Ricorso PAS

Ricorso PAS: ANIEF diffida gli Uffici Scolastici Regionali e le università a eseguire le ordinanze del Consiglio di Stato

Per l’immediata ammissione con riserva dei ricorrenti alla frequenza dei corsi. Richiesto al Miur anche un atto di indirizzo urgente per garantire il recupero della mancata frequenza delle lezioni negli atenei che hanno già iniziato i corsi.

Dopo il via libera del Consiglio di Stato, che con le ordinanze nn. 950, 951, 952, 956 del 05/03/2014 e 998 del 06/03/2014 ha ammesso alla frequenza dei corsi PAS i ricorrenti esclusi inizialmente dal D.D.G. 58/2013, ANIEF ha inviato agli UU.SS.RR. e alle università gli elenchi dei ricorrenti chiedendone la rapida ammissione con riserva ai corsi.

Inoltre, in considerazione del fatto che i corsi sono già iniziati presso alcuni atenei – in alcuni casi anche da oltre un mese – il sindacato ha chiesto al MIUR un atto di indirizzo urgente per sollecitare gli uffici regionali alla tempestiva pubblicazione degli elenchi degli ammessi con riserva e le università ad attivare le opportune misure (modalità on line, riprogrammazione dei calendari) per garantire il recupero delle lezioni non frequentate dai ricorrenti in attesa delle ordinanze.

Queste misure saranno utili anche ai ricorrenti di tutti gli altri ruoli PAS che attendono l’imminente pronunciamento dei giudici di Palazzo Spada sui loro ricorsi

Semplicemente?

Semplicemente?

di Claudia Fanti

Ministro Giannini: «La valutazione è utile se viene considerata come strumento di governo con l’introduzione di operazioni premiali e di penalizzazione altrimenti è solo un esercizio stilistico come tanti altri», ha ammonito, «ed è da mettere in atto dopo aver sentito tutte le componenti della scuola per arrivare a distinguere chi lavora tanto da chi fa semplicemente il suo dovere».” (ItaliaOggi 11/03”014)

Semplicemente!

Che avverbio semplice, facile, quasi dolce nel suo significato di facilmente comprensibile, liscio come l’olio…ma scivolosissimo!

Allora signora ministro, forse non ha ben letto la situazione pur avendo studiato tanto dal giorno del suo insediamento: proviamo a ricordare a noi (che abbiamo la memoria corta e siamo intorpiditi fino al silenzio) e a lei (ma lei quasi quasi ha meno colpa di noi perché non c’era fra i banchi mentre le cosiddette riforme ci stendevano prone e supine!).

Vediamo di spiegare il suo “semplicemente” cosa sia oggi:

1. sostituirsi a vicenda nel caso delle assenze (sono state praticamente eliminate le compresenze)
2. avere cura di ogni bambino/a in classi che superano i 25 alunni/e anche in presenza di disagi di vario tipo
3. tenere i rapporti con le unità sanitarie locali (che non hanno risorse) per i numerosi casi “difficili” presenti nelle classi
4. avere un dialogo costante (anche nascosto, quindi non computabile in ore dichiarate per via di situazioni delicatissime in mano ai tribunali) con papà e mamme che vivono esistenze di complessa gestione
5. non dormire la notte per ricercare soluzioni studiando testi di psicologia, sociologia, ecc…per trovare risposte ai casi presenti in ogni classe e in aumento esponenziale, viste le condizioni di vita sempre più difficli delle relazioni parentali e della situazione economica
6. sostenere le proprie classi con spese personali per compensare carenza di materiali di facile consumo (i pc non li nomino neppure per non cadere nel ridicolo)
7. lavorare in aule senza aria e che non consentono spostamenti di banchi e sedie per via dello spazio insufficiente
8. preparare attività sempre diverse e creative in modo da non far calare la motivazione all’interno delle situazioni qui precedentemente descritte
9. a casa usare i propri strumenti tecnologici per fare fotocopie, stampare, ricercare, studiare (a scuola non si può: siamo in troppi con strumenti assolutamente insufficienti o inesistenti)
10. raggiungere il proprio posto di lavoro, anche lontano spendendo i propri soldi per trasporti e/o benzina
11. l’ammalarsi e pagarsi una tassa sulla propria malattia, magari una di quelle considerate “professionali”
12. permanere in servizio oltre i 60 anni esponendo se stesse all’umiliazione di non farcela e al contempo vedere i precari che stanno sacrificando la propria “semplice” vita “semplicemente” invisibile.

La 13^  descrizione la riservo per dirle che “il resistere” alle cosiddette riforme degli ultimi anni è stato ed è “un in più” al lavoro “semplice” che facciamo e che riteniamo assolutamente da premiare proprio per questo suo essere semplice e totalizzante. Si ricordi, signora ministro, che il nostro “semplice dovere” è prestare cura e attenzione ai singoli, e i singoli, se vogliamo fare “semplicemente” il nostro dovere,    presuppongono una totale abnegazione che non può essere spesa in altro, pena l’abbassamento del livello di cura, e qui alludo al fatto che per i ministri degli ultimi anni è stato considerato un dovere fare altro dall’insegnare. Un errore che stanno pagando in particolare i ragazzi, i quali si sono trovati a subire un sistema sempre più diretto a verificare, misurare e testare, anziché ascoltare, studiare, ricercare, sostenere, conversare, dialogare, riflettere in modo significativo sulla vita.

…E …soltanto grazie a insegnanti resistenti della scuola statale spesso si sono salvate situazioni a rischio.

Governo Renzi: le risorse saranno prese da invalidi e vedove?

Governo Renzi: le risorse saranno prese da invalidi e vedove?

“Per chi si chiedesse dove il Governo Renzi troverà le risorse per attuare i suoi fascinanti annunci, c’è forse una prima risposta: prendendole dai disabili gravi e dalle vedove.”

Questo il commento a caldo di Pietro Barbieri – Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – agli insistenti rumors sulle imminenti intenzioni del Governo in materia di indennità di accompagnamento e pensioni di reversibilità

Un significativo e repentino contenimento della spesa pubblica deriverebbe infatti da interventi di riduzione nell’erogazione delle indennità di accompagnamento, prestazione assistenziale riservata agli invalidi totali e ai ciechi assoluti, non in grado di deambulare o non in grado di svolgere i normali atti della vita. Cioè persone con fortissime necessità di supporto che spesso contano solo sull’assistenza continua dei loro f! amiliari.

Un altro intervento di riduzione riguarderebbe le pensioni di reversibilità, cioè quelle riservate ai familiari superstiti di lavoratori che per tutta la vita lavorativa hanno versato contributi. Un colpo violento all’equilibrio di migliaia di famiglie italiane.

“È un Governo che nasce sotto una brutta stella se questo è il primo segnale in tema di politiche sociali – prosegue Barbieri – un atto che la Federazione e l’intero movimento delle persone con disabilità non potranno accettare e a cui reagiranno con la massima determinazione. Da subito facciamo appello alle intelligenze presenti in Parlamento dalle quali vorremmo immediatamente sentire alzarsi un coro di protesta e di sdegno.”

L’indennità di accompagnamento (meno di 500 euro/mese) è – al momento – l’unico reale “livello essenziale” garantito ai disabili ! gravi. Lacuna ancora più significativa vista la carenza dei servizi di supporto alle persone e ai continui tagli che in questi anni si sono abbattuti sulle politiche sociali.

Specializzazione per insegnanti di sostegno, entro l’estate i bandi

da Aostasera.it

Specializzazione per insegnanti di sostegno, entro l’estate i bandi

Aosta – Rispondendo ad una interpellanza di Uvp, il Presidente della Regione, Augusto Rollandin, ha spiegato i motivi del ritardo nell’attivazione del percorso.

Usciranno entro l’estate i bandi per il Corso per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno nella scuola secondaria, previsto dall’Università della Valle d’Aosta e rivolto a 35 insegnanti abilitati.
Rispondendo ad una interpellanza di Uvp, il Presidente della Regione, Augusto Rollandin, ha spiegato i motivi del ritardo nell’attivazione del percorso.
“Per la formazione degli insegnati delle scuole della Valle d’Aosta – ha ricordato Rollandin – si provvede con decreto del Ministero, previa intesa con la Regione”. Il Presidente ha quindi spiegato che “il cambiamento del Governo, unitamente al cambio dei vertici del Ministero, ha comportato notevoli ritardi nell’esame dell’intesa, ai quali si sono aggiunti ulteriori ritardi del Ministero stesso, dovuti alla priorità nel frattempo accordata ai Percorsi abilitanti speciali rispetto ad altri corsi”.
La firma avverrà quindi domani, mercoledì 12 marzo e “sarà l’occasione anche per definire l’iter conclusivo dell’intero procedimento”.

“Qui non ci sono stati tempi record – ha ironizzato il consigliere Uvp, Laurent Viérin – e questo aldilà delle responsabilità ministeriali. Da maggio ad oggi è mancata anche la comunicazione all’utenza”.

di Silvia Savoye

“Bisogni educativi speciali”, al via gli incontri

da TusciaWeb

Montalto di Castro – I genitori e i docenti della scuola dell’Infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado si confrontano in una serie di appuntamenti sulle ultime indicazioni del Miur

“Bisogni educativi speciali”, al via gli incontri

Montalto di Castro – Fermento nell’istituto comprensivo statale di Montalto di Castro.

I genitori e i docenti della scuola dell’Infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado si incontrano in una serie di appuntamenti per confrontarsi sulle ultime indicazioni del Miur a favore dell’inclusione. Sono protagonisti di questo processo di cambiamento tutti gli alunni della scuola dell’obbligo, in particolare quelli con Bisogni Educativi Speciali (Bes).

Interverranno alla tavola rotonda il neuropsichiatra Fernando Save e la psicologa-psicopedagogista Graziella Menci.

Coordinerà gli incontri Grazia Olimpieri, preside dell’istituto comprensivo. “Con questa iniziativa la scuola si impegna per il successo formativo di tutti gli studenti. Infatti ogni alunno, con continuità o per un determinato periodo di tempo, può manifestare bisogni educativi speciali, rispetto ai quali la scuola è chiamata ad offrire una risposta adeguata e personalizzata. É un’esigenza sentita da sempre dagli educatori più sensibili e attenti, che ora finalmente trova un riconoscimento in una serie di importanti documenti normativi. Sarà un’occasione e un’opportunità per riflettere e comprendere le situazioni dei nostri bambini a scuola”.

Fondamentale al raggiungimento di questo obiettivo l’alleanza scuola-famiglia, dove ciascuno nel rispetto delle reciproche competenze porterà il proprio contributo per favorire un clima affettivo-relazionale idoneo all’apprendimento.

L’accordo tra docenti e genitori va sempre a vantaggio del bambino.

I prossimi incontri: mercoledì 12/3, alle 15, scuola secondaria di Montalto (per genitori e docenti di scuola secondaria); lunedì 17/3, alle 16, scuola secondaria di Pescia Romana (per genitori e docenti degli alunni di 5 anni della scuola dell’infanzia e per genitori e docenti di scuola primaria di Pescia Romana); lunedì 24/3, alle 16, scuola secondaria di Montalto di Castro (per genitori e docenti degli alunni di 5 anni della scuola dell’infanzia e per genitori e docenti di scuola primaria di Pescia Romana).

Un’occasione di crescita e di confronto da non perdere.

«Scuola, io, maestro elementare vi spiego perché dico no ai voti»

da Corriere.it

#LAMIASCUOLA

«Scuola, io, maestro elementare vi spiego perché dico no ai voti»

Zanetti: «Competitivo e non formativo, secondo me bisogna ragionare con gli alunni»

Sono un maestro di scuola primaria, maestro delle elementari, uno dei pochi ancora “viventi” data la prevalenza femminile… Leggo gli interventi sul voto nella scuola e butto lì alcuni argomenti di riflessione come contributo alla discussione.

1. Il voto in pagella nella scuola di base (primaria e secondaria di primo grado) è in realtà vissuto dalle famiglie come un giudizio sulla loro capacità di educare i figli, credo quindi che vada eliminato e sostituito da un giudizio generale sul percorso formativo dell’alunno con un passaggio graduale al voto in decimi durante la scuola media. (non serve a nulla cambiare il voto con un giudizio sintetico tipo ottimo, buono, ecc.). 2. Il voto dato durante l’anno, nelle cosiddette prove di verifica, dovrebbe avere una valenza “formativa” e quindi non dato in decimi ma ragionato con gli alunni. Loro dovrebbero conoscere come si valuterà la prova, cosa si valuterà e al termine decidere con loro i punti di forza mostrati e i punti deboli su cui occorre migliorare. In questo modo il voto/giudizio della prova non diventa giudizio sulla persona (sei bravo, non sei bravo…), ma sul lavoro eseguito e aiuta l’alunno a capire come deve lavorare. 3. Nella mia esperienza i genitori che hanno la possibilità di condividere questo tipo di valutazione dimostrano più collaborazione con gli insegnanti nel seguire il percorso scolastico dei figli, e aiutano i figli a divenire autonomi nello studio, nei compiti, nella responsabilità scolastica fin dai primi anni della scuola primaria. 4. Il voto in decimi nella scuola ha un carattere “competitivo”, non aiuta l’educare alla collaborazione, alla condivisione, al pervenire al successo in gruppo. Molti studi ormai, a partire dall’OCSE, mettono in rilievo come la scuola italiana non sia in grado di educare gli alunni alle nuove sfide culturali, lavorative, economiche della società: ai giovani in cerca di lavoro si richiede sempre più spirito di collaborazione, capacità di lavorare in team, eccetera. E i nostri giovani sono fuori da questi parametri. 5. Sono convinto che il voto in decimi dovrebbe entrare gradualmente nella scuola, a partire dopo la classe prima media, per aiutare gli alunni a capire il significato e il valore del voto. Purtroppo però sappiamo quanto poco siamo preparati noi insegnanti a questo: nessuno ci ha formato sulla “valutazione formativa” e nessuno di noi ha fatto corsi di docimologia o simili. Se ben ricordo la ministra Gelmini, quando promulgò il regolamento sulla valutazione in decimi, ottenne il gradimento della classe insegnante perchè in tal modo il lavoro dei docenti veniva “alleggerito”.

Ma nessuno dei docenti (in particolare della scuola superiore) ha pensato come una insufficienza che sia 2, o 3, o 4, o 5 abbia in realtà lo stesso “valore”: i professori quando sostenevano un esame all’università, se non arrivavano al 18 se ne tornavano a casa e rifacevano l’esame, non si trovavano scritto sul libretto 10, o 12, o 14… Mi chiedo quindi se non sia meglio adottare anche con gli alunni delle superiori lo stesso criterio: “il lavoro è insufficiente, ti spiego perchè e hai la possibilità di rimediare”. Ma allora, molti mi dicono, i ragazzi non si impegnano più, non accorgendosi che in tal modo il voto si trasforma in un’arma, una punizione, e perde il valore di valutazione formativa che la scuola dovrebbe invece sostenere. Quanti guai combiniamo come insegnanti trattando il voto alla stregua di un’arma! Mi accorgo che questi punti aprono argomenti infiniti e non sono certo esaustivi della problematica. La mia speranza è che la scuola italiana elimini il voto decimale nella scuola primaria e lo adotti gradualmente dalla scuola secondaria. Nella scuola dove insegno, cerchiamo di limitare il voto decimale alla pagella (per non essere fuorilegge) e la valutazione, sia su un compito specifico, che generale nella disciplina, viene discussa con gli alunni proprio per aiutarli a maturare la capacità di autovalutazione e stimolare in loro la voglia di apprendere e di superare le sconfitte. Teniamo conto inoltre che anche i primi due anni della scuola superiore sono anni di obbligo scolastico e che i documenti ufficiali sono tutti improntati alla gradualità scolastica nell’affrontare le discipline di studio. Ringrazio il Corriere del Veneto per questa opportunità, il discutere e condividere argomenti che riguardano l’educazione e la formazione dei nostri figli, senza relegarla in “stanze specialistiche”, non può che far bene al futuro della nostra società.

Diego Zanetti

Il «ballu tundu» e i cento baci: inizia il count down per la maturità

da Corriere.it

Le tradizioni più diffuse

Il «ballu tundu» e i cento baci:  inizia il count down per la maturità

Cento giorni al primo scritto dell’esame di Stato. Da Teramo a Livorno, i riti degli studenti per sdrammatizzare e prepararsi alla fatidica data

di Antonella De Gregorio

Cento giorni sono un orizzonte abbastanza lungo da contenere, insieme, ansia ed ironia. Il terrore della bocciatura, il conteggio della pagine da studiare, la tesina, le «prove» della terza prova. Ma ci sta anche, nei cento giorni che scattano martedì 11 marzo,  il conto alla rovescia, il rito, l’incoscienza. Dal giorno dopo poi – il «meno 99» all’esame – si studia per davvero.

Count down

La maturità incomincerà, da calendario Miur, il 18 giugno 2014. L’11 marzo parte  il conto alla rovescia. Che per tradizione gli studenti  declinano in riti scaramantici, radicati soprattutto in alcune zone d’Italia. Come il «ballu tundu», il ballo tondo che si fa in Sardegna, con un richiamo ai riti celtici; o le «cento cose da fare» di prassi a Pisa e in altri luoghi della Toscana: cento baci, cento salti, cento giri intorno alla Torre, cento palleggi…«tutto può aiutare, basta farlo cento volte», racconta uno studente in un video pubblicato su Youtube. Nella città della Torre che pende, un tempo i maturandi segnavano i cento giorni che li separavano dall’esame, accarezzando la lucertola scolpita sulla porta del Duomo in Piazza dei Miracoli.

Tra sacro e profano

Oggi che è transennata per evitare danneggiamenti,  la domanda che si sente formulare tra i tantissimi ragazzi accampati sull’erba della Piazza è:  «Che cosa “centate” voi?». E tutto va bene, pur di non rompere la tradizione. Il che vorrebbe dire, sicuro, attirarsi  le ire di San Gabriele, patrono dei maturandi. Già, perché la ricorrenza ha anche questo risvolto sacro. In provincia di Teramo, soprattutto, dove ogni anno  i maturandi  vanno in pellegrinaggio al santuario di San Gabriele,  ai piedi del Gran Sasso. «Celebrazione della messa, confessioni, momenti di ritiro – spiega Noemi Grillo, pr manager di ScuolaZoo, il portale degli studenti che raccoglie e mette in rete le iniziative di  tutta Italia – . E poi, il rito più sentito dagli studenti: la benedizione delle penne che i ragazzi useranno per le prove scritte della maturità». Anche al Santuario di Santa Rita, a Cascia, dove gli studenti portano una rosa in dono alla Santa, si benedicono le penne. In alcune città della Sicilia, invece, i maturandi salgono in ginocchio i gradini dei santuari della loro città. Articolata la prova da superare a Livorno: «Salire in ginocchio i gradini del Santuario di Montenero – elenca Noemi –  saltellare per la piazzetta su una gamba, tante volte quante il voto desiderato, tirare (girati di schiena), la monetina al di sopra dell’arco con la speranza che l’attraversi, accendere il cero dopo aver scritto il voto desiderato e metterlo nella cappella della Madonna, e pregare nel Santuario».

Il rito dell’onda

«Noi saremo presenti alle celebrazioni sacre di Teramo, e a quelle profane di Viareggio  – dice Noemi – per fare festa con gli studenti e documentare  l’evento». In  Versilia, è previsto che i maturandi si radunino sul lungomare per il «rito dell’onda»: si  scrive sul bagnasciuga  il voto con cui ci si vorrebbe diplomare e si aspetta che l’onda lo cancelli, segno che si potrà contare sulla buona sorte.

A cena coi prof

Negli anni, poi, si sono consolidate anche tradizioni spurie: cene con i professori, magari per ingraziarsi proprio quelli che presenzieranno alla maturità; serate in discoteca o gite al mare, karaoke a casa con i compagni e scampagnate all’insegna del divertimento. Il  budget  per divertirsi? Si fa il conto in queste ore, aprendo la «scatola salvadanaio» – altra tradizione pre-maturità – una colletta che gli studenti hanno fatto per raccogliere i fondi da destinare alla giornata.

Giannini: “Inizieremo l’educazione alimentare nelle scuole

da La Stampa

Giannini: “Inizieremo l’educazione alimentare nelle scuole

Il ministro dell’Istruzione in un videomessaggio in occasione della firma del protocollo d’intesa per la partecipazione dell’agroalimentare italiano ad Expo 2015
roma

In occasione dell’Expo Milano 2015, che sarà dedicata al tema del cibo, «inizieremo con le scuole a fare un grande lavoro per ridurre l’obesità dei bambini e far capire che occorre mangiare bene oltre che non troppo».

Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, in un messaggio video proiettato in occasione della firma del protocollo d’intesa per la semplificazione dell’agroalimentare italiano a Expo 2015.

«Stiamo lavorando con il ministro Martina per far iniziare con l’anno scolastico 2014-2015 un’educazione alimentare nelle scuole», ha aggiunto il ministro sottolineando che «si potrebbe approfittare della presidenza italiana dell’Unione europea per portare questa iniziativa anche in Europa».

L’Expo, ha concluso il ministro, «è un’occasione straordinaria per lanciare un messaggio culturale, educativo all’Europa e al resto del mondo sul tema del cibo. Si tratta veramente di una grande opportunità e ricordo che l’Italia e tutta l’area del Mediterraneo hanno una tradizione forte per quanto riguarda il cibo».

L’educazione è donna

da La Stampa

L’educazione è donna

Solo il 19% degli insegnanti maschi. in Europa solo un Paese, l’Ungheria, conta una presenza maggiore di sesso femminile dietro la cattedra
roma

Quando si pensa a un insegnante della scuola italiana il pensiero va spesso a una donna. Un’associazione di idee che trova sostegno nei numeri.

Il corpo docente italiano è per l’81,1% composto da donne. Una percentuale altissima: in Europa solo un Paese, l’Ungheria, conta una presenza maggiore di sesso femminile dietro la cattedra (82,5%).

A livello di scuola d’infanzia, poi, tocchiamo un record mondiale: solamente lo 0,4% di maestri sono uomini. Una presenza, quella femminile, che alle superiori si riduce sensibilmente, ma sfiorando il 60% costituisce sempre la grande maggioranza.

Già in tenera età, nella scuola primaria, i risultati migliori sono molto spesso appannaggio del sesso femminile. Se si guardano i dati sulla dispersione scolastica, il tema non cambia: nel 2012 l’Italia era ancora ferma al 17,6% di giovani usciti dal circuito formativo prima dei 16 anni; una quota decisamente lontana dal valore medio dell’indicatore nell’Ue27, che si attesta al 12,8 per cento. Però se si guarda al genere di alunni italiani che lascia i banchi prima del tempo, il quadro diventa ampiamente in attivo: tra i maschi sale infatti al 20,5%, mentre tra le femmine scende al 14,5%.

Il rapporto più felice tra donna e istruzione si evince anche dalle ultime risultanze Ocse: scorrendo i dati Ocse emerge che in Italia i maschi diplomati della secondaria sono il 70% tra i 25-34enni (+25%), invece le femmine diplomate raggiungono il 75% nella stessa fascia di età (+35%). A quindici anni le femmine hanno competenze in lettura significativamente più alte dei maschi, mentre questi ottengono risultati migliori in matematica, ma di misura statisticamente non significativa.

Le donne iscritte a una Facoltà sono di più (56%), hanno ottenuto alla maturità un giudizio medio alto (87/100) e si laureano almeno un anno prima degli uomini. Tuttavia, il tasso di disoccupazione delle laureate rimane più alto, il 6,7%, contro il 4,1% dei maschi. Anche perché scegliendo in prevalenza corsi di studi umanistici, le donne hanno molte meno probabilità dei maschi di operare professionalmente in campi tecnologici o comunque economicamente più produttivi. In ogni caso, anche a parità di titolo di studio guadagnano meno degli uomini: in genere la differenza è del 10-20%, anche se non di rado raggiunge punte del 30-40%.

Per le donne che insegnano anche andare in pensione è diventato un problema. Dal 1 gennaio del 2012 l’età minima per accedere all’assegno di quiescenza è passato da 60 a 62 anni, da quest’anno servono 63 anni e 9 mesi. Mentre per quelle che non posseggono il requisito dell’età anagrafica, occorre un’anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi entro il 31 dicembre 2014. «Si tratta di un’imposizione che – osserva l’Anief – fa arrivare le donne italiane alla pensione scontente e affaticate.

Giannini: «Rafforzare la scuola paritaria»

da l’Unità

Giannini: «Rafforzare la scuola paritaria»

«Lo dico da tempi non sospetti rivendica l’esponente di Scelta Civica la libertà di scelta educativa deve trovare anche in Italia un suo spazio politico e culturale concreto, occorre darle una visibilità politica. E servono misure perché le scuole paritarie possano essere una delle opzioni per le famiglie»

Adriana Comaschi

«Mi pare che la visita di oggi possa essere un segnale molto chiaro». Seduta in mezzo ai bimbi di una scuola dell’infanzia parrocchiale, il neo ministro a Istruzione e Università Stefania Giannini ieri da Padova torna a schierarsi in favore delle scuole paritarie, come già all’indomani della sua nomina. Mentre nel pomeriggio rilancia un altro di quelli che possono già essere individuati come suoi leit motiv, e invoca il «merito» per valorizzare gli atenei virtuosi e garantire loro «la certezza dei finanziamenti». In attesa del Consiglio dei ministri che domani darà molto spazio alla scuola (in particolare sul fronte sicurezza), Giannini comincia a tratteggiare la missiondi viale Trastevere con il nuovo governo.

E la prima notazione è tutta politica, come spiega lo stesso ministro in visita alla materna della parrocchia della Natività. «Lo dico da tempi non sospetti rivendica l’esponente di Scelta Civica la libertà di scelta educativa deve trovare anche in Italia un suo spazio politico e culturale concreto, occorre darle una visibilità politica. E servono misure perché le scuole paritarie possano essere una delle opzioni per le famiglie». Di più, «la scuola paritaria è uno dei punti del sistema che funziona meglio quindi si tratta di rafforzarla». Messaggio forte. Che peraltro segue lo stanziamento di 483 milioni, comunicato dal Miur pochi giorni dopo l’insediamento del governo Renzi, a sostegno della scuola paritaria. Allora come ieri, Giannini a frenare le polemiche cita «la raccomandazione del Consiglio d’Europa del dicembre 2012» per il rispetto di uguaglianza e parità nella scelta educativa, «ora sta a noi applicarla».

Giannini si sposta quindi in un centro professionale, e qui riceva «due richieste nette» dalla Regione Veneto perché «la formazione professionale sia tolta dal Patto di stabilità (per poter almeno pagare con i nostri soldi i docenti e il sistema che regge questa scuola). E perché sia riconosciuto anche al Veneto il giusto equilibrio numerico tra studenti e docenti».

La lista dei nodi anche economici all’attenzione di Giannini «il mio è un ministero dove ogni giorno c’è una bomba da disinnescare», è la battuta che si concede si allunga poi all’inaugurazionedell’anno accademico a palazzo Bo. E anche qui il ministro dà un’indicazione precisa. «Siamo qui per incoraggiare l’Università di Padova e tutti gli altri atenei. Sarebbe importante darvi certezze sui finanziamenti e sul fatto che siano triennali e non annuali premette Giannini -: è un’operazione complessa ma ci prendiamo questo impegno». Subito dopo auspica «merito e premialità» anche per diversificare il sostegno università, come prima li aveva promessi per il mondo della scuola, sollecitata sul tema degli stipendi degli insegnanti. Ieri intanto il Miur ha pubblicato i numeri definitivi dei posti messi a bando per le facoltà a numero chiuso, riformulati tenendo conto dei fabbisogni professinali. Saranno 9.983 per Medicina, 774 per Veterinaria, 949 per Odontoiatria e 7.621per Architettura.

E il ministro annuncia: senza premi la valutazione non ha senso

da ItaliaOggi

E il ministro annuncia: senza premi la valutazione non ha senso

La Giannini insiste anche sulle scuole paritarie: parte del sistema nazionale di rinascita del paese

Alessandra Ricciardi

«Manca la premialità e va introdotta, è l’impegno che ci siamo presi. Si valuta la qualità della didattica di una scuola e tanti altri processi. Il profitto della scuola e dell’università è la qualità della formazione, della ricerca scientifica e del servizio che rende alla società ed è questo che va misurato».

Nel giorno in cui il Pd teneva a Roma la giornata dell’ascolto della scuola, associazioni e sindacati, sotto la regia del responsabile scuola e welfare della segreteria, Davide Farone, da Padova il ministro Stefania Giannini interveniva a gamba tesa sulla valutazione legata alla premialità. Connubio che i sindacati hanno avversato nel recente passato e che ricerche, come quella della Fondazione Agnelli diretta da Andrea Gavosto, negano siano un buon affare per la qualità della didattica e per la carriera dei docenti. Il ministro però non ha dubbi: «La valutazione è utile se viene considerata come strumento di governo con l’introduzione di operazioni premiali e di penalizzazione altrimenti è solo un esercizio stilistico come tanti altri», ha ammonito, «ed è da mettere in atto dopo aver sentito tutte le componenti della scuola per arrivare a distinguere chi lavora tanto da chi fa semplicemente il suo dovere».

Ammette poi il ministro che governare la scuola è cosa complicata. «Le criticità sono talmente tante: il mio è un ministero dove ogni giorno c’è una bomba da disinnescare: ma questo perchè ogni giorno sono tanti i settori che reclamano attenzione. Io ho alcune parole d’ordine che ripeterò: la semplificazione perché ci si è molto accaniti sulle procedure e molto poco concentrati sui prodotti finali». E poi la parità. «La scuola paritaria è uno dei punti del sistema che funziona meglio quindi si tratta di rafforzarla e di cercare sempre di tenerla all’avanguardia nel contesto europeo. Credo che il sistema educativo italiano debba fare questo sforzo dall’infanzia all’università». Ma come incentivare il finanziamento delle paritarie?

«Per le scuole paritarie gli strumenti sono quelli utilizzati anche negli altri paesi: dal piano fiscale che facilita le scelte delle famiglie a tutta un’altra serie di elementi». Guai però a parlare di risorse che si tolgono alla scuola pubblica, «è una posizione ideologica. Invece significa ritenere uguali il sistema scolastico paritario e quello statale, entrambi strumento di rinascita di questo paese».

Privati in campo per l’edilizia

da ItaliaOggi

Privati in campo per l’edilizia

Il sottosegretario Reggi: apriamo ai fondi previdenziali. Domani al consiglio dei ministri il piano Renzi: 2,5 miliardi subito, la regia a Palazzo Chigi

Alessandra Ricciardi

È un lavoro a tappe. Domani al consiglio dei ministri la prima: sblocco dei fondi già disponibili, da fonti statali ed europei, per l’edilizia scolastica e immediata esecutività dei progetti pronti. Interventi che potrebbero aggirarsi sui 2,5 miliardi di euro e più: al momento non c’è contezza della effettiva entità delle risorse disponibili.

E poi una cabina di regia presso la presidenza del consiglio dei ministri per semplificare le procedure di intervento e suggerire modelli di «rigenerazione» delle stesse scuole. «Nessun accentramento però dei poteri in materia», assicura Roberto Reggi, sottosegretario all’istruzione, ex sindaco di Piacenza, tra i renziani doc del governo. «Piuttosto bisogna evitare trasferimenti farraginosi e troppi enti intermediari e responsabilizzare i sindaci, che rispondono alla comunità locale». E poi liberare i vincoli che i comuni hanno per spendere i soldi che hanno già a bilancio. Insomma, «allentare il patto di stabilità», dice Reggi. Per reperire risorse aggiuntive, si dovranno però coinvolgere anche i privati. Ma la scuola è fatta dalle persone. Per cui, conferma Reggi, nell’agenda di governo grande spazio sarà dato alla «lotta alla dispersione scolastica, all’utilizzo degli strumenti digitali, alla formazione continua, fino ad arrivare a un riconoscimento diverso per i docenti, a livello di stipendio e dignità«.

Domanda. Quali sono le risorse per l’edilizia e che copertura hanno?

Risposta. É difficile sapere l’esatto ammontare delle risorse disponibili…Circa 1,2 miliardi fanno capo a provvedimenti vecchi e non sono stati spesi dai vari ministeri competenti. Un altro miliardo e 300 milioni deriva da disposizioni più recenti, dalla Legge del fare a Destinazione Italia. Ma poi ci sono i fondi europei della coesione che molte regioni non stanno spendendo e che invece vanno rendicontati entro il 2015. Per evitare che vadano persi ci sarà una riprogrammazione.

D. Certo non sapere neanche dove sono e quanti sono i soldi…

R. Purtroppo ogni ministero ha il suo report, non c’è una centrale unica che consenta di avere informazioni certe.

D. Si parla anche dell’allentamento del patto di stabilità per i comuni.

R. La ricetta su cui si esprimerà il Consiglio dei ministri sarà varia, l’allentamento del patto di stabilità è un’ipotesi probabile, vedremo in quale forma si concretizzerà.

D. Perché i fondi disponibili non sono stati spesi? Incomprensibile in tempo di crisi e di tagli ai bilanci.

R. Ci sono trasferimenti farraginosi, a volte troppe intermediazioni prima che siano utilizzabili, molti attori in campo. Una procedura da semplificare. Ecco perché serve un coordinamento centrale, una sorta di struttura di missione presso la presidenza del consiglio dei ministri.

D. Per superare lacci e lacciuoli, furono dati poteri straordinari alla Protezione civile. Qualcosa di simile?

R. Assolutamente no, non vogliamo riaccentrare nulla. La competenza è degli enti locali nella gestione delle risorse, ed è giusto che sia così. I sindaci rispondono ai loro elettori, che conoscono le reali e esigenze del territorio. Non ci sarà un commissario nazionale.

D. Per mettere in sicurezza tutte le 40 mila sedi scolastiche servirebbero 13 miliardi.

R. Il nostro è un lavoro necessariamente a tappe. Siamo convinti che debbano essere reperiti finanziamenti anche presso altre fonti. Per esempio offrendo ai comuni strumenti di partenariato pubblico-privato.

D. La misura sarà già nel pacchetto del prossimo consiglio dei ministri?

R. Non so se il premier Matteo Renzi porterà altro oltre ai dettagli dei meccanismi di spesa dei fondi subito utilizzabili, ma sicuramente quella del reperimento di ulteriori risorse è una partita parallela che andrà avanti.

D. Chi può avere interesse a investire nella ristrutturazione di una scuola?

R. Per esempio un fondo previdenziale, una cassa professionale in cambio di un buon rendimento. Gli enti locali possono conferire gli edifici scolastici a un fondo immobiliare per un congruo arco temporale, in cambio si impegnano a pagare un canone. Concessioni e gestione funzionano bene. E lo stato può fare la sua parte, dando un finanziamento a fondo perduto per iniziare le rigenerazione degli istituti.

D. Rigenerazione?

R. La metà delle scuole italiane è assai vecchia. Edifici costruiti con idee obsolete e materiali non sicuri. Si parla non a caso di rigenerazione, ovvero di intervenire sulle strutture portanti dell’edificio .

D. Una scuola non è solo questione di sicurezza.

R. É vero, i progetti dovranno essere ispirati anche dalla didattica, che è cambiata in questi anni e che deve guardare al futuro. L’idea è di sviluppare dal livello centrale un modello di riferimento per gli edifici scolastici che sia coerente con il modello didattico.

D. In che tempi? Una legge prevedeva l’istituzione dell’Osservatorio sull’edilizia scolasticapresso il Miur ben 18 anni fa. L’osservatorio sta per vedere la luce solo adesso.

R. Tempi veloci. Sappiamo che dobbiamo recuperare tutto il tempo perduto.

Recupero scatti anche per Ata

da ItaliaOggi

Recupero scatti anche per Ata

Il decreto sull’anzianità di servizio incassa il primo sì al senato, ora tocca alla camera. A pagare, ancora una volta, sarà il fondo di istituto

Carlo Forte

I lavoratori della scuola statale appartenenti al personale Ata (amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici) possono tirare un sospiro di sollievo. Le posizioni economiche maturate negli anni scolastici 2011/2012, 2012/2013 e 2013/2014 non saranno toccate. Chi le ha già maturate continuerà a fruirne.

Chi le maturerà nel corso di quest’anno potrà giovarsene dopo che sarà stipulato un contratto ad hoc entro il mese di giugno. I soldi per coprire gli aumenti di stipendio del personale Ata, 38,87 milioni di euro, saranno tratti dal fondo per l’arricchimento per l’offerta formativa. E cioè dai soldi che servono a finanziare lo straordinario. É l’effetto di un emendamento del Pd approvato il 5 marzo scorso dal senato in sede di conversione in legge del decreto salvascatti.

Il provvedimento è stato trasmesso alla camera lo stesso giorno per l’ok definitivo (n.2157) ed è attualmente al vaglio della commissione lavoro di Montecitorio. Il testo dell’emendamento approvato è costruito sulla falsa riga delle disposizioni che riguardano i docenti. E dunque, anche per il personale Ata vale la clausola di salvaguardia. Pertanto, se le parti riusciranno a sottoscrivere un contratto ad hoc entro giugno prossimo, tutto ok. In caso contrario, addio agli aumenti. Identico anche il criterio di recupero dei fondi. Che consiste, appunto, nel ridurre le risorse destinate allo straordinario. Il particolare curioso dell’intera vicenda è proprio questo. Il legislatore, infatti, anziché ridurre i fondi da destinare al finanziamento delle prestazioni non essenziali, ha ritenuto di ridurre quelli che servono a retribuire la prestazione ordinaria. Ma tant’è.

Il tutto riducendo la questione del merito a un concetto meramente quantitativo: più soldi lo con lo straordinario e meno soldi alla prestazione ordinaria. A prescindere dalla qualità del lavoro. Giova ricordare, però, che la Suprema corte, declinando il principio di giusta retribuzione contenuto nell’articolo 36 della Costituzione, ha spiegato che «la giusta retribuzione deve essere adeguata anche in proporzione all’anzianità di servizio acquisita, atteso che la prestazione di lavoro, di norma, migliora qualitativamente per effetto dell’esperienza (sentenza 07.07.2008 n.18584)». E l’emendamento sembrerebbe andare proprio in questo senso. Tanto più che il legislatore ha ritenuto di qualificare gli aumenti oggetto della nuova disposizione alla stregua di «emolumento una tantum avente carattere stipendiale». Nessuna novità, invece, per quanto riguarda i docenti. Il testo licenziato dal senato, attualmente all’esame della camera, conferma l’intenzione del governo di evitare ai docenti l’onere della restituzione degli aumenti incassati nel 2013. Tutti gli altri, invece, potranno incassare il dovuto solo se il governo sottoscriverà un nuovo accordo con i sindacati per rifinanziare l’utilità del 2012. E tali fondi dovrebbero essere tratti sempre dal fondo per l’arricchimento per l’offerta formativa.

Il ministro Carrozza, prima del cambio della guardia a palazzo Chigi, aveva avviato l’iter per dare inizio alle trattative, inviando una lettera alla Funzione pubblica e al Ministero dell’economia. Ma poi il governo è cambiato e la vicenda si è arenata. Resta il fatto, però, che l’emendamento approvato al senato sembrerebbe confortare l’intenzione del legislatore, nel senso della necessità di trovare a breve un accordo per mettere gli aumenti nero su bianco. Ma a rallentare il tutto contribuisce non solo il cambio degli interlocutori nei palazzi della politica.

La posizione dei sindacati, infatti, è caratterizzata da una profonda spaccatura. Da una parte Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda-Unams, che chiedono in coro di giungere al più presto alla soluzione concordata, utilizzando i soldi dello straordinario. E dall’altro lato la Flc-Cgil, la quale fa sapere in una nota che «è sbagliata la modalità di reperimento dei fondi tramite il taglio dei finanziamenti per l’autonomia scolastica (Legge n. 440/1997)». Per una diversa soluzione sarebbe necessario che il governo mettesse mano alla cassa. Ipotesi che risulta essere all’esame del governo. E che però al momento non è concretizzabile.

Al Miur? Ogni giorno c’è una bomba

da Tecnica della Scuola

Al Miur? Ogni giorno c’è una bomba
di Pasquale Almirante
Per la ministra Giannini, in visita a Padova alla scuola paritaria per l’infanzia della Natività, al Miur c’è una bomba quotidiana da disinnescare. Ma ha pure detto: va introdotta la premialità e la libertà di scelta educativa. E Centemero: ok
“Le criticità nella scuola sono talmente tante che il mio è un ministero dove ogni giorno c’è una bomba da disinnescare”. “Questo perché ogni giorno sono tanti i settori che reclamano attenzione. Io ho alcune parole d’ordine che ripeterò anche oggi: la semplificazione innanzitutto perché ci si è molto accaniti sulle procedure e molto poco concentrati sui prodotti finali”. Ma ha pure aggiunto: ”Manca la premialità, ma va introdotta”, rispondendo ad una domanda durante sul tema degli stipendi degli insegnanti. ”Questo è un impegno, un punto politico importante”. E ancora: ”Oggi siamo in una scuola dell’infanzia paritaria. In tempi non sospetti ho manifestato quello che penso, e cioè che la libertà di scelta educativa anche in Italia debba trovare un suo spazio politico e un suo spazio culturale concreto. La raccomandazione del Consiglio d’Europa del dicembre 2012 richiama la legge Berlinguer 2001, sta a noi adesso applicarla”. ”Occorre dare attenzione sul piano politico e la visita di oggi mi pare sia un segnale molto chiaro. Poi occorrono misure perche’ le scuole paritarie possano essere una delle opzioni per le famiglie”. La scuola paritaria ”è uno dei punti del sistema che funziona meglio quindi si tratta di rafforzarla e di cercare sempre di tenerla all’avanguardia nel contesto europeo”. ”Credo che il sistema educativo italiano debba fare questo sforzo dall’infanzia all’università”. E infatti, subito dopo Elena Centemero (Fi) ha risposto: ”La libertà di scelta educativa delle famiglie, ricordata oggi dal ministro Giannini, è un principio che Forza Italia sostiene da sempre. Siamo convinti che le famiglie debbano poter scegliere per i figli il percorso formativo più coerente con i propri valori. E su questo abbiamo cercato di invertire la rotta assunta dalla sinistra con il referendum di Bologna e con il dl scuola, in cui si parlava solo di scuola statale, senza neppure un accenno agli istituti paritari. Su questa battaglia noi ci saremo e sosterremo le scelte del ministro”.

Quando la maternità rappresenta una discriminazione sul lavoro

da Tecnica della Scuola

Quando la maternità rappresenta una discriminazione sul lavoro
di L.L.
Per la Corte europea alla lavoratrice madre in congedo di maternità non può essere impedito l’accesso ad un corso di formazione, senza aver frequentato il quale gli è preclusa la possibilità di migliorare il proprio inquadramento
È un’evidente discriminazione della legislazione italiana impedire ad una donna in congedo di maternità la frequenza di un corso di aggiornamento utile all’avanzamento di carriera.  La Corte Europea è recentemente intervenuta sulla questione con una sentenza del 6 marzo 2014 con la quale si è espressa circa l’interpretazione degli articoli 2, paragrafo 2, lettera c), 14, paragrafo 2, e 15 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.  La domanda è stata presentata dal Tar del Lazio nell’ambito di una controversia tra una dipendente pubblica e il Ministero della Giustizia avente ad oggetto l’esclusione della donna da un corso di formazione a seguito della sua assenza da detto corso per più di 30 giorni, assenza motivata da un congedo obbligatorio di maternità.  La Corte UE è giunta a questa conclusione: il suddetto art.15, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, per motivi di interesse pubblico, esclude una donna in congedo di maternità da un corso di formazione professionale inerente al suo impiego ed obbligatorio per poter ottenere la nomina definitiva in ruolo e beneficiare di condizioni d’impiego migliori, pur garantendole il diritto di partecipare a un corso di formazione successivo, del quale tuttavia resta incerto il periodo di svolgimento.  Inoltre, l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2006/54, secondo il quale non è discriminatoria una differenza di trattamento fondata su caratteristiche costituenti requisito essenziale per lo svolgimento dell’attività lavorativa, non può essere interpretato nel senso di consentire allo Stato membro di ritardare l’accesso al lavoro in danno della lavoratrice che non abbia potuto godere di una formazione professionale completa a causa del congedo di maternità.