Elezioni per il rinnovo dell’assemblea dei delegati del Fondo Espero

Dei trenta seggi dell’assemblea:

  • 11 alla Flc Cgil,
  • 9 alla Cisl Scuola,
  • 8 alla Uil Scuola
  • 2 allo Snals

Questi gli esiti del voto svoltosi il 28, 29 e 30 aprile 2014:

LISTA VOTI % VOTI 2010 %
FLC CGIL 7.158 35,9 6.403 33,5
CISL SCUOLA 5.513 27,6 7.374 38,5
UIL SCUOLA 5.263 26,4 3.391 17,7
SNALS CONFSAL 1.567 7,8 1.276 6,7
ANP CIDA 243 1,2 352 1,8
GILDA FGU 173 0,8 344 1,8
BIANCHE 20 18
TOTALE 19.937 20,05 19.158 22,4
aventi diritto 99.453 85.480

Rileggendo la Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro

Rileggendo la Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro

di Margherita Marzario

Abstract: Attraverso un florilegio di citazioni l’Autrice presenta il contenuto di una Carta e illustra l’importanza del gioco quale momento indispensabile della crescita personale dei bambini.

“Educa i ragazzi col gioco, così riuscirai a scoprire l’inclinazione naturale” (Platone): è stata questa l’intuizione della Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro, sottoscritta a Roma nel 1967 per iniziativa del Comitato italiano per il gioco infantile. Questa Carta, caduta nell’oblio, ha anticipato lo spirito di alcune leggi nazionali dagli anni ’70 in poi, tra cui la legge 6 dicembre 1971 n. 1044 sull’istituzione degli asili-nido, e i principi e le statuizioni della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia del 1989. Si può provare a attualizzare e concretizzare il contenuto della Carta attraverso il pensiero di diversi esperti.

“Ai figli cui è stato dato tutto, è stato fatto il peggior dono possibile” (lo psichiatra Paolo Crepet). Non dare tutto, ma dare il necessario, il rispetto dell’unicità di ogni bambino, persona minore d’età. “La personalità del fanciullo è sacra, per garantirne il libero, totale ed armonico sviluppo la società è tenuta ad offrire ad ogni fanciullo un ambiente familiare, scolastico e comunitario dotato dei necessari mezzi e di personale appositamente preparato” (art. 1 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro). Tuttora la Carta è l’unico atto ad esordire in tal modo e a definire la personalità del fanciullo sacra.

«[…] la festa non va organizzata per la nostra immagine, ma per far felice il bambino. […] I piccoli hanno bisogno di divertirsi, di giocare, di fare festa “insieme”» (il pedagogista Pino Pellegrino). Il bambino non ha bisogno di feste, ma di un’atmosfera di festa. “Perché possa svolgere le sue attività di gioco e di lavoro, il fanciullo ha bisogno di convenienti rapporti umani; nonché di spazi, di tempi, di mezzi, di materiali e strumenti idonei alla sua età ed adatti alle sue condizioni fisiche e psichiche” (art. 2 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro).

“Se si riempie il bambino di regali, prima o poi, si annoierà; c’è tutto, manca lui!” (lo psichiatra Paolo Crepet). “Nella casa, per realizzare i migliori rapporti umani, occorre: preparare i genitori ad una responsabile azione educativa; offrire appositi ed attrezzati locali, balconi, terrazzi, giardini, cortili al fine di dare al fanciullo la possibilità di esplicare le sue fondamentali esigenze di movimento, di gioco, di lavoro, di studio, in forma individuale e di gruppo; in sostanza occorre che la famiglia si renda conto della autonomia del fanciullo e carattere decisivo che ha per il suo sviluppo e fin dai primi mesi di vita, il fatto di non essere subordinato alle esigenze di vita dei genitori” (art. 3 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro). La parte più significativa dell’art. 3 è proprio quella finale in cui si sottolinea “il fatto di non essere subordinato alle esigenze di vita dei genitori”, che richiama quei genitori che si affannano a fare di tutto per i figli ma in realtà rischiano di farlo solo per appagare se stessi.

“È una peculiarità tutta italiana il comprare qualsiasi cosa in funzione del figlio” (la sociologa Marina D’Amato). Nell’art. 3 della Carta si ribadisce: “Nella casa, per realizzare i migliori rapporti umani, occorre: preparare i genitori ad una responsabile azione educativa”. Ai bambini non è necessario comprare qualsiasi cosa, quanto preparare un ambiente accogliente e soprattutto predisporsi ad accoglierli come persone altre e non proprie, per non invischiarli in rapporti di dipendenza patologica da qualcuno o qualcosa.

“I piccoli non hanno bisogno di animatori, di maghi, di cantanti, di torte a tre piani! I piccoli hanno bisogno di divertirsi, di giocare, di fare festa “insieme”! Una bella merenda, in compagnia, a base di semplici panini e pizzette, con sottofondo sussurrato, e le immancabili patatine fritte innaffiate dalle solite bibite con bollicine (concesse a volontà, per l’occasione!) è la più simpatica festa di compleanno, sognata dal bambino” (il pedagogista Pino Pellegrino). “Nell’ambiente comunitario devono essere approntati appositi parchigioco, liberi e gratuiti, con convenienti attrezzature e a ragionevole distanza dalle abitazioni, difesi dai pericoli del traffico e della vita intensa, ove i fanciulli possano svolgere libere attività ludiche, culturali, ricreative e sportive, con l’assistenza di personale appositamente preparato e con la eventuale partecipazione dei genitori e degli adulti” (art. 5 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro).

“Il diritto a un gioco più “libero” non è cosa da poco, ma un altro piccolo scalino va superato. Il gioco, non dimentichiamolo, non è terapia finalizzata al miglioramento delle qualità fisiche o mentali, e non è neppure un ausilio mirato a facilitare l’apprendimento o la riduzione del deficit. Il gioco è fatto per essere giocato cioè per divertire. Il che significa libertà, comunicazione e sfogo creativo, oltre che un’importante occasione per fare gruppo e crescere insieme. In quest’ottica aumentare la coscienza di sé e del proprio corpo diventa non l’obiettivo, ma una naturale conseguenza. Una differenza non trascurabile”: così si è espresso Claudio Imprudente, giornalista e scrittore “con disabilità”, sul gioco dei bambini “con disabilità”. Il gioco, proprio perché tale, deve essere “libero da e di” non solo per i bambini “disabili”, ma per tutti i bambini per consentire loro di essere se stessi, di liberarsi di ogni inibizione o impedimento. Nella Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro si parla nell’art. 1 di libero sviluppo della personalità (libertà di essere), nell’art. 5 di liberi spazi (libertà di esserci) e di libere attività (libertà di fare) e, inoltre, nell’art. 3 si precisa che il fanciullo non deve essere subordinato alle esigenze di vita dei genitori. Bando, pertanto, a videogiochi, ludoteche o animatori (o, perlomeno, bando all’eccesso). Il gioco è libertà e educazione alla libertà. “Per attuare i cambiamenti che ridiano effettivo spazio al gioco libero è necessario che gli adulti cambino prospettiva; cioè devono mettere in primo piano i bambini, i ragazzi come sono e non come pensano che siano” (la psicologa Rossella Semplici).

“Basta con i vizi ai figli! Se la cavino da soli!” (il sociologo Francesco Alberoni). “È dovere perseguire una politica di servizi socio educativi volta a promuovere e a potenziare la vita di relazione del fanciullo” (art. 7 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro). È dovere di tutta la comunità dare sostegno alla genitorialità affinché i figli imparino a “saper stare al mondo”. E questo avviene nella vita di relazione. Così i figli imparano a cavarsela da soli nel presente andando incontro al futuro col bagaglio delle giuste competenze socio-affettivo-relazionali. È l’unica volta in cui si parli in un atto normativo di “vita di relazione del fanciullo”, aspetto spesso trascurato – a cominciare dall’ambiente familiare – a causa del quale si può andare incontro poi a fenomeni quali il bullismo, la depressione infantile e disturbi del comportamento alimentare.

Nell’art. 7 della Carta si dice di promuovere e potenziare la vita di relazione del fanciullo: l’educazione relazionale, pertanto, è volta a far andare oltre la connaturale socialità (“socio” etimologicamente è colui che segue, che accompagna), a coltivare la potenziale relazionalità e a far cogliere l’essere come l’altro, l’essere legato alle sorti dell’altro, proprio come nel gioco. Vita di relazione fatta di regole, riconoscimento, rispetto, reciprocità, responsabilità, ruoli. Per questo ci si può servire di momenti ludici e ludiformi per veicolare concetti come cooperazione, solidarietà, condivisione, consapevolezza. Per esempio per educare alla condivisione si può approfittare di un pranzo con tutta la famiglia. I genitori diranno ai figli che hanno bisogno di loro per servire a tavola. È importante che ci siano cibi «numerabili», come polpette, crespelle, fette di carne e porzioni di torta. Poco prima di cominciare a mangiare, mamma o papà si accorgono di aver fatto male i conti e di aver cucinato meno porzioni rispetto agli invitati e chiederanno ai bambini di trovare una soluzione equa per tutti su come dividere il cibo tra i presenti (come proposto nel libro “Fiabe e denaro”).

“Rimettiamo i bambini a sparecchiare, ad essere d’aiuto in casa!” (Angela Crivelli, già presidente dell’Associazione Italiana Genitori). Educare in maniera ludica al lavoro, perché è educare alla vita. “Questi principi ed orientamenti costituiscono l’essenza della funzione educativa che la Costituzione repubblicana affida agli appositi organi dello Stato o alla società italiana” (art. 8 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro). Significativa la locuzione “funzione educativa” che a livello normativo ha riconosciuto la grande valenza del gioco quasi anticipando quanto previsto nella legge 8 novembre 2012 n. 189: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca segnala agli istituti di istruzione primaria e secondaria la valenza educativa del tema del gioco responsabile affinché gli istituti, nell’ambito della propria autonomia, possano predisporre iniziative didattiche volte a rappresentare agli studenti il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi all’abuso o all’errata percezione del medesimo”. Valorizzando la funzione educativa del gioco si preverrebbero anche la ludopatia e i suoi costi economici e sociali.

Facendo un connubio della personalità sacra del fanciullo (art. 1), della vita di relazione del fanciullo (art. 7) e della funzione educativa di ogni azione e relazione si eviterebbero l’incuria (cure insufficienti), la discuria (cure distorte) e l’ipercura (cure eccessive) ed ogni luogo diverrebbe “città dei bambini” e si avrebbe un mondo più a misura di bambino.

“Un fatto che si riscontra costantemente quando i bambini cominciano a interessarsi al lavoro e svolgere se stessi, è la vivace gioia a cui sembrano in preda” (Maria Montessori, L’autoeducazione nelle scuole elementari).

Mea culpa sulla scuola

La Stampa
01/05/2014

Mea culpa sulla scuola

GIUSEPPE CAMPAGNOLI

Nel ricordare il geniale maestro Manzi, da uomo che ha passato una vita nella scuola, non posso non
pensare ai danni che sono stati fatti negli ultimi 40 anni. Mi rimprovero, da docente e dirigente di non
aver combattuto abbastanza per il diritto negato a una scuola più rigorosa e quindi più efficace, contro
riforme pensate da tecnici e politici incompetenti e/o in mala fede. Il pernicioso analfabetismo funzionale
di cui soffre oggi un’ampia fetta della popolazione italiana diffonde i suoi effetti nefasti su concezione
della vita, lavoro, capacità imprenditoriale, autonomia di giudizio, voto e molto altro. E sulla percezione
della democrazia e della libertà.
Ho vissuto il sessantotto in modo critico e credo che parte dello stato della scuola italiana di oggi abbia
origine da quei tempi e da quei principi travisati. L’insieme delle norme e dei comportamenti (a partire
dall’infausta riforma della scuola media) su formazione dei docenti e carriere scolastiche degli studenti,
gestione della scuola, valutazione, relazioni sindacali ha reso il sistema educativo, dalla primaria
all’università, una fabbrica di ignoranza ma, ahimè, anche di presunzione dove le eccezioni confermano
solo una diffusa e consolidata regola.
E’ utile lanciare un appello affinché le cose cambino anche copiando con umiltà qualche eccellenza dei
vicini europei che, grazie al loro modo di concepire l’istruzione, stanno combattendo con successo la crisi
economica per assicurare un futuro ai loro giovani. La ricetta è sempre quella del buon senso e del
coraggio: moltiplicare per 10 gli investimenti, dare in mano a personalità capaci, competenti e di trincea le
leve per migliorare e consolidare ciò che funziona ma cambiare subito ciò che non funziona.
Alcuni esperti, allarmati per il crescente fenomeno dell’analfabetismo nella popolazione italiana,
propongono una soluzione: richiamare ciclicamente i cittadini ad un test di competenze linguistiche,
scientifiche, artistiche e di cultura generale. Le sorprese sarebbero infinite. Una provocazione? Forse.

O. Roman, La Scuola privata non è Scuola pubblica

La Scuola privata non è Scuola pubblica

di Maurizio Tiriticco

Finalmente un libro con cui si fa estrema chiarezza circa l’annosa questione dei rapporti tra Stato e scuole private. O, se vogliamo, se, come e perché lo Stato debba in qualche misura sostenere la “scuola privata”: le virgolette stanno a significare la genericità dell’espressione, perché di fatto, sotto questo nome rientra un eterogeneo pot pourri di offerta educativa non statale, da una scuola di sci a una scuola per interpreti a un asilo di suore.

Ma veniamo al libro.
La polemica ormai è ultradecennale. Lo Stato garantisce a ciascun cittadino l’istruzione pubblica, cioè istituita, governata e amministrata da scuole statali di ogni ordine e grado. Comunque un cittadino può avvalersi di altri canali d’istruzione, i cui percorsi e i cui titoli siano riconoscibili e riconosciuti dallo Stato, ma i cui costi siano assolutamente non a suo carico. E non è un caso che i Padri costituenti stabilirono il principio secondo cui “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato” (Costituzione, art. 33, c.3). Però, secondo la capziosa lettura di alcuni, il “senza oneri” per l’istituzione non significa “senza oneri” per l’organizzazione e il funzionamento, che in effetti è un’altra cosa.

Occorre, però, obiettare che andare oltre la scrittura dei Costituenti è impresa ardita, stante il fatto che i Costituenti hanno adottato vocaboli che, al contrario di quanto avviene a volte in testi legislativi, non intendono mai dar luogo, né effettivamente lo danno, a interpretazioni altre. Quindi nessun ciabattino vada oltre la sua scarpa! Nessuna norma può dar luogo a stanziamenti statali in favore di scuole private. Se poi, in taluni casi sia avvenuto il contrario, ciò non è affatto imputabile a una discutibile lettura del testo costituzionale né all’applicazione della legge 62/2000, come invece da più parti si dice o per ignoranza o per consapevole provocazione.
La legge 62/2000 venne pensata e varata in un contesto istituzionale e amministrativo del nostro Stato ormai molto diverso rispetto al dettato costituzionale del ‘47.

L’area dell’effettivo esercizio della democrazia ormai si era allargata, e di molto, rispetto a quanto poteva avvenire nell’immediato dopoguerra. In atre parole, il nostro Stato è sempre stato dall’Unità al 1946, anno d’istituzione della “Repubblica democratica fondata sul lavoro”, uno Stato fortemente autoritario e centralistico, fondato anche su palesi discriminazioni di classe e addirittura di genere. Basti ricordare che l’accesso al voto per decenni era riservato ai cittadini di un certo censo economico e sociale e che le donne votarono per la prima volta solo nel 1946.
Quindi “democrazia”, in quanto partecipazione e “lavoro” in quanto diritto erano concetti e atti tutti da costruire ex novo nell’immediato dopoguerra. E “democrazia” e “lavoro” sono i concetti che connotano la nostra Repubblica. Comunque, dal ‘46 al 2000 compimmo passi da gigante. E il nostro Paese divenne maturo per cominciare a rompere la struttura fortemente centralistica ereditata dal passato e dare avvio a un nuovo processo, quello delle autonomie.

Basti accennare alla profonda differenza che corre della definizione di Stato e della sua organizzazione tra i due articoli della Costituzione 114, quello del ‘47 e quello di cui alla riscrittura del 2001. Nella prima redazione leggiamo: “La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni”. Nella seconda leggiamo: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”.
Si noti la “verticalità” della prima scrittura e l’“orizzontalità” della seconda. Da un “si riparte” si passa a un “è costituita”. I Comuni che nella prima versione sono all’ultimo posto, secondo una visione verticale e gerarchica, nella seconda sono al primo, secondo una visione orizzontale e democratica. E lo stesso Stato sembra perdere il concetto che da sempre lo ha caratterizzato secondo tutte le interpretazioni filosofiche e politologiche per assumere una connotazione più “famigliare”, potremmo dire, quella di un organo “quinto” a cui competono certi poteri legislativi e non altri, come si evince dall’articolo costituzionale 117.
Per quanto riguarda l’istruzione, lo Stato ha poteri in materia di norme generali e di Livelli essenziali delle prestazioni.

Si potrebbe obiettare che tali modifiche sono state apportate con la legge costituzionale 3 del 2001 e che la legge 62 è del 2000, quindi precedente. Ma va fortemente sottolineato che tale legge trae diretta ispirazione dalla legge delega 59/97, la famosa “legge Bassanini”, con cui si detta “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”. È la legge da cui discese tutta una serie di provvedimenti attuativi dell’autonomia nei diversi comparti dello Stato. A tale proposito è opportuno ricordare il D.Lgs. 112/98, concernente “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, nonché quel DPR 275/99 concernente il “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”.
Si tratta di una serie di provvedimenti di diverso rango normativo, provvedimenti che alla fine dello scorso secolo riscrivono l’intero assetto costituzionale del nostro Paese. L’esercizio della democrazia avanza e cambia lo stesso Stato nella sua struttura organizzativa e funzionale. Basti pensare al fatto che nuovi concetti giuridico/costituzionali vennero introdotti nel novellato Titolo V, quali, ad esempio: sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza, solidarietà, equità, responsabilità, differenziazione, adeguatezza, iniziative autonome.

E non fu un caso che, con il varo dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, lo stesso Ministero delle Pubblica Istruzione cominciò a cambiare anch’esso nella sua struttura, a partire da quel dlgs 300/99 concernente “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59”. Il fatto poi che l’autonomia delle istituzioni scolastiche ancora oggi proceda con tutte le difficoltà che conosciamo e che il Miur possa non essere giunto a rinnovare la sua organizzazione interna e i suoi rapporti con le istituzioni scolastiche è altro discorso, su cui i pareri, ovviamente, non sono concordi.
L’articolato della legge 62/2000 va, quindi letto e interpretato alla luce dei cambiamenti in atto in quegli anni nell’organizzazione non solo della scuola, ma anche di tutti gli apparati della Pubblica Amministrazione, che in effetti era già sta investita da una serie di provvedimenti, a partire da quella legge 241/90 concernente “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. E va anche ricordata tutta la normativa concernente la Carta dei servizi e il Progetto d’istituto, di cui ai Dpcm 19 maggio e 7 giugno 1995: tutti cambiamenti funzionali a una progressiva svolta autonomistica.

È alla luce dei suddetti cambiamenti normativi che vanno lette e interpretate le norme dettate dalla legge 62/2000. Altrimenti si cade nella lettura di quanti artatamente vogliono forzatamente vedervi l’oscuro disegno dei comunisti pronti a sacrificare la scuola di Stato alle bramosie dei cattolici e dei democristiani. E magari anche in forza di quel compromesso storico vagheggiato da Moro ed Enrico Berlinguer! Nessuna lettura può essere più infantile e più volutamente disinformata di questa! Le ragioni di quella legge sono ben altre: e sono ragioni che fin dal ‘47, cioè fin da quel già citato disposto costituzionale che vieta allo Stato il finanziamento di “scuole e istituti di educazione”. Infatti per decenni nessun governo DC o di coalizione si è mai preoccupato di dare corpo e forma al comma 4 del citato articolo costituzionale n 33, che così recita: “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”. E ciò per ovvie ragioni: finché manca una legge, ogni arbitrio è possibile! Quindi sarebbero possibili finanziamenti alle scuole private a iosa! Pertanto, solo un governo “altro” poteva e doveva preoccuparsi di por mano al disposto costituzionale per decenni volutamente ignorato. E questo fu il primo governo di centrosinistra. Quindi la legge 62/2000 non nasce da chissà quale perversa volontà di “dare soldi alle scuole dei preti”, ma dalla necessità, fino ad allora evasa, di dettare norme precise che dessero corpo e forma ai rapporti tra Stato e scuole private.

Alla nettezza della legge 62 del 2000 segue l’anno successivo la confusa riscrittura del Titolo V, almeno in materia di istruzione. Dalla riscrittura si evince che tutto ciò che non è “norma generale sull’istruzione” e che non rientra nei Lep è di pertinenza delle Regioni! Al comma 3 dell’articolo 3 della legge costituzionale 3/2001 leggiamo tra l’altro: “Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale… Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. Si tratta di una dizione così equivoca – almeno a mio parere – per cui le Regioni possono legiferare in materia di legislazione concorrente e l’istruzione non solo è materia esclusiva dello Stato ma è anche materia di legislazione concorrente. Si tratta di affermazioni che non possono non dar luogo a conflitti di cui poi la Corte costituzionale si è dovuta far carico.
E la conflittualità Stato-Regioni in materia non solo d’istruzione, ma anche d’istruzione e formazione professionale costituisce, almeno a mio parere, uno dei punti più dolenti dell’intero “Sistema educativo di istruzione e formazione”, di cui all’articolo 1 della legge 30/2000. Pertanto, è proprio in ordine al contesto normativo costituzionale riscritto dalla legge costituzionale 3/2001 che ogni Regione può fare buono e cattivo tempo. Così sostegni diretti o indiretti, con il sistema dei bonus, doti, borse di studio e quant’altro, vengono erogati ex lege all’istruzione privata, in barba al disposto della legge 62, di rango inferiore rispetto al novellato Titolo V della Costituzione… o malnovellato, per le incertezze e confusioni interpretative a cui ha dato e dà luogo.

Eppure la distinzione tra scuola privata e scuola paritaria è netta nella legge 62. Sono paritarie solo quelle scuole che dimostrino di possedere una serie di requisiti, assai numerosi e chiaramente individuati e descritti negli articoli 4 e 5. E si tratta di requisiti assolutamente conformi con la lettera e lo spirito di quel dettato costituzionale che è bene riprendere (articolo 33, comma 4) là dove prescrive che è la legge che deve stabilire quali sono le condizione per chiedere e ottenere la parità. E la legge 62, dopo anni di silenzio normativo in materia, ha inteso finalmente rendere operativo questo assunto.

Osvaldo Roman si addentra in una materia estremamente complessa e denuncia tutte le violazioni che sono state apportate sia al precetto costituzionale del ‘47 che alla legge applicativa di Berlinguer che per primo ha inteso mettere ordine in una materia sulla quale dal ‘47 al ‘60 tutto è stato possibile per quanto riguarda finanziamenti pubblici, quindi non solo dello Stato, alle scuole private.
A mio giudizio, è un libro che fa estrema chiarezza sulla complessità di una materia sulla quale sono stati in molti, soggetti e istituzioni, a far finta di nulla. “Se il diritto tace, tutto è lecito”, dice un vecchio adagio. Ma il diritto non tace affatto, anzi parla e scrive! Ma non c’è peggior soggetto di chi non vuole né ascoltare né vedere.

Per queste ragioni ritengo che Roman abbia scritto un testo di cui tutti avevano bisogno, e soprattutto il legislatore, nazionale e regionale. Il faticoso cammino compiuto per dare un assetto a una materia complessa è puntualmente ricostruito dall’autore. Ma è un cammino su cui per troppi anni hanno voluto marciare falsi ciechi e falsi sordi. Non ci sono più alibi per aprire e chiudere scuole private, per chiedere e dare finanziamenti. Non ci sono più alibi per non riconoscere che la prima legge costituzionale – possiamo chiamarla così! – di un governo di centrosinistra ha individuato condizioni serie e giuridicamente valide per dar vita a un sistema nazionale in cui scuole statali e scuole paritarie svolgono con pari dignità un pubblico servizio.

E il principio del “senza oneri per lo Stato” è pienamente rispettato. Il comma 9 dell’articolo 1 della legge 62 così recita: “Al fine di rendere effettivo il diritto allo studio e all’istruzione a tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie nell’adempimento dell’obbligo scolastico e nella successiva frequenza della scuola secondaria e nell’ambito dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 12, lo Stato adotta un piano straordinario di finanziamento alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano da utilizzare a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per l’istruzione mediante l’assegnazione di borse di studio di pari importo eventualmente differenziate per ordine e grado di istruzione…”. Lo Stato non finanzia scuole, ma provvede a sostenere famiglie.

Tutto ciò che è accaduto dopo in materia di finanziamenti pubblici alle scuole private, laddove si sono verificati, non è imputabile alla legge 62, ma a provvedimenti che, qualunque fosse la parte politica che li ha adottati, la travalicano e la violano.
Nel dibattito attuale sul funzionamento delle scuole paritarie e delle scuole private e sulla questione del loro funzionamento e finanziamento il dibattito è aperto.
Tutte le opzioni sono possibili, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare! E non diamo a Berlinguer ciò che non gli appartiene!

La Scuola privata non è Scuola pubblica, Roma 5 maggio 2014

Convegni

Corso base di formazione per tecnici ABA (Applied Behavior Analysis)

NEW    Corso base di formazione per tecnici ABA
(Applied Behavior Analysis)
Sede del corso: Trento (Edizioni Centro Studi Erickson)

Data e orari:
lunedì 9, martedì 10, mercoledì 11 giugno 2014: 9.00-13.00 e 14.00-18.00, giovedì 12 giugno 2014: 9.00-13.00 e 14.00-16.00

Docenti
Carlo Ricci (Presidente dell’Istituto Walden – Laboratorio di Scienze Comportamentali di Roma e Bari)
Chiara Magaudda (responsabile dell’Unità Operativa per l’intervento precoce sui disturbi pervasivi dello sviluppo dell’Istituto Walden)
Giorgia Carradori (psicologa, ANFFAS di Ostia), Alberta Romeo (psicologa clinica e psicoterapeuta)
Delia Bellifemine (psicologa e psicoterapeuta)

Presentazione
Il Centro Studi Erickson organizza, in collaborazione con l’Istituto Walden di Roma, il corso base di formazione per tecnici ABA (Applied Behavior Analysis).
Gli studi e le ricerche sulla validazione empirica dell’efficacia dei Programmi di Intervento Intensivo Precoce nell’ambito dei disturbi pervasivi dello sviluppo e nelle varie forme di autismo, mediante l’approccio Applied Behavior Analysis, assegnano un ruolo fondamentale come predittore di successo del trattamento alle attività quotidiane svolte dalla figura professionale che nell’approccio originale, nei Paesi anglosassoni, viene spesso etichettata con il termine “Terapista ABA”. In Italia tale termine richiama le figure professionali tipicamente sanitarie risultando riduttivo pertanto, in alternativa, utilizzeremo l’espressione di “Tecnico ABA”…

Per il programma completo consulta la pagina dedicata

Costi e modalità di iscrizione:
€ 450,00 + IVA 22% (€ 549,00 IVA inclusa), per la scheda di iscrizione clicca qui

ATTENZIONE!
Il corso è a numero chiuso, esauriti i posti disponibili non sarà più possibile iscriversi.

Il corso permette l’accesso all’elenco pubblico dei professionisti formati Erickson!

Le funzioni esecutive nei disturbi e nelle difficoltà di apprendimento
Sede del corso: Trento (Edizioni Centro Studi Erickson)

Data e orari:
venerdì 5 e sabato 6 settembre 2014: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00

Docente
Luigi Marotta (Logopedista, IRCSS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma e Università LUMSA, Roma)

Presentazione
Il corso fornirà ai partecipanti i protocolli di diagnosi condivisi ai sensi della Consensus Conference sui DSA del 2010, con attenzione anche alle ultime ricerche presenti in letteratura. Partendo da questi presupposti metodologici saranno proposte le attività di trattamento delle principali Funzioni Esecutive coinvolte nell’apprendimento di lettura, scrittura e calcolo: Attenzione, Memoria di Lavoro, Flessibilità Cognitiva e Capacità di Inibizione dello stimolo irrilevante. Si lavorerà direttamente su casi clinici sui quali dovrà essere formulata una diagnosi nosografica, proposte le prove di approfondimento per la diagnosi e le tecniche di trattamento logopedico. Le attività avranno un taglio prevalentemente pratico-applicativo.

Per il programma completo consulta la pagina dedicata

Costi e modalità di iscrizione:
€ 200,00 + IVA 22% (€ 244,00 IVA inclusa), per la scheda di iscrizione clicca qui
I corsi online di maggio
9 maggio 2014:La valutazione della disgrafia. Corso Base

9 maggio 2014:Il parent training nell’autismo

16 maggio 2014:Didattica metacognitiva e strategie di studio. Corso avanzato

16 maggio 2014:Il test BVN

23 maggio 2014:Lavorare con gli utenti musulmani

NEW    23 maggio 2014:Studenti con sordità. Linguaggio, lettura, grammatica e testualità
NEW    23 maggio 2014:Sviluppare i prerequisiti per la scuola primaria
Corsi online con iscrizioni sempre aperte:

Alunni con Bisogni Educativi Speciali: indicazioni operative per promuovere l’inclusione scolastica

Convegno
Sviluppare le abilità di comunicazione nella disabilità

Sede del corso: Trento (Edizioni Centro Studi Erickson)

Data e orari: venerdì 16 maggio dalle 14.00 alle 18.00 e sabato 17 maggio dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 16.00

Docenti
Carlo Ricci (Istituto Walden, Roma)
Mauro Mario Coppa (Lega del Filo d’Oro, Osimo, Ancona)
Alberta Romeo (Istituto Walden, Roma)
Orazio Miglino (Seconda Università di Napoli)
Andrea Martinuzzi (IRCCS “E. Medea”, Associazione La Nostra Famiglia)
Maria Antonella Costantino (Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa, Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Fondazione IRCCS “Ca’ Granda” Ospedale Maggiore Policlinico, Milano)

Presentazione
Un’abilità di comunicazione deficitaria o inadeguata è alla base della maggior parte dei problemi di comportamento – frequenti in varie forme di disabilità – che ostacolano talvolta non solo l’apprendimento, ma anche la partecipazione sociale e la relazione interpersonale.L’incremento del repertorio e delle modalità comunicative deve quindi necessariamente essere una delle priorità nell’intervento educativo-riabilitativo per ampliare e rendere accessibili le possibilità di relazione e inclusione. Un adeguato sviluppo delle abilità comunicative riduce infatti sensibilmente la probabilità di sviluppare comportamenti disadattavi che diventano, in molti casi, l’unica modalità a disposizione delle persone con disabilità, per esprimere i propri i bisogni, richiamare l’attenzione o evitare una situazione non gradita.

Destinatari: educatori, logopedisti, psicologi, insegnanti di ogni ordine e grado.

Costi e modalità di iscrizione:
Il costo del Convegno è di € 220,00 IVA compresa, per la scheda dedicata clicca qui
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DSA Homework Tutor
Formazione di figure professionali a supporto del bambino, della famiglia e della scuola
Sede del corso: Trento (Edizioni Centro Studi Erickson)

Data e orari: lunedì 30 giugno, martedì 1 e mercoledì 2 luglio: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 e giovedì 3 luglio: dalle 9.00 alle 13.00

Docenti
Federica Brembati (AbilMente, Studio Associato di Psicologia e Pedagogia, Cassano d’Adda – Milano)
Roberta Donini(AbilMente, Studio Associato di Psicologia e Pedagogia, Cassano d’Adda – Milano)
Silvia Andrich (Centro Studi Erickson, Trento)
Mario Di Pietro (Servizio per l’Età Evolutiva, ULSS 17 di Este/Monselice, Padova)
Flavio Fogarolo (Associazione Lettura Agevolata onlus, Venezia)

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ADHD Homework Tutor
Formazione di figure professionali a supporto del bambino, della famiglia e della scuola
Sede del corso: Trento (Edizioni Centro Studi Erickson)

Data e orari: mercoledì 27, giovedì 28 e venerdì 29 agosto: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 e sabato 30 agosto: dalle 9.00 alle 13.00

Docenti
Francesca Offredi (UO NPI Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona)
Gianluca Daffi (Università Cattolica del Sacro Cuore e NPI Spedali Civili di Brescia)
Giorgia Sanna (Pedagogista, Centro Studi Erickson, Trento)
Silvia Andrich (Centro Studi Erickson, Trento)
Mario Di Pietro (Servizio per l’Età Evolutiva, ULSS 17 di Este/Monselice, Padova)

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Comunicare in modo efficace
Parole e gesti, pensieri ed emozioni. Come comunicare senza fare e farsi del male?
Sede del corso: Trento (Edizioni Centro Studi Erickson)

Data e orari: venerdì 12 settembre 2014: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 e sabato 13 settembre 2014: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 16.00

Docenti
Giuseppe Maiolo (Libera Università di Bolzano e Cooperativa Sociale ONLUS Il Germoglio – Sonnenschein, Bolzano)

http://www.formazione.erickson.it

Anche il @MiurSocial al Festival di Giornalismo di Perugia

Anche il @MiurSocial al Festival di Giornalismo di Perugia

Il 2 maggio a Perugia, nell’ambito del Festival Internazionale del Giornalismo, il Miur, con il suo Programma Operativo Nazionale “Ricerca e Competitività” 2007/2013 (PONREC), e’ stato invitato a partecipare alla sessione dedicata all’analisi, elaborazione, valutazione di dati afferenti attività pubbliche (Hackathon).
Il Ponrec, attraverso la sua sezione di Opendata, offre una serie molteplice di dati, relativi agli oltre 600 progetti in corso di finanziamento con le risorse europee dei Fondi Strutturali: beneficiari, loro localizzazione, tipologia dei progetti, contenuti, risultati, risorse impegnate, risorse erogate.
Domani, questi dati saranno, attraverso una loro descrizione, offerti a chiunque voglia accedervi, per studiarli, elaborarli, capire chi e cosa il Miur sta finanziando. Un esempio di “monitoraggio civico” concreto e assai interessante.
Nel link che segue alcune ulteriori dettagli informativi.

http://www.festivaldelgiornalismo.com/programme/2014/hackathon-2

Proposta di un modello di certificazione al termine del primo ciclo di istruzione

Proposta di un modello di certificazione al termine del primo ciclo di istruzione

di Maurizio Tiriticco

Com’è noto, l’articolo 8 del dpr 122/2009, concernente il “Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in materia” recita: “Certificazione delle competenze – Nel primo ciclo dell’istruzione, le competenze acquisite dagli alunni sono descritte e certificate al termine della scuola primaria e, relativamente al termine della scuola secondaria di primo grado, accompagnate anche da valutazione in decimi…”.

Successivamente, con la Cm 49/2010, concernente“Valutazione degli alunni ed esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione”, si precisa che “certificare le competenze per ogni singolo studente presuppone una attenta valutazione per evitare il rischio di compilazioni formali e di procedure superficiali. Mentre i voti e i giudizi permettono di seguire il percorso di apprendimento e di crescita dello studente, con la certificazione delle competenze l’intento è quello di fornire informazioni puntuali sui livelli di preparazione in relazione a criteri di carattere generale. È importante che, con la valutazione complessiva del consiglio di classe o della Commissione d’esame circa il passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado o il superamento dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo, allo studente venga data la possibilità di conoscere la propria posizione rispetto a livelli di apprendimento e quadri di competenze che rispondano a riferimenti di carattere generale. Va in ogni modo garantito che le procedure di valutazione proprie di ogni singola scuola, di docenti o gruppi di docenti della scuola rispettino criteri di attendibilità e di validità, evitando che la disomogeneità esistente nelle prassi correnti siano per gli studenti e per le loro famiglie fonti di informazioni imprecise se non errate”.

Pertanto, le singole istituzioni scolastiche e le commissioni d’esame individueranno e definiranno le competenze da certificare in ordine agli obiettivi di apprendimento e ai traguardi per lo sviluppo delle competenze, di cui alle “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione”, adottate con il Regolamento del Miur del 16 novembre 2012.

Va considerato che, per quanto riguarda la conclusione dell’intero percorso obbligatorio decennale, il Miur si è fatto carico di individuare e descrivere puntualmente sia le competenze chiave per l’esercizio della cittadinanza attiva che le competenze culturali. Le prime sono 8 e sono state formulate tenendo nel debito conto quelle indicate dalla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006. In effetti, la preoccupazione delle istituzioni europee è che tutti i cittadini dei 28 Paesi membri conseguano nei diversi percorsi di istruzione generalista o di formazione professionale quelle competenze civiche comuni che permettano loro di conseguire e rafforzare il senso di appartenenza a un Unione che amplia e trascende i limiti nazionali. Le 8 competenze indicate dall’Unione europea sono le seguenti: 1) comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) imparare a imparare; 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8) consapevolezza ed espressione culturale.

Le suddette competenze sono state curvate dal Miur alle esigenze del nostro sistema di istruzione e sono state così descritte secondo tre vettori: a)in relazione alla costruzione del sé: 1) imparare ad imparare; 2) progettare; b)in relazione a corrette esignificative relazioni con gli altri: 3) comunicare; 4) collaborare e partecipare; 5) agire in modo autonomo e responsabile; c)in ordineall’interazione con la realtà naturale e sociale: 6) risolvere problemi; 7) individuare collegamenti e relazioni; 8) acquisire e interpretare l’innovazione. Si tratta di altrettanti esiti del formare, dell’educare e dell’istruire, di cui al dpr 275/99, art. 1, c.2.

Le competenze culturali sono 16 e sono così distribuite: 6 per l’asse dei linguaggi; 4 per l’asse matematico; 3 per l’asse scientifico-tecnologico; 3 per l’asse storico sociale. Per ciascuna delle competenze culturali sono stati individuati tre livelli di certificazione. base, intermedio e avanzato. Si vedano al proposito il dm 139/07 e il dm 9/10. Un’iniziativa analoga non è stata adottata dal Miur per le competenze terminali del primo ciclo di istruzione, per cui sono le stesse istituzioni scolastiche a doverle individuare, definire e descrivere e ad adottare gli opportuni criteri certificativi.

La proposta di modello di certificazione che viene qui avanzata tiene conto del fatto che il percorso della scuola media non può essere considerato conclusivo dell’istruzione obbligatoria, ma momento centrale di un curricolo continuo, progressivo e verticale di cui sono momento iniziale l’istruzione primaria e momento finale il primo biennio del secondo ciclo di istruzione. Pertanto, è opportuno che, nella definizione delle competenze di cittadinanza – anche in riferimento al nuovo insegnamento Cittadinanza e Costituzione introdotto nelle scuole di ogni ordine e grado con la legge 169/2008 – si tenga nel debito conto quanto indicato e prescritto in merito alla conclusione dell’obbligo di istruzione, ovviamente, con tutte le curvature del caso: in effetti, la maturazione civica e culturale raggiungibile da un 16enne non è quella raggiungibile da un 14enne. A tale proposito, va anche sottolineato che nelle Finalità generali, di cui alle Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione, le competenze di cittadinanza indicate dalla citata Raccomandazione europea vengono correttamente riportate e considerate “all’interno dei principi della Costituzione italiana e della tradizione culturale europea” (numero speciale degli Annali della Pubblica Istruzione, pp. 13-15).

Per quanto riguarda le competenze culturali, interpretate nell’ottica della loro spendibilità nel mondo del lavoro, l’Unione europea si è preoccupata di mettere in relazione i singoli sistemi nazionali delle qualifiche e di ogni altro titolo di studio spendibilei nel mondo del lavoro, con un sistema europeo, detto European Qualifications Framework, EQF. Tale sistema prevede otto gradini, da quello di base, relativo a competenze culturali essenziali, fino a quello più alto relativo alle alte specializzazioni universitarie. Ogni Stato membro è tenuto a dichiarare a quale degli otto livelli europei corrisponde ciascuno dei suoi titoli di studio. Tale sistema consente una più agevole circolazione nei Paesi dell’Unione dei lavoratori e dei titoli di studio in loro possesso, che non necessitano più di particolari pratiche burocratiche per il riconoscimento.

Il nostro Paese ha dichiarato formalmente a quale degli otto livelli indicati dall’EQF corrispondono i nostri titoli di studio. Si veda in proposito l’Accordo Stato-Regioni sulla referenziazione del sistema italiano delle qualificazioni al Quadro Europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF), di cui alla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, sottoscritto il 20 dicembre 2012. Da tale accordo si evince che: il livello 1 europeo corrisponde alla licenza media; il livello 2 alla certificazione dell’obbligo di istruzione; il livello 3 alla qualifica professionale triennale regionale; il livello 4 ai diplomi dell’istruzione secondaria di secondo grado e ai diplomi di qualifica professionale quadriennale; il livello 5 ai diplomi dell’Istruzione Tecnica Superiore; il livello 6 alla laurea triennale; il livello 7 alla laurea magistrale e ai master di primo livello; il livello 8 al dottorato e ai master di secondo livello. Ovviamente la casistica è molto più ricca e articolata, per cui si rinvia al testo dell’accordo.

Per quanto riguarda il dettaglio delle indicazioni dell’EQF, il primo livello, che riguarda la licenza media, è così descritto: CONOSCENZE generali di base; ABILITA’ di base necessarie per svolgere mansioni e compiti semplici; COMPETENZE – lavorare o studiare, sotto una supervisione diretta, in un contesto strutturato. Va considerato che la voce “lavorare” non riguarda il nostro quattordicenne: in effetti nel nostro Paese si può accedere ad attività lavorative solo con il compimento dei 15 anni, in particolare in attività di apprendistato. Il secondo livello, che riguarda la conclusione dell’obbligo di istruzione, è così descritto: CONOSCENZE pratiche di base in un ambito di lavoro e di studio; ABILITA’ cognitive e pratiche di base necessarie per utilizzare le informazioni rilevanti, al fine di svolgere compiti e risolvere problemi di routine utilizzando regole e strumenti semplici; COMPETENZE – lavorare o studiare, sotto una supervisione diretta, con una certa autonomia.

In ordine a tale complesso contesto normativo e al fine di rendere congruente il nostro esame finale di terza media con quanto indicato sia dall’EQF che dalle competenze terminali di fine obbligo, si propone un modello di certificazione che tenga conto sia della orizzontalità delle competenze EQF di primo livello che della verticalità delle competenze di cittadinanza e culturali di fine obbligo.

Nb – Si ringraziano i docenti e i dirigenti scolastici degli istituti comprensivi di Via Anagni ed “E. Q. Visconti” di Roma, “Europa Unita” e “Castaldo Nosengo” di Afragola, senza il cui fattivo contributo non avrei mai prodotto il documento allegato.

Certificazione competenze scuola media

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MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

ISTITUTO COMPRENSIVO………………………..…………………………anno scolastico……………….…

 

NB – La presente certificazione tiene conto: a) dei traguardi per lo sviluppo delle competenze di cui alle Indicazioni nazionali relative al primo ciclo di istruzione; b) delle competenze di primo livello indicate dal Quadro Europeo delle Qualifiche, come recepito dall’“Accordo sulla referenziazione del sistema italiano delle qualificazioni all’European Qualification Framework, di cui alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008”, sottoscritto il 20 dicembre 2012; c)e, nell’ottica di un curricolo verticale decennale, delle competenze chiave di cittadinanza e delle competenze culturali da conseguire al termine dell’obbligo di istruzione (dm 139/07), opportunamente curvate ai livelli di apprendimento di studenti e studentesse giunti al termine del primo ciclo di istruzione.


CERTIFICATO DELLE COMPETENZE CONSEGUITE DALLO/A STUDENTE/SSA…………………

AL TERMINE DELLA TERZA MEDIA

 

COMPETENZE DI CITTADINANZA

Aree di cittadinanza

Livello raggiunto
Costruzione del séRelazioni con gli altri

Rapporto con la realtà naturale e sociale

BaseIntermedio Avanzato
 
Costruzione del sé

  • Imparare ad imparare – Lo studente organizza il proprio apprendimento secondo metodi e tempi adeguati e lo implementa sapendo cercare e selezionare le opportune informazioni
  • Progettare – Lo studente utilizza le conoscenze apprese per proporsi obiettivi ulteriori di studio e orientarsi in ordine a scelte future
 

 

Relazioni con gli altri

  • Comunicare – Lo studente comprende e produce informazioni e messaggi di diversa natura (famigliare, amicale, vita quotidiana) e veicolati con diversi supporti (cartacei, informatici, multimediali)
  • Collaborare e partecipare – Lo studente interagisce nel gruppo dei pari comprendendo i diversi punti di vista, sostenendo i propri, gestendo con successo le eventuali difficoltà
  • Agire in modo autonomo e responsabile – Lo studente avverte le possibilità e i limiti del proprio operare e comprende quali effetti possano produrre scelte e azioni personali nei confronti degli altri
 

 

 

Rapporto con la realtà naturale e sociale

  • Risolvere problemi – Lo studente affronta e risolve situazioni problematiche costruendo e verificando ipotesi, utilizzando le risorse opportune e valutando secondo criteri dati i risultati ottenuti
  • Individuare collegamenti e relazioni – Lo studente cerca e trova ciò che lega e divide oggetti, fatti, concetti diversi, lontani nello spazio e nel tempo, cogliendone la natura sistemica
  • Acquisire e interpretare l’informazione – Lo studente comprende valori ed effetti delle informazioni ricevute con strumenti diversi in ordine a diversi ambiti disciplinari, distinguendo i fatti dalle opinioni
 

 

 

 

LEGENDA

Costruzione del sé

base – Lo studente sa utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite al fine di predisporre un piano di lavoro per implementarle

intermedio – Lo studente organizza il suo apprendimento in ordine a tempi, fonti, risorse, tecnologie offerte dalla situazione scolastica

avanzato – Lo studente sa elaborare progetti di apprendimento, proponendosi obiettivi, formulando ipotesi, individuando risorse e opportunità e gli eventuali vincoli; sa valutare i risultati raggiunti

Relazioni con gli altri

base – Lo studente è capace di collaborare con gli altri comprendendone i diversi punti di vista e di sostenere e argomentare le sue posizioni di partenza

intermedio – Lo studente collabora positivamente con gli altri, discutendo i propri punti di vista e facendo valere le proprie posizioni con argomentazioni valide e puntuali

avanzato – Lo studente si comporta in modo autonomo e responsabile, capace di interagire positivamente con gli altri, comprendendone punti di vista, sostenendo con intelligenza critica le proprie posizioni, capace anche, se necessario, di modificarle

Rapporto con la realtà naturale e sociale

base – Lo studente comprende e utilizza con successo le informazioni necessarie a risolvere problemi semplici di diversa natura

intermedio – lo studente riconosce ed acquisisce le informazioni necessarie ad affrontare situazioni problematiche che risolve senza particolari difficoltà

avanzato – Lo studente è capace di ricercare e acquisire le informazioni necessarie, individuandone collegamenti e relazioni, al fine di affrontare una situazione problematica non nota e di una certa complessità e di risolverla con successo

 

COMPETENZE CULTURALI

Aree pluridisciplinari

 

Livello raggiunto
Area dei linguaggi – Italiano; Lingua inglese e seconda lingua comunitaria; Musica; Arte e immagine; Educazione fisicaArea matematico-scientifico-tecnologica – Matematica; Scienze; Tecnologia

Area storico-sociale – Storia e Cittadinanza e Costituzione; Geografia

BaseIntermedio Avanzato
 
Area dei linguaggi in relazione a scambi comunicativi relativi alle discipline di insegnamento e a contesti socio-famigliariLo studente interagisce in modo efficace e produttivo in diverse situazioni comunicative orali interpersonali, facendo valere il suo pensiero e comprendendo le opinioni altrui

– legge e comprende testi scritti di vario genere all’altezza del suo livello di età

– produce testi di vario tipo grammaticalmente corretti finalizzati a esprimere il proprio pensiero

– utilizza correttamente la lingua inglese in ordine a scambi comunicativi relativi al proprio vissuto e al proprio ambiente sociofamiliare (livello A2 del Portfolio europeo delle lingue)

– produce e comprende brevi messaggi orali e scritti relativi al proprio ambiante sociofamiliare nella seconda lingua comunitaria (livello A1 del Portfolio europeo delle lingue)

– padroneggia consapevolmente gli elementi principali del linguaggio visivo e musicale

– è consapevole delle proprie competenze motorie

 

 

 

 

 

 

Area matematico-scientifico-tecnologicaLo studente si muove con sicurezza nel calcolo anche con i numeri razionali

– riconosce e denomina le forme del piano e dello spazio e le loro rappresentazioni

– analizza e interpreta rappresentazione di dati per ricavarne misure di variabilità e assumere decisioni

– è consapevole della complessità del sistema dei viventi e del carattere finito delle risorse naturali che propongono stili di vita ecologicamente responsabili

– riconosce i principali sistemi e strumenti tecnologici e le interrelazioni uomo/ambiente che da questi sono indotte

 

 

 

Area storico-sociale– Lo studente conosce fatti ed elementi significativi del passato e del presente del suo ambiente di vita

– conosce fatti e processi fondamentali della storia mondiale dalla civilizzazione neolitica ai nostri giorni e

– si orienta nello spazio/tempo reale e sulle carte geografiche di diversa scala

– conosce i sistemi territoriali vicini e lontani e valuta gli effetti delle azioni degli uomini sui sistemi territoriali

– conosce i principi fondanti della Costituzione repubblicana e l’assetto istituzionale dell’Unione europea

 

 

 

LEGENDA

base – lo studente svolge compiti semplici in situazioni note, mostrando di possedere conoscenze e abilità essenziali e di saper applicare regole e procedure fondamentali.

intermedio – lo studente svolge compiti e risolve problemi in situazioni note, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare responsabilmente le conoscenze e le abilita acquisite.

avanzato – lo studente svolge compiti e problemi in situazioni anche non note, mostrando piena padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità. Sa proporre e sostenere le proprie opinioni e assumere decisioni consapevoli e responsabili.

 

Votazione in decimi relativa alle singole discipline

Italiano
Lingua inglese – Livello A2
Seconda lingua comunitaria – Livello A1
Storia
Geografia
Matematica
Scienze
Musica
Arte e immagine
Educazione fisica
Tecnologia

 

ORIENTAMENTO…………………………………………………………………………………………………
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FIRME                   e                   bolli vari

Nel 2015 concorso da 17 mila posti Ripescati anche 7.000 «idonei 2012»

da Corriere.it

RECLUTAMENTO INSEGNANTI

Nel 2015 concorso da 17 mila posti
Ripescati anche 7.000 «idonei 2012»

Il ministro Giannini: «Non solo verranno assorbiti tutti i vincitori dell’ultimo concorso ma, nell’attesa dei vincitori della prossima tornata, verranno immessi in ruolo anche una parte dei docenti che avevano superato il concorso 2012 senza vincere una cattedra»

di Redazione Scuola

«Il prossimo anno bandiremo un concorso a cattedra per circa 17 mila docenti». Il ministro Stefania Giannini ha confermato oggi alla Camera quanto anticipato martedì in un’intervista al Corriere. «Il nuovo concorso si terrà nella tarda primavera 2015 – annuncia il ministro – per permettere anche ai nuovi abilitati del ciclo Tfa (Tirocinio formativo attivo, ndr) che stiamo per bandire di poter partecipare a questa importante occasione». Nel frattempo verranno assorbiti tutti i vincitori del concorso 2012, dei quali 4.000 sono già stati assunti e 7.000 lo saranno nel 2014-15. Ma – ed è questa la novità annunciata da Giannini nel corso del question time pomeridiano – poiché «per l’immissione in ruolo nell’anno scolastico 2015/2016 avremo esaurito i vincitori dell’ultimo concorso, ma non avremo ancora i vincitori del prossimo», verrà elaborata una soluzione ad hoc «che permetta di rispettare il principio dell’immissione 50 per cento da concorso e 50 per cento dalle graduatorie ad esaurimento». Poiché le immissioni in ruolo previste per quell’anno sono 14 mila, il ministro ha spiegato che «circa 7.000 posti andranno a chi ha superato il concorso del 2012 ma non era risultato vincitore». Si tratta dei cosiddetti «idonei» 2012: circa 17 mila docenti che, pur essendo stati dichiarati idonei dalle commissioni giudicatrici, erano rimasti tagliati fuori. Per una parte di costoro, 7.000 persone appunto, si tratta di una buona notizia insperata. Gli altri dovranno invece ritentare la sorte con il prossimo concorso.

Secondo Giannini «è importante dare regolarità ai concorsi. Non solo perché lo prevede la legge ma anche perché il concorso è di fatto l’unico modo per garantire a tanti nuovi abilitati – e tra questi tantissimi giovani che si sono formati recentemente e scelgono l’insegnamento nella scuola per passione e vocazione – di poter avere una possibilità in tempi ragionevoli di entrare di ruolo a insegnare ai nostri ragazzi».

Giannini: nel 2015 concorso a cattedra per 17mila docenti

da Repubblica.it

Giannini: nel 2015 concorso a cattedra per 17mila docenti

L’annuncio del ministro. Viale Trastevere si prepara poi all’immissione in ruolo di altri 28mila insegnanti. Il sindacato Anief: “I numeri pazzi del Miur”

di SALVO INTRAVAIA

ROMA – Nuovo concorso per 17mila cattedre in arrivo nella scuola e 25mila immissioni in ruolo entro il prossimo mese di settembre. “Il prossimo anno – ha detto il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini rispondendo a un’interrogazione alla Camera – bandiremo un concorso a cattedra per circa 17 mila docenti: il concorso è l’unico strumento per entrare in ruolo e insegnare”. “Il concorso, che si terrà nella tarda primavera del 2015 – ha aggiunto – consentirà di essere in tempo utile per l’immissione in ruolo nell’estate 2016”. Una buona notizia per le migliaia di laureati in attesa di una sistemazione. Ma che non manca di suscitare polemiche.

Intanto, la macchina di viale Trastevere si sta preparando per l’immissione in ruolo di altri 28mila docenti: 15mila di sostegno, nell’ambito dell’allargamento dell’organico di diritto degli insegnanti specializzati nel seguire gli alunni disabili, e altri 13mila in cattedre di posto comune a seguito del turn-over. Ad annunciare le assunzioni a tempo indeterminato è stata la Giannini a margine dell’audizione sulle linee programmatiche del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del 24 aprile in VII commissione a Montecitorio. I 28mila posti verranno ripartiti a metà tra gli iscritti nelle graduatorie provinciali dei precari e i vincitori degli ultimi concorsi: quelli del 1990 e del 1999.

La nuova procedura concorsuale annunciata dal ministro partirà invece la prossima primavera e metterà a disposizione circa 17mila – o 14mila, come aveva ventilato qualche giorno fa in commissione – posti. E, seppure con un anno di ritardo, mantiene la promessa fatta due anni fa dall’ex ministro Francesco Profumo di bandire i concorsi a posti ogni due anni. L’ultima volta ne passarono 13 di anni. Ma l’annuncio della Giannini fa saltare letteralmente dalla sedia Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, il sindacato che si è fatto strada negli ultimi anni tra i docenti.

Pacifico parla di “numeri pazzi al Miur” perché “le soluzioni pensate dal ministro Giannini non risolvono il problema del precariato”. ” A cosa serve bandire un nuovo concorso quando ci sono ancora 17mila idonei appena valutati dalle commissioni?”. Nel 2012, infatti, venne bandito il primo concorso nella scuola del terzo millennio. Ma, contrariamente al passato, la selezione prevedeva soltanto 10.500 posti da assegnare e nessuna abilitazione per coloro che si fossero piazzati al di fuori dei posti messi a concorso nelle singole regioni e per le diverse materie di insegnamento.

Pertanto, circa 17mila docenti, pur essendo stati dichiarati idonei dalle commissioni giudicatrici, dovranno rifare il concorso se vorranno aspirare a una cattedra. Ma non è tutto. Negli ultimi anni, oltre ai precari “storici” delle graduatorie ad esaurimento, sono nati altri precari – di serie B, perché con meno diritti degli altri – che arricchiscono la galassia di coloro che non sanno se e quale supplenza avranno ogni anno. “Cosa comporta – conclude Pacifico  – l’aggiornamento annuale delle graduatorie d’istituto in seconda fascia, quando i docenti abilitati con il TFA o con il futuro PAS, o ancora con SFP o all’estero, non possono inserirsi nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento da cui si attinge per le supplenze e per il ruolo?”.

Nel 2015 concorso per 17 mila docenti Il ministro Giannini: di ruolo nel 2016

da La Stampa

Nel 2015 concorso per 17 mila docenti
Il ministro Giannini: di ruolo nel 2016

Per il 2015-1016 saranno immessi in ruolo 7mila insegnanti
ANSA

È una giornata di buone notizie per tanti giovani, e non, che aspirano ad entrare come prof nella scuola e in 7 mila faranno festa per aver avuto un lavoro, quasi, inaspettato. Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha fatto due annunci importanti: il primo la convocazione per il 2015 di un nuovo concorso a cattedre per 17 mila docenti (chi vincerà e rientrerà nel numero previsto sarà sicuro di avere il posto); l’altra novità resa nota dal ministro alla Camera riguarda ben 7 mila aspiranti professori che pur essendo vincitori nel concorso 2012 non avevano ottenuto una delle 11 mila cattedre previste.

In pratica si tratta di una parte degli «idonei» 2012 (anche se il termine non era assolutamente previsto nel bando) che non avevano alcuna speranza di entrare e che invece saranno assunti nell’anno scolastico 2015/16 per rispettare il «principio del 50%»: metà di chi insegna deve essere assunta per concorso, l’altra metà viene presa dalle graduatorie ad esaurimento.

Una vera e propria sorpresa, dovuta al fatto che gli 11 mila vincitori di cattedra del 2012 sono stati già assorbiti: «4.000 di questi – ha detto il ministro – sono già stati nominati per l’anno scolastico in corso; i restanti 7.000 saranno immessi in ruolo per l’anno scolastico 2014-2015. Con le nomine di quest’estate esauriamo quindi la lista dei vincitori del concorso 2012».

Il nuovo concorso, ha precisato il ministro «si terrà nella tarda primavera 2015, per permettere anche ai nuovi abilitati del Secondo Ciclo Tfa, i tirocini formativi che saranno banditi lunedì, di poter partecipare. I risultati del nuovo concorso li avremo quindi in tempo utile per l’immissione in ruolo nell’estate 2016», per l’anno scolastico 2016/2017.

«Capite bene quindi – ha spietato Giannini – che per l’immissione in ruolo 2015/2016 avremo esaurito i vincitori dell’ultimo concorso, ma non avremo ancora i vincitori del prossimo. Per il 2015/2016 avremo complessivamente 14.000 immissioni in ruolo. Ritengo giusto e doveroso immaginare una soluzione che permetta di rispettare il principio dell’immissione 50% da concorso e 50% dalle graduatorie ad esaurimento. Per questo, il 50% del contingente 2015/2016, circa 7.000 posti, andrà a chi ha superato il concorso del 2012 ma non era risultato vincitore». Ed erano in tanti di questi «non vincitori-idonei» a chiedere la cattedra e in tanti brinderanno al nuovo lavoro.

Giannini ha annunciato anche che la «settimana prossima partono i lavori di un “cantiere” a cui ho affidato il compito di approfondire le questioni del reclutamento, della formazione e della valorizzazione della professionalità docente. Ho chiesto proposte ambiziose entro luglio». Questo perché il «Governo punta a creare una nuova classe di docenti, garantendo, allo stesso tempo, le legittime aspettative di coloro che da anni stanno contribuendo al funzionamento del sistema scolastico nel suo complesso».

Oltre ad aver aggiornato le graduatorie ad esaurimento, il ministro ha detto di aver firmato proprio oggi «l’aggiornamento delle Graduatorie di Istituto valide per il triennio 2014/2017».

Secondo Giannini, «è importante dare regolarità ai concorsi. Non solo lo prevede la legge, dato che l’arruolamento dei docenti si fa al 50% da concorso e 50% da Graduatorie ad Esaurimento, ma anche perché il concorso è di fatto l’unico modo per garantire a tanti nuovi abilitati, e tra questi tantissimi giovani che si sono formati recentemente e scelgono l’insegnamento nella scuola per passione e vocazione, di poter avere una possibilità in tempi ragionevoli di entrare di ruolo a insegnare ai nostri ragazzi».

Negli ultimi 15 anni 3 milioni di studenti hanno “abbandonato”

da La Stampa

Negli ultimi 15 anni 3 milioni di studenti hanno “abbandonato”

roma

Negli ultimi 15 anni quasi 3 milioni di giovani italiani, il 31,9% di coloro che dopo la terza media si sono iscritti a una scuola secondaria superiore statale, non hanno terminato gli studi con il conseguimento del relativo diploma. E più di un quarto (esattamente il 27,9%) di quelli che hanno iniziato un percorso di studi secondari nella scuola statale cinque anni fa (anno scolastico 2009-10) non lo ha completato.

Sono tra i dati più eclatanti presentati dal direttore di Tuttoscuola, Giovanni Vinciguerra.

Il leggero miglioramento riscontrato negli ultimi anni non cambia la situazione della scuola italiana che nelle comparazioni internazionali, e in particolare europee, continua a occupare una posizione di bassa classifica a causa dell’elevata percentuale di giovani di 15-29 anni in possesso del solo titolo di licenza media (Lower Secondary Education, ISCED 2).

L’elevato tasso di dispersione spiega, almeno in parte – rileva Tuttoscuola – perché in Italia la quota di Neet (giovani che non studiano, non hanno un lavoro e neppure si formano per trovarlo) sia molto superiore a quella della media europea (23,9 e 15,4 per cento rispettivamente), con punte superiori al 37,7% in Sicilia (addirittura 39,8% per le ragazze): molti di quei quasi 3 milioni di ragazzi dispersi negli ultimi 15 anni sono diventati Neet. Non sarebbero così numerosi se almeno una parte di loro avesse continuato a studiare o a seguire corsi di formazione professionale, come avviene in altri Paesi (in Germania i Neet sono il 9,7%, in Francia 14,5% e nel Regno Unito il 15,5%).

Ma chi rispetta le norme anti-fumo?

da Tecnica della Scuola

Ma chi rispetta le norme anti-fumo?
di Lucio Ficara
Il rispetto è spesso eluso perchè è difficile, anzi impossibile tenere sotto controllo quello che accade nei bagni delle scuole.
Chi pensava che con l’entrata in vigore del Decreto Legge 12 settembre 2013, n. 104, in cui è stato stabilito il divieto di fumo in tutti i locali degli edifici scolastici, comprese le scale anti-incendio, e le aree all’aperto di pertinenza dell’istituto, le sigarette tradizionali e non sarebbero sparite dalle scuole dovrà purtroppo ricredersi.
Bisogna ricordare che la legge su citata oltre ad estendere il divieto di fumo a tutte le pertinenze esterne della scuola, ha inoltre introdotto anche il divieto di utilizzare sigarette elettroniche, stabilendo conseguenti sanzioni nell’ipotesi di violazione del divieto. Una norma, questa antifumo, che è stata approvata ad inizio anno scolastico 2013/2014 ed ha visto emanare precise circolari interne, redatte e firmate dai dirigenti scolastici, in cui si avvisava dell’entrata in vigore della legge antifumo e delle conseguenze sanzionatorie rivolte ai contravventori.
Oggi che ci troviamo a fine anno scolastico, registriamo che nelle scuole italiane il vizio del fumo non è stato assolutamente debellato, e si continua regolarmente a fumare, nell’indifferenza generale. Gli studenti fumano, facendo attenzione a non essere scoperti e lo fanno al chiuso del bagno, dove si sentono garantiti dalla privacy.
Il fenomeno del fumare di nascosto nei bagni delle scuole è molto diffuso e coinvolge anche allievi e allieve giovanissimi. Nei bagni delle scuole sia dei maschi che delle femmine, si respira spesso un’aria carica di fumo, che certamente non fa bene alla salute. Spesso dai bagni degli alunni fuoriesce una vera e propria nube di fumo.
Cosa fare per risolvere il problema? Molti docenti, dirigenti scolastici e personale scolastico, fanno finta di non sapere, d’altronde non è possibile sorvegliar egli studenti fin dentro i bagni. Eppure un dirigente scolastico temerario, visto il dilagare del fenomeno del fumo nei bagni della sua scuola, ha preso l’iniziativa di togliere la porta d’accesso ai bagni. Ad estremi mali estremi rimedi, deve aver pensato il Ds ’Istituto tecnico Ferraris Pancaldo di Savona, che ha adottato il curioso provvedimento di eliminare le porte dei bagni. Altri dirigenti sempre a fin di bene, ma contravvenendo alle norme sulla privacy, hanno pensato di installare le video camere di sorveglianza nei bagni della scuola. Le proteste di alunni e genitori, rispetto a queste violazioni di legge sulla privacy, non si sono fatte attendere. Quindi le telecamere di sorveglianza sono state tolte e le porte riposte sui loro cardini. Ma allora come risolvere quello che è un vero problema di tutte le scuole secondarie italiane? E non si dica che esistono oasi scolastiche dove il fenomeno del fumo nei bagni non esiste, perché son gli stessi studenti ad ammetterlo candidamente.
Forse la soluzione sarebbe quella di introdurre nelle ore di scuola qualche corso di educazione alla salute e all’ambiente, perché gli studenti sono persone estremamente intelligenti, che si lasciano persuadere da argomentazioni valide e non da divieti imperativi.

Giannini: tra un anno il concorso a cattedra per 17mila nuovi prof

da Tecnica della Scuola

Giannini: tra un anno il concorso a cattedra per 17mila nuovi prof
di Alessandro Giuliani
Lo ha assicurato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, nel corso di un question time alla Camera: la selezione si terrà nella tarda primavera 2015 consentirà di essere in tempo utile per l’immissione in ruolo nell’estate 2016. Imminente, invece, l’aggiornamento delle graduatorie d’Istituto: in giornata firmerò il provvedimento. Buone notizie per i 7 mila docenti idonei al concorso 2012 ma che non erano risultati vincitori: verranno assunti nell’estate del 2015, una volta esauriti i vincitori dell’ultima selezione diretta.
Dovranno attendere un anno o poco più gli aspiranti docenti pronti a mettersi in gioco con il ‘concorsone’ che porta direttamente all’immissione in ruolo. “Il prossimo anno bandiremo un concorso a cattedra per circa 17 mila docenti: il concorso è l’unico strumento per entrare in ruolo e insegnare”. Lo ha assicurato il 30 aprile il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, nel corso di un question time tenuto assieme ad altri quattro ministri nell’Aula di Montecitorio. “Il concorso, che si terrà nella tarda primavera 2015 consentirà di essere in tempo utile per l’immissione in ruolo nell’estate 2016”, ha spiegato il responsabile del Miur. Che subito dopo ha ricordato di aver “recentemente firmato l’aggiornamento delle graduatorie” ad esaurimento e “vi confermo che firmerò, forse in giornata, l’aggiornamento delle graduatorie di Istituto valide per il triennio 2014/2017”-
Secondo il ministro, “è importante dare regolarità ai concorsi. Non solo lo prevede la legge, dato che l’arruolamento dei docenti si fa al 50% da concorso e 50% da graduatorie ad esaurimento, ma anche perché il concorso è di fatto l’unico modo per garantire a tanti nuovi abilitati – e tra questi tantissimi giovani che si sono formati recentemente e scelgono l’insegnamento nella scuola per passione e vocazione – di poter avere una possibilità in tempi ragionevoli di entrare di ruolo a insegnare ai nostri ragazzi”.
Ecco quindi la conferma: subito, in estate, “per l’anno scolastico 2015/2016 saranno immessi in ruolo 7 mila docenti che pur avendo sostenuto positivamente il concorso 2012 non erano riusciti ad ottenere la cattedra e non erano risultati vincitori”, ha spiegato Giannini. E questo avverrà proprio “per garantire il principio del 50% di ammissioni da concorso e 50% dalle graduatorie”.
In tall modo, ha continuato, per l’immissione in ruolo nell’anno scolastico 2015/2016 avremo esaurito i vincitori dell’ultimo concorso”, che si è svolto nel 2012, “ma non avremo ancora i vincitori del prossimo” che servirà per immettere in ruolo i nuovi prof nel 2016. Ciò significa che la metà del contingente 2015/2016, circa 7.000 posti, andrà a chi ha superato il concorso del 2012 ma non era risultato vincitore. Una mancanza, quella delle immissioni in ruolo di migliaia di vincitori, che lo scorso anno aveva fatto più volte gridare allo scandalo. Ci permettiamo di rilevare che qualche dubbio rimane, però, per quelli collocati in classi di concorso esaurite. Anche perché non sono di certo casi sporadici.
Giannini ha quindi confermato che per il “2015/2016 avremo complessivamente 14.000 immissioni in ruolo”, metà dei quali scelti attraverso le migliori posizioni delle graduatorie ad esaurimento.

Il docente non idoneo al servizio non può essere obbligato a compiti diversi

da Tecnica della Scuola

Il docente non idoneo al servizio non può essere obbligato a compiti diversi
di P.A.
Il docente dichiarato inidoneo al servizio ha diritto alla dispensa per motivi di salute e non può essere obbligato dall’amministrazione ad essere utilizzato in compiti diversi. La Flc-Cgil pubblica la sentenza del tribunale del lavoro di Udine
Il Tribunale di Udine ha riconosciuto il diritto alla dispensa ad una docente inidonea che era stata licenziata dall’amministrazione perché aveva rifiutato l’utilizzo in altri compiti.
La docente era stata dichiarata inabile al servizio ma idonea ad altri compiti e pertanto l’amministrazione intendeva obbligarla a prestare servizio in qualità di non docente. A fronte del rifiuto della docente e alla sua richiesta di essere dispensata dal servizio (ai sensi dell’art. 4.4 del DM 79/2011 che disciplina la ricollocazione del personale dichiarato inidoneo nei ruoli ATA), il dirigente scolastico dell’istituto presso cui la docente era titolare l’ha dichiarata decaduta dall’impiego ritenendo che l’art. 7 comma 2 del DPR 171/2011 (ovvero il regolamento in materia di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici inidonei) avesse cancellato la possibilità della dispensa.
Il giudice invece ha ritenuto fondata la domanda di dispensa avanzata dalla docente poiché per il giudice è lo stesso DPR 171/2011 all’art. 7 comma 9 a prevedere l’applicabilità della disciplina previgente al personale docente della scuola.
Il giudice inoltre ha ravvisato nel comportamento dell’amministrazione tutta una serie di illegittimità sul piano procedurale oltre che di merito per cui ha ritenuto di censurare la decisione dell’amministrazione e ha ordinato l’immediata riammissione in servizio della docente e il suo successivo collocamento in dispensa dal servizio per motivi di salute. Inoltre il giudice ha condannato l’amministrazione al pagamento degli stipendi non percepiti oltre che delle spese di lite.
Tale decisione è particolarmente rilevante perché conferma l’illegittimità al passaggio forzoso di tutto il personale docente inidoneo nei ruoli del personale ATA

Vietato diffondere on-line dati sui disabili

da Tecnica della Scuola

Vietato diffondere on-line dati sui disabili
di L.L.
A dirlo è il Garante per la Privacy, intervenuto sull’illecita pubblicazione di dati sensibili all’interno delle graduatorie di un concorso pubblicato dal Comune di Roma
Stop alla diffusione in Internet delle graduatorie di un concorso riservato a disabili. Lo si legge nella newsletter di aprile del Garante per la protezione dei dati personali in riferimento ad un provvedimento del 6 marzo scorso, riguardante la pubblicazione, sul sito web del Comune di Roma, di graduatorie di un concorso idonee a rivelare lo stato di salute dei partecipanti.
In particolare, risultava pubblicata on-line la graduatoria finale relativa ad una procedura selettiva pubblica riservata ai soggetti disabili di cui alla legge n. 68/1999, unitamente alla data di nascita degli interessati e ad ulteriori informazioni concernenti titoli di preferenza. Oltre a questo, i nominativi delle persone in graduatoria erano immediatamente visibili in rete tramite l’inserimento delle rispettive generalità nei più diffusi motori di ricerca generalisti.
Per dato personale – ricorda il Garante – si intende “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale” e per diffusione dei dati personali si intende “il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione”.
La pubblicazione delle graduatorie in questione, recanti in chiaro i dati identificativi degli interessati nell’ambito di una procedura selettiva pubblica “riservata ai soggetti disabili di cui alla legge n. 68/1999”, per di più agevolata dalla immediata reperibilità nel web dei nominativi riguardanti i destinatari mediante i più diffusi motori di ricerca, ha causato una diffusione di dati sensibili in quanto idonei a rivelare lo stato di salute degli interessati, in ragione dell’espresso riferimento allo status di disabile degli interessati nonché dell’espresso richiamo (nel medesimo contesto) alla legge n. 68/1999, concernente le “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.
Fatte queste premesse, il Garante ha ribadito che è vietata la diffusione di dati da cui si possa desumere lo stato di malattia o l’esistenza di patologie dei soggetti interessati, compreso qualsiasi riferimento alla condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici. Il titolare del trattamento, al fine di assolvere agli obblighi di pubblicità aventi ad oggetto le menzionate graduatorie, avrebbe potuto in questo caso limitarsi a rendere pubblico sul sito web istituzionale gli avvisi sintetici concernenti l’avvenuta approvazione delle graduatorie con l’indicazione delle modalità di accesso alle medesime per i soggetti interessati, senza diffondere, quindi, i dati sensibili riferiti ai partecipanti alle procedure selettive.
Per tali ragioni l’Autorità ha vietato l’ulteriore diffusione in Internet dei dati personali idonei a rivelare lo stato di salute dei soggetti interessati contenuti nelle graduatorie menzionate nel provvedimento ed ha prescritto per il futuro di attenersi, nella pubblicazione di atti e documenti in Internet, alle disposizioni contenute nel Codice in materia di protezione dei dati personali e citate “Linee guida in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione sul web”, rispettando, in particolare, il divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute degli interessati.