Donna santa, …

rumbolo

Donna santa, … 

di Adriana Rumbolo

“Uno, nessuno, centomila”splendida sintesi di Pirandello non è applicabile al mondo femminile , perchè nell’immaginario maschile, si contrae rigidamente nel dogma”Madonna o puttana” che vistosamente denuncia la mancanza di un terzo status quello di “Donna”.Una mattina in una prima superiore una giovane studentessa di 14 anni chiese la parola e rivolgendosi ai maschi della sua classe , accoratamente perorò la sua causa: ”Parliamo del nostro rapporto sentimentale con i maschi. Perché  mentre noi siamo con voi gentili. carine ,voi ci infamate?”Ne seguì un profondo silenzio. La studentessa aveva ufficializzato un aspetto importante non in un bar , ma a scuola luogo istituzionale e alla mia presenza .Invitai uno dei ragazzi a rispondere perché la domanda era stata rivolta a loro. Lo studente con indosso il suo giubbotto, per sembrare più grande, nonostante il suo banco fosse molto   vicino al termosifone , lentamente si avvicinò alla cattedra e disse: ”E’ vero, ma loro se la tirano!”Ebbi appena il tempo di dire : ma loro devono tirarsela un po’, adattandomi al suo linguaggio,perché la natura vuole così, che suonò la campanella dell’intervallo .Ne fui contrariata ma forse era stato detto abbastanza perché tornassimo sull’ argomento che ristagna da secoli e sembra inossidabile . I problemi d’amore non sono mai problemi pratici e non c’è niente che si debba o non si debba fare. Perché  l’amore non è una cosa che si fa, ma una cosa che si sente. Con l’uno o con l’altro, lei scopre le stanze del suo sottosuolo erotico : primo amore alla materna e poi alle elementari, nelle vacanze estive, l ’amore che compie il miracolo di dilatare i confini del corpo nel cosmo delle emozioni in una partecipazione totale, la maternità, l’allattamento,e abitando le stanze una ad una lei finirà per conoscere la propria casa interiore .Sembra che Psiche non possa conoscere se stessa se non è visitata da Amore, e allora Amore è una forma di conoscenza di sé .Proprio perché l’amore oggi si fa e si trascura di sentirlo pochi conoscono se stessi .Oggi l’educazione sentimentale, che è più il cammino segreto che ciascuno di noi compie in presenza di un amore che non si traduce immediatamente in saturazione sessuale,oggi proprio per la facilità di questa saturazione, questo cammino non ha più lo spazio e il tempo in cui compiersi e i cuori soffrono di analfabetismo emotivo .La scienza ha sfoltito la nebbia dei pregiudizi, degli stereotipi ,la chimica dell’amore è musica, ma la donna dopo che si è conosciuta non può più ricalcare gli schemi maschili parlando di sesso in modo “meccanicistico” e strumentale imitando il maschio. Deve farsi conoscere e riempire il vuoto fra donna-madonna e donna puttana solo con” Donna”.E’ un suo diritto se vuole realizzarsi come donna, compagna, mamma.

Scuola senza testa e senza corpo

221 SCUOLA SENZA TESTA E SENZA CORPO di Umberto Tenuta

CANTO 221

Nata come scuola del leggere e dello scrivere.

Tale la scuola è rimasta

Scuola senza corpi belli.

Scuola senza teste ben fatte.

 

La forza della tradizione non si può misurare con nessuna formula.

Si dice che la tradizione è dura a morire.

Lutero impose ai Principi tedeschi la scuola del leggere, scrivere e far di conto.

Ai contadini bastava saper leggere la Bibbia.

Lo seguì la Chiesa di Roma.

E lo seguì soprattutto il Condorcet.

Ardigò fece seguito e continua a fare scuola.

Scuola del leggere, scrivere e far di conto.

Ci mancava Giovanni Gentile.

Una testa senza corpo!

Eccovi il Liceo classico, e quello delle Scienze, e quello dei Ragionieri, e quello dei Geometri, e quanti altri ne volete.

A scuola ci sono teste, teste così come escono dal grembo materno.

A chi importa che non sono ben fatte?

Pensate, o Gentili, i corpi non esistono proprio!

Dalla cintola in su i suoi scolari li vede il Professore.

Essi sono solo audiovideocamere e nulla più.

I piedi?

Per salire e scendere le salate scale.

Le orecchie?

Padiglioni ben tesi a non perdere l’ultima stanca monotona sillaba del Signor Professore.

La bocca chiusa, aperta solo a domanda della Signora Professoressa che mica dimentica di fare le interrogazioni.

Le mani?

Ne basta una sola, da alzare per chiedere casomai sia possibile evitare di bagnarsi.

E la Musica?

Il pentagramma può bastare.

Flauto dolce, chitarra, mandolino costano cari, e la scuola pensa ai bilanci familiari.

E la Danza?

Ci mancherebbe che la scuola si trasformasse in una sala da ballo, magari ad ore piccole!

Il Nuoto?

La scuola non ha l’assicurazione per gli affogati.

Il Salto, la Corsa…?

La Scuola è sita al quarto piano.

Ma le mani, almeno per dipingere?

Ma voi veramente volete che le professoresse litighino con le madri che si vedono arrivare a casa i figli con le camicie imbrattate di rosee tempere e di verdi oli?

Ascoltate, per favore!

È già molto che la scuola riesca a far imparare a leggere l’antologia, a scrivere le cose che non piacciono nemmeno alla Professoressa, ad annotare i compiti per casa, a fare i calcoli delle spese domestiche della Signora Preside.

Esagerato!

Anche per la scuola dell’anno scorso.

L’anno venturo sarà un’altra cosa!

Lo sta strillando il Venditore di almanacchi.

 

 

AVVISO

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

 

 

 

Quando deve andare in pensione un professore?

da la Repubblica

Quando deve andare in pensione un professore?

La riforma dice a 65 anni, ma i docenti non ci stanno Tra merito e accuse di baronia

Simonetta Fiori

NOTTI
insonni per molti professori universitari. La riforma della Pubblica amministrazione manda in pensione un cospicuo numero di docenti oltre i 65 anni di età. È vero che devono avere maturato 42 anni sei mesi e un giorno di contributi (gli uomini) e 41 anni sei mesi e un giorno di contributi (le donne), una cifra che può apparire irraggiungibile. In realtà per molti di coloro che sono entrati nelle università negli anni Ottanta il riscatto della laurea era un passaggio naturale. Così si calcola che nel giro di un paio d’anni l’università rischi di perdere un paio di migliaia di professori. E certo non tra i peggiori. Con gravi conseguenze per i dipartimenti delle facoltà umanistiche e i reparti di medicina.
Gli accademici protestano, con ragioni anche condivisibili. Mentre le università europee allungano i tempi della pensione, in conseguenza dell’aumento delle aspettative di vita, in Italia si anticipa la rottamazione. Negli Stati Uniti era stato Reagan a eliminare il mandatory retirement nelle università — fissato intorno ai 70 anni — e oggi si può andare in pensione quando si vuole (ma con verifiche molto rigorose). Da noi la legge stabiliva che i professori potevano restare in cattedra fino ai 70 anni. La nuova norma viene giudicata da molti «un errore» sotto il profilo culturale ed economico. Un appello firmato da alcuni filosofi – tra i quali Roberto Esposito, Michele Ciliberto, Maurizio Ferraris,
Remo Bodei – denuncia la «dispersione di competenze e saperi di cui invece università e sanità hanno vitale bisogno». Viene messo in evidenza anche quello che può essere considerato un vulnus per la Costituzione: ossia la discrezionalità di ogni singola università nel decidere se un docente deve o non deve andare in pensione («un elemento insostenibile di condizionamento e ricattabilità dei pensionabili»). Alle proteste degli accademici si affianca quella di Paola Binetti, deputata dell’Udc: «Mandare in pensione a 65 anni tutto il personale medico universitario non è frutto di una buona logica».
Il governo argomenta la “rottamazione” dei più vecchi con la necessità di far posto ai più giovani.
«Nessun problema di lesa maestà», dice Marianna Madia, la ministra artefice della riforma. «Restano salve le eccellenze», che però saranno giudicate tali da ogni singolo ente. Il quale valuterà se non sia opportuno dare nuove possibilità ai più giovani. I professori dissenzienti obiettano che non è così che si garantisce il lavoro dei nuovi ricercatori (i docenti pensionati non vengono sostituiti).
Da un parte gli argomenti populistici dei governanti — giovani versus vecchi, liquidati in massa dalla Madia come “cattivi maestri” —, dall’altra il sospetto d’una difesa corporativa che s’allunga sul ceto accademico: il terreno appare molto scivoloso. Ecco qui di seguito due pareri discordanti.

Fondo istituto 2014/15: a settembre ci saranno già le cifre?

da La Tecnica della Scuola

Fondo istituto 2014/15: a settembre ci saranno già le cifre?

Al Ministero tecnici e organizzazioni sindacali sono al lavoro per cercare di definire subito l’entità delle risorse su cui le scuole potranno contare. Potrebbe essere un tentativo per rendere inevitabile il passaggio a stipendi legati al “merito” e all’ impegno.

A poco più di un mese dall’avvio del nuovo anno scolastico si inizia a parlare del fondo di istituto 2014/2015.
I tecnici del Miur hanno già incontrato un paio di volte i dirigenti sindacali del comparto nel tentativo di riuscire a definire al più presto l’entità delle risorse disponibili.
Ma le incognite sono molteplici.
La base di partenza dovrebbe essere almeno pari alla somma spesa quest’anno (650milioni di euro circa).
Il ministro Giannini ha più volte dichiarato che bisogna ritornare alle cifre di tre anni fa (poco meno di un miliardo e mezzo), obiettivo che appare non solo ambizioso ma anche del tutto irrealistico  visto e considerato che per cifre molto più modeste (450milioni peraltro diluiti in 4 anni per risolvere il problema dei “quota 96”) la Ragioneria generale dello Stato ha sollevato non poche questioni.
C’è poi una domanda da farsi: in che modo si potrà pagare lo scatto stipendiale del personale che lo ha maturato nel 2013?
Se si dovesse nuovamente attingere al fondo di istituto, come avvenuto negli ultimi due anni, le risorse disponibili per le scuole si ridurrebbero a ben poca cosa (250-300 milioni al massimo).
C’è però una ipotesi che non va scartata a priori: è possibile che il Ministero voglia mettere le scuole di fronte ad un dato di fatto già a partire da settembre: i soldi per compensare gli incarichi aggiuntivi sono modesti, anzi modestissimi. A questo punto è possibile che, nel programmare l’attività per il 2014/2015, i collegi dei docenti decidano di ridurre allo stretto indispensabile l’intervento di funzioni strumentali e referenti per le attività più impegnative.
In molti casi potrebbero essere i docenti stessi a non accettare incarichi e impegni aggiuntivi.
Potrebbe quindi scattare la “fase 2” dell’operazione: il Ministero potrebbe mettere sul piatto qualche centinaio di migliaia di euro destinati ai docenti che “lavorano di più”, come vanno ripetendo da qualche tempo Giannini e Renzi.
Cosa accadrebbe a questo punto ?
Difficile fare previsioni, ma è anche possibile che una parte consistente dei docenti incominci a considerare favorevolmente la proposta: non bisogna infatti dimenticare che, negli ultimi due anni, molti insegnanti hanno svolto incarichi impegnativi con compensi poco più che simbolici.
Perché mai questi insegnanti dovrebbero vedere di cattivo occhio un riconoscimento del loro impegno ?

 

‘Quota 96’, anche la Commissione Bilancio dà il via libera: superato il parere negativo del Mef

da La Tecnica della Scuola

‘Quota 96’, anche la Commissione Bilancio dà il via libera: superato il parere negativo del Mef

L’annuncio è arrivato nella serata del 29 luglio dal presidente, Francesco Boccia, al termine dell’esame delle coperture del dl P.A.: “è una spinta all’innovazione”. Torna a salire il pensionamento d’ufficio di professori universitari e primari: da 70 si era passati a 65, ora si va a 68 anni ma per ogni prof comandato a riposo si dovrà procedere all’assunzione di almeno un nuovo docente o ricercatore. Pollice verso, invece, per far dirigere le scuole ai vicari in assenza di ds titolari e con graduatorie esaurite.

Per il pensionamento dei ‘Quota 96’della scuola arriva il via libera più sofferto: quello della Commissione Bilancio della Camera. I parlamentari hanno detto “sì” allo sblocco di 4 mila dipendenti nella scuola, la cosiddetta quota 96, “nonostante il parere contrario del Mef”, ha spiegato nella serata del 29 luglio il presidente della Commissione, Francesco Boccia, al termine dell’esame delle coperture del dl P.A..

Boccia ha riconosciuto “il lavoro del sottosegretario all’Economia Giovanni Legnini”, sottolineando come la contrarietà fosse stata espressa “da una parte della Ragioneria”. La posizione della Commissione per Boccia rappresenta “una spinta all’innovazione, contro i conservatorismi”.

Lo stesso è accaduto, spiega Boccia, per la misura sul pensionamento d’ufficio di professori universitari e primari, in cui si è riusciti almeno ad abbassare l’età da 70 a 68 anni. Insomma Boccia e il ministro della P.A., Marianna Madia, avrebbero cercato di tenere il punto sugli aspetti del decreto relativi al turnover.

Si alza così la soglia d’età prevista per le uscite ‘obbligate’, la commissione Affari costituzionali della Camera è, infatti, tornata sulla modifica inserita venerdì scorso nel decreto legge di riforma della Pa, che fissava l’età per i cosiddetti ‘baroni’ a 65 anni. Ora questo limite resterebbe solo per i medici, mentre i ricercatori sono stati equiparati al resto dei dipendenti pubblici, per cui il tetto stabilito è di 62 anni.

Il governo, di fronte agli oltre mille emendamenti presentati, ha deciso, come era nelle attese, di porre la fiducia. A riscrivere la regola sul pensionamento d’ufficio è un emendamento presentato dal relatore al dl, Emanuele Fiano (Pd), che però precisa come per ogni professore comandato a riposo si debba procedere all’assunzione di almeno un nuovo docente o ricercatore.

Così, se da una parte la misura che punta a rottamare la Pa viene indebolita, aumentando di tre anni il limite per l’uscita, dall’altra viene imposto un turnover al 100%, almeno per gli istituti accademici. Dalla regola restano invece esclusi i magistrati, per cui è stato anche arduo abolire il trattenimento in servizio, tanto da rendere necessaria una proroga di oltre un anno (dall’ottobre del 2014 al dicembre del 2015). Slittamento che però è saltato per gli avvocati dello stato. Come dovrebbero non andare in porto le novità proposte per i dirigenti scolastici, per cui era stata avanzata l’ipotesi di rimpiazzarli con i vicari laddove le graduatorie risultino esaurite.

Come previsto, una valanga di oltre mille emendamenti, intanto, ha spinto il governo a porre fiducia sul dl, indicata in serata dalla conferenza dei capigruppo. Il 30 luglio dalle ore 21, dunque, sono previste le dichiarazioni di voto mentre il voto è atteso a partire dalle ore 23.

Assunzioni: convocazione per il 30 luglio

da La Tecnica della Scuola

Assunzioni: convocazione per il 30 luglio

La Flc-Cgil fa sapere che il Miur ha convocato i sindacati al pomeriggio del 30 luglio 2014 per l’informativa sulle assunzioni in ruolo 2014/2015. “Chiederemo la copertura di tutti i posti liberi”

Al momento si tratta solo del personale docente ed educativo, per il quale è già noto il quadro delle disponibilità per provincia ed insegnamento, mentre per il personale ATA sarà necessario attendere la pubblicazione dei trasferimenti prevista per il 4 agosto.

Nell’incontro ribadiremo la nostra richiesta di assunzione su tutti i posti liberi, in applicazione del DL 104/14, per garantire le procedure di stabilizzazione che sono al vaglio anche della Corte di Giustizia Europea.

Questo il riepilogo delle disponibilità di oltre 40.000 posti e quindi non ci sono ragioni per non effettuare le assunzioni previste.

Posto   comune   Sostegno    Esuberi
Infanzia 3.932    1.460 –
Primaria 5.828    5.940         71
I grado 8.656     4.636        332
II grado 7.544    4.130        6.731
Totale 25.960    16.166       7.134

Utilizzazioni e assegnazioni provvisorie: domande entro il 30 luglio

da La Tecnica della Scuola

Utilizzazioni e assegnazioni provvisorie: domande entro il 30 luglio

L.L.

La scadenza riguarda i docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado. La presentazione dovrà essere effettuata con modalità telematica, tramite Istanze on-line

Domani, 30 luglio 2014, è il termine ultimo per il personale docente della scuola di I e II grado per presentare la domanda di utilizzazione e di assegnazione provvisoria per l’a.s. 2014/2015.

Ricordiamo che le domande devono essere presentate esclusivamente tramite la modalità Istanze on-line.

Idocenti della scuola secondaria di primo grado dovranno utilizzare il Modulo U3, mentre quelli della scuola secondaria di secondo grado il Modulo U4.

Le domande di utilizzazione debbono essere indirizzate all’Ufficio territorialmente competente della provincia di titolarità per il tramite del dirigente scolastico dell’istituto di servizio, mentre le domande di assegnazione provvisoria e di utilizzazione in altra provincia debbono essere presentate direttamente all’Ufficio territorialmente competente della provincia richiesta e, per conoscenza, all’Ufficio territorialmente competente della provincia di titolarità.

Il personale interessato a produrre domanda anche per diverso ordine di scuola è tenuto a rispettare la data di scadenza del proprio ordine di appartenenza come suindicato.

La documentazione e le certificazioni da allegare alle domande debbono essere prodotte in conformità a quanto riportato nell’articolo 9 del C.C.N.I. relativo alla mobilità, sottoscritto in data 26 febbraio 2014 e nell’art. 4 della relativa O.M. n 32 del 28 febbraio 2014.

Bisogna fare emergere il lavoro sommerso degli insegnanti

da La Tecnica della Scuola

Bisogna fare emergere il lavoro sommerso degli insegnanti

Nel Paese dove nulla o poco emerge e tutto resta profondamente vincolato nel fondo, bisogna fare emergere il lavoro sommerso degli insegnanti. Così come hanno fatto con la “Concordia” in quello spettacolare lavoro ingegneristico di emersione del relitto, è auspicabile che ciò venga fatto anche per il lavoro quotidiano, e per nulla noto all’opinione pubblica, degli insegnanti della scuola.

Paragonare l’emersione della Concordia all’emersione “figurata” del lavoro sommerso dei docenti è una figura retorica che rende bene l’idea. In buona sostanza le 18 ore di lavoro degli insegnanti della scuola secondaria sono soltanto la punta di un iceberg, che nasconde la montagna di lavoro sotto il mare. Ma quanto lavoro c’è dietro quelle 18 ore di lezione frontale?

Esiste un certosino lavoro di preparazione alle lezioni, di organizzazione al lavoro didattico, di preparazione delle verifiche, di correzione delle stesse, di corsi di formazione e aggiornamento e tanto altro ancora. Ma di cosa stiamo parlando? Di ciò che non si vede, ma che c’è e questo lo sanno bene gli studenti e le famiglie che sono i primi giudici del lavoro del docente. Una lezione in classe non si improvvisa all’istante, ma ha un percorso pensato, studiato, approfondito, che costa sacrificio e tempo anche al docente anziano ed esperto. Tra gli articoli del contratto collettivo nazionale della scuola questo importante tempo che gli insegnanti  dedicano alle proprie classi è menzionato ma non è quantificato in ore settimanali. Sarebbe giusto usare il bilancino per pesare queste quantità temporali in vere e proprie ore settimanali di servizio, in modo che nessuno possa dire che gli insegnanti lavorano poco, anzi pochissimo.

Si parla con eccessivo disprezzo e senza conoscere il valore della professione docente, del fatto che gli insegnanti lavorano solo 18 ore settimanali  e di conseguenza è ritenuto giusto che siano pagati poco e non considerati socialmente. Ebbene è un’enorme falsità! Gli insegnanti lavorano molto, moltissimo e con grande responsabilità. Lavorano tanto quanto i magistrati, i medici e i dirigenti della pubblica amministrazione, e pur essendo plurititolati guadagnano meno della metà di queste categorie.

Perché? Manca totalmente il prestigio sociale che si è ridotto a meno di nulla, a causa del luogo comune del docente che lavora solo 18 ore alla settimana per sole 33 settimane l’anno e per cinque giorni la settimana, e gode perfino di 3 mesi di vacanza all’anno. Falsità e bugie immerse nei fondali marini così come la fiancata della Concordia. Adesso basta! bisogna fare emergere il lavoro sommerso degli insegnanti, e si scoprirà che fare il magistrato, il medico o l’insegnante è la stessa cosa a livello di tempo quotidiano dedicato alla professione. Scopriremmo anche che gli insegnanti sono impegnati già 36 ore alla settimana e che è un dovere morale fare emergere quella metà di orario di lavoro sommerso.

Visto che si parla tanto di aumento dell’orario di servizio dei docenti, da parte di chi  non sa nemmeno cosa significa svolgere l’attività di insegnante, allora sarebbe giusto che per prima cosa si ridefinisse e portasse  a piena  trasparenza tutti i carichi di lavoro effettivi dei docenti, oltre le attuali 18, 22, 25 ore settimanali d’insegnamento frontale.

Tale trasparenza sarebbe doverosa e anche possibile, così come si è riusciti a fare emergere il relitto della Concordia, allo stesso modo, attraverso l’emersione del lavoro sommerso dei docenti, è possibile rimettere in pista quel relitto di professione che è quella dell’insegnante, incominciando così a restituirgli la dignità che merita e il prestigio sociale che gli spetta.

Graduatorie docenti è caos

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie docenti è caos

P.A.

L’Anief denuncia di graduatorie di docenti con “punteggi pregressi mancanti, confusione tra titoli e servizi. Spuntano anche punteggi iperbolici, impossibili da realizzare”

Scrive ancora Anief: “Dopo le esclusioni illegittime e gli invii con problemi tecnici, arriva un’altra ‘tegola’. È la conferma del paradosso tutto italiano, figlio del mal funzionamento o, quantomeno, della superficialità nell’operare da parte della pubblica amministrazione. Soprattutto quando si ha a che fare con il personale precario”.

“Continua a rivelarsi un percorso ad ostacoli l’iter di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, dove sono collocati circa 200mila docenti precari e altri 140mila chiedono giustamente di essere inseriti: dopo l’esclusione di questi ultimi, abbiamo presentato ricorso per oltre 15mila supplenti, i problemi di connessione, compilazione e inoltro telematico della domanda, i primi resoconti sulle pubblicazioni delle graduatorie provvisorie raccontano di situazioni paradossali costellate da errori, anche grossolani, a partire da quelle lettere R e S, che risultano – anche dopo chiarimenti – di oscura comprensione, dato che sono state assegnate in maniera diversa anche a candidati che vantano la stessa situazione”.
“E poi punteggi pregressi mancanti, confusione tra titoli e servizi – sottolinea ancora l’Anief –. Inevitabile dunque che i numeri messi a disposizione per i reclami fossero presi d’assalto, con la conseguente che la casella di posta è ormai piena e non riceve altri messaggi e anche il numero di fax risulta non attivo nel weekend. Come non può passare inosservato quel grossolano errore che vede in una delle graduatorie, una docente slittare in testa con ben 712 punti! Neanche nelle migliori storie di precariato si riesce a raggiungere tale quota, di cui 600 solo per i titoli!”.

Il sindacato reputa questi disservizi, soprattutto se confermati nelle altre province, una ulteriore dimostrazione di come i diritti dei precari continuino a non figurare nelle priorità dell’amministrazione scolastica.
I disservizi di questi giorni produrranno, infatti, un’altra quantità industriale di ricorsi. Che si vanno ad aggiungere a quelli presentati da una bella fetta dei 140mila neoabilitati lasciati fuori dalle stesse liste. Oltre 15mila di loro hanno impugnato questa illegittima esclusione al Tar, parte di loro anche al Presidente della Repubblica, perché lo Stato ha deciso di non riconoscere più la loro l’abilitazione o l’idoneità di Stato come titolo valido per entrare di ruolo o ricevere una supplenza annuale dalle graduatorie dei precari.

“Non possiamo che ribadire”, commenta Anief, “che quanto sta accadendo è un paradosso tutto italiano: la conferma del mal funzionamento o, quantomeno, della superficialità nell’operare da parte della pubblica amministrazione. Soprattutto quando si ha a che fare con personale precario. E contro cui il cittadino lavoratore professionista, di ruolo o supplente, non può fare altro che farsi tutelare dal sindacato. E, laddove non c’è altra scelta, ricorrere al giudice”.

Posizioni economiche Ata: forse i primi d’agosto la firma definitiva

da La Tecnica della Scuola

Posizioni economiche Ata: forse i primi d’agosto la firma definitiva

L.L.

La Flc Cgil fa sapere che la firma dell’accordo definitivo potrebbe esserci ai primi di agosto. Il Mef così potrà effettuare le erogazioni al personale al quale sono stati sospesi gli emolumenti e a coloro che finora non li avevano ancora ricevuti

Qualche giorno fa avevamo riportato la denuncia del Presidente dell’Anquap, Giorgio Germani, sull’inammissibile ritardo del Governo circa la sottoscrizione delle due ipotesi di CCNL sottoscritte a giugno per il riconoscimento delle posizioni stipendiali e delle posizioni economiche al personale Ata.

Per quanto riguarda quest’ultima pre-intesa, la Flc Cgil fa sapere che la firma dell’accordo definitivo potrebbe esserci ai primi di agosto e ciò consentirebbe al Mef di effettuare le erogazioni, sia a chi si è visto sospendere gli emolumenti, sia a chi finora non li ha ancora ricevuti.

Ricordiamo che, a distanza di oltre un mese dalla firma della pre-intesa dell’11 giugno 2014 all’ARAN sul compenso una tantum per le posizioni economiche ATA maturate dal 1° settembre 2011, non è stato erogato ancora alcun compenso ai lavoratori interessati.

“Questo – scrive il Sindacato – è solo un primo passo obbligatorio per ripristinare un diritto violato, ma la nostra battaglia proseguirà nei prossimi mesi, in quanto l’accordo, previsto dal DL 3/14, è valido solo fino al 31 agosto 2014.

Dal 1 settembre le scuole resteranno sguarnite di queste funzioni essenziali per il loro funzionamento e i lavoratori ATA, che le hanno ottenute a partire dal 1 settembre 2011, non potranno più godere di questo beneficio. Il loro ripristino dovrebbe avvenire dal 1 gennaio 2015, sempre che non venga prorogato ulteriormente il blocco del salario”.

Sardegna, Campania e Sicilia: ”primato” delle bocciature

da La Tecnica della Scuola

Sardegna, Campania e Sicilia: ”primato” delle bocciature

Il 31,4% degli studenti sardi delle superiori ha un’insufficienza da recuperare, contro una media del 25,9%. E i non ammessi all’anno successivo sono il 14,7%, contro una media del 9,6%. Tra campani e siciliani, gli studenti che non superano l’anno successivo sono rispettivamente l’11,5% e l’11%. Sono anche le regioni dove si abbandona con più facilità

La Sardegna è non solo la regione con più abbandoni scolastici negli istituti superiori: sulla base dei dati ufficiali emessi in queste ore dal Ministero dell’Istruzione, si evince che il 31,4% degli studenti sardi porta a casa un’insufficienza da recuperare, contro una media nazionale del 25,9%. La Sardegna è anche la regione dove si promuove meno: i non ammessi all’anno successivo sono il 14,7%, contro una media nazionale del 9,6%. Negli istituti professionali i respinti sono il 23,3%, a fronte di una media del 16%.
Praticamente, in Sardegna solo uno studente su due (il 53,9%) viene ammesso alla classe successiva. Vanno male anche le altre regioni del Sud: in Campania e Sicilia gli studenti, sempre della superiori, che non ce l’hanno fatta a superare l’anno successivo sono rispettivamente l’11,5% e l’11%.
L’indirizzo più critico, in cui si rilevano i debiti più diffusi, è l’istituto tecnico che incassa un 29,8% contro il 28,4% dei professionali e il 22,1% dei licei”.
Le due maggiori isole italiane a quella campana si confermano, dunque, le regioni con più difficoltà di rendimento scolastico: da un recente studio nazionale sul periodo 2008-2013 è infatti emerso che tra le prime dieci province con maggiore dispersione di alunni alle superiori figura Caltanissetta (con quasi il 42% di iscritti al primo anno di cui si sono perse le tracce), Palermo e Catania, Ragusa, Sassari, Cagliari, Napoli e Oristano.
Un modo per arginare la situazione è quello di investire con convinzione sull’alternanza scuola-lavoro: ”Per coinvolgere seriamente tutti i giovani a partire dai 15 anni, attraverso dei veri tirocini e stage. E non limitandosi a realizzarli più sulla ‘carta’ che nel concreto, come avviene oggi. E laddove mancano aziende, sempre lo Stato dovrebbe ricordarsi che il Sud dell’Italia detiene un patrimonio culturale e turistico immenso, unico al mondo: incentivandolo, riscoprendo l’arte e il turismo, potremmo così riuscire a far concludere gli studi a centinaia di migliaia di ragazzi che oggi lasciano la scuola prima del tempo”: lo sostiene l’Anief

Disal sul DL P.A.: parole, parole, parole…?

da tuttoscuola.com

Disal sul DL P.A.: parole, parole, parole…?

Nel dibattito in corso relativo alla conversione del decreto legge di riforma della Pubblica Amministrazione interviene con un polemico comunicato stampa l’associazione DiSAL (Dirigenti Scuoe Autonome e Libere).

Sugli emendamenti al decreto che riguardano il blocco delle proroghe di contratto dei dirigenti delle scuole statali e lo sblocco della quota 96 relativa al personale della scuola, si legge nel comunicato, “i media hanno diffuso l’interpretazione positiva che di tali proposte ha dato l’ambiente governativo, sostenendo che il blocco delle proroghe ai dirigenti scolastici che hanno raggiunto gli anni di servizio e di età faciliterebbe il rinnovo con l’ingresso di nuovi presidi e che lo sblocco della quota 96, oltre a rimediare ad una forzatura creata dalla riforma Fornero, permetterebbe l’ingresso nelle scuole di nuovo personale docente“.

Si è fatto così credere che ai pensionamenti nella scuola di stato corrispondano “automaticamente”  nuove nomine in ruolo. “Notizia tendenziosa e che non corrisponde ai fatti“, secondo DiSAL, perchè al contrario “gli emendamenti in discussione creerebbero un doppio danno”.

Sarebbero danneggiati in primo luogo “i molti presidi a fine carriera, la cui esperienza professionale non verrebbe più utilizzata per il buon funzionamento delle scuole“, ma soprattutto “il sistema scolastico perché, come succede ormai da più di 5 anni, avverrebbe un ulteriore incremento del numero delle reggenze di molti istituti della penisola, che resteranno così senza un dirigente titolare.  I posti a dirigente scolastico già oggi privi di titolare in Italia sono circa 1000: a queste si aggiungerebbero le 180 scuole dei presidi in attesa di proroga. Complessivamente quasi 1200 istituti scolastici su 8.038 si troveranno così dal prossimo 1 settembre privi di guida autonoma (senza contare i 475 istituti  sottodimensionati che, per legge, non possono avere un preside titolare)“.

Infatti l’uscita dal servizio dei dirigenti scolastici anziani “non viene assolutamente, nè immediatamente bilanciata dall’ingresso di nuove leve, perché nessuna nuova assunzione è stata autorizzata dal Tesoro. Infatti dal 2011 il MEF non ha cambiato il numero di nuove assunzioni di dirigenti scolastici, oltre quelli previsti dall’ultimo concorso nazionale. Neanche potrebbe risolvere il problema l’indizione di un nuovo concorso per la copertura dei posti vacanti, tenuto conto che la sua conclusione ottimisticamente potrebbe veder insediati nuovi presidi non prima dell’1 settembre 2016! Oltre i danni, dunque, anche la beffa

Se si aggiune che il nuovo pensionamento consentito ai docenti “non verrà coperto neppure questo da nuove nomine in ruolo, c’è da dubitare sariamente dell’intererse reale per la scuola“.

E dunque, conclude ironicamente la nota, “E’ questa la centralità della scuola del premier Renzi e del suo Governo?  Risuona profetico il ritornello della celebre ed antica canzone di Mina: ‘Parole, parole, parole…’ ?

 

Decreto P.A. avanti con difficoltà

da tuttoscuola.com

Decreto P.A. avanti con difficoltà

Slitta ancora al primo pomeriggi la riunione del comitato dei nove della commissione Affari costituzionali alla Camera, che dovrà fare il punto sui 1010 emendamenti presentati in aula al dl P.A. e soprattutto sulla richiesta di rinvio del testo in commissione.

A quanto si apprende, infatti, viste le modifiche che probabilmente verranno chieste dalla commissione Bilancio il testo dovrebbe essere rinviato in I commissione per tornare tra stasera e domani in aula. Oltre ai rilievi che la Bilancio esprimerà probabilmente nel suo parere altre proposte saranno presentate a firma del relatore, Emanuele Fiano (Pd), e del governo.

Alcune di queste riguarderanno i pensionamenti dei ricercatori universitari, l’innalzamento dell’età per il pensionamento d’ufficio di professori e medici (ora fissato a 65 anni), una norma ‘salva presidi’ per la scuola, lo scorrimento delle graduatorie della Polizia delle dogane e la soppressione della norma (introdotta con un emendamento a firma Donatella Ferranti del Pd, presidente della commissione Giustizia) che permette agli avvocati che partecipano all’ufficio di processo di avere punti in più al concorso da magistrato. Quest’ultima verrà riproposta con un ordine del giorno.

 

Trattenimento in servizio: per la scuola stop dal 31 agosto

da tuttoscuola.com

Trattenimento in servizio: per la scuola stop dal 31 agosto

Per i dipendenti pubblici la ‘dead line’ per la soppressione del trattenimento in servizio, la possibilità di continuare a lavorare per altri due anni dalla maturazione dei requisiti pensionistici, resta ottobre 2014. Per la scuola, invece, la scadenza si anticipa al 31 agosto 2014 per consentire, già da settembre, l’immissione in servizio del nuovo personale.

È questa una delle modifiche approvate in commissione Affari costituzionali alla Camera al decreto P.A. approdato oggi in aula per la discussione generale. Quindi, da un lato viene confermata la stretta sui trattenimenti in servizio per il personale della P.A., dall’altro c’è una piccola apertura in favore dei magistrati il cui termine, pur restando fissato al 31 dicembre 2015, ricomprenderà non solo i trattenimenti già concessi ma anche quelli non ancora in essere alla data di entrata in vigore del decreto.

 

Ipotesi di Sequenza contrattuale (MIUR, 30.7.14)

Ipotesi di Sequenza contrattuale prevista dall’art. 1 punti 4) e 5) del CCNI 26.2.2014 sulla mobilità e dall’art. l , comma 13 dell’ipotesi di CCNI 26.3.2014 sulle utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie – personale docente, educativo ed A. T.A. – a.s. 2014/2015

Il giorno 30 luglio 2014, in Roma, presso il Ministero dell ‘ Istruzione, dell’Università e della Ricerca
in sede di negoziazione integrativa a livello ministeriale, ha luogo l’incontro tra la delegazione di parte
pubblica costituita con D.M. n. 24 del lO marzo 20 l O ed i rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali
F.L.C.-C.G.I.L., C.I.S.L.-SCUOLA, U.I.L.-SCUOLA, S.N.A.L.S.- C.O.N.F.S.A.L. e GILDA-UNAMS
firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro del Comparto Scuola.