Quotidiani d’Italia avete dimenticato l’educazione

QUOTIDIANI D’ITALIA AVETE DIMENTICATO L’EDUCAZIONE di Umberto Tenuta

CANTO 212 Notizie di maleducazione in abbondanza. Furti, scippi, rapine!

Lesioni, omicidi, femminicidi!

Morti sui Viali, morti sulle autostrade, morti nelle guerre!

Uno, Uno Solo che grida nel deserto affollato di Pietro:

ma l’Educazione dove l’avete lasciata?

 

E, sì, l’Educazione, Madre negata.

Negata ai figli di Donna, nati immaturi, non ancora uomini, in attesa di un altro grembo, del Grembo comeniano!

Scholae gremii materni.

La Scuola, il secondo grembo materno.

Scuola per umanizzare i figli di donna.

Scuola per educare i cuccioli dell’uomo.

Se ascoltiamo ognora che tante sono le bestie nelle nostre strade, di chi la responsabilità?

Mica loro!

Loro che non hanno ricevuto l’educazione per raggiungere la condizione umana.

Nessuno li ha fatti uomini!

Educatio, promotio prolis usque ad hominis status.

Ecco il grido di Papa Francesco in onore di Tommaso d’Aquino!

E il mio canto che lo accompagna.

Grido di speranza!

Speranza che qualcuno ascolti la voce di Colui che grida nel deserto, nel deserto anche della Stampa quotidiana.

Di settanta pagine almeno una, una sola potrebbe, dovrebbe essere dedicata all’Educazione.

Educazione, Famiglia, Scuola, Società educante!

Signori Direttori dei Quotidiani italiani, sapete voi quanti sono gli utenti della Scuola?

E sapete voi quanti sono i Docenti della Scuola?

Tutti sono in attesa di leggere come la scuola va rinnovata perchè sia scuola di educazione, e non solo di istruzione.

Nei nostri duecento Canti abbiamo emesso i nostri primi balbettii.

Fate che siano voci, non più vox clamans in deserto!

Domani ve ne ringrazieranno tutti nel Villaggio globale.

La Terra sarà il PARADISO RITROVATO di Johanna Milton.

 

I NOSTRI CANTI li trovate in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Fermate questo massacro!

da Superando

Fermate questo massacro!

Fermate questo massacro!

di Giampiero Griffo

«Gli sforzi di tanti cooperanti internazionali – scrive Giampiero Griffo, reduce qualche mese fa proprio da una serie di incontri di formazione con associazioni di persone con disabilità della Palestina -, per migliorare la condizione di vita dei cittadini palestinesi, rischiano di essere resi vani dalla guerra che tutto cancella, lasciandosi dietro solo odio, sofferenze e macerie. Bisogna fermare questo massacro di inermi civili a Gaza!»

Giampiero Griffo (secondo da destra), durante il recente incontro a Gaza, con l’associazione sportiva Peace Sport Club for Persons with Disabilities

Si può morire mentre si vede una partita dei Mondiali di Calcio? È accaduto a Gaza durante la partita Argentina-Olanda: una nave israeliana ha lanciato un missile sul litorale, centrando un bar dove si stava appunto assistendo alla Semifinale del Campionato del Mondo, uccidendo nove persone, tra cui alcuni bambini, e ferendone quindici… Che orrore!
Possono quattro bambini essere uccisi mentre giocano? È accaduto nel porto di Gaza City, dove un capanno in cui giocavano quattro bimbi palestinesi è stato centrato dalle bombe israeliane… Che cosa assurda!
Si può essere svegliati in piena notte da una voce che dice: hai cinque minuti per uscire di casa altrimenti morirai? È quello che accade ai palestinesi che abitano nella Striscia di Gaza, colpita dai bombardamenti israeliani ogni notte… Che incubo!
Si può bombardare un istituto per persone con disabilità, un ospedale, un orfanatrofio e un centro di assistenza per anziani non autosufficienti? È accaduto a Ben Lahia, a Gaza City e nelle vicinanze, durante i bombardamenti israeliani di questi ultimi giorni… Che crudeltà!

In queste ultime settimane mi angoscia la condizione del popolo palestinese. Sono reduce da una missione nell’àmbito di un progetto dell’organizzazione EducAid (Cooperazione e Aiuto Internazionale in Campo Educativo) in Cisgiordania e a Gaza, indirizzato all’empowerment [“crescita dell’autoconsapevolezza”, N.d.R.] delle organizzazioni di persone con disabilità locali. Ho potuto quindi costatare quali siano le condizioni di vita di queste persone e come sia possibile applicare la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Autorità Palestinese il 2 aprile scorso [se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.].
Ero tornato con due contrastanti impressioni: da un lato la vitalità dell’associazionismo (come in tutto il mondo il movimento delle persone con disabilità è presente nel Paese e attivo, anche se il suo peso nei processi decisionali è scarso); dall’altro lato una percezione di impotenza rispetto alle questioni che dividono Israele e Palestina. Ma proviamo a entrare maggiormente nei dettagli.

Il progetto, o meglio, i progetti gestiti da EducAid, con la presenza della RIDS* (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), sono finanziati dall’Unione Europea e dalla Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del nostro Ministero degli Esteri. Essi sono indirizzati all’empowerment delle organizzazioni della società civile, con particolare attenzione alle donne con disabilità a Gaza e in Cisgiordania.
Nel corso della mia missione, ho partecipato a quattro percorsi di formazione (tre in Cisgiordania, a Ramallah, Betlemme e Nablus e uno a Gaza City), a due convegni (Ramallah e Gaza City) e al lancio del progetto in Cisgiordania (quello di Gaza era partito l’anno scorso).
Il risultato di questa intensa attività di informazione sulla Convenzione ONU è stato senz’altro positivo: sulla Convenzione stessa, infatti, si è attivata la società civile (ai due convegni che hanno seguito i training hanno partecipato rispettivamente settanta e sessanta persone di tutte le Associazioni coinvolte) e nonostante l’Autorità Palestinese non abbia ancora attivato le procedure per implementare il Trattato dell’ONU, sono stati chiariti i passaggi procedurali da seguire (definizione del focal point; creazione di un meccanismo di coordinamento; costruzione di un sistema di monitoraggio) e avviato un percorso dal basso, per arrivare ad avere un’unica voce del movimento che possa interloquire con le autorità competenti.
Come in molti Paesi, infatti, le organizzazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie sono frammentate in tante Associazioni e non hanno ancora un sistema democratico e capillare di coordinamento. Qualche esperienza esiste, ma essa coinvolge solo alcune Associazioni.

Il porto di Gaza City

L’approccio basato sui diritti umani della Convenzione tocca molteplici limitazioni in Palestina alla partecipazione e al godimento dei diritti e delle libertà fondamentali. Non vi sono servizi sanitari sufficienti e professionalmente competenti; l’accessibilità è molto problematica (nessun mezzo di trasporto accessibile; moltissimi edifici pubblici e privati con barriere architettoniche, di orientamento e comunicazione; assenza di arredo urbano fruibile…); il diritto allo studio è garantito a poche persone con disabilità motoria, in poche scuole speciali per sordi e per ciechi e quasi totalmente impedito alle persone con disabilità intellettiva; il tasso di disoccupazione è molto elevato (circa il 90% a fronte di circa la metà nel mercato ordinario), mentre la legge locale che prevede il collocamento obbligatorio nel 5% dei posti di lavoro pubblici è largamente disattesa; e infine, gli altri diritti tutelati dalla Convenzione sono molto problematici da esigere.
Non esistendo risorse locali – e non potendo esistere, per la particolarità di essere da cinquant’anni territori occupati da Israele – non esiste un welfare e laddove vi sia qualche sostegno pubblico o privato, questo dipende dai donatori esterni.
Un esempio l’ho avuto quando ho visitato il Centro Riabilitativo di Jaballa nella Striscia di Gaza, struttura che assiste prevalentemente minori sordi. Essa ha un’utenza che si aggira sui 3.500 bambini all’anno cui vengono forniti gratuitamente assistenza riabilitativa e ausili per l’udito. Il piccolo laboratorio interno è in grado infatti di fabbricare e personalizzare in loco apparecchi acustici per i bambini sordi. Da quest’anno, però, a causa della mancanza di materie prime (in tutta l’area della Palestina e in particolare a Gaza, qualsiasi prodotto è soggetto al controllo e all’autorizzazione di Israele), il laboratorio è inoperoso e i bambini non ricevono gli ausili di cui hanno bisogno.

Questo quadro assai drammatico – come in molti Paesi in cerca di sviluppo – è aggravato da un contesto assolutamente allucinante. Dal 1948, infatti, quando cioè le grandi potenze decisero di dare al popolo ebraico un territorio, occupando una parte dei terreni in cui prima vivevano i palestinesi, il problema della coabitazione tra i due popoli è diventato di anno in anno più problematico. Prima con un incremento dei territori assegnati dall’ONU (guerra 1948-49), poi con l’occupazione dei territori palestinesi (1956) e infine con la Guerra del Sinai (1967), meglio nota come “Guerra dei Sei Giorni”.
Da allora Israele occupa la gran parte dei territori destinati ai palestinesi, che sono costretti a dipendere dalle Istituzioni israeliane per uscire ed entrare dai propri stessi territori e per circolare sulle strade (vi sono check-point su tutte le strade palestinesi, attivati in maniera spesso arbitraria da Israele); inoltre, tutta l’economia dei territori (circa il 95%) dipende da Israele, dal cibo a qualsiasi prodotto di uso quotidiano. Pochissime, infatti, sono le industrie locali. E anche l’erogazione dell’acqua subisce la stessa condizione, con Israele che si è appropriata delle fonti idriche presenti nei territori palestinesi e che rivende l’acqua palestinese agli stessi palestinesi a costi aggiuntivi; a Gaza, poi, l’acqua dei rubinetti non è potabile ed è maleodorante.
E ancora, nonostante gli impegni presi a suo tempo, la Striscia di Gaza non è collegata alla Cisgiordania, per cui la Palestina è uno Stato non incluso in un unico confine. Da Gaza, del resto, è praticamente impossibile uscire per un palestinese, talché superare il check-point è un’esperienza decisamente poco consigliabile: il capannone dove è ubicato pare una grande camera a gas, le procedure da seguire per una persona in sedia a rotelle sono umilianti e assolutamente inadeguate.

Giampiero Griffo (primo a destra), durante il training di formazione condotto a Ramallah in Cisgiordania

«Il popolo palestinese di Gaza è in una “prigione a cielo aperto”», si dice comunemente. Immaginate: non solo sono bombardati a tutte le ore del giorno e della notte, non solo sono invasi dai tank e dai carri armati, ma non possono scappare da nessuna parte.
L’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite, l’UNRWA [United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East, N.d.R.] ha accolto nelle proprie scuole circa quarantamila persone negli ultimi giorni, rifugiati, però, dentro alla striscia di Gaza, a fianco dei palazzi bombardati…

Gli sforzi che tanti cooperanti internazionali di migliorare la condizione di vita dei cittadini palestinesi, gli stessi obiettivi dei progetti di EducAid cui chi scrive ha contribuito rischiano di essere resi vani dalla guerra che tutto cancella, lasciandosi dietro solo odio, sofferenze e macerie.
E la situazione peggiora di ora in ora: il 18 luglio scorso, Rafiah, una delle persone in sedia a rotelle incontrata a Gaza nella sede dell’Associazione Sportiva Peace Sport Club for Persons with Disabilities, studentessa universitaria, ci ha scritto su Facebook, nel suo inglese incerto: «Ho paura… hanno distrutto con un bombardamento il palazzo a fianco del mio…».
E perché tutto questo? Perché il governo israeliano – senza alcuna prova – ritiene che sia stato qualche militante di Hamas [il Movimento Islamico di Resistenza, N.d.R.] a sopprimere tre ragazzi trovati uccisi nei pressi di Hebron. Senza identificare gli assassini, con un’assurda estensione razzista della legge del taglione di biblica memoria, si criminalizza tutto un popolo e lo si bombarda, uccidendo soprattutto civili, donne e bambini… È una faida disumana e infinita, in cui combattono Davide e Golia…

Anni fa, nel mio primo viaggio in Palestina – era il 1989 – incontrai una persona cui erano state amputate ambedue le gambe durante la prima Intifada, a causa delle bastonate ricevute da soldati israeliani. Alla mia domanda («Senti di essere discriminato come persona con disabilità?»), mi rispose: «Sono discriminato come palestinese!».
Dice David Grossman, famoso scrittore israeliano: «Nel popolo di Israele c’è un vuoto di azioni e di coscienza in cui si verifica un’efficace sospensione del giudizio morale». Purtroppo questa sospensione non riguarda più solo Israele, ma tutta la comunità internazionale che non è in grado di fermare questo massacro indegno.
Dice ancora Grossman, pensando alla società israeliana, che essa è «una democrazia compiaciuta di se stessa, con pretese di liberalità e di umanesimo, ma che da decenni si impone su un altro popolo, lo umilia e lo schiaccia». Una gigantesca violazione dei diritti umani di un popolo si perpetua da decenni, con un’escalation insostenibile in queste settimane: fermate questo massacro!

*La RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), è stata voluta nel 2011 dall’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), da DPI Italia (Disabled Peoples’ International), da EducAid e dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Componente dell’Esecutivo Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ Inrternational) e della RIDS (rete Italiana Disabilità e Sviluppo). Il presente testo – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – viene pubblicato per gentile concessione dell’Agenzia Internazionale NENA (Near Est News Agency – “Agenzia Stampa Vicino Oriente”).

22 luglio 2014

Disfatta del MIUR sul “pettine”

Disfatta del MIUR sul “pettine”: consacrato in Corte d’Appello il diritto dei ricorrenti ANIEF

 

Dopo anni di battaglie e di vittorie schiaccianti in tribunale contro le “code della vergogna” istituite dal MIUR nelle Graduatorie 2009/2011, l’ANIEF sbaraglia il MIUR anche presso le Corti d’Appello italiane con la soddisfazione di aver ottenuto per migliaia di docenti precari quella giusta immissione in ruolo che il Ministero dell’Istruzione continuava a negare loro. I nostri legali Fabio Ganci e Walter Miceli, che hanno assunto la “questione pettine” come battaglia morale e professionale volta alla pura tutela del diritto e della nostra Costituzione, dopo aver ottenuto ragione presso i Tribunali Amministrativi, la Corte Costituzionale e i Tribunali del Lavoro di tutta Italia, travolgono il MIUR anche in Corte d’Appello ottenendo il rigetto delle inconsistenti ragioni ministeriali e la piena consacrazione delle ragioni dei nostri iscritti.

 

Quella sostenuta dall’ANIEF in questi anni è stata una battaglia di civiltà e di rispetto per il lavoro e la professionalità di tanti docenti precari che nel 2009 si sono visti negare il giusto diritto al trasferimento di provincia e la conseguente possibilità di conseguire il sospirato contratto a tempo indeterminato in virtù di una corretta collocazione in graduatoria in base al punteggio posseduto. Il Ministero dell’Istruzione nelle Graduatorie a Esaurimento 2009/2011, invece, decise di “mettere in coda” il diritto, il merito e la nostra Costituzione per tutelare quei “diritti acquisiti” che da subito, grazie all’intervento pronto e attento dei nostri legali, i Giudici hanno riconosciuto come “inconsistenti”.

 

Ad aggiungersi al coro di “Sì” già riconosciuto in favore dell’ANIEF dalle Corti d’Appello di Milano, Genova, Salerno, L’Aquila e Lecce, stavolta è la Corte d’Appello di Bologna che emette sentenza in cui si accerta il pieno diritto all’immissione in ruolo dei nostri iscritti ottenuto in base alla loro collocazione “a pettine” nelle graduatorie d’interesse e respinge al mittente tutte le “suggestive” tesi che il MIUR, da anni ormai, cerca di far valere per giustificare determinazioni palesemente ingiustificabili. Nel respingere l’infondato appello presentato dal MIUR, dunque, i Giudici confermano senza riserve le sentenze ottenute in primo grado dal sempre ottimo operato dell’Avv. Tiziana Sponga, che con la professionalità che da sempre la contraddistingue ha patrocinato i diritti dei nostri iscritti sul territorio, e condannano il Ministero dell’Istruzione al pagamento delle spese di lite anche per questo grado di giudizio.

 

La battaglia per la tutela dei diritti e della nostra Costituzione è fondamento della politica sindacale dell’ANIEF che si è sempre schierata, spesso unica voce decisa e determinata nell’assordante silenzio di altre organizzazioni sindacali, contro tutte quelle determinazioni ministeriali operate a detrimento dei diritti fondamentali e della professionalità dei lavoratori della scuola. Anche in questa occasione il nostro sindacato ha dimostrato sul campo che aveva ragione; anche in questa occasione la professionalità e la profonda conoscenza delle ragioni di diritto hanno fatto la differenza e il Ministero dell’Istruzione ha nuovamente ricevuto dal nostro sindacato la “lezione” che meritava: i principi costituzionali non possono essere, neanche per un biennio, “collocati in coda”.

 

La nostra idea di scuola

La nostra idea di scuola

Nel corso della conferenza stampa di lunedì 21 luglio, abbiamo presentato la nostra idea di scuola. Leggi le nostre proposte.

Le proposte sono il frutto di una lunga discussione che abbiamo promosso tra tutto il personale della scuola (dirigenti, docenti e ATA a tempo indeterminato e a tempo determinato). Una discussione che si è espressa in numerosissime assemblee e incontri, in un confronto aperto con possibilità di contraddittorio diretto. Arricchito poi anche sul web attraverso lettere e messaggi. Un vero cantiere di lavoro.

Siamo un sindacato che parla e discute con chi rappresenta e dunque conosce la realtà del lavoro; siamo un sindacato che si confronta con gli studenti e con i tanti attori sociali e istituzionali. Per cambiare bisogna conoscere i sistemi che si vogliono riformare. Bisogna stimolare protagonismo e idee innovative senza delle quali il cambiamento rischia di tradursi in un semplice auspicio o in imposizione autoritaria.

Sulla scuola si sono dette e scritte troppe banalità e luoghi e comuni, quando non palesi falsità, come sull’orario di lavoro dei docenti, del quale si calcola solo la lezione in aula e non anche tutto il lavoro, collegiale e individuale, funzionale alle attività didattiche: il cosiddetto lavoro sommerso. E allora, dati alla mano, dimostriamo che nella scuola italiana si lavora come e forse più degli altri Stati, ma si guadagna molto, molto meno. Gli esiti della ricerca condotta da FLC e CGIL.

La FLC CGIL accetta la sfida del cambiamento ma senza subalternità a impostazioni che prefigurano una scuola meno inclusiva e più condizionata da logiche economiche.

Cantiere Scuola: proposte per la scuola bene comune

Ricerca: salari e diritti della scuola italiana nella crisi

Educazione maleducati

211 EDUCAZIONE MALEDUCATI di Umberto Tenuta

Canto 211 Maleducazione  

Maleducati  

Educandi

Rieducazione  

Educazione è il compito della Scuola

Piccoli e Grandi lavoratori, Piccoli e Grandi dirigenti, Piccoli e Grandi politici, Piccoli e Grandi uomini non sono nati ma sono diventati tali attraverso l’educazione!

E della Scuola il fin è l’EDUCAZIONE!

 

Incomprensibile incomprensione è il non comprendere che la fucina dalla quale vengono fuori gli uomini, quali che essi siano, è la Scuola!

Eppure la Scuola la si incolpa quando il maleducato non cede il passo alla Signora, quando i ladri si annidano su ogni albero dai frutti copiosi, quando l’alta cilindrata ti schiaccia sulle strisce pedonali, quando il revolver ti mira dietro il bancone, quando le luci della città si spengono e la mattina sul marciapiedi ti trovano cadavere.

Buon per gli strilloni!

Vendono i giornali.

Oddio, e se tanta maleducazione non fosse in giro?

Radio, Televisione, Giornali, Internet, Twitt… fallirebbero.

Forse questa è una buona spiegazione perchè di educazione non si parla mai.

Non se ne parla tra gli addetti ai lavori che preferiscono parlare di Istruzione, non se ne parla alla Televisione, non se ne parla nei Giornali.

La foto del Presidente.

La folla in Piazza San Pietro, ormai stanziale.

Il furto quotidiano d’alta quota.

I fuochi d’artifizio che scoppiano prima di essere venduti.

L’Alta velocità che in curva non ce la fa.

Il Goal in calcio in calcio d’angolo.

La Dieta Mediterranea che in tutti gli Oceani dilaga.

La Medicina a portata di Smart.

Le Tasse che ti tassano.

La prova dei Fornelli a gas.

70 pagine quotidiane non lasciano una pagina all’EDUCAZIONE.

RIEDUCAZIONE sì, e quanta, e quanta spesa!

Ma l’EDUCAZIONE no, che importa che costa di meno?

Vende di più la RIEDUCAZIONE!

 

Scribacchino sciocco, tu le leggi del Mercato non le conosci!

Cgil: più ore di laboratorio, valutazione di sistema e obbligo scolastico a 18 anni

da Il Sole 24 Ore

Cgil: più ore di laboratorio, valutazione di sistema e obbligo scolastico a 18 anni

Nella settimana in cui il Governo dovrebbe rendere note le linee generali di intervento sulla scuola il sindacato guidato da Domenico Pantaleo ha voluto mettere nero su bianco le proprie richiste, aprendo a una ampia discussione

Claudio Tucci

La Flc-Cgil chiede di potenziare le ore di laboratorio «non solo nei tecnici e nei professionali». Chiede di elevare l’obbligo scolastico a 18 anni (oggi è 16 anni) e apre alla «valutazione di sistema» della scuola, riducendo però peso e valore dei test Invalsi e dando, invece, più spazio all’autovalutazione del lavoro del personale (presidi, docenti e amministrativi).

Nella settimana in cui il Governo dovrebbe rendere note le linee generali di intervento sulla scuola il sindacato guidato da Domenico Pantaleo ha voluto mettere nero su bianco le proprie richiste, aprendo a una ampia discussione: «Non solo con governo e parlamento ma anche con società civile e intera popolazione», ha detto Pantaleo. L’obiettivo è ridare «dignità ai professori e un ruolo centrale all’istruzione, partendo da un allineamento della spesa italiana per l’istruzione alla spesa Ocse. Si tratta di investire circa 17 miliardi nei prossimi anni per migliorare tutto il sistema. Praticamente un punto di Pil».

 

Rinnovare il contratto
Pantaleo ha chiesto, poi, al governo l’immediato rinnovo del contratto: una partita da 4 miliardi, le cui risorse si potrebbero recuperare da misure come patrimoniali, taglio agli F35 e agli sprechi. Le altre richieste della Flc Cgil sono l’aumento tempo pieno alla scuola primaria, la revisione dei cicli scolastici e il ripristino del biennio unitario nella scuola superiore. E poi “sperimentare” ore laboratoriali oltre che frontali, tenere aperte le scuole nei pomeriggi per «favorire l’aggregazione sociale», purché il personale venga adeguatamente retribuito e le scuole siano attrezzate.

Chiaro il messaggio al ministro Stefania Giannini e al premier, Matteo Renzi: «No a provvedimenti unilaterali, serve partecipazione – ha concluso Pantaleo -. Il Governo può scegliere se vuole il confronto o il conflitto, l’autunno potrebbe essere caldo. Siamo aperti a entrambi gli esiti, dipende dagli interlocutori».

Flc-Cgil, dal 2010 dagli stipendi dei prof sottratti 80 euro al mese

da La Tecnica della Scuola

Flc-Cgil, dal 2010 dagli stipendi dei prof sottratti 80 euro al mese

Per via del blocco del contratto, persi in tutto quasi 9mila euro: le retribuzioni nella scuola, secondo una ricerca del sindacato, sono le più basse di tutti i settori lavorativi. In più il dimezzamento dei fondi per il miglioramento dell’offerta formativa “costringe i docenti a rendere gratis metà delle loro prestazioni pur di attuare i Pof”. Mentre le oro svolte dai prof Italiani “sono nella media dei paesi Ocse”. Il leader Pantaleo: nel contratto va fatto emergere il lavoro sommerso.

Dal 2010 ad oggi, a causa del blocco del contratto, agli insegnanti italiani sono stati sottratti 80 euro al mese, che corrispondono a 8.817 euro, pari a 80 euro al mese. Il dato è contenuto in una ricerca della Flc-Cgil e del Dipartimento politiche economiche della Cgil, su compensi e ore di lavoro dei docenti italiani, presentata il 21 luglio a Roma.

Le retribuzioni nella scuola, secondo i dati elaborati dal sindacato Confederale, sono le più basse di tutti i settori lavorativi e l’Italia è al 31/mo posto, cioè terzultima, negli investimenti sull’istruzione tra i paesi Ocse. Per un docente con oltre 15 anni di carriera lo stipendio medio annuo va da 32.833 dollari lordi, per la scuola dell’infanzia, a 36.725 dollari lordi, per la scuola superiore, quando la media Ocse è rispettivamente di 39.569 e 45.478: per compensi agli insegnanti l’Italia è al 24/mo posto della classifica Ocse. In più il dimezzamento dei fondi per il miglioramento dell’offerta formativa – denuncia il sindacato – “costringe i docenti a rendere gratis metà delle loro prestazioni pur di attuare i Pof (piani dell’offerta formativa) di istituto”.

Per quanto riguarda le ore lavorate, quelle svolte dai prof Italiani “sono nella media dei paesi Ocse” e comunque in Italia si fanno più ore che in Finlandia e Francia. “Non sono d’accordo a toccare il numero di ore frontali previste per gli insegnanti – ha affermato il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo – bisogna far emergere il sommerso, cioè tutte le altre ore lavorate, e farlo contrattualmente. Mettiamo in campo la possibilità di un orario potenziato, per rispondere alle esigenze che le scuole hanno per far svolgere compiti aggiuntivi, ma siano su base volontaria e retribuite”. La risposta al Governo, che ha detto di voler incrementare il numero di ore di servizio, appare evidente.

 

Docenti esperti e senior, forse fra due anni

da La Tecnica della Scuola

Docenti esperti e senior, forse fra due anni

Giannini e Reggi stanno rispolverando il vecchio “progetto Aprea”, ma ancora non è chiaro con quale strumento giuridico potrà essere condotto in porto. Se si trattasse di una legge delega i tempi sarebbe molto lunghi e la riforma potrebbe prendere avvio nel 2016/2017.

Insegnante ordinario, esperto e senior: sono questi i tre “livelli” nei quali potrebbe articolarsi in futuro la carriera dei docenti italiani.
Se ne sta parlando al Miur all’interno di alcuni gruppi di lavoro che prima della pausa estiva dovrebbero consegnare una proposta definitiva al Ministro.
Ma ancora non è chiaro il percorso che la proposta dovrebbe seguire per potersi tradurre in norma.
Ovviamente i sindacati vorrebbero che si seguisse la strada contrattuale, con relative risorse economiche a disposizione anche se per intanto resta ferma al palo la possibilità di riconoscere l’aumento di anzianità a coloro che hanno maturato lo scatto stipendiale nel 2013 (operazione per la quale servirebbero non meno di 350-400 milioni di euro).
Nelle settimane scorso il Ministro (e il sottosegretario Reggi con  lei) ha avuto non pochi tentennamenti: in qualche circostanza ha parlato di decreto legge che potrebbe quindi entrare in vigore da subito, ma poi ha anche detto che per le riforme più complesse (e questa lo sarebbe certamente) bisognerà prevedere una legge delega.
Se la strada sarà questa bisogna prepararsi a 6 mesi di intenso e complicato dibattito che, a partire dalle aule del Parlamento, coinvolgerà sindacati e assemblee sindacali, convegni e seminari.
L’idea di base dovrebbe essere quella già contenuta a suo tempo del disegno di legge Aprea ma che non venne poi inserita nel progetto bipartisan Aprea-Ghizzoni che, alla fine, riguardava solamente la riforma degli organi collegiali e non lo stato giuridico dei docenti.
C’è da dire che l’attuale progetto si inserisce in uno scenario molto diverso rispetto a quello di alcuni anni fa: nell’arco di 3 anni usciranno dalla scuola non meno di 100mila docenti (si tratta delle “leve” che vanno dal 1950 al 1954) con un inevitabile e consistente “svecchiamento”  della categoria.
Forse Ministro e Governo confidano sul fatto che gli insegnanti più giovani possano essere più disposti ad accettare uno sviluppo di carriera basato non sull’anzianità ma su criteri diversi (d’altronde questo è un dato confermato anche da alcune indagini condotte negli ultimi anni sulle opinioni dei docenti neo-immessi in ruolo).
Sulla carta il programma sembra non fare una grinza, ma non è detto che tutto fili liscio: parafrasando l’indimenticato Gianni Brera non dimentichiamo che “il pallone è rotondo e va dove vuole”. 

Contratto scaduto, disoccupazione assicurata

da La Tecnica della Scuola

Contratto scaduto, disoccupazione assicurata

L.L.

Un recente messaggio Inps garantisce il pagamento dell’ASpI e Mini-ASpI per il periodo di inattività lavorativa (luglio-agosto 2014) per i docenti con contratto a tempo determinato fino al 30/6/2014, assunti in ruolo con decorrenza giuridica 1/9/2013 ed economica 1/9/2014

Un messaggio Inps indirizzato alle proprie Sedi territoriali garantisce ai docenti con contratto a tempo determinato scaduto il 30 giugno, ma assunti a tempo indeterminato con decorrenza giuridica 1/9/2013 ed economica 1/9/2014, l’indennizzabilità delle giornate di nomina giuridica non lavorate e prive di retribuzione ricadenti nel periodo di luglio e agosto 2014.

Con il messaggio n. 6050/2014, di cui dà notizia la Flc Cgil, l’Istituto chiarisce il caso del diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione (ASpI e Mini-ASpI) – nel periodo di non lavoro di luglio e agosto – per i docenti immessi in ruolo con decorrenza economica a partire dal settembre successivo.

L’Inps sottolinea che in questo particolare caso in cui c’è una scissione tra il periodo di decorrenza degli effetti giuridici e quello degli effetti economici, non viene meno lo stato di  disoccupazione nel periodo non lavorato e privo di retribuzione, anche perché “non si può imputare alla volontà del lavoratore l’inattività e il sostanziale stato di disoccupazione”.

Questo è il ragionamento che ha portato l’Inps a ritenere che debba essere prevista l’indennizzabilità delle giornate di nomina giuridica non lavorate e prive di retribuzione.

La disoccupazione spetta, inoltre, anche se i dati UNIEMENS non sono aggiornati. Per la verifica dei requisiti richiesti per l’erogazione delle indennità, le sedi Inps accetteranno, infatti, in alternativa, le buste paga fornite direttamente dagli interessati. “In caso di indisponibilità delle buste paga più recenti – conclude l’Inps -, qualora essa sia ininfluente ai fini della verifica dei requisiti soggettivi necessari all’accoglimento della domanda di prestazione, quest’ultima potrà essere accolta in forma provvisoria salvo ricalcolo alla luce della documentazione completa;  qualora l’indisponibilità risulti decisiva, la domanda andrà posta in evidenza e definita solo al momento in cui sarà fornita la documentazione necessaria”.

Carriera dei docenti, il trionfo dell’Aprea

da La Tecnica della Scuola

Carriera dei docenti, il trionfo dell’Aprea

Cosa bolle in pentola al Miur? Con precisione non è dato saperlo ma un’ipotesi molto reale di quello che sta per essere servito sul tavolo della riforma scuola c’è. Dai cassetti degli uffici dell’alta dirigenza del Miur sta per essere rispolverata, con qualche revisione e puntualizzazione, la legge Aprea.

L’ipotesi di cui stanno parlando al Miur si basa principalmente sul riconoscimento giuridico ed economico della professione docente che comprende l’insegnamento ma va anche oltre la didattica e le semplici attività funzionali all’insegnamento, occupandosi di compiti connessi alla formazione iniziale, e all’aggiornamento dei docenti della scuola, alla formazione sulle CLIL, ma anche di progettazione didattica per migliorare l’offerta formativa, di utilizzo e funzionamento delle nuove tecnologie, non si possono trascurare le attività professionali di chi è chiamato ad occuparsi di bisogni educativi speciali, di orientamento e valutazione e tanto altro ancora. In buona sostanza è in campo l’ipotesi pienamente condivisa tra le principali forze politiche parlamentari, di attivare al più presto un percorso di carriera diversificato dei docenti. I docenti non saranno più tutti uguali e retribuiti secondo la regola egualitaria degli scatti di anzianità, ma ci saranno tre tipologie di insegnanti. Avremo i docenti ordinari, quelli esperti ed infine i docenti senior.

Se si dovesse concretizzare l’ipotesi su descritta, si tratterebbe del trionfo dell’ esponente politica di Forza Italia Valentina Aprea, che vedrebbe realizzata la sua proposta di legge sulla carriera dei docenti . Ricordiamo che nel 2008 la proposta di legge Aprea interveniva decisamente sugli assetti fondanti del sistema scolastico, prevedendo una carriera professionale dei docenti su cinque livelli. Il primo livello era individuato dai docenti neoassunti, successivamente passando per i livelli di docente iniziale, docente ordinario e docente esperto, si poteva arrivare al ruolo di vice dirigenza a cui si sarebbe potuto accedere tramite concorso per titoli ed esami. La domanda che viene in mente, sempre se è fondata l’ipotesi che circola nei meandri del Miur, è la seguente: “come mai il partito democratico, fiero oppositore nel 2008 di tale riforma Aprea, anche sugli aspetti riferiti alla carriera dei docenti, adesso adotta quasi pedissequamente la stessa identica riforma?”

Forse la furia riformista renziana è tanto cieca da rinnegare l’opposizione fatta sia alla Moratti che alla Gelmini in questi ultimi 10 anni?”. Se così fosse, bisognerebbe riconoscere che si sono persi lustri di tempo per una riforma che poteva essere già fatta nel 2003 o al massimo nel 2008 e soprattutto, bisognerebbe avere l’onestà intellettuale, da parte del governo Renzi, nel riconoscere che il governo Berlusconi, la Moratti, l’Aprea e la Gelmini ci avevano visto giusto e stavano attuando una buona riforma che maldestramente è stata contrastata soltanto per rivalità politica ed ideologica. Purtroppo per Renzi e per il suo governo, gli insegnanti la reputavano una pessima riforma e la continuano a reputare tale, anche se a farla è un partito che dovrebbe essere dalla parte della scuola e degli insegnanti. In ultimo una domanda fondamentale all’indirizzo del ministro Giannini: “se questa riforma fosse in agenda, chi deciderebbe lo status di ordinario, esperto e senior, da associare al tal docente?”. Esistono riserve notevoli, che questo possa essere affidato alle decisioni unilaterali del dirigente scolastico.

Resta certo solo un fatto: “se questa proposta diventerà legge, l’unica ad uscirne trionfante sarà Valentina Aprea”, con buona pace di tutti.

Un nuovo concorso per i docenti?

da La Tecnica della Scuola

Un nuovo concorso per i docenti?

In Italia, è risaputo, quando si pronuncia la parola “concorso” passa quasi un brivido lungo la schiena. E ciò vale in particolare per il mondo della scuola, dove i concorsi hanno sempre avuto una procedura lenta, farraginosa e con scadenze giurassiche.

Basti pensare che da quello del 1990 si passò a bandire il successivo nel 1999 e poi addirittura il più recente nel 2012, dopo ben 13 anni dall’ultima prova.

Eppure l’assunzione attraverso pubblico concorso dovrebbe essere per legge la procedura più logica e semplice da attuare.

Eppure adesso l’annuncio di una nuova procedura concorsuale nel 2015 suscita non poche ansie. Soprattutto pensando alla caotica gestione del concorsone 2012, di cui pagano le conseguenze i docenti vincitori e idonei non vincitori.

Lo ammette senza reticenze in un’intervista al Corriere della Sera il capo dipartimento del Miur, Luciano Chiappetta, sottolineando come il concorsone 2012 “sembra essere nato sotto una cattiva stella: la gestione caotica della scorsa estate, con oltre duemila docenti vincitori di concorso estromessi dall’assunzione per errori di calcolo e di programmazione del Miur (i posti erano spariti o non erano più liberi), sembra destinata a ripetersi anche nelle prossime settimane”.

E se devono essere ancora assunti i vincitori del concorso precedente, è illogico bandirne uno nuovo, o bandirlo comunque per tutte le classi di concorso: “Tra due mali bisognerà scegliere quello giuridicamente minore: e cioè bandire un numero di posti inferiore, proprio per assegnare prima una cattedra ai vincitori dei vecchi concorsi”.

Per non parlare del fatto che lungaggini varie e retribuzioni vergognose dei commissari (50 centesimi a compito corretto più un forfait di 209 euro!) hanno ritardato parecchio l’espletamento definitivo in alcune regioni come Basilicata, Sicilia, Toscana e Lazio.

L’Anief a tal proposito osserva: “Il ritardo in queste regioni e per gli insegnanti di lettere, a “cascata” si rifletterà sul prossimo reclutamento. Il Miur dovrà infatti provvedere prioritariamente ad assumere comunque i vincitori, costringendo gli organizzatori del prossimo concorso a cattedra, previsto tra uno o due anni, a bandire pochissimi posti o nessuno su quelle classi di concorso e in quelle aree geografiche dove la macchina organizzativa si è a dir poco ingolfata: quei posti saranno infatti destinati a chi ha vinto il concorso, ma che a distanza di anni è ancora a spasso”.

Difficoltà, dunque, già per i vincitori effettivi. Poi c’è la questione degli idonei, i candidati che hanno superato il punteggio minimo richiesto, ma non sono risultati vincitori. E’ una questione nelle linee generali controversa sulla quale si è recentemente pronunciato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3407 del 4 luglio scorso con la quale i giudici hanno ribadito che “la presenza di graduatorie valide ed efficaci impone all’Amministrazione di utilizzare prioritariamente queste ultime.” E questo per due motivi: bandire un nuovo concorso in presenza di graduatorie valide di uno precedente va contro qualunque criterio di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa.

In realtà con D.M. n. 356 del 23 maggio 2014 sono state prorogate le graduatorie del concorso 2012 e proprio a partire dalle immissioni in ruolo del 2014/2015 è stato previsto lo scorrimento delle graduatorie degli idonei per l’assunzione relativa al 50% dei posti riservati dalla legge. il ministro Giannini, rispondendo poi ad un’interrogazione del Movimento 5 Stelle, ha affermato che il prossimo concorso potrebbe essere “un’occasione per il loro assorbimento”. Ma questo ridurrebbe notevolmente i posti a disposizione dei candidati del 2015.

L’Anief commenta: “Se è vero che occorre rispettare la normativa sulle immissioni in ruolo, che impone l’assunzione dai concorsi pubblici per il 50% dei posti dalle graduatorie dei vincitori di concorsi, è altrettanto vero che in presenza di tanti candidati idonei che hanno superato una prova preselettiva, tre verifiche scritte e due colloqui, è singolare che si debba andare a realizzare un altro concorso pubblico. Con tutti i costi e le problematiche che ne deriveranno”.

Certo è che ben 8mila vincitori del concorsone 2012 attendono l’assunzione e che dalle 4mila pensioni previste per i dimenticati dalla legge Fornero, i famosi quota ’96, almeno la metà dei posti andrà ai docenti ancora in attesa dopo il concorsone.

11mila posti nel 2012, 14mila addirittura promessi nel 2015. Fino a quando gli 11mila posti del precedente concorso non saranno tutti assegnati, sarà impossibile procedere col nuovo bando? La logica vorrebbe questo, ma nella scuola italiana la ratio è sempre poco razionale e molto, molto oscura.

 

Ma come si progredisce di carriera?

da La Tecnica della Scuola

Ma come si progredisce di carriera?

Toni allarmati per la ventilata riproposizione della legge Aprea sulla carriera dei docenti: iniziale, ordinario, esperto. Tuttavia occorre vedere bene come avverrebbe il passaggio da un “ruolo” all’atro. L’unico appiglio che abbiamo è l’art.17 della sua primitiva proposta; e l’art.18

Ecco cosa dice la “Proposta di Legge 953 del 12 maggio 2008 – Sulla scuola d’iniziativa Valentina Aprea”

Art 17 – Articolazione della professione docente
La professione docente è articolata nei tre distinti livelli docente iniziale, docente ordinario e docente esperto.
Ai docenti esperti sono attribuite responsabilità anche relazione ad attività di formazione iniziale e aggiornamento, di coordinamento di dipartimenti o gruppi di progetto, di valutazione interna ed esterna e collaborazione con il dirigente dell’istituzione scolastica. Possono essere conferiti incarichi ulteriori rispetto all’insegnamento, esclusivamente a docenti ordinari o esperti, remunerati con specifiche retribuzioni aggiuntive rispetto allo stipendio maturato, nell’ambito delle risorse iscritte in un apposito fondo di istituto.
La contrattazione collettiva definisce altresì il trattamento economico differenziato da attribuire a ciascuno dei livelli. L’attività del personale appartenente ai livelli di docente iniziale e di docente ordinario è soggetta a una valutazione periodica, effettuata da un’apposita commissione di valutazione.
Le valutazioni periodiche costituiscono credito professionale documentato utilizzabile ai fini della progressione di carriera e sono riportate nel portfolio personale del docente.
La commissione di valutazione di cui è presieduta dal dirigente dell’istituzione scolastica o formativa, è composta da tre docenti esperti, eletti all’interno della medesima istituzione scolastica o formativa, e da un rappresentante designato a livello regionale.
L’avanzamento dal livello di docente iniziale a quello di docente ordinario avviene, a domanda, a seguito di selezione per soli titoli effettuata da apposite commissioni, tenendo conto dell’attività di valutazione effettuata dalla commissione di cui al comma 4, dei crediti formativi posseduti e dei titoli professionali certificati.
L’avanzamento dal livello di docente ordinario a quello di docente esperto avviene, a domanda, mediante formazione e concorso volto. 
Si determina annualmente il contingente massimo di personale docente per ciascuno dei livelli di docente ordinario e di docente esperto.
Ma ancora più significativo è l’art 18 – (Vicedirigenza delle istituzioni scolastiche).

E’ istituita la vicedirigenza delle istituzioni scolastiche. Il vicedirigente svolge attività di collaborazione diretta con il dirigente dell’istituzione scolastica. Il vicedirigente è sovraordinato gerarchicamente ai docenti. Alla qualifica di vicedirigente si accede mediante procedure concorsuali per titoli ed esami, indette con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a livello regionale e con cadenza periodica, cui sono ammessi i docenti esperti in possesso di laurea. Il vicedirigente può essere esonerato dal servizio scolastico.

 

Camusso: basta pasticci sulla scuola, è ora di ridargli i soldi tagliati

da La Tecnica della Scuola

Camusso: basta pasticci sulla scuola, è ora di ridargli i soldi tagliati

Così si è espresso il segretario generale Cgil, durante una manifestazione a Torino per la campagna ‘Riformo io’: siamo l’unico Paese in Europa che durante la crisi ha tagliato l’istruzione, sulle radici di un Paese. Bisogna ripristinare la scuola dell’obbligo, allungare l’obbligo fino a 18 anni, riconoscere che gli insegnanti sono una risorsa straordinaria: hanno tenuto il sistema mentre veniva svillaneggiato, ora meritano risposte straordinarie.

La misura è colma: è arrivato il momento di “smetterla di pasticciare sulla scuola, ripristinare i finanziamenti tagliati in questi anni. Senza soldi non ce la facciamo”. Sono le parole di Susanna Camusso, segretario generale Cgil, durante la manifestazione del suo sindacato a Torino per la campagna ‘Riformo io’ avviata a Roma la scorsa settimana.

“Il Paese è in difficoltà – ha aggiunto Camusso – perché ha fatto poca ricerca, ha speso poco per l’innovazione e non è competitivo con il resto del mondo. Siamo l’unico Paese in Europa che durante la crisi ha tagliato l’istruzione. L’istruzione rappresenta le radici di un Paese. A tutti quelli che annunciano riforme e fanno minacce dobbiamo dire che bisogna ripristinare la scuola dell’obbligo, bisogna allungare l’obbligo fino a 18 anni, bisogna riconoscere che gli insegnanti sono una risorsa straordinaria, hanno tenuto il sistema mentre veniva tagliato e svillaneggiato e quindi meritano risposte straordinarie”.

L’appello del leader della Cgil verrà accolto dal Governo? L’intenzione, al momento, appare solo quella di riformare il comparto. Sul fronte dei finanziamenti, invece, l’impressione è che non si vada molto oltre il reperimento di risorse all’interno delle stesso settore scolastico. Derivanti proprio dalla riorganizzazione del sistema. Vale come esempio, l’idea esplicitata dal sottosegretario, Roberto Reggi, di eliminare le supplenze brevi: affidandole a docenti di ruolo in soprannumero o a coloro che devono completare l’orario per raggiungere la “cattedra” completa, si risparmierebbero non pochi soldi. A danno dei precari.

Precari, Corte Giustizia europea chiarisce posizione avvocato generale

da La Tecnica della Scuola

Precari, Corte Giustizia europea chiarisce posizione avvocato generale

La Corte di giustizia dell’Unione europea con un ampio e dettagliato comunicato stampa chiarisce meglio la posizione dell’avvocato generale della Corte europea Maciej Szpunar sulla questione dell’assunzione dei precari della scuola.

Innanzitutto è bene ricordare  il caso in questione: “Le signore Raffaella Mascolo, Fortuna Russo, Carla Napolitano e altre persone sono state assunte in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi mediante contratti di lavoro a tempo determinato successivi. Hanno lavorato per i loro rispettivi datori di lavoro per periodi differenti, stante che non sono mai state assunte per meno di 45 mesi in 5 anni. Ritenendo illegittimi tali contratti, la sig.ra Mascolo e le altre persone hanno adito il giudice chiedendo la riqualificazione dei contratti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, la loro immissione in ruolo, il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi d’interruzione tra i contratti e, in subordine, il risarcimento del danno subito.”

Da qui la domanda di carattere generale che più interessa i precari italiani: “La Corte costituzionale e il Tribunale di Napoli chiedono alla Corte di giustizia se la normativa italiana sia compatibile con l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato”

L’analisi di Szpunar risulta molto chiara: “Per sostituire il personale docente nel settore della scuola pubblica, la normativa italiana prevede un sistema che si basa su graduatorie in cui i docenti supplenti sono iscritti in ordine di anzianità. Essi possono essere immessi in ruolo in funzione dei posti disponibili e della loro progressione in tali graduatorie. Le procedure di concorso per l’assunzione di personale in ruolo nel settore della scuola pubblica sono però state sospese tra il 1999 e il 2011. Per i supplenti assunti con contratti a tempo determinato, il sistema non prevede né la durata massima dei contratti né il numero massimo di rinnovi.”

L’avvocato generale Maciej Szpunar  ricorda innanzitutto che “l’accordo quadro prevede disposizioni di tutela minima volte a garantire la stabilità dell’occupazione e a evitare la precarizzazione dei lavoratori dipendentie che pertanto, i contratti a tempo determinato nel settore dell’insegnamento pubblico rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro.”

L’accordo quadro prevede peraltro norme generali per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, i quali possono essere giustificabili solo da circostanze precise e concrete che caratterizzano una determinata attività o sia diretta a sostituire altri dipendenti che si trovano momentaneamente nell’impossibilità di svolgere le loro funzioni (dipendenti in congedo di malattia o di maternità, in congedo parentale, ecc.

L’Italia, invece, sembra voler fare di testa sua: “Il rinnovo di contratti a tempo determinato non è giustificato quando è finalizzato a soddisfare esigenze a carattere permanente e durevole.” Inoltre “la normativa italiana non prevede né il numero di contratti successivi che possono essere stipulati né la loro durata massima7. Osserva che è formulata in maniera generale e astratta, senza un legame tangibile né con il contenuto specifico né con le concrete condizioni di esercizio dell’attività. Inoltre, non consente di fissare criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare l’esistenza di un’esigenza di sostituzione temporanea reale. Infine, non pone limiti né alla stipulazione né al rinnovo dei contratti con personale supplente in sostituzione del personale temporaneamente assente”

Un altro elemento che depone contro la posizione dell’Italia nell’uso spregiudicato dei precari è il mancato bando per anni dei concorsi ordinari: “Sebbene l’assunzione di personale supplente sia in via di principio temporanea, il fatto che non sia stato fissato alcun termine preciso per l’espletamento dei concorsi per l’assunzione di personale di ruolo genera un’incertezza totale; in pratica, l’assenza di concorsi pubblici per oltre dieci anni dimostra che i contratti a tempo determinato sono stati utilizzati per rispondere ad esigenze permanenti e durevoli.”

E non basta la giustificazione addotta dal governo italiano “di una flessibilità molto alta (dovuta allo stretto rapporto tra l’esigenza di trovare supplenti e la variazione ciclica e imprevedibile della popolazione scolastica) e ragioni di ordine finanziario.”, in quanto “le restrizioni finanziarie nel settore scolastico non giustificano il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato. I contratti a tempo determinato possono essere giustificati soltanto dalla particolare natura delle mansioni da svolgere o dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale (come la tutela della gravidanza e della maternità o la conciliazione degli obblighi professionali e familiari.”

In conclusione, ed è questo il punto più importante della riflessione dell’avvocato generale, “ la normativa italiana non presenta misure sufficienti né a prevenire né a sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato e che tale privazione di tutela dei lavoratori nel settore scolastico sia contraria all’accordo quadro.”

Resta fermo che  le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito

Del legale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa.

La sentenza sarà dunque pronunciata in una data successiva. Ma è già un gran passo avanti sulla via della possibile soluzione della annosa questione del giurassico precariato della scuola italiana. Assumere i precari, ce lo chiede l’Europa. Come rispondiamo?

Pantaleo (Flc-Cgil) apre sull’orario potenziato

da tuttoscuola.com

Pantaleo (Flc-Cgil) apre sull’orario potenziato

Dal 2010 a oggi i docenti italiani hanno cumulato ciascuno una perdita di 8.817 euro, pari a 80 euro al mese (-10,3%), a causa del mancato rinnovo del contratto. È quanto emerge da una ricerca della Flc-Cgil e del Dipartimento politiche economiche della Cgil, su compensi e ore di lavoro dei docenti italiani.

Le retribuzioni nella scuola, secondo i dati di fonte Ocse elaborati dal sindacato, sono le più basse di tutti i settori lavorativi e l’Italia è al 31° posto, cioè terzultima, negli investimenti sull’istruzione tra i paesi Ocse e al 24° posto per compensi agli insegnanti.

Per quanto riguarda le ore lavorate, oggetto di recenti forti polemiche, quelle svolte dai prof italiani “sono nella media dei paesi Ocse” e comunque in Italia si fanno più ore che in Finlandia e Francia. Perciò “Non sono d’accordo a toccare il numero di ore frontali previste per gli insegnanti”, sottolinea il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, che però poi fa un’importante apertura: “Bisogna far emergere il sommerso, cioè tutte le altre ore lavorate, e farlo contrattualmente. Mettiamo in campo la possibilità di un orario potenziato, per rispondere alle esigenze che le scuole hanno per far svolgere compiti aggiuntivi, ma siano su base volontaria e retribuite“.

Di “tempo potenziato” si parlò anche in un lontano contratto, ma senza esiti concreti. Se ne potrebbe riparlare.