Docenti non bocciatevi

DOCENTI NON BOCCIATEVI

di Umberto Tenuta

CANTO 156 Docenti, se bocciate gli studenti, bocciate voi. Siete voi che siete venuti meno al vostro dovere di garantire loro il successo formativo

 

Cose dette e ridette da me e da altri, compreso Don Milani.

Nessuno vi ha chiamato, nessuno vi ha imposto di fare i docenti, lo avete chiesto voi.

Nel chiederlo avete accettato i vostri doveri, primo fra tutti quello di garantire il successo formativo di ciascuno dei vostri studenti, nessuno escluso.

Lo dice la Costituzione, lo dice la normativa scolastica!

Ma: lo studente non studia!

È come dire: Marco non mi ama, non ama la mia disciplina, la disciplina che io amo.

Ma tu lo hai innamorato il tuo Marco? Lo hai innamorato alla Matematica, lo hai innamorato alla Poesia, lo hai innamorato alle Historiae patriae?

Dimmi quante sgridate gli hai fatto.

Dimmi quanti sguardi biechi gli hai rivolto.

Dimmi quante volte lo hai rimproverato dinnanzi ai compagni tutti della classe per svergognarlo, per umiliarlo, per farlo piangere.

Per poco non lo hai mandato dietro la lavagna, con i ceci sotto le ginocchia, come faceva con me la Signorina Dora.

Ricordo, almeno una volta ci finii pure io che ero il più bravo della classe, ma lei era imparziale, tranne che con le figlie del riccone che per il basso della scuola pure il fitto dal Comune si prendeva.

Ora vuoi che ti ami.

Ora vuoi che, come le figlie del riccone, Marco e i suoi compagni di sventura ti amino, ti ammirino, ti dicano che bella tu sei, Maestra, bella vestita come noi, bella truccata come noi, bella pettinata come noi.

Tu avevi il dovere di garantire il successo formativo a tutti i tuoi studenti.

E invece a Marco ed ai suoi compagni non lo hai garantito.

Ed ora il danno e la beffa!

Non solo non gli hai garantito il successo formativo, ma pure lo bocci.

Lo rimandi a settembre, lui che non ha genitori di euro forniti per pagare la tua collega che nella calura estiva gli farà le ripetizioni.

Sì, le ripetizioni delle tue lezioni inefficaci!

Ma la logica l’avresti pure dovuta studiare per insegnare.

Se le tue lezioni sono risultate inefficaci, tu accetti l’umiliazione che una docente pivellina che i tuoi vent’anni di insegnamento non ha fatto e che un concorso con prove scritte ed orali come te non ha superato, riesca dove tu non sei riuscita?

Non hai proprio un po’ di amor proprio!

Arrivi ad umiliarti fino a questo punto, umiliando Marco ed i suoi compagni che da te si vedranno respinti.

Ma non vedi la contraddizione tra il volere che ti amino e nel respingerli.

E poi che dirà di te la gente?

Una docente che non sa fare il suo mestiere.

Una docente che si umilia dinanzi alla sua collega alle prime armi da fuoco.

Una docente che, bocciando i suoi studenti, boccia il suo lavoro.

Una docente che boccia se stessa!

Lacrime e pianti

LACRIME E PIANTI MA CHI MAI CI RITORNERà

di Umberto Tenuta

CANTO 155 Or sono lacrime e pianti, altro che amore, filosofia, come pure l’etimologia della parola studium vorrebbe, e non è per chi fugge via.

 

Signore e Signori, lo spettacolo si ripete!

Negli atri delle scuole.

Dovete aspettare solo qualche altro giorno.

Poi, divisi come sempre, di qua saranno i premiati, i dotati, quasi tutti figli di genitori talentati, da Don Milani chiamati figli del dottore.

Dall’altra parte, l’angolo riservato al pianto, pianto non consolato dai genitori assenti per il pianto del lavoro che non hanno.

La scena non presenta novità, si ripete identica anno dopo anno, con ineluttabile cadenza.

Piangono gli studenti che si sono giocate le agognate vacanze dalle diuturne fatiche di nove dolorosi mesi di scuola, nei quali pure qualche assaggio di lacrime avevano goduto.

Spes ultima dea!

Ma anche la speranza, ultima dea, fugge coloro che sono destinati alla mortalità scolastica.

Altro loro non resta che il pianto.

O giovinezza di speranze patria, anche da te fugge la gioia!

No, voi lo sperimentate, voi lo vivete, voi lo piangete con lacrime amare che la scuola non è un gioco, anche se quel bugiardo di Platone lo predicava.

E solo in tempi lontani lontani Vittorino lo realizzava nella sua CA’ ZOIOSA.

Altri tempi, giovani!

Tempi passati.

Ora non c’è più tempo per il gioco.

Ora si lavora e ci si guadagna il pane col sudore della propria fronte.

Il gioco non ve lo lasciano nemmeno nei primissimi anni della vostra vita.

Ve lo avvelenano già!

Garzoncello scherzoso,

cotesta età fiorita

è come un giorno d’allegrezza pieno,

giorno chiaro, sereno,

che precorre alla festa di tua vita.

Godi, fanciullo mio; stato soave,

stagion lieta è cotesta.

Altro dirti non vo’; ma la tua festa

ch’anco tardi a venir non ti sia grave.

Non erano bugiardi i vostri genitori.

Essi ne avevano fatto diretta esperienza.

Il motto degli antichi mai fallì.

Lo sapevate, giovani.

Perchè non avete ascoltato, annotato, copiato, ripetuto, sera notte e mattino?

Uomo avvertito mezzo salvato.

Niente da fare. Ora piangete.

L’anno venturo ricorderete.

Non importa che lo studio sia amore, filosofia.

Ditelo a Platone dalle larghe spalle che per voi lo studio non è un gioco, non lo sarà nemmeno l’anno venturo.

Se la scuola non cambierà verso.

E se voi ci ritornerete!

 

POST SCRIPTUM

Troppi studiosi perdono i loro tempi preziosi a studiare il fenomeno della mortalità scolastica.

Eppure Carlo Lorenzini ne aveva già dato la spiegazione.

Forse la scuola faceva qualcosa per non farsi odiare dal burattino di legno?

Figurarsi se gli scolari sono di carne e ossa!

Se lo studio è pena, se lo studio è condanna, se lo studio è mortificazione quotidiana e finale, chi volete che non fugga via?

 

Pubblicato in

http://www.edscuola.it/dida.html

 

LA FORMAZIONE ARTISTICA NON È SOLO LA STORIA DELL’ ARTE

LA FORMAZIONE ARTISTICA NON È SOLO LA STORIA DELL’ ARTE

Apprezzabile la sinergia tra il Ministero dell’ Istruzione e quello dei Beni culturali, come da “intesa del 28
maggio”, nell’ intento di tornare sui propri passi rispetto a quanto la riforma Gelmini ha imposto all’
insegnamento della storia dell’arte. Nel mio ruolo di “Referente” del gruppo di studio sulla “Formazione
Artistica” dell’ Associazione ARTEM DOCERE, ho contribuito all’azione instancabile e meritoria del sodalizio
per stimolare e sollecitare il Ministero dell’ Istruzione affinché rivedesse le sue scelte sulla cultura artistica
in Italia. L’Associazione ha confezionato per il Ministero e reso pubblico un ampio e corposo dossier che
pare abbia avuto una prima risposta limitatamente all’ insegnamento della storia dell’arte nelle scuole. Ma
questo non basta. L’ insegnamento della storia dell’ arte è solo un aspetto del grande campo dell’
educazione in generale e della formazione artistica. Entrambi devono contribuire a consolidare nei
cittadini la capacità di “leggere”, “comprendere”, e “applicare” un vero e proprio linguaggio con precise
conoscenze e abilità in campo creativo, così come avviene in quello della lettura, della scrittura e dei
saperi scientifici. Ciò può realizzarsi solo attraverso la ricostruzione di curricula specifici, in continuità e
successive specializzazioni, a partire dalla scuola dell’infanzia fino all’università, per trattare dell’ idea di
arte, della storia delle arti e del fare arte. Si tratta di assicurare un percorso generalista fino alle scuole
superiori per tutti i cittadini con pari dignità rispetto agli altri corpus disciplinari, accanto a percorsi
specialistici e professionalizzanti a partire delle scuole superiori fino alle università, alle accademie e alle
scuole speciali post diploma. Il tutto deve essere pensato e codificato in una visione unitaria e modulare
con garanzie di sicura eccellenza anche per il semplice cittadino in formazione che non ne volesse fare
una professione, visto il paese in cui ci troviamo. Avremmo così oltre che un incremento di professionisti
preparati e colti nella mente e nella mano e ad una spinta a valorizzare al meglio i nostri patrimoni
nazionali, visitatori di musei, fruitori di concerti, viaggiatori di città che non aumenteranno di numero
perché così fan tutti, ma perché le loro conoscenze e competenze e quindi la loro curiosità e sete di
sapere li porterà a osservare e studiare i beni paesaggistici, culturali e artistici con piena consapevolezza.
Non più “turisti per moda” a caccia di foto ricordo esibendo il tablet e le ridondanti foto nei social
networks, visitatori di un parco dei divertimenti!
La riforma scolastica va assolutamente rimodulata da questo punto di vista e nella scuola dell’ infanzia,
quella primaria, secondaria di primo grado e i tutti gli indirizzi di secondo grado e nell’ università
dovranno essere progettati e collocati curricoli fondamentali caratterizzati da teoria e pratica per l’
educazione artistica, la storia dell’arte e di tutte le arti applicate accanto a curricoli specialistici della
progettazione e del disegno, della scultura, della moda, dell’ architettura, dell’ oreficeria, della musica,
della danza …
Senza l’acquisizione e la padronanza di questi linguaggi, non solo a livello professionale, la metà della
nostra mente sarà irrimediabilmente compromessa, al di là di quanto riportano con estrema parzialità le
indagini e le rilevazioni internazionali sulla qualità dell’ apprendimento scolastico che, con pervicace
miopia, insistono sugli stereotipi del saper leggere scrivere e far di conto. A tal proposito è auspicabile
una lettura approfondita dei rapporti annuali sulle diverse aree dell’ educazione e dell’istruzione a cura
dell’ apposita Agenzia Europea (Education, Audiovisual and Culture Executive Agency).

Giuseppe Campagnoli
Referente Gruppo di Studio Formazione Artistica
Artem Docere

XXII edizione concorso “Immagini per la Terra”

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XXII edizione concorso “Immagini per la Terra”

La giuria di esperti Green Cross ha selezionato i vincitori della 22esima edizione del concorso nazionale di educazione ambientale “Immagini per la Terra”.
Gli studenti vincitori, scelti tra gli oltre 32.000 partecipanti all’iniziativa, si aggiudicano un premio in denaro da spendere a sostegno di iniziative ambientali nel territorio di appartenenza e avranno la possibilità di essere ricevuti dal Presidente della Repubblica in persona, nel corso della cerimonia di premiazione che tradizionalmente si svolge a Palazzo del Quirinale.

 

Elenco dei vincitori

• Scuole dell’infanzia
PRIMO PREMIO
– Scuola comunale dell’infanzia “Ferrante Aporti” – Foggia
– Scuola dell’infanzia “I Gelsi” – Scandiano (Reggio Emilia)
MENZIONE D’ONORE
– Scuola comunale dell’infanzia “Galileo Galilei” – Palermo
• Scuole primarie
PRIMO PREMIO
– Scuola primaria “Aristide Gabelli”, Istituto comprensivo “Giovanni XXIII” – Venezia Lido
– Scuola primaria “Via Berto”, Istituto comprensivo “Via Aristide Leonori” – Roma
MENZIONE D’ONORE
– Scuola primaria 27° Circolo didattico “Duca D’Aosta” – Bari-Palese (Bari)
– Scuola primaria “Don Milani”, Istituto comprensivo “Polo 1” – Nardò (Lecce)
• Scuole secondarie di primo grado
PRIMO PREMIO
– Scuola secondaria di I grado, Istituto comprensivo “Corrado Melone” – Ladispoli (Roma)
– Scuola secondaria di I grado, Istituto comprensivo di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza)
MENZIONE D’ONORE
– Scuola secondaria di I grado, Istituto comprensivo “Guglielmo Marconi” – Terni
• Scuole secondarie di secondo grado
PRIMO PREMIO
– Liceo scientifico “Galileo Galilei” – Lamezia Terme (Catanzaro)
– Liceo artistico statale, Istituto istruzione superiore “Francesco Orioli” – Viterbo
MENZIONE D’ONORE
– Liceo artistico “Bruno Munari” – Vittorio Veneto (Treviso)

A proposito di assenze per visite specialistiche

A proposito di assenze per visite specialistiche

Il 22 aprile scorso, il MIUR ha diffuso la nota prot. 5181 con cui trasmetteva la Circolare n. 2 del 17 febbraio 2014, emanata dal Dipartimento della Funzione Pubblica e ne riassumeva brevemente i contenuti.

In sintesi: per effettuare visite specialistiche, terapie ed esami diagnostici, non si poteva più ricorrere all’istituto dell’assenza per malattia, ma solo a quello dei permessi brevi o retribuiti, secondo le ordinarie previsioni dei contratti di ciascun comparto.

La nota MIUR era indirizzata a “tutti gli Uffici Centrali e Periferici del Ministero”. Ne hanno tratto spunto alcuni sindacati del comparto scuola per sostenere che le sue prescrizioni non erano operanti per il personale della scuola (docenti ed ATA).

Alcune settimane dopo (29 maggio), un comunicato ministeriale ha confermato che la nota non era indirizzata alle scuole: ciò che da parte sindacale è stato letto come la conferma che nulla era cambiato per quanto riguardava il regime delle assenze per visite specialistiche.

Si tratta in realtà di un caso di ambiguità comunicativa, che rende solo più evidente l’infortunio in cui era incorsa l’Amministrazione: l’errore della nota 5181 non stava nel suo contenuto, ma nell’indicazione dei destinatari. In quanto emanata dal Dipartimento per l’Organizzazione, essa si rivolgeva alla struttura ministeriale: mentre l’altro Dipartimento, quello per l’Istruzione, taceva e tace tuttora.

Questo non significa che niente sia cambiato, dato che la fonte del cambiamento non è la nota MIUR, ma semmai, a monte di essa, quella della Funzione Pubblica (indirizzata a tutte le “Amministrazioni Pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 del DLgs. 165/01”, compresi quindi “gli istituti e scuole di ogni ordine e grado”. Anzi, la vera fonte è di rango legislativo ed è l’art. 4, comma 16-bis, del Decreto legge n. 101 del 31 agosto 2013, poi convertito in legge n. 128.

Quella norma non entra nel dettaglio operativo (come fa la circolare della Funzione Pubblica), ma – attraverso il cambio di una singola parola nell’art. 55-septies, comma 5-ter, del DLgs. 165/01 – trasforma la natura giuridica dell’assenza per visite specialistiche e simili in “permesso”. Da questo discende tutto il resto.

Pertanto, se è vero che la nota 5181 non riguarda il personale della scuola, non è vero che a quest’ultimo non si applicano le disposizioni relative. E’ solo che si applicano in forza di una norma di legge e di una circolare della Funzione Pubblica. Tutto il resto è – nella migliore delle ipotesi – un equivoco di comunicazione.

Detto questo, il suggerimento che ci sentiamo di dare ai colleghi è il seguente:

– se un dipendente chiede di assentarsi per visite specialistiche, terapie, esami diagnostici e simili, vedere in primo luogo se l’orario della prestazione è compatibile con un permesso breve (che comporta l’obbligo di restituire la prestazione entro il secondo mese); in caso contrario, concedergli un permesso retribuito (per motivi personali o familiari), da documentare al rientro secondo le dettagliate indicazioni della Circolare n. 2 della Funzione Pubblica;

– se il dipendente ha esaurito i tre giorni di permesso retribuito, vedere se lo si può collocare in ferie senza oneri per l’erario (ciò che di regola è sempre possibile per gli ATA, ma solo a certe condizioni per i docenti);

– se il dipendente non può essere posto in ferie (per esempio, se docente, per impossibilità di sostituzione senza oneri, ovvero per aver esaurito tutti e sei i giorni consentiti in periodo di lezioni), accordargli un giorno di assenza per malattia, con la trattenuta di legge. Quest’ultima previsione rappresenta una forzatura rispetto alla lettera del comma 5-ter sopra richiamato: ma ci sentiamo di suggerire di farvi ricorso, come ultima soluzione, piuttosto che assumersi l’onere, ben più rischioso, di negare ad un dipendente la possibilità di curarsi o di verificare il proprio stato di salute.

Senza entrare in sterili polemiche con il Ministero che tace o con qualche sindacato che parla troppo e non sempre a proposito, questa ci sembra la linea più ragionevole, che contempera il rispetto della norma per come è scritta con la tutela di interessi generali di rango superiore, in quanto direttamente tutelati dalla carta costituzionale.

La visita del Ministro Stefania Giannini al Carnegie Group

La visita del Ministro Stefania Giannini al Carnegie Group

Il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Stefania Giannini, ieri e l’altro ieri ha partecipato al quarantaduesimo incontro del Carnegie Group, che raccoglie con cadenza annuale i Ministri della Ricerca e della Scienza dei paesi appartenenti al G7, insieme a quelli di India, Brasile, Sud Africa, Cina, Messico e a rappresentanti della Commissione Europea.
Durante l’incontro, che si è svolto ad Oxford, sono stati trattati numerosi temi relativi all’organizzazione internazionale della ricerca, con specifico riferimento a tre settori particolarmente rilevanti: la ricerca necessaria a contrastare la crescente resistenza dei batteri agli antibiotici, le grandi infrastrutture internazionali di ricerca e la nuove competenze necessarie a diversificare e a rendere più efficiente e sicuro l’utilizzo delle fonti energetiche su scala globale. In particolare, sul tema delle infrastrutture, il Ministro ha riaffermato la volontà dell’Italia di svolgere un ruolo di primo piano in Esfri, il forum strategico europeo sulle infrastrutture e di voler sfruttare al massimo lo strumento dell’Eric per realizzare consorzi europei tra strutture di eccellenza. Per ciò che riguarda la ricerca in campo antibiotico, il Ministro ha sottolineato la disponibilità delle numerose eccellenze del nostro sistema della ricerca alla collaborazione internazionale, ricordando l’importanza della Joint Programming Initiative coordinata dalla Commissione Europea su questo tema.
A margine dell’incontro, il Ministro ha visitato, accompagnato dal Ministro della Scienza del Regno Unito, David WIllets, l’Università di Oxford, soffermandosi in particolare presso l’Istituto di Ingegneria Biomedica, dove il Direttore dell’Istituto, Prof. Tarassenko, ha illustrato le attività di ricerca multidisciplinare condotte presso lo stesso Istituto. In questa occasione, il Ministro si è resa personalmente disponibile per la dimostrazione di una nuova tecnologia che, attraverso una telecamera, consente il monitoraggio dei principali parametri vitali di una persona. La collaborazione con il reparto di medicina neonatale ha consentito ai ricercatori di sviluppare un’applicazione tecnologica in grado di monitorare in tempo reale con una webcam i neonati prematuri durante le loro prime settimane di vita in incubatrice, dimostrando ancora una volta l’impatto diretto dell’avanzamento della conoscenza scientifica sulle condizioni di vita di noi tutti.
A chiusura dei lavori, a fronte della disponibilità manifestata dal Ministro Giannini ad ospitare il prossimo incontro, i Ministri presenti hanno concordato sulla decisione di riunire il Carnegie Group in Italia tra il 2015 e il 2016.

Educazione alla legalità, assegnati i riconoscimenti ai migliori lavori degli studenti

Educazione alla legalità, assegnati i riconoscimenti ai migliori lavori degli studenti

Oltre 10mila studenti in rappresentanza di più di 500 scuole di tutta Italia. Centinaia di elaborati prodotti, dai disegni, ai fumetti, alle fiabe, agli spot e ai cortometraggi. Sono i “numeri” del concorso Regoliamoci che si è concluso con la premiazione dei migliori progetti realizzati dagli alunni. Il concorso è stato lanciato nel 2006 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in collaborazione con l’Associazione Libera. L’edizione di quest’anno, l’ottava, è stata dedicata al tema “Stop al traffico!”. Alla base l’idea che costruire comunità alternative alle mafie significa partire necessariamente sul tema della dignità di ogni essere vivente e dei suoi diritti universali, perché le mafie proliferano laddove c’è assenza dei diritti fondamentali, laddove il profitto prevale su ogni logica.

Gli alunni di tutte le età si sono impegnati nella realizzazione di elaborati sul concetto dei traffici mafiosi. In particolare le scuole primarie sono state invitate a ideare una fiaba sul tema dei diritti degli animali; le secondarie di I grado sono invece state chiamate a realizzare un fumetto sulla tratta degli esseri umani; le secondarie di II grado un video sul fenomeno del narcotraffico.
Il percorso didattico è stato sviluppato con la collaborazione del Corpo forestale dello Stato e delle principali associazioni ambientaliste impegnate nella denuncia di questi fenomeni illegali (Lav, Legambiente e Wwf).

Sempre nell’ambito delle attività di educazione alla legalità portate avanti dalla Direzione generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione del Ministero dell’Istruzione, sono stati assegnati i riconoscimenti per il concorso giornalistico per le scuole Giuseppe Fava e per il concorso Pio La Torre. Il concorso Giuseppe Fava, intitolato alla memoria del giornalista assassinato a Catania dalla mafia il 5 gennaio 1984, è indetto dal Miur. e la Fondazione Giuseppe Fava, in collaborazione con l’Agenzia di stampa Ansa. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto “Ragazzi in cronaca contro le mafie”, ed è rivolta agli alunni della secondaria di II grado.
Il concorso Pio La Torre è stato promosso nel 2010 per ricordare la figura del politico e sindacalista a cui si deve la prima legge sul riutilizzo dei beni confiscati alla mafia (1982, legge Rognoni-La Torre, entrata in vigore dopo l’uccisione di Pio La Torre che è avvenuta il 30 aprile 1982, insieme al suo collega Rosario Di Salvo).

“L’istruzione – ha spiegato agli studenti Don Ciotti, presidente dell’Associazione Libera – taglia l’erba sotto i piedi della mafia come diceva Antonino Caponnetto. Per questo ci vuole uno scatto, perché le mafie sono tornate forti. Siamo agli ultimi posti per la dispersione scolastica e l’Europa continua a richiamarci. Questo scatto possiamo farlo solo mettendo insieme le nostre forze con umiltà, coraggio e soprattutto verità, e per farlo c’è bisogno del contributo di ciascuno di noi”. “La mafia ha paura della nostra mente, di come possiamo ribellarci al sopruso – ha detto Elena Fava, figlia di Giuseppe -. Ringrazio il Miur per questo progetto che consente ai giovani di poter riconoscere dove ci sono violenza, violazione della dignità della persona, potere mafioso”. “Vedere come voi abbiate già le idee chiare – ha sottolineato Franco La Torre, figlio di Pio – e come dimostriate con il vostro impegno cosa state facendo per ridare al Paese la dignità che merita e il rispetto dei valori fondanti che sono principi costituzionali, mi rende felice”, aggiungendo “Siete voi ragazzi a condurre, noi possiamo illuminarvi la strada e guidarvi, ma i veri protagonisti siete voi”.

ELENCO DELLE SCUOLE PREMIATE

CONCORSO “REGOLIAMOCI”

per le primarie
3° Classificato  –  Istituto Comprensivo “28 Giovanni XXIII  –  Aliotta” di Napoli
2° Classificato –  Istituto Comprensivo “Ascoli Centro – D’Azeglio” di Ascoli Piceno
1° Classificato  – Scuola primaria “Calvino III Circolo” di Collegno (TO)

per le secondarie di primo grado
Menzione speciale – Istituto Comprensivo “Piazza Sauli” di Roma
3° Classificato – Istituto Comprensivo di Morlupo (Roma) – classe III B
2°Classificato – Istituto Comprensivo “Scinà – Costa” di Palermo – classe III C
1° Classificato – Istituto Comprensivo “Jannuzzi – Mons Di Donna” di Andria (BAT)

per le secondarie di secondo grado
3° Classificato – Istituto di Istruzione Superiore “Palladio” di Treviso
2°Classificato – Istituto Tecnico Commerciale “Agostinelli” di Ceglie Messapica (BR)
1° Classificato – Istituto di Istruzione Superiore “Arimondi – Eula” di Savigliano (CN)

CONCORSO “GIUSEPPE FAVA”

Per la categoria testi giornalistici:
IPIA G.Plana, Torino: “Una finestra sulla verità. Guarda dalla finestra e poi scendi in strada…”

Per la categoria prodotti multimediali:
Ex aequo Liceo Statale Virgilio, Milano: “Democrazia e lobby: la legalità si gioca d’azzardo”
Liceo Classico G.D.Romagnosi, Parma: “Realizzare la giustizia, difendere la libertà”

Per la categoria fotografie:
Liceo Artistico Siderno, Reggio Calabria: “Guarda la legalità in faccia”

La commissione ha inoltre deciso di assegnare una  menzione speciale alle seguenti scuole:
Liceo Lingustico Statale Ninì Cassarà, Palermo: “Mafia: è davvero Cosa Nostra?”
Liceo Elsa Morante di Napoli: “Sveliamoci”

CONCORSO “PIO LA TORRE”

Sezione Principale: Video di Claudia Zennaro di Chioggia
Sezione Speciale: Michela Bonfè liceo artistico di Pomezia (RM)
Sezione Università: Tesi di Laurea in Servizi Sociali presso l’Università Sapienza di Roma di Desirée Canistrà

Il premio “Pio La Torre” ha previsto, inoltre, una sezione dedicata agli enti locali e alle buone  prassi in materia di riutilizzo sociale dei beni confiscati, i cui lavori saranno premiati a settembre insieme ad Avviso Pubblico.

Scuola: arrivano le pagelle per presidi e professori

da La Repubblica
3 giugno 2014

Scuola: arrivano le pagelle per presidi e professori

Le raccomandazioni della Commissione europea accelerano il cantiere aperto dal governo Renzi su Reclutamento e formazione: “Collegare le retribuzioni al merito e ai risultati”

di SALVO INTRAVAIA

In arrivo le pagelle per presidi e prof. Il governo Renzi sta già lavorando a ritmi sostenuti su una proposta che prenderà forma tra pochissime settimane e adesso ce lo chiede l’Europa. Uno dei due cantieri sulla scuola messi in piedi qualche settimana fa dal premier è proprio su Reclutamento, formazione e valorizzazione dei docenti. E ad accelerare i lavori del cantiere arriva il monito della Commissione europea che ieri ha inviato al Belpaese “Le raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia”. “È necessario compiere sforzi per migliorare la qualità dell’insegnamento e la dotazione di capitale umano a tutti i livelli di istruzione: primario, secondario e terziario”, recita la raccomandazione numero 14 del lungo elenco di riforme consigliate all’Italia per uscire dalla crisi.

“L’insegnamento – proseguono da Bruxelles – è una professione caratterizzata da un percorso di carriera unico e attualmente da prospettive limitate di sviluppo professionale. La diversificazione della carriera dei docenti, la cui progressione deve essere meglio correlata al merito e alle competenze, associata ad una valutazione generalizzata del sistema educativo, potrebbero tradursi in migliori risultati della scuola”. Tra le riforme annunciate all’indomani della vittoria elettorale da Renzi quasi certamente ci sarà anche quella che metterà fine allo stipendio di maestri e professori concatenato ai soli anni di servizio per gli insegnanti e la valutazione dei dirigenti scolastici. Quest’ultima è praticamente pronta.

Si tratterà di vedere quanto della retribuzione dei capi d’istituto verrà legata al merito: se soltanto la retribuzione di risultato – pari a 2mila euro in totale – oppure anche la fetta che dipende dalla complessità della scuola, la cosiddetta Retribuzione di posizione. In questo caso, i presidi più bravi potrebbero guadagnare fino a 5mila euro in più all’anno dei colleghi meno capaci. E, siccome le retribuzioni dei dirigenti scolastici sono pubbliche, genitori e studenti potrebbero farsi un’idea della bravura del capo d’istituto con cui hanno a che fare. L’operato del preside verrà valutato annualmente in base a sei indicatori. Sulla questione non ci dovrebbero essere forti contrasti: i sindacati sono “abbastanza” d’accordo.

La partita più difficile da portare in porto sarà invece quella della valutazione degli insegnanti. I partiti di maggioranza hanno raggiunto un sostanziale accordo. Adesso si tratta di capire come differenziare gli stupendi degli insegnanti. Al momento, nessuno se la sente di parlare di un argomento che è stato tabù dal dopoguerra ad oggi. Dal cantiere uscirà una proposta con diverse sfumature. Saranno poi le forze politiche e sociali a confrontarsi sul tema per tracciare la strada da intraprendere. Un a strada che si prevede piuttosto impervia visto che la categoria mal digerisce i giudizi sul proprio operato. Tra le ipotesi più accreditate la differenziazione dello stipendio in base alle funzioni aggiuntive assegnate all’insegnante e al tempo passato a scuola oltre l’orario di insegnamento.

Ma qualcuno va oltre e propone la valutazione della qualità di insegnamento messa in campo dai docenti da parte degli stessi dirigenti scolastici, che assumerebbero un ruolo strategico nella scuola italiana del futuro. E all’orizzonte c’è anche il rinnovo del contratto di lavoro del comparto scuola scaduto a dicembre 2009. I docenti meritevoli avranno un compenso aggiuntivo che li distinguerà da tutti gli altri colleghi. Si fa anche strada la figura del docente “esperto” che tentò di lanciare nel 2005 l’allora ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, senza successo. Il docente che dovrebbe fare da “chioccia” ai neoimmessi in ruolo nella scuola italiana del terzo millennio.

Ironia e paura invadono i social. E su Twitter parte l’hashtag #maturità2014

da Repubblica.it

Ironia e paura invadono i social. E su Twitter parte l’hashtag #maturità2014

I maturandi raccontano l’esame sui social. Su Facebook, Twitter, Instagram e YouTube l’ironia degli studenti che il 18 giugno torneranno sui banchi di scuola per la prima prova

di GIOVANNI CEDRONE

IL CONTO alla rovescia è cominciato. Tra meno di due settimane 459.474 studenti di tutti gli istituti torneranno nelle aule per affrontare la prima prova degli esami di maturità, quella di Italiano, su cui naturalmente già impazza il tototracce.

Per i maturandi saranno due settimane di fuoco da dedicare full-time allo studio, uno studio “matto e disperatissimo” che nell’epoca di Internet e degli smartphone è impossibile affrontare legati a una sedia come Alfieri. E allora non resta che usare i social per raccontare questi momenti e condividere nelle piazze virtuali con gli altri studenti ansie, paure, preoccupazioni e ogni stratagemma possibile per superare indenni lo scoglio della maturità. Facebook, Instagram, Twitter e YouTube, solo per citare i più noti, diventano così uno spazio libero  per sentirsi meno soli seduti davanti ad una montagna di libri che a volte sembra troppo alta da scalare.

Tra i social, la parte del leone la fa Twitter con l’hashtag #maturità2014, lanciato già da qualche giorno. Sul tema dei commissari esterni, i cui nomi saranno resi noti a partire dal 3 giugno, si è aperto un intenso dibattito in rete su quello che per molti è un vero e proprio ‘spauracchio’: c’è chi si rivolge direttamente al ministro Stefania Giannini per sapere i loro nomi, chi invece, dando per buone le prime indiscrezioni, chiede agli studenti concittadini del presunto commissario quanto sia severo il prof in questione e chi sogna di avere un docente di Educazione fisica come presidente. Il sito studenti.it è andato oltre creando il “Cercaprof”, un vero e proprio database con le domande più frequenti e il grado di severità dei professori valutati direttamente dai loro stessi studenti, da consultare non appena saranno resi noti i nomi.

Più si avvicina la fatidica data più i social sono un crocevia di sentimenti e sensazioni che si intrecciano come guidati da una ‘mano invisibile’: c’è chi non vede l’ora di terminare e “vorrebbe risvegliarsi direttamente a luglio a giochi fatti” e chi non sa, a pochi giorni dalla prima prova, se “piangere dalla disperazione o essere felice perché tra poco finirà tutto”. C’è chi si carica dedicando a tutti i maturandi “We are the Champions” dei Queen e chi si gode i suoi “pomeriggi trasgressivi” con Montale. Tanti approcci diversi con l’obiettivo comune di sopravvivere allo stress da maturità, con il sole alto nel cielo e la tesina da terminare che obbliga a stare chiusi dentro casa e rinviare l’appuntamento con il mare. Ma è soprattutto l’ironia a farla da padrone sui social. E Twitter diventa l’enciclopedia della goliardia in rete dove tutti cercano di esorcizzare la maturità con il sorriso. Qualcuno, come @Coldplay_95, si improvvisa Sommo poeta e reinterpreta i versi della Divina Commedia: “Nel mezzo del cammin di nostra vita, la voglia di studiare fu smarrita” è la nuova versione dell’incipit del primo canto dell’opera di Dante Alighieri. @Claudie_HH offre una nuova versione di Soldati di Giuseppe Ungaretti: “Si sta come a giugno sui libri i maturandi”. @cassandro_me lancia l’hashtag #dillointerzine e si improvvisa poeta con tanto di rima: “Prometto di scriver di mio pugno, ma solo alla prova d’italiano. In fin dei conti è pur sempre giugno”. @_Bearap invece, colpita da tosse e raffreddore, ipotizza di “essere allergica allo studio matto”, mentre @GegeBGB pensa che “non è mai troppo tardi per i miracoli” e pubblica un’immagine della Madonna, sperando nell’aiuto divino.

Su Facebook gruppi di maturandi sono sorti in tutta Italia: il più numeroso è sicuramente “Maturità 2014: ora tocca a me”, creato dal blog ScuolaZoo, dove si possono trovare informazioni utili sulla maturità 2014 e anche molti spunti per sorridere di questo appuntamento. Difficile per uno studente non ritrovarsi nelle massime della serie “Sei un maturando se…”. Tra le frasi più gettonate “sei un maturando se hai il terrore di avere un commissario esterno di una materia in cui il tuo prof non ti ha spiegato nulla” o “sei un maturando se alterni rapidamente momenti felici, tristi, ansiosi e paurosi”. Sul gruppo ecco spuntare le foto dei protagonisti di questa maturità 2014, intere classi che diffondono i loro messaggi attraverso il social di Marck Zuckerberg. Ad esempio la quinta B del Liceo Publio Virgilio Marone di Avellino chiarisce in uno striscione che “qui si sboccia e non si boccia” o la quinta A del Liceo scientifico Villa Sora di Frascati: “60 e sto” è il simpatico messaggio che lanciano in una foto di gruppo. E già, perché qualche tempo fa 60 era il voto massimo, mentre ora è il voto minimo ed è quello il numero agognato da chi non desidera altro che concludere al più presto la carriera scolastica.

Agli studenti più in crisi non si può che consigliare la visione del film campione d’incassi di Fausto Brizzi “Notte prima degli esami”, titolo tratto dall’omonima canzone di Antonello Venditti. Nell’ultima scena Luca Molinari alias Nicolas Vaporidis affronta l’esame di maturità davanti al terribile prof Martinelli, interpretato da Giorgio Faletti: alla domanda su Giosuè Carducci, Molinari risponde perfettamente, nonostante il prof gli avesse promesso il giorno prima un quesito su Leopardi. “Se c’era una cosa che avevo imparato in cinque anni di liceo – afferma Molinari-Vaporidis nell’ultima scena del film – è che non bisogna mai fidarsi di un professore”.

Il calo delle nascite determinerà la perdita di quasi 40 mila posti di docente

da TuttoscuolaNews

Il calo delle nascite determinerà la perdita  di quasi 40 mila posti di docente

Tra cinque anni, per effetto del calo delle nascite, verranno a mancare al primo anno delle scuole primarie 49.309 alunni, con un decremento di circa il 9%.

Infatti i nati 2008 (che inizieranno la scuola dell’obbligo dal prossimo settembre) sono 553.457; i nati 2013 (in obbligo scolastico tra cinque anni) sono 504.148 (i dati escludono le province di Trento, Bolzano e Valle d’Aosta).

L’onda di magra che ne seguirà nell’arco dei successivi tredici anni (2018-2030), sull’intero percorso scolastico, determinerà – stando agli attuali parametri – la chiusura di non meno di 23 mila classi e la soppressione di quasi 40 mila posti di docente (escludendo dal calcolo la scuola dell’infanzia e i posti di sostegno). Un taglio degli organici del 7%. Una minaccia anche per i tanti che premono per salire stabilmente in cattedra dopo una lunga trafila e per coloro che da studenti stanno puntando le loro carte sull’insegnamento.

Questi dati, che non possono non preoccupare chi si occupa di scuola, possono però essere trasformati in un’opportunità: un’attenta pianificazione a medio-lungo termine potrebbe portare a rafforzare radicalmente nell’arco di 15 anni la qualità del servizio ad invarianza di spesa. Infatti i docenti in eccedenza per il calo di nascite e quindi di alunni, appositamente riqualificati, potrebbero essere impiegati in attività di orientamento, recupero, integrazione e digitalizzazione della scuola, mentre gli spazi negli edifici scolastici che si renderanno disponibili potrebbero essere utilizzati per laboratori e per una nuova disposizione delle classi secondo le esigenze della scuola digitale, oltre che per offrire nuovi servizi di educazione non formale (es. corsi di lingue, informatica, etc) e informale (esperienze legate al gioco, allo sport, ai social network, etc), anche attraverso il sub-affitto a terzi, destinando gli introiti alla manutenzione degli edifici, o ggi spesso carente.

Si tratterebbe insomma di applicare l’attuale dimensionamento della scuola alla platea più ridotta che entrerà nelle classi a partire dai prossimi anni, rivisitando l’organizzazione e alcune logiche, con una forte attenzione agli obiettivi (più qualità e “ricchezza” nei servizi, ma anche responsabilizzazione e accountability per chi li eroga).

Tre mila docenti in meno nel 2018. E’ l’inizio dell’onda

da TuttoscuolaNews

Tre mila docenti in meno nel 2018.  E’ l’inizio dell’onda

Nei banchi di prima elementare tra cinque anni vi saranno quasi 50 mila scolari in meno di quelli che dal prossimo settembre entreranno per la prima volta in una classe dell’obbligo.

L’area geografica che per valori assoluti registrerà il maggior calo di alunni sarà il Nord Ovest (meno 14.307), mentre in termini percentuali sarà il Nord Est con un decremento del 10,8%.

In Lombardia nel 2018-19 vi saranno circa 9.500 alunni in meno, nel Veneto circa 6mila.

In una certa misura il calo di alunni sarà contenuto dal minor numero di alunni per classe (10-15%?), ma inevitabilmente il calo determinerà comunque una diminuzione del numero delle classi.

Se verranno mantenuti gli attuali parametri per la costituzione delle classi di scuola primaria, potrebbero essere circa 2mila le classi che non verranno riaperte per mancanza di alunni.

Il Nord Ovest potrebbe perdere circa 580 classi, il Sud 531, seguiti dal Nord Est con meno 437.

Il Centro e le Isole se la caverebbero rispettivamente con 242 e 209 classi in meno.

In Lombardia potrebbero chiudere 381 classi, in Campania 261, nel Veneto 241.

Chiusura delle classi significa anche riduzione dei posti di docente.

Considerato che nella scuola primaria attualmente il rapporto medio docenti/classi è di 1,5 docenti per classe, la chiusura di 2mila classi comporterebbe un decremento di organico di circa 3mila posti.

Come far fronte a questo trend di sensibile decremento del numero di alunni, cogliendo l’occasione per aumentare la qualità del servizio?

Le Amministrazioni interessate potrebbero prepararsi al nuovo fenomeno demografico, programmando per tempo un razionale impiego delle risorse umane e strumentali derivanti dal calo.

In particolare l’Amministrazione scolastica potrebbe istituire un organico funzionale d’istituto da utilizzare per attività di arricchimento dell’offerta formativa, mentre le Amministrazioni comunali, proprietarie degli edifici scolastici, potrebbero adattare le aule vuote per laboratori e per nuovi servizi formativi extrascolastici, destinando gli introiti alla manutenzione degli edifici.

La scuola italiana saprà cogliere l’opportunità che si affaccia guardando lontano, o nel 2030 ci ritroveremo una scuola uguale a quella di oggi nelle logiche di funzionamento e falcidiata negli organici?

Una scuola più “ricca”, legata agli obiettivi da raggiungere

da TuttoscuolaNews

Una scuola più “ricca”, legata agli obiettivi da raggiungere

A questo piano di reinvestimento a costo zero dovranno però essere legati degli obiettivi che il sistema scolastico dovrà raggiungere, tra i quali si possono immaginare nell’arco dei prossimi tre lustri il dimezzamento della dispersione scolastica (che oggi raggiunge nelle scuola secondaria superiore statale il 28% di abbandoni) e l’incremento dei livelli di apprendimento degli studenti sopra la media europea in tutto il territorio. Insomma invece di risparmiare approfittando del calo di alunni si potrebbe rilanciare, ma purché il mondo della scuola e i suoi stakeholders (a partire dai sindacati e dal Ministero dell’istruzione) accettino la sfida del rinnovamento e di misurarsi sul raggiungimento degli obiettivi.

E’ un’opportunità per migliorare il servizio che potrà essere colta solo se adeguatamente pianificata e gestita con una politica di respiro strategico e non, come spesso è avvenuto nelle politiche per la scuola, in un’ottica di brevissimo termine, meramente occupazionale o di tagli di spesa.

La coglierà – predisponendo le azioni conseguenti, partendo da un’illuminata politica di reclutamento, formazione e aggiornamento del personale, con un piano a 5-15 anni – il Governo Renzi, che punta come mai finora nessun Governo, proprio sull’educazione come leva per rilanciare la competitività del Paese? E’ la domanda che pone Tuttoscuola al premier, al ministro dell’istruzione e al suo Governo partendo dall’analisi dei dati sui nuovi nati e quindi su come dovrà essere organizzato il servizio scolastico per loro. Per arrivare a raggiungere certi obiettivi tra 15 anni, bisogna pensarci oggi, e questo esecutivo sembra avere davanti quattro anni per pianificare accuratamente il futuro assetto: volere è potere.

Il piano dell’esecutivo dimentica le scuole delle province

da ItaliaOggi

Il piano dell’esecutivo dimentica le scuole delle province

Solo oltre 5 mila edifici. Gli investimenti non sono fuori dal patto di stabilità a differenza dei comuni

Luigi Olivieri

Nelle scuole ci sono studenti di serie A e di serie B. Lo certifica il decreto legge 66/2014, noto come decreto spending review, adottato dal governo Renzi allo scopo di reperire risorse per finanziare il bonus da 80 euro per i redditi fini a 26.000 euro l’anno.

Uno dei punti salienti della manovra avrebbe dovuto essere un piano straordinario per l’edilizia scolastica.

Nelle slide di presentazione si era parlato di una cifra di 2 miliardi circa. Nell’articolo 48, comma 1, del decreto, che inserisce nell’articolo 31 della legge 183/2011 un nuovo comma 14-ter invece, si scopre che vi sono 244 milioni per gli anni 2014 e 2015.

La sorpresa per gli studenti, tuttavia, non sta nella cifra molto minore dedicata al rilancio dell’edilizia. Vediamo cosa dispone il citato comma 14-ter: «Per gli anni 2014 e 2015, nel saldo finanziario espresso in termini di competenza mista, individuato ai sensi del comma 3, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, non sono considerate le spese sostenute dai comuni per interventi di edilizia scolastica. L’esclusione opera nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. I comuni beneficiari dell’esclusione e l’importo dell’esclusione stessa sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro il 15 giugno 2014».

La norma, allo scopo di permettere spese di investimento nelle scuole, esclude le somme indicate dal computo per il saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità.

Ma essa è destinata esclusivamente ai comuni, saltando a piè pari le province.

Evidentemente il governo, preso dalla furia abolizionista (per la verità compiutasi molto parzialmente) nei confronti delle province, ha dimenticato un dettaglio che, invece, avrebbe meritato maggiore attenzione: le province sono titolari di oltre 5.000 edifici scolastici che ospitano le attività degli istituti della scuola secondaria di secondo grado (licei, istituti tecnici e istituti professionali).

Forse, data l’esiguità della somma liberabile dalla morsa del patto di stabilità si è fatta una scelta di priorità, individuano come prevalenti le esigenze delle scuole di pertinenza dei comuni (la scuola primaria di primo e secondo grado). Ma, in questo modo si è operata una scelta che discrimina non tanto gli enti locali destinatari del beneficio, i comuni piuttosto che le province, quanto, invece, i fruitori degli edifici scolastici, cioè gli studenti.

In sostanza, gli allievi delle scuole di pertinenza dei comuni potranno aspirare ad interventi di messa a norma e risanamento delle scuole; il medesimo diritto degli allievi delle scuole superiore, invece, non è curato allo stesso modo ed è lasciato rimesso alla capacità delle province di fare fronte al patto di stabilità, dovendo, per altro, affrontare una riduzione complessiva delle entrate e connessa spesa di 444,5 milioni, pari quasi al 6% della spesa corrente 2013 (a fronte di una riduzione che per i comuni è di circa lo 0,7 della spesa corrente 2013).

La mossa del decreto dimostra come il problema della razionalizzazione degli enti operanti nell’ordinamento non può limitarsi a guardare quali enti lasciare e quali abolire, ma, invece, quali sono le funzioni e le competenze da svolgere, in relazione ai diritti ed alle esigenze dei fruitori. Il decreto ha operato come se le province fossero state abolite ovunque, col paradosso che non solo esse sono ancora operanti ed esistenti, ma che la legge 56/2014, nota come legge-Delrio, ha confermato proprio l’edilizia scolastica come loro «funzione fondamentale». Evidentemente, tuttavia, non così fondamentale, se si ritiene che a beneficiare dell’allentamento della morsa del patto di stabilità debbano essere solo gli interventi sull’edilizia scolastica dei comuni.

Giannini, un ministro in bilico

da ItaliaOggi

Giannini, un ministro in bilico

Dopo l’insuccesso alle Europee, resa dei conti in Sc. Dimissioni del ministro da segretario. Renzi non vuole cambi al governo durante il semestre Ue

Alessandra Ricciardi

Sono ore decisive, per l’immediato futuro di Scelta civica e anche per l’assetto di governo. A fronte di un esito trionfale delle elezioni europee per il Pd di Matteo Renzi, Scelta civica ha fatto registrare un sonoro flop: è passata dall’8,3% delle politiche, quando a capo del partito c’era il senatore a vita e premier uscente, Mario Monti, allo 0,7%.

Il segretario di Sc, nonché ministro dell’istruzione, università e ricerca, Stefania Giannini, si è dimessa dalla carica. «Di fronte ad una sconfitta di questa portata, consegno le mie dimissioni», ha detto nel corso di una riunione del partito. Ora tocca all’assemblea, convocata per oggi, decidere se accettarle. Esito per la verità dato per scontato. Il vero problema è decidere cosa fare dopo: una parte di Sc spinge per entrare nel Pd e un’altra invece propende per una ripartenza uscendo però dal governo. E c’è anche una terza via che guarda addirittura a Ncd. Scenari assai diversi, che possono mettere a rischio la rappresentanza del partito al governo. Perché è vero che i numeri in parlamento non sono cambiati, ma se Sc si dovesse ulteriormente spaccare nel sostegno all’esecutivo, sarebbe insostenibile averne un rappresentante al governo, tra l’altro a un ministero di peso come quello dell’istruzione. Un ragionamento che non fa i conti tra l’altro con la decisione di dimettersi da ministro che la stessa Giannini invece, in tutta autonomia, potrebbe prendere.

Per il momento da palazzo Chigi arriva l’indicazione di serrare i ranghi e di non cambiare nulla nell’assetto del governo. Indicazione che è valsa anche per Ncd, anch’essa ferma a risultati inferiore alle attese: nel semestre europeo a guida italiana Renzi non vuole dare segnali di instabilità. Un interesse prioritario ed assorbente rispetto a un allargamento della presenza dello stesso Pd al governo. Che avrebbe tra l’altro l’inconveniente di portare a un rapido ritorno alle urne. Per ora, il mantra è durare fino al 2018.

Del resto, salvo novità dell’ultima ora, il Pd per contare di più non ha necessariamente bisogno di avere nuove postazioni. Nel caso del ministero dell’istruzione, per esempio, il renziano sottosegretario Roberto Reggi ha già deleghe tali da rendere la posizione del partito predominante. Con una regia, quella dello stesso Renzi da palazzo Chigi sulle politiche scolastiche, che dovrebbe assicurare organicità di azione. Poi si vedrà.

Se il ministero sponsorizza la prepagata per studenti firmata Poste italiane

da ItaliaOggi

Se il ministero sponsorizza la prepagata per studenti firmata Poste italiane

Doveva servire per le agevolazioni, è una carta di credito a tutti gli effetti

Giorgio Candeloro

In principio era una semplice tessera con la quale ottenere sconti nei negozi convenzionati ed entrare a prezzo simbolico, o più spesso gratis in musei e mostre. Si chiamava “io studio” ed era distribuita gratuitamente a tutti gli studenti del primo anno delle superiori. Nella pratica non la usavano in tantissimi ma era comunque una buona opportunità per i ragazzi di farsi riconoscere come studenti e accedere anche ad altre agevolazioni non direttamente collegate alla carta, coma ad esempio alle tariffe ridotte degli autobus in molti comuni italiani.

Dalle parti di viale Trastevere, però, devono aver pensato pensato che si poteva fare di gran lunga meglio e di più. E così da circa un mese è iniziata la distribuzione della “io studio 2.0”: non più una banale e anonima tesserina modello raccolta punti nei supermercati, ma una vera e propria carta di credito, valida per cinque anni, con tanto di regolamentari 12 numeri più i tre posteriori di controllo. Una carta prepagata, ricaricabile e nominativa utilizzabile per acquisti fino a 2500 euro annui e prelievi, sempre annui, fino a mille.

Non male per dei ragazzini tra i 14 e i 18 anni, a patto, beninteso, che mamma e papà ricarichino periodicamente la magica tesserina, per la gioia delle Poste.

Sì, perché la nuova carta dello studente modello 2014/15 –ne saranno distribuite oltre 600.000 entro la fine dell’anno- è una postepay, frutto di un accordo tra il Miur e, appunto, Poste italiane. E in effetti il logo del ministero e quello della società pubblica che gestisce in Italia il servizio postale compaiono appaiati e in bella mostra sulla tessera attualmente in distribuzione ai liceali. Come si legge dal foglio illustrativo la carta non si limita a fornire agevolazioni, sconti e servizi, ma permette anche di pagare in tutti negozi e siti di e-commerce del pianeta che accettano carte Visa.

Insomma un’improvvisa trasformazione di ragazzini quattordicenni in consumatori globali –la carta può ovviamente essere implementata e i tetti di spesa innalzati- con la benedizione della scuola e la prospettiva di fidelizzare ai servizi di Poste alcune decine di migliaia di nuovi clienti.

Ovvio che le polemiche, anche roventi, non siano mancate. Malumore tra i docenti, che si chiedono, tramite interventi di associazioni e dibattiti i rete, se sia eticamente accettabile che un esercito di minorenni sia fornito di uno strumento di spesa così facile e flessibile e lamentano che non è questo il compito che la Costituzione assegna alla scuola. Molto più positiva la reazione del sindacato – la Cgil ad esempio considera la carta uno strumento che amplia le possibilità degli studenti e chiede di poterla estendere anche ai servizi di ristorazione, pur deplorando la condizione generale per cui molte famiglie non hanno i soldi per caricarla – e soprattutto dei ragazzi.

Sui forum studenteschi la carta è stata da subito un successo. Piace molto la flessibilità dello strumento, come pure la gratuità dell’attivazione –la carta funziona solo su richiesta delle famiglie dei minorenni – e i bassi costi di ogni singola ricarica. Per parte sua il Miur smorza le polemiche e ricorda la valenza educativa del progetto, enfatizzando principalmente l’aspetto degli sconti e delle agevolazioni a vantaggio delle famiglie. Da viale Trastevere, inoltre, si ricorda che il progetto è frutto di un accordo con Poste del 2013. Come dire che si tratta di un’eredità lasciata dal precedente ministro che l’attuale gestione non poteva fingere di ignorare. L’accordo fu sottoscritto dall’allora ministro Francesco Profumo e dall’ad di Poste Italiane Massimo Sarmi.