SORRISO DELLA VITA LE MAESTRE REGALANO
di Umberto Tenuta
Le maestre regalano il sorriso della vita a tutti i loro giovani studenti.
Ho letto le grida disperate di una maestra.
Della maestra Tina che la scuola ama, ama come l’anima sua bella, come la ragion d’essere della sua vita che ancora è lì ad aspettare che qualcuno le dia lo spazio che merita.
Ma il suo spazio è occupato, è occupato di chi il mestiere di maestra non conosce, i bimbi non ama e punisce.
Tina raccoglie dai quotidiani i casi eclatanti, i casi estremi, i casi eccezionali che, purtroppo, sono tanti, come il suo elenco testimonia appena.
Le sofferenze dei giovani non sono quelle, ben poche, relative ai casi estremi, arrivati alle orecchie dei giornalisti, a ben altre cose intenti che alla scuola.
Le sofferenze del giovani studenti sono ben altre, sono lo stress quotidiano, il timore, la paura sempre incombente di un cinque, la paura di essere sorteggiati sul registro di classe, di essere chiamati a vomitare quel che con l’aiuto delle mamme care, delle zie care, delle nonne care, hanno ingoiato, olio di ricino, il pomeriggio precedente.
Le sofferenze dei giovani sono le mortificazioni quotidiane di non portare sul petto la medaglia d’onore del primo della classe che la scuola distribuisce come incoraggiamento allo studio e come mortificazione, sì, mortificazione, di chi non la porta, e sono i ventiquattro studenti della classe che ricchi dei paterni talenti non sono nati.
La mortificazione del giovani soffrono anche le mamme, intente a consolare i figli, dichiarando ad essi la loro fiducia, la loro stima, la loro ammirazione per quel passettino in avanti che sono riusciti a fare, per non essere stati retrocessi troppo indietro, tanto un cinque è meglio di un quattro, ed un quattro è meglio di un tre, e finanche uno zero è meglio di uno zero tagliato.
Ora che è Pasqua, i sacerdoti vanno a benedire le case, e benedicono tutte le case, senza guardare in faccia a chi le abita, perché il buon Dio è misericordioso, e Papa Francesco dice “ma chi sono io per poter giudicare un mio fratello? “.
Invece a scuola si giudica, si mettono giudizi, che sono sentenze di carcere pomeridiano impegnato fino a tarda sera a scrivere temi sulle Alpi Apuane, a risolvere problemi che nella vita quotidiana nessuno si pone, a eseguire calcoli che le calcolatrici eseguono sempre correttamente, a far riassunti non si sa per chi, anche perché a nulla servono.
E, ancora, chi conosce lo stress dei giovani impegnati a stare seduti per tre ore di seguito, come nessun docente testimonia?
E chi conosce lo stress dei giovani costretti ad adattarsi ai linguaggi, alle mimiche, agli umori dei tre o quattro o cinque docenti che nella giornata scolastica si susseguono sulla stessa cattedra, seduti sulla stessa sedia, ma diversi l’uno dall’altro, ognuno col suo progetto di nozioni da somministrare nelle bocche, da stampare negli occhi e soprattutto da incidere sui timpani dei giovani che nessun cerume riesce a proteggere?
Orsù, chi non lo sa che, salve poche eccezioni, troppo poche, seppur molto lodevoli eccezioni, per grazia di Dio e per volontà della nazione non mancano, chi non sa che la scuola è pena, che la scuola è sofferenza, che la scuola è dolore, che la scuola è mortificazione?
Mortificazione degli ultimi ventiquattro alunni della classe, uno solo escluso, il primo della classe che mai non manca e che sempre si porta la medaglia d’onore in giro per i corridoi, a dire “guardate, io solo sono bravo!”
E il poverino non sa che quella sua medaglia d’onore è il disonore dei suoi compagni.
Compagni mortificati, compagni dispersi, giovani che la scuola perde e non piange.
Mortificazione!
Mortificazione, morte, e non solo morte dei giovani che dalla scuola fungono, ma anche e soprattutto dei giovani che nella scuola restano e nella scuola, non solo poco apprendono, ma soprattutto imparano a odiare, anziché ad amare, gli umani saperi, gli alimenti che li fanno crescere, diventare adulti, uomini.
Sì, è così, o Tina, maestra nobile, maestra cara ai tuoi bimbi che amorevolmente trucchi per il carnevale e che amorevolmente ogni mattina ti aspettano festosi all’ingresso della tua scuola, e che con ogni sabato piangono perché la domenica tu, vagabonda, a scuola non vai.
Si, Tina, sei stata troppo ingiusta a denunciare solo i casi estremi.
Dovevi denunciare anche gli amori uccisi nelle aule di scuola, gli amori della rondini che i bimbi amano guardare incantati nel cielo azzurro e che la scuola incolla ai vetri delle finestre.
Dovevi denunciare anche gli amori uccisi nei giovani che a quattro anni scarabocchiano sulle pagine bianche per raccontare le loro gioie, i loro pensieri, e che a scuola sono costretti a scrivere sul tema che nella guida del docente è segnato per quel giorno del mese in corso.
Dovevi denunciare le costrizione a leggere da pagina X a pagina X, anziché le fiabe di Andersen, anziché i racconti, i romanzi della letteratura per l’infanzia, letteratura che nella scuola ormai è fuor di casa.
Dovevi denunciare la pena quotidiana della matematica, sorella della poesia che nella scuola diritto di cittadinanza non ha.
Tina, dovevi denunciare la pena del pentagramma, la pena del solfeggio, la pena della morte del canto che i bimbi prima di andare a scuola incantava.
Dovevi denunciare la pena dei riassunti di storia che l’epopea del cammino dell’uomo nel corso dei millenni non è.
Dovevi denunciare la morte della gioia di imparare, la morte dell’innata curiosità umana, dell’innato bisogno che ogni bimbo dal grembo materno si porta quando si affaccia a questo mondo meraviglioso di suoni, di canti, di colori, di voci, di forme.
Ma, forse, Tina, un merito, un merito grande tu hai.
Il merito di avere denunciato che la scuola rischia di non essere più quello che dovrebbe essere, un giardino di fiori che sbocciano nello splendore della loro primavera.
Tu, maestra giardiniera esperta, in fondo hai detto.
“Via, via, via le erbacce!
“È compito dei giardinieri innaffiare tutte le piante, perchè tutte le piante fioriscano nei loro diversi splendori di forme, di colori, di profumi!”
Sono tutti belli i giovani, tutti hanno il diritto di crescere, di fiorire, di fare lieto il giardino di questa terra che Dio creò paradiso terrestre.
Nessuno lo renda un purgatorio e tanto meno un inferno!
Grazie, Tina.
Anche a nome di tutte le tue colleghe e di tutti i tuoi colleghi che, lasciando a casa le loro pene, ai loro giovani studenti ogni mattina regalano il sorriso della vita.
ALLEGO IL LINK ALL’ARTICOLO DI TINA NACCARATO ALA QUALE FACCIO RIFERIMENTO:
http://www.disabili.com/scuola-a-istruzione/articoli-scuola-istruzione/alunni-disabili-e-non-via-dalla-scuola-chi-maltratta-i-bambini
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