisono Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda, lo si faccia con risorse nuove. Più cauto ieri il premier, Matteo Renzi, che nel discorso programmatico per il voto di fiducia al senato ha sottolineato l’importanza della scuola per la ripresa, la necessità di ridare prestigio sociale ai docenti e di rimettere in sesto gli edifici scolastici. E per non dimenticare le buoni abitudini da sindaco, ha annunciato che visiterà ogni settimana una scuola, si parte da Treviso. «Scriverò una lettera ai colleghi sindaci, 8 mila, e ai presidenti delle province sopravvissuti» per fare «un punto sulla situazione dell’edilizia scolastica seguendo il ragionamento del senatore Renzo Piano che qualche giorno fa ha proposto di rammendare le periferie», ha spiegato Renzi. Rammendare, meglio che rifare, chissà se costerà meno. Per rendere sicuri tutti i 57 mila edifici scolastici, la Protezione civile aveva stimato un investimento di 13 miliardi di euro. «Apprezzabili le affermazioni del presidente del consiglio Renzi, che indicano la scuola come tema addirittura essenziale per definire la qualità di un’azione politica», dice Francesco Scrima, segretario Cisl scuola, «ora però seguano scelte coerenti, a partire dalla positiva risoluzione dei tanti dossier aperti». Aggiunge Massimo Di Menna, numero uno della Uil scuola: «Servono soluzioni ai problemi che vivono tutti coloro che con il loro impegno e il loro lavoro fanno funzionare ogni giorno la scuola pubblica». Declina gli interventi il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo: «Bisogna prioritariamente aumentare e riorganizzare il finanziamento pubblico alle istituzioni della conoscenza, prevedere un sistema di valutazione volto al miglioramento del sistema, rinnovare i contratti nazionali in tutti i settori pubblici». Anche dal Pd, oltre all’apprezzamento, è arrivato l’invito alla concretezza: «Chiediamo al governo di dare il via libera alla proposta di legge Ghizzoni per risanare l’errore compiuto dalla riforma Fornero sui cosiddetti ‘Quota 96’ della scuola, il che consentirebbe di avere nuovi pensionamenti e dunque anche immediati nuovi ingressi tra gli insegnanti. La commissione bilancio ha più volte proposto coperture al provvedimento senza mai trovare adeguato riscontro»». A dirlo il renziano Andrea Marcucci, presidente della commissione istruzione del senato. Dalle parole ai fatti il passaggio non sarà facile, eppure dovrà essere rapido.

Intanto, già domani dovrebbe completarsi la squadra dell’Istruzione, con la nomina (o conferma) dei sottosegretari e forse di un viceministro. Poi, a stretto giro, toccherà al vertice amministrativo. Il premier vuole rotazione, si vedrà

Salvascatti all’esame del senato

da ItaliaOggi

Salvascatti all’esame del senato

Per rendere operativo il recupero serve l’accordo all’Aran. Intanto le stoccate del neoministro

Antimo Di Geronimo

Il decreto salvascatti verso l’aula. Entro oggi la commissione istruzione dovrebbe completare l’esame degli emendamenti al disegno di legge 1254 di conversione del decreto-legge 3/2014, in materia di automatismi stipendiali del personale della scuola. Il testo è slittato di qualche giorno, per dare tempo al nuovo governo di insediarsi.

E proprio dal neo ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, sono arrivate le prime stoccate agli scatti, che fanno pensare a una modifica ulteriore delle progressioni di carriera. Dopo il sì dell’aula al dl, che va convertito entro fine marzo pena la decadenza, il provvedimento andrà alla camera per il via libera definitivo. Il dispositivo servirà a cristallizzare gli aumenti corrisposti nel 2013 ai circa 80mila lavoratori della scuola che hanno maturato il gradone grazie alla valutazione del 2013. Che manterranno sia gli aumenti che la classe stipendiale successiva così maturata. Ma non servirà a recuperare il ritardo nella maturazione dei gradoni per tutti gli altri lavoratori. Anzi, se il governo non darà il via libera definitivo all’avvio della contrattazione in tempi brevi, il rischio che si corre è quello di perdere definitivamente questa possibilità. Il decreto legge, infatti, prevede che se le parti non si metteranno d’accordo per chiudere il contratto entro giugno, pattuendo il recupero del 2012, i 120 milioni di risparmi derivanti dai tagli operati dall’articolo 64 del decreto legge 112/2008 saranno risucchiati dall’erario. Resta il fatto, pero, che i 120 milioni non bastano. E quindi bisognerà attingere dalle risorse contrattuali destinate allo straordinario. Che, peraltro, viene ordinariamente finanziato con una decurtazione della busta paga a monte di circa 900 euro l’anno a testa. Di qui la necessità di un contratto ad hoc. L’aumento di stipendio che consegue alla maturazione del gradone successivo consiste, mediamente, in 100 euro netti al mese.

Tra gli emendamenti all’esame della commissione, quello del presidente della VII commissione, Andrea Marcucci, che prevede che non saranno «soggette a recupero le somme già corrisposte al personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola per le posizioni economiche orizzontali attribuite per gli anni 2011, 2012 e 2013 in virtù della sequenza contrattuale del 25 luglio 2008». Alle conseguenti minori entrate per lo Stato, pari ad euro 17 milioni per l’esercizio finanziario 2014, si dà copertura mediante corrispondente riduzione, per l’esercizio finanziario 2014, del fondo di istituto.

Per comprendere appieno la questione del blocco dei gradoni è necessario fare un salto indietro fino al 2010: l’anno in cui è stato emanato il decreto legge 78 dall’allora governo Berlusconi. Il decreto 78, infatti, è il provvedimento con il quale è stata disposta la cancellazione dell’utilità di 3 anni ai fini della progressione di carriera: il 2010, il 2011 e il 2012. Ciò ha comportato il differimento di 3 anni del termine di compimento dei cosiddetti gradoni. E cioè dei periodi di servizio al compimento dei quali si ha diritto ad un aumento di stipendio. Facciamo un esempio. Il contratto prevede incrementi stipendiali legati all’anzianità di servizio al compimento dei seguenti periodi: 8, 15, 21, 28 e 35 anni di servizio. L’entrata in vigore del decreto legge 78/2010 ha comportato uno slittamento in avanti di tre anni di tutti i relativi termini di compimento dei gradoni. Il primo è passato da 8 a 11 anni di servizio, il secondo da 15 a 18, il terzo da 21 a 24, il quarto da 28 a 31 e l’ultimo, da 35 a 38 anni di servizio. Con l’entrata in vigore del decreto interministeriale 14 gennaio 2011, però, è stata ripristinata l’utilità del 2010. E quindi, il ritardo nella progressione di carriera si è ridotto da 3 a 2 anni, determinando i seguenti termini di compimento dei gradoni: 10, 17, 23, 30 e 37 anni di servizio. Il 13 marzo 2013, poi, è stato sottoscritto un contratto ad hoc che, utilizzando parte delle risorse destinate allo straordinario (i fondi del cosiddetto miglioramento dell’offerta formativa) ha ripristinato l’utilità del 2011. E per effetto di tale accordo, i termini di compimento dei gradoni sono passati a 9, 16, 22, 29 e 36 anni di servizio. Il 25 ottobre scorso, però, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il dpr 122/2013, che cancella anche l’utilità del 2013, di fatto, ponendo nel nulla gli effetti del recupero del 2011.

Valutare sì, ma non per punire

da ItaliaOggi

Valutare sì, ma non per punire

La ricerca della Fondazione Agnelli sugli effetti distorsivi di un sistema premiale. Tra i punti deboli, l’assenza di riforma della governance

Giovanni Scancarello

La valutazione usata per premiare o punire i docenti non funziona. Divide anziché unire il mondo della scuola e non ne restituisce una fotografia attendibile. Tra l’altro, la valutazione non è utilizzata per dare aumenti ai docenti neanche negli altri paesi europei. E lì dove, come in Usa, si sono fatte sperimentazioni in tal senso, ora si sta tornando indietro.

Il valore aggiunto della scuola nell’apprendimento dei singoli studenti, infatti, è sempre il frutto di un lavoro di squadra: le scuole andranno pertanto valutate su come lo organizzano e progettano. Se n’è parlato lo scorso 20 febbraio a Roma, durante la presentazione della ricerca dal titolo «La valutazione della scuola. A cosa serve e perché è necessaria» della Fondazione Giovanni Agnelli.

Tra i punti deboli del regolamento del sistema nazionale di valutazione (Snv), varato a marzo 2013 dall’allora uscente governo Monti, soprattuto l’assenza di investimenti sulla formazione dei docenti. Tra i punti forti, quello di aver tracciato nuove coordinate di lavoro e unificato le tre gambe (Invalsi, Indire e corpo ispettivo) rimaste slegate. Fino ad oggi, spiega la Fga, ce la siamo cavata di fronte all’Europa con le sperimentazioni sulla valutazione delle scuole. È soprattutto con l’allora ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini che, tra richiami al merito e tentativi di introdurre la valutazione della performance di Brunetta, si assiste ad una stagione di progetti sperimentali. Vqs, Valorizza, il Vales, ne sono la testimonianza. Esperienze che consentono comunque l’emersione dei punti deboli e degli errori da evitare però in futuro. Alla luce dei risultati conseguiti ad esempio dal progetto Valutazione per lo sviluppo della qualità delle scuole (Vqs), spiegano i ricercatori coordinati da Andrea Gavosto, direttore della Fga, i docenti non hanno ancora capito il valore aggiunto procurato dalla valutazione esterna, resta il dubbio sulla correttezza della conduzione delle somministrazioni da parte di alcune scuole nei confronti di altre (cheating), il modello teorico e metodologico di progetti, che prevedevano premi in denaro per i migliori, è stato giudicato oscuro. Un sistema condiviso e generatore di trasparenza, secondo la fondazione, vedrebbe invece ricollocati i soggetti del Snv e le loro gambe all’interno di una strategia nazionale di innalzamento degli standard di istruzione. Con l’Invalsi preso a verificare le politiche di sviluppo dell’apprendimento e a sostenere le scuole attraverso la valutazione esterna per certificare competenze alla fine dell’obbligo, con gli ispettori a valutare l’operato delle scuole, anche visitandole periodicamente, con una griglia in stile Ofsted alla mano, e con le scuole e l’Indire impegnati nella formazione e nei piani di miglioramento previsti dal regolamento.

Resta poi il nodo della collegialità. Senza riforma degli organi di governo della scuola dell’autonomia, la valutazione potrebbe restare al palo. Ma senza valutazione delle scuole, anche la collegialità rischia la paralisi. Nel nostro Paese si è iniziato a parlare di autonomia scolastica e poi di valutazione, senza affrontare prima, però, la riforma degli organi collegiali. Un passaggio a vuoto che forse non ha aiutato nemmeno a far scattare l’imprinting tra scuola e valutazione esterna. Tra i dati rilevati dalla Fondazione Agnelli colpisce che «in alcune scuole, sono stati i genitori eletti nei consigli di istituto a guidare la fronda contro la sperimentazione». Nella collegialità, quindi, è sorta la barricata. Valore costitutivo del nostro sistema scolastico, frutto di conquiste democratiche degli anni settanta, la collegialità risulta talmente radicata nel dna della scuola, da rintracciarsene i segni sin dai tempi dei regi decreti. Che la collegialità vada considerata di prioritaria importanza è confermato dagli stessi ricercatori della Fga, quando dicono che la questione della governance della scuola diventa «endogena e quindi è corretto considerarla rilevante per la valutazione della scuola, attraverso una misura di valore aggiunto, attraverso prove standardizzate». Ma se di riforma degli organi collegiali si parla sin dai tempi della legge Bassanini e fino ad oggi non se n’è ancora fatto niente, un motivo ci sarà. Una cosa è certa: bisognerà pensarci bene, prima di chiedere cessioni di quote di sovranità degli organi collegiali democraticamente eletti. Se da una parte, di tutto c’è bisogno, meno che di altri elefanti nella cristalleria, dall’altra c’è da scommettere che il confronto della scuola con la valutazione, se rivolto veramente a innalzare i livelli di apprendimento dei nostri studenti, si giocherà soprattutto sul piano della collegialità. Un confronto che però richiederà competenze per essere adeguatamente impostato. «La valutazione delle scuole sembra adeguata a integrare due dimensioni», si legge nella ricerca della FGA, «a prima è quella di rendere i singoli istituti responsabili (accountable) per i loro risultati; la seconda è quella di usare i risultati di apprendimento degli studenti per valutare l’efficacia dei processi didattici e organizzativi di ciascun istituto». È proprio grazie alla valutazione che si innescherebbe, secondo FGA, quella riflessività della comunità professionale e collegiale che è decisiva per creare consenso e migliorare. È infatti solo grazie alla valutazione, spiegano i ricercatori, che sarà possibile diagnosticare «le lacune ed eventualmente proporre azioni di miglioramento, attraverso la pratica di fornire alle scuole i risultati aggregati dei test standardizzati, integrata eventualmente da visite ispettive, grazie alla riflessione interna alla scuola stessa».

Il pasticcio della reiterazione delle supplenze, una vera bomba ad orologeria per viale Trastevere

da ItaliaOggi

Il pasticcio della reiterazione delle supplenze, una vera bomba ad orologeria per viale Trastevere

Per disinnescarla, il ministro Giannini deve intervenire subito

di Max Bruschi* *dirigente tecnico del Miur  

Nell’austero palazzo di viale Trastevere, sede del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, c’è una bomba a orologeria. Che fa tic tac, tic tac, nell’attesa di chi vorrebbe disinnescarla e non può, di chi prega che svapori all’alba, come se fosse un brutto sogno, o aspetta con fatalismo che esploda, sperando in danni limitati, o che faccia cilecca. Il detonatore potrebbe scattare il 27 marzo, quando la Corte Europea (CEDU) sarà chiamata a rispondere (tra le altre, ma è la questione principale e dirimente) alla seguente domanda postale dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza 207/2013: è lecito o non è lecito ai sensi del diritto comunitario, che vieta, per direttiva e giurisprudenza, l’abuso di contratti a termine, coprire posti «vacanti e disponibili» con contratto a tempo determinato «senza indicare tempi certi per l’espletamento dei concorsi»?

Domanda cui ha già risposto la Commissione europea, depositando osservazioni che metterebbero in allarme anche il più distratto dei lettori. Se la CEDU dovesse sancire l’incompatibilità delle norme italiane sul comparto scuola con la legislazione comunitaria, in verità, non si determinerebbe l’assunzione in massa dei ricorrenti, come qualcuno propaganda. La palla tornerebbe alla Corte Costituzionale e poi ai tribunali del lavoro, che potrebbero «andare alla grossa», senza distinguere tra le varie tipologie di contratti e di situazioni, comminare salatissimi risarcimenti e solo al limite, e forse in maniera spericolata, perché in deroga alla Costituzione, imporre assunzioni. Il danno al pubblico erario sarebbe enorme. La soluzione forse c’è, ma il tempo a disposizione è davvero poco. Il ministro avrà giusto il tempo di giurare e agire, o affidarsi all’italico stellone.

Occorrerebbe procedere per decreto legge, e subito. Fatta la revisione dei cicli scolastici (era comprensibile che ci fossero remore ad assumere a tempo indeterminato su posti dovuti a una sperimentazione che tutti i ministri, da Luigi Berlinguer in poi, avevano intenzione di «sbaraccare»), l’organico di diritto è fissato per legge.

Con un poco di coraggio, si potrebbe anche varare il regolamento sull’organico di rete, rimasto lettera morta. Ma va superata la logica dei «piani straordinari», che rischiano di rappresentare, agli occhi della CEDU, un’aggravante e va battuta la strada aperta dal decreto legge 104/2013 sui posti di sostegno, destinati ad essere progressivamente coperti con contratti a tempo indeterminato: basta estendere la stessa disposizione al personale docente e Ata. Con chiarezza, tempi certi, senza furbizie e cadenzando con precisione le procedure concorsuali, per evitare ulteriori guai dovuti alla mancata spendibilità dei titoli di abilitazione da parte degli esclusi dalle GAE: «In esito a una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, che assicuri l’invarianza finanziaria il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca è autorizzato, a decorrere dall’anno scolastico 2014/2015, ad assumere a tempo indeterminato personale docente, educativo e ATA per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili nell’organico di diritto di cui alle dotazioni organiche del personale, individuate ai sensi dell’articolo 19, comma 7, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Alle assunzioni si procede attingendo per il 50% attraverso lo scorrimento delle graduatorie permanenti di cui all’articolo 401 del Testo unico delle leggi sulla scuola, per il 50% attraverso l’indizione di concorsi per titoli ed esami con cadenza biennale, riservati a docenti abilitati ai sensi della normativa vigente. Ai candidati inseriti nelle graduatorie di merito di concorsi antecedenti alla data di emanazione del presente decreto legge, è riconosciuto il titolo di abilitazione». Al Minosse comunitario, forse potrebbe bastare. Dum Romae consulitur, o vogliamo intervenire?

Largamente positivo il giudizio dei sindacati della scuola sulle parole di Renzi

da Tecnica della Scuola

Largamente positivo il giudizio dei sindacati della scuola sulle parole di Renzi
di Pasquale Almirante
Di Menna: ‘Una scossa salutare’; Scrima: “Parole belle e importanti”, Pantaleo: “ Le priorità siano accompagnate da finanziamenti”. Ma Confartigianato: le parole di Renzi valgono 100 miliardi da trovare subito, coi fatti
I sindacati della scuola sembrano abbastanza compatti nel dare un giudizio complessivamente positivo alle parole dette ieri da Matteo Renzi, il nuovo presidente del Consiglio, al Senato per chiederne la fiducia. Iniziamo la carrellata partendo dalle parole di Massimo di Menna della UilScuola: “Oggi abbiamo ascoltato parole condivisibili. Ci aspettiamo azioni concrete per il riconoscimento di una professione così importante e soluzioni ai problemi che vivono tutti coloro che con il loro impegno e il loro lavoro fanno funzionare ogni giorno la scuola pubblica”. Non meno convinto della bontà delle dichiarazioni programmatiche di REnzi, la CislScuola con Francesco Scrima: Apprezziamo molto le affermazioni del presidente del consiglio Renzi, che indicano la scuola come tema centrale, addirittura essenziale per definire la qualità di un’azione politica. Altrettanto apprezzabile l’intento di riconoscere più valore e dignità al lavoro dell’insegnante e di farne il protagonista dei processi di riforma, assegnando valenza strategica all’istruzione e all’educazione come “motore dello sviluppo”. Parole belle e importanti, che ci attendiamo di veder tradotte, nell’azione di governo, in scelte coerenti e conseguenti. Tuttavia, scrive Scrima, alle parole occorre anteporre i fatti, salvaguardando “le retribuzioni, eliminare la precarietà”. E poi aprire un ampio confronto sui temi “delicati e importanti come formazione, reclutamento, carriere, valutazione, merito siano affrontati in una prospettiva forte e credibile di investimento sulla scuola e sulla sua centralità”. Per Domenico Pantaleo, della Flc-Cgil, alla priorità si accompagnino i finanziamenti “bisogna tornare ad investire su tutti i comparti della conoscenza e valorizzare il lavoro. L’impoverimento drammatico degli ultimi anni di scuola, ricerca, università e alta formazione artistica e musicale ha accompagnato il declino economico e democratico del nostro Paese, indebolendo il sistema nazionale di istruzione, formazione e ricerca, accentuando il divario nord-sud. Il lavoro in tutti i comparti della conoscenza è peggiorato in termini di salario e di diritti. Bisogna prioritariamente aumentare e riorganizzare il finanziamento pubblico alle istituzioni della conoscenza, prevedere un sistema di valutazione che deve essere rivolto al miglioramento del sistema e non a una finta meritocrazia, rinnovare i contratti nazionali in tutti i settori pubblici, rendere esigibile la contrattazione decentrata cancellando la legge Brunetta, superare la precarietà e approvare una legge nazionale sul diritto allo studio adeguatamente finanziata. La conoscenza deve essere ritenuta un bene comune e non piegata alle logiche del mercato. Queste sono le priortà della FLC CGIL e adesso attendiamo i fatti”. E quanto siano importanti i fatti lo sottolinea proprio oggi un comunicato della Confartigianato, per la quale: “Fatti due conti veloci, nel discorso programmatico del presidente Renzi ci sono, sul lato imprese e lavoro, 100 miliardi da trovare subito. Soltanto per pagare il debito residuo di Stato, Regioni ed enti locali verso le imprese nel 2014 vale almeno 70 miliardi. E una riduzione del cuneo fiscale a 2 cifre significa circa 34-35 miliardi, cioè il 10% dei 344 e rotti miliardi del cuneo in Italia in valore assoluto. Siccome il presidente Renzi intende giocare il suo jolly personale sulla velocità di passare dal dire al fare il nostro giudizio lo esprimeremo sui fatti a breve”. E come non essere d’accordo con Confartigianato?

Renzi e Giannini: opinioni divergenti sulla scuola?

da Tecnica della Scuola

Renzi  e  Giannini: opinioni divergenti  sulla  scuola?
di Lucio Ficara
Il premier parla della necessità di ascoltare il “popolo della scuola” mentre il neo ministro ha già fatto sapere di essere scettica sull’idea di costituente della scuola lanciata qualche tempo fa dalla Carrozza.
Nel pomeriggio del 24 febbraio, al Senato, la scuola è salita in cattedra grazie al neo Presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha ribadito un punto fermo: bisogna ripartire dalla scuola e dagli insegnanti oltre che  cambiare il patto di stabilità e investire alcuni miliardi nelle scuole da giugno a settembre. Prima di entrare negli specifici aspetti programmatici, il Premier  ci ha tenuto a sottolineare il valore del ruolo degli insegnanti che questo governo ha particolarmente a cuore. Renzi ha precisato che “è necessario restituire valore sociale agli insegnanti, non c’è bisogno di denaro ma di rispetto per chi svolge la funzione di collaboratore nella creazione di una libertà”. E ancora: “Bisogna coinvolgere dal basso gli operatori della scuola in ogni riforma. Vi sono studi di economisti che dimostrano come un territorio che investa in educazione e capitale umano è più forte”. Ma cosa vuol dire precisamente che bisogna coinvolgere dal basso gli operatori della scuola in ogni riforma? Forse Renzi vuole significare che la “Costituente della scuola” messa in campo dall’ex ministro Carrozza è la strada giusta? Se così fosse si potrebbe dire che le opinioni di Renzi e del ministro dell’Istruzione Giannini in materia di riforme sulla scuola divergono con ogni evidenza. Infatti l’attuale responsabile del Miur, al contrario di quanto sostenuto da Renzi, sarebbe scettica sulla consultazione dal basso. E allora, quale linea sulla scuola adotterà questo Governo? Quella indicata da Renzi, in Senato nel giorno della fiducia, che auspica condivisione e confronto, magari anche con i sindacati, o quella manifestata dal ministro Giannini  nelle sue più recenti esternazioni? Ma se Renzi vuole realmente restituire prestigio sociale agli insegnanti deve incontrare le rappresentanze sindacali e concretizzare in atti normativi e contrattuali, quanto ha espresso davanti alle Senatrici e ai Senatori. In buona sostanza per ridare speranza alla scuola bisognerebbe cambiare rotta, risolvendo il disagio dei docenti e rinnovando sul piano economico e normativo il contratto, ormai scaduto economicamente dal 2009. Ma il timore che esiste tra i lavoratori della scuola, è quello di trovarsi con un rinnovo contrattuale peggiorativo, dove alla diminuzione dei diritti faccia riscontro una proporzionale pretesa dei doveri, senza incrementi stipendiali significativi. D’altronde questa è la logica che ha ispirato quello che già più volte abbiano definito la “destrutturazione del contratto collettivo di lavoro della scuola”. Anche la nomina di un ministro dell’Istruzione proveniente da un’area politica che aveva proposto l’innalzamento dell’orario di servizio settimanale degli insegnanti delle scuole secondarie, da 18 a 24 ore, a parità di salario, alimenta sospetti e crea diffidenze. Il Senato è pronto a dare la fiducia a questo governo geneticamente creato dalla direzione del partito democratico, ma gli insegnanti, che la fiducia l’hanno ormai persa, attenderanno di vedere gli atti concreti. Le parole non sono più sufficienti, adesso si attendono i fatti, altrimenti alla fiducia di Palazzo, attribuita al governo Renzi, corrisponderà la piena sfiducia del popolo della scuola.

Le parole di Renzi sulla scuola

da Tecnica della Scuola

Le parole di Renzi sulla scuola
Il resoconto del discorso del premier riguardante l’Istruzione in Aula al Senato per il voto di fiducia il 24 febbraio 2014.
RENZI, presidente del Consiglio dei ministri. 
Sappiamo come sono andate le elezioni. Oggi proponiamo di essere nelle condizioni di valutare una scelta politica. Non vi sorprenderà il fatto che in questo Governo sono rappresentati i segretari dei maggiori partiti, perché questo è un Governo politico e noi pensiamo che la parola «politica» non sia una parolaccia. (Applausi dal Gruppo PD). Noi pensiamo di poter andare nelle piazze a dire che la politica che noi abbiamo in testa è reale, vera e precisa. Noi pensiamo che non ci sia politica alcuna che non parta dalla centralità della scuola. (Commenti dal Gruppo M5S).
Mi piacerebbe che chi ha la presunzione di avere la verità in tasca avesse la possibilità di confrontarsi con le insegnanti delle scuole e le famiglie nella loro vita di tutti i giorni, perché l’idea che da questa parte ci sia la casta e dall’altra ci siano i cittadini si è un po’ rovesciata. Lo dico a una parte di questo Parlamento. (Commenti dal Gruppo M5S). Chi di noi tutti i giorni ha incontrato cittadini, insegnanti, educatori e mamme sa perfettamente che c’è una bellissima e straordinaria richiesta che è duplice. Da un lato si chiede di restituire valore sociale all’insegnante, e questo non ha bisogno di alcuna riforma, ma di un cambio di forma mentis.
(Omissis)
Qual è la priorità che questo Paese ha nei confronti degli insegnanti? Sicuramente lo sa il Ministro dell’istruzione e dell’università: coinvolgere dal basso in ogni processo di riforma gli operatori della scuola. Non c’è dubbio. Ma c’è una priorità a monte: recuperare quella fiducia, quella credibilità, recuperare quella dimensione per cui se qui si fanno le cose, allora nelle scuole si può tornare a credere che l’educazione sia davvero il motore dello sviluppo. Ci sono fior di studi di economisti che dimostrano come un territorio che investe in capitale umano, in educazione, in istruzione pubblica è un territorio più forte rispetto agli altri.
Da Presidente del Consiglio io entrerò nelle scuole, una volta ottenuta – se così sarà – la fiducia dal Senato e dalla Camera. Mercoledì mattina, come faccio tutte le settimane, mi recherò in una scuola (la prima sarà un istituto di Treviso, perché ho scelto di partire dal Nord-Est, mentre la settimana prossima andrò in una scuola del Sud), e lo farò perché penso che sia fondamentale che il Governo non stia soltanto a Roma, e quindi mi recherò nelle scuole, come facevo da sindaco, per dare un segnale simbolico, se volete persino banale, per dimostrare che da lì riparte un Paese. Dalla capacità di educare, di tirare via, di tirare fuori (nel senso latino del termine) nasce la credibilità di un Paese, ma per farlo c’è bisogno della capacità di garantire una concretezza amministrativa.
Con quale credibilità possiamo dire questo se continuiamo a tenere gli investimenti nell’edilizia scolastica bloccati da un Patto di stabilità interno che almeno su questa parte va cambiato subito? Come si può pensare che il Comune, la Provincia abbiano competenza sull’edilizia scolastica senza però avere la possibilità di spendere soldi che sono lì bloccati perché esistono norme che si preoccupano della stabilità burocratica ma non si rendono conto della stabilità delle aule in cui vanno a studiare i nostri figli? (Applausi dai Gruppi PD, Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE, PI e SCpI). Come è possibile che non ci sia chiarezza su questo aspetto?
Domani scriverò una lettera ai miei colleghi sindaci, oltre 8.000, per chiedere a tutti loro e ai Presidenti delle Province sopravvissuti (Commenti dal Gruppo LN-Aut) di fare il punto della situazione sull’edilizia scolastica, seguendo un bellissimo ragionamento del senatore Renzo Piano. Non so chi di voi ha avuto modo di conoscere le parole, a mio giudizio straordinarie, che Renzo Piano ha pronunciato pochi giorni fa in un’intervista. Piano ha invitato a rammendare i nostri territori, a rammendare le periferie. Credo sia un’espressione molto bella, che dà il senso di ciò di cui abbiamo bisogno. Noi abbiamo bisogno di intervenire nell’edilizia scolastica dal 15 giugno al 15 settembre, con un programma straordinario – dell’ordine di qualche miliardo di euro, e non di qualche decina di milioni – da attuare sui singoli territori, partendo dalle richieste dei sindaci e intervenendo in modo concreto e puntuale. Ma come? Di fronte alla crisi economica parti dalle scuole? Sì: di fronte alla crisi economica non puoi non partire dalle scuole. Di fronte alla crisi economica partire dalle scuole significa partire, innanzitutto, da una tregua educativa con le famiglie e da un intervento nell’edilizia e nella infrastrutturazione scolastica su cui, nelle prossime settimane, vedrete concreti risultati.
È chiaro che il tema della scuola è parziale rispetto al grande tema dell’educazione. Si inizia con gli asili nido. Gli Obiettivi di Lisbona vedono oggi un Paese drammaticamente diviso in due, tra una parte dell’Italia che ha già raggiunto quegli obiettivi (con alcune città che stanno sopra il 40 per cento) e una parte dell’Italia che veleggia su percentuali drammatiche. Alcune non arrivano neanche a doppia cifra: mi riferisco al numero dei bambini che frequentano gli asili nido.
Non è un tema da addetti ai lavori. È il tema vero nella vita di tutti i giorni. (Applausi dal Gruppo PD). È il tema che si collega non necessariamente, ma parzialmente, al fatto che abbiamo la condizione di disoccupazione femminile più alta d’Europa. Ed è inaccettabile in una cornice come quella in cui stiamo vivendo. (Applausi dai Gruppi PD, SCpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE)). È un tema che si collega al fatto che un bambino che non frequenta l’asilo nido ha un’occasione in meno rispetto a un suo coetaneo di un altro Paese.
Però, non vorrei che questo facesse venir meno un giudizio sulle priorità che riguardano la condizione economica. Metto a verbale che la scuola è il punto di partenza, e intervengo sulle quattro riforme che vi proponiamo, che vi proporremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e la cui urgenza è l’elemento che detta la scansione temporale dei prossimi mesi e dei prossimi anni, e anche il cambio che noi abbiamo fatto all’interno del Governo.