In nome degli altri
di Antonio Stanca
A novantuno anni è morta Nadine Gordimer, la scrittrice sudafricana (Spring, Transvaal) di lingua inglese che tanto si è impegnata con la vita e con le opere perché la sua terra, la sua gente acquisissero una propria coscienza, raggiungessero una propria identità, si liberassero di quanto per secoli le aveva tenute legate, fatte schiave delle potenze coloniali. A tutto questo ha fatto subito pensare la notizia della morte della Gordimer e così sarà sempre in futuro. Ogni volta che si dirà di lei le si collegherà l’immenso lavoro svolto come donna e come scrittrice per la sua patria, per il suo popolo. Di spiriti così naturalmente, così profondamente disposti verso l’esterno da ridurre ad intenti umanitari, sociali ogni aspirazione, qualità propria non è facile che si verifichino. Significa rinunciare a sé in nome degli altri e soltanto un’accesa volontà di partecipazione, di comunicazione può non sentire come un sacrificio una simile rinuncia. Questa volontà ha mosso la Gordimer fin da quando a quindici anni, mentre ancora studiava nel suo Sudafrica, aveva cominciato a scrivere racconti, da quando a ventisei anni ne aveva pubblicato la prima raccolta, Faccia a faccia e, in seguito, a trenta il primo romanzo autobiografico, I giorni della menzogna. Verranno altre raccolte di racconti, altri romanzi ma non finirà la scrittrice di mostrarsi impegnata a dire del suo Sudafrica, delle gravi condizioni politiche, economiche, sociali, civili, religiose, nelle quali si trovava ancora questa parte del mondo, della segregazione razziale, dell’apartheid al quale era ancora esposta. Quest’Africa costituirà l’ambientazione delle sue opere trattino esse di problemi collettivi o individuali, di pene di un popolo o di una famiglia o di una persona, ne diventerà la voce capace di superare i limiti del posto e giungere lontano, far sapere a tutti del dolore. A volte esse verranno ostacolate in patria, ne sarà vietata la pubblicazione ma costituiranno sempre la coscienza critica della loro terra e quello della loro autrice rientrerà sempre tra i nomi dei maggiori scrittori contemporanei. Il Nobel del 1991 sancirà questi risultati.
Alla produzione narrativa la Gordimer ha aggiunto una notevole attività culturale con risultati composti da altri scritti ancora relativi ai problemi dell’arretratezza e della necessaria evoluzione del Sudafrica. Di questi si è fatta portavoce in ogni parte del mondo ed in prima persona. Molti riconoscimenti le sono stati attribuiti sia per le qualità della scrittrice che per l’impegno della donna. In nome della libertà, dell’emancipazione del suo popolo la Gordimer ha scritto ed è vissuta, è stata artista e donna, non ha distinto tra le sue qualità e tutte le ha impiegate in un’unica direzione. Sono questi i fenomeni che portano alla creazione di un personaggio, che lo fanno entrare e rimanere per sempre nella storia poiché gli procurano un significato, un valore destinati a durare.
Una bambina era la Gordimer quando aveva cominciato a scrivere della sua Africa, di quanti drammi vi erano contenuti. Di questi è diventata il simbolo.
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