Programmare e certificare per competenze: lo stigma

Programmare e certificare per competenze: lo stigma

di Gennaro Palmisciano
Dirigente Ispettore Tecnico

 

Introduzione: Verso le competenze e non più solo conoscenze

I recenti processi di riordino in Italia, sia della scuola primaria che di quella secondaria, tanto di primo quanto di secondo grado, hanno evidenziato la necessità di sviluppare pratiche didattiche centrate sullo sviluppo di competenze come obiettivo di apprendimento. Ciò rispecchia il quadro comunitario dei sistemi d’istruzione, che è stato strutturato nell’ultimo decennio intorno al concetto di competenza, attraverso passaggi normativi e raccomandazioni che hanno introdotto un nuovo paradigma della formazione: verso le competenze e non più solo conoscenze.

In questa evoluzione si possono riconoscere alcune tappe fondamentali: il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato il 18 dicembre 2006 la Raccomandazione 2006/962/CE relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, il 23 aprile 2008 la Raccomandazione 2008/C 111/01 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, il 18 giugno 2009 la Raccomandazione 2009/C 155/01 sull’istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale e la Raccomandazione 2009/C 155/02 sul sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionali (ECVET). Il termine competenza è stato riferito a una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti appropriati al contesto.

La differenza fondamentale tra conoscenza e competenza sta nel fatto che, in una determinata situazione di bisogno, chi ha competenze adeguate è in grado di cavarsela anche senza una conoscenza specifica che permetta di risolvere il problema. Questo presuppone che lo studente non sia tenuto a sapere tutto, ma ciò che gli serve in modo essenziale nella vita, in particolare come utilizzare le conoscenze per risolvere autonomamente e con responsabilità le difficoltà. In una società così complessa come la nostra bisogna acquisire quelle competenze fondamentali per poter affrontare con relativa sicurezza i problemi della vita. Questo per dire che uno studente ha perso il suo tempo, se dopo cinque anni di aritmetica nella scuola primaria, tre anni di matematica alla media e altri cinque alle superiori, non è in grado, nel momento in cui acquista qualcosa, di fare un calcolo sulla convenienza o non è in grado, quando apre un conto corrente, di leggere gli estratti della banca o, ancora, non è in grado di confrontare le proposte d’investimento finanziario che gli propone una società assicuratrice.

Dovendo spiegare come programmare per competenze in educazione fisica, si può partire da un esempio molto semplice. Supponiamo di vedere, di fronte all’ingresso di una scuola, due alunni giocare nel giardino antistante aperto al pubblico. Si stanno tirando un piccolo sasso a turno, cercando ovviamente di prenderlo. Quali possono e anzi devono essere le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti di quei due alunni per poter giocare proprio lì? Ecco alcune delle possibili risposte:

CONOSCENZE

1. Devono sapere se quello è un luogo adatto per fare quel gioco.
2. Devono sapere che se tirano il sasso troppo forte, possono colpire qualcuno.
3. Devono sapere che con un sasso appuntito rischiano maggiormente di farsi male.
4. Devono sapere che con un sasso troppo grosso hanno il medesimo rischio.
5. Devono sapere che, se la distanza tra loro è troppo piccola o troppo grande, il gioco non riesce o diventa addirittura pericoloso.

ABILITA’

1. Devono cercare di prendere il sasso quando l’altro lo tira.
2. Devono cercare di tirare il sasso in modo che l’altro sia virtualmente in grado di prenderlo.
3. Devono saper calcolare la parabola che il sasso deve fare in rapporto al suo peso e alla distanza tra i due, proprio per non farsi male, per non far male ad altri, per poterlo prendere con relativa sicurezza e per poter continuare il gioco.

ATTEGGIAMENTI

1. Sono convinti di riuscire a capire il problema e a trovare una soluzione da applicare alla situazione (ogni problema ha, minimo, una soluzione).
2. Credono che non esistano fallimenti, ma solo risultati, i quali  sono lezioni di vita, che spingono a migliorare (cosa posso imparare da ciò?).
3. Sono orientati a vedere la parte positiva delle persone e delle situazioni ed ad evitare di condividere le notizie negative.

Nella didattica tradizionale dove sono le competenze? Il docente in genere ritiene che non ci debbano essere. Il suo ruolo trasmissivo lo induce ad affermare alcune delle seguenti prescrizioni:

1. a questo tipo di gioco qui non si può giocare, perché è troppo pericoloso;
2. se volete giocare senza fare del male né a voi né agli altri, dovete usare una pallina di gomma;
3. le regole per giocare con una pallina di gomma sono queste … e memorizzatele!

Invece, un ruolo innovativo dell’insegnante in rapporto ad una didattica basata anche sulle competenze deve essere impostato sulle domande, non sulle risposte.

1. Dato un certo contesto di spazio e tempo, cosa è possibile fare?
2. Qualcosa di utile o di giocoso?
3. Qualcosa di sicuro o di rischioso?
4. Se si sceglie qualcosa di rischioso, qual è il limite oltre il quale, in questo contesto, non è possibile andare?
5. Abbiamo i mezzi necessari o sufficientemente adatti per farlo?
6. Siamo capaci di usarli in maniera relativamente sicura o efficace?

Il compito principale dell’insegnante non è, dunque, quello di dire che cosa si deve fare, ma quello di porre le domande giuste per far ragionare i propri allievi, per indurli a prendere decisioni consapevoli e per agire in maniera responsabile e positiva, nella convinzione che il risultato finale, qualunque esso sia, dipenderà dal loro comportamento. In tal modo il ruolo dell’insegnante si avvicina a quello del facilitatore, esperto di domande maieutiche.  Detto questo, quali sono le competenze da acquisire?

Le COMPETENZE sono di tre tipi principali. Alcune sono strumenti generali, fondamentali per sviluppare abilità per la società della conoscenza (le competenze di base); altre sono specifiche, che preparano alla vita adulta lavorativa (le competenze tecnico-professionali) e ad ulteriori occasioni di apprendimento (le competenze trasversali).

In Educazione fisica una competenza fondamentale è, per i ragazzi, capire quando in un determinato contesto spazio-temporale esistono le condizioni fondamentali per potersi divertire senza mettere a repentaglio la sicurezza propria e quella altrui. Che si può riscrivere in questa maniera: i ragazzi devono essere messi in grado di capire se quello che stanno facendo, in una determinata condizione, rientra nella categoria del gioco o se, invece, rischia di essere un’occasione per fare male agli altri o a se stessi. Dicevo agli alunni, prima di iniziare la parte pratica delle lezioni, che il primo comandamento dell’attività fisica è: “Non procurare danno agli altri e a te stesso”.

Una programmazione per competenze rivendica un sapere utile, spendibile, pratico, efficiente e rifiuta un sapere astratto, puramente teorico, sganciato dalla realtà, la cui applicazione viene rimandata in ambiti extrascolastici. La competenza richiede uno stretto rapporto con il contesto o territorio, la realtà di riferimento degli apprendimenti scolastici. La scuola va posta al servizio del territorio e deve dialogare con le istanze delle realtà locali. L’approfondimento di qualsiasi contenuto didattico va rapportato a un’esigenza reale.

Le competenze sono le conoscenze e le abilità messe a frutto in maniera intelligente, in risposta a una richiesta d’impegno e di commisurazione delle proprie capacità. Facciamo un esempio. Nel mondo primitivo il giovane imparava a cacciare osservando l’adulto (conoscenza), poi adoperando l’arco o una trappola (abilità), ecc. La sua competenza veniva fuori quando per es. preferiva catturare un animale invece che un altro; quando decideva di non catturare più per un certo tempo un determinato animale, temendone l’estinzione; quando capiva se era meglio catturare con facilità un giovane animale o con difficoltà un animale adulto, un maschio o una femmina, un animale ferito o uno sano, un piccolo animale abituato a nascondersi o uno grande abituato agli spazi aperti. La competenza mette in gioco la responsabilità personale, una certa capacità decisionale (basata sul discernimento della soluzione migliore tra varie alternative), la necessità di guardare un determinato problema da varie angolazioni (perché il sapere va tenuto unito) e anche l’esigenza di lavorare in squadra, distribuendo le mansioni, coordinando i lavori e ragionando insieme, periodicamente, sui risultati raggiunti. Vari metodi sono adottabili allo scopo: per progetti, per padronanza, problem solving, ecc.

Programmare per competenze può comportare il superamento dello stesso concetto di “asse culturale”, in quanto, se l’Uomo e il suo Mondo sono unitari, non si capisce perché la programmazione su specifici argomenti debba essere divisa per “assi”. Come Maurizio Tiritticco (Rivista dell’istruzione, 5-2013) ha sottolineato in modo felice, le due macroaree di apprendimenti (individuate nel D.M. 139/2007: 1) competenze per l’esercizio della cittadinanza attiva e 2) competenze culturali, raggruppate quest’ultime in quattro assi pluridisciplinari) e la certificazione di cui al D.M. 9/2010 (delle competenze riferite agli assi) costituiscono  i risultati di un tentativo di mediazione tra insegnamento e valutazione tradizionali ed insegnamento per competenze e certificazione.

Nel 2015 si conclude la realizzazione del riordino Gelmini, il che costituisce un’occasione da non perdere per riallineare sia i modelli certificativi nazionali che le didattiche alle richieste dell’EQF, nell’ambito del sistema nazionale di certificazione delle competenze delineato dal d.lgs. 13/2013.

 

L’insegnamento delle competenze nelle Scienze motorie e sportive

Il rinnovato insegnamento delle scienze motorie e sportive persegue le cosiddette competenze chiave di cittadinanza (key-competences). Ogni key-competence è tripartita in: competenze di base; competenze tecnico-professionali; competenze trasversali. La programmazione si articola in unità formative capitalizzabili (UFC).

L’Unità Formativa Capitalizzabile esprime tali competenze mostrandone, rispettivamente: 1) i saperi minimi per l’occupabilità per le competenze di base; 2) le attività di lavoro concretamente svolte in un processo organizzativo per le competenze tecnico-professionali; 3) le abilità cognitive e comportamentali per le competenze trasversali.

L’insieme delle UFC costituisce dunque il riferimento per la definizione degli standard minimi validi su tutto il territorio nazionale, in questo senso certificabili (secondo la logica dei crediti) e, per l’appunto, capitalizzabili. Allo stato repertori di UFC sono oggetto, attraverso attività di laboratorio, di una verifica tecnica condotta con la collaborazione della maggior parte delle Regioni, con riguardo a varie discipline, ma non ancora alle scienze motorie.

 

La valutazione delle competenze

Tali competenze devono essere valutate indipendentemente dai modi in cui sono acquisite (teoria, pratica scolastica, attività sportiva di livello o del tempo libero). In questo modo l’insegnamento delle attività motorie, fisiche e sportive viene inquadrato coerentemente alla nuova struttura del riordino dei cicli, imperniata in un’ottica comunitaria, invece che sul tradizionale sistema dei programmi e della certificazione dei percorsi formativi per anno scolastico, sui curricoli per unità capitalizzabili e sul libretto formativo, che costituisce un portfolio delle abilità e delle competenze.

Nella riforma contestuale al riordino il posto delle programmazioni tradizionali è stato preso dai curricoli, insiemi organizzati di moduli che conducono ad un itinerario di Unità capitalizzabili continuamente integrabile ed arricchibile, nell’ambito dell’autonomia e degli standard previsti a livello nazionale. L’organizzazione modulare si fonda su una successione di acquisizioni disciplinari di n livelli, ad ognuno dei quali (individuabile come a) corrisponde una determinata competenza in termini di sapere e saper fare, codificata a livello nazionale (ma tendenzialmente tarata su dimensione comunitaria). Ciascuna delle acquisizioni apprese sarà certificata e quindi spendibile per adire il livello a+1 del medesimo percorso.

Ogni modulo disciplinare si caratterizza per una diversa gradata interrelazione e dipendenza dagli altri, fino al limite della sua sostanziale indipendenza da altri appartenenti ad altre discipline che producono distinte competenze. Per l’individuazione del segmento minimo di riferimento è preferibile fare perno sull’area di attività (ADA), rispetto ai compiti, per evitare di parcellizzare la competenza e la formazione complessiva e puntare su insiemi significativi di attività operative.

La relativa brevità dei moduli permette di alternare in maniera agevole esperienze scolastiche con esperienze sportive e di favorire passaggi non solo dall’attività curricolare all’attività complementare sportiva, ma anche alla pratica amatoriale dello sport per tutti ed infine ad esperienze di attività sportiva agonistica.

I percorsi curricolari si articolerebbero per livelli, con esami/valutazioni di sbarramento e progressione non necessariamente uniforme. Inoltre, sarebbe possibile applicare crediti e debiti formativi. Le prime abilità da conseguire saranno quelle di base, trasferibili in tutti o in molti campi dell’attività, per passare poi a quelle tecnico-tattiche, disciplinari e settoriali. Infine, le competenze-abilità aspecifiche-trasversali, polivalenti e non connesse ad uno specifico professionale, sono in grado di attivare il massimo potenziale di trasferibilità, assicurando migliori performance di apprendimento e di lavoro e, di conseguenza, maggiori occupabilità e mobilità degli individui.

L’attenzione a queste competenze, definite “strategiche”, è centrale a livello comunitario, come sottolineato anche nel Libro bianco di Cresson, che propone nuovi percorsi metodologici di analisi e definizione dei contenuti di queste competenze nella prospettiva della ricerca di criteri per il loro accreditamento e riconoscimento europeo.

Le unità capitalizzabili consentono il succedersi dei moduli, conclusi positivamente con il raggiungimento di precisi obiettivi operativi, in modo da permettere la certificazione di quello che esattamente lo studente ha raggiunto in termini di abilità e competenze. L’organizzazione modulare potrà consentire anche l’accumulo di crediti formativi o la contrazione di un debito. Nel corso del periodo (anche dell’anno) successivo alla contrazione del debito lo studente, assieme ai suoi compagni eventualmente nelle stesse condizioni, sarà tenuto ad saldarlo. La competenza verrà acquisita, sia ripetendo il modulo, sia agendone appositi altri, anche individuali, di recupero.

Strumento della documentazione lungo il percorso educativo e formativo è il libretto formativo del cittadino, che riprende il concetto di portfolio arricchendolo delle abilità e delle competenze del singolo studente, nelle due fondamentali prospettive della formazione permanente e dell’orientamento nelle future scelte.

Necessario il sigillo delle istituzioni sulle competenze variamente acquisite, il che pone il problema di predisporre apposite modalità e nuovi criteri di certificazione, ma anche di comparazione, di riconoscimento e di accreditamento delle competenze comunque acquisite (la cosiddetta validazione). L’attività di certificazione rappresenta una delle principali misure trasversali, individuate nell’ambito degli obbiettivi del FSE, volte a creare i presupposti generali per il raggiungimento di obiettivi di qualità (efficacia ed efficienza) del sistema formativo e ad individuare strumenti e strutture per il rafforzamento dei sistemi di formazione ed occupazione. Partendo dalla definizione di criteri e modelli per l’individuazione di standard di qualità dell’offerta e delle strutture formative, vanno precisati i requisiti di qualità dei processi di apprendimento e delle strutture formative al fine di individuare soglie minime di performance, in accordo al Quadro di riferimento nazionale e comunitario in tema di trasparenza e certificazione e al Quadro normativo a livello regionale e nazionale.

Una tale impostazione si presterebbe, tramite la struttura per moduli capitalizzabili e libretto formativo e la certificazione di riconoscimento di esperienze motorie e sportive parziali, ad essere l’ideale veicolo per un’integrazione sinergica tra sistema dell’istruzione e sistema delle società sportive. Si configura un processo formativo complesso, che si inserisce nel quadro dell’educazione permanente e coinvolge i soggetti nel corso di tutta la loro vita.

Tale struttura di integrazione dell’offerta formativa consente ad ogni cittadino, anche nel settore delle attività motorie, sportive e del tempo libero, un continuo bilancio tra le diverse situazioni di apprendimento, siano esse organizzate, informali o non formali, in ambito scolastico o aziendale, teorico o pratico, agonistico e non agonistico. In tal modo la modularità si atteggia come una strategia che supera il pericolo di atomizzare i segmenti di curricolo, conferendo  a ciascuno di essi funzionalità, flessibilità e spazi di integrazione. Con la modularità sarà possibile integrare i curricoli con segmenti formativi tarati su specifiche esigenze. Questo non può e non deve significare dare ingresso nella scuola a localismi o provincialismi, poiché il fine precipuo dell’istruzione non è quello di coltivare il particolare, ma il glocale, ovvero di aprire al discente gli orizzonti del cosiddetto villaggio globale promuovendo la conoscenza del locale, in un circuito didattico virtuoso che si autoalimenta dalla capacità di dialogo e di integrazione tra i sistemi.

La certificazione, mirando al riconoscimento degli esiti del processo formativo ovunque realizzato, in maniera intenzionale o non intenzionale, dà concreta operatività a strumenti quali la trasparenza delle qualifiche, i crediti formativi e la personalizzazione dei percorsi formativi. Si tratta del più decisivo collante di un sistema polifonico ma unitario, necessario per far prevalere una regia di sistema sulle logiche e le culture parziali degli stessi.

Allo stato la polifonia del sistema di istruzione, in particolare della formazione professionale, è notevolmente dissonante e lontana da metodologie di valutazione autentica, ricorrendo eccessivamente ad una monocorde testificazione.

La competenza della certificazione, sempre di natura pubblica, andrebbe mantenuta separata dai diversi attori dell’acquisizione delle competenze. Un allenatore non può fungere nello stesso tempo da osservatore; analogamente, mentre gli insegnanti dovrebbe essere titolari della valutazione formativa, un’agenzia esterna dovrebbe certificare gli apprendimenti.

Tre, inoltre, sono gli ambiti delle aree certificabili: il saper e il saper fare, verificabili oggettivamente (con prove strutturate o semistrutturate); le competenze, legate al contesto culturale, professionale, artistico e sportivo; le attività pratiche ed il tirocinio, in strutture abilitate ed in contesti significativi.

Senza una concertazione sugli standard e sulla loro validazione, la certificazione dei crediti da recepire nei curricoli dovrebbe essere rimessa alla responsabilità della Scuola in fase transitoria, approntando comunque commissioni in cui siano presenti, oltre che docenti, esperti dei diversi settori.

Le certificazioni linguistiche comunitarie, basate sugli standard del QCER (Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue) e operate da soggetti terzi accreditati, costituiscono la buona pratica da estendere.

 

Un esempio di certificazione in Scienze motorie

La competenza generale “avere consapevolezza dell’importanza che riveste la pratica dell’attività motoria e sportiva per il benessere individuale e sociale e saperla esercitare in modo efficace”, di cui alle Linee Guida, si può scomporre in 5 competenze operative, per ciascuna delle quali si possono configurare 4 livelli di padronanza: 0 insufficiente, 1 base, 2 intermedio e 3 avanzato. Un’ipotesi di descrizione è:

 

IN OCCASIONE DELLA CERTIFICAZIONE DELL’OBBLIGO D’ISTRUZIONE

SVOLGERE ATTIVITÀ MOTORIE, ADEGUANDOSI AI DIVERSI CONTESTI RICONOSCENDO LE VARIAZIONI FISIOLOGICHE

3 Mostra adeguate conoscenze e realizza attività motorie differenti adeguandosi alle diverse situazioni.

2 Esegue differenti azioni motorie mettendo alla prova le proprie capacità.

1 Mette in atto gli adattamenti necessari se riferiti ad un’attività motoria abituale.

ESPRIMERE ATTRAVERSO LA GESTUALITÀ AZIONI, EMOZIONI, SENTIMENTI, ANCHE UTILIZZANDO ANCHE SEMPLICI TECNICHE

3 È in grado di esprimersi in modo sciolto e spontaneo assegnando significato al movimento.

2 Sa utilizzare correttamente modelli proposti.

1 Si esprime riferendosi ad elementi che appartengono ad un ambito conosciuto o familiare.

CONOSCERE E PRATICARE IN MODO CORRETTO ED ESSENZIALE I PRINCIPALI GIOCHI SPORTIVI E SPORT INDIVIDUALI

3 Mostra lealtà, sicurezza tattica e buone abilità nella pratica di varie attività sportive.

2 Conosce la tattica e sa giocare con sufficienti abilità a varie attività sportive, mostrando correttezza e rispetto delle regole.

1 Conosce le regole, le tecniche e le tattiche di base degli sport praticati.

CONOSCERE LE NORME DI PRIMO SOCCORSO E DI UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE E ASSUMERE COMPORTAMENTI RESPONSABILI NELLA TUTELA DELLA SICUREZZA

3 Mette in atto comportamenti adeguati per tutelare la sicurezza propria ed altrui. Possiede alcune conoscenze di primo soccorso e di alimentazione.

2 Svolge attività codificate e non, nel rispetto della propria e della altrui incolumità e sa riconoscere i danni causati dall’utilizzo scorretto di carichi. Conosce le norme basilari del primo soccorso.

1 Utilizza in modo appropriato strutture e attrezzi, applica alcune tecniche di assistenza e conosce il 118 e la sua funzione.

UTILIZZARE MEZZI E STRUMENTI IDONEI A PRATICARE ATTIVITÀ IN AMBIENTE NATURALE

3 Elabora semplici strategie per la pratica di attività sportive e ricreative in ambiente naturale.

2 Seleziona gli opportuni strumenti e attrezzature da utilizzare nei diversi ambienti.

1 Applica concetti tecnici acquisiti per muoversi adeguatamente in ambiente naturale.

 

IN OCCASIONE DELLA CERTIFICAZIONE DELL’ESAME DI STATO

SAPER ADATTARE TEMPI E RITMI NELL’ ATTIVITÀ MOTORIA E SPORTIVA RICONOSCENDO I PROPRI LIMITI E LE PROPRIE POTENZIALITÀ

3 Mostra buone conoscenze ed é in grado di organizzare un proprio piano periodizzato di allenamento.

2 Realizza attività motorie differenti in relazione agli altri e all’ambiente mostrando di possedere adeguate conoscenze.

1 Ha consapevolezza delle proprie capacità e svolge attività in coerenza con le competenze possedute.

RIELABORARE CREATIVAMENTE IL LINGUAGGIO ESPRESSIVO, ADATTANDOLO A CONTESTI DIFFERENTI

3 Sa applicare e rielaborare le tecniche espressive in diversi ambiti, sapendo assegnare qualità al movimento.

2 È in grado di interagire con i compagni adeguandosi, apportando contributi personali.

1 Sa individuare e trasferire specificità combinando e sintetizzando informazioni provenienti da fonti diverse.

CONOSCERE STRATEGIE DI GIOCO E DARE IL PROPRIO PERSONALE CONTRIBUTO AL GIOCO INTERPRETANDO AL MEGLIO LA CULTURA SPORTIVA

3 Mostra notevoli abilità tecnico-tattiche nella pratica di vari sport, collabora mantenendo corrette e leali relazioni, coopera con ruoli definiti, approfondisce i significati dello sport.

2 Sa mettere in atto le giuste strategie applicando il regolamento con imparzialità, mantenendo il fair play, è interessato ad aspetti teorici dello sport.

1 Conosce le tecniche di base e alcune tattiche di gioco degli sport praticati.

CONOSCERE LE NORME DI COMPORTAMENTO PER LA PREVENZIONE DI INFORTUNI, DEL PRIMO SOCCORSO E I PRINCIPI PER L’ADOZIONE DI CORRETTI STILI DI VITA

3 E’ in grado di ideare, progettare e realizzare, un’attività motoria finalizzata applicando norme e principi per la sicurezza e la salute.

2 Esegue autonomamente assistenza al compagno. E’ consapevole dei disturbi alimentari e dei danni indotti dalle dipendenze.

1 Mostra comportamenti idonei a prevenire infortuni durante le diverse attività motorie e sa agire in caso di infortunio. Conosce e sa applicare i principi per un corretto stile di vita.

ELABORARE E PIANIFICARE AUTONOMAMENTE PROGETTI, PERCORSI, ATTIVITÀ IN AMBIENTE NATURALE

3 Programma, organizza e pratica attivamente adeguate attività in ambiente naturale.

2 Conosce e pratica molteplici attività in coerenza con l’ambiente naturale.

1 Gestisce autonomamente la propria attività programmata in ambiente naturale.

 

La programmazione per competenze obbliga a valutare l’apprendimento riferendosi a standard, mentre tradizionalmente gli insegnanti valutano le conoscenze secondo una scala decimale. Come conciliare la valutazione decimale disciplinare con la valutazione fondata su standard?

Un elemento altamente critico è il modello italiano di certificazione alla fine dell’obbligo. Se si procede a un confronto tra il descrittore del livello EQF 2 (corrispondente all’obbligo di istruzione comunitario) e il modello di certificato allegato del D.M. 9/2010 per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione nazionale, si possono osservare, infatti, gravi criticità:

1) Le competenze di base nel modello dell’obbligo non si traducono in descrittori transdisciplinari, ma in criteri monodisciplinari, tra l’altro non esemplificati né articolati.

2) Non è chiaro quale criterio può, anche con molta buona volontà e in una dimensione parziale, essere riferito alle Scienze motorie e sportive.

3) I livelli di acquisizione delle competenze (distinti in base, intermedio, avanzato) propongono descrittori che di fatto alludono, nelle fasce intermedio e avanzato, ad anticipazioni di quanto nell’EQF ritroviamo dichiarato per livelli superiori al 2°, rispettivamente al 3° e al 4°. In effetti, la differenza negli standard dei livelli doveva trovare fondamento per es. nel tempo nel quale gli alunni raggiungevano il comportamento competente e non nella complessità della richiesta-risposta.

4) Purtroppo molti collegi docenti sono andati oltre, suggerendo un automatismo altamente negativo, quello tra la scala grafica di valutazione decimale e la scala di valutazione basata su standard di competenza, che non solo è impraticabile su un piano docimologico, ma apre al pericolo gravissimo di una semplificazione del percorso tra voto disciplinare e valutazione della competenza.

Nelle mie lezioni, faccio spesso un esempio di prova valutativa. Si tratta di un compito di realtà, che spero possa essere adottato: l’alunno alla fine del biennio dell’obbligo d’istruzione accede a un colloquio transdisciplinare, in cui viene simulata una selezione per l’ammissione al lavoro, nella quale deve presentare se stesso, utilizzando le prove e le valutazioni decimali disciplinari. Tale prova viene valutata con una scala graduata su livelli, che caratterizza la propria certificazione di competenze alla fine dell’obbligo d’istruzione.

È una condizione di esame altamente motivante, perché è una situazione che per l’alunno si presenterà nella vita. Nella preparazione, l’alunno può collaborare con i propri compagni ma nello stesso tempo, dovendo presentare autenticamente se stesso, tra l’altro non può copiare passivamente. Infine, si pensi che il sistema italiano, del resto, è l’unico, nell’Europa comunitaria, in cui alla fine dell’obbligo dell’istruzione non è previsto un esame.
La valutazione basata su standard di competenza

In termini generali, possono essere definiti 4 Livelli relativi alle competenze.

1) Livello di base non raggiunto

Nel caso in cui non sia stato raggiunto il livello di base è riportata l’espressione livello base non raggiunto (con indicazione della relativa motivazione).

2) Livello  di base

Lo studente svolge compiti semplici in situazioni note mostrando di possedere conoscenze ed abilità essenziali e di saper applicare regole e procedure fondamentali.

3) Livello  intermedio

Lo studente svolge compiti e risolve problemi complessi in situazioni note, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite

4) Livello avanzato

Lo studente svolge compiti e risolve problemi complessi in situazioni anche non note, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità. Sa assumere autonomamente decisioni consapevoli e responsabili evidenziando buone capacità espressive e relazionali.

 

Valutazione, validazione e certificazione: lo stigma

La valutazione apprezza il processo soggettivo di apprendimento. La certificazione attesta l’oggettivo possesso di competenze graduate. Tra le due c’è la validazione, processo mediante il quale l’esperienza maturata da una persona in contesti non formali e informali viene ricostruita, documentata e descritta in termini di competenze e, successivamente, posta a confronto con standard istituzionalmente definiti, in funzione del riconoscimento dei crediti formativi corrispondenti.  Tali standard dovrebbero essere le unità di competenza (le già viste UFC: unità formative capitalizzabili), distinte alcune a seconda delle Figure professionali nazionali di riferimento.

 

La Valutazione autentica

E’ necessario il passaggio DAI TEST A SCELTA MULTIPLA A UNA MULTIPLA SCELTA DI COMPITI DI REALTÀ, ovvero COMPITI AUTENTICI o COMPITI ESPERTI IN SITUAZIONI-PROBLEMA. Esempi: valutazione effettuata sulla risoluzione di problemi  reali (taken from life); prove plurime ed eterogenee (performance alternative or authentic assessment); focus su performance complessa; attenzione alle abilità cognitive complesse sottese al compito (definizione del problema e strategie di soluzione, etc.) e non solo alle conoscenze apprese, dichiarative o procedurali, e integrazione delle prove con colloqui di ricostruzione delle strategie cognitive; setting di valutazione che riproducono la situazione reale, con possibilità di consultazione delle fonti (open book) e di cooperazione, ecc.; ove opportuno o necessario, integrazione con prove oggettive tradizionali; confronto tra valutatori.

Il discorso vale per tutte le materie. Per ciascuna disciplina si possono individuare nodi disciplinari, a cui vengono dedicati moduli.

I compiti esperti rappresentano punti d’arrivo di progressiva padronanza del nodo disciplinare e del o dei modelli relativi. Per esprimere questo valore si usa il concetto di soglia di padronanza. Essa non deve identificarsi semplicemente con l’idea corrente di obiettivo che indica soprattutto il prodotto dell’apprendimento. A differenza di questo la soglia, che è molto vicina al concetto di competenza, esprime le tappe di crescita previste per l’allievo in termini di consapevolezza concettuale e processuale, ovvero indica il carattere, definito stigma, che la prestazione dovrebbe avere perché l’allievo ne abbia la padronanza ad un dato livello e qualifica il modo con cui il soggetto esercita abilità e prestazioni. Il percorso a fasi, che è inerente all’idea di soglia, sottende la direzione e i modi per realizzare la consapevolezza, cioè le condizioni, le procedure e anche i comportamenti che consentono le relazioni tra conoscenze, abilità e funzioni metacognitive.

La consapevolezza esprime il continuum di crescita, tramite esperienza (soprattutto informale e non formale), cognizione e metacognizione (formali), dei processi di conoscenza dichiarativa, procedurale ed immaginativa.

Con il compito di realtà si valutano insieme le competenze chiave (es.: *analizzare e valutare la situazione complessa; *diagnosticare e prefigurarne lo sviluppo; *applicare l’informazione acquisita; *proporre soluzioni originali ecc.) e le competenze disciplinari (*identificare la tattica dell’avversario nel gioco; *rilevare l’organizzazione di un territorio; *osservare, analizzare e descrivere fenomeni; *leggere, analizzare e comprendere testi attinenti le attività motorio-sportive; *effettuare procedure di calcolo, da quelle operative di tipo ottico-motorio a quelle complesse, scritte e mentali  ecc.). Risulta, così, amplificata la potenzialità interdisciplinare delle stesse competenze disciplinari.

L’apprendimento è situato perché la conoscenza è situata e sociale. Ogni apprendimento nasce in uno specifico contesto ed è influenzato da tre ordini di fattori: • elementi sociali; • stato del soggetto; • tipologia del compito.

L’apprendimento non si sviluppa solo in rapporto all’insegnamento, ma è un processo collegato ad una comunità, il cosiddetto contesto. Va sottolineato il concetto di partecipazione periferica legittimata (con conseguente visione di apprendimento complesso), caratterizzata da continua negoziazione e reificazione. Il soggetto realizza un apprendimento significativo quando apprende in modo attivo. La negoziazione sottolinea il fatto che l’alunno costruisce il significato delle informazioni negoziandolo socialmente e modificandolo per integrare le informazioni da apprendere a quelle precedenti. La reificazione, invece, si riferisce al processo mentale mediante il quale si da concretezza ad un oggetto astratto.

 

Alcune interpretazioni delle attività autentiche sono:

• attività basate su situazioni reali;

• attività basate sull’applicazione della conoscenza o delle abilità concettuali;

• attività che abbiano un aggancio attivo generativo nella definizione e soluzione dei problemi;

• attività che siano radicate nelle convinzioni e nei valori dell’allievo.

 

I QUATTRO COMPONENTI PER UN APPRENDIMENTO AUTENTICO SONO:

1. I problemi del mondo reale che coinvolgono:

• gli studenti nella loro vita quotidiana;

• le persone (cittadini) nel vivere sociale;

• i professionisti nel loro lavoro;

• i ricercatori per la generazione di nuove soluzioni.

2. Le attività di indagine e di pensiero in continua interazione tra pratiche e metacognizione.

3. Una comunità di soggetti in apprendimento.

4. La direzione di senso con la responsabilità degli studenti attraverso la scelta e la decisione.

 

La certificazione andrebbe operata, dai seguenti soggetti, secondo la priorità:

1) Soggetti terzi, esterni, non implicati nel processo formativo-lavorativo (Es.: ente pubblico, soggetti e agenzie accreditati, …) su Competenze (rispetto a standard).

2) Soggetti secondi, interni alla struttura, in rapporto diretto con la persona in formazione o lavoro (Es.: docenti, formatori, responsabili, tutor, dirigenti,…) su Conoscenze, Abilità e Competenze solo se con accertamenti intersoggettivi, per es.:

metodo triangolato (anche con soggetti terzi);

strumenti quali-quantitativi integrati;

con criteri su standard predefiniti;

in situazioni da simulate, a protette (semisimulate), a reali;

su problemi reali, via via più complessi, verso quelli inediti;

con controllo esterno.

3) Soggetto medesimo (autocertificazione) per i dati inconfutabili (e per quanto precedentemente certificato dalle parti 1 e 2).

 

I descrittori

Per definire le competenze in dettaglio si utilizzano i descrittori, che sono prestazioni che hanno la natura di comportamenti indicativi, al fine dell’espressione di un giudizio sul grado di possesso ed esercizio di quella competenza da parte dell’individuo.

Il primo passo della valutazione della prestazione è l’individuazione di tali descrittori, gli indicatori che consentono di valutarne l’efficacia. Ad esempio, considerando la prestazione  «ricerca le informazioni necessarie all’esecuzione di un compito», è possibile misurarne l’adeguatezza considerando alcuni elementi: 1) il numero delle informazioni cercate e trovate rispetto a quelle necessarie; 2) le fonti utilizzate rispetto alle fonti utili disponibili; 3) il tempo impiegato con il procedimento di ricerca utilizzato rispetto al procedimento di ricerca ottimale.

La prestazione può, perciò, essere valutata in funzione del risultato da conseguire (se non si identificano e recuperano tutte le informazioni mancanti, il compito non può essere eseguito correttamente), oppure di una specifica consegna ricevuta, oppure ancora in rapporto alla performance mediamente resa da un determinato gruppo di persone.

Dovranno essere costituiti dei repertori. Allo stato la maggior parte di quelli disponibili sono stati predisposti nell’istruzione professionale sulla base delle richieste delle aziende o degli standard professionali disponibili.

 

Vanno precisati i seguenti elementi in grassetto:

Prestazioni

Per ogni competenza definire le prestazioni che la dimostrano, derivandole da repertori.

Prestazioni nel contesto

Adattare, se necessario, le prestazioni rispetto alla situazione concreta e alle necessità degli attori coinvolti.

Attività  

In relazione a ciascuna prestazione, si tratta delle attività che si propongono agli studenti; possono essere curricolari o extracurricolari.

Indicatori di prestazione

Si tratta degli indicatori con cui misurare la prestazione, in relazione all’attività proposta (anche questi sono concordati tra gli attori coinvolti).

Metodi di rilevazione

Per ciascun indicatore va dettagliato come si intende rilevarlo e con quali strumenti: rubriche e griglie di osservazione (da consegnare agli alunni preventivamente e da allegare successivamente), controllo della documentazione, esame dei risultati ecc.

Scala di valutazione

Per ogni prestazione (e per gli indicatori corrispondenti) va precisato il peso percentuale, che essa assume ai fini della valutazione della competenza (attenzione: il peso di una stessa prestazione può variare a seconda dell’attività).

 

L’efficacia dell’azione didattica è connessa alla cura dell’ambiente di apprendimento: a) costruire attività accattivanti e motivanti; b) collocarle in situazioni reali di vita, anche ricreando a scuola contesti d’uso, realizzando prodotti autentici; c) governare il clima di classe, mentre si lavora sull’unità di apprendimento, per controllare sempre la collaborazione fra gli allievi e la disponibilità ad ascoltare da parte di tutti.

La comunicazione sulla valutazione agli alunni e alle loro famiglie deve essere regolare, dettagliata e chiara: gli alunni dovrebbero ricevere il feedback del voto alla fine di ogni lezione o sua parte significativa; i criteri di valutazione devono essere comunicati prima di ciascuna prova e il messaggio valutativo deve contenere indicazioni per lo sviluppo delle competenze; infine, il giudizio deve essere in un linguaggio ben comprensibile per chi lo riceve.

I sistemi di valutazione, comunque, vanno regolarmente rivisti e migliorati, nell’ottica di una valutazione totale ed autentica.

Il paradigma della valutazione da misurazione diventa triangolazione, perché più prove differenziate da diverse prospettive riescono meglio a cogliere l’unicità di ogni alunno, a svilupparne curiosità ed integrazione sociale e a nutrire i suoi bisogni di commisurazione e di movimento.

M. Veladiano, Parole di scuola

veladianoMariapia Veladiano, Parole di scuola, Edizioni Erickson 2014

Mariapia Veladiano conosce bene il mondo della scuola, ha insegnato lettere per oltre vent’anni, e successivamente è diventata preside. Conosce i ragazzi, le difficoltà e i successi. Conosce i professori le loro frustrazioni ma anche i loro sogni. Parole di scuola, Edizioni Erickson 2014, è un concentrato di consapevolezza, suoni e, appunto, parole.
Pur sottolineando il lato critico della scuola, quello che sta perdendo fiducia, che fatica ad avanzare giorno dopo giorno, Mariapia Veladiano cerca di donare un messaggio di speranza, e sottolinea l’importanza di capire le parole giuste per capire sé stessi, gli altri, il mondo. La vita.
Ma i libri a scuola bisogna bene che i ragazzi li possano trovare. Bisogna disseminare la loro strada di libri belli. Perché anche lo studente più riluttante possa trovare quello che lo fa innamorare. Non si può immaginare un modo diverso perché questo capiti se non quello di farli incontrare: esporre gli studenti al libro e alla lettura.
Partendo dall’insegnante apparentemente perfetto, Albus Silente di Harry Potter, l’autrice dona alle parole il potere di descrivere il mondo scolastico, le paure di insegnanti e alunni, aspettative e sogni, con l’augurio che l’entusiasmo non venga mai meno, anzi si arricchisca sempre di novità e vinca tutte le sfide del momento.
La letteratura ci ha consegnato in mille forme la paura dello studente: di essere emarginato, di un maestro severo, di compagni gagliardamente crudeli secondo l’età, di non capire, di restare indietro, fuori.
Oggi la paura è anche dell’insegnante. E la paura è una pessima compagna di strada. C’è uno schiacciamento della nostra esistenza quotidiana sulla paura.

Scheda libro: http://bit.ly/ParoleDiScuola_Veladiano

Mariapia Veladiano Laureata in filosofia e teologia, ha felicemente insegnato lettere per più di vent’anni e ora è preside a Rovereto. Collabora con «Repubblica», «Avvenire» e con la rivista «Il Regno». Nel 2010 il suo primo romanzo, La vita accanto, vince il Premio Calvino e l’anno dopo arriva secondo al Premio Strega; seguono Il tempo è un dio breve (2012), Messaggi da lontano (2012) e Ma come tu resisti, vita (2013).

Ricorso Stabilizzazione

Ricorso Stabilizzazione: un’altra precaria stabilizzata e 65.000 Euro di risarcimento danni per tre iscritti ANIEF

A poche ore dall’udienza in Corte di Giustizia Europea, l’ANIEF continua ad affermare il suo primato di sindacato con il maggior numero di sentenze ottenute negli ultimi mesi che riconoscono il diritto alla stabilizzazione dei precari: il Tribunale di Trani, con tre distinte sentenze emesse negli ultimi giorni, dà piena ragione al nostro legale Avv. Michele Ursini e riconosce 65.000 Euro di risarcimento del danno in favore dei ricorrenti e il diritto di una nostra iscritta alla conversione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato a far data dall’a.s. 2008/2009 per l’illecita reiterazione dei contratti a termine che il MIUR aveva stipulato con lei sin dal 2004.

L’ANIEF continua a far stabilizzare i precari della scuola con almeno 36 mesi di servizio su posto vacante e disponibile; l’ulteriore sentenza del Tribunale di Trani non fa che confermare quanto da sempre sostenuto dal nostro sindacato e riconosce il pieno diritto di un’altra nostra iscritta alla stabilizzazione del contratto di lavoro ordinando al MIUR “di riammettere immediatamente in servizio la ricorrente, con conseguente ricostruzione della carriera i fini previdenziali, pensionistici, di anzianità e retributivi e di risarcirle il danno in misura pari ad “un’indennità onnicomprensiva” di 9 “mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto”, maggiorata degli accessori di legge”.

La ricorrente, docente precaria che da ben 10 anni lavorava con contratti a termine al servizio del Ministero dell’Istruzione, ha finalmente ottenuto ragione grazie all’intervento dell’ANIEF e ottenuto il giusto riconoscimento del suo diritto ad essere stabilizzata; in sentenza, infatti, il Giudice dà piena ragione al nostro sindacato e rileva che “se la parte ricorrente fosse stata dipendente di un’impresa “privata”, le conseguenze di tale incredibile reiterata sequela contrattuale, in forza del D. Lgs. 368/2001, sarebbero state talmente ovvie che nessuno avrebbe contestato il suo buon diritto ad essere “stabilizzata”, in quanto – a parte la mancata indicazione, nei documenti negoziali, delle ragioni legittimanti l’apposizione del termine – la ripetuta sottoscrizione dei contratti di cui si discute sarebbe stata di per sé sufficiente, per un verso, a documentare l’esistenza, nella specie, di esigenze “strutturali” e per nulla provvisorie e, per altro verso, il palese abuso di tale tipologia contrattuale da parte del datore di lavoro”.

Altre due sentenze ottenute dall’ANIEF presso il medesimo tribunale riconoscono ai ricorrenti un cospicuo risarcimento del danno subito per l’illecita reiterazione dei plurimi contratti a termine, condannando il MIUR anche “a ricostruire agli effetti giuridici ed economici tutti, la carriera professionale dell’odierna parte ricorrente, con la corresponsione delle risultanti differenze retributive, in uno agli accessori di legge sulle somme dovute”.

L’ANIEF ricorda a tutti i lavoratori della scuola con più di 36 mesi di servizio su posto vacante e disponibile, che da anni versano nella condizione di precari, che è ancora possibile ricorrere scrivendo a r.ruolo@anief.net per ottenere le istruzioni operative e poter finalmente ottenere giustizia.

Tablet sol dell’avvenire

TABLET SOL DELL’AVVENIRE

di Umberto Tenuta

Laudatores temporis acti, non piangete!
Non piangete, perché un bell’e orribile mostro si sferra, corre gli oceani, corre le terre.
Non piangete, se i salassi non potete più utilizzare.
Non piangete se con i vostri figli sparsi per il mondo potete comunicare.
Non piangete, se sulla carta di Amalfi e sulla carta di Fabriano più non scrivete!
Non piangete!
Non piangete se il tablet è il sol dall’avvenire!
L’avvenire domani verrà!
Si è già fatto annunciare.
Verrà ed i bimbi di un anno lo avranno come carillon.
Verrà ed i bimbi lo avranno come bambola trasformista per i loro gusti cangianti.
Verrà ed i bimbi a diciotto mesi lo utilizzeranno per imparare a leggere.
Verrà e con il mondo reale convivrà in pace.
Verrà…
L’uomo non ferma il cammino iniziato quando decise di scendere dall’albero e diede inizio alla sua avventura per terre, per monti, per mari, per oceani, per cieli infiniti…
Nessuno è mai riuscito ad uccidere i sogni dell’uomo.
Nessuno ucciderà il suo sogno digitale!
Basta!
E inutile, dispendioso, sciocco fare guerre.
Facciamo un armistizio, facciamo la pace.
E pace sia!
Ad una cosa sola non rinunciamo.
Nihil humani a me alienum puto!
Tutto ciò che l’uomo ha creato nel corso dei millenni ci appartiene.
Il fuoco, l’ascia, la ruota, l’arco, la parola, il cuneo, la leva, le ali di Icaro…
Tutto ciò che è umano appartiene ed apparterrà sempre all’uomo.
E, allora, i tablet le mamme comprano ai bimbi.
Non glieli togliamo a scuola, non facciamoli piangere!
Prima e assieme ai tablet però nella scuola portiamo il mondo, le pietre, i fiori, i lombrichi…
Anzi, prima ed assieme andiamo ad ammirare le meraviglie dei fili di erba, i mille colori dei petali dei fiori, i grilli che saltellano e non li prendi mai, i fringuelli che spiccano il volo appena da lontano avvertono il rumore dei tuoi passi…
Un bel libro ha scritto Maria Luisa Altieri Biagi: Oggetti Numeri Parole
Dove stanno gli oggetti, i numeri e le parole!
In tutte le aule scolastiche delle classi prime!
Suvvia, mezzo secolo non basta per dimenticare lo studio d’ambiente dei Programmi didattici del 1955.
Nelle aule si soffoca, apriamo le finestre, apriamo le porte, e per le vie andiamo a guardare il mondo che la scuola circonda: un libro meraviglioso si squaderna dinnanzi agli occhi incantati dei nostri bambini!
E quando ritorniamo in aula avremo la realtà virtuale, la realtà aumentata delle cose viste, toccate, udite, assaporate ed annusate anche, come le verdi foglie della menta piperita.
Queste cose manipoliamo ancora, sul tablet a colori, con le sue immagini virtuali, tridimensionali, della realtà aumentata.
Forse le LIM non serviranno più.
Ogni studente avrà la sua LIM nel tablet che leggero si porta nella tasca dei pantaloni, tanto pantaloni uguali sono per maschi e per femmine.
E forse lavagne, quaderni, libri, radio, televisione, computer… non serviranno più.
È questo il destino che l’uomo ha voluto e si è costruito.
Il Tablet è creatura dell’uomo, creatura umana ed umanizzante.
Umanizzante, sì!
Umanizzante, perchè consente di appropriarsi del capitale più grande che gli uomini hanno costruito, il capitale umano, la cultura.
Pensate!
Nel Tablet si riassume la pergamena, la penna d’oca, la carta, il telegrafo, il telefono, la radio, la TV.
Che altro volete?
Basta la guerra!
In pace si vive meglio.
La pace sia con voi, maestre care, maestri cari!
Viviamo in pace, viviamo in pace con i nostri tablet!
O maestre, o maestri, viviamo in pace con i nostri Tablet, nuova, avveniristica, meravigliosa risorsa didattica per i docenti che tutti lo sanno utilizzare e per gli studenti che impareranno ad utilizzarlo per soddisfare la loro innata curiosità umana che dentro i cuori si portano, come dote genetica che ormai, con il giocattolo dei Tablet, la scuola mai più spegnerà.
Ora nelle nostre scuole è di casa il Tablet, sole dell’avvenire dei nostri giovani studenti!

L’indagine sui NatiDigitali, nell’ambito del convegno TISP

Tra libri di carta per la buonanotte e app per il viaggio: ecco come leggono i bimbi di oggi (secondo mamma e papà)
Presentata oggi, 26 marzo, alla Fiera internazionale del Libro per ragazzi di Bologna, l’indagine sui #NatiDigitali, nell’ambito del convegno TISP

Le mamme italiane cominciano a scegliere i libri digitali (extra scolastici) per far leggere i loro bambini: più di 3 su 10 dicono sì a ebook e app per il bimbo, anche se piccolissimo. E’ quanto emerge dalla seconda edizione dell’indagine #NatiDigitali dedicata alla lettura dei bambini nell’era digitale e presentata oggi, 26 marzo, alla Fiera del Libro per ragazzi nell’ambito di un convegno internazionale organizzato dal progetto TISP (Technologies and Innovation for Smart Publishing).
La ricerca – promossa da AIE (Associazione Italiana Editori), AIB (Associazione Italiana biblioteche), Filastrocche.it e Mamamò.it, in collaborazione con FattoreMamma – ha cercato di far luce sulla lettura dei bambini – di età compresa tra 0 e 14 anni – nell’era digitale, basandosi su un campione di circa 700 risposte di mamme e papà (più della metà, a sorpresa, di piccolissimi, tra gli 1 e 5 anni) a un questionario online.
Cosa ne è emerso? Aumenta rispetto al 2013 la propensione dei genitori a far leggere i propri figli in digitale (soprattutto app ed ebook): si passa dal 30,3% di mamme e papà che nel 2013 hanno affermato di aver utilizzato libri digitali al 34,6% di quest’anno. Più di un genitore su tre sceglie insomma tutte le forme di lettura oggi disponibili.
Libro di carta per la buonanotte, app per il viaggio o per intrattenere i bimbi. Il 72,6% del campione legge libri cartacei (albi illustrati, pop-up, libri attivi, racconti o romanzi, albi da colorare) tutti i giorni. C’è però un interessante 16,1% di bambini tra gli 1 e i 14 anni che legge in digitale (almeno una volta alla settimana o tutti i giorni). E proprio per addormentarsi (78%) o con mamma o il papà (59%) sono le occasioni  fondamentali in cui si leggono libri di carta. Quelli digitali? Si usano invece soprattutto per intrattenere i bimbi (34,4%), in viaggio (38,6%), in vacanza (26,1%) (la sintesi dettagliata dell’indagine è in allegato).
<La ricerca – spiega Francesca Archinto, coordinatrice del gruppo editori per ragazzi di AIE –  punta proprio a indagare gli atteggiamenti dei genitori nei confronti del digitale. Le mamme e papà cominciano ad aprirsi ai nuovi modi di leggere. Non è più tempo per la dicotomia carta/digitale ma per uno sforzo e uno slancio in più: avvicinare in ogni modo i bambini ai libri e trasformarli in lettori per la vita>.
<I genitori italiani – rilevano Roberta Franceschetti ed Elisa Salamini, curatrici del sito Mamamò.it – stanno imparando a cogliere le nuove opportunità legate ai libri digitali per bambini. Apprezzano per esempio il fatto che i libri digitali, con la loro dimensione interattiva e multimediale, diventino buoni alleati per imparare le lingue straniere e per stimolare l’autonomia del bambino. Si rendono conto che un buon libro digitale non si scarica solo gratis. Che sia su carta o su tablet, l’importante è che i bambini leggano e che ci siano una buona storia e delle belle illustrazioni>.
<I genitori e in particolare le mamme, che hanno risposto in gran numero alla nostra ricerca – sottolinea Jolanda Restano, fondatrice FattoreMamma e Filastrocche.it – stanno riducendo la loro diffidenza verso i libri digitali. Li considerano soprattutto come fonte d’intrattenimento per i momenti critici, per esempio quando i bambini sono in coda o al ristorante e c’è la necessità di tenerli tranquilli. I libri digitali, in pratica, non hanno ancora raggiunto la “nobiltà” del libro cartaceo, che resta il preferito nei momenti di coccola tra genitori e figli, come in occasione della lettura serale prima di addormentarsi>.

SCUOLE CHIUSE 6 E 13 MAGGIO (CON MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA)

VALUTAZIONE DEI PRESIDI? LICEO A 4 ANNI? DUE GIORNI DI SCIOPERO PER BLOCCARE I TEST INVALSI ED IL MINISTRO GIANNINI. SCUOLE CHIUSE 6 E 13 MAGGIO (CON MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA)

Abbiamo capito cosa vuole la Giannini: 1) eliminare la libertà d’insegnamento e d’apprendimento tramite ‘valutazioni’ discrezionali d’autorità ed una gestione privatistica della scuola incardinata sulla figura del ‘dirigente’, sulle intromissioni del capitale privato (inteso come committenza), sul collegamento ai risultati dei vergognosi test Invalsi. Nessun investimento per potenziare tempo pieno, mense, trasporti o per contenere tasse e costo dei testi. Di contro, come i suoi predecessori, neppure la Giannini s’è accorta che con 8/9 anni siamo all’ultimo posto nel continente per offerta formativa obbligatoria (10/11 la media UE) e che quotidianamente viene violato il diritto allo studio dividendo le classi a causa della riduzione degli stanziamenti per la sostituzione degli assenti (con decine di migliaia di precari cacciati dalla scuola); 2) eliminare del tutto gli automatismi d’anzianità, dopo che sono stati ‘congelati’ e restituiti solo in parte (grazie ad un accordo-truffa sottoscritto da CISL, UIL, SNALS e Gilda) a detrimento del fondo di istituto, ormai privo di risorse per progetti, funzioni strumentali, straordinari ata ed ore aggiuntive di didattica, ovvero di tutto ciò che serve contro abbandono e mortalità scolastica; 3) fingere di non accorgersi che retribuendo al livello più basso d’Europa i docenti ed investendo meno di chiunque in percentuale di PIL destinata ad istruzione, università e ricerca, si sviluppa una ‘pedagogia sociale’ che deprime il valore della scuola e della cultura e induce da anni evasione e mortalità, le più alte addirittura nelle zone più ricche del Paese (e non più nel meridione); 4) realizzare l’ultimo punto del programma della Loggia P2 rimasto ‘inevaso’: eliminare il valore legale del titolo di studio, così che un laureato possa venire retribuito come se non avesse neppure la licenza elementare; 5) eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal ‘dirigente’ e non più da un genitore; assumere il personale per chiamata diretta e discrezionale come nelle scuole private; 6) ridurre i Licei a 4 anni, eliminare filosofia e storia dell’arte, continuando nell’opera di demolizione sistematica dei saperi e della qualità dell’istruzione cominciata con la ‘berluscuola’ (‘maestro prevalente’ e soppressione dell’unitarietà didattica del tempo pieno, taglio delle ore di storia, geografia, lettere, Liceo Scientifico senza il latino…).

CGIL, CISL, UIL, SNALS e Gilda parlano di contratto, ma fanno finta di non sapere che proprio grazie all’accordo siglato da loro con Tremonti siamo in blocco, che il contratto da biennale (per la parte economica) l’hanno fatto diventare triennale e soprattutto che hanno portato la scuola nel calderone indistinto del pubblico impiego, all’interno del quale vige la regola (DL.vo 29/1993) che gli ‘aumenti’ non possano superare l’inflazione programmata dalla parte datoriale (Ministro dell’economia). Per questo, col passaggio dalla lira all’euro, avemmo un rinnovo del 2% a fronte del dato Istat al 6% e di un aumento dei prezzi al consumo pari al 50%. Per questo, dal 1995 abbiamo contratti sempre sotto l’inflazione dichiarata (dato Istat) e reale (incremento vero del costo della vita) e non potremo MAI neppure avvicinarci alla media retributiva europea, ove siamo (tenendo presente anche la diversità dei costi standard) all’ultimo posto, persino sotto a Grecia e Portogallo. O si esce dal pubblico impiego e dal campo di vigenza del DL.vo 29/1993, come l’Unicobas vuole da anni, o risulta persino ridicolo parlare di stipendi (…europei).

Per le ragioni su addotte, l’Unicobas vuole un contratto specifico per tutta la scuola fuori dall’area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la ‘libertà di impiegamento’ e dove non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l’istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza (con diramazioni provinciali), adibito a garantire, così come per la Magistratura, l’autonomia e la terzietà della Scuola pubblica. Senza tutto ciò la privatizzazione della scuola e la sua subordinazione alle caste della politica ed agli interessi economici di parte, è sicura. Per tutta la scuola, docenti ed ata, dal momento che anche un collaboratore scolastico ha competenze di vigilanza che un usciere del ministero non ha, dal momento che gli aiutanti tecnici hanno competenze di coadiuzione educativa e gli amministrativi firmano bilanci di milioni che ovunque (anche nel sistema privato) darebbero luogo a retribuzioni ben più alte.

 

Stefano d’Errico (Segretario Nazionale)

Idonei al concorso, ma manca la graduatoria: diffidato l’Ufficio Scolastico Regionale

da Tecnica della Scuola

Idonei al concorso, ma manca la graduatoria: diffidato l’Ufficio Scolastico Regionale
Il concorso per 224 dirigenti scolastici da destinare alle scuole campane segna un’altra tappa giudiziaria.
Nei giorni scorsi è stata notificata una diffida giudiziale all’Ufficio Scolastico Regione con l’obiettivo di ottenere la conclusione del procedimento attraverso la pubblicazione della graduatoria di merito. “Siamo stati costretti – spiega l’Avv. Marisa Annunziata del foro di Salerno, che rappresenta circa 100 concorrenti già dichiarati idonei dopo le prove del concorso – a ricorrere allo strumento della diffida perché è obiettivamente inaccettabile che quanti hanno partecipato e superato le prove del concorso si ritrovino adesso nella sgradevole situazione di essere addirittura additati non come coloro che hanno di fatto diritto a vedere riconosciuti i propri meriti professionali, ma, addirittura, come coloro che potenzialmente potrebbero avere messo in atto comportamenti non trasparenti”. “Se, da un lato, vi è il lavoro della Magistratura al quale va il nostro incondizionato apprezzamento – continua l’Avv. Annunziata – dall’altro, non appare giusto che vengano sacrificate le legittime aspettative di quanti risultano estranei alle indagini in corso, con il rischio che i propri titoli professionali siano infangati da accuse indiscriminate e al momento in corso di verifica”. “Naturalmente – aggiunge l’Avv. Annunziata – le indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Napoli dovranno giustamente chiarire se sono state commesse illiceità ed individuare e punire eventuali responsabili.  Ci si augura, però, che l’attività giudiziaria, avviata a carico di alcuni componenti delle commissioni e di alcuni candidati, non induca l’Amministrazione Scolastica Regionale a sospendere nuovamente l’iter procedimentale”.
Il concorso – bandito nel 2011, per il reclutamento di 224 dirigenti scolastici che avrebbe dovuto garantire, già a partire dal 2013, alle istituzioni scolastiche campane di coprire i posti vacanti – ha subito numerosi rallentamenti. La procedura è stata costellata da ricorsi e denunce da parte di partecipanti che non hanno superato alcune prove.
L’iter giudiziario è iniziato davanti al Tar Campania – sezione di Napoli – che, dopo aver sospeso le prove orali, ha poi, nel mese di luglio dello scorso anno, accertato la piena legittimità della intera procedura concorsuale, respingendo le censure proposte dai candidati esclusi che avevano chiesto l’annullamento del concorso. Con la ripresa delle prove orali ed in seguito alla loro conclusione, si attendeva da parte dei candidati risultati idonei la pubblicazione delle graduatorie di merito. Nel frattempo, però, si è avuto notizia dell’inchiesta penale della Procura della Repubblica di Napoli. A livello amministrativo si attende, invece, la pronuncia – prevista per il prossimo mese di luglio – del Consiglio di Stato. “Nel frattempo – ribadisce l’Avv. Annunziata – l’Ufficio Scolastico Regionale della Campania è chiamato a chiudere la procedura concorsuale per non ledere i diritti dei concorrenti che a tutti gli effetti hanno superato le prove del bando.

Orari più lunghi per il sabato libero Nella scuola la disfida del weekend

da Corriere della sera

Orari più lunghi per il sabato libero Nella scuola la disfida del weekend

La Provincia di Milano: così in tutta Italia. Divisi docenti e famiglie

C’era una volta il sabato a scuola, alle medie e alle superiori. Anche alle elementari, se non si faceva il tempo pieno. Oggi, con l’autonomia scolastica, il sabato è la coperta più contesa della programmazione: c’è chi la tira, per dare più respiro alla didattica, spalmando le lezioni su sei giorni. Chi la accorcia (cinque giorni di scuola e un intero weekend libero), per permettere ai ragazzi di avere più tempo a disposizione per se stessi, lo sport, le relazioni sociali; e alle famiglie di organizzare meglio i tempi domestici. All’economia locale di risparmiare sulle bollette dell’energia e sui costi dei trasporti pubblici. E ai docenti di avere, finalmente, tutti il sabato libero. Ma c’è chi vorrebbe che il sabato a scuola diventasse solo un ricordo, per tutti. È quanto si augura l’assessore all’Istruzione della Provincia di Milano, Marina Lazzati, che dopo aver suggerito, lo scorso anno, ai presidi del capoluogo di rivedere l’orario delle lezioni, introducendo la settimana corta, ha ora preso carta e penna rivolgendo la richiesta al presidente del Consiglio, al ministro dell’Istruzione e al responsabile della spending review, Carlo Cottarelli. «I tagli di bilancio imposti alle Amministrazioni pubbliche — scrive — stanno mettendo in seria difficoltà l’erogazione dei servizi essenziali per il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche. Problema che investe pesantemente riscaldamento e spese di trasporto, per cui sono previste per il prossimo anno scolastico ulteriori diminuzioni di spesa». Lazzati propone di rendere «obbligatoria l’articolazione oraria settimanale su cinque giorni per tutte le scuole di ogni ordine e grado». Una scansione oraria che «comporterebbe un significativo risparmio e renderebbe le nostre scuole autentici laboratori di apprendimento, ottimizzando la qualità dell’insegnamento e l’utilizzo delle risorse». Nessun taglio di ore in vista (già ridotte dalla riforma delle superiori a un massimo di 30 nei licei e 32 per istituti tecnici e professionali), ma una «diversa articolazione dell’orario». Tra i presidi, c’è chi ha aderito giudicando la proposta «ragionevole», «fattibile», «in linea con l’Europa». E chi, come il preside del classico Berchet, Innocente Pessina, l’ha definita «una molestia didattica», soprattutto per i ragazzi del triennio, che si troverebbero a sostenere giornate di sette ore in aula, con materie pesanti come latino e greco. Ma anche chi ricorda che le superiori non hanno la mensa, quindi i ragazzi dovrebbero mangiare al bar, o a casa dopo le tre. Delle 105 scuole del territorio sono meno della metà quelle che hanno aderito, consentendo risparmi, quantifica l’assessore Lazzati, per circa tre milioni di euro. A livello nazionale non esiste un’«anagrafe» dell’organizzazione del tempo scuola, spiega Carmela Palumbo, della direzione generale per gli ordinamenti scolastici del ministero. «Ogni consiglio d’istituto può decidere — anche attraverso il voto delle famiglie — se optare per la settimana corta». Ma certo, ammette, il sesto giorno di didattica è sempre più raro, anche per ragioni di budget. Verona, Cuneo, Novara, Bergamo, Roma: sono in tanti a cercare la strada per gestire al meglio risorse sempre più scarse. La Provincia di Ferrara ha calcolato che i benefici della settimana corta nei licei cittadini consentirebbero un risparmio notevole: 120 mila euro l’anno, il costo di un dirigente. Polemiche e dissensi tra insegnanti e sindacati (che temono un aumento dell’insuccesso scolastico) e studenti: «Grave che la scuola venga guidata mettendo sempre la quadratura dei bilanci davanti alle considerazioni di carattere educativo e didattico», dice Roberto Campanelli, dell’Unione degli studenti. Settimana corta promossa a pieni voti da Pier Cesare Rivoltella, ordinario di Tecnologie dell’apprendimento alla Cattolica di Milano: il weekend libero funziona da decompressione, favorendo l’apprendimento — sostiene —. Ma va ripensato il nostro modo di insegnare. In Catalogna, suggerisce il docente, è nato un «movimento dell’educazione lenta», uno «slow food» applicato alla didattica, che vede la riorganizzazione di ogni disciplina in moduli di due ore, riducendo così il numero di materie (e il carico) affrontate nella stessa giornata.

Antonella De Gregorio

Oltre al merito c’è anche altro da fare

da Tecnica della Scuola

Oltre al merito c’è anche altro da fare
di Lucio Ficara
Il ministro Giannini continua a parlare di valorizzazione del merito. Ma i problemi della scuola sono ben altri. Che fine ha fatto, per esempio, il riordino delle classi di concorso?
Il Governo Renzi è ormai operativo da oltre un mese, ma per quanto riguarda la scuola siamo ancora fermi ai provvedimenti presi dall’ex ministro Maria Chiara Carrozza. Il nuovo responsabile del Miur in questo mese dal suo insediamento a viale Trastevere ha solo rilasciato interviste a mezzo stampa, ma non ha ancora preso dei provvedimenti concreti, che non siano quelli già avviati dal suo predecessore. Eppure la scuola avrebbe tanto bisogno di provvedimenti concreti ed urgenti, invece siamo fermi ad ascoltare le esternazioni pubbliche fatte dal ministro Stefania Giannini. Ripetutamente il Ministro continua a dichiarare che è giunta l’ora di valorizzare gli insegnanti che lavorano meglio e che sono più disponibili, mentre critica pesantemente i sindacati, ritenendoli responsabili dello status quo. Per il ministro Giannini i sindacati sono colpevoli  di tutelare il minimo sindacale per tutti i docenti, impedendo di fatto di concentrare le risorse economiche disponibili per incentivare le carriere degli insegnanti meritevoli. Affermazioni forti che rischiano di impedire un normale e produttivo confronto per un giusto rinnovo contrattuale, che – lo ricordiamo – è bloccato dal 2006. Gli insegnanti, secondo l’attuale responsabile del Ministero dell’istruzione, non sono tutti uguali e quindi non possono e non devono avere un contratto unico che li inquadri allo stesso modo. Per il ministro Stefania Giannini bisogna marcare le differenze e creare delle categorie di appartenenza in cui inquadrare gli insegnanti, i bravi e i meritevoli devono essere premiati  e coloro che non sanno insegnare e non fanno il loro dovere devono essere puniti. Quindi si profila all’orizzonte il tramonto di quell’egualitarismo di carriera, voluto, secondo il parere della ministra Giannini, dai sindacati scuola, mentre dovrebbe nascere un nuovo stato giuridico degli insegnanti dove emergerà qualcuno particolarmente meritevole, mentre gli altri resteranno a guardare. Dichiarazioni, quelle del ministro, anche condivisibili in linea di principio, ma poco realizzabili soprattutto se la selezione del prof bravo e di quello fannullone è lasciata alla soggettiva discrezionalità del dirigente scolastico. Eppure il Ministro Stefania Giannini insiste su questo tasto del merito, rilasciando diverse interviste su questo tema, tralasciando le tante urgenze che restano insolute. Quali sarebbero queste urgenze? Ad esempio nessuno si sta più occupando di riordino delle classi di concorso, tanto che gli organici delle singole istituzioni scolastiche vengono fatti con norme transitorie, insistendo con l’utilizzo delle classi di concorso atipiche. Perché il Miur non affronta seriamente e definitivamente questo concreto problema? Incombe anche l’annoso problema del precariato storico da inserire in ruolo, che potrebbe aggravarsi definitivamente con l’attesissima sentenza della Corte di giustizia europea del prossimo 27 marzo. Anche su questo punto il Miur sembra aver deciso di non decidere, tanto che  il ministro Giannini ha dichiarato: oggi sono circa 170mila i precari di varie tipologie, che hanno ancora bisogno di una soluzione, per i quali non è però prevista la strada della stabilizzazione come pacchetto totale. Occorre invece – aggiunge ancora Giannini – fare in modo di smaltire questa piaga tutta italiana e avviare un reclutamento che non sia a singhiozzo e consenta a tutti i giovani che vogliono fare questo lavoro di farlo se hanno titoli e meriti. Il Miur non ha nemmeno risolto il grave errore della legge Fornero che ha visto bloccati in servizio ingiustamente 4000 dipendenti della scuola che sarebbero dovuti andare in pensione nel 2012 con le vecchie regole. Mentre la scuola naufraga nei suoi problemi irrisolti senza che nessuno prenda dei provvedimenti, si continua a parlare astrattamente di docenti meritevoli da premiare e di docenti fannulloni da punire. Ma non ci aveva già pensato Brunetta?

Concorso ds, Giannini è per il decreto ad hoc

da Tecnica della Scuola

Concorso ds, Giannini è per il decreto ad hoc
di A.G.
Ha chiesto al premier Renzi e agli organi competenti di far approvare un provvedimento d’urgenza nel prossimo Consiglio dei Ministri: in attesa del rifacimento del concorso, consentirebbe di mantenere in servizio fino alla fine dell’anno scolastico i 112 dirigenti vincitori della procedure toscana defenestrati dal Consiglio di Stato.
Si apre uno spiraglio per i docenti vincitori del concorso per dirigenti scolastici, ma rimasti in bilico per le sentenze dei tribunali che potrebbero portare all’annullamento della procedura concorsuale. Tremano, in particolare, i vincitori del concorso per ds della Toscana e promotori del sit-in del 25 marzo: il loro concorso, infatti, è stato annullato in parte da una recente sentenza definitiva del Consiglio di Stato a seguito della quale i vincitori dovranno lasciare il loro posto. Con oltre che cento scuole che rischiano quindi di cambiare vertice ad un passo dalla fine dell’anno scolastico.
Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha fatto sapere di avere incontrato la delegazione dei 112 presidi toscani vincitori dell’ultimo concorso.
“La sentenza ci è stata notificata oggi – ha spiegato il Ministro -. Sto scrivendo al presidente del Consiglio Matteo Renzi, al sottosegretario alla presidenza Graziano Del Rio e al Ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi per chiedere che nel prossimo Consiglio dei Ministri sia approvato un decreto che, in attesa del rifacimento del concorso, ci consenta di non spostare questi dirigenti fino alla fine dell’anno scolastico”.
Il ministro Giannini, quindi, sembrerebbe accettare la richiesta dei vincitori del concorso in Toscana.
Il Ministro stasera chiederà anche, tramite l’Avvocatura di Stato, un’interpretazione su alcuni punti della sentenza in vista della sua applicazione. “Capisco la manifestazione legittima di disappunto da parte dei presidi toscani che hanno negli ultimi due anni svolto un lavoro importante nelle scuole – ha detto Stefania Giannini -. Noi non possiamo non rispettare la sentenza, ma da parte mia garantisco che c’è la ferma volontà di trovare una soluzione”. Che passa, ormai inevitabilmente, per l’approvazione di un decreto legge ad hoc.

Ocse: sul rendimento scolastico fondamentale il ruolo dei genitori

da Tecnica della Scuola

Ocse: sul rendimento scolastico fondamentale il ruolo dei genitori
di A.G.
A questa conclusione sono giunti gli autori di uno studio condotto tra 25 mila bambini delle elementari di Rio de Janeiro: l’appoggio delle famiglie agli alunni sarebbe così importante da superare persino le barriere socio-economiche. Anche per il premio Nobel per l’Economia James Heckman le abilità socio-affettive indotte al bambino – come autorevolezza, ottimismo e perseveranza – incidono sulla sua formazione.
Sul rendimento scolastico può avere un’influenza decisiva il sostegno dei genitori agli alunni, soprattutto se orientato a impartire giuste motivazioni e una migliore organizzazione degli studi. Sono le conclusioni a cui sono giunti i realizzatori di un ampio studio condotto tra 25 mila bambini delle elementari di Rio de Janeiro dall’Ocse e dall’Istituto Ayrton Senna.
I risultati sono stati presentati il 25 marzo, nel corso del Forum sull’ istruzione per il progresso sociale, in corso a San Paolo, al quale partecipa, tra gli altri, anche il premio Nobel per l’Economia James Heckman. Sulla base dei dati raccolti, i ricercatori hanno dimostrato che un alunno più “coscienzioso” è in grado di assimilare progressi in una materia come la matematica con oltre quattro mesi di vantaggio rispetto a un altro alunno meno preoccupato con la disciplina nello studio.
Ma lo studio brasiliano ha anche fatto emergere un altro dato: l’appoggio dei genitori agli alunni sarebbe così importante da superare persino le barriere socio-economiche. Le conclusioni dell’ampia ricerca sono state avallate da Heckman, anche lui intervenuto al Forum: per il premio Nobel, infatti, oggi è importante valutare anche le abilità socio-affettive del bambino – come ad esempio autorevolezza, apertura a nuove esperienze, ottimismo e perseveranza – e misurare il loro impatto sulla qualità dell’insegnamento.
Indirettamente, la ricerca ha confermato una dura verità: per i bambini e ragazzi con famiglie poco avvezze alla cultura e allo studio, la strada che porta ad una buona formazione scolastica quasi sempre è in salita.

Plico telematico agli esami di Stato del secondo ciclo

da Tecnica della Scuola

Plico telematico agli esami di Stato del secondo ciclo
di L.L.
Il Miur consiglia di individuare sin da ora i referenti di ogni sede onde evitare successive variazioni delle nomine definite dalla procedura automatica
In attesa di successive comunicazioni, il Miur consiglia ai Dirigenti scolastici degli istituti di istruzione di secondo grado ad individuare fin da subito i docenti che saranno nominati referenti di sede del plico telematico, in modo da procedere alla eventuale esclusione degli stessi dalla partecipazione agli esami quali componenti delle commissioni di esame.
L’invito è contenuto nella nota prot. n. 2130 del 24/03/2014, con la quale si ricorda che anche quest’anno la trasmissione dei plichi contenenti le prove d’esame della prima e della seconda prova scritta (nonché, ove prevista, della quarta prova scritta) avverrà per via telematica e che sarà pertanto necessaria l’individuazione di un referente per ogni sede d’esame.
L’esclusione del personale nominato potrà essere effettuata attraverso la mancata convalida del modello ES-1 trasmesso dall’aspirante, oppure, qualora il modello fosse già stato convalidato, attraverso la cancellazione dello stesso dalla base dati.
Il termine entro il quale dirigenti scolastici devono verificare e convalidare le istanze trasmesse on line e trasmettere agli Uffici territoriali l’elenco alfabetico riepilogativo degli aspiranti che hanno presentato il modello ES-1, oltre all’elenco degli esonerati e l’elenco dei docenti che abbiano omesso di presentare la scheda, indicandone i motivi, è stato prorogato con precedente nota prot. n. 1820 del 10 marzo 2014 al 5 aprile 2014.

‘Quota 96’, la protesta scende in piazza

da Tecnica della Scuola

‘Quota 96’, la protesta scende in piazza
di Alessandro Giuliani
Previsti due giorni di sit-in davanti a Montecitorio, il 25 e 26 marzo, e un terzo, giovedì 27, al Miur. Sempre il 27 si svolgerà anche, a Prato, una manifestazione regionale, mentre nei giorni successivi proseguiranno iniziative regionali e nazionali. L’obiettivo è sensibilizzare il Governo a trovare i 450 milioni di copertura necessari a risolvere la grana: c’è tempo fino al 10 aprile. Sostegno dei Cobas: basta accanimenti, serve solo la volontà politica.
Tornano a protestare i ‘Quota 96’: lo fanno con due giorni di sit-in davanti a Montecitorio, martedì 25 e mercoledì 26 marzo, e un terzo, giovedì 27, a ridosso del ministero dell’Istruzione. Il 27 si svolgerà anche, a Prato, una manifestazione regionale toscana, mentre nei giorni successivi proseguiranno iniziative regionali e nazionali: secondo i Cobas, che sostengono la protesta, l’obiettivo delle contestazioni è quello di tenere alta l’attenzione e la pressione in vista del 10 aprile, “termine entro il quale il governo, su richiesta delle commissioni Lavoro e Bilancio, dovrà esprimersi in merito al reperimento delle risorse finanziarie per restituire immediatamente ai Quota 96 il sacrosanto diritto alle pensione”.
Il leader dei comitati di base della scuola, Piero Bernocchi, ha ripercorso la vicenda dei ‘quota 96’: “per i lavoratori della scuola nati nel 1951 e 1952, che avrebbero raggiunto Quota96 entro dicembre 2012 (61 anni di età e 35 di contributi oppure 60 anni di età e 36 di contributi) si allontana di nuovo il sacrosanto diritto, riconosciuto da tutti i partiti in Parlamento, dopo essere stato brutalmente negato dalla ‘riforma Fornero’ – ad andare in pensione. Il governo ha dato parere negativo alla copertura individuata in Commissione, mostrando, malgrado le chiacchiere di Renzi sulla centralità della scuola, un particolare accanimento nei confronti di docenti e Ata, prigionieri dell’arbitrio di Monti, Fornero e ora di Renzi”.
A rendere ancora più amara l’introduzione dell’allungamento degli requisiti pensionistici è poi il confronto con altri comparti del pubblico impiego. “L’ignobile blocco – continua il sindacalista Cobas – , anche fino a 6-7 anni, del loro diritto alla pensione non ha neanche sfiorato categorie amiche della casta (i militari, i dipendenti delle Camere ecc..): e in realtà il governo potrebbe recuperare benissimo i 450 milioni di euro, necessari (dal 2014 al 2018) per l’immediato pensionamento dei circa 4000 docenti e Ata, che – conclude Bernocchi – permetterebbe oltretutto l’assunzione a tempo indeterminato di 4000 precari”.
Alle manifestazioni di questi giorni sarà anche presente una rappresentanza dei precari della scuola dell’infanzia e primaria.

Madia: ringiovanire la pubblica amministrazione

da Tecnica della Scuola

Madia: ringiovanire la pubblica amministrazione
di Pasquale Almirante
La ministra alla P.A., Marianna Madia, a margine del convegno “I manager pubblici che vogliamo”, ha detto che il pubblico impiego va ringiovanito, perché servono energie nuove. E chiede la collaborazione dei sindacati
Svecchiare la pubblica amministrazione per assumere giovani. Questo sembra il progetto della ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, che invia anche un messaggio ai sindacati sulla riforma del settore: ”Non è detto che ci saranno dei tavoli, perché abbiamo tempi molto stretti. Può anche darsi, ma non per forza”. “Abbiamo chiesto ai sindacati proposte oltre il piano Cottarelli”, e i sindacati dovrebbero “aiutarci a trovare risorse per la P.A”. In particolare, ha sottolineato, “a me sta a cuore mettere risorse sull’entrata di nuove energie, di ragazzi e ragazze che da troppo tempo non riescono ad entrate in modo sano nella Pubblica Amministrazione”. “Mi auguro che i sindacati siano i primi a collaborare con noi”. Il motivo di tanto interesse della ministra, sta nel fatto che si parla di 85 mila esuberi nella P.A., ma si utilizza “un numero e una terminologia assolutamente sbagliati e distorti anche rispetto al piano Cottarelli”. “L’idea sarà quella di provare ad avere uscite, anche con prepensionamenti” ma ciò “per aiutare i giovani ad entrare nella P.A.” “Io penso ad una sana mobilità obbligatoria, laddove il rispetto è quello del diritto del lavoratore, laddove non ci siano degli ostacoli burocratici”. Sembra dunque di capire che il governo continuerà sulla sua strada anche senza il benestare delle parti sociali.

Appello dell’Age agli insegnati: “Siate con noi sentinelle a scuola”

da Tecnica della Scuola

Appello dell’Age agli insegnati: “Siate con noi sentinelle a scuola”
di A.Ge.
Riceviamo e pubblichiamo appello dell’Age rivolto agli insegnanti sull’educazione di genere e la lotta alle discriminazioni e agli stereotipi
“Insegnanti e presidi siate insieme a noi genitori sentinelle di fronte all’ideologia del gender a scuola”. È l’appello che rivolge Fabrizio Azzolini, presidente nazionale dell’Age (Associazione italiana genitori), a singoli docenti e dirigenti scolastici e alle loro associazioni di categoria e rappresentanze sindacali.
“Da mesi come Age, insieme ad altre associazioni genitori e familiari, anche all’interno del Forum nazionale delle associazioni genitori (Fonags) al Ministero dell’Istruzione, denunciamo – ricorda Azzolini – il rischio di rieducazione al gender di leggi per la formazione dei docenti e progetti didattici per gli studenti, i nostri figli, attivati dal ministero, dall’Unar e da alcuni comuni, provincie e regioni in tutta Italia sui temi dell’educazione alla sessualità, della lotta alle discriminazioni e agli stereotipi di genere, del contrasto al bullismo omofobico. E avvertiamo i genitori, l’opinione pubblica, i giornalisti, i politici, i docenti contro il pericolo che la teoria del gender, priva di basi scientifiche, sia introdotta in modo subdolo e strumentale a scuola e imposta per legge. Mettendo così a repentaglio i fondamenti dell’educazione dei nostri figli, il diritto dei genitori di scegliere liberamente l’educazione dei propri figli, diritto riconosciuto dalla Costituzione italiana e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma anche la libertà d’insegnamento dei docenti e, direi, la laicità dello Stato”.
“I sostenitori della teoria del gender, infatti – sottolinea Azzolini -, non si limitano a suscitare un dibattito nella società come espressione di un’opinione tra tante, ma lo conducono a una nuova educazione, orientano il governo in Italia, come in Europa, in Occidente e, con una ‘colonizzazione della natura umana’, nei Paesi emergenti e poveri. Questa ideologia si sta diffondendo e sta entrando a scuola in modo subdolo, senza incontrare una vera opposizione. Neppure purtroppo da parte dei docenti, ai quali si rivolgono i piani formativi di aggiornamento del Miur e degli enti locali e che sono i primi responsabili del POF e dei progetti didattici nei singoli istituti scolastici. In questo modo però il pericolo per entrambi, genitori e insegnanti, è di diventare strumenti silenziosi di propaganda. Come docenti e genitori, allora, dobbiamo insieme proteggere il nostro mestiere di educatori e la nostra vocazione. Dobbiamo saperlo, denunciarlo, avvertire gli altri genitori e gli altri docenti, perché vigilino su figli e studenti. L’impressione è che lo Stato cerchi di separarci, nonostante nella scuola italiana la legge ci leghi nel patto di corresponsabilità educativa: ai genitori nasconde l’obiettivo di leggi, progetti, strategie legate all’educazione all’affettività e alla lotta agli stereotipi di genere, agli inseganti lo impone per legge”.
“Facciamo sentire insieme la nostra voce, singola e ancora di più attraverso le nostre associazioni e le rappresentanze sindacali – propone Azzolini -. Insieme informiamo gli altri docenti e gli altri genitori, partendo dal fargli conoscere la teoria del gender, i suoi presupposti, i contenuti, il tipo di società che vuole costruire, i mezzi con cui si sta imponendo in Italia e nel mondo. Facciamolo in modo netto e chiaro, senza ambiguità e senza paura. Perché l’ideologia del genere condiziona anche tutti gli altri temi: ne troviamo dimostrazioni e conferme ogni giorno. Mobilitiamoci insieme a 360°”.
“Una prima iniziativa significativa – prosegue Azzolini – potremmo riprenderla dalla Francia, dove è stata ideata da docenti e genitori una particolare forma di protesta contro l’introduzione a scuola dell’ideologia del gender: la Giornata di ritiro dalla scuola, rispettando il calendario di assenze programmate 18 mila ragazzi non vanno a scuola un giorno al mese. Un’iniziativa che potremmo rilanciare anche in Italia per muovere le acque, come è accaduto in Francia dove il governo è stato costretto a tornare sui propri passi, cercando di minimizzare. Un gesto forte che, inoltre, farebbe capire che sono i genitori i primi responsabili dell’educazione dei loro figli. Un’iniziativa da prendere uniti, genitori e insegnati”.
“Perché – precisa Azzolini – la strategia dell’Unar che, ricordiamolo, fa capo direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e decisioni legislative come il D.L. Istruzione sono una prima fessura dalla quale si cerca di introdurre in Italia l’ideologia del gender nella scuola: con la scusa di abbattere le discriminazioni di genere e di promuovere l’uguaglianza dei sessi, si cerca di negarli e si introduce la nozione di arbitrarietà dei generi. Ci si spinge ad affermare che ogni rappresentazione della differenza dei sessi si basa su un pregiudizio, che il maschile e il femminile sono costruzioni sociali e storiche da combattere. L’alterità sessuale è, invece, una realtà ontologica che fa parte del nostro essere umani. Non occorre essere cristiani per affermarlo. Lo scriveva anche Marx che il ‘rapporto tra uomo e donna è il più naturale tra esseri umani’. L’indifferenziazione sessuale è un’utopia sottile e pervasiva che si appella ai ‘diritti individuali’ e una presunta uguaglianza tra individui asessuati, cioè astratti, un’ideologia che vuole imporre una nuova soggettività e una ‘nuova umanità’ a propria immagine e somiglianza. Aprendo così la strada alla decostruzione dell’interno impianto sociale, perché trasforma la società in un insieme di ruoli funzionali regolati da procedure contrattate. Infatti, se come sostiene la teoria del gender non il sesso, ma la sessualità come comportamento è all’origine delle relazioni sociali, allora, queste non ci sono ‘date’ ma sono ‘scelte’ da noi (Van Thuan, 2012). Alla base ci sarebbero individui che sceglierebbero in seguito il proprio orientamento sessuale senza alcun riferimento al dato naturale. Si tratterebbe così della discriminazione dell’eterosessualità, cioè della differenza sessuale, e dell’imposizione culturale della transessualità, cioè dell’indifferenza sessuale: sarebbe il dominio della tecnica sulle relazioni umane. Di quella tecnica che permette di essere uomo per essendo donna e viceversa, di essere mamma senza essere donna, di essere figlio senza sapere di quale padre o madre. Una società di individui astratti e asessuati, privi di identità sessuale se non quella che arbitrariamente si danno. Individui che rimandano la propria identità a future scelte e a futuri contratti con altri individui soggiacciono al condizionamento del nulla. Se essere uomo o donna è solo una funzione assunta volontariamente, tutte le altre dimensioni della società diventeranno funzioni da assumere volontariamente: una società individualistica e senza doveri, senza responsabilità, una società che non può sopravvivere”.
“Queste cose dobbiamo conoscerle e farle conoscere – insiste Azzolini, concludendo l’appello a insegnante e presidi -. La lotta contro il gender a scuola è quindi teorica, antropologica e giuridica e ci chiede di diventare più consapevole, più informati e più attivi. Un compito impegnativo, faticoso, ma ne va dell’avvenire della nostra società e dei nostri figli”.