Quel pasticciaccio brutto dei crediti e dei debiti… e le vacanze?

Quel pasticciaccio brutto dei crediti e dei debiti… e le vacanze?

di Maurizio Tiriticco

E’ trascorso ormai un ventennio da quel Decreto Legge 28 giugno 1995, n. 253, convertito poi con la Legge 8 agosto 1995, n. 352, recante “Disposizioni urgenti concernenti abolizione degli esami di riparazione e di seconda sessione ed attivazione dei relativi interventi di sostegno e di recupero”. Il Ministro PI pro tempore era Francesco D’Onofrio (primo governo Berlusconi) e le speranze che riponevamo in quel decreto erano alte. Si trattava di un discorso che veniva da lontano, fin dagli impegni che avevamo assunto con l’innalzamento dell’obbligo di istruzione (L 1859/62) e quelli relativi alla abolizione degli esami di riparazione sia nella scuola elementare che nella media, alla soppressione delle classi differenziali e all’integrazione degli alunni portatori di handicap (L 517/77). Tutte iniziative normative che non discendevano da un buonismo lassista – come in molti credevano e tuttora credono – ma dalla necessità di un adempimento costituzionale, da una visione assolutamente nuova di quello che è l’impegno di uno Stato autenticamente democratico verso tutti i suoi cittadini.

La scuola della Repubblica non voleva più essere quella del passato, monarchico e fascista, aperta di fatto solo ai cosiddetti “migliori”, ma quella istituzione che per prima è tenuta a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (Cos. art. 3, c. 2). Anche perché “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità” (Cos. art. 2). E la prima costruzione della personalità si attua nella famiglia e nella scuola. Ancora non avevamo assunto l’impegno di garantire a ciascuno il suo personale “successo formativo”, uno degli obiettivi fondanti della scuola dell’autonomia (dpr 275/99, art. 1), ma l’intenzione di fare di un sistema di istruzione una forte e ineludibile occasione di crescita civile di tutti i cittadini era molto alta.

Va ricordato che il ’95 era anche l’anno della Carta dei servizi scolastici (dpcm 7 giugno 1995) e che per la prima volta la scuola venne disegnata proprio secondo i principi di cui agli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione. Che sono i seguenti: Uguaglianza; Imparzialità e regolarità; Accoglienza e integrazione; Diritto di scelta, obbligo scolastico e frequenza; Partecipazione, efficienza e trasparenza; Libertà di insegnamento e aggiornamento del personale; Programmazione didattica; Contratto formativo. Nel ’97 si giunse alla legge delega 59 con cui si avviarono le operazioni relative alla semplificazione delle procedure amministrative, al decentramento e al federalismo amministrativo, operazioni necessarie alla modernizzazione dello Stato e al suo avvicinamento alle istituzioni dei Paesi membri dell’Unione europea. Si è trattato di grandi spinte verso il miglioramento del nostro apparato burocratico e l’autonomia dei suoi diversi organi, tra cui la scuola. Se poi con il Terzo millennio, queste spinte sembrano essersi in parte perdute, questo apre un altro discorso, ben più complesso e fortemente critico.

Ma torniamo alle innovazioni di fine ‘900. Con la Carta dei servizi, venne introdotto, tra le altre innovazioni, il “contratto formativo”, quello che oggi è diventato il “patto di corresponsabilità”. Vi si afferma, tra l’altro, che “l’allievo deve conoscere gli obiettivi didattici ed educativi del suo curricolo, i percorsi per raggiungerli, le fasi del suo curricolo”. Da parte sua, “il docente deve esprimere la propria offerta formativa, motivare il proprio intervento didattico, esplicitare le strategie, gli strumenti di verifica, i criteri di valutazione”. Una innovazione non da poco! Oggi potremmo parlare di una flipped classroom. E fu nel contesto di tali innovazioni, di grande portata, ma di fatto in larga misura restate sulla carta, che si giunse anche ai concetti di credito e di debito: concetti e atti che non possono assolutamente essere disgiunti. In effetti la didattica del giorno dopo giorno la si volle sostituire con una didattica dai tempi lunghi e distesi. Alla dinamica della lezione, interrogazione voto, si volle sostituire la dinamica del lavoro cooperativo, in cui non c’è un insegnante che insegna, ma un esperto che, con una forte carica motivazionale, sollecita e promuove apprendimenti.

Così all’articolo 193 bis della legge 352/95 leggiamo: “Al fine di assicurare il diritto allo studio per tutti gli studenti, il collegio dei docenti e i consigli di classe, nell’ambito delle rispettive competenze, adottano le deliberazioni necessarie allo svolgimento di interventi didattici ed educativi integrativi, coerenti con l’autonoma programmazione d’istituto e con i piani di studio disciplinari ed interdisciplinari, da destinare a coloro il cui livello di apprendimento sia giudicato, nel corso dell’anno scolastico, non sufficiente in una o più materie. In funzione delle necessità degli studenti, il collegio dei docenti e i consigli di classe, nell’ambito delle rispettive competenze, deliberano che vengano svolte anche attività di orientamento, attività di approfondimento, attività didattiche volte a facilitare eventuali passaggi di indirizzo…”.In effetti la scuola, invece di sanzionare un alunno alla fine di un percorso, si fa carico di sostenerlo nel percorso stesso o al suo inizio, E il debito, invece di essere “riscosso” alla fine dell’anno, a settembre, è riscosso in itinere, o all’inizio stesso delle lezioni, caso mai i livelli di ingresso di un dato alunno si dimostrino insufficienti rispetto a quanto il percorso stesso esige.

Negli stessi anni prendevano corpo e forma anche il concetto e la pratica dei crediti. In effetti, debito e credito sono le due facce di una stessa medaglia. Con la legge 425/97, che ha riformato l’esame di Stato conclusivo dell’istruzione secondaria di secondo grado, sono stati introdotti i crediti scolastici (acquisiti nel percorso scolastico degli ultimi tre anni), e con il Regolamento applicativo, dpr 323/98, sono stati introdotti i crediti formativi. Rinvio alla normativa, per quanto riguarda definizione e casistica, ma…

Il “ma” indica un appunto fortemente critico. Il fatto è che innovazioni così importanti, che avrebbero dovuto modificare – non dico scardinare – la routine centenaria del nostro tempo scuola, del giorno dopo giorno, dell’ora dopo ora… 9/10 matematica, 10/11, scienze motorie e sportive, 11/12, filosofia… sono rimaste parole parole parole. Quella giornata di scuola che avrebbe dovuto guardare con grande apertura temporale indietro e avanti, con una gestione accurata e programmata del “gioco” debiti/crediti, è rimasta ancorata rigidamente alle lezioni del giorno. E, in un simile contesto, i debiti sono solo un gran noia per pagarli – e male e non si sa quando – e i crediti una gran furbata per acquisirli. I crediti scolastici sono legati ai voti degli ultimi tre anni e inducono la corsa al voto più “benevolo”. I crediti formativi riconducono a esperienze acquisite “in ambiti e settori della società civile legati alla formazione della persona ed alla crescita umana, civile e culturale quali quelli relativi, in particolare, alle attività culturali, artistiche e ricreative, alla formazione professionale, al lavoro, all’ambiente, al volontariato, alla solidarietà, alla cooperazione, allo sport” (dm34/99, art. 1). Si tratta di una indicazione che permette la presentazione di mille esperienze, tra le quali molte ci azzeccano ben poco con un reale progresso formativo! Ma è l’indicazione normativa che è generica.

Insomma la partita del “gioco” crediti/debiti, che avrebbe dovuto portare una ventata di novità in questo immobilismo temporale della nostra scuola, ha dato frutti molto scarsi. I debiti si pagano in tempi mai certi! Altro che “recupero precoce”! In taluni casi funziona il “recupero in itinere”, soldi permettendo, ma in moltissimi casi il recupero è sempre tardivo! Magari a pochi giorni dalla fine delle lezioni! Le vacanze sono vacanze! Oppure a settembre! Con le lezioni private sotto il sole di ferragosto! Che strano Paese il nostro! Prima cancelliamo gli esami di settembre perché… non sto a ripetere le mille sane ragioni, e poi li riesumiamo, per altrettante mille serie ragioni! Il fatto è che non siamo capaci di gestire le innovazioni!

Insomma, la questione del tempo della scuola e del tempo della vacanza è ancora tutta sul tappeto. Siamo alle solite! Avviamo innovazioni cartacee! Che ne è di una scuola organizzata in modo da garantire veramente a ciascuno il suo personale “successo formativo”? Che ne è di un curricolo verticale decennale che superi la separatezza di tre ordini di scuola? Che ne è della certificazione dell’obbligo di istruzione? Che ne è di un esame di Stato centrato sulla certificazione delle competenze? Con la tornata del 2015 riusciremo una buona volta a certificarle? E che dichiarino veramente che cosa un giovane sa fare? E saranno ancorate veramente al quarto livello dell’EQF? Come potranno i nostri giovani affrontare nuovi processi lavorativi se un sistema di istruzione e formazione non è in grado di rilasciare certificazioni credibili?

E a settembre ricominceremo con i problemi di sempre? Temo di sì!

Graduatorie per le supplenze nell’Afam

Graduatorie per le supplenze nell’Afam
Ecco il bando e le FAQ

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha firmato il decreto per la formazione della Graduatoria nazionale per l’assegnazione delle supplenze nell’Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM). La bozza del provvedimento fra il 22 e il 26 maggio scorsi è stata sottoposta a pubblica consultazione attraverso la mail afam@istruzione.it. Quattro giorni di attivismo e mobilitazione intensi per gli stakeholder del settore.  Sono arrivate in tutto 500 e-mail che messe insieme, in un unico file, compresi gli allegati, occupano più di cinquecento pagine. È stata dunque premiata la scelta dell’Amministrazione di aprirsi al confronto per migliorare la qualità dei propri provvedimenti.

Il decreto prevede che i docenti che non sono già titolari di contratto a tempo indeterminato nelle istituzioni Afam e che hanno maturato 3 anni accademici di insegnamento alla data del decreto, qualora abbiano superato un concorso selettivo ai fini dell’inclusione nella graduatorie di istituto, possono chiedere l’inserimento nella Graduatoria nazionale. Sono ammessi sia coloro che hanno insegnato sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato, sia coloro che hanno insegnato sulla base di altre forme contrattuali, tra cui i co.co.co. La scadenza per la presentazione delle domande è fissata al 31 luglio 2014. Il Miur mette a disposizione oltre al decreto anche il Report sulla consultazione che è servita per la stesura finale del testo che contiene alcune FAQ utili per chi deve fare domanda.

Report della Consultazione

Lancio della versione aggiornata dell’agenda strategica della JPI Water

Lancio della versione aggiornata dell’agenda strategica della JPI Water

Spazio Europeo della Ricerca

Lancio della nuova versione aggiornata dell’agenda strategica dell’iniziativa di programmazione congiunta sull’acqua “Water Challenges for a Changing World”.

L’Agenda Strategica per la Ricerca e l’Innovazione dell’Iniziativa di Programmazione Congiunta  “Water challenges for a changing world” (WATER JPI) fornisce il quadro di riferimento delle attività che verranno intraprese in futuro nel campo della ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica applicate al settore dell’acqua, cui vengono destinati in Europa, ogni anno, investimenti per un ammontare di oltre 500 milioni di euro.
L’Agenda Strategica per la Ricerca e l’Innovazione della WATER JPI analizza dettagliatamente i temi di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica nel settore idrico presentandoli raggruppati per priorità, sia in base alla loro rilevanza scientifica, che per le loro importanti implicazioni sociali.
Questo documento costituisce un elemento essenziale, non solo per delineare lo sviluppo delle attività future di questa iniziativa europea, che coinvolge 21 Stati membri e due paesi associati ai programmi comunitari di ricerca e innovazione, ma anche per dare concreta attuazione all’esigenza di allineare le iniziative di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica promosse e sostenute dagli Stati membri nell’ambito della tutela e della gestione integrata delle risorse idriche.
Il nuovo testo si basa sulla precedente versione della Strategic Research and Innovation Agenda (SRIA) della WATER JPI adottata il 30 giugno 2013 ed è frutto dei contributi forniti dai membri degli organi consultivi interni all’iniziativa di programmazione congiunta sull’acqua, da esperti nazionali e da indicazioni pervenute tramite una consultazione pubblica svolta in rete sul sito www.waterjpi.eu che ha interessato 630 persone di varia nazionalità e competenza.
Le nuove necessità di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica per affrontare le future sfide che riguarderanno l’acqua e i conseguenti obiettivi dell’Agenda Strategica per la Ricerca e l’Innovazione della WATER JPI sono stati identificati a seguito di un’analisi onnicomprensiva di molte fonti di informazione, comprese le agende nazionali di ricerca e quelle di altre analoghe iniziative comunitarie, nonché di vari documenti strategici e studi previsionali pubblicati a livello nazionale ed internazionale.
La Strategic Research and Innovation Agenda della WATER JPI è strutturata intorno a cinque temi fondamentali individuati come priorità di ricerca, sviluppo e innovazione nel settore dell’acqua: il mantenimento della sostenibilità ambientale degli ecosistemi naturali; lo sviluppo di sistemi idrici sicuri per i cittadini; la crescita della competitività del settore idrico; la creazione di un’economia più attenta alla risorsa idrica; la chiusura del ciclo idrologico.
Focalizzando il suo interesse su strumenti e misure capaci di fornire soluzioni efficaci alle più importanti, attuali e future, sfide che riguardano l’acqua, l’Agenda Strategica per la Ricerca e l’Innovazione della WATER JPI intende anche e soprattutto contribuire a incrementare la competitività e la crescita del settore idrico europeo.

Water JPI – Strategic Research and Innovation Agenda

Impensabile, più ore di lavoro a parità di stipendio e aumento per pochi scelti dai dirigenti

Sulle anticipazioni del sottosegretario Reggi
Di Menna: Impensabile, più ore di lavoro a parità di stipendio e aumento per pochi scelti dai dirigenti
                                                       Il Governo smentisca e chiarisca.

Non ci si può credere, è impensabile che il governo stia lavorando per predisporre un cambiamento di questo tipo: “aumento di orario di lavoro per tutti a parità di stipendio e aumento per pochi individuato dai dirigenti scolastici”.

Nel chiuso delle stanze di Viale Trastevere si utilizzi il tempo come meglio si crede,  ma il Governo, che ha puntato sull’importante lavoro che gli insegnanti svolgono nel nostro paese, deve smentire e chiarire come intende procedere  –  è il commento di Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola a seguito dei tanti messaggi e mail di protesta giunte oggi pomeriggio alla Uil Scuola dopo le anticipazioni del sottosegretario Reggi. Gli insegnanti non possono essere trattati come sudditi.

Dopo cinque anni di blocco del contratto, si avvii la trattativa per il rinnovo che porti davvero ad un contratto innovativo. Il Governo dovrebbe impegnarsi per migliorare le condizioni in cui si svolge il lavoro nelle scuole: classi numerose, assenza di adeguate dotazioni  informatiche ed il sostegno alle innovazioni.

E’ questo il patto per la scuola che serve.

Nella legge di stabilità occorre  prevedere le risorse necessarie – aggiunge Di Menna – prendendole dagli sprechi e privilegi che ancora ci sono nel nostro Paese e investire in istruzione e definire un accordo contrattuale in grado, nel triennio 2015 – 2017, di riportare scuola e retribuzioni ai livelli degli altri paesi europei.

Le riforme strutturali non si improvvisano

SNALS-CONFSAL NON CONDIVIDE ASSETTO DELLA SCUOLA
ANNUNCIATO DAL SOTTOSEGRETARIO REGGI
Il segretario Nigi: “Le riforme strutturali non si improvvisano. La vera riforma è tornare a investire seriamente nell’educazione e nell’istruzione”

Roma, 3 luglio.  Preoccupazione e non condivisione dello Snals-Confsal sul futuro assetto della scuola italiana delineato dal sottosegretario dell’istruzione, Reggi, in una recente intervista, dove si spinge perfino a ipotizzare maggiori compensi a fronte di più ore lavorative da parte degli insegnanti.

A parte l’ovvietà della cosa – a meno che non si pensi addirittura di lasciare invariato il compenso di fronte a una maggiore prestazione – lo Snals-Confsal respinge l’ipotesi di compensare finanziariamente l’aumento di tempo-denaro per i docenti con la decurtazione di un anno delle scuole superiori (da 5 a 4 anni). “In ogni caso – chiarisce il segretario generale Marco Paolo Nigi – sulla scuola occorre investire perché sono la società e l’economia che ce lo chiedono, con la finalità di recuperare il ritardo nei confronti dei paesi più avanzati dell’Unione europea”.

“Ancora una volta la combinazione tra la fretta di cambiare e di lasciare il segno e la non conoscenza approfondita dei problemi rischia di portare a soluzioni improvvide, superficiali se non dannose. Data la totale assenza di occasioni di interlocuzione e di confronto, abbiamo consegnato al ministro Giannini e al sottosegretario Reggi un documento in cui indichiamo le priorità strategiche della scuola e chiediamo nuovamente il rinnovo del contratto di lavoro ormai scaduto da cinque anni” ha aggiunto Nigi.

Diverse le richieste e le proposte del documento, tra cui l’istituzione dell’organico pluriennale di istituto e di rete su base almeno triennale, ma il punto qualificante riguarda le misure per dare risposte alle giovani generazioni. Alla scuola, infatti, non serve un’altra “riforma epocale” né la riduzione della durata dei percorsi dell’istruzione secondaria superiore ma interventi concreti per offrire maggiori opportunità formative ai giovani.

Lo Snals-Confsal afferma la necessità di una netta distinzione tra tempo scuola, garantito dallo Stato con il proprio personale, cui non può essere attribuito altro tempo d’insegnamento in classe e di lavoro già gravoso, e tempo di permanenza nelle strutture scolastiche per altri bisogni di formazione e di socialità da affidare ad altre figure educative, senza confusioni di ruolo e di professionalità.
L’altra proposta riguarda il recupero e il rafforzamento dell’apprendimento e la promozione delle eccellenze per cui prevedere, anche per i docenti, attività didattiche svolte, oltre l’orario ordinario, in maniera trasparente e regolamentata in uno speciale regime di intramoenia.

APERTURA SERALE SCUOLE, MIUR FUORI DALLA REALTA’

APERTURA SERALE SCUOLE, MIUR FUORI DALLA REALTA’

“Mentre il Miur progetta di tenere aperte le scuole fino alle dieci di sera, con una nota inviata ai dirigenti scolastici, la Provincia di Genova comunica che dal prossimo anno scolastico gli istituti superiori di sua gestione resteranno chiusi il sabato a causa della crisi finanziaria determinata dai tagli agli enti locali. Ecco la dimostrazione che le decisioni politiche riguardanti il mondo dell’istruzione vengono prese da chi di scuola sa e capisce ben poco e non conosce la difficile realtà in cui si trovano a operare la maggior parte delle scuole italiane”. Ad affermarlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.

Nella nota diramata dalla Provincia del capoluogo ligure, si legge che “i tagli impongono decisioni drastiche ma necessarie al fine di contenere al massimo tutti i costi che incidono sul bilancio e tra queste le utenze e i costi di riscaldamento relativi agli istituti provinciali di competenza provinciale. “Se si fatica a garantire lo svolgimento delle attività didattiche durante il sabato, come si può pensare di prolungare l’apertura degli edifici scolastici fino a sera? A chi lancia simili proposte – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – suggeriamo di fare i conti con la realtà e di lavorare per dare risposte concrete ai problemi della scuola italiana”.

Premialità ci ricasca

196 PREMIALITà CI RICASCA di Umberto Tenuta

CANTO 196 <<idee maturate… anzitutto, il ruolo degli insegnanti, la premialità e le altre>>(Ministro Giannini).

 

La Ministra dell’Istruzione ha precisato  che l’approvazione della PREMIALITà sarà rinviata all’autunno.

A quale autunno?

Aspettiamo quello che deciderà Renzi.

Intanto ricordiamo ancora una volta che il Ministro Berlinguer aveva previsto la PREMIALITà, e se ne è andato.

Experientia docet!

A chi?

Ma non è questo che importa.

E lo abbiamo già detto, noi che degli Esperti ministeriali non facciamo parte.

Non si premiano, ma si pagano coloro che fanno il proprio dovere.

E li si paga in ragione del ruolo che svolgono.

Ruolo che nel caso specifico consiste nell’umanizzazione dei figli di donna, onde evitare che essi si comportino in modo non umano e a riempire le patrie galere vengano destinati da parte di professionisti ben retribuiti in ragione dell’alta funzione da loro svolta.

Ma qui c’è qualcosa che non funziona.

Non funziona, secondo la Logica.

Se chi giudica i comportamenti disumani viene adeguatamente retribuito, dovrebbero ancor meglio essere retribuiti coloro che debbono umanizzare i figli di donna, i maestri, i docenti, i professori.

Non è forse l’umanizzazione dei figli di donna il grandioso compito dei docenti?

Nei lunghi anni trascorsi a lavorare nella scuola mi è stato sempre detto che questo era il mio compito.

E che per questo compito io venivo pagato.

E che perciò non mi dovevo aspettare di essere premiato.

E difatti non ho mai chiesto la medaglia d’oro.

Né mi è stata conferita!

Anche se per lasciarmi lavorare nella scuola per quarantotto anni, evidentemente non avevo demeritato.

Certamente, mi avrebbero mandato via anzitempo, se avessi demeritato.

Non voglio fare del mio caso una regola!

Ma mi sembra cosa buona e giusta che sia così.

Chi fa il proprio dovere viene pagato, ma non necessariamente premiato.

Chi non lo fa, venendo meno ai doveri assunti al momento della sua nomina, viene necessariamente avvertito.

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum!

Avvertimenti, Ministra Giannini, avvertimenti a chi non fa il proprio dovere!

Vedrà che nessuno li vorrà e tutti preferiranno essere retribuiti come educatori, come maestri di umanizzazione, come magistrati della scuola.

 

NB

Maestri (magis-ter): magistrati, tre volte maestri!

Vedi: MAGISTRATI, ETIMOLOGIA, in WIKIPEDIA

Quattro borse di studio IATEFL 2015

Cambridge English offre quattro borse di studio IATEFL 2015

 

Entro il prossimo 24 Luglio gli insegnanti interessati alla conferenza IATEFL 2015, che si terrà a Manchester dall’11 al 15 aprile 2015, hanno la possibilità di ottenere delle borse di studio sponsorizzate dal Dipartimento dell’Università di Cambridge.

 

Bologna, 1 Luglio 2014 – Cambridge English Language Assessment assieme a IATEFL – l’Associazione Internazionale degli Insegnanti di inglese – offre quattro borse di studio per la conferenza del 2015, termine di scadenza per l’iscrizione il prossimo 24 luglio 2014.

 

La Conferenza IATEFL 2015, che si terrà a Manchester, dall’11 al 15 aprile 2015 è aperta a docenti, ricercatori e studiosi nel campo dell’apprendimento, insegnamento e valutazione della lingua inglese. I vincitori della borsa di studio riceveranno nello specifico:

  • Un viaggio con tutte le spese pagate alla Conferenza IATEFL 2015
  • Una membership gratuita per un anno alla IATEFL.
  • Iscrizione gratuita valida un anno al Cambridge English Teacher, il servizio online per lo sviluppo professionale di Cambridge University Press e Cambridge English Language Assessment . Si prega di tenere presente che questo non è applicabile a richiedenti delle borse di studio IELTS Morgan Terry.

Sono state annunciate quattro borse di studio Cambridge English IATEFL per il 2015, in dettaglio:

  • La borsa di studio Dr Peter Hargreaves, dal nome di un ex Amministratore Delegato di Cambridge English, aperta a tutti i professionisti ELT.
  • La borsa di studio John Trim, in onore di un influente accademico di primo piano, aperta a chiunque abbia un interesse per la valutazione delle competenze linguistiche.
  • La borsa di studio Cambridge English Teacher, dedicata a coloro che hanno un interesse nello sviluppo professionale e nell’aggiornamento continuo.
  • La borsa di studio IELTS Morgan Terry, dal nome di un collega che ha dato un contributo significativo al lavoro per la certificazione IELTS, aperta a coloro che hanno preparato gli studenti per il conseguimento dell’esame IELTS.

I partecipanti dovranno rispondere ai criteri specificati per ogni borsa di studio e dovranno scrivere un breve saggio su una traccia che verrà in seguito assegnata. Le domande per le borse di studio devono pervenire entro il 24 luglio 2014, i vincitori saranno annunciati nel mese di settembre 2014.

 

Per ulteriori informazioni sulle borse di studio, il processo di iscrizione e le attività, vi invitiamo a visitare il sito:

http://www.iatefl.org/scholarships/current-list-of-scholarships

Scuola, riforma Giannini: trentasei ore, stesso stipendio

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, riforma Giannini: trentasei ore, stesso stipendio

di Rita Guma

Il nuovo “cantiere per la scuola” del Miur proporrà un orario di trentasei ore settimanali per i docenti e premi stipendiali legati all’assunzione di nuove responsabilità o a specifiche competenze, ad es. informatiche. Sono queste le prime notizie filtrate sulle riforme del ministero Giannini. Premettendo che ho sempre ritenuto un orario ufficiale di trentasei ore più rispettoso della realtà scolastica e che avendo competenze informatiche rientrerei fra i docenti papabili per i premi, sono critica sulla proposta Giannini così come appare delinearsi.

Per spiegare i miei dubbi prendo ad esempio la matematica. I docenti di questa materia trascorrono molte ore a predisporre e correggere i compiti in classe. E devono fronteggiare la necessità dei corsi di recupero durante l’anno e in estate per i ragazzi con i giudizi sospesi (ore che oggi si riescono a fare solo parzialmente per carenza di fondi). Aggiungendo la preparazione delle lezioni (auspicabilmente multimediali) le riunioni e gli incontri genitori-insegnanti, le trentasei ore si esaurirebbero, quindi quanti insegnanti di Matematica riuscirebbero a fare le attività aggiuntive necessarie ad ottenere l’aumento stipendiale? Ben pochi. Quindi il 100% di essi lavorerebbe a scuola il doppio delle ore di oggi per prendere lo stesso stipendio di quando non solo poteva rifiutarsi di tenere i corsi di recupero, ma poteva organizzarsi a casa il lavoro secondo una propria scansione. Il discorso riguarda anche le materie letterarie con lo scritto, le lingue e le materie tecniche che prevedono prove scritte, grafiche e/o di laboratorio, onerose da predisporre e correggere.

Nel frattempo insegnanti di altre materie meno impegnative in termini di lavoro a casa (penso ad educazione fisica o religione o a diritto ed economia negli istituti che non prevedono questa come materia di indirizzo) nelle ore aggiuntive di presenza a scuola potrebbero proporsi per attività di responsabilità o organizzative ottenendo il premio stipendiale. Sarebbe giusto? Credo proprio di no. Sarebbe corretto che chi ha meno impegni a corollario delle lezioni si facesse carico delle altre incombenze (anche supplenze) nelle ulteriori diciotto ore, ma l’aumento stipendiale lo dovrebbero avere tutti, perché tutti sarebbero impegnati per trentasei ore.

In alternativa, anche per consentire alla scuola di sfruttare le competenze di chi è in grado ad es. di gestire la rete informatica della scuola o la bibliomediateca ma, qualora già impegnato per trentasei ore, non sarebbe molto propenso a rendersi disponibile per ulteriori ore di lavoro, si potrebbe pensare ad una soluzione per cui le ore di scuola restassero quelle attuali ma, con i fondi che per la nuova formula il ministero pensa di riuscire a trovare, si pagassero le ore di straordinario, senza mortificare con un basso rapporto stipendio/ore chi lavorasse trentasei ore senza fare straordinari.

Infine la proposta sembra individui nei dirigenti scolastici i soggetti cui spetterebbe destinare i premi. Certo ci sono dirigenti molto corretti e in gamba, veri manager (per natura, non per formazione), ma ci sono altri dirigenti privi delle capacità di valutazione (sono solo ex insegnanti di una data disciplina con una formazione amministrativa), adusi a distribuire incarichi solo ad amici e yes-man.

Fra l’altro, i dirigenti scolastici con la proposta sarebbero messi sotto pressione da misuratori dei risultati scolastici come i famigerati test Invalsi che rendono perplessi (secondo uno studio della Fondazione Giovanni Agnelli,  “Usare gli strumenti di valutazione per assegnare premi non funziona ed è controproducente, perché spinge a comportamenti opportunistici (teaching to the test) o manipolatori (cheating)”).

Rinviando ad altro post l’esame della questione informatica, concludo osservando che la proposta raccoglierà certamente il consenso di chi fa infondati paragoni fra altri impieghi e la professione docente, ma creerà sperequazioni, inefficienze e ulteriore mortificazione a danno dei già frustrati docenti, e che da una commissione ministeriale di alto livello ci si aspetterebbe ben altro.

Dispersione scolastica: allarme rosso per Sicilia e Sardegna

da La Stampa

Dispersione scolastica: allarme rosso per Sicilia e Sardegna

NOn arrivano al diploma delle superiori oltre il 35% degli studenti

roma

Se in questi giorni mezzo milione di studenti sta concludendo la maturità, ve ne sono altri 167mila di cui la scuola italiana ha perso le tracce: cinque anni fa si sono iscritti ad un corso di studi superiore, ma poi hanno abbandonato i banchi. E solo 40mila hanno continuato gli studi fuori dalla scuola statale o hanno trovato lavoro.

 

La percentuale di gran lunga maggiore di questi ragazzi, senza diploma e con un futuro a rischio, risiede nelle Isole: nella “top ten” delle province per più alta dispersione di alunni, ai primi quattro posti ci sono località della Sicilia; ed alta è anche la rappresentanza della Sardegna con tre capoluoghi. È quanto denuncia l’Anief parlando di “allarme rosso”.

 

Se si confrontano i dati per provincia dell’anno scolastico 2013/14, a Caltanissetta hanno abbandonato rispetto agli iscritti del 2009-10 il 41,7% degli studenti, a Palermo il 40,1%, a Catania il 38,6% e a Prato il 38,5% (con il dato «falsato» dall’altissima presenza di alunni cinesi). Seguono Ragusa con il 37,1%, Sassari con il 36,7% e Cagliari con il 36,5%. Chiudono Asti, con il 36,3% di studenti che non arrivano al diploma di maturità, Napoli (36,1%) e Oristano (35,4%). E la graduatoria prosegue con un’altra città della Sardegna: Nuoro.

 

Le stime, fornite dalla rivista Tuttoscuola attraverso un ampio dossier, indicano che per le Isole maggiori italiane una situazione da allarme rosso.

 

Al Nord-Est la media di abbandoni è del 24,5%, con quasi 23mila studenti dispersi nel corso del quinquennio 2009-10/2013-14, al Nord-Ovest si attesta al 29,1%, con oltre 39mila abbandoni nel corso dell’ultimo quinquennio, al Centro scende al 24,8%, con circa 28mila studenti che hanno lasciato prematuramente. Anche il Sud (grazie soprattutto a Molise e Basilicata) riesce ad essere in linea con le altre Regioni, con 47.674 studenti persi (tasso medio di dispersione del 27,5%).

 

Nelle Isole, invece, le percentuali assumono proporzioni preoccupanti: la regione italiana che nel quinquennio 2009/2014 ha in assoluto perso più studenti della scuola secondaria superiore è stata la Sardegna: 6.903 allievi pari al 36,2%. Al secondo posto, in rapporto al numero di iscritti, c’è la Sicilia, con 22.054 studenti non arrivati al diploma (35,2%). Segue la Campania, dove nello stesso periodo hanno lasciato i banchi di scuola 24.262 iscritti, pari al 31,6%.

 

A fronte di questi dati, Anief ritiene che sia indispensabile adottare una serie di interventi urgenti per evitare che il gap rispetto ad alcune aree del Paese divenga insopportabile: bisogna prima di tutto tornare a investire sull’istruzione, incrementando la spesa complessiva rispetto al Pil; attuare una riforma dei cicli, anticipando l’avvio della primaria, quando gli alunni hanno ancora 5 anni anziché 6 ed estendendo l’obbligo scolastico dagli attuali 16 fino ai 18 anni di età. Ma servono anche investimenti strutturali mirati.

Decreto legislativo o decreto legge?

da La Tecnica della Scuola

Decreto legislativo o decreto legge?

Reginaldo Palermo

Forse il Ministro si è confusa o forse si è sbagliata l’agenzia di stampa che ha rilanciato le dichiarazioni della Giannini. Certo è che il pasticcio aumenta anche se è ormai chiaro che il “progetto Reggi” non partirà dal prossimo settembre. Questa volta o siamo in presenza di un refuso dell’agenzia di stampa che ha diramato la notizia o ci troviamo di fronte ad una situazione di confusione senza precedenti.

Poche ore fa, infatti, il ministro Giannini avrebbe dichiarato che quanto ha annunciato il sottosegretario Reggi sarà contenuto in un decreto legislativo che verrà approvato dal Governo prima della fine dell’estate o magari prima delle brevi ferie ferragostane dell’esecutivo.

Se queste sono davvero le parole del Ministro c’è da restare stupiti.

Come si sa, infatti, i decreti legislativi sono provvedimenti che il Governo adotta sulla base di una legge approvata dal Parlamento.

E quindi o si è sbagliata l’agenzia di stampa o il Ministro si è confusa.

Quasi certamente Giannini voleva dire che quanto prima il Governo approverà un decreto legge. Ma se è così è bene ricordare che il percorso dei decreti legge non è del tutto banale perché dopo essere stati approvati dal Governo devono essere convertiti in legge (e per questa operazione ci sono 60 giorni di tempo).

Il Ministro ha anche aggiunto che comunque per le norme meno urgenti ci sarà una legge delega del Parlamento.

A conti fatti, comunque, è da escludere che il “progetto Reggi” possa entrare in vigore a partire da settembre 2014.

Ci vorrà del tempo, scuramente molti mesi se non addirittura un paio di anni.

La sensazione è che dal Ministero si voglia cercare di distogliere l’attenzione dai problemi gravi e urgenti che a settembre le scuole avranno di fronte: organici inadeguati, risorse finanziarie insufficienti e fondo di istituto pressoché azzerato.

Piano scuola, la rivolta degli insegnanti

da la Repubblica

Piano scuola, la rivolta degli insegnanti

Dopo l’anticipazione di “Repubblica” su settimana di 36 ore e incentivi, l’altolà dei sindacati: dovete dialogare con noi Riserve anche dal Pd. Faraone: prima aumentare gli stipendi. Ma il ministro Giannini conferma: entro agosto la legge

Corrado Zunino

La reazione dei sindacati degli insegnanti al Piano scuola è dura, e rapida. A “Repubblica” il sottosegretario Roberto Reggi, che ha ampie deleghe da parte del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, aveva anticipato: allungamento dell’orario a 36 ore, aumenti per i docenti che chiedono responsabilità e offrono competenze specifiche (lingue, informatica), istituti aperti fino alle 22 e fino alla fine di luglio, un unico canale di assunzione che passa per la laurea magistrale.
Ieri, di prim’ora, la rappresentativa Gilda ha parlato apertamente di sciopero: «La scuola viene considerata dalla politica come una caserma, per certi versi un’azienda», ha detto il coordinatore Rino Di Meglio, «se quello che il ministro Giannini vuole presentarci è un contratto di autorità, scavalcando
i sindacati, da settembre sarà guerra aperta». E così i Cobas: «Invitiamo i sindacati di base a un’azione comune», la Cub scuola. La Cgil (Flc) parla di tagli montiani: «Nomi nuovi, ma pratiche vecchissime. Legge delega al posto del contratto, lavoro gratis, raddoppio delle ore per i docenti e licenziamento dei precari». Ma è disposta a discutere «tutti i cambiamenti necessari». L’Anief: «È uno tsunami che spazza via quasi mezzo milione di supplenti e riduce di un anno le superiori». L’Ugl, a destra, è critica, la Cisl aperta. Per gli studenti «il ministro non ha un’idea di scuola» e amplifica «la retorica del docente fannullone», ma l’Uds chiede di portare avanti l’idea degli istituti aperti fino a sera.
Il ministro Giannini conferma che la riforma contrattuale
correrà veloce: «Entro la fine dell’estate presenteremo il decreto legislativo per la riorganizzazione della scuola. Se possibile, prima delle ferie estive. Decreto per le cose più urgenti e poi, probabilmente, una legge delega».
Nel Pd ci sono già voci diverse. Francesca Puglisi, capogruppo Pd in commissione Istruzione al Senato, si allontana dalla Cgil: «Scuole aperte tutto il giorno, anche per fare musica e sport. Chi tuona preventivamente contro, sbaglia. Questa proposta accoglie le linee guida di molti sindacati». Davide Faraone, responsabile Scuola del Pd, e la parlamentare Simona Malpezzi, chiedono invece un aumento per tutti: «Alla crescita dell’orario scolastico degli insegnanti dovrà corrispondere una crescita delle retribuzioni. Il contratto è bloccato da ben sette anni». Favorevole alla riforma il Pdl.​

Le leggende metropolitane sul “progetto Reggi”

da tecnicadellascuola.it

Le leggende metropolitane sul “progetto Reggi”

Fra le notizie sul  “progetto Reggi” ce ne sono alcune che sono bufale palesi, come quella di stipendi che possono arrivare a 3mila euro e di scuole aperte fino alle 10 di sera.

Come spesso accade in questi casi, la notizia sull’idea del Governo di rivedere orario di lavoro dei docenti e di disporre l’apertura delle scuole fino alle 22 ha scatenato una ridda di ipotesi, molte delle quali palesemente improponibili.
Per non parlare delle vere e proprie leggende metropolitane che si sono diffuse nelle ultime ore.
La più curiosa riguarda la possibilità per i docenti di prestare ore aggiuntive in modo da incrementare il proprio stipendio fino a 3mila euro mensili.
E’ del tutto evidente che si tratta di una vera e propria leggenda che non può avere alcun fondamento.
Basta considerare che a 3mila euro arriva oggi, a mala pena, un dirigente scolastico che sia in servizio da un bel po’ di anni.
I dirigenti entrati in ruolo con l’ultimo concorso veleggiano tra i 2600 e i 2800 euro mensili e non possono neppure “arrotondare” con la retribuzione di risultato (3mila euro lorde all’anno) che in molte regioni non viene neppure erogata perché i contratti integrativi sono fermi.
L’altra “bufala” è quella relativa alle scuole aperte fino alle 22, perché in questo caso bisognerebbe sapere cosa ne pensano gli enti locali che già adesso hanno serie difficoltà a pagare luce e riscaldamento per 6-8 ore al giorno, figuriamoci se dovessero garantire l’apertura fino alle 22.
Ma evidentemente al Ministero, dove notoriamente ci si occupa di alta cultura e non di quisquilie, non sanno che Enel e aziende fornitrici di calore non sono esattamente enti di beneficenza e, normalmente, a fine mese emettono una regolare bolletta.
Ecco, quello che stupisce delle “sparate” che si sono lette oggi è il pressapochismo e la faciloneria che sono francamente indegni di un Paese che proprio in queste ore si appresta a dare avvio al semestre europeo.
Ma per fortuna, oggi, a Strasburgo, nessuno ha chiesto a Renzi come pensa di convincere province e Comuni a tenere aperte le scuole fino a tarda sera. A noi, però, il dubbio resta.

Sulle 36 ore per FGU-Gilda la risposta è lo sciopero. Cauta la Flc-Cgil

da tecnicadellascuola.it

Sulle 36 ore per FGU-Gilda la risposta è lo sciopero. Cauta la Flc-Cgil

Sulla proposta di Reggi, cauta risposta della Flc-Cgil, mentre per la FGU-Gilda la soluzione non può che essere lo sciopero.

La proposta del sottosegretario Reggi di portare a 36 ore l’orario di servizio del docenti sta già creando non pochi dissensi all’interno del fronte sindacale.
La prima netta presa di posizione, molto netta, arriva dalla FGU-Gilda che rivendica l’immediata apertura del tavolo contrattuale.
“In caso contrario – avverte il coordinatore nazione Rino Di Meglio – da settembre sarà guerra aperta”
Di Meglio però contesta i dati forniti da Reggi e Giannini anche nel merito e – tabelle alle mano – dimostra che i docenti italiani lavorano quanto (e forse persino di più) dei loro colleghi europei.
“Secondo il rapporto Eurydice 2012 – chiosa Di Meglio – nella scuola primaria italiana le ore annue di insegnamento sono 770, mentre alle medie e alle superiori ammontano a 630, dati che ci collocano in linea con gli altri Paesi Ocse e al di sopra della media Ue per quanto riguarda primaria e superiore”.
Più sfumata la posizione della Flc-Cgil di Mimmo Pantaleo che così titola il proprio comunicato: “Proposte Renzi: si chiamano merito e carriera, ma significano tagli lineari e aumento dei carichi di lavoro”.
Pantaleo  ha però una sua controproposta: “Bisogna aprire un grande dibattito con docenti, Ata, genitori, studenti: non sono assolutamente convincenti le consultazioni on line di stampo para grillino (come si è fatto con la riforma della Pubblica Amministrazione)”
E poi, sempre secondo Pantaleo, ci vogliono “organici funzionali per dare stabilità al lavoro e valorizzazione del personale (e non aumento dei carichi di lavoro) tramite contratto e non  con interventi legislativi”.
La Flc si dice però anche d’accordo sulla “introduzione di meccanismi di riconoscimento dell’impegno anche tramite valutazione affidata alle scuole che salvaguardi il clima collaborativo e cooperativo delle istituzioni scolastiche”. Colpisce – tuttavia – nel comunicato della Flc-Cgil l’assoluta assenza di parole come “protesta”, “lotta”, “vertenza” e “sciopero” che sarebbero stati sicuramente presenti se la proposta fosse arrivato non dal Governo Renzi ma da un governo di centro destra.

20 mesi fa Bersani si oppose alle 24 ore per gli insegnanti

da tecnicadellascuola.it

20 mesi fa Bersani si oppose alle 24 ore per gli insegnanti

Per fare un semplice esercizio di memoria si vogliono riportare alcuni stralci di articoli dell’ottobre 2012, quando Pier Luigi Bersani tuonò contro il tentativo di aumentare il numero di ore lavorative settimanali per gli insegnanti ( da 18 a 24 ore a settimana ). Il primo articolo è stato pubblicato proprio nel sito del Partito democratico.

Ecco il titolo ” Bersani: “Sulla scuola norme inaccettabili”” dove si dice: “Se escono così queste norme sulla scuola per noi non sono accettabili, ma da qui alla fiducia c’è di mezzo il Parlamento e noi intendiamo lavorare su questo” e ancora “Sono misure prese di punto in bianco, dentro nessun contesto e che oltre ad aggravare senza corrispettivo un impegno di lavoro in un sistema frantumato di prestazioni, chiudono la strada a molti precari”. In un articolo dell’Unità del 24 ottobre 2012  si legge ” Dopo aver condiviso la relazione della presidente Ghizzoni alla legge di Stabilità, stiamo predisponendo un emendamento per abrogare la norma che prevede l’aumento dell’orario, da 18 a 24 ore, delle lezioni frontali per gli insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado». Lo annunciano le deputate della Commissione Cultura della Camera Maria Coscia (Pd), Elena Centemero (Pdl) e Luisa Santolini (Udc) che aggiungono: «in accordo con il governo e i colleghi della Commissione Bilancio stiamo cercando le necessarie coperture finanziarie “. Infine sul sito web PisaToday il 23 ottobre 2012 veniva pubblicato un articolo dal titolo “Scuola, Pd a fianco dei docenti: “Contrari alle 24 ore” che inizia nel seguente modo: ” Giornate calde nel mondo della scuola dopo la proposta del governo Monti di aumentare l’orario di cattedra degli insegnanti da 18 a 24 ore. Contro i tagli all’istruzione si è schierato, compatto, tutto il fronte della sinistra, a cominciare dal segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, che ha fatto sapere di non essere disposto a votare la legge di stabilità se non ci dovessero essere dei correttivi “.