Poesia si impara a scuola

POESIA SI IMPARA A SCUOLA

di Umberto Tenuta 

 

A scuola si imparano le poesie, si imparano a spiegare e si imparano a memoria.

Ma le poesie non sono prose, non sono prose con termini e concetti difficili da capire con l’intelligenza umana!

Lapalissiano, no?

Eppure a scuola le poesie si traducono in prosa, quando addirittura non si riassumono, ed i docenti le spiegano bene agli studenti.

A scuola i docenti spiegano le poesie.

 

IL SABATO DEL VILLAGGIO di Giacomo Leopardi

Ragazzi, questa è una poesia di Giacomo Leopardi, un poeta. che bello non era o ragazzine care! e che quando vedeva un bicchiere d’acqua pieno a metà, diceva che era mezzo vuoto!

Capite, un poeta pessimista!

Bene, ragazzi!

Lasciamo stare il suo pessimismo, poi lo studierete meglio alle scuole secondarie superiori.

La donzelletta

La giovinetta, oggi diremmo la ragazza,

vien dalla campagna

Chiaro, no, un tempo c’erano pure le campagne, oggi no, ma qualche volta una campagna pure vostro padre è riuscito a farvi vedere

in sul calar del sole

Ragazzi, nell’ora di Geografia vi ho spiegato bene che il sole non cala, ma che è la terra a girare intorno al sole. Ma lasciamo stare, così si diceva una volta, il sole cala

col suo fascio dell’erba

E sì, la poverina lavorava, andava a tagliare l’erba per l’asino di suo padre, mica allora c’era il divieto di far lavorare i minorenni!

e reca in mano un mazzolin di rose e viole

E porta in mano un mazzolin di rose e di viole, rose forse selvatiche, mica rose tea, e viole, bé , un tempo le violacciocche pure in campagna crescevano senza giardinieri.

Tutto chiaro, no, non è un fascio, ma un piccolo mazzo di fiori.

onde, siccome suole, ornare ella si appresta

Difficile, certo! Ora vi spiego io. Sennò che ci sto a fare, io, con la mia laurea con centodieci e lode?

Cominciamo!

Onde, ma non onde del mare, non onde elettromagnetiche, ma, è un termine poetico che vuol dire con le quali, quali, pronome relativo femminile plurale.

siccome suole

Non le suola delle scarpe, per carità, ma anche questo è un termine poetico, vuol dire è solita.

ornare ella si appresta

dimani, al dí di festa, il petto e il crine.

Ornare, chiaro! Si adorna, si fa bella che più non si può.

Ella si appresta.

Attenti, ragazzi!

La ragazzina non ha fretta, non vuol fare presto.

Ancora, questo è un termine poetico e significa si dispone, si accinge, si impegna, oh quanto si impegna!

dimani,

Dimani, bè, forse lo capite, termine poetico per dire domani.

al dí di festa

Oddio, questo proprio lo sapete.

Il giorno della festa!

Insomma la domenica.

Anche nei piccoli paesi la domenica era festa e le ragazzine, un po’ meno di oggi, ma anche allora amavano farsi ammirare, magari per trovarsi un fidanzatino, come adesso, del resto.

Nevvero, tu, Luciana, non ti far rossa, sei d’accordo?

il petto

Il petto, bè, mica scoperto come oggi, ma un po’ anche!

e il crine

No, ragazzi, non è come vi ha detto la mamma vostra, non è il crine del materasso.

Ora non si usa più. Ora ci sono i Permaflex, ma un tempo si usava il crine, un vegetale.

Ma qui crine vuol dire un’altra cosa.

Anche questo è un termine poetico che vuol dire i capelli: i capelli, capite!

La ragazzina si accinge ad ornarsi il petto ed i capelli.

I capelli, sì, mica una volta si andava dalla parrucchiera che ti modella e colora i capelli come tu vuoi, anche a voi maschiacci.

Una volta l’unico vezzo delle donne era di fissarsi ai capelli dei fiori di campo, con i ferretti, piccoli ferri.

Ora vi è tutto chiaro?

Sì, bene!

Io ve la ho spiegata per benino, voi fate la piccola fatica di tradurre questa poesia in prosa e poi la imparate a memoria in versi.

Capite, vi raccomando!

Attenzione tu, in fondo all’aula, tu disturbi sempre, disturbi i tuoi compagni attenti, colla bocca chiusa per benino e gli occhi spalancati, con le mani conserte.

Tu disturbi anche me che sono il tuo professore, sì, tu osi disturbare il tuo grande −certamente più grande di te−, il tuo grande professore.

Finisco, ora, perché mi avete stancato.

Finisco e vi dico, vi avverto, vi preannuncio che dopodomani chi non mi sa ripetere la poesia a memoria e non mi porta la traduzione in prosa, avrà un bel,  no, un brutto zero tagliato.

 

Lo so, o miei venticinque lettori, docenti che per ordine del Dirigente scolastico mi leggete per riferirgli, questa è una parodia surreale!

A scuola, per carità, non si fa così!

Ma quale professore oggi farebbe una cosa del genere?

A scuola, oggi, nella scuola dei nostri giorni, nel secolo XXI dell’era cristiana, tanto per intenderci, nel XXI secolo D.C., oggi a scuola i professori non spiegano e non impongono di imparare a memoria le poesie.

Ma essi, i professori, che bravi di più non si può, le poesie le dicono, le recitano, imitando un po’ Vittorio Gassman, Giorgio Albertazzi, Arnoldo Foà, …Benigni, per quanto sappiano fare loro, bravi in lettere antiche e moderne, ma non fini dicitori laureati.

E se proprio recitare non sanno, essi utilizzando le LIM o il Tablet, fanno assistere i loro allievi alla recitazione  di un fine dicitore, anche se non bravo quanto loro, ma sempre meglio di loro.

E se voi ascoltate una poesia recitata da Vittorio Gassman, da Arnoldo Foà, da Giorgio Albertazzi, non avete soltanto capito il significato letterale della poesia, ma avete sentito il cuore battervi di gioia, di tristezza, di malinconia, dei sentimenti e delle emozioni più grandi che il cuore umano conosce, il cuore, che è intelligenza, fantasia, melodia, musica, canto dell’anima.

La poesia è poesia o non è poesia!

A scuola occorre imparare l’alfabeto per saper leggere.

Ma a scuola occorre imparare anche a sentire la poesia, a leggerla, a scriverla, perché ogni essere umano, in fondo, in fondo, proprio in fondo al proprio cuore, è un poeta.

Nihil humani a me alienum puto… 

A scuola si impara a leggere ed a scrivere in prosa, ma anche a leggere ed a scrivere poesie.

Poeti non si nasce, ma poeti si diventa nella scuola, piccoli o grandi poeti, non importa.

Sì, o brave Maestre, o bravi Professori, a scuola ai vostri studenti offrite l’opportunità di ascoltare le poesie dei grandi Poeti, le poesie che affascinano, che incantano, che prendono il cuore, che portano in un altro mondo, nel mondo meraviglioso della Poesia che pure il fanciullino nel suo cuorino sente!

Sentenza CdS Toscana

Coordinamento Nazionale  Articolo 97 – Vincitori e idonei del Concorso ordinario 2011 per la dirigenza degli istituti scolastici

COMUNICATO

La graduatoria della Regione Toscana del suddetto concorso, nella quale sono inserite 137 persone, ha subito l’annullamento da parte del TAR nell’aprile 2013 ed il parziale accoglimento della sentenza emessa dal Tar Toscana da parte del Consiglio di Stato, con sentenza del 5 novembre 2013 e resa pubblica lo scorso 3 marzo.

Nello specifico la sentenza definitiva stabilisce la validità delle correzioni per gli elaborati corretti prima del 2 aprile 2012, data in cui si è dimesso il Presidente di commissione, Prof. Parlato, e dopo il 2 aprile 2012, data in cui il suddetto Presidente è stato sostituito dall’Ispettore Vigiani, creando il noto vizio di forma.

* la sentenza non ha evidenziato difetti sulla regolarità delle prove svolte, quindi tutti gli elaborati sono stati valutati correttamente, come lo svolgimento della prova orale; l’annullamento parziale della procedura è l’effetto di una ‘negligenza’ della Pubblica Amministrazione che ha viziato la nomina di uno dei componenti della commissione, che peraltro era pienamente titolato a svolgere quel compito e lo ha svolto in modo corretto e conforme alla normativa.

* Dei 137 idonei della graduatoria in oggetto, i 112 vincitori sono stati assunti in servizio e hanno svolto il loro compito dimostrando competenza e passione; i primi 106 di loro hanno già completato la formazione e superato favorevolmente il periodo di prova, i 23 idonei si vedono pregiudicati nel loro diritto soggettivo all’assunzione in servizio, non potendo beneficiare della Legge 128/2013 art.17 che trasforma le graduatorie di merito in graduatorie ad esaurimento.

* L’esecuzione della lettera della sentenza mediante un automatismo burocratico, oltre a ledere i diritti delle 137 persone inserite nella graduatoria, correrebbe il rischio di precipitare la scuola toscana nel caos. Infatti è facilmente prevedibile che le insormontabili difficoltα di completare in tempi accettabili la nuova procedura, a cominciare dall’impossibilità di garantire l’anonimato delle prove nella nuova correzione, lascerebbero senza una guida quasi la metà delle scuole della regione.

Infatti alle 112 scuole giα assegnate ai vincitori di concorso e  alle oltre 50 scuole attualmente in reggenza se ne aggiungeranno già a partire da questo anno scolastico molte altre per effetto dei nuovi pensionamenti.

In relazione a quanto sopra, chiediamo che tutti i decisori politici coinvolti, i sindacati e  l’Amministrazione facciano tutto quanto è in loro potere per l’immediata adozione di tutti i provvedimenti necessari ed urgenti per salvaguardare la posizione giuridica ed umana dei 112 nuovi dirigenti scolastici già in servizio e dei 23 idonei al Concorso di prossima nomina, nel rispetto dei diritti di tutti gli attori di questa vicenda.

Governo Renzi: bene il piano scuola. Ma come realizzarlo?

da Il Fatto Quotidiano

Governo Renzi: bene il piano scuola. Ma come realizzarlo?

di Pierfranco Pellizzetti
Nella montagna di panna programmatica, montata da Renzi nel corso dei suoi discorsi per la fiducia, uno dei rari argomenti con la consistenza di vera proposta politica è quello relativo all’ipotesi di un “Piano nazionale per l’edilizia scolastica”. Ossia l’apprezzabile proposito di rimettere in sicurezza la miriade di strutture fatiscenti dove studiano i figli degli italiani, spesso perfino in aule dove incombe il rischio di crollo del soffitto e varie catastrofi.

Se, nell’attuale revival democristiano in sedicesimo, Enrico Letta ripropone la “tipologia Aldo Moro” (il rinvio come tecnica per congelare i problemi), il neo premier reincarna in tono minore l’iperattivismo all’Amintore Fanfani. Difatti se la missione del suo rottamato predecessore si giocava tutto all’interno dello schema di partito (sfinire i Cinque stelle con la simulazione del riformismo); ora il mandato è quello di illudere un corpo elettorale tra il disperato e il furibondo, tentato al 50 % dal richiamo a defezionare, con la simulazione del movimento (un po’ come il criceto che corre a perdifiato nella ruota). Il senso per cui tutti si dicono “renziani”, nel Pd a rischio di perdere la pole position. Sicché, in questo gioco dei revival, la proposta del “Piano Scuola” ha un’evidente assonanza con quel “Piano Casa” del 1949, grazie al quale l’allora ministro del Lavoro e Previdenza sociale Fanfani riuscì a realizzare 300 mila alloggi di edilizia residenziale pubblica e si conquistò sul campo l’appellativo di “cavallo di razza” (l’altro era – appunto – Moro).

Sebbene Letta e Renzi come cavalli risultino “a dondolo”, l’idea del “Piano Scuola” sembra buona. Ha un sentore newdealistico di stampo rooseveltiano che impone attenzione sulla sua fattibilità. Anche perché l’edilizia è il volano economico che produce effetti positivi immediati, di cui ci sarebbe estremo bisogno. Purtroppo – a ora non risulta che i principali interlocutori del progetto – comuni e sistema imprenditoriale, dunque Anci e Ance – siano stati coinvolti in qualsivoglia progettazione operativa. L’Ance – pur dichiarandosi pronta a incontri operativi – si limita a far presente che l’investimento necessario si aggirerebbe sugli 8 miliardi, l’Ance, dichiarando il proprio convinto assenso, rimanda a suoi studi sui residui di somme destinate a investimenti e mai spese in quanto smarrite nei soliti meandri burocratici. Domanda: dove trovare le somme per realizzare quelle che a oggi sono solo apprezzabili dichiarazioni d’intenti? Il dirigente di una regione del Nord, che preferisce restare anonimo (la nota attitudine al “non fare prigionieri” del Renzi induce qualche timore), si lascia andare a una ipotesi: “O è un pokerista, o è un matto o ha un accordo”.

E tenendo per buona la terza (anzi, sperandoci) c’è chi richiama un fatto su cui riflettere: la prima telefonata del nuovo premier è stata con Angela Merkel. Fatto importante perché il “Piano Scuola” – in attesa di più che problematiche manne dal cielo – può essere finanziato solo allentando i vincoli del Patto di Stabilità dell’Unione europea; operazione per cui l’assenso tedesco diventa decisivo. Come tale benevolenza già si è rivelata decisiva per la Spagna, che gode di condizioni molto migliori delle nostre. Renzi ha in testa tutto questo? La sua imperscrutabilità rispetto ai numeri sta rivelandosi assoluta, tanto da lasciar supporre una vera e propria allergia. Se così non fosse, ci sarebbe un’ulteriore conferma dell’analisi sconfortata che faceva giorni fa Fabrizio Barca: “Questi non hanno un’idea che sia una”. E il nostro premier aumenterebbe il tasso di somiglianza con un personaggio dei fumetti che forse i più anziani ricordano: sulle pagine de il Monello, un giornalino pubblicato dai primi anni 30 fino al 1990. Si chiamava “Superbone”, un ragazzotto tronfio e cacciaballe.

Renzi al lavoro sul dossier scuola

da Corriere.it

L’ANNUNCIO SU TWITTER

Renzi al lavoro sul dossier scuola

Entro mercoledì il Consiglio dei ministri dovrebbe varare i provvedimenti

di Redazione Online

Ultime ore di lavoro a #palazzochigi lavorando sui dossier scuola inviati dai sindaci. Email, ricordo: Matteo@governo.it #lavoltabuona”. Lo scrive il premier Matteo Renzi, stamane su Twitter. Il presidente del Consiglio entro mercoledì 12 marzo, giorno del Consiglio dei ministri, dovrà presentare come annunciato il suo piano per la ristrutturazione Da Siracusa, seconda tappa, dopo Treviso, del programmato tour nelle scuole del Paese, il presidente del Consiglio ha annunciato che sono pronti 2 miliardi per rimettere in sesto i malridotti edifici scolastici.

L’accelerata

Bisogna «dare una corsia preferenziale ai soldi per la scuola, perché si spendano con tempi più serrati di quelli previsti dalle norme vigenti» ha detto il Premier parlando ai sindaci del Siracusano. Già nel cosiddetto Decreto del Fare era stata stanziata una somma – 150 milioni – per la manutenzione straordinaria e ordinaria degli edifici scolastici, ma finora è stata solo parzialmente aggiudicata a livello regionale: poco più di 35 milioni (il 23,8) per 207 interventi rispetto ai 692 ammessi al finanziamento (circa il 30%). Renzi vuole dare un’accelerata. Intanto ha scritto ai sindaci invitandoli a comunicare gli istituti scolastici bisognosi di interventi («una iniziativa dalle modalità certamente inconsuete – ha commentato Fassino – ma benvenuta per rompere l’immobilismo») e poi ha annunciato per mercoledì prossimo un pacchetto di misure per la scuola (in cantiere pure l’efficientamento energetico per spendere meno in bollette) «che mettiamo tutte insieme per non incatenare i sindaci, ma scatenarli». Che ci sia bisogno di scatenare le forze lo confermano i dati. Secondo la fotografia scattata da Legambiente il 62% degli edifici scolastici è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica, il 37,6% ha necessità di interventi di manutenzione urgente, il 40% è privo del certificato di agibilità, il 60% manca del certificato di prevenzione incendi. A Palazzo Chigi e a viale Trastevere si lavora sia sul piano tecnico sia sulle coperture finanziarie per avviare l’operazione scuola.

Dove si trovano le risorse

«Per questi 2 miliardi e mezzo ci sono coperture certe, risorse incagliate in vari capitoli di spesa che stiamo sbloccando per farle convergere sullo stesso obiettivo. Certamente non saranno sufficienti a mettere tutto a posto. Per questo – ha spiegato il sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi – stiamo lavorando, anche in queste ore, assieme agli enti locali per verificare le varie disponibilità, proprie o reperibili da altre fonti. Vanno trovate altre soluzioni oltre ai fondi diretti. Già in passato sono stati presi in considerazione fondi d’investimento e forme di partenariato pubblico-privato e si stanno valutando varie possibilità». Intanto gli enti locali si rimboccano le maniche. «Stiamo inviando la documentazione sui progetti già appaltati al Miur e nel frattempo abbiamo iniziato a inviare alla mail del Governo – ha informato il presidente dell’Upi Antonio Saitta – le proposte di interventi, così da permettere al presidente Renzi di disporre, entro la data indicata del 15 marzo, di almeno un progetto per Provincia sulle scuole superiori». E se il sindaco di Varese, Attilio Fontana (Lega Nord) accusa Renzi di demagogia («se vuole dare un segnale lo dia sbloccando il Patto di stabilità»), il sindaco di Perugia Wladimiro Boccali guarda al sodo: «Il tema di quale gatto usi Renzi per prendere il topo non mi appassiona. L’importante è il risultato» dice e assicura: «se arrivano i 100mila euro richiesti, in un mese avvio i lavori».

Disposizioni di servizio dubbie: che può fare il docente?

da Tecnica della Scuola

Disposizioni di servizio dubbie: che può fare il docente?
di Lucio Ficara
L’atto di rimostranza è espressamente previsto dalla normativa vigente. In alcuni casi può essere utile ricorrervi anche per evitare responsabilità connesse con l’esecuzione di disposizioni non legittime.
A volte capita (o potrebbe capitare) che una circolare emessa del dirigente scolastico non convinca troppo, tanto da dubitare della sua legittimità. Cosa fare in queste circostanze? Fare finta di niente  ed eseguire l’ordine di servizio impartito dal superiore anche se lo si ritiene contrario alle normative vigenti? Se il docente è convinto dell’illegittimità della circolare, che è un ordine di servizio a tutti gli effetti e non può essere ignorato, potrebbe scrivere e far protocollare immediatamente un atto di rimostranza a propria tutela. Fare atto di rimostranza e poi comunque eseguire l’ordine di servizio, per evitare sanzioni  disciplinari disposte dal dirigente scolastico ai danni dell’insegnante, è un ottimo modo per declinare le proprie responsabilità. Si tratta in buona sostanza di tutelare se stessi dalle conseguenze che potrebbe derivare dalla esecuzione di un ordine illegittimo. Per esempio nel caso di un ordine di servizio di svolgere una supplenza accorpando due o più classi, il docente potrebbe fare un atto di rimostranza ai sensi dell’art. 17 DPR n. 3 del  10 gennaio 1957. Questa norma prevede che l’impiegato, al quale venga impartito un ordine che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza al proprio superiore, dichiarandone le ragioni. Se l’ordine è rinnovato per iscritto, l’impiegato ha il dovere di darvi esecuzione. L’impiegato non deve comunque eseguire l’ordine del superiore quando l’atto sia vietato dalla legge penale. Se ad esempio si dispone, come  a volte viene fatto in talune circolari emanate da qualche  dirigente scolastico in occasione delle assemblee di Istituto concesse ai ragazzi, l’obbligo per i docenti di seguire e vigilare gli studenti durante lo svolgimento dell’assemblea, ed inoltre viene anche richiesto ai docenti di garantire il normale orario di servizio, in questo caso il docente può fare un atto di rimostranza contro l’attuazione di tale ordine  che comporta la violazione della normativa vigente. Infatti la normativa a tal proposito è molto chiara, disponendo ai sensi dell’art.13 comma 8 sezione II del Testo Unico sulle disposizioni legislative in materia di istruzione, che l’assemblea di classe o di istituto possono essere seguite, oltre che dal preside o un suo delegato, anche dai docenti che lo desiderassero. Dunque nessun obbligo di assistenza e tanto meno di vigilanza è dovuto dal docente, durante le attività assembleari degli studenti. Sono solo alcuni casi in cui un docente può correttamente fare un atto di rimostranza, obbligando così il dirigente scolastico a desistere dalla richiesta o ad insistere a richiedere l’attuazione dell’ordine di servizio assumendosene ogni responsabilità in prima persona.

Per l’edilizia scolastica un commissario straordinario?

da Tecnica della Scuola

Per l’edilizia scolastica un commissario straordinario?
di Aldo Domenico Ficara
In un post pubblicato nel sito web del Ministro Maurizio Lupi si fa riferimento ad una sua intervista su Il Messaggero “Ecco il piano per rilanciare l’edilizia” di giovedì 27 febbraio a cura di Umberto Mancini
In questa intervista si fa cenno ad una ipotetica nomina di un commissario straordinario che coordini gli interventi nelle scuole in accordo con le amministrazioni locali. Di seguito si riporta uno stralcio dell’intervista: Partiamo dalla scuola. Proprio lei ministro aveva sottolineato la necessità di intervenire rapidamente, escludendo, come proposto dal premier, gli investimenti in questo settore dal Patto di stabilità interno. Ed erano stati stanziati dei fondi. «E’ l’esempio del supporto che c’è oggi per il lavoro svolto dal governo Letta e, contestualmente, del cambio di passo che con Renzi possiamo e dobbiamo fare. Del resto con il decreto del Fare di giugno 2013 erano state stanziate risorse proprio per la manutenzione ordinaria e straordinaria di strade e ferrovie, delle scuole, le piccole opere. Per l’edilizia scolastica complessivamente, anche comprendendo altri provvedimenti, circa 1,6 miliardi». Che ora si possono mobilitare? Quanto pensate di spendere per la scuola in concreto? «Per la scuola credo si possano sbloccare almeno 2 miliardi, togliendo questi investimenti dal Patto di stabilità. Renzi ha indicato le priorità ed ora spetta al ministero dell’Economia attivarsi e trovare le coperture. Dobbiamo uscire davvero dalla palude. Il fattore tempo, ripeto, è decisivo» Non teme che la burocrazia amministrativa, penso ad esempio ai presidi delle scuole, possa frenare gli investimenti, dilatare i tempi, bloccare tutto? «E’ vero. Spesso ci sono fondi non spesi. Ma ora cambiamo passo, inserendo delle scadenze ben precise per sbloccare gli appalti». Come farete? «Penso alla creazione di una task force tra ministero delle Infrastrutture e quello della Pubblica istruzione per spendere nel modo più rapido i soldi a disposizione. Penso ad un commissario straordinario che coordini gli interventi nelle scuole in accordo con le amministrazioni locali. Per rispettare una tabella di marcia precisa. E’ infatti inaccettabile mandare i bambini in istituti scolastici a rischio».

Prove psicoattitudinali per i prof

da Tecnica della Scuola

Prove psicoattitudinali per i prof
di P.A.
“Per gli insegnanti ci vuole una verifica psicologica”: lo dice Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionali dirigenti scolastici (Anp) al Messaggero, dopo i fatti di violenza di cui si sono macchiati dei docenti
“Se la vicenda è accertata, per prima cosa è stato commesso un reato penale. E un comportamento del genere è anche insensato da un punto di vista educativo”. “Nei concorsi non c’è una verifica del profilo psicologico dell’aspirante insegnante. Cosa che è invece prevista per l’accesso ad altri mestieri, come polizia e carabinieri” e se per loro vale la visita, bisogna pure implementarla, istituendo “un servizio psicopedagogico. Le eccezioni sono poche Regioni virtuose. Oppure quando c’è è grazie all’impegno di singole scuole o perché i genitori pagano di tasca propria. Servono coraggio, forza e risorse”. E “Di fronte a una scuola, e a un mondo che è cambiato, i docenti dovrebbero essere più preparati. Invece non c’è una formazione in itinere. È dal 1997 che per gli insegnanti non c’è più aggiornamento obbligatorio. Bisogna affrontare le novità. Non c’è bambino che non possa essere sedotto dall’educazione”.
 “I bambini di oggi sono più abituati a episodi di violenza, anche grazie alla televisione. Bisogna capire che però la violenza genera violenza. Abituare un bambino alla violenza vuol dire instradarlo su quella strada”.
 Per questo i genitori, dice l’Anp, quando sanno di episodi simili possono “rivolgersi a carabinieri e polizia facendo un esposto circostanziato. E al tempo stesso deve presentare un esposto al dirigente scolastico, che deve ascoltare tutti i testimoni. Compresi i bambini, magari con l’aiuto di psicologo. Se sono accertati comportamenti scorretti, il dirigente deve prendere un provvedimento disciplinare. Nei casi gravi è giustificato il licenziamento”.
 Anche i presidi devono farlo, “se non lo fanno commettono un reato” e i genitori non devono avere paura anche perché ciò “finisce per bloccare anche l’eventuale denuncia del preside”

Concorso dirigenti Lombardia: il Miur smentisce l’Ufficio regionale

da Tecnica della Scuola

Concorso dirigenti Lombardia: il Miur smentisce l’Ufficio regionale
di Reginaldo Palermo
L’Usr aveva già deciso di nominare i 346 vincitori di concorso, pronti ad assumere servizio a partire dal 10 marzo. Ma, a seguite delle proteste di alcuni sindacati, il Miur ha bloccato le nomine. La vicenda potrebbe avere strascichi legali.
Potrebbe proseguire ancora nelle aule dei tribunali la vicenda del concorso per dirigenti scolastici in Lombardia. Nei giorni scorsi, infatti, l’Ufficio scolastico regionale aveva fatto sapere che i vincitori di concorso sarebbero stati finalmente nominati e avrebbero dovuto prendere servizio lunedì 10 marzo. Poco meno di 350  docenti erano già pronti a lasciare la cattedra per iniziare il nuovo lavoro, ma nella giornata del 6 marzo arriva la doccia fredda. Con una nota di poche righe, il Ministero spiega che le nomine si possono certamente fare ma che l’effettiva assunzione di servizio (e il relativo trattamento economico) dovrà essere rinviato a settembre. Il Miur adduce come motivazione non solo le proteste sindacali (in realtà solo UilScuola era finora intervenuta pubblicamente, ma sembra che anche altre organizzazioni non fossero del tutto d’accordo con la decisione dell’Usr Lombardia) ma soprattutto l’ esigenza di non interrompere la continuità didattica nelle classi che i docenti vincitori di concorso avrebbero dovuto lasciare. La nota ministeriale lascia però piuttosto perplessi, soprattutto se si considera che la commissione di concorso lombarda ha bruciato le tappe per poter concludere i lavori nel più breve tempo possibile anche in relazione a quanto disponeva una norma del decreto legge 104 voluta proprio risolvere in fretta la questione. Il 6° comma dell’art. 17 del decreto stabilisce infatti che gli incarichi di reggenza e gli esoneri dall’insegnamento conferiti nelle scuole delle regioni interessate alla revisione della procedura concorsuale cessano “con la nomina in corso d’anno, ove possibile, dei vincitori di concorso, nel limite delle assunzioni già autorizzate, ovvero alla assegnazione, alle predette scuole, di un dirigente scolastico titolare, con incarico a tempo indeterminato.” Durissimo (e anche piuttosto sarcastico) il comunicato dell’ANP:  “Sono bastate ‘numerose segnalazioni, anche da parte delle organizzazioni sindacali’, come dichiara la nota del Capo Dipartimento del MIUR , per bloccare il meccanismo legislativo espressamente approvato per porre le condizioni di un ritorno alla normalità del sistema di istruzione in Lombardia. Tra le segnalazioni contrarie all’adempimento legislativo da un lato e il rispetto della norma dall’altro il MIUR non ha avuto dubbi: ha dato corso alle prime”. Negativo anche il commento dell’assessore regionale all’istruzione Valentina Aprea: ”Non nascondo l’amarezza per la decisione inaspettata e irrituale del Ministero dell’Istruzione, che ha impedito di procedere, da lunedì 10 marzo, all’assunzione in servizio dei vincitori del secondo concorso per dirigenti scolastici presso le scuole assegnate” E c’è già chi parla di ricorsi al giudice del lavoro che potrebbero essere proposti dai vincitori di concorso che si vedrebbero privati di 6 mesi di stipendio da dirigente scolastico  a seguito di un provvedimento ministeriale che sembra violare palesemente le norme volute dal legislatore con il decreto legge 104.

L’italiano migliora grazie al web

da Tecnica della Scuola

L’italiano migliora grazie al web
di P.A.
L’italiano dei giovani migliora e di conseguenza anche i voti, merito della scrittura sul web.  Secondo Skuola.net il 30% dei ragazzi è migliorato e oltre 3 su 5 dicono di correggere gli errori dei loro amici quando scrivono post, tweet e messaggi di WhatsApp.
In più, sulla base delle risposte di un campione circa 1000 giovani, l’uso della lingua italiana viene adattata in base al suo utilizzo sui diversi canali di comunicazione web come Facebook, Twitter, mail e WhatsApp e per 2 su 5 sulla base del destinatario dei loro messaggi. La conseguenza di questo è il miglioramento dell’italiano per circa il 30% di ragazzi che afferma di aver visto i suoi voti alzarsi grazie al loro continuo scrivere su post Facebook, su Twitter e chat di WhatsApp. E per chi fosse sempre stato convinto del contrario a causa degli errori grammaticali che spesso si trovano sui social, sappia che l’italiano è peggiorato a causa della comunicazione 2.0 solo per il 10% circa dei giovani. E non solo, scrive Skuola.net, circa il 66% dei ragazzi correggono gli errori dei loro interlocutori, mentre circa il 17% afferma di correggere solamente gli errori di ortografia più gravi e un altro 16% dichiara di non farci caso: di questi il 43% non si ferma a correggere gli errori dei suoi amici per fare più veloce, e il restante 57% non lo fa per non vestire i panni del prof a scuola. Inoltre circa il 32% dei giovani afferma di trovare le mail molto più corrette rispetto ai messaggi di chat o ai post su Facebook, mentre per il 26% non esistono grandi differenze. Chiedendo infine, dice il sito degli studenti, agli intervistati di modificare un paio di frasi come se le stessero scrivendo sul web, sono uscite fuori delle varianti divertenti. Così, è successo che, per esempio, la frase “Ciao, che ne diresti di uscire per conoscerci un po’ meglio” è diventata “ciao, ke ne drst di uscr insme x cnscrci 1 po’ mgl” e quella che recitava le parole “perdonami sono in ritardo, ti prometto che cercherò di essere da te il prima possibile” è diventata invece “prdnm se sn in rtrdo, t prmtto ke crkrò d exere da t il prm pssble”.

Al supermercato della droga

AL SUPERMERCATO DELLA DROGA

di Vincenzo Andraous

Ecco la vulgata farsi avanti, questa volta il trambusto e il rumore di accompagnamento alla richiesta di poter “farsi” è davvero ridondante.
La Consulta ha abrogato la legge Giovanardi-Fini che regolava la materia della droga e delle tossicodipendenze, per cui ora tra chi fuma uno spinello e chi si buca o sniffa cocaina esisterà una grande differenza, d’ora in poi anche la legge tornerà a tenere conto di queste diversità.
La Corte Costituzionale ha infatti “bocciato” la legge Fini-Giovanardi che equipara droghe leggere e pesanti: nella norma di conversione furono inseriti emendamenti estranei all’oggetto e alle finalità del decreto.
E’ tempesta mediatica senza precedenti, come la confusione dialettica tra  significati ben diversi  e distanti, infatti per chi scrive non esiste una droga normale, una droga che fa bene, una droga buona e un’altra cattiva, più semplicemente esiste la droga che fa male.
A sentire esperti e specialisti, il carcere verrà riequilibrato, risolto il  problema endemico dell’Amministrazione Penitenziaria dal sovraffollamento, fatti uscire dalle gabbie migliaia di detenuti, perché adesso è sancita la mistura peregrina per autorizzare una droga leggera, quindi finalmente accettabile.
Quando c’è un grave momento di crisi, trapasso di usi e costumi, l’idea salvifica sta nel rigurgito di vecchie richieste liberticide, che in sintesi vorrebbero significare il comando a dare a ogni singolo individuo adulto la possibilità di scegliere di drogarsi o meno, di dire e fare della propria salute, nonché della propria vita.
Questo pensiero parrebbe esprimere rispetto per le scelte individuali,  invece non è così,  somiglia di più a un inseguimento circolare, meccanico, che riporta al punto di partenza, sempre che ci si arrivi, incolumi, a quel nastro di avvio, in barba alle norme del diritto e di tutela della persona.
In gioco non c’è soltanto la salute e la vita, ma anche la libertà e l’esistenza degli altri, soprattutto degli innocenti, che spesso pagano dazi non  propri, quegli innocenti che rimangono spesso senza giustizia, senza sostegno per le lacerazioni imposte e ingiustamente subite.
Quando sento dire che la canna fa bene, oppure non fa male, non crea danni fisici-psichici collaterali, penso che scienza è non solo coscienza, per comprendere che i principi attivi sono cambiati, esponenzialmente superiori a ogni sopportabilità, che stordirsi equivale a non essere lucidi, né presenti, che sballarsi non è normale, come non lo è mai troncare gambe e vite a chi ci è prossimo.
Farsi le canne comporta il rischio di un progressivo uso di altre droghe, una riduzione-capacità cognitiva, di memoria, psicomotoria, alimentando ansia,  stress, depressione, i più formidabili nemici del tempo, nostro compagno di viaggio. 
Proibizionismo e antiproibizionismo non fanno servizio agli ultimi, non aiutano i più fragili, non accompagnano i più giovani a ben camminare, serve una norma che spinga al recupero della persona, non certamente un manifesto che  incita a sostenere “la libertà della droga, a discapito della  libertà dalla droga”.
Qualcuno mi ha risposto: non sempre finisce come è accaduto a te, non sempre si diventa fatti a vita o tossici, non sempre c’è sangue, assenza, tragedia in agguato, non sempre al divertimento si sostituisce la dipendenza, la patologia, la malattia.
Non amo il pensiero unico che non aiuta le persone, ma spacciare statualmente  significa usare le persone, renderle addomesticate, non certamente liberarle: fumare, calare, tirare, non è slancio in avanti che avvicina al traguardo, bensì allontana ulteriormente da ogni  forma concreta di autorealizzazione.
Fumare canne non fa bene: incidenti stradali, inciampi professionali, rese e abbandoni scolastici, sono dietro l’angolo, per non parlare del fatto che legalizzare non farà abbassare le utenze, il Giudice Borsellino lo ha spiegato bene, non è superata dal tempo passato la sua eredità intellettuale quando afferma che in questo modo  aumenteranno quelle pesanti.
Per chi come me svolge il proprio servizio in una comunità di servizio e terapeutica, a stretto contatto con i più fragili, con i tossicodipendenti,  non è difficile provare che il 90% di queste persone ha iniziato la propria discesa all’inferno scoprendo le droghe erroneamente definite, peggio, interpretate “leggere”. 
Ho l’impressione che il mondo adulto viva malamente la propria condizione di formatore e di guida, come se fosse sufficiente ridurre tutto a una nozione da trasmettere, invece no, non è così, occorre raccontarla la vita, soprattutto ai più giovani, raccontare che le anse non proteggono e le derive portano al macero.
Se non c’è automatismo tra chi fuma e chi sniffa, c’è sicuramente una correlazione e una contaminazione statistica che lo conferma.
Lo stato già vende alcol, tabacco, slot e gioco d’azzardo, perché farsi  tanti problemi? Proprio perché lo stato guarda ai capitolati e ai denari importanti per peso di ingresso, occorre mettersi di traverso. Conosco la fatica e la sofferenza che circondano le persone che stanno tentando di riprendersi la propria vita violentata dall’alcolismo, dalla ludopatia, dal tabagismo, c’è urgenza di mettersi a mezzo per non aggiungere altre lacerazioni a quelle che già ci sono.
C’ è perfino chi protesta per il ritiro della patente se trovato positivo al test per uso di sostanze, una canna non fa niente, non ti mette in coma, non ti fa fare retromarcia durante una corsa dritta.
Ricordo come fosse ieri  quella macchina, i tre ragazzini, le cartine e i pezzetti di fumo, diventa un pugno nello stomaco, l’ammasso di ferraglia contorta tutta intorno al grande albero, il silenzio fermo, acre come l’odore del sangue mischiato all’olio motore. 
Rimasero in due a strisciare sull’asfalto per raggiungere il lago.
Rammento la rabbia feroce e gli improperi nei riguardi di chi guidava fatto, buttando giù guardrail e pezzi di umanità inconsapevole.
Ostinato e cocciuto ritorna l’eco: ognuno decide della propria salute, è libero di farsi del male, senza intromissioni da parte dello stato.
Però esistono i diritti e i doveri, di essere salvaguardato come cittadino, di non pesare sulla collettività a causa delle mie scelte.
Credo occorra maggiore rispetto per chi non ce la fa, per chi non ha imparato ancora a vivere, il resto è davvero retrovia di ogni ideologia.
Siamo il paese dei minori allo sbaraglio, quali maggiori consumatori di cannabis, adolescenti e spinelli che è illegale farsi, ma domani che sarà legalizzata, ci rassicurano i saggi e sapienti, i giovani rimarranno fuori dal consumo autorizzato,  ma continueranno a fumare e tirare, con l’aggravio evidente di un mercato parallelo assai più devastante.
Siamo il paese delle mafie, delle organizzazioni criminali, delle politiche antimafie: legalizzando toglieremo mercato alle organizzazioni antistato, ben sapendo che non sarà così, perché tutte le mafie hanno grande capacità di riciclarsi, la storia ce lo insegna a chiare lettere.
Pensiamo a legalizzare morte, mentre i maggiori sfaceli accadono dentro le nostre belle e tranquille quattro mura, dove rimane a fare da cubista diroccata la famiglia, dove i ragazzi sono alla catena del  messaggio istantaneo, dentro una scuola solitudinarizzata e messa in disparte, ebbene troviamo tempo e modo per delocalizzare attenzione e solidarietà costruttiva, attraverso un effetto spostamento caratteristico, così la buttiamo sulla Maria e sulla Giovanna.
Siccome non siamo mai sazi di parole e di spari alle spalle, c’è anche chi invita  a legalizzare la cocaina se vogliamo vincere la battaglia contro la droga.
Come ci dice qualcuno mai stanco di essere-farsi testimone del nostro tempo:  “c’è necessità di buone a valide ragioni, non solamente di leggi, ma di presenze adulte che sappiano parlare e accompagnare con cuore”.

Grande bellezza!

BELLEZZA GRANDE GRANDE BELLEZZA I BAMBINI I GIOVANI

di Umberto Tenuta

Grande bellezza!
La più grande bellezza sono i  bambini.
Lo diceva Gesù: sinite pargulos venire ad me! 
Come facciamo noi a non riconoscerlo, come facciamo noi a togliere il sorriso ai bambini quando varcano la soglia della scuola, della scuola, luogo dello studio, luogo dell’amore, studium? 
Orsù, mai più pianti nelle scuole! 
Mai più pianti per i voti cattivi che ai bambini innocenti non possono essere dati. 
Mai più pianti per i richiami che i bambini fanno piangere, ed  il pianto non si addice ai bambini.
Lo sanno bene le mamme che amorose accorrono ad ogni pianto dei loro piccini. 
Ma come si può essere cattivi fino al punto da far piangere i bambini?
Non si professi cristiano, non si professi uomo, non si professi donna e soprattutto non si professi Maestra chi i bambini fa piangere. 
Egli è barbaro, incivile, cattivo! 
È meglio che lo diciamo. 
Nessuna maestra degna di questo nome fa piangere i suoi bambini. 
Anzi, li fa gioire, li fa sorridere. 
Li fa sorridere alla vita, alla vita che le genitrici hanno loro dato e che ella, seconda genitrice, forse, o senza forse la più grande genitrice, nel suo grembo scolastico accoglie per la seconda, lunga, meravigliosa gestazione, la gestazione che fa nascere gli uomini. 
L’educazione −ex-ducere, trarre fuori− è un trarre all’umanità attraverso il processo di inculturazione. 
Non bastano i nove mesi di gestazione nel grembo materno per diventare uomini.
Uomini non si nasce, si diviene solo attraverso l’educazione che la scuola, novello grembo materno, rende possibile. 
La mammina è stata accorta nei nove lunghi mesi dalla gestazione, attenta ad ossigenare e ad alimentare il suo bimbo, attenta ad ogni movimento che potesse risultare traumatico, attenta ad assicurare ogni amorevole cura.  
Avete mai, voi, sentito una mamma sgridare il piccino che nel suo grembo  sgambettava e pur dolore le procurava?
No, la mammina lo accarezzava e gli cantava le ninne nanne. 
O quante canzoni di amore, voi maestre, sapete cantare ai vostri bimbi, quante storie di Pollicino, di Biancaneve, della Bella addormentata nel bosco, voi sapete raccontare per incantare, affascinare, innamorare alla poesia della vita!
A scuola non si piange!
La scuola è il luogo incantato della favola bella della cultura che i bimbi fa crescere, diventare sempre più belli, sempre più buoni. 
Bellezza grande, grande bellezza dei bambini, grande bellezza della maestre, grande bellezza della scuola. 
Son tutte belle le mamme, son tutte le donne, son tutte belle le maestre, sono tutte belle le scuole del mondo! 
Ma son tutti belli i bambini del mondo, la più grande bellezza che mai cantar si possa. 
E la scuola la canta, nel coro di tutte le donne, tutte genitrici di pargoli, a casa e, forse, soprattutto a scuola. 
A tutte le mamme, a tutte le donne, e, soprattutto, a tutte le maestre, a tutte le maestre, nessuna esclusa, mi sia consentito dirlo: oggi è la vostra festa!
Sì, l’ho proclamata io.
La grande festa delle Maestre!