Elisir Dislessia

La trasmissione Elisir dedica un’intera puntata alla dislessia: il video
Elisir Dislessia, Rai3 2014-03-28


Elisir Dislessia, Rai3 2014-03-28 di fabrizio_you

SCATTI ANZIANITA’ E TAGLI STIPENDI DOCENTI UNIVERSITARI

SCATTI ANZIANITA’ E TAGLI STIPENDI, DOCENTI UNIVERSITARI SUL PIEDE DI GUERRA

 

Docenti universitari sul piede di guerra contro i tagli agli stipendi e il blocco delle progressioni di carriera. “Nel quadriennio 2010/2014, a causa del blocco degli scatti stipendiali, – spiega la Cgu-Cisal – un professore universitario di prima fascia a metà carriera ha perso 18.000 euro all’anno, perdita che si trascinerà per gli anni a venire. Lo stipendio di un professore universitario è mediamente di circa 40.000 euro inferiore a quello di un dirigente ministeriale di secondo livello e sensibilmente inferiore a un dirigente amministrativo della stessa università in cui insegna.

Negli ultimi 30 anni lo stipendio dei docenti universitari ha perso il 75% del suo originario potere di acquisto”.

 

“Nel pubblico impiego – prosegue la Cgu-Cisal – la scure dei tagli si è abbattuta quasi esclusivamente su docenti e ricercatori universitari mentre una categoria come quella dei magistrati non è stata scalfita grazie a una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità di qualsiasi intervento del legislatore”.

 

“I tagli appaiono ingiusti – aggiunge la Cgu – Cisal – se si considera che con la riforma Gelmini ai docenti viene richiesto un maggiore impegno, condizionando alla produzione scientifica realizzata i finanziamenti erogati agli atenei. Tutti riconoscono che l’università è un settore decisivo per la crescita dell’Italia eppure il nostro è l’unico Paese ad aver tagliato pesantemente le risorse al sistema universitario”.

 

“Qualora gli scatti dovessero venire nuovamente bloccati per il 2015 – conclude la Cgu-Cisal – saremo costretti a manifestare la nostra netta contrarietà con forme di lotta fino a ora appartenute solo ad altre categorie di lavoratori”.

Quota 96, la Camera preme sul governo: «Trovi le risorse»

da Corriere.it

entro la presentazione del def (10 aprile)

Quota 96, la Camera preme sul governo: «Trovi le risorse»

E la vertenza dei precari approda alla Corte di Giustizia europea del Lussemburgo

di Redazione Scuola

Ok all’unanimità alla risoluzione, a prima firma Saltamartini (Ncd ) ma sottoscritta da tutti i gruppi, per risolvere il nodo degli insegnanti Quota 96, che a causa della riforma Fornero non sono potuti andare in pensione nonostante i requisiti. Ora il governo, che si è rimesso al parere delle commissioni, dovrà riferire al Parlamento su come pensa di reperire le risorse per dare copertura al provvedimento che sana il torto subito dai lavoratori e dovrà farlo entro la presentazione del Documento Economia e Finanza (prevista per il 10 aprile).

La risoluzione

La risoluzione è stata presentata nelle commissioni Bilancio e Lavoro della Camera e giovedì mattina, dopo un confronto acceso fra i gruppi e il governo, si è arrivati ad una riformulazione del testo, che lascia soddisfatte le forze politiche convinte che entro breve si darà risposta ai 4mila insegnanti che aspettano di andare in pensione e agli altrettanti giovani che attendono di entrare. Il governo – prevede la risoluzione presentata – è impegnato a riferire alle commissioni, prima della presentazione del Def 2014, in merito al reperimento delle risorse necessarie per l’adozione di urgenti iniziative normative volte a risolvere la questione degli insegnanti Quota 96.

I dubbi del Tesoro

Dopo la bocciatura della Ragioneria di Stato nei confronti del nuovo disegno di legge Ghizzoni-Marzana, che avrebbe consentito ai lavoratori della scuola di accedere alla pensione con i requisiti vigenti prima dell’entrata in vigore della Legge Fornero, anche  il Tesoro aveva manifestato dubbi simili, in occasione dell’esame del testo unificato su questo tema. La scelta del governo di rimettersi alle commissioni su un testo rivisto è stato l’esito di un lungo lavoro di mediazione. Ora i gruppi fanno sapere di essere pronti a dare battaglia, e pretendono il mantenimento degli impegni da parte dell’Esecutivo.

«Rinnoviamo il comparto»

Così, mentre il ministro della Pubblica Amministrazione parla di prepensionamenti per 85mila dipendenti pubblici c’è chi – come l’Anief – esorta a iniziare proprio dai pensionandi della  Quota 96, per immettere energie giovani e «ringiovanire la P.A.». «Saniamo un errore e apriamo a 4 mila giovani, tra cui ci sono i precari, rinnovando così il comparto». Così la vicepresidente della commissione Bilancio della Camera, Barbara Saltamartini commenta il via libera alla risoluzione. La risoluzione congiunta verrà presentata al governo Renzi perché si impegni a trovare le risorse necessarie per risolvere questa situazione definitivamente.

I precari ala Corte di Giustizia europea

L’Aula della Camera ha dato l’ok anche alle mozioni sulla stabilizzazione dei precari della scuola. In base al testo approvato, il governo risulta impegnato  «nel rispetto della normativa europea, a definire un nuovo piano pluriennale di assorbimento delle graduatorie ad esaurimento». «Espletate le procedure di assunzione relative all’ultimo concorso a cattedra del 2012 – prosegue la mozione del Pd – il governo è impegnato a bandire, con cadenza biennale, nuove prove concorsuali che tengano conto dei flussi di pensionamento e dei trasferimenti e, nel rispetto della normativa europea, a garantire il regime del doppio canale per i docenti abilitati, a partire da coloro che siano in possesso di almeno tre anni di servizio». Stamattina la questione dei precari è approdata alla Corte di Giustizia  del Lussemburgo. I giudici europei  potrebbero condannare definitivamente lo Stato italiano per infrazione del diritto comunitario. La direttiva 1999/70/CE prevede infatti l’assunzione in via definitiva per tutti quei dipendenti che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo.  La sentenza non è attesa prima di qualche mese. Ma se, come i sindacati si augurano, fosse positiva provocherebbe un terremoto in Italia. Un verdetto sfavorevole scaricherebbe sulle casse statali un peso considerevole, viste le pesantissime sanzioni che ci verrebbero comminate, senza pensare ai costi per stabilizzare i precari.

«Più posti fissi, ma per vincerli si facciano nuovi concorsi»

da Corriere.it

L’INTERVISTA

«Più posti fissi, ma per vincerli si facciano nuovi   concorsi»

L’economista Daniele Checchi : «Le nuove immissioni in ruolo non dovrebbero servire solo a svuotare le graduatorie dei precari. Sbagliato  tagliare fuori i giovani»

di Orsola Riva

Professor Checchi, in Italia un insegnante su sei non è di ruolo. La nostra scuola di fatto oggi funziona grazie ai precari. Come si è arrivati a questo punto?
«Una prima ragione è antica – risponde Daniele Checchi, docente di Economia politica alla Statale, già consulente del ministro Maria Chiara Carrozza per la spending review – . Il ministero dell’Istruzione non ha mai prestato particolare attenzione alla programmazione del fabbisogno di docenti. Impresa relativamente facile: basta partire dal numero di studenti attuali e proiettarli in avanti con dei modelli di previsione. Se elaborati correttamente, possono valere per l’interno percorso scolastico».

E l’altra ragione?
«Risale a qualche governo fa. Fu con il ministro Moratti infatti che nacque l’idea di poter risparmiare sui mesi estivi licenziando i supplenti a fine giugno per riassumerli a settembre. La pratica fu poi perfezionata dal ministro  Gelmini».

Ma che ci sia una forbice fra “organico di diritto” e “organico di fatto”, fra i docenti di ruolo e l’esercito di riserva dei supplenti, non è inevitabile?
«Sì, ma con un po’ più di programmazione la flessibilità può essere ridotta al minimo, diciamo nell’ordine del 10 per cento».

Quindi lei pensa che si dovrebbe ridurre il numero dei supplenti a vantaggio dei docenti di ruolo?
«Sì. Tocca al ministero dell’Istruzione negoziare con quello dell’Economia un innalzamento dell’organico di diritto: bisogna immettere in ruolo più persone, aumentare i posti fissi. In cambio le singole cattedre dovrebbero avere margini di flessibilità più alti. Se a un certo punto una cattedra di italiano viene sospesa, il docente dovrebbe poter essere riutilizzato per insegnare materie affini come storia o geografia».

Supponiamo che il Miur riuscisse a ottenere un dimezzamento dell’organico di fatto perché il Mef si lascia convincere, le nuove immissioni in ruolo dovrebbero servire a svuotare le graduatorie dei precari?
«Io credo che il sistema più giusto sarebbe quello di indire nuovi concorsi in modo da non tagliare fuori i giovani. Altrimenti si rischia di sacrificare un’intera generazione. I concorsi non sono certo preclusi ai precari ma hanno il vantaggio di essere aperti anche ai neo laureati. Non si può far pagare il costo di un’ingiustizia passata a chi non c’entra niente».

Posti tagliati e pensioni rinviate L’Italia dei professori maltrattati

da Corriere.it

Negli ultimi cinque anni, dal 2007 al 2012, un insegnante su dieci ha lasciato la professione

Posti tagliati e pensioni rinviate L’Italia dei professori maltrattati

Sono in tanti ma hanno gradualmente perso peso nella società. Il consulente del ministero finlandese: «Così abbiamo dato ai docenti più libertà, indipendenza e autonomia»

Sono malpagati: lo ha certificato l’Ocse, gli stipendi degli insegnanti italiani sono sotto la media dei Paesi sviluppati e dell’Unione Europea. Ogni anno «perdono» cinquemila euro rispetto ai loro colleghi. Sono spesso maltrattati, dalla politica che ad ogni cambio di ministro cambia le regole per questa «categoria» di quasi 800 mila persone alle quali affidiamo per sei/otto ore al giorno i nostri figli; e da noi genitori, che non siamo più così sicuri dell’istituzione e dei metodi di insegnamento e tra l’insegnante e nostro figlio siamo propensi a credere quasi sempre al secondo. Lavorano in condizioni di grave penuria quando non di emergenza, anche se le classi italiane non sono quei pollai di cui parlano i rappresentanti di categoria (il rapporto tra docenti e studenti è di uno a 12, poco migliore della media europea). Al momento sono esclusi dalla spending review , anche se per 4 mila di loro la pensione (già sospesa dalla riforma Fornero) è di nuovo rinviata. Ma va detto che negli ultimi cinque anni la scuola ha già «perso» un insegnante su dieci (erano 843 mila nel 2007, sono diventati 766 mila nel 2012): un taglio mai visto per la pubblica amministrazione. E infine sono «vecchi» come ci dicono le indagini internazionali: la lunga e impervia strada del precariato e delle supplenze fa dei nostri insegnanti una categoria per il 62 per cento di ultracinquantenni. Un record in tutta Europa.

Alla domanda «le piacerebbe che suo figlio diventasse insegnante?» solo un italiano su 5 risponde  sì

Ecco perché alla domanda «le piacerebbe che suo figlio diventasse insegnante?», soltanto un italiano su cinque risponde di sì. Una volta maestri e professori erano come il medico condotto, ma da decenni ormai il crisma sociale del professore si è molto appannato. Così come l’autopercezione dei docenti. Lo si vede bene da una recente indagine della Fondazione Agnelli su come si considerano i docenti entrati in ruolo nel triennio 2008-2010: forti nelle competenze disciplinari (per 9 su dieci la formazione è stata assolutamente adeguata); ma 7 su dieci dichiarano di sentirsi in difficoltà nel gestire classi sempre meno disciplinate (come dimostra la rilevazione Ocse-Pisa 2012: i quindicenni italiani sono scarsi in tutto salvo che nell’arrivare tardi o marinare la scuola) e quando viene il momento di confrontarsi con le famiglie. Strano? Per niente. Il problema sta nella formazione iniziale: anche dopo riforme e controriforme i professori entrano in classe spesso senza una adeguata preparazione specifica sul fronte pedagogico, oltre che stremati dal precariato più lungo e confuso d’Europa: il 27 marzo se ne occuperà la Corte di Giustizia, perché il periodo massimo di contratti a tempo determinato permesso nell’Unione europea è di 36 mesi. Mentre per entrare in ruolo in Italia ci possono volere anche dieci-quindici anni.

L’esperto finlandese: «Abbiamo dato ai docenti più libertà, più indipendenza e più autonomia»

Vecchi, stanchi, poco motivati e che puntano solo al posto fisso? Alcuni forse, ma c’è anche un esercito che resiste in trincea e si rimbocca le maniche quotidianamente per fare al meglio il proprio lavoro. Come far funzionare un sistema centralizzato e così complesso? Lo spiega bene Pasi Sahlberg, 54 anni, consulente del ministero dell’Educazione di Helsinki e ambasciatore nel mondo del modello educativo finlandese, un «brand» famoso ormai quanto la Nokia. «Vent’anni fa – dice al Corriere questo ex professore di matematica – abbiamo deciso di investire nella costruzione di un rapporto di fiducia fra gli insegnanti e il resto della società. Abbiamo dato ai docenti più libertà, più indipendenza e più autonomia e presto ci siamo resi conto che così le scuole funzionavano meglio. Maestri e professori devono essere supportati, bisogna avere fiducia in loro, non controllarli o punirli». E i risultati dei test Ocse-Pisa in cui i ragazzi finlandesi rivaleggiano con le tigri asiatiche gli hanno dato ragione. Certo, il sistema di formazione dei docenti è estremamente esigente e selettivo: punta a far entrare nella scuola i «cervelli» migliori, solo uno su dieci aspiranti prof arriva in fondo alla formazione. Ma una volta che diventi docente ti basta insegnare 4 ore al giorno. Gli stipendi non sono stratosferici ma più adeguati e la reputazione sociale ti ricompensa ampiamente della tua fatica.

Scuola, l’impegno della Giannini. Dal precariato, all’inglese, al merito, alla lotta all’obesità

da Repubblica.it

Scuola, l’impegno della Giannini. Dal precariato, all’inglese, al merito, alla lotta all’obesità

Prima uscita in Parlamento del ministro. Gli impegni programmatici del governo. Mentre le commissioni Bilancio e Lavoro chiedono una soluzione per gli insegnanti “quota 96”

di SALVO INTRAVAIA

ROMA – Riassorbire il precariato, valorizzare il merito degli insegnanti e valutare le performance delle scuole. Ma non solo: insegnare una materia in lingua inglese sin dalla scuola elementare e potenziare l’educazione motoria per scongiurare l’obesità sin dalla più tenera età. Ma anche, avviare una nuova tornata di Tirocini formativi attivi per dare l’abilitazione all’insegnamento ai laureati e rimettere in sesto gli edifici scolastici sgarrupati. La ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, nel corso della sua discussione sulle Linee programmatiche del suo dicastero in commissione Cultura al Senato, è stata come un fiume in piena. Ha toccato mille tasti, anche sensibili ma ha rivendicato la centralità della scuola per questo governo.

“Questo è il primo governo dal dopoguerra che mette la scuola al centro della discussione politica”, ha detto in apertura. Il tutto, mentre, il Parlamento impegna il governo a risolvere la questione degli insegnanti “quota 96” e la Corte di giustizia europea prende tempo per esprimersi sulla legittimità di trattamento da parte del nostro paese dei 140mila precari  –  di cui 125mila nella scuola  –  di lungo corso che chiedono, appellandosi proprio alla normativa comunitaria, di essere stabilizzati.
Ed è proprio di precari che parla a lungo la Giannini oggi al Senato. Per il ministro i circa 500mila precari che, avario titolo, gravitano nel mondo della scuola sono troppi.

E’ “un problema rilevante, drammatico per le vite di molte persone. Non si può ignorarlo sperando che scompaia da solo”, spiega in commissione. E snocciola i numeri di un purgatorio formato da 170mila precari storici inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, più di 460mila inseriti nelle graduatorie d’istituto  –  che comprendono anche i primi  –  10mila abilitati secondo le nuove regole dettate dall’ex ministro Gelmini  –  70mila abilitati con i Percorsi abilitanti speciali, 55mila diplomati magistrali e 40mila idonei dei concorsi “storici”. Tutte persone che sono alla ricerca di una sistemazione.

“Affrontare questo tema  –  ha detto il ministro  –  significa darsi un obiettivo politico preciso e definito: i precari vanno riassorbiti, in un’ottica di medio-lungo periodo che si abbini a concorsi a cattedra. Ma nel frattempo per dare risposte immediate l’idea è inserire precari all’interno di organici funzionali”. Ma assorbire il precariato non significa aprire le porte a tutti e basta. Nella scuola occorre valorizzare il merito. “Se nel secolo scorso l’obiettivo  –  chiosa la Giannini  –  è stato la scolarizzazione di massa, oggi l’obiettivo deve essere necessariamente una scuola di qualità per tutti: la valutazione che controlla, misura e certifica questa qualità diventa lo strumento decisivo per fondare la scuola del nuovo secolo”.

“Ho intenzione di promuovere un ciclo di autovalutazione per il miglioramento e la verifica dei risultati. I risultati relativi al miglioramento delle attività didattiche e formative devono essere comparabili tra scuola e scuola e traducibili tra Italia e Europa”. E rifiuta l’idea che la retribuzione per gli insegnanti debba basarsi “solo sugli scatti di anzianità”. Presto sarà avviata la discussione sul rinnovo del contratto e si partirà “dalla valorizzazione” della professione. Poi, il ministro ha intenzione di attivare una nuova sessione di Tirocini formativi attivi e di riformare il percorso di formazione  –  attualmente di sei anni  –  per accedere all’insegnamento, inserendo il tirocinio nel corso dell’ultimo anno.

Per i più piccoli della scuola dell’infanzia e della primaria è in cantiere l’idea di insegnare l’inglese fin dalle prime classi. “Non fare l’ora di inglese, ma insegnare in inglese un’altra materia”, ha spiegato l’inquilino di viale Trastevere. E, per i più piccoli, è prevista anche “l’alfabetizzazione motoria e sportiva”. “C’è un dato di partenza che è drammatico: il 10 per cento dei bambini italiani della scuola primaria è obeso. Il 32 per cento dagli otto ai nove anni è sovrappeso, vuol dire che c’è una deviazione alimentare ma anche che c’è una mancanza della cultura dello sport”. E, in conclusione, ha ribadito

Ma oggi, per i quasi-pensionati della scuola bloccati dalla Fornero si intravede la luce in fondo al tunnel. La commissione Bilancio della camera ha approvato una risoluzione della vicepresidente, Barbara Saltamartini, e Nunzia De Girolamo, presidente dei deputati del Nuovo Centrodestra che impegna il governo a reperire, prima della presentazione del Documento di economia e finanza 2014, le risorse finanziarie volte per sanare la situazione degli insegnanti incappati nella tagliola della riforma Fornero a pochi mesi dalla pensione. In trepidazione, circa 4mila docenti con almeno 60 anni di età e 36 di contribuzione  –  o 61 di età e 35 di anzianità di servizio  –  bloccati per il semplice fatto che la riforma delle pensioni non ha tenuto in debito conto che nella scuola l’anno si conclude il 31 agosto e non il 31 dicembre.

Ad incappare nella trappola sono stati soprattutto maestri e professori della classe ’52, che nel 2012 avevano già compiuto 60 anni e secondo la norma precedente avevano già maturato i requisiti per lasciare la cattedra, ma che adesso dovranno  attendere di compiere 67 anni di età. E, nell’ipotesi di fuoriuscita dalla scuola dei “quota 96”, si aprirebbero le porte a 4mila nuovi giovani in ingresso. Dovranno ancora aspettare alcuni mesi invece i 125mila supplenti di lungo corso che attendono la sentenza della Corte di giustizia europea per essere stabilizzati. La sentenza verrà La giornata di oggi, si apre con una buna notizia. “I giudici europei  –  dice l’Anief di Marcello Pacifico  –  prendono tempo: il governo ne approfitti e non attenda le motivazioni della sentenza”.

“Ciò eviterà  –  continua Pacifico  –  cause giudiziarie che porterebbero lo Stato italiano ad essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro”. Mentre gli studenti insorgono di fronte all’intenzione del ministro Giannini di equiparare le paritarie alle scuole statali. “Siamo sbalorditi  –  dichiara Roberto Campanelli, coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti  –  di fronte all’ennesima dichiarazione in favore delle scuole private e della loro equiparazione a quelle pubbliche: uno schiaffo ai milioni di studenti che ogni giorno varcano le soglie delle pubbliche sempre più dequalificate e sottofinanziate. Rivendichiamo lo stop ai finanziamenti alle scuole paritarie private”.

Salvo Intravaia

Tfa secondo atto, si parte in autunno

da Tecnica della Scuola

Tfa secondo atto, si parte in autunno
di Alessandro Giuliani
Quando saranno terminati i Pas. L’annuncio è del Ministro: la nuova tornata di Tirocini abilitanti nel prossimo anno accademico. Per il futuro Giannini vorrebbe un modello più snello, che permetta di conseguire laurea e abilitazione assieme. Poi accenna a nuove modalità di reclutamento dei docenti, valutando con il Parlamento una modifica del loro status giuridico: l’anticamera della chiamata diretta?
La seconda tornata di Tfa, i Tirocini formativi attivi che assicurano ai partecipanti l’abilitazione all’insegnamento, si svolgerà in autunno. Lo ha confermato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, illustrando il 27 marzo presso la Commissione Cultura del Senato le linee programmatiche del ministero dell’Istruzione.
“Avvieremo una nuova tornata di Tfa per il prossimo anno accademico per offrire a giovani laureati un titolo abilitativo”, ha detto il responsabile del Miur. La collocazione temporale annunciata dal Ministro non può essere considerata una sorpresa: da più parti, in particolare all’interno del palazzo bianco di Viale Trastevere, si era auspicato di avviare la procedura selettiva e formativa abilitante aperta a tutti, i Tfa appunto, solo dopo aver terminato i Percorsi abilitanti speciali (riservati al personale che ha svolto almeno 180 giorni annuali per tre anni distinti).
Il Ministro ha anche fatto un accenno ai mutamenti da attuare sul fronte del reclutamento del personale. “Per il futuro – ha tenuto a specificare Giannini – vorrei un modello più snello con l’inserimento, ad esempio, direttamente nel percorso di laurea magistrale di un periodo di tirocinio” in modo da arrivare a prendere contestualmente laurea e abilitazione.
Giannini ha anche aggiunto che vorrebbe “affrontare le nuove modalità di reclutamento dei docenti valutando con il Parlamento una modifica del loro status giuridico: non possiamo rimandarlo – ha sottolineato il Ministro – se vogliamo attivare un processo valutativo che non sia retorica, ma efficace strumento di miglioramento della performance didattica e formativa”.
Più di qualcuno ha associato l’auspicio del Ministro con la volontà di arrivare, seppure gradualmente, alla chiamata diretta dei docenti. Per comprendere meglio le intenzioni di Giannini bisognerà però attendere ancora un po’ di tempo.

Passa la mozione Forza Italia su immissioni in ruolo e concorsi locali

da Tecnica della Scuola

Passa la mozione Forza Italia su immissioni in ruolo e concorsi locali
di A.G.
La Camera dà il via libera. Soddisfatta Elena Centemero, responsabile Scuola e Università FI: vogliamo garantire un piano triennale di assunzioni, 50% da concorso e 50% dalle GaE. La seconda proposta farà discutere: vogliamo dare più autonomia e libertà nella scelta dei docenti, sulla base di selezioni ravvicinate nel tempo.
Un nuovo piano triennale di immissioni in ruolo, ma anche concorsi per selezionare i nuovi docenti a livello di singolo istituto. La doppia proposta è contenuta nella mozione di Forza Italia per la stabilizzazione del personale precario della PA, con particolare riferimento al comparto scuola. La mozione, diciamo subito, è stata approvata il 27 marzo a Montecitorio. Provocando parole di compiacimento nella deputata Elena Centemero, responsabile nazionale Scuola e Università di Forza Italia.
”L’approvazione della mozione sul problema dei precari e del reclutamento nelle scuole italiane è per me motivo di grande soddisfazione”. Al termine del voto alla Camera sulla, Centemero ha tenuto a sottolineare che ”in virtù della nostra mozione, il governo è impegnato ad un’azione di breve-medio termine e ad una di piu’ ampio respiro. La prima riguarda l’attuazione del Piano triennale di assunzione dei docenti, in continuazioni con il piano Gelmini del 2011, con assunzioni per il 50% da concorso e per il 50% da graduatorie ad esaurimento”.
”La seconda – ha continuato l’esponente di FI – che rappresenta per noi la vera sfida per la scuola, riguarda la riforma del sistema di reclutamento. Vogliamo che le scuole abbiano più autonomia e libertà nella scelta dei docenti e del personale, sulla base di concorsi ravvicinati nel tempo. Solo così sarà possibile un altro cambiamento virtuoso: l’apertura delle nostre scuole ai giovani docenti”. Una proposta, la seconda, che, si accettano scommesse, creerà non poche polemiche.

Molte parole, pochi fatti

da Tecnica della Scuola

Molte parole, pochi fatti
di R.P.
E’ l’accusa che i sindacati muovono al Ministro. C’è il nodo degli organici che restano fermi nonostante l’aumento di alunni, E poi manca ancora l’atto di indirizzo per concludere la vicenda degli scatti stipendiali.
Gli annunci dei mirabolanti interventi in ambito scolastico ideati dal ministro dell’istruzione Stefania Giannini rischiano di trasformarsi in un clamoroso autogol. A esprimere qualche dubbio sulle belle parole del Ministro sono già in molti. Francesco Scrima (CislScuola) sostiene esplicitamente che “sulla scuola è urgente passare dalle parole ai fatti”. “Continuano a moltiplicarsi le esternazioni, che riguardano un giorno gli stipendi e le carriere, un giorno i precari e il reclutamento – afferma Scrima – ma non si vedono quei gesti concreti che ci attendiamo per capire se davvero c’è per la scuola una nuova attenzione, o se non cambia nulla”. Per esempio, ricorda il segretario nazionale di CislScuola, in materia di stipendi sarebbe necessario emanare al più l’atto di indirizzo per svolgere rapidamente la trattativa con cui recuperare gli scatti del 2012, come previsto dal decreto legge n. 3 recentemente convertito nella legge n. 41. E poi (è di questi giorni) c’è la questione,  grave e imprescindibile, degli organici. Secondo Flc-Cgil “è gravissimo, ed inaccettabile, che a fronte di un aumento costante di alunni (+34.000 la previsione per il prossimo anno scolastico ma probabilmente si arriverà a quota 50.000 e + 87.000 negli ultimi 3 anni), a fronte di richieste di statalizzazione di alcune scuole fino ad oggi gestite dagli Enti locali, a fronte di un aumento di nuove sezioni di scuola dell’infanzia statale e per la quale lo stesso Miur prevede un incremento di circa 400 posti in organico di diritto, la dotazione complessiva di posti rimanga rigorosamente ferma a quelle di 3 anni fa, cioè a quelle dell’anno scolastico 2011-2012 (600.839 posti in totale)”. Proprio in materia di organici è in corso un confronto fra sindacati e Ministero su cui CislScuola non è affatto soddisfatta: “Purtroppo il confronto con l’Amministrazione non sta dando buoni segnali. È chiaro che ministro e governo non possono pensare che ci si accontenti di bei discorsi: alla scuola italiana servono fatti, da troppo tempo non se ne vedono”.

Scatti, il Ministro non recede: sleghiamoli dall’anzianità

da Tecnica della Scuola

Scatti, il Ministro non recede: sleghiamoli dall’anzianità
di A.G.
Lo ha detto Giannini nel corso dell’esposizione delle linee programmatiche del suo dicastero: l’unico modo per migliorare la retribuzione degli insegnanti non può essere l’invecchiamento professionale e anagrafico. L’apertura dei sindacati già c’è, ma a patto che permanga una base minima per tutti.
Su alcuni punti, come l’estensione dell’insegnamento settimanale a 24 per tutti i prof o la riduzione del percorso di studi superiori, il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, sembra aver frenato. Su altri, invece, non recede. Uno di questi riguarda gli aumenti stipendiali. Giannini lo ha detto, senza giri di parole, anche nel corso dell’esposizione delle linee programmatiche del suo dicastero: il miglioramento della retribuzione degli insegnanti, ha dichiarato, “non può più essere basato sugli scatti di anzianità. L’unico modo per migliorarla non può essere l’invecchiamento professionale e anagrafico”.
Il responsabile del Miur ha quindi indicato la sede naturale del nuovo modello: “presto”, ha sottolineato, dovrà essere avviata la discussione sul rinnovo del contratto degli insegnanti, “partendo dalla valorizzazione” professionale di queste figure.
I sindacati hanno più volte spigato che sono disposti a parlarne. Ma senza eliminare una base di aumento minima per tutti. E su questo punto potrebbe crearsi più di un dissidio.

Giannini: “Ripristineremo il fondo per il MOF”

da Tecnica della Scuola

Giannini: “Ripristineremo il fondo per il MOF”
di R.P.
Ma non dice da dove pensa di reperire i soldi.  E poi enfatizza il “budget unico”, ideato già da Berlinguer e realizzato da Fioroni e Bastico. Suggerisce di introdurre i “contratti di prestazione d’opera” già previsti dalla legge 449/97.
L’annuncio del ministro Giannini in Commissione Cultura è quasi “epocale”: “Programmare nella scuola vuol dire poter disporre di risorse finanziarie certe e adeguate. In tale ottica, bisognerà reintegrare i Fondi destinati al miglioramento dell’offerta formativa, riportandoli all’ammontare del 2011, che era pari a circa 1,5 miliardi di euro”. E non solo: “La disponibilità di risorse è del resto essenziale anche per dare un reale regime di autonomia alla scuola, che attualmente non può realizzare i suoi progetti e le sue scelte per i troppi vincoli e per la mancanza di mezzi. Bisognerà prevedere l’assegnazione di stanziamenti certi già all’inizio dell’anno scolastico in un budget unico, senza vincoli di spesa, se non quelli fissati dalla scuola e finalizzati al miglioramento dell’offerta formativa, anche con la possibilità di utilizzare contratti d’opera laddove essi siano utili”. Ci spiace se qualcuno ci considererà ipercritici, ma purtroppo le parole del Ministro denotano, secondo noi, un po’ di pressapochismo e anche una scarsa conoscenza delle regole che oggi esistono in materia contabile. Cominciamo con la questione dei fondi del MOF: ritornare al tetto del 2011 (un miliardo e mezzo) significherebbe triplicarli o quasi rispetto alla cifra attuale. Ovviamente tutti se lo augurano (anche noi) ma francamente ci sembra una ipotesi piuttosto remota. Come si può credere che il Governo riesca a trovare in qualche mese poco meno di un miliardo di euro per il fondo quando non si è riusciti a trovare neppure poche decine di milioni di euro per le posizioni economiche Ata che, non dimentichiamolo, verranno pagate riducendo di 39 milioni di euro le spese per il funzionamento amministrativo e didattico delle scuole ? Il ministro Giannini, poi, parla di budget unico come di una straordinaria novità, ma a dire il vero già Berlinguer aveva aperto la strada e all’epoca dei ministro Fioroni si passò dalle idee ai fatti con il famoso “capitolone” unico. Fa poi sorridere la straordinaria “apertura” della Giannini ai contratti di prestazione d’opera già previsti da una vecchia norma voluta dal ministro Luigi Berlinguer (si tratta dell’articolo 40 della legge 449 del 1997). L’unica nota positiva su questo tema riguarda l’accenno alla possibilità di “favorire l’utilizzo condiviso di risorse strumentali e umane tra reti di scuole, anche nell’ottica di garantire continuità alle supplenze, nonché la presenza di insegnanti di sostegno specializzati, docenti per l’apprendimento nelle lingue straniere (CLIL) e tecnici di laboratorio”, anche se per ora si tratta solo di parole messe in fila. Aspettiamo i fatti.

Il Miur non si nasconde più: i precari della scuola sono mezzo milione

da Tecnica della Scuola

Il Miur non si nasconde più: i precari della scuola sono mezzo milione
di A.G.
Considerati per la prima volta anche i supplenti ‘brevi’. Per assorbire almeno quelli nelle GaE il Ministro intende attuare “un piano di medio termine per il reintegro dei precari e il loro inserimento all’interno degli organici funzionali che permetta una gestione più snella delle supplenze e l’aumento dell’offerta formativa”.
Il nuovo corso del Miur passa anche per un’ammissione che mai nessun ministro dell’Istruzione aveva fatto: nella scuola italiana lavorano a vario titolo mezzo milione di precari. Giannini ha snocciolati i numeri in Commissione Istruzione al Senato, il 27 marzo, durante la presentazione delle linee programmatiche del suo dicastero. I precari, ha detto il responsabile del Miur, sono circa 170.000 i docenti nelle graduatorie a esaurimento che saranno immessi in ruolo nei prossimi 10 anni grazie al turn over, i cosiddetti precari storici, a cui aggiungere gli insegnanti inseriti nelle graduatorie d’istituto e utilizzati per le supplenze brevi arrivando così a quota 460 mila, 10.000 abilitati Tfa, quasi 70.000 Pas, 55.000 diplomati magistrali, 40.00 idonei di vecchi concorsi: il precariato nella scuola arriva a 500 mila persone”. E’ una cifra davvero alta quella indicata dal Ministro. Che, comprendendo anche docenti e Ata presenti in più graduatorie d’istituto, potrebbe essere addirittura superiore a quella dei precari effettivi
Giannini ha presentato anche il piano di assorbimento di quelli che oggi sono inseriti nelle graduatorie pre-ruolo. “I precari – ha detto il Ministro – vanno riassorbiti in un’ottica di lungo periodo che si abbini ai concorsi a cattedra. E lo strumento fondamentale per fare ciò – ha aggiunto – è un piano di medio termine per il reintegro dei precari e il loro inserimento all’interno degli organici funzionali che permetta una gestione più snella delle supplenze e l’aumento dell’offerta formativa”.
Il responsabile del Miur ha ricordato che “l’organico funzionale serve ad affrontare i problemi del sostegno e dell’integrazione”. Per questo motivo Gianni pensa alla creazione di un gruppo professionale qualificato che operi in una rete di scuole, un progetto che nelle passate settimane aveva proposto anche la Uil Scuola attraverso il suo segretario Massimo Di Menna: “percorrere questa strada comporta un impegno finanziario notevole – ha ammesso la titolare del dicastero di viale Trastevere – ma attraverso una ‘due diligence’ seria sui costi che sosteniamo oggi per le supplenze brevi e per l’integrazione dei disabili potremmo arrivare a un bilanciamento finanziario”.

Giannini al Senato: gaffe storica

da Tecnica della Scuola

Giannini al Senato: gaffe storica
di R.P.
Inizia maluccio la relazione del Ministro alla Commissione Cultura: “E’ il primo esecutivo nella storia repubblicana che mette la scuola al centro” e così dimentica le straordinarie riforme degli anni Sessanta (media unica e materna statale)
Inizia in modo roboante ed enfatico l’intervento del ministro Giannini alla Commissione Istruzione del Senato. “E’ la prima volta nella storia della Repubblica – ha esordito infatti il Ministro – che l’esecutivo mette l’istruzione al centro dell’agenda politica del Paese, sulla base di una scelta non casuale ma coerente con una precisa visione della società italiana”. E’ pur vero che negli anni Sessanta Stefania Giannini frequentava ancora la scuola dell’infanzia (anzi l’asilo, come allora si diceva), ma mettere sullo stesso piano gli interventi annunciati dal Governo con le straordinarie riforme del 1962 (scuola media unica) e del 1968 (scuola materna statale) ci sembra davvero fuori luogo per non dir di peggio. Nel concreto il Ministro ha elencato 4 principi ai quali intende attenersi: semplificazione, programmazione, valutazione e internazionalizzazione. Bisogna insomma ridurre l’”ipertrofia normativa” e ridurre i controlli ex ante privilegiando la valutazione ex post, con l’effetto di assegnare risorse in base ai risultati. Passando a questioni più banali ma a cui il mondo della scuola è molto attento ha fatto riferimento all’impegno del Ministero sul problema dei 24.000 lavoratori ex LSU impiegati nei servizi di pulizia delle scuole e la soluzione data alla questione delle posizioni economiche Ata (soluzione, è bene ricordarlo, che prevede molto semplicemente un diverso utilizzo di risorse che già erano nella disponibilità del Miur). Grande spazio ha poi dedicato al tema dell’edilizia scolastica Nell’immediato il Giannini vorrebbe che Governo e Parlamento riscrivessero il Testo Unico della scuola che risale al 1994 anche per poter rivedere in modo significativo compiti e prerogative degli organi collegiali della scuola.

Quota 96: se ne parlerà nel prossimo DEF

da Tecnica della Scuola

Quota 96: se ne parlerà nel prossimo DEF
di Lucio Ficara
L’accordo raggiunto in Parlamento in queste ore. Il rischio è che la soluzione arriverà quando molti potranno andare comunque in pensione anche senza il beneficio della “quota 96”
Si tratta di una notizia che accende di nuovo i riflettori sul problema quota 96. Infatti questa mattina è stata votata all’unanimità la risoluzione, che vede come prima firmataria la deputata del Nuovo Centro Destra Barbara Saltamartini ma sottoscritta anche da tutti gli altri gruppi parlamentari, per risolvere il problema pensionistico degli insegnanti e personale scolastico Quota 96. Chi sono i cosiddetti Quota 96 della scuola? Si tratta di coloro (4 mila circa) che prima che la legge Fornero entrasse in vigore, cioè il giorno 1 gennaio 2012, avevano già maturato tutti i requisiti per presentare la domanda di pensionamento. Prima della “gabbia Fornero” i requisiti per accedere alla pensione erano regolati dalla legge 247/2007, che prevedeva un meccanismo legato alla somma di due parametri: l’età anagrafica e l’anzianità contributiva. Tale somma consentiva di raggiungere una definita “quota”, necessaria per andare in pensione. Si tratta della famosa “quota 96” che poteva essere raggiunta ad esempio sommando l’età anagrafica di 60 anni con un’anzianità contributiva di 36 anni, oppure sommando 61 di età e 35 di contributi. La condicio sine qua non per andare in pensione restava comunque l’avere compiuto almeno 60 anni. Con la riforma Fornero si è di fatto commesso un pesante errore di valutazione non considerando l’unica finestra d’uscita pensionistica dalla scuola. Infatti nell’articolo 24 del decreto Salva Italia del 2012 si è considerato il fatto che i requisiti per andare in pensione con le vecchie regole dovevano essere ottenuti entro il 31 dicembre del 2011, senza dare al personale scolastico la possibilità di maturarli entro il 31 agosto 2012. Per questo motivo quasi 4 mila tra docenti e personale ata sono rimasti ostaggio della riforma Fornero e a tutt’oggi non sono riusciti a vedere riconosciuto l’errore su citato. Finalmente il governo, dopo avere avuto il via libera con il parere delle commissioni, dovrà riferire sulle risorse con il prossimo Documento di Economia e Finanza. La risoluzione è stata presentata nelle commissioni Bilancio e Lavoro della Camera. L’accordo sul testo è arrivato solo questa mattina dopo un confronto acceso fra i gruppi e il governo: la nuova formulazione lascia soddisfatte le forze politiche, che dichiarano con sicurezza la loro convinzione al buon fine di questa risoluzione. Quello che accaduto oggi tra governo e i gruppi politici presenti nelle commissioni Bilancio e Lavoro della Camera, è un atto politico che vuole tenere alta l’attenzione sul problema di tutti coloro, docenti e personale scolastico, che ingiustamente erano stati fatti ostaggio di una legge iniqua ed ingiusta. Bisogna anche dire che inserire nel DEF la voce delle risorse economiche per coprire finanziariamente l’uscita ”anticipata” rispetto alla legge Fornero dei quota 96, non corrisponde ad alcuna certezza di una vera risoluzione di questa palese ingiustizia.

Precariato: una patata bollente per il Governo

da Tecnica della Scuola

Precariato: una patata bollente per il Governo
di Lucio Ficara
Da anni (anzi da sempre) l’Italia infrange almeno due clausole di una importante direttiva europea. Finora il problema è sempre stato ampiamente sottovalutato. Ce la farà il Governo Renzi ad affrontare la questione?
Si tratta di una vera e propria patata bollente di non facile risoluzione per il Governo italiano, quella di regolarizzare oltre 140mila docenti precari storici in lista d’attesa da molti lustri per un contratto a tempo indeterminato. Nessun Governo precedente a quello del premier Renzi ha mai preso sul serio la questione, ritenendo normale il reiterarsi di contratti a tempo determinato su posti vacanti anche rinnovati per decenni. Eppure esiste una chiara, chiarissima direttiva europea che avrebbe imposto all’Italia di risolvere questa evidente anomalia, che ormai sta assumendo i contorni della vera e propria ingiustizia. Si tratta della direttiva 1999/70/CE, di cui l’Italia  infrange puntualmente da anni almeno due clausole (la n. 4 e la n. 5), senza rendere conto all’Europa Nella clausola 4 è riportato che “per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”, mentre nella clausola 5 si specifica che “per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti”. Nonostante i sindacati siano coscienti del fatto che bisognerebbe cambiare le norme legislative e contrattuali, in modo da accogliere i punti di tale direttiva europea, si continua imperterriti ad applicare norme contrattuali che vanno nella direzione opposta. Infatti le clausole suddette sono infrante sia dal CCNL 2006-2009, ma anche da tutti i CCNI sulla mobilità, che trattano con criteri diversi i casi di lavoratori a tempo determinato da quelli a tempo indeterminato. È utile fare un esempio per comprendere dove sta l’evidente infrazione. Prendiamo, per ordine di tempo, l’ultimo contratto sulla mobilità 2014-2015 del 26 febbraio 2014, ancora persiste la differenza di trattamento nel calcolo dell’anzianità di servizio tra il pre-ruolo e il ruolo, dove il servizio svolto con contratti a tempo determinato vale la metà di quello svolto a tempo indeterminato, con l’aggiunta che, per la tabella della mobilità d’ufficio, il servizio svolto a tempo determinato viene calcolato per i primi quattro anni la metà di quello svolto in ruolo e per gli anni successivi ai primi quattro vale addirittura i due terzi e quindi un terzo di quello svolto dal docente di ruolo. Si tratta di una palese infrazione della clausola 4, che si reitera di anno in anno, con gli accordi contrattuali sulla mobilità. Perché questi criteri diversi tra il calcolo del punteggio del servizio pre-ruolo e quello di ruolo? Quali sono le motivazioni oggettive che giustificano tale differenza sul calcolo di detti servizi? Quindi mentre Amministrazione e sindacati continuano a fare accordi che non riconoscono l’incipit della direttiva europea 1999/70 , la Corte di Giustizia europea, riunitasi il 27 marzo 2014, si è dichiarata convintamente favorevole alle posizioni dei lavoratori. Secondo la Corte non esiste alcuna giustificazione per la permanenza in questo stato non solo degli insegnanti precari, ma di tutti i precari italiani. Inoltre non bisogna dimenticare che anche la Commissione Ue, ha più volte precisato di avere ricevuto, in questi ultimi anni, numerosi ricorsi che indicano come il personale precario della scuola è trattato in modo meno favorevole di quello che ha un contratto a tempo indeterminato. In particolare, sono impiegati con contratti a termine ma ‘continuativi’, per molti anni, che li lasciano in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri e su posti non occupati da personale di ruolo. E le leggi non prevedono misure per prevenire tali abusi. Inoltre, ricevono un salario più basso dello staff permanente nonostante abbiano le stesse qualifiche ed esperienze. Per la Commissione, la situazione dei precari è contraria alla direttiva sul lavoro a tempo determinato. Quindi si può dire che adesso, soprattutto dopo l’intervento della Corte di giustizia europea, il nodo del precariato della scuola italiana sta venendo al pettine, quindi il governo dovrà necessariamente intervenire per sanare quelle evidenti differenze. Tutto questo dovrà essere recepito anche normativamente e quindi sul piano giuridico anche con il rinnovo del contratto scuola. Anche molti docenti entrati da anni in ruolo rivendicano il riconoscimento del pieno punteggio di anzianità di servizio per tutto il loro servizio pre-ruolo, che anche quest’anno si vedono puntualmente dimezzato in barba alla direttiva europea 1999/70.