D. Cillo – F. Sansotta, Fare il dirigente scolastico

DIRIGERE COME

 di Maurizio Tiriticco

fare_dsDario Cillo ha voluto regalare ai suoi colleghi dirigenti scolastici un meraviglioso libello! Il diminutivo non intende togliere valore alla pubblicazione! Il fatto è che Dario è così avanti nelle nuove tecniche di lettura e scrittura, quali indotte dalle TIC, che riesce a dire… cose grandi con parole piccole! Con quante pubblicazioni ci siamo imbattuti recentemente sul dirigente scolastico, soprattutto in vista dei recenti concorsi? Volumi grossi così: anche perché chi scriveva doveva dire tutto di tutto, stante l’enciclopedismo dei programmi d’esame e delle competenze richieste alla nuova dirigenza: dalla cultura organizzativa alla puntuale conoscenza dell’amministrazione pubblica e della sempre più copiosa normativa relativa alla scuola. In effetti, non si doveva più formare un direttore didattico o un preside: altre professionalità per una scuola altra, non autonoma. Oggi un dirigente pubblico che operi in uno Stato rivisitato e corretto da un novellato Titolo V, in una scuola rivisitata e riformata da un regolamento sull’autonomia è tutt’un’altra cosa!

Per non dire poi del quotidiano lavoro concreto, o meglio delle molteplici mansioni che competono a un dirigente pubblico, responsabile di una scuola che, in quanto “autonoma”, deve darsi le “leggi” da sola! E non è un’esagerazione! Agire sul territorio, operando in una scuola a tempo pieno e a spazio aperto non è affatto cosa facile! Per queste ragioni il lavoro è tanto e si esplicita in più direzioni. Riassumere questa complessità in un libello – inteso nel suo etimo, ripeto – non è compito agevole, ma… Occorreva una lunga esperienza, di insegnamento, di direzione e di insegnamento a tanti neodirigenti. Per non dire, poi, della esperienza più che decennale alla direzione della prima rivista online tutta dedicata alla scuola: edscuola.it è sul web dal lontano 1996 e contiene tutto di tutto ciò che riguarda il funzionamento del “sistema educativo di istruzione e formazione”. Occorreva questo ricco insieme di conoscenze, abilità e competenze – per dirla con un’espressione oggi familiare – per produrre questo manuale – proprio nel senso di maneggevole – intitolato “Fare il dirigente scolastico”, edito da Uil Scuola e da Educazione & Scuola.

Lo vedo sulla scrivana di ogni dirigente, pronto ad essere aperto e consultato per ciascuno delle miriadi di problemi a cui un dirigente scolastico deve dare risposta minuto dopo minuto: e non è un’iperbole. In effetti si tratta di un manuale… quotidiano, nel senso letterale del termine: da aprirsi, cioè, giorno dopo giorno. Dario Cillo e Franco Sansotta, sindacalista dell’Uil-Scuola, noto ai lettori per una sua pregevole ricerca, “Dal Congresso di Vienna alla proclamazione del Regno d’Italia”, del 2011, l’anno del Centenario, hanno voluto seguire la via diaristica, o meglio del quotidiano lavoro a cui si trova di fronte il dirigente, dal primo all’ultimo giorno di scuola. Ciascuna operazione è sostenuta dall’adempimento normativo, primario o secondario che sia, per cui il dirigente è sempre confortato dalla legittimità dell’operazione che è tenuto ad eseguire.

Particolare importanza assume l’appendice, in cui sono richiamate e riportate tutte le funzioni che nella scuola autonoma competono non solo al dirigente scolastico, ma a tutte le altre componenti: il Dsga, il Consiglio di Istituto, la Giunta esecutiva, il Collegio dei docenti, i Consigli di classe. Dirigere una scuola in regime di autonomia non è cosa facile: le componenti che attendono a più funzioni sono numerose e il lavoro di coordinamento, direzione vigile e responsabile, autorevole e non autoritaria, non è affatto facile. So per esperienza che a volte la “paura di sbagliare” – anche perché l’insieme delle norme a volte costituisce una vera e propria selva selvaggia – finisce con il rallentare l’azione. Oggi, con l’agile manuale sempre pronto sulla scrivania questo rischio non si corre! E’ per tutte queste ragioni che questo libello dalla copertina azzurra – è il colore che simboleggia la riflessione e la produttiva capacità di comunicare con gli altri – avrà la fortuna che merita. E alla fine dell’anno scolastico ogni pagina avrà la sua orecchia! Ciascuna per ogni giorno di consultazione.

Ma i nostri dirigenti possono stare tranquilli! A settembre, a ogni inizio di anno scolastico, avremo una nuova edizione! Perché anno dopo anno le norme crescono, forse più di numero che di qualità: ma questo è un altro discorso. Comunque, un’edizione anno dopo anno la riterrei necessaria! E non so se chiudere con un punto esclamativo o un punto interrogativo! Dipende da Dario e da Franco! Un augurio e un impegno? Non so! Io e tutti i nostri dirigenti sono in attesa, settembre dopo settembre…

Falsi invalidi? Una sentenza storica per le persone con vera disabilità

Falsi invalidi? Una sentenza storica per le persone con vera disabilità

Una giornata “storica” il 9 aprile scorso. Il TAR del Lazio si è pronunciato, con sentenza n. 3851/2014, sul giudizio avviato da ANFFAS Onlus (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con disabilità Intellettiva e/o relazionale), con l’intervento ad adiuvandum della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) contro una serie di messaggi e circolari con cui l’INPS, fra il 2011 e il 2012, ha disciplinato i controlli dei Piani straordinari di verifica sui cosiddetti “falsi invalidi” per 500.000 persone.

La sentenza, giunta dopo ben tre anni di dura battaglia nelle aule giudiziarie, riconosce, come già ampiamente denunciato da ANFFAS e FISH, che le modalità adottate dall’INPS per le verifiche straordinarie sono state illegittimità e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e sconfessa – ancora un volta – anche i dati forniti dall’Istituto in materia.

Infatti, a partire dal 2011, dopo aver già effettuato 300mila controlli nei due anni precedenti, l’INPS, in via unilaterale ed anche in contraddizione rispetto alle garanzie previste dalla normativa statale, ha modificato progressivamente le modalità delle verifiche straordinarie stabilendo di far rientrare, nei controlli a campione, anche gli invalidi per i quali era già stata precedentemente prevista una rivedibilità.

Così facendo il numero delle revoche, alla fine dei controlli “straordinari”, è risultato artificiosamente elevato: sono state sommate anche le posizioni comunque già considerate rivedibili e, in larga misura, in ogni caso destinate a revoca.

Senza dire che, poi, tale attività ha distolto l’impegno dell’INPS da quello che effettivamente aveva richiesto il Parlamento: controllo, in aggiunta all’ordinaria attività di revisione, delle situazioni determinate molti anni addietro.

Si sarebbero dovuti effettuare ben altri controlli, oltre che, per esempio, evitare di visitare persone da decenni ricoverate in strutture a causa della loro disabilità – sicuramente non “falsi invalidi”- con tutti i gravosi, inutili ed ulteriori costi delle visite per l’INPS, oltre ai disagi per i cittadini.

I dati finali, come pure la millantata incidenza dei cosiddetti “falsi invalidi” effettivamente individuati dall’Inps, sono risultati “gonfiati” e forieri solo di costi per l’Amministrazione, che sembrano addirittura aggirarsi intorno ai 30 milioni di euro!

Il TAR ha anche accolto gli ulteriori rilievi di ANFFAS e FISH circa la non equiparabilità tra le visite di revisione ordinaria, di competenza prioritaria della Commissione ASL (primo punto di riferimento territoriale per il Cittadino), e quelle straordinarie di competenza esclusiva dell’INPS.

Con tale modalità imposta dall’INPS, infatti, è stata impedita la visita presso le Commissioni Asl più vicine al Cittadino, costringendolo per la revisione ordinaria anche a trasferimenti di decine e decine di chilometri da casa e non garantendo quel doppio controllo che evitasse le sviste di una sola commissione.

Il TAR ha anche appurato che è mancata la tutela alle persone con disabilità intellettiva e/o relazionale: infatti mentre i medici nominati da ANFFAS erano presenti nelle Commissioni ASL, questi erano esclusi dalle verifiche straordinarie dell’INPS, lasciando prive di specifica tutela le persone con tali tipologie di disabilità.

Ma non è tutto. Dal 2012 INPS ha incluso nelle verifiche straordinarie non solo le condizioni di invalidità, ma anche quelle di handicap (ex Legge 104/1992) senza averne una copertura normativa (giunta solo a fine 2012).

Anche in questo caso il TAR ha riconosciuto le doglianze sollevate da ANFFAS e FISH ed ha pienamente chiarito che si sono usate, almeno fino al 2013, le visite di verifica straordinaria per degli scopi che la norma statale non riconosceva: eliminare certificazioni per lo stato di handicap che erano e sono cosa ben diversa da quelle per riconoscere l’invalidità civile e le relative provvidenze economiche.

Inoltre, seppur non accolto con la sentenza in discorso, un importante chiarimento è stato quello relativo al riconoscimento dell’efficacia del Decreto ministeriale 2 agosto 2007 che fissa l’esenzione da visite di revisione o verifiche straordinarie in caso di patologie “stabilizzate o ingravescenti”, principio che, nel corso degli anni successivi al ricorso e proprio per impulso di questo, sembra in via di progressiva acquisizione da parte dell’INPS.

Al momento sono in corso attenti approfondimenti, da parte di FISH e ANFFAS, sulle ricadute dirette per le persone con disabilità che si sono viste revocare le provvidenze economiche in forza di quelle disposizioni amministrative dichiarate illegittime.

Si tratta quindi di un sentenza fondamentale perché mette in discussione le modalità delle verifiche già realizzate, mettendo al tempo in dubbio anche quelle successive al 2012.

L’interesse dell’Associazione e della Federazione non è certo quello di contrastare l’individuazione dei falsi invalidi, ma di fare in modo che siano rispettati i diritti fondamentali delle vere persone con disabilità e che i controlli siano condotti con le opportune garanzie, in modo efficace e mirato, evitando inutili disagi e vessazioni.

Per questo ANFFAS e FISH si augurano e richiedono con forza che Governo e Parlamento chiariscano e riformino non solo il piano di verifica sugli accertamenti, ma anche l’intero sistema di accertamento di invalidità civile, stato di handicap e disabilità che risulta ormai obsoleto, farraginoso ed inefficiente.

Tale riforma è prevista nel programma biennale d’azione che il Governo stesso si è impegnato a mettere in atto per garantire il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità.

FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap

ANFFAS Onlus – Associazione Nazionale Famiglie di Persone con disabilità Intellettiva e/o relazionale

Olimpiadi di italiano, proclamati i vincitori della quarta edizione

Olimpiadi di italiano, proclamati i vincitori della quarta edizione

Una studentessa di Trento e uno studente di Novara. Sono i vincitori delle quarta edizione delle Olimpiadi di italiano, la competizione promossa e organizzata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Direzione Generale per gli Ordinamenti e l’Autonomia scolastica – che si è conclusa sabato pomeriggio a Palazzo Vecchio, a Firenze. I “campioni” della lingua sono Caterina Dalmaso di Pergine (Tn), iscritta all’”Arcivescovile” di Trento, per la sezione biennio, e Nicolò Rizzotti, del liceo “Carlo Alberto” di Novara, per il triennio. Per le scuole italiane all’estero i primi classificati sono Elena Kostova (del liceo bilingue “Gorna Banja” di Sofia, in Bulgaria), per il triennio, e Ibinabo Kilali David-West, del liceo linguistico dell’Italian International School “Enrico Mattei” di Lagos, in Nigeria, per il biennio.

A contendersi il podio 66 studenti, divisi in due sezioni: biennio e triennio. Due giorni di incontri culturali, le “Giornate della lingua italiana”, 11 e 12 aprile, dedicati agli anniversari della poesia (Mario Luzi) e della prosa (Machiavelli e Galilei) e alla lettura nell’epoca degli strumenti digitali. Sabato mattina, poi, la sfida con i finalisti che hanno messo alla prova le conoscenze grammaticali e le capacità di comprensione e rielaborazione testuale; hanno dovuto argomentare, immaginarsi giornalisti, riconoscere significati lessicali, riassumere, modificare il registro linguistico di un testo, e anche indicare il proprio “scaffale ideale” di autori e opere. Alla finale di Firenze, capitale simbolica della lingua italiana, gli studenti sono arrivati dopo aver superato le selezioni a livello nazionale, provinciale e internazionale (che si sono svolte on line con il supporto di 27 server informatici). Al secondo posto, per la sezione del biennio, si è classificata Domitilla De Luca Bossa, del liceo classico “G. Garibaldi” di Napoli. Sul terzo gradino Alice Pintossi, del liceo classico “Cesare Arici” di Brescia. Per la sezione del triennio, in seconda posizione Alessandro Iacovetta del liceo scientifico “E. Majorana” di Isernia. A seguire Guido Fiorillo dell’Istituto di istruzione superiore “Raffaello” di Urbino.

Hanno partecipato all’edizione 2014 delle Olimpiadi di italiano 605 scuole, quasi un terzo del totale delle scuole superiori e 14.769 studenti. Ben 568 i candidati delle 32 scuole italiane all’estero, più del doppio rispetto alla precedente edizione. Oltre 100mila le visite negli ultimi due mesi sul sito www.olimpiadi-italiano.it (dove è anche possibile visualizzare il profilo di tutti i finalisti). Mentre sono stati più di 180mila coloro che in due settimane hanno scaricato l’App “Conosci l’italiano?”.

Le Olimpiadi di italiano si sono svolte sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il Patrocinio e il supporto organizzativo del Comune di Firenze, in collaborazione con il Ministero per gli Affari Esteri (Mae) e gli Uffici Scolastici Regionali, la supervisione scientifica dell’Accademia della Crusca e dell’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (ASLI), la partecipazione di Rai Radio3 (e della trasmissione “La lingua batte”), di Rai Scuola e Rai Educational e di numerosi esperti.

Tra i premi assegnati ai vincitori, oltre alle medaglie del Ministero dell’Istruzione, una settimana di soggiorno studio per ciascuno. Per i sei vincitori italiani, presso le scuole italiane all’estero di Istanbul, Casablanca, Barcellona, Parigi, Madrid e Lugano, in collaborazione con il Mae; per i quattro vincitori delle scuole italiane all’estero e della provincia di Bolzano una settimana offerta dal Miur, con la collaborazione dell’Accademia della Crusca, presso la sede dell’Istituto, a Firenze, nella Villa Medicea di Castello.

Arriva ”Jobmetoo”, prima piattaforma per reclutare lavoratori disabili

Arriva ”Jobmetoo”, prima piattaforma per reclutare lavoratori disabili

Il servizio consente alle aziende di selezionare il personale secondo le proprie esigenze, per far lavorare le persone con disabilità in mansioni che ne esaltino il valore”. Disponibile anche un sistema di “job alert”

da Redattore Sociale
14 aprile 2014

ROMA – Si chiama Jobmetoo e ha l’obiettivo di facilitare e perfezionare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, in riferimento alle persone con disabilità. Tecnicamente, si tratta della prima società web dedicata al reclutamento di lavoratori disabili, che consente alle aziende di selezionare i candidati in modo mirato. La nascita della piattaforma, che ha origini marchigiane a sede a Milan, è sostenuta da 360 Capital Partners e dal network internazionale U-Start, che a questa “startup” ha destinato un totale di 500 mila euro, per lo sviluppo della piattaforma, l’ampliamento della gamma dei servizi forniti, il lancio delle attività di marketing e comunicazione e il rafforzamento della struttura.

“Jobmetoo ha l’ambizione di diventare il punto di riferimento per le aziende che vogliono inserire nel proprio organico lavoratori appartenenti alle categorie protette per poterle far lavorare in mansioni che ne esaltino il loro valore a vantaggio quindi sia dell’azienda sia della persona con disabilità.”, sottolinea Cesare Maifredi, General Partner di 360 Capital Partners. “L’idea ha un chiaro risvolto sociale – ha dichiarato Daniele Regolo, socio fondatore di Jobmetoo – La persona con disabilità, grazie al proprio lavoro, può infatti perseguire un cammino di autodeterminazione in una società veramente inclusiva, senza dimenticare la diminuzione del costo statale per le pensioni.”

Ma come funziona Jobmetoo? Si tratta di un servizio di inserimento lavorativo dedicato alle persone con disabilità, semplice, efficace e altamente accessibile. Esso consente di compilare gratuitamente il curriculum vitae e creare un profilo estremamente dettagliato; guardare le posizioni lavorative compatibili e candidarsi con un clic; ricevere messaggi di “job alert” per essere sempre aggiornati. Il tutto, con il supporto di un team di professionisti che vivono la disabilità in prima persona. L’azienda, da parte sua, può compilare il proprio profilo e mettersi in contatto con i migliori candidati, inserire le posizioni lavorative aperte, ricercare liberamente nel database dei candidati e salvare i profili più interessanti, con il supporto di un team di professionisti esperti.

Assegno ad personam – Lettera al MIUR

Con la presente evidenziamo, allarmati, due commi della LEGGE 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilita’ 2014) che potrebbero ostacolare gli impegni sottoscritti  dal legislatore  con L. 128/2013 per l’attuazione del piano di mobilità relativo ai docenti inidonei all’insegnamento (cioè la mobilità interna, verso ruoli ATA  ed esterna, ancora allo studio):
458. L’articolo 202 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e l’articolo 3, commi 57 e 58, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono abrogati. Ai pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi, dopo che siano cessati dal ruolo o dall’incarico, è sempre corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità.

459. Le amministrazioni interessate adeguano i trattamenti giuridici ed economici, a partire dalla prima mensilità successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, in attuazione di quanto disposto dal comma 458, secondo periodo, del presente articolo e dall’articolo 8, comma 5, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, come modificato dall’articolo 5, comma 10-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
Stando a queste “novità” ci risulta che non sarebbe più possibile aderire alla mobilità e contestualmente salvaguardare, come sempre avvenuto,  la situazione stipendiale in essere  attraverso l’assegno integrativo ad personam.
In pratica la mobilità, per altri versi già penalizzante, si è appesantita (in itinere!!) di un decisivo danno economico.
Non è chiaro, al momento, se la disposizione si applica solo al personale che stipulerà nuovi contratti da qui in avanti; pur tuttavia si tratta di una modifica unilaterale sconosciuta a chi si trova o troverà a compiere la scelta di mobilità.

Riteniamo quindi che il nostro Ministero debba intraprendere immediate  azioni volte a SALVAGUARDARE una minima correttezza del piano-mobilità ormai pervenuto ad uno stadio avanzato (visto che questa prima fase comprendente:  visite, conferma inidoneità, scelta della mobilità  è un tutt’uno ed è attivata da data anteriore).

Sarebbe importante, come primo passo, che il MIUR sospendesse le tempistiche in atto e rivedesse la validità delle azioni già effettuate.  Ciò in attesa di un atto superiore che ponga argini di salvaguardia  nella materia attualmente scompigliata dalle ultimissime normative.

I docenti aderenti al
Coordinamento Nazionale Bibliotecari Scolastici

Addio vecchi libri di testo Si studia su quelli fai-da-te

da La Stampa

Addio vecchi libri di testo Si studia su quelli fai-da-te

Cade l’obbligo di adottare i tradizionali, via libera agli autopubblicati
roma

Questa mattina un gruppo di professori si incontrerà al Ministero dell’Istruzione per creare i libri di testo che saranno adottati dal prossimo anno. Si incontrano al Miur perché si tratta di libri un po’ particolari, che non escono dalle case editrici ma dal circuito del fai-da-te, il self-publishing che sta prendendo sempre più piede tra gli scrittori che non hanno voglia o la possibilità di arrivare a un editore ma anche tra dirigenti e scolastici e insegnanti che vogliono sfruttare i risparmi del meccanismo e la possibilità di usare la loro esperienza per far studiare i ragazzi.

Sono ormai duecento le scuole dove i libri di testo tradizionali non entrano più, finora un esperimento limitato solo alle scuole superiori ma dal prossimo anno esteso anche al primo ciclo, cioè alle medie e alle elementari. E una rivoluzione iniziata nel 2010 che sta crescendo e consolidandosi anno dopo anno, una realtà che il Miur ha riconosciuto ufficialmente con il decreto messo a punto dalla precedente titolare del ministero, Maria Chiara Carrozza, e approvato lo scorso settembre, che si è tradotto questa settimana in una circolare sui libri di testo da adottare in cui cade ogni obbligo di adozione e si dà pieno via libera al fai-da-te dei testi scolastici.

La scelta da parte delle scuole diventa facoltativa, con la possibilità per i collegi dei docenti di scegliere anche strumenti alternativi, purché coerenti con i limiti di spesa stabiliti per legge e con i programmi in vigore. Se i libri auto-pubblicati corrisponderanno alle linee guida che il ministero divulgherà entro la fine dell’anno scolastico, i testi verranno raccolti in un portale e messi a disposizione di tutti gli istituti che desiderano adottarli.

«Insegnanti e dirigenti saranno coinvolti per la prima volta in un’opera collettiva di elaborazione di strumenti per la didattica che avrà la scuola stessa come protagonista», annuncia trionfante il ministero.

L’obiettivo è seguire l’esempio anglosassone: negli Stati Uniti e in Inghilterra la quasi totalità degli editori del settore scolastico hanno creato nel 2006 un consorzio per sviluppare una piattaforma comune di adozione, distribuzione e vendita dei contenuti digitali. Si chiama Coursesmart ed è una sorta di Amazon della formazione online dal 2007 con più di 15.000 titoli e risorse didattiche digitali disponibili in catalogo, che viene oggi utilizzato da più di 30.000 istituzioni scolastiche e da più di 3,3 milioni di studenti in tutto il mondo.

Una rivoluzione è alle porte, insomma, e i meno entusiasti sembrano gli editori che probabilmente pensano all’ennesimo colpo inferto all’ultimo segmento solido del mercato. Giorgio Palumbo, presidente del gruppo educativo dell’Aie, l’Associazione Italia Editori, mette in guardia contro i rischi del fai-da-te. Considerare solo il risparmio «non considera il ruolo dell’editore e la dimensione accidentale delle produzioni alternative o, ad esempio, la necessità di strumenti didattici dedicati alle categorie di studenti svantaggiati per le quali sono necessarie competenze specializzate».

Attenzione al risparmio, insomma, sostengono gli editori, perché realizzare libri di testo è un lavoro da professionisti. In effetti il risparmio esiste ed è anche consistente, come emerge dall’esperienza del Book In Progress, l’esperimento nato nel 2010 che è arrivato per l’appunto a raccogliere 200 istituti, coinvolgendo circa 800 insegnanti pubblicando decine di titoli di ogni materia, dalla Storia alla Geografia, all’Economia Aziendale, l’Italiano, la Chimica, la Fisica, le Scienze Naturali che nessuno oserebbe definire libri di testo poiché si tratta di pubblicazioni dove le parole sono importanti quanto l’infografica e la visualizzazione in forma interattiva di dati e informazioni. Se i genitori in genere spendono circa 300-350 euro per i testi, quelli degli alunni che frequentano le scuole della rete Book In Progress ne spendono 50-60.

Ma il risparmio non vuol dire necessariamente dilettantismo, sostengono i componenti della rete Book In Progress. Alla cautela chiesta dagli editori rispondono con un metodo complesso, strutturato, condiviso da tutti gli insegnanti della rete, che culmina in un incontro annuale, quello di stamattina nelle stanze del Miur.

La Flc-Cgil: «Povero il 53% del personale della scuola»

da l’Unità

La Flc-Cgil: «Povero il 53% del personale della scuola»

Segnali dal terzo congresso della Flc Cgil, chiuso ieri dopo tre giorni alla Città della Scienza di Napoli.

Adriana Comaschi

Cifre che spiazzano, come quella portata nella sua relazione dal segretario (riconfermato) Domenico Pantaleo: «Nel comparto scuola il 53% dei lavoratori secondo i nostri calcoli dovrebbe beneficiare degli 80 euro di riduzione fiscale, il che significa che hanno salari nella fascia di povertà». Proposte decise, come quella sugli investimenti necessari per scuola formazione e ricerca: «Serve un progetto complessivo sostenuto da 20 miliardi in 5anni, è il differenziale che ci separa dall’investimento dei Paesi Ocse per queste voci». Segnali dal terzo congresso della Flc Cgil, chiuso ieri dopo tre giorni alla Città della Scienza di Napoli. Un incendio doloso l’ha parzialmente distrutta a marzo 2013, un anno dopo l’accordo per la sua rinascita fatica a decollare. La Flc Cgil ha deciso di ripartire da questo simbolo della voglia di riscatto del mondo della conoscenza e del Mezzogiorno, lanciando anche una campagna di raccolta fondi (fino all’8 giugno) per la ricostruzione del laboratorio di robotica. Preceduto da quasi 3 mila assemblee di base, il congresso ha accolto 528 delegati. Sul tavolo, i nodi di un comparto che politica ed economia di fatto collocano ancora in “serie B”. I numeri sugli investimenti sollecitati dal sindacato lo dimostrano , Pantaleo più in generale accusa il governo: «Non vedo una diversa visione rispetto agli ultimi anni, al di là di buone intenzioni e dei provvedimenti per l’edilizia scolastica, c’è maggiore attenzione a scuola e ricerca ma si ripropongono le fallimentari ricette di stampo gelminiano». Il nodo del contendere con l’esecutivo rimane anzitutto uno, «il contratto deve essere rinnovato per il personale e per tutte le professioni di tutti i comparti della conoscenza» detta Pantaleo, senza questa premessa non si può discutere di valorizzazione o di merito,né rivendicare di puntare sulla conoscenza. Bisogna poi ripensare gli interventi per ridurre la dispersione scolastica e far crescere il numero di laureati e ricercatori. Puntare su di loro è indispensabile,«l’ultimo rapporto di Confindustria dice che un livello d’istruzione come quello dei Paesi più avanzati cita Pantaleo consentirebbe in 10 anni un incremento del Pil di 234 miliardi». O come ricorda il giornalista scientifico Pietro Greco inun’interessante tavola rotonda con il direttore del Cnr, rettori e pedagogisti, «la politica italiana non sembra essersi accortacheil27%dell’economia mondiale si fonda sulla conoscenza».

Come valutare l’integrazione delle Tecnologie in classe

da Tecnica della Scuola

Come valutare l’integrazione delle Tecnologie in classe
di Aldo Domenico Ficara
L’acronimo ITIS non indica un  Istituto Tecnico Industriale Statale ma rappresenta la scala  (Intrapersonal Technology Integration Scale) di Niederhauser e Perkmen (2008).
Questa scala ha il fine di indagare il ruolo giocato dalle credenze interne degli insegnanti nella predisposizione verso l’integrazione delle Tecnologie in classe, misurando il senso di autoefficacia percepita, le aspettative di risultato e l’interesse. Ancora oggi le tecnologie sembrano essere poco usate in classe a causa di  due ordini di fattori: quelli esterni ( la scarsa presenza di risorse tecnologiche e di supporto a scuola, l’impossibilità di accedere alle tecnologie in tempo reale ) e quelli interni (la disponibilità al cambiamento, l’autoefficacia, le credenze riguardanti la propria adeguatezza nell’uso delle ICT ). La versione italiana della scala ITIS si configura come un questionario di autovalutazione costituito da 21 items finalizzati a valutare i fattori della SCCT (  Social Cognitive Career Theory  ) lungo tre sottoscale: la Self-Efficacy, la  Outcome Expectation e la sottoscala Interesse. Dei 21 items  6 sono  destinati alla Self-Efficacy (usata per misurare il livello di fiducia percepito dall’insegnante nell’uso delle TIC in classe), 9 items riguardano la  Outcome Expectation (usata per misurare le credenze relative ai benefici che si otterrebbero usando le TIC in classe ) e infine gli ultimi 6 items sono relativi alla sottoscala Interesse (usata per misurare l’interesse degli insegnanti nell’utilizzo delle TIC nel loro insegnamento ). Per ogni item gli insegnanti devono indicare il loro livello di accordo o disaccordo su una scala Likert a cinque punti: fortemente in disaccordo ( punti 1), in disaccordo ( punti 2), né d’accordo né in disaccordo ( punti 3), d’accordo ( punti 4), fortemente d’accordo ( punti 5).  Da evidenziare il fatto che la sottoscala Outcome Expectation include a sua volta tre sottodimensioni: la prima detta Performance Outcome Expectations (POE) rappresenta la credenza relativa al fatto che usare le tecnologie in classe potrebbe rendere un insegnante più efficace; la seconda detta Self-Evaluative Outcome Expectations (SEOE) rappresenta la credenza relativa alla soddisfazione personale che un insegnante potrebbe sperimentare usando le tecnologie in classe; e infine la terza detta Social Outcome Expectations (SOE)  rappresenta la credenza che i colleghi valutino favorevolmente l’uso delle tecnologie nei processi d’insegnamento.

La scuola va in vacanza contrattuale perenne

da Tecnica della Scuola

La scuola va in vacanza contrattuale perenne
di Lucio Ficara
L’indennità di vacanza contrattuale istituita per sostenere in via provvisoria gli stipendi, in attesa del rinnovo contrattuale, sta diventano ormai un elemento permanente e strutturale della “busta paga”.
È incredibile, questo Governo! A parole sostiene, nella sua agenda politica, la centralità della scuola, rivendica l’obiettivo primario di restituire dignità professionale agli insegnanti, pesantemente penalizzati da recenti politiche ostile e vessatorie, ma nella sostanza della sua azione politica continua a tagliare e a prorogare ancora la cosiddetta vacanza contrattuale. Ma cos’è l’indennità di vacanza contrattuale? L’indennità di vacanza contrattuale è un elemento provvisorio di retribuzione salariale, istituito per non fare perdere eccessivamente potere d’acquisto al lavoratore dipendente. Questa indennità è prevista dal protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo del 23 luglio 1993 e serve a tutelare – in modo parziale – i lavoratori nel caso di ritardi dei rinnovi contrattuali. La scuola ha un contratto scaduto ormai dal 31 dicembre 2009, si tratta del CCNL 2006-2009, che non verrà rinnovato, almeno per la parte economica, come sembra evidente  dai primi segnali scritti nel Documento Economia e Finanza, non prima del 2018 – 2020. In buona sostanza bisogna sapere che il governo non prevede di aprire i cordoni della borsa per il rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti, compreso quello della scuola, ma soprattutto è obiettivo del governo Renzi quello di attribuire a partire dal 2018 e fino al 2020 l’indennità di vacanza contrattuale che viene corrisposta proprio quando si prevede di non rinnovare i contratti e che viene erogata proprio per garantire almeno i lavoratori dall’effetto dell’inflazione sulle retribuzioni. Se questo è il proposito del governo sulla questione del rinnovo contrattuale, si può tranquillamente affermare che la scuola va in vacanza contrattuale perenne. Ma la vacanza contrattuale non doveva rappresentare un istituto provvisorio? A noi sembra che di provvisorio ci sia solo il contratto della scuola, che continua a subire saccheggiamenti legislativi di ogni tipo, mentre il dato inquietante che l’esercizio provvisorio della vacanza contrattuale è ormai divenuto permanente. È questo dovrebbe restituire dignità professionale all’insegnanti? Le retribuzioni dei docenti, dalle scuole primarie a quelle secondarie di primo e secondo grado, sono tra le più basse di Europa e fino al 2020 perderanno ancora molto terreno sul potere d’acquisto. E i sindacati cosa intendono fare rispetto a questa eventualità? Nel frattempo i docenti sempre più stressati e con carichi di lavoro crescenti, si trovano senza la prospettiva di un rinnovo contrattuale anche su base economica e con una continua destrutturazione delle norme contrattuali. Fra qualche giorno gli insegnanti andranno in vacanza per le festività pasquali ma quelle saranno provvisorie, mentre la vacanza contrattuale resterà perenne.

Come si calcolano le assenze di malattia dei prof?

da Tecnica della Scuola

Come si calcolano le assenze di malattia dei prof?
di Lucio Ficara
Le regole sono contenute nel CCNL ed è bene conoscerle per non incorrere in sgradevoli inconvenienti.
Una domanda ricorrente che molti insegnanti si pongono, è quella riguardante i giorni di malattia di cui hanno diritto e del calcolo riferito proprio a questi periodi di assenza. Incominciamo con il dire che il riferimento normativo che regola le assenze per malattia degli insegnanti a tempo indeterminato è l’art. 17 del CCNL scuola 2006-2009. Questa norma contrattuale si applica al personale di ruolo e non a quello nominato a tempo determinato. I precari, infatti, non hanno le stesse tutele contrattuali dei docenti di ruolo e questo, con tutta evidenza, infrange contro  i più elementari diritti alla salute, che non dovrebbero fare differenze tra chi è titolare e chi invece supplente, ma anche contro la direttiva europea 1999/70/CE. Il trattamento normativo riguardante le assenze per malattia si differenzia sostanzialmente tra personale di ruolo (art. 17 del CCNL 27/11/2007) e personale assunto con contratto a tempo determinato per l’intero anno scolastico o fino al termine delle attività didattiche (art. 19 comma 3 del CCNL 27/11/2007). Per quanto riguarda il personale di ruolo bisogna dire che il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano, alle assenze dovute all’ultimo episodio morboso, le assenze per malattia verificatesi nel triennio precedente. Per capire meglio la questione facciamo un esempio specifico. Supponiamo che il docente si assenti per malattia nel periodo che va dal 14 aprile 2014 al 31 maggio 2014, per un totale, riferito a questo ultimo episodio di malattia di 48 giorni; il periodo triennale di riferimento, citato nel comma 1 dell’art.17, nel nostro esempio abbraccerà il periodo dal 31 maggio 2011 al 31 maggio 2014. In questo particolare triennio (36 mesi) il docente ha diritto a 18 mesi di malattia in cui conserva il posto (i primi 9 mesi sono anche regolarmente retribuiti al 100%). Quindi nel suddetto periodo tutte le assenze per malattia si sommano sia agli effetti della determinazione della durata massima (18 mesi) sia agli effetti della retribuzione. Se il docente avesse fruito nell’arco del triennio suddetto di tutti i 18 mesi che aveva a disposizione, cosa gli accade? Nel comma 2 dell’art.17 esiste un’altra tutela che consente all’insegnante, che ne faccia regolare richiesta, la possibilità di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi e accertati dall’Amministrazione, senza diritto ad alcun trattamento retributivo. Terminati questi ulteriori 18 mesi, come previsto dal comma 4 dell’art. 17 CCNL scuola, l’insegnante può essere dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l’amministrazione può procedere, salvo quanto previsto dal successivo comma 5, alla risoluzione del rapporto corrispondendo al dipendente l’indennità sostitutiva del preavviso. Molto più ridotte sono invece le tutele per il diritto alla malattia per i docenti precari. Infatti nell’art. 19 comma 3 è scritto che il personale docente ed Ata assunto con contratto a tempo determinato per l’intero anno scolastico o fino al termine delle attività didattiche, nonché quello ad esso equiparato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto per un periodo non superiore a 9 mesi in un triennio scolastico. Per quanto attiene la retribuzione degli insegnanti precari è specificato nel comma 4 dell’art.19 suddetto che, fermo restando il limite dei 9 mesi in un triennio, in ciascun anno scolastico la retribuzione spettante al personale precario è corrisposta per intero nel primo mese di assenza, nella misura del 50% nel secondo e terzo mese. Per il restante periodo il personale anzidetto ha diritto alla conservazione del posto senza assegni. Ancora una volta esiste una barriera giuridica che divide il personale assunto a tempo determinato da quello di ruolo, sarebbe opportuno eliminare al più presto questa barriera in modo da rispettare le direttive europee. D’altronde questo  ce lo chiede l’Europa.

Facciamo il punto sul tempo pieno nella primaria

da TuttoscuolaFOCUS

Facciamo il punto sul tempo pieno nella primaria

Cinque anni fa – era l’anno scolastico 2008-09 – prima della “cura Gelmini”, il tempo pieno della scuola primaria accoglieva il 26,6% degli alunni frequentanti, per complessivi 684.622 unità.

Le classi organizzate a tempo pieno erano allora esattamente un quarto (25%) del totale funzionante per complessive 34.317 unità.

Con la riforma, cosiddetta del ritorno al maestro unico (obiettivo fallito), il tempo pieno veniva salvato e se ne annunciava il potenziamento, anche se penalizzato (come le altre classi a tempo normale) con la riduzione delle compresenze.

Nel corso di questi ultimi anni gli effetti di quella riforma si sono assestati e consolidati. Cosa è successo al tempo pieno? Cosa è cambiato?

In questo anno scolastico 2013-14 vi sono 172.137 alunni in più che frequentano il tempo pieno: un aumento favorito anche dall’incremento complessivo della popolazione scolastica. Ma, se si pone attenzione all’incidenza di alunni a tempo pieno, la nuova percentuale corrisponde al 33%, che è come dire che in Italia un alunno ogni tre frequenta il tempo pieno.

In particolare su un totale di 2.597.451 alunni iscritti alla scuola primaria statale, 856.759 frequentano classi a tempo pieno.

Poiché nel periodo considerato, il salasso degli organici deciso da Tremonti-Gelmini ha determinato la chiusura di circa 5 mila classi di scuola primaria (da 137.095 a 132.131), ci si chiedeva quale effetto vi sarebbe stato sull’offerta di tempo pieno.

Ebbene, nonostante la notevole riduzione del numero delle classi, il numero delle classi organizzate a tempo pieno è aumentato di 7.130 unità: erano infatti 34.317 nel 2008-09, sono quest’anno 41.447.

Insomma, pur con meno compresenze per tutti, cinque anni fa era iscritto al tempo pieno solo un alunno su 4, ora lo è un alunno su 3.

La Lombardia accelera: il 57% delle scuole ha classi digitali. E arrivano nuovi fondi

da TuttoscuolaFOCUS

La Lombardia accelera: il 57% delle scuole ha classi digitali. E arrivano nuovi fondi

Ammonta complessivamente a 27 milioni (15 previsti con i due bandi precedenti e 12 anticipando l’utilizzo delle risorse per l’anno scolastico 2014-2015) l’investimento disposto dalla Giunta della Regione Lombardia, su proposta dell’assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro Valentina Aprea, a sostegno della digitalizzazione delle scuole pubbliche, statali e paritarie, e dei centri di istruzione e formazione professionale accreditati.

Il progetto “Generazione Web”, avviato già dall’anno scolastico 2012/2013, prevede un intervento organico per l’adeguamento degli ambienti di apprendimento e della didattica al mondo digitale, attraverso la formazione dei docenti, la fornitura di tablet agli studenti e di strumenti collettivi per le classi, nonché una premialità per le migliori esperienze di realizzazione del materiale didattico, di innovazione nelle valutazioni, nel rapporto scuola famiglia.

In questo modo le scuole beneficiarie di questa seconda edizione del progetto diventano 358, per un totale di 3.300 classi e oltre 75 mila studenti (ma erano state 500 le scuole che avevano fatto richiesta, a dimostrazione del grande interesse che muove “dal basso” verso la scuola digitale).

Oggi”, ha affermato con soddisfazione l’assessore Aprea, “grazie al progetto Generazione Web Lombardia, il 57% delle scuole statali ha classi che lavorano in ambienti di apprendimento digitali. Questo vale anche per il 38% delle scuole paritarie ed il 54% dei centri di formazione professionale accreditati“. Però la strumentazione, per quanto sia fondamentale, di per sé non cambia l’approccio pedagogico e la pratica dei docenti, ha aggiunto l’assessore. “Per questo, anche quest’anno, oltre alla fornitura del materiale tecnologico, premieremo le migliori esperienze e attiveremo una formazione dei docenti di alta qualità”.

In cifre assolute i progetti Generazione Web Lombardia per gli anni scolastici 2012/13 e 2013/14 hanno coinvolto 425 scuole statali di secondo grado su un totale di 735, 142 paritarie, sempre di secondo grado, su 371 e 122 CFP su 226.

Percentuali e numeri che fanno della Lombardia un benchmark per le Regioni italiane e che la avvicinano ad esperienze virtuose in campo internazionale.

Libri di testo. La rivoluzione per circolare

da TuttoscuolaFOCUS

Libri di testo. La rivoluzione per circolare

C’è qualcosa che echeggia l’esito autodistruttivo della saga nibelungica, il ‘crepuscolo degli dei’ (gli onnipotenti che abitavano un tempo nel palazzo di viale Trastevere), nella circolare sui libri di testo con la quale l’Amministrazione ammaina una delle bandiere del suo potere centralistico: quella di stabilire da Roma le regole per l’adozione dei libri di testo.

La circolare firmata dal direttore generale degli Ordinamenti, Carmela Palumbo, in uno sforzo estremo di riaffermazione del ruolo (si tratta pur sempre di una C.M. che parte dal Miur), rovescia in realtà il rapporto tra il Centro e le scuole, riconoscendo a queste ultime la facoltà di elaborare direttamente materiali e strumenti didattici, secondo quanto disposto dall’art. 6, c. 1, della legge n. 128/2013 (‘L’istruzione riparte’), che così stabilisce: “Il collegio dei docenti può adottare, con formale delibera, libri di testo ovvero strumenti alternativi, in coerenza con il piano dell’offerta formativa, con l’ordinamento scolastico e con il limite di spesa stabilito per ciascuna classe di corso”.

Si tratta di un passo decisivo verso una autentica autonomia delle scuole, almeno per quanto riguarda la didattica, visto che i collegi dei docenti potranno stabilire se, quali e quanti testi adottare o addirittura predisporre.

La realizzazione autonoma di testi e di altri strumenti didattici è infatti resa possibile dallo sviluppo delle tecnologie. A partire dall’anno scolastico 2014-2015, ricorda la circolare citando la legge 128/2013, “gli istituti scolastici possono elaborare il materiale didattico digitale per specifiche discipline da utilizzare come libri di testo e strumenti didattici per la disciplina di riferimento”.

Entro il mese di luglio saranno formalizzate le linee guida ministeriali e gli istituti avranno tempo fino ad agosto 2015 per produrre i propri “e-book”.

L’uscita degli alunni dalla scuola

L’uscita degli alunni dalla scuola

di Gennaro Palmisciano
Dirigente Ispettore Tecnico

 

L’uscita degli alunni dalla scuola costituisce un momento delicato della vita scolastica, nel quale avviene la traditio, ovvero il trasferimento degli obblighi di vigilanza dall’Amministrazione scolastica alla famiglia.

L’istituto di istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati e quindi fino al momento del subentro almeno potenziale della vigilanza dei genitori o chi per loro. Il punto del passaggio è il cancello scolastico, anche se non è detto. Se un genitore preleva l’alunno, la traditio avviene nel luogo e nel momento della riconsegna.

Esiste una posizione di garanzia  in capo agli addetti al servizio scolastico nei confronti dei soggetti affidati alla scuola; posizione che si configura diversamente, da un lato, a seconda dell’età e del grado di maturazione raggiunto dagli allievi oltre che delle circostanze del caso concreto, e dall’altro, degli specifici compiti di ciascun addetto. Tale posizione si caratterizza in generale per l’esistenza di un obbligo di vigilanza nei confronti degli alunni, al fine di evitare che gli stessi possano recare danno a terzi o a sé medesimi o che possano essere esposti a prevedibili fonti di rischio o a situazioni di pericolo.

Le suddette obbligazioni in capo all’istituto scolastico de­rivano dall’accoglimento della domanda di iscrizione dell’al­lievo e dal suo inserimento nell’organizzazione scolastica. Il contenuto di queste obbligazioni comprende senz’altro il ga­rantire la sicurezza e l’incolumità dei discenti nel tempo in cui fruiscono della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, al fine di evitare che l’allievo procuri danno agli altri e a se stesso. Tra l’altro, gli alunni devono ben sapere che il primo comandamento della Scuola, come della Vita, è “Non far male agli altri né a te stesso”.

La responsabilità del Dirigente è in organizzando: essa si sostanzia nell’assunzione dei provvedimenti necessari per garantire la sicurezza della scuo­la (v. art. 369, lett. d, D.Lgs. n. 297/1994) e nell’obbligo di tenere i rapporti con l’amministrazione scolastica nelle sue articolazioni centrali e periferiche e con gli enti locali che hanno competenze relative al circolo e all’istituto.

Ogni Dirigente scolastico deve, in definitiva, predisporre delle misure organizzative non generiche. Vanno evitate, cioè, quelle del tipo: “i docenti e i collaboratori scolastici vigileranno dentro e fuori le aule, nel cortile della scuola fino al cancello”, che sembrano solo scaricare la responsabilità su altri soggetti, senza definire una misura specifica. Piuttosto, l’organizzazione deve essere atta in concreto ad evitare il verificarsi di incidenti, anche attraverso il coinvolgimento dei competenti servizi comunali.

Infatti, si deve rilevare la concorrente respon­sabilità del Comune, che deve predisporre adeguata segnaletica stradale, orizzontale e verticale, nello spazio circostante l’edificio scolastico.

In particolare, il Dirigente scolastico deve garantire che i col­laboratori scolastici siano davanti al portone di uscita della scuola a controllare il regolare deflusso e che, in caso di ritardo dell’autobus, si aspetti a far uscire i ragazzi sino a che tutti i mezzi di trasporto non si siano posizionati.

Gli insegnanti dell’ultima ora hanno, invece, l’obbligo di segnalare eventuali situazioni di pericolo e di vigilare i ragazzi, all’atto dell’uscita della scuola, dall’aula fino al cancello esterno ove avviene simbolicamente o materialmente la riconsegna dei medesimi ai genitori o chi ne fa le veci (per es. gli addetti ad uno scuolabus). Quindi collaboratori e docenti hanno una responsabilità in vigilando.

 

Un’interessante pronuncia in materia, quella della Corte di Cassazione, sentenza n. 17574/2010, delimita i limiti e definisce la responsabilità del Dirigente scolastico e degli altri attori dell’organiz­zazione scolastica, in caso di infortunio occorso a un alunno, ovvero docenti e collaboratori scolastici.

La sentenza si riferisce ad un evento dolorosissimo: un allievo di prima media di una scuola pub­blica, al termine dell’ultima ora di educazione fisica, usciva dall’istituto, percorrendo la strada comunale ad esso antistante, precipitandosi verso l’autobus di linea. Probabilmente spinto da altri compagni di scuola, cadeva, rimanendo travolto dal mezzo e così perdendo la vita.

Premessa l’indubbia responsabilità del conducente dell’au­tobus “per non essersi arrestato in presenza della situazione di grave pericolo costituita dall’assembramento di ragazzi in movimento e dal loro affiancarsi al mezzo”, gli Ermellini puntualizzano, corret­tamente, che “non può essere messa in dubbio l’esistenza di una posizione di garanzia  in capo agli addetti al servizio scolastico nei confronti dei soggetti affidati alla scuola; posizione che si configura diversamente a seconda, da un lato, dell’età e del grado di maturazione raggiunto dagli allievi oltre che delle circostanze del caso concreto, e dall’altro, degli specifici compiti di ciascun addetto, che si caratterizza in generale per l’esistenza di un obbligo di vigilanza nei confronti degli alunni, al fine di evitare che gli stessi possano recare danno a terzi o a sé medesimi o che possano essere esposti a prevedibili fonti di rischio o a situazioni di pericolo”.

Riguardo al primo punto, si rileva che, se l’allievo è molto piccolo, la sorveglianza si deve estendere al periodo di tempo in cui egli si reca al bagno. La Sentenza Cass., Sez. III civ., 24/4/2010, n. 9906, ha chiaramente statuito che la bambina accompagnata in bagno dalla maestra, che è ritornata immediatamente in classe per provvedere alla custodia di al­tri 26 bambini, non doveva essere lasciata sola: l’insegnante era obbligata ad avvalersi del personale ausiliario al quale lasciare temporaneamente in custodia la piccola. Insomma, il contenuto dell’obbligo di vigilanza è tanto più esteso, quanto più piccoli di età sono gli alunni.

Da tale posizione di garanzia discen­de che ogni volta che l’alunno cagiona un danno a se stesso, si delinea una respon­sabilità contrattuale dell’istituto scolastico rappresentato dal Dirigente (in merito, v. per tutte, Cass., Sez. un., 27/06/2002, n. 9346) e dall’insegnante (che era obbligato a vigila­re), i quali dovranno provare di non essersi comportati con colpa e che, di conseguenza, l’inadempimento delle rispettive obbliga­zioni è derivato da causa a loro non imputabile art. 1218 c.c.

 

Per quanto riguarda le uscite anticipate degli alunni, si ribadisce la nullità delle liberatorie per l’amministrazione scolastica fatte sottoscrivere ai genitori, che anzi valgono a costituire un’assunzione di responsabilità da parte della scuola, perché il diritto alla salute dei minori non è disponibile per alcuno, neanche per i genitori.

Piuttosto, il Dirigente scolastico deve valutare ad inizio anno, di concerto con la locale polizia municipale ed i genitori, la possibilità che gli alunni possano ritornare a casa da soli, conservando il verbale di tali riunioni. E soprattutto deve essere sicuro, di volta in volta, che la famiglia sia a conoscenza dell’orario di uscita anticipato degli alunni. Meglio trattenere gli alunni a scuola, se la famiglia non è stata informata dell’uscita anticipata. Ma se gli alunni vengono riconsegnati anche due ore prima allo scuolabus che li trasporta abitualmente, è come se fossero stati riconsegnati ai genitori: siamo di fronte ad una valida traditio, anche in assenza di comunicazione ai genitori.

 

Infine, gli alunni minorenni vanno prelevati direttamente dai genitori o da soggetti maggiorenni delegati anche di volta in volta dall’esercente la patria potestà.

 

Per quanto finora esaminato, si può concludere che, al fine di essere ritenute idonee ad evitare situazioni di pericolo, le misure organizzative adottate dalle istituzioni scolastiche devono prevedere almeno:

·     una chiara formulazione del regolamento d’istituto in materia di modalità di vigilanza, con particolare attenzione all’entrata e all’uscita da scuola, da effettuarsi comunque per tutta la durata dell’affidamento dei minori, fino al momento del subentro, anche potenziale, dei genitori o di chi per loro;

·     la costante e vigile presenza degli insegnanti e dei collaboratori scolastici;

·     la spiegazione agli alunni delle regole di comportamento da seguire prima di svolgere qualsiasi attività, specie quelle comportanti spostamenti e corsa;

·     lo svolgimento delle attività in spazi idonei alle concrete esigenze delle stesse;

.   riunioni ad avvio di anno scolastico con i genitori e gli addetti alla vigilanza stradale (polizia municipale e stradale) per valutare in concreto la sicurezza del ritorno a casa degli alunni quando non accompagnati;

·     il coinvolgimento del competente ente locale in materia di organizzazione del servizio di trasporto degli alunni, se esistente.

È evidente il ruolo di responsabilità che compete al dirigente scolastico, in quanto titolare di una posizione di garanzia nei confronti degli alunni. Egli deve impartire, con atto scritto, chiare ed esaustive disposizioni organizzative e di servizio nei confronti del personale interno alla scuola, anche ad evidenti fini documentali. Tali disposizioni, emanabili anche da soggetti a ciò delegati dal dirigente, costituiscono un valido ausilio in caso di contenzioso e vanno archiviate con estrema cura. Un’efficace formulazione del regolamento d’istituto, con chiare descrizioni dei compiti di ciascun addetto alla vigilanza, può sostituire l’adozione di singole numerose disposizioni di servizio ma, in tal caso, si deve effettuare un’adeguata e documentata attività di informazione nei confronti del personale.
L’uscita dalla scuola del minore può coinvolgere anche la responsabilità in educando dei genitori. La Sentenza Cass. n. 9556/2009 ha affrontato il caso in cui un minore si era allontanato da scuola abusivamente (sottraendosi alla vigilanza dell’Amministrazione scolastica) e aveva causato un sinistro stradale a bordo di un ciclomotore, condotto senza casco e trasportando un passeggero anch’esso privo di casco, che era morto nell’incidente. Nel caso la violazione di tale dovere da parte dei genitori è stata desunta dalla gravità del fatto illecito commesso dal minore. In relazione all’interpretazione di tale disciplina, quindi, è necessario che i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa desumibile dalla norma, offrano non la prova negativa di non aver potuto impedire il fatto, ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere ed all’indole del minore. Infine, come già detto, l’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su di un minore, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 c.c., che prevede l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli.