La scuola efficace – Dirigere la valutazione per migliorare

22° Convegno DiSAL: un’occasione per il bene della scuola italiana.

 

Domani, 13 marzo, inizia a Roma il 22° convegno nazionale di DiSAL. Oltre 150 dirigenti scolastici e rappresentanti dell’amministrazione convenuti da ogni regione, si confronteranno sul tema di estrema attualità per la scuola italiana: “La scuola efficace – Dirigere la valutazione per migliorare”. Al centro dell’appuntamento cultura, responsabilità e competenze per una nuova dirigenza.

Le più recenti ricerche mostrano che i Paesi in cui le scuole godono di autonomia e si sottopongono a una valutazione periodica dei risultati sono quelle in cui si innalzano i livelli di insegnamento e apprendimento, perché gli operatori della formazione sono motivati alla crescita umana e culturale degli studenti.

L’azione del valutare rappresenta, in tal senso, uno strumento per favorire, nelle scuole, un’educazione alla libertà ed alla responsabilità, di tutti e di ciascuno.

Valutare e far scoprire il valore dell’azione culturale e formativa che una scuola realizza è, perciò, uno dei compiti che più caratterizzano la funzione e la responsabilità di chi dirige. Il Covegno è l’occasione per paragonarsi con il tema della valutazione delle scuole in modo originale , anche alla luce del del nuovo Sistema nazionale di valutazione.

Dopo l’introduzione del presidente nazionale Ezio Delfino ed i saluti di Lucrezia Stellacci per il MIUR e di don Maurizio Viviani per la C.E.I., i lavori del Convegno vedono la collaborazione dei migliori esperti sul tema, da Antonino Petrolino a Roberto Ricci, da Bernhard Scholz  a Piero Cipollone, da Damiano Previtali a Elena Ugolini, da Angelo Paletta ad Anna Maria Ajello neo-presidente INVALSI.

Nella mattinata di sabato 15 marzo, in collaborazione con Fondazione per la Scuola della Compagnia San Paolo, Anna Poggi coordinerà un tavolo di dirigenti stranieri ed italiani per un confronto sulle migliori indicazioni provenienti dai sistemi di valutazione europei.

Valutare vuol dire rendere esplicito ciò che rimarrebbe implicito e favorire che ciascuno (insegnante, allievo, dirigente)  sia aiutato a crescre come soggetto del proprio agire.

Per chi dirige una scuola, in particolare, costruire un percorso di rendicontazione sociale aiuta:  a  meglio dirigere il proprio lavoro verso lo scopo perseguito e condiviso con la comunità scolatsica;   a meglio utilizzare le risorse umane ed economiche;  a perseguire i necessari risultati, finalizzando al meglio anche i punti critici.

Gli esiti di una valutazione non sono esaustivi, ma aiutano a meglio comprendere il clima di lavoro di cui è fatta un’istituzione scolastica ed a focalizzare gli effetti che, in termini di crescita umana e culturale, possono ottenere gli studenti, gli insegnanti e, indirettamente, le famiglie e le comunità locali, verso le quali la scuola è responsabile.

Per questo l’attenta ricerca di criteri, funzioni, modelli e azioni funzionali allo scopo e rendere possibile un paragone dei risultati del proprio istituto con quelli del proprio territorio e della nazione possono documentare al meglio il valore aggiunto, quell’aumento di ricchezza culturale, umana e sociale creato dalla comunità professionale, a servizio di tutti gli interlocutori, interni ed esterni.

Concorso a dirigente scolastico in Lombardia e Toscana

Concorso a dirigente scolastico in Lombardia e Toscana – Informativa del MIUR

Il Capo Dipartimento, dott. Chiappetta, e il Vice Capo di Gabinetto, dott. De Angelis, hanno comunicato alle OO.SS. le valutazioni e le determinazioni alle quali è pervenuto il MIUR sulle due questioni

Nel corso dell’informativa che si è tenuta in data odierna, il Capo Dipartimento, dott. Chiappetta, e il Vice Capo di Gabinetto, dott. De Angelis, hanno comunicato alle OOSS le valutazioni e le determinazioni alle quali è pervenuto il MIUR sulle due questioni.

 

LOMBARDIA

Riguardo alle nomine dei vincitori del concorso in Lombardia, il MIUR dopo aver consultato l’Avvocatura dello Stato e l’Ufficio Legislativo, è giunto alla determinazione di suggerire al Direttore Scolastico Regionale di procedere alle nomine di 355 vincitori con decorrenza giuridica immediata e contestuale avvio della formazione specifica, con presa di servizio effettiva da realizzare successivamente al termine delle lezioni e del completamento delle valutazioni finali nel I ciclo, nelle quali potrebbero essere coinvolti vincitori che attualmente sono titolari di classi impegnate negli esami conclusivi del ciclo e comunque entro il 30 giugno 2014.

Per quanto riguarda i vincitori docenti delle scuole del II ciclo la nomina, che avverrà comunque entro il 30 giugno 2014, non esimerà i dirigenti che nell’anno in corso sono docenti di classi terminali impegnati negli esami conclusivi di Stato, quali membri interni, dal partecipare alle operazioni connesse con la valutazione dei propri alunni.

Il dott. Chiappetta ha comunicato che il Direttore Generale della Lombardia si è riservato di esprimere la decisione finale sulla proposta del MIUR entro la giornata odierna.

La delegazione SNALS-Confsal, tenendo conto della complessità della situazione, dei legittimi interessi dei vincitori del concorso e dell’obbligo di legge di garantire la continuità didattica nelle classi ove gli stessi attualmente prestano servizio, ha ritenuto la decisione del MIUR “accettabile”, perché garantisce la nomina giuridica immediata e la presa di servizio effettiva prima dell’inizio del prossimo anno scolastico. In tal modo è garantito anche l’interesse degli alunni delle oltre duemila classi che sarebbero coinvolte e delle rispettive famiglie.

 

TOSCANA

Per quanto riguarda la situazione venutasi a creare in Toscana, per la decisione del Consiglio di Stato di annullare le fasi della procedura concorsuale successiva alla modifica della commissione d’esame, per effetto della quale sono stati ritenuti nulli tutti gli adempimenti concorsuali conseguenti alla modifica stessa, il dott. Chiappetta ha informato che, come previsto dalla sentenza, è stato avviato un duplice percorso:

–    il primo relativo all’immediato avvio della nuova fase valutativa come previsto dalla Sentenza del Consiglio di Stato, che coinvolgerà gli elaborati di 171 candidati da reimbustare e della nuova fase degli orali.  Tutta la procedura di rinnovazione della prova concorsuale si concluderà presumibilmente, a parere del dott. Chiappetta, entro il 30 giugno 2014;

–    il secondo percorso, stante l’assoluta impossibilità di procedere per via amministrativa, riguarda la decisione del Min. Giannini di presentare all’XI Comm. Lavoro della Camera un emendamento al D.L. sulla scuola, già approvato dal Senato, che preveda il mantenimento nella funzione dirigenziale, nelle scuole di attuale servizio fino al completamento della rinnovazione della procedura concorsuale, dei 120 dirigenti nominati a seguito della procedura concorsuale annullata dal Consiglio di Stato.

La delegazione SNALS-Confsal ha insistito per la promulgazione di un decreto legge in materia con efficacia immediata.

Il dott. Chiappetta ha evidenziato la difficoltà di percorrere lo strumento del decreto legge per le resistenze che potrebbero venire da parte del Capo dello Stato che ha ripetutamente manifestato la propria contrarietà all’abuso di questo strumento legislativo.

 

Sia riguardo alla questione della Lombardia che a quella della Toscana daremo puntuali informazioni non appena avremo notizie certe sulle decisioni assunte dal Direttore Scolastico della Lombardia e dal Parlamento.

Concorso in Lombardia ed in Toscana: esiti incontro al MIUR

Reclutamento dirigenti

Concorso in Lombardia ed in Toscana: esiti incontro al MIUR

Si è svolto oggi il previsto incontro presso il MIUR sulle problematiche connesse con i concorsi per il reclutamento dei dirigenti delle scuole in Lombardia e Toscana.

Sulla prima questione, l’Amministrazione ha fornito una propria ricostruzione della successione dei fatti che hanno portato all’inopinato blocco delle nomine degli aventi diritto. Tale ricostruzione è stata decisamente contestata da ANP, sotto due distinti profili:

– la grave violazione delle regole in materia di relazioni sindacali. L’Amministrazione ha assunto le sue decisioni sulla base di non meglio precisate “segnalazioni, anche da parte delle organizzazioni sindacali” (circostanza che non risponde al vero, almeno per quanto riguarda Anp); ma, in ogni caso, senza fornire alcuna informazione preventiva sulle mosse che si accingeva a compiere, nonostante l’esplicito impegno assunto in precedenza a tenere costantemente informate le OO.SS. a livello nazionale sugli sviluppi del concorso lombardo;

– l’ancor più grave violazione di legge: dietro il fragile paravento di un inciso (“ove possibile”), è stata di fatto decisa la disapplicazione di una norma di legge recentissima, le cui implicazioni erano chiare a tutti fin dal momento della sua emanazione, mentre si è atteso fino all’ultimo minuto per maturare una decisione di tale portata e gravità.

Dopo questa premessa, l’Amministrazione ha comunicato che – nel corso di un incontro svoltosi ieri presso il Capo di Gabinetto – si sarebbe addivenuti ad una mediazione, che comporterebbe (il condizionale è d’obbligo) l’impegno ad assicurare l’effettiva assunzione di servizio da parte dei vincitori al 30 giugno prossimo e non più al 1° settembre. Tale mediazione attende peraltro di essere ancora formalizzata.

Anche su questo punto si è registrato un forte disaccordo sul metodo, stante che la “mediazione” ha avuto luogo al di fuori della sede appropriata (quella della relazioni sindacali) e con interlocutori non legittimati a rappresentare l’intera platea dei vincitori. Si tratta di un pessimo precedente, che – ove dovesse ripetersi – richiederebbe una ferma risposta in tutte le sedi da parte sindacale. Non è accettabile che il MIUR commetta errori su errori nella gestione dei concorsi e proceda poi per mezzo di note amministrative, senza informare la controparte, salvo fare parziale macchina indietro e cercare compromessi ancora una volta al di fuori delle sedi corrette.

Nel merito dei nuovi orientamenti enunciati, Anp ha preso atto, pur mantenendo le sue riserve sulla soluzione che si pensa di adottare.

Per quanto riguarda la Toscana, il cui concorso è stato parzialmente annullato dal Consiglio di Stato, l’Amministrazione ha assunto impegni solo su un versante: quello dei tempi di rinnovazione della procedura, che prevede brevi (entro il 30 giugno prossimo). Ha anche ventilato – in forma di ipotesi allo studio – la presentazione di un emendamento al DL 3/2014 (attualmente in corso di conversione alla Camera), con il quale si manterrebbero in servizio i 112 dirigenti scolastici già nominati per effetto del concorso ora annullato, ma solo “fino al termine della procedura di reiterazione delle prove”.

Anche su questo punto Anp ha espresso netto dissenso. La soluzione proposta fa salvi gli interessi dell’Amministrazione (che non saprebbe come gestire l’eventuale rientro in cattedra degli attuali dirigenti con i relativi effetti a cascata, oltre ad avere il problema della validità giuridica degli atti compiuti): ma non prende in conto quelli dei diretti interessati, che non hanno commesso alcuna irregolarità e che oggi rischiano di trovarsi esclusi dalla funzione a seguito della ricorrezione delle prove (il caso dei 96 ex vincitori della Lombardia insegna).

La soluzione, da noi già indicata fin dal primo momento, consiste nella reiterazione del “modello Sicilia”, a suo tempo elaborato con la legge 202/2010: mantenimento in servizio con reiterazione delle prove secondo un percorso speciale e differenziato, che distingua le posizioni di chi ha già esercitato le funzioni di dirigente da quelle degli idonei e di tutti gli altri.

In sostanza, fermo restando il diritto ad una nuova valutazione delle prove per i candidati inizialmente non ammessi, coloro che erano usciti vincitori dalla procedura ora annullata non devono pagare il conto degli errori commessi dall’Amministrazione.

Su questa linea, Anp cercherà il consenso delle altre sigle sindacali ed è impegnata a promuovere la mobilitazione degli interessati fin dai prossimi giorni.

“Qualcuno mi dica perché mio figlio soffre tanto”

“Qualcuno mi dica perché mio figlio soffre tanto”: la disperazione di una mamma

Cristian aveva 16 anni quando una miocardite gli provocò un arresto cardiaco e danni cerebrali. Da novembre però le sue condizioni sono peggiorate. “Urla fino a 15 ore al giorno, ma i medici si limitano a darci miscugli di farmaci. Chiedo solo una diagnosi e una cura”

da REDATTORE SOCIALE
12 marzo 2014

ROMA – “Chiedo che qualcuno mi aiuti a capire perché mio figlio soffre e urla: non vogliamo essere liquidati con il solito miscuglio di inutili farmaci”. L’accorato appello arriva dalla Sardegna, a lanciarlo è Maria Rita Lo Verso, mamma di Cristian. “Mio figlio era sano, robusto e felice. Poi, dieci anni fa, accadde quello che mai mi sarei aspettata”. Aveva sedici anni, quando una miocardite virale gli provocò un arresto cardiaco, che durò alcuni minuti: quanti bastarono a provocargli gravi danni cerebrali. “Stava raggiungendo i suoi amici nella sala giochi del paese – racconta la mamma – ma in sala giochi non è mai arrivato. Da quel giorno, non si è più alzato in piedi, ha smesso di vedere e di comunicare”. Una tragedia a cui la famiglia – mamma, papà, un fratello maggiore e una sorella minore – ha reagito con energia, ponendo ogni cura e dedizione all’assistenza del ragazzo. “Nonostante la sua condizione – racconta la mamma – mio figlio è sempre stato allegro e sorridente. Finché, a novembre, sono iniziate continue crisi: Cristian si contorce per il dolore, soffre, urla, a volte anche per tutta la giornata. Giorni fa, ha urlato dalle 9 di mattina alle 10 di sera. E nessuno di noi riesce a capire cosa gli succeda”.

Non ci riescono i familiari, ma pare che non ci riescano neanche i medici: i tanti a cui la famiglia si è rivolta in questi mesi, spendendo tempo, fatica e soldi. “Nessuno però ha dedicato l’attenzione necessaria a Cristian – denuncia oggi la mamma – Ho portato ai vari neurologi il video di una delle sue crisi, per mostrare loro cosa gli succeda in quei momenti. Ma tutti si sono limitati a guardare il video rapidamente e liquidarmi con una prescrizione di farmaci ogni volta diversi”. Quello che Maria Rita chiede è che “Cristian sia ricoverato per il tempo che serve a capire cosa abbia e come debba essere curato. Invece, anche dall’ospedale di Sassari, dove l’ho portato ultimamente in seguito a una brutta crisi, ci hanno liquidati in fretta, rispedendoci a casa con una nuova ricetta”. Anche in rete, Maria Rita sta facendo girare il suo appello. Recentemente, ha deciso di rendere visibile il dolore di suo figlio, pubblicando il video di una recente crisi di Cristian: immagini drammatiche, che raccontano il dolore misterioso del ragazzo, ma anche “il mio grande senso di impotenza – dice la mamma – che mi ha gettato nella depressione”.

Di tutto il resto, Maria Rita non può lamentarsi, nonostante tutto: “Dalla regione Sardegna riceviamo l’assistenza che ci serve: 7 ore al giorno. Purtroppo però ci è stata tolta la logopedia e ci è stata ridotta al minimo la fisioterapia: solo 60 sedute l’anno. La chiamano cura di mantenimento, dicono che per Christian non sono possibili miglioramenti”. Ma la mamma non ci crede. “Io so che Cristian potrebbe fare progressi, se solo ci fosse uno specialista disposto a seguirlo con attenzione. Ora abbiamo individuato un luminare della neurologia in Austria, presso il centro di riabilitazione di Innsbruck – racconta – Ha aiutato molti ragazzi nelle condizioni di Cristian. Il problema per me è portarlo lì: se Cristian potesse viaggiare in auto, sarei già partita. Ma per lui serve una barella, un’ambulanza o addirittura un elicottero. E un trasporto del genere è concesso a Bersani o a Schumacher, ma non ai nostri ragazzi”.

Così, Maria Rita ha prenotato una visita domiciliare con il “luminare” di Innsbruck, che le costerà 2.600 euro. “possibile che debba costare così tanto avere una risposta sul dolore di nostro figlio? Possibile che in Italia nessuno sappia prendersi seriamente carico del suo caso? Possibile che non interessi a nessuno capire e spiegarci perché soffre tanto e come possiamo aiutarlo?”. Maria Rita, per adesso, non ha alcuna intenzione di sospendere le sue ricerche… (cl).

Migliorare il comportamento degli studenti

Migliorare il comportamento degli studenti

di Chiara Simboli

classcharts1Una recente indagine sul comportamento degli studenti nelle scuole italiane mostra che gli insegnanti in Italia utilizzano una quantità di tempo superiore alla media per mantenere l´ordine in classe (circa il 14%) mentre impiegano il 77% della lezione in effettivo insegnamento ed apprendimento. (OECD Teaching and Learning International Survey).

E a questo proposito si propone Class Charts: www.it.classcharts.com

Class Charts e´ un´ applicazione online e gratuita per costruire grafici dei posti a sedere e per la gestione del comportamento in classe. E´usata in Inghilterra e negli Stati Uniti da più di 75,000 insegnanti ed ora e´disponibile anche in Italia.

Gli insegnanti usano Class Charts quotidianamente per i grafici dei posti a sedere in modo da tracciare sia i comportamenti positivi che quelli negativi. I dati sono visualizzati in semplici grafici che possono inoltre essere condivisi con insegnanti e genitori.

In Inghilterra e negli Stati Uniti l´impatto sul comportamento e´stato sbalorditivo, con numerosi feedback inviati alla compagnia su come lo strumento aiuti a condurre a scarsa interruzione delle lezioni.

Il coinvolgimento dei genitori e´enormemente importante nell´affrontare il comportamento degli studenti e i genitori possono ricevere ogni settimana un rapporto sui progressi del proprio figlio.

Il sistema inoltre include un motore di intelligenza artificiale che astutamente suggerisce disposizioni dei posti a sedere che possono ottimizzare l´apprendimento e ridurre problemi comportamentali.

I fondatori di Class Charts sono un insegnante ed un ingegnere informatico che si sono incontrati online ed uniti nel 2011. Duncan Wilson & Gintas Sasnauskas, sono in missione per migliorare il comportamento degli studenti in tutto il mondo e la tappa successiva e´ proprio l´Italia!

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I FONDATORI:

Duncan Wilson
Director

Duncan ha 15 anni di esperienza nel campo dell´insegnamento nella scuola secondaria e ha una solida conoscenza del sistema scolastico inglese. Prima di fondare Edukey Duncan ha sviluppato risorse per l´insegnamento online con Teach ICT LTD; molte delle quali sono state rappresentate nel TES, NGFL e Teachers´TV.

Gintas Sasnauskas
Technical Director

Gintas e´un ingegnere informatico esperto e responsabile dello sviluppo e della manutenzione del lato tecnico dei prodotti Edukey.

Si possono reperire fondi attraverso la concessione della palestra?

Si possono reperire fondi attraverso la concessione della palestra?

di Gennaro Palmisciano
Dirigente Ispettore Tecnico

 

La stringente limitatezza delle risorse finanziarie disponibili per le scuole autonome ha stimolato la ricerca di fondi attraverso strategie di fundraising e di sponsorizzazione. I tentativi delle scuole di esperire modalità “creative” nella raccolta di fondi da famiglie e privati afferiscono alla necessità di mantenere standard di qualità e di garantire esperienze ed attività, che ormai incontrano nella loro realizzazione crescenti difficoltà economiche, in taluni casi insormontabili per un’impresa sociale come l’istituzione scolastica autonoma.

Ha suscitato qualche eco sulla stampa nazionale la sentenza con cui il TAR Puglia (n. 4312 del 28 dicembre 2010) si è pronunciato sulla delicata materia delle sponsorizzazioni di arredi scolastici, ritenendola legittima come principio.

Diverso, però, appare il caso dei bandi emanati da alcune istituzioni scolastiche per la concessione delle palestre scolastiche. L’ente locale proprietario è, in effetti, l’unico titolare sia del potere regolamentare sia di quello concessorio in materia. Autonomia scolastica non significa ogni potere di azione, ma piuttosto la possibilità di determinare la soluzione didattica, gestionale e organizzativa, nel rispetto delle norme e delle altrui competenze, più funzionale al successo formativo in quella istituzione scolastica.

Il punto di riferimento normativo è rappresentato dall’art. 96 del D.Lgs. 297 del 1994, in cui è indicata la complessa procedura della utilizzazione da parte dell’ente proprietario dei locali della scuola e della loro concessione a terzi, in orario extrascolastico, per attività che realizzino la funzione culturale, sociale e civile propria dell’istituzione scolastica.

Al comma 1 viene stabilito che “per lo svolgimento delle attività rientranti nelle loro attribuzioni, è consentito alle regioni e agli enti locali territoriali l’uso dei locali e delle attrezzature delle scuole e degli istituti scolastici dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, secondo i criteri generali deliberati dai Consigli scolastici provinciali ai sensi della lettera f) dell’art. 22”.

E al comma 4: “Gli edifici e le attrezzature scolastiche possono essere utilizzati fuori dell’orario del servizio scolastico per attività che realizzino la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile; il comune o la provincia hanno facoltà di disporne la temporanea concessione, previo assenso dei consigli di circolo o di istituto, nel rispetto dei criteri stabiliti dal consiglio scolastico provinciale”.

Dunque, sotto il profilo procedurale l’ente locale, in riferimento alle richieste delle società sportive, acquisisce il parere del Consiglio di istituto e, se favorevole, dispone la concessione della palestra in orario extrascolastico secondo i criteri generali deliberati dal Consiglio scolastico provinciale.

L’atto concessorio del comune o della provincia deve “stabilire le modalità dell’uso e le conseguenti responsabilità in ordine alla sicurezza, all’igiene e alla salvaguardia del patrimonio” (comma 5).

Alcuni Consigli Scolastici Provinciali (CSP) hanno a suo tempo deliberato che, a seguito dell’atto concessorio dell’ente locale, sia stipulata tra l’istituzione scolastica e il concessionario una apposita convenzione che precisi, con riguardo alla concreta situazione, le modalità d’uso e le connesse responsabilità.

Indipendentemente dalla previsione della delibera del CSP, si è dell’opinione che una tale convenzione sia quanto mai opportuna, anche per prevenire e regolamentare l’eventuale contenzioso che può derivare dall’uso dei locali da parte di terzi (pulizia locali, spese di ripristino a seguito di danneggiamenti provocati dalla società sportiva, ecc.) e per ribadire l’esonero delle responsabilità del dirigente per l’utilizzazione della palestra da parte della/e società.

E’ anche possibile che sia l’istituzione scolastica a disporre essa stessa la concessione in uso della palestra a terzi con acquisizione del relativo canone, ma è necessaria una preliminare convenzione o protocollo d’intesa con l’ente proprietario.

Sotto il profilo procedurale, il riferimento normativo è rappresentato dall’art. 50 del D.I. 44 del 1/2/2001. Esso stabilisce che può essere concessa a terzi l’utilizzazione temporanea dei locali della scuola (comprese le palestre) forniti dall’ente locale competente, previa deliberazione da parte del consiglio di istituto dei “criteri e limiti” di cui all’art. 33 comma 2 lett. c) dello stesso decreto 44/2001, a condizione che ciò sia compatibile con la destinazione a compiti educativi e formativi. Con la concessione temporanea in uso di locali e beni della scuola l’utilizzatore si assume la responsabilità della custodia del bene e risponde a tutti gli effetti di legge delle attività e delle destinazioni dei beni stessi, tenendo nel contempo la scuola e l’ente proprietario esenti dalle spese connesse all’utilizzo.

Determinante per concedere l’uso dei locali scolastici è la stipula di una convenzione tra l’istituzione scolastica e l’ente locale in cui siano specificate le condizioni a cui la scuola deve attenersi nel disporre la concessione dei locali (durata, assicurazioni, obblighi del concessionario). Si dovrà dunque tener conto della condizioni stabilite dallo stesso art. 50 del D.I. 44/2001 e dei criteri deliberati dal Consiglio di Istituto ai sensi dell’art. 33 c. 2 lett. c) dello stesso Decreto. Pertanto il procedimento di concessione dei locali scolastici a terzi deve effettuarsi attraverso i seguenti passaggi:

1) Convenzione tra ente locale e istituzione scolastica sulle modalità di utilizzo dei locali scolastici;

2) Delibera del consiglio di istituto sui criteri e limiti da rispettare per il dirigente scolastico nell’atto di concessione;

3) Atto di concessione del dirigente scolastico contenente il contratto con le modalità di utilizzo dei locali per il terzo concessionario e delle attrezzature in essi allocate.

In questi ultimi anni molte Province, per le istituzioni scolastiche di secondo grado, hanno dato la possibilità a queste di effettuare direttamente la concessione in uso delle palestre, finalizzando le cifre acquisite a spese di manutenzione varia e acquisto degli arredi di competenza dell’ente stesso.

In merito poi allo spinoso problema della sicurezza si precisa che il Dirigente, datore di lavoro in materia di salute e sicurezza nella scuola, è tenuto a redigere il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di tutti gli ambienti, palestra compresa, con le annesse misure di prevenzione protezione, esclusivamente in relazione alle attività svolte dagli alunni e dagli operatori scolastici. Spetterà, invece, ai responsabili dei gruppi sportivi esterni effettuare le loro valutazioni sui rischi presenti in palestra al fine di predisporre le conseguenti misure di prevenzione e protezione che si reputano necessarie (si ritiene pertanto che essi non beneficino dell’art. 32 del D.Lgs. 69/2013). E’ opportuno che il DS richieda all’associazione copia di tale documento contenente anche l’organigramma della sicurezza con indicate le persone addette all’emergenza, all’antincendio ed al primo soccorso.

Diverso è il discorso relativo al Piano di evacuazione delle palestre. Si reputa infatti opportuno che, affinché i rappresentanti legali delle società sportive possano informare adeguatamente i loro iscritti, il Dirigente scolastico, con tanto di firma per ricevuta, consegni agli stessi titolari una copia del “Piano di evacuazione” riferito alla palestra utilizzata, compresa la planimetria indicante le vie di esodo, l’ubicazione degli estintori, degli idranti, della cassetta di pronto soccorso, e l’indicazione del punto di raccolta, per consentire alle persone presenti, se necessario, di poter intervenire utilizzando i presidi antincendio e/o i presidi di pronto soccorso e, comunque, di porsi in condizioni di sicurezza in caso di emergenza. Ciò è necessario tanto più se le associazioni sportive utilizzano gli spalti con l’accesso del pubblico. Nulla tuttavia può essere imputato alla scuola durante le manifestazioni sportive avvenute in qualunque momento, domenica compresa. La responsabilità grava tutta sui rappresentanti della società sportiva.

Si ritiene opportuno che nella convenzione relativa all’utilizzo delle palestre venga precisato che “gli utenti rispondono di qualsiasi infortunio a persone e di danni a cose che dovessero verificarsi durante l’utilizzo degli impianti sollevando l’amministrazione locale e quella scolastica da qualsiasi responsabilità”. Pertanto degli eventuali infortuni occorsi agli iscritti ai gruppi sportivi o dei danni provocati dagli stessi alle attrezzature o alle suppellettili della palestra, nel periodo delle attività svolte in orario extrascolastico, ne risponderanno personalmente i rappresentanti legali delle rispettive società sportive interessate. Il DS dovrà far accertare dal collaboratore scolastico adibito alla palestra che ogni mattina lo stesso locale, compresi gli spogliatoi, sia perfettamente presentabile alla fruizione degli alunni sia dal punto di vista della sicurezza delle attrezzature (per es. controllo che le spalliere siano sempre ben fisse alle pareti, ecc.) sia dal punto di vista igienico. Nel caso in cui si dovessero riscontrare recidive anomalie, provocate da qualche gruppo sportivo esterno, che possono pregiudicare il buon funzionamento e/o l’utilizzo delle strutture sportive da parte degli alunni, il Dirigente scolastico può in qualsiasi momento ritirare l’assenso all’utilizzo dell’impianto e richiedere all’ente locale la sospensione dell’attività. Tale richiesta dovrà risultare vincolante per l’ente stesso che provvederà automaticamente a sospendere l’attività.

Pertanto, in conclusione, solo nel caso di una preliminare convenzione o di un protocollo d’intesa con l’ente proprietario l’istituzione scolastica può emanare un bando per la concessione della palestra. In alternativa, i bandi vanno ritirati, mediante un atto di ritiro, le concessioni eventuali revocate e, ove ne sussistano i presupposti, i dirigenti scolastici devono perfezionare intese con gli enti locali proprietari.

Concorso dirigenti scolastici Lombardia

Concorso dirigenti scolastici Lombardia, trovata soluzione per i vincitori
Entreranno in servizio dal prossimo 30 giugno

Risolta la vicenda dei neo presidi delle scuole lombarde. Il capo di Gabinetto e il capo del Dipartimento per l’Istruzione del Miur, su sollecitazione del Ministro Stefania Giannini, hanno incontrato nella giornata di ieri una delegazione dei 355 vincitori del concorso per dirigenti scolastici della Lombardia, giunto a conclusione solo nelle scorse settimane a tre anni dal bando. Un ritardo causato da ricorsi che hanno pesato sul destino dei nuovi presidi.

Ai vincitori il Ministero ha voluto dare la migliore risposta possibile sui tempi per la loro presa di servizio, nel rispetto della continuità didattica. A causa di un ‘effetto domino’, infatti, quarantamila alunni rischiavano un cambio in corsa di docenti qualora i neo dirigenti avessero lasciato le loro classi per entrare in presidenza. Tutto questo non accadrà: i 355 presidi prenderanno servizio il prossimo 30 giugno e cominceranno a breve la formazione obbligatoria, tirocinio compreso. Nel frattempo rimarranno in cattedra fino alla fine dell’anno scolastico, con garanzia giuridica della loro presenza anche nel corso gli esami di maturità.

La soluzione individuata dal Ministero salvaguarda i diritti di chi lavora e di chi studia. Ora il Miur si concentrerà rapidamente sul prossimo obiettivo: formare i neo presidi per fare in modo che a settembre, con l’inizio del nuovo anno scolastico, siano pienamente operativi.

Mobilità

Mobilità: ANIEF invita il personale docente e ata a dichiarare tutti i titoli nella domanda

 

Tra cui, per i docenti l’abilitazione SSIS e il titolo Supervisore o Tutor Tfa (punti 12), diploma SSIS anche di sostegno (punti 5), il titolo TFA, il servizio pre-ruolo al pari di quello prestato dopo la nomina (punti 6 per i docenti e punti 2 per gli ATA, valutabile per intero su mobilità d’ufficio), il servizio militare prestato non in costanza di nomina, il servizio prestato in qualità di presidente o commissario interno/esterno agli esami di maturità dopo l’a.s. 2000/2001. Ricorsi anche per i sovrannumerari delle scuole dimensionate di cui all’art. 20 del CCNI. Scadenza adesioni 29 marzo 2014 per i docenti e 9 aprile 2014 per il personale Ata. Le dichiarazioni devono essere rese anche per la formazione delle graduatorie interne d’istituto.

 

Anief invita il personale della scuola a valutare attentamente quest’anno la dichiarazione dei titoli e dei servizi perché dopo la cancellazione di 200.000 posti dei precari avvenuta negli ultimi sette anni, per effetto anche della recente legge sul dimensionamento n. 111/11 che ha cancellato 2.600 scuole autonome ancorché dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 147/2012, per l’a. s. 2013-2014 si prevede un aumento dei soprannumerari che potrebbero essere collocati in mobilità coatta intercompartimentale nel pubblico impiego, posti in cassa-integrazione con l’80% dell’ultimo stipendio e infine licenziati per motivi anche finanziari, come individuati dal decreto legislativo 165/01 e dalla legge 183/2011. Non è un caso se lo stesso personale Quota 96, cui non è stato concesso di andare in pensione, sarà collocato forzatamente in quiescenza se individuato come soprannumerario. Pertanto, bisogna chiedere il riconoscimento di tutti i titoli valutabili ai sensi dei principi di ragionevolezza, parità di trattamento e merito nel rispetto della direttiva 1999/70/CE sui rapporti di lavoro a tempo determinato e sulla non discriminazione. L’Anief considera il CCNI richiamato e la nuova ordinanza n. 32 del 28 febbraio 2014 come lesivi dei principi testé dichiarati e intende avviare, dopo il consolidamento della dottrina, ricorsi seriali per la valutazione dell’abilitazione SSIS, del titolo di Supervisore di Tirocinio o di Tutor Tfa (punti 12), del diploma SSIS anche di sostegno (punti 5), del titolo TFA conseguito, del servizio pre-ruolo al pari di quello prestato dopo la nomina (punti 6 per i docenti e punti 2 per gli ATA, valutabile per intero e non per 2/3 su mobilità d’ufficio, il servizio militare. I ricorsi saranno presentati anche per tutti quei soprannumerari che saranno individuati nelle scuole dimensionate.

 

Per ricorrere, è necessario dichiarare all’atto sia della domanda di mobilità (on line), sia della dichiarazione dei titoli richiesta per la compilazione delle graduatorie interne d’istituto (cartacea), i titoli di cui si chiede la corretta valutazione, specificandone l’esatta dizione:

–        abilitazione diversa da quella del concorso ordinario (punti 12)

–        diploma universitario di specializzazione SSIS e/o di sostegno (punti 5)

–        titolo di supervisore di tirocinio (punti 12)

–        Titolo TFA conseguito

–        servizio pre-ruolo (punti 6 per ogni anno per i docenti o punti 2 per ogni frazione di 15 giorni ATA)

–        servizio militare

 

A tal fine, Anief ha predisposto un modello integrativo per le domande di inserimento in graduatoria interna d’istituto e di mobilità.

 

Nel caso probabile in cui suddetti titoli non siano valutati e/o nel caso della valutazione del servizio pre-ruolo la metà di quello post-ruolo, è necessario, ai fini della presentazione del ricorso, produrre:

–        reclamo

–        tentativo di conciliazione

 

Nel caso in cui sia stata già prodotta la dichiarazione dei titoli per le graduatorie interne d’istituto, senza aver denunciato i titoli suddetti, è possibile sostituire entro la data di scadenza della domanda la precedente dichiarazione con una nuova.

 

Anief invierà entro il 29 marzo (docenti) e 09 aprile (ATA) a chi ha inviato la preadesione ai ricorsi la modulistica per proporre formale reclamo e tentativo di conciliazione con una legenda sulla tempistica e le procedure da attivare, contestualmente alle istruzioni per perfezionare l’adesione al ricorso.

 

È importante conservare copia di ogni documento prodotto ai fini del deposito durante il processo. Il tentativo di conciliazione sarà esperito gratuitamente dai consulenti dell’Anief.

 

Per preaderire ai ricorsi, è necessario essere in regola con l’iscrizione all’Anief o iscriversi alla stessa (seguendo le istruzioni al seguente link) e inviare per e-mail come allegato a titoli.mobilita@anief.net la scheda di preadesione entro le date indicate. La preadesione come la presentazione del reclamo o del tentativo di conciliazione non sono vincolanti per l’adesione al ricorso, ma propedeutici.

 

Valutazione abilitazioni diverse da quella del concorso ordinario

Non si comprende perché l’abilitazione del concorso ordinario debba essere valutata punti 12, in quanto non è considerata titolo di accesso alla professione, mentre l’abilitazione conseguita presso l’università (SSIS, ex-lege 143/04) o a seguito di frequenza di corsi riservati, pur avente natura concorsuale, non debba essere valutata in quanto considerata titolo di accesso alla professione. Il titolo di accesso, infatti, è la laurea o titolo equipollente validato dal Miur ai fini dell’accesso all’esame di stato finale. D’altronde, specialmente chi è entrato di ruolo dalla terza fascia delle graduatorie ex-permanenti, ha dichiarato di aver superato una prova concorsuale ai sensi della stessa legge 124/99.

Valutazione del diploma di specializzazione SSIS o su sostegno o tramite TFA o altro percorso abilitante (DM 85/05, DM 21/05)

Non si comprende perché il contratto, pur prevedendo la specifica valutazione del diploma di specializzazione rilasciato dalle SSIS istituite dalla legge 341/90, art. 4, così come il titolo SSIS o di specializzazione (800 ore o 400 ore), pur venendo considerati come titolo per l’accesso al ruolo al pari del concorso ordinario, non vengano valutati come titoli professionale, a differenza del concorso ordinario che, invece, viene valutato oltre che per l’accesso al ruolo anche come titolo professionale per il medesimo ruolo per il quale è stato già utilizzato. Analogamente per i titoli rilasciati ai sensi del D.M. 249/2010 che, avendo superato un concorso pubblico per titoli ed esami in ingresso e avendo ottenuto il rilascio di abilitazione con esame di Stato in uscita, hanno la medesima valenza dei percorsi SSIS. Per le stesse motivazioni, inoltre, non si comprende perché i titoli abilitanti attivati ai sensi della legge 143/04 non debbano essere valutati oltre che per l’accesso al ruolo anche come titolo professionale.

Valutazione del servizio pre-ruolo uguale a quello post-ruolo

Non si comprende perché una direttiva comunitaria (1999/70/CE) recepita nel 2001 (d.lgs. 368) nel nostro ordinamento imponga la parità di trattamento tra servizio prestato a tempo determinato e servizio prestato a tempo indeterminato, a meno della rilevanza di ragione oggettive, eppure nel contratto si continui a valutare come doppio (punti 6) il servizio prestato dopo il ruolo rispetto a quello pre-ruolo (punti 3) o punti 1 piuttosto che punti 2 per gli ATA che hanno prestato lo stesso servizio pre-ruolo. Inoltre, per gli ATA non si comprende perché nella mobilità d’ufficio il servizio pre-ruolo superiore ai 4 anni debba essere valutato per i soli 2/3 dopo il 1999. Come se il servizio prestato da precario sia stato meno qualificante del servizio prestato dopo la nomina in ruolo.

 

Valutazione del titolo di Supervisore di tirocinio SSIS o di Tutor Tfa

Non si comprende perché l’unico concorso riservato ai docenti di ruolo degli ultimi dieci anni, non debba essere valutato al pari degli altri concorsi, come se l’aver svolto l’attività di supervisore di tirocinio presso le SSIS (o di Tutor Tfa) per la formazione di 100.000 insegnanti non sia meritevole di una valutazione positiva.

 

Valutazione del servizio prestato in qualità di presidente o commissario interno/esterno agli esami di maturità dopo l’a.s. 2000/2001

Non si comprende il perché della valutazione esclusivamente fino all’a.s. 2000/2001 del servizio prestato in qualità di presidente di commissione o di componente esterno o interno (ivi compresa l’attività svolta dal docente di sostegno all’alunno disabile che ha sostenuto l’esame), con la conseguente esclusione da tale valutazione (punti 1 per ogni partecipazione ad esame) per attività identiche svolte negli anni scolastici successivi.

 

Valutazione del servizio militare di leva prestato non in costanza di nomina

Non si comprende il perché della valutazione esclusiva del servizio militare di leva solo se prestato in costanza di nomina.

Riforma della scuola: il liceo in 4 anni? Ma perché?

da Il Fatto Quotidiano

Riforma della scuola: il liceo in 4 anni? Ma perché?

di Marina Boscaino

Sono reduce dalla “Giornata di ascolto della scuola”, organizzata a Roma dal Pd. Per me, in realtà, si è trattato di un mezzo pomeriggio, dal momento che sono stata in classe fino alle 14.20 e dunque sono arrivata all’incontro alle 15 inoltrate. Ma, si sa, quando si decide di ascoltare la scuola mentre la scuola lavora, il rischio è questo…

Una delle cose che mi ha colpito è stato il ricorrere di una serie di affermazioni lapidarie e perentorie circa la necessità di accorciare di un anno il percorso scolastico. Diversi interventi hanno sottolineato che “siamo l’unico Paese a non finire a 18 anni”, scatenando peraltro la sentita reazione dei pochi che non considerano questo un semplice slogan – modernista ed europeista, due atteggiamenti vincenti al giorno d’oggi – ma una affermazione falsa, destituita di qualsiasi validità e quindi pericolosa, nel merito e nel metodo.

Ma, anche questo si sa, la vigilanza non è pane per i nostri denti indeboliti da anni di assuefazione e di asservimento. Tra parentesi: ho anche sentito parlare di “normativa sui Bes”, come si trattasse di fatto definitivo e prescrittivo. Circolare e direttiva, questo è ciò che ufficialmente è stato emanato rispetto ai Bes: nulla dunque che abbia valore di legge, né che obblighi nessuno a fare alcunché. Peraltro lo stesso Miur ha raddoppiato la cautela sul tema, in seguito alle numerose critiche che la società scientifica, tra gli altri, ha espresso su questo argomento controverso. Ma noi docenti – più realisti del re – abbiamo da qualche tempo il vizio di anticipare,  prevenire, attuando norme prima ancora che esse esistano di fatto; e, condizionandoci reciprocamente, senza nemmeno provare a capire cosa stiamo facendo, caviamo le castagne dal fuoco a chi combina pasticci di ogni genere e avrebbe la responsabilità di amministrare e governare il sistema di istruzione.

Ma ritorniamo alla implicita, presunta, pressante richiesta dell’Europa di liberarci dell’ultimo anno del percorso liceale. Dove è scritto, chi lo ha detto? Proviamo a consultare Eurydice, la rete di informazione nell’Istruzione, istituita dalla Commissione Europea e dagli stati membri nel 1980, per incrementare la cooperazione nel settore educativo. I dati Eurydice del 2012  indicano che i Paesi dell’Ue si dividono – con una leggera prevalenza per i secondi – tra quelli che concludono il percorso delle superiori a 18 anni o a 19: finiscono a 18 Belgio, Irlanda, Grecia, Spagna, Cipro, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Romania, Francia, Regno Unito; terminano a 19 Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Polonia, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Svezia. In Ungheria e in Romania gli studenti che non continuano all’università fanno un anno in più di superiori, come accade in Grecia e Cipro; in Austria e nei Paesi Bassi vanno 1 o 2 anni oltre il limite dei 18.

Questi dati in sé sono imprecisi, dal momento che esistono, in alcuni Paesi, differenze tra tipi di scuola, possibilità di prolungare il percorso scolastico e – addirittura, come nel caso della Germania – divergenza di percorsi tra regione e regione. Dagli Stati Uniti, infine, per gettare un occhio anche oltre Oceano, arriva la notizia che sono sempre in numero crescente le high-school che stanno adottando un curricolo addirittura di 6 anni, anziché di 4.

Mettendo da parte la nostra atavica esterofilia, che ci spinge ad avanzare come Renzo con i capponi in mano ogni volta che c’è odore di straniero, queste evidenze dimostrano quanto incaute siano le affermazioni – comprese quelle del ministro dell’Istruzione Giannini, quando il ministro/premier Renzi la lascia parlare – che con leggerezza e imprecisione sciorinano false verità.

Verificando le affermazione dei cantori della modernità e dell’ “al passo con l’Europa”,  ci si rende conto che il “sentito dire” ha definitivamente soppiantato il rigore e la credibilità della affermazioni. È notizia di qualche mese fa il profondo ripensamento che in alcuni Lander tedeschi sta provocando la sperimentazione dell’accorciamento di un anno di uno dei percorsi superiori: stress enorme per i ragazzi ed inefficacia pedagogica, dal momento che la riforma non è stata accompagnata da un ripensamento dei curricola. Non preoccupiamoci: siamo maestri nel risolvere, alla nostra maniera, questo tipo di problematiche, considerate – ad esempio – le proposte e le notizie che insistentemente circolano su eventuali abolizioni del greco o della filosofia. Nulla di sconvolgente, nel Paese in cui – per motivi di borsa e senza la minima evidenza scientifica – è stato creato un mostro privo di fondamenti epistemologici come la “geostoria”, unione delle ore di storia e geografia, decurtate però di un’unità oraria, con l’aggiunta di Cittadinanza e Costituzione.

Senza evocare – tema non inconsistente – l’impatto che l’accorciamento di un anno di liceo avrebbe sugli organici e sulle prospettive di assunzione dei precari, né chiedere per quale motivo – invece di cianciare di diminuzione di un anno non si preoccupino di tener fede a quanto affermato nel programma elettorale, uno dei cui punti era la cancellazione della “riforma” Gelmini – ci dicano, il Pd e i fan del liceo in 4 anni, quali sono le motivazioni di carattere pedagogico e didattico che sosterrebbero tale provvedimento. In fin dei conti sono loro che sostengono di ripartire dalla scuola, di mettere la scuola al centro. Cosa esiste di più centrale – in questa prospettiva – se non il diritto all’apprendimento degli studenti ed il loro successo formativo? Attendiamo con ansia risposte convincenti.

Gli studenti italiani e la paura di sembrare secchioni

da Corriere.it

Gli studenti italiani e la paura di sembrare secchioni

Pochi ammettono gli sforzi fatti. Nella ricerca Ocse la maggioranza dei ragazzi sostiene che il successo scolastico non dipende dallo studio

di Francesca Borgonovi, ricercatrice Ocse-Pisa

Pensate a un ragazzo ed una ragazza qualunque, in una classe qualunque, in una scuola qualunque di una città, di una periferia o di un paesino italiano qualunque. La maestra di matematica riconsegna i compiti in classe ed entrambi hanno preso bei voti. Per vantarsi dei propri risultati i due ragazzi possono fare due cose. Possono dire di aver dato una rapida lettura ai libri di testo la sera prima, magari dicendo di averlo fatto mentre guardavano una partita di calcio. Oppure possono dire di aver studiato l’intera settimana precedente, week-end incluso.

Nessuno vuole ammettere la fatica di studiare

Pochissimi ragazzi, oggi, in Italia penserebbero di vantarsi dei propri risultati scolastici (confronta con Pisa in focus 37) mostrando il duro lavoro che è stato necessario per conseguirli, anche se questo fosse vero. Perché tra i ragazzi, e purtroppo non solo tra i ragazzi, vige un modello diverso: è più cool ottenere risultati buoni con il minimo sforzo. Tanto che spesso lo sforzo viene nascosto, mascherato.  Perché?  Perché sarebbe indice di poche capacità e scarso talento per la matematica. Se un ragazzo deve studiare molto per ottenere buoni risultati, in fondo in fondo – questo è il ragionamento – allora ha poche capacità e propensione per la matematica. Se invece un ragazzo ottiene buoni risultati con il minimo sforzo, vuol dire che ha maggiore intelligenza pura, maggiore propensione per la matematica. Perché per la matematica o si è portati o non lo si è ….  Ma è davvero così? No, non è così.

Non è vero che per la matematica o si è portati o non si riesce

Nuovi risultati dello studio OCSE PISA 2012 che emergono dallo studio degli atteggiamenti degli studenti 15enni nel mondo rivelano che una mentalità che porta gli studenti a dividere il mondo in chi è portato per la matematica e chi non lo è, è perdente. Perché si può imparare solo mettendo impegno, tanto impegno, solo studiando con costanza e perseveranza, e solo se lo studente accetta che si impara sbagliando tante, tantissime volte. E che se c’ è l’ impegno, la matematica si impara, magari non di botto e con un botto, ma giorno dopo giorno.  E’ innegabile che ci siano persone più veloci ad apprendere concetti matematici e persone meno rapide e intuitive. Tuttavia: 1) il cervello delle persone è plastico e muta in funzione dell’apprendimento; 2) la velocità può anche un ostacolo perché può portare alla superficialità; e 3) se accompagnato da una mentalità che percepisce l’intelligenza come fissa e immutabile, chi è abituato a risolvere i problemi senza sforzo può bloccarsi alla presenza delle prime difficoltà – che alla fine arrivano per tutti.

Anche dalle frustrazioni si apprende

A quel punto, invece di mettere impegno per risolvere un problema, chi fino ad allora ha avuto vita facile, potrebbe semplicemente pensare che, in fondo in fondo, non era portato per la matematica, e quindi non vale la pena di sforzarsi. Alla fin fine andare a scuola non è  molto diverso dall’ andare al campetto ad allenarsi a calcio o imparare a danzare: si migliora solo con la pratica (c’ è chi dice siano necessarie 10.000 ore di pratica per diventare professionisti – non importa in cosa) e si può imparare sbagliando e divertendosi

Formazione sulle tecnologie: ma è proprio necessario?

da Tecnica della Scuola

Formazione sulle tecnologie: ma è proprio necessario?
di Reginaldo Palermo
La formazione servirebbe se davvero a scuola ci fossere le attrezzature. Ma spesso i docenti si stampano le schede a casa perchè a scuola le stampanti sono inutilizzabili. Per non parlare delle vere urgenze: classi multietniche, difficoltà a relazionarsi con le famiglie e così via.
Fra le anticipazioni relative ai provvedimenti sulla scuola che dovrebbero essere varati dal Consiglio dei Ministri nella giornata del 12 marzo ce n’è una che ci colpisce non poco. Si parla di investire risorse economiche (e non solo) per migliorare le competenze digitali dei docenti. Ci sembra un obiettivo apparentemente molto nobile ma che, se bene analizzato, appare poco realistico e alquanto debole. Le obiezioni che si possono avanzare sono più di una. La più banale riguarda le dotazioni tecnologiche: a che serve formare i docenti se poi le dotazioni effettive delle scuole (soprattutto della primaria e della secondaria di primo grado) sono piuttosto modeste? Forse, né Renzi né il ministro Giannini sanno che molto spesso nelle scuole primarie ci sono computer vecchi e stampanti che funzionano solo grazie al fatto che sono gli insegnanti stessi a comperarsi di tasca propria le “cartucce” di inchiostro (anzi in molti casi i docenti si stampano il materiale a casa propria). Basta frequentare facebook per sapere che anche il registro elettronico regge solo perché molti insegnanti lo compilano da casa utilizzando il proprio PC e la propria connessione. Ma c’è una questione pedagogica e culturale fondamentale: siamo proprio sicuri che la carenza da colmare sia quella della formazione nell’ambito delle tecnologie? Vogliamo fare un elenco di competenze che forse sarebbe altrettanto importante sostenere e migliorare ? Per esempio oggi i docenti sono sempre più in difficoltà a gestire i rapporti con le famiglie e quindi pensare a percorsi formativi centrati sul tema della relazione non sarebbe poi del tutto fuori luogo.  Basta parlare con gli insegnanti per sapere che le domande prevalenti non riguardano l’uso del PC o della LIM; per esempio: come si fa a mantenere viva l’attenzione degli alunni, come li si può motivare ad apprendere, come si fa a promuovere  la cooperazione e la collaborazione, come si possono realizzare forme di apprendimento fra pari, come si gestiscono le classi con alunni di 5 etnie diverse, come fare per rendere davvero formativi i processi di valutazione;  e potremmo continuare ancora a lungo. Certo è che lanciare un programma nazionale di formazione sulla multiculturalità, sul valore della cooperazione e sulla valutazione formativa non consente di ottenere un passaggio in un talk show in prima serata  e neppure uno spazio sulle prime pagine dei quotidiani. Molto meglio, allora, un po’ di bla bla sulle “magnifiche sorti e progressive” delle tecnologie, poco importa se poi i problemi veri delle scuole sono ben altri.

Il CdM del 12 marzo servirà a chiarire molti aspetti

da Tecnica della Scuola

Il CdM del 12 marzo servirà a chiarire molti aspetti
di Lucio Ficara
Sembra di capire che Renzi non abbia molte intenzioni di aprire un serio confronto con i sindacati e che preferisca percorrere la via legislativa. I rischi non sono pochi.
Ormai ci siamo: nel corso del Consiglio dei Ministri di domani 12 marzo Matteo Renzi intende varare una serie di provvedimenti sulla scuola volti a restituire dignità al ruolo degli insegnanti. Le indiscrezioni giornalistiche parlano di “interventi sulla dispersione scolastica, addestramento degli insegnati sugli strumenti digitali, un riconoscimento diverso per i docenti, stipendio e dignità”. Se questo sarà confermato, per quanto riguarda la questione degli stipendi dei docenti, del riconoscimento diverso tra docenti e docenti, vorrà dire che sarà almeno chiaro un punto: si intende percorrere ancora la strada legislativa piuttosto che quella dei patti contrattuali sottoscritti con i sindacati. Argomenti come il riconoscimento economico degli insegnanti, le norme che regolano le attività funzionali all’insegnamento, gli orari di servizio, dovrebbero riguardare l’area dei contratti di lavoro e dovrebbero essere concordati con le rappresentanze sindacali. Invece sembra che il Governo abbia tutt’altra idea e può darsi che già domani se ne possa avere una prova. D’altronde, durante la trasmissione di Fazio “Che tempo che fa”, Matteo Renzi ha lanciato un duro attacco al mondo sindacale affermando: “Avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione. Cosa c’è da fare lo sappiamo perfettamente da soli pensando alle famiglie e alle imprese. Vogliamo dare un scossone molto forte al sistema Paese”. Ma perché i sindacati dovrebbero essere contro i provvedimenti di Renzi sulla scuola, se questi vanno nella direzione di aumentare gli stipendi del personale scolastico, restituire dignità al corpo insegnante, fare una dura lotta alla dispersione scolastica? Forse che dietro i provvedimenti di Renzi si cela un grande bluff che potrebbe scatenare l’ira dei sindacati? E poi ci sono le strane dichiarazioni del sottosegretario all’istruzione Roberto Reggi rilasciate a “Repubblica” e poi smentite dallo stesso Reggi, ci lasciano disorientati ma anche curiosi di conoscere la verità sui provvedimenti  sulla scuola ai quali Renzi sta pensando.  di approvare domani in Consiglio dei Ministri. Domani il re potrebbe essere nudo e così noi saremo in grado di capire meglio la situazione. Una cosa è certa domani Renzi si gioca la faccia e anche il rapporto con i sindacati, che sono già, a sentire le loro dichiarazioni, compatti e sul piede di guerra.

Ma la valutazione della professionalità docente è già una prassi!

da Tecnica della Scuola

Ma la valutazione della professionalità docente è già una prassi!
di Lucio Ficara
Già oggi i dirigenti scolastici, per formarsi un giudizio sui propri docenti, prendono informazioni che utilizzano per assumere decisioni anche delicate. Ma si tratta di un meccanismo piuttosto fragile.
La direttrice riformista della scuola italiana degli ultimi 15 anni è sempre la stessa e punta sempre nello stesso verso, che è quello di rafforzare il più possibile l’autonomia scolastica. Nessun dubbio politico è mai stato sollevato sulla scarsa efficacia dell’introduzione dell’autonomia amministrativa nel nostro sistema scolastico; piuttosto si pensa, a torto o a ragione, che il fallimento della scuola pubblica italiana sia dovuto  alla poca autonomia scolastica e ai limiti che i dirigenti scolastici hanno nell’organizzare il lavoro dell’ “azienda scuola”. Il sistema scolastico italiano quindi non sarebbe in crisi perché gode di poca autonomia scolastica e di conseguenza chi dirige la scuola non è pienamente libero di prendere decisioni. Quali le soluzioni in campo per rendere le scuole più autonome? Il nostro sistema sembra voler puntare sempre di più sulla figura preminente del dirigente scolastico a cui dovrebbero essere assegnati maggiori poteri gestionali e maggiore responsabilità, e a cui dovrebbe essere concessa l’opportunità di gestire ed organizzare il lavoro del personale in assoluta autonomia. Il dirigente scolastico come “Deus ex machina” in grado di avere tutto sotto controllo a partire innanzitutto dal personale della scuola. Ma come potrebbe il dirigente scolastico avere il controllo del proprio personale scolastico, docente e non docente, soprattutto se non lo conosce a sufficienza? In realtà già oggi il “capo d’Istituto” si adopera per avere il maggior numero possibile di informazioni sul proprio personale e in modo particolare su quello docente che sta a contatto con gli alunni. In pratica, il preside che vuole “inquadrare” un docente molto spesso ascolta studenti, genitori, insegnanti “fidati” e altri presidi che hanno avuto rapporti di lavoro con il docente stesso. In tal modo il dirigente scolastico si “fa una idea” complessiva del docente e spesso assume anche decisioni importanti proprio in base a queste idee. Anche se non è normato e codificato, questo sistema, di fatto, esiste in tante, tantissime scuole e influenza anche il giudizio che i dirigenti si formano sul proprio personale. E’ così che il riconoscimento della professionalità del docente passa attraverso le capacità del dirigente di elaborare le informazioni raccolte. Si tratta di un sistema piuttosto fragile che non offre molte garanzie. Bisognerebbe quindi riflettere bene e trovare strade diverse.

Dimensionamento, la partita si riapre

da Tecnica della Scuola

Dimensionamento, la partita si riapre
di A.G.
Gli orientamenti di Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e Tar sembrano voler superare l’innalzamento dei “tetti” minimi di iscritti imposti con la Legge 111/2011: dando ragione ad associazioni e sindacati, ma anche dipendenti e genitori, che non hanno mai accettato gli accorpamenti che solo nel 2012 hanno fatto venire meno 1.500 istituti tra scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado.
Si parla tanto di edilizia e di messa in sicurezza delle scuole. Anche con toni aspri all’interno di alti rappresentanti dello stesso Governo. Ma si parla poco dei tagli alle sedi scolastiche autonome, che negli ultimi anni si sono viste ridurre da oltre 12mila a circa 8.400. Il processo ha preso il via a partire dall’inizio del nuovo secolo, dal 2000, ma nell’ultimo biennio ha avuto una decisa accelerazione a seguito dell’attuazione della Legge 111/2011, nella parte che ha fissato l’obbligo di fusione degli istituti comprensivi delle scuole dell’infanzia, elementari e medie con meno di “1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche”.
In varie parti d’Italia, soprattutto al Centro-Sud, dove i tagli si sono fatti sentire di più, il provvedimento è stato impugnato da associazioni, sindacati (con in testa la Flc-Cgil, che ha in pratica contestato l’operato dell’ex ministro Gelmini su tutta la linea), personale (soprattutto coloro che hanno perso il posto a seguito del dimensionamento) e persino raggruppamenti di genitori.
A cosa hanno portato i ricorsi? Sinora a poco, visto che solo nell’ultimo biennio si sono continuate a perdere qualcosa come 1.800-2.000 istituti. Di recente, però, sono state emesse delle sentenze che potrebbero ribaltare la situazione. Prima ci sono stati i rilievi della Corte Costituzionale, con la sentenza 147/2012, poi un anno fa il Consiglio di Stato ha cancellato l’accorpamento di tre istituti comprensivi calabresi. E arriviamo ai nostri giorni, quando a fine gennaio il Tar Sardegna, a proposito dei ricorsi presentati dai docenti che hanno perso posto proprio per effetto delle ultime disposizioni di chiusura delle sedi scolastiche sarde, ha annullato il dimensionamento di dieci scuole dell’Isola e gli atti conseguenti: facendo così tornare tutto come prima, da decreti di assegnazione del personale fino ai codici meccanografici. In particolare, l’Usr ha disposto l’annullamento “in corso d’anno, con effetto immediato”, della mobilità coatta del personale perdente posto a seguito del dimensionamento attuato nel 2012/13. E a fine mese potrebbe essere la volta della Regione Molise, dopo che il Tar ha respinto la richiesta di sospensiva formulata dalla Provincia per bloccare il ricorso presentato, tra gli altri, da un gruppo di genitori degli alunni danneggiati dal dimensionamento forzato: se il Tar darà ragione ai ricorrenti, decine di scuole torneranno ad essere autonome.
A detta di Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, non si tratta però di disposizioni sorprendenti: “i giudici – sostiene il sindacalista – non possono fare altro che sottoscrivere l’evidenza della violazione dei criteri di legge: senza un nuovo accordo in Conferenza Stato-Regioni, ai sensi della normativa vigente dopo la sentenza della Consulta, non possono infatti essere attuati nuovi accorpamenti o soppressioni in violazione dei vecchi criteri del D.P.R. 233/98”.
“E questo vale anche – prosegue Pacifico – per le scuole superiori, ma in questo caso dal prossimo anno scolastico: ai sensi della recente Legge 128/13, in mancanza di un accordo con le Regioni, che non c’è stato, l’attuale norma sugli accorpamenti, introdotta con il c. 5 della Legge 111/11 attraverso cui è stato di fatto soppressa l’assegnazione dei dirigenti in 300 scuole superiori, rimane in vigore solo fino al prossimo 31 agosto”.
Secondo uno studio realizzato dal sindacato siciliano, in tredici anni si è passati dal rapporto 1 a 5 al rapporto 1 a 7 tra sedi direzionali e plessi decentrati o istituti accorpati. Con il 66,5% dei tagli delle scuole autonome che è avvenuto al Sud-Isole, dove è proprio più alto il tasso di abbandono dei banchi.
La ‘mazzata’ finale al progetto di cancellazione di plessi e scuole autonome è arrivata nell’ultimo biennio. Solo nel 2012 sono stati cancellati in maniera illegittima 1.567 sedi amministrative (scuole autonome) di circoli didattici, istituti comprensivi e medie, mentre per l’ultimo anno. Con le Regioni che, di fatto, tranne rari casi, sono rimaste a guardare. Ma ora i tribunali sembrano voler cambiare il corso delle cose.
11/03/2014

Pantaleo (Flc Cgil): “Ci risiamo coi tagli alla scuola”

da Tecnica della Scuola

Pantaleo (Flc Cgil): “Ci risiamo coi tagli alla scuola”
“Nonostante i fallimenti evidenti delle controriforme della Gelmini e dei tagli epocali, la ministra Giannini intende proseguire su quella strada. Non resteremo in silenzio”
Lo afferma Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil. “Nelle sue continue dichiarazioni, la ministra ripropone tutte quelle scelte regressive che hanno devastato scuola, università, ricerca e Afam pubbliche”. “Non abbiamo percepito, se non gli interventi positivi annunciati sull’edilizia scolastica, alcun impegno per tornare ad investire sui settori della conoscenza, per ridare dignità sociale al lavoro rinnovando i contratti nazionali, per migliorare la qualità dell’offerta formativa, per ridurre il numero degli alunni per classe, per eliminare i vincoli al reclutamento in tutti i comparti e per cancellare la precarietà”. Al contrario, “le sue priorità sono le scuole paritarie, l’ossessione per la meritocrazia, senza risorse e senza interventi sul diritto allo studio, la competizione tra istituzioni scolastiche e universitarie e tra persone. Si intende riproporre l’idea che la conoscenza da bene comune si trasforma in merce continuando sulla strada della privatizzazioni dei saperi”. “Se è quella la strada scelta dal governo Renzi – conclude Pantaleo – i lavoratori della conoscenza, i precari, gli studenti e le persone che vogliono difendere la funzione democratica dell’istruzione pubblica non saranno silenti. Siamo come sempre disponibili al confronto e per questa ragioni è necessario passare dalle parole all’ apertura di tavoli negoziali con le organizzazioni sindacali”.