Salireste su una nave senza capitano?

Salireste su una nave senza capitano?

di Laura Biancato

 

Salireste su una nave senza capitano? O su un treno senza macchinista? Rimarreste tranquilli in un reparto ospedaliero senza primario o vi servireste volentieri in un supermercato senza direttore?

Ecco quello che nella martoriata scuola italiana è la normalità: 2070 istituti senza preside. Il 25% del totale. Uno su quattro!

Non stiamo parlando di “scuole”, intendiamoci bene. Trattasi di “istituti” che, a dispetto di ogni logica e al contrario di quanto avviene nel resto dell’europa, sono spesso composti da più di 10 sedi, più di 1000 studenti, più di 200 dipendenti.

Da parte del governo, non se ne sente parlare come di un’emergenza. L’opinione pubblica tace. Eppure gli utenti sono decine di milioni.

In forte contrasto con gli effetti di una normativa che negli ultimi 15 anni ha assegnato ai Dirigenti Scolastici enormi responsabilità dirette, un retaggio culturale in stile anni ’70 porta a pensare che nella scuola non sia così grave non avere un timoniere.

Chiariamo che già la guida di un Istituto Comprensivo, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di primo grado, può arrivare a 15 – 16 plessi in un raggio di venti chilometri e più.

Ora, nel nostro sistema ormai allo sbando è diventato usuale assegnare ad un Dirigente un’istituzione come questa, più un’altra ancora. A volte pure una terza. Dove lui, ovviamente, potrà essere presente in modo quasi solo formale, per qualche ora la settimana. Per una media di 400 euro lordi al mese, aggiungiamo. Senza rimborsi spese. Ma con le medesime responsabilità dirette.

Si chiama “reggenza”, con un termine ormai entrato nel gergo burocratese, ma che per un attimo vale la pena di sezionare.

Secondo l’enciclopedia Treccani, il “reggente” è “chi esercita il potere reale e le funzioni della Corona in sostituzione del re o della regina, in via straordinaria e provvisoria e in determinati casi particolari”. Sorvolando sul “potere reale” (quale…?)e riportando in ambito scolastico la definizione, si sarebbe indotti a sperare che questa pratica abbia un significato di forte eccezionalità. Invece, negli ultimi anni le reggenze sono triplicate, senza che si siano presi provvedimenti decisivi.

Si fa un gran parlare del futuro della scuola italiana: come saranno gli edifici, come cambierà la didattica con le tecnologie, le lingue straniere, come sarà la valutazione. Ma questo? Non dovrebbe forse essere il primo tra i problemi?

Per anticipare perplessità che sono frequentissime all’interno del mondo della scuola, dove spesso si preferisce pensare che i dirigenti servano a poco, forse è il caso di fornire qualche esempio concreto sui disservizi ed i rischi che una gestione di questo tipo può comportare.

La comunicazione. In un contesto educativo dovrebbe essere il primo requisito da valorizzare. Come può un preside agevolare un rapporto diretto , e minimamente “umano”, con migliaia di soggetti diversi? Facendo i conti: 1500 studenti, 3000 genitori, 150 dipendenti di categorie diverse, interlocutori esterni tra i più disparati. Moltiplicato per due, istituti, o anche per tre.

La sicurezza. Non si tratta solo del problema gravissimo degli edifici, sovente non a norma. La responsabilità del dirigente (vedi numerose sentenze dei TAR) si traduce nella pratica quotidiana anche nella cura di tutte quelle procedure idonee a garantire una puntuale sorveglianza dei singoli studenti minorenni (se non infanti), dislocati in dieci o più sedi…

L’organizzazione interna. E’ sinonimo di efficacia ed efficienza del servizio, ma a questo punto non rientra nemmeno nelle priorità. In situazioni di reggenza, il buon andamento dell’organizzazione delle scuole diventa secondario. Si lavora sulle continue emergenze.

Mi fermo qui. Non evoco inutili interventi sindacali, ma l’attenzione diretta da parte dei nuovi responsabili del MIUR. Mai più scuole senza dirigente o senza segreteria (accade anche questo, negli istituti “sottodimensionati”). Lo si deve agli utenti, a chi tiene al benessere delle giovani generazioni, al personale della scuola, che patiscono la reggenza come primo e più diretto vuoto istituzionale.

Donna. Cervello emotivo – Cervello cognitivo

Donna. Cervello emotivo – Cervello cognitivo

 di Adriana Rumbolo

Forse non  ne  erano nemmeno coscienti, ma appena le istituzioni gli permisero  l’accesso all’università, appena la tecnologia portò  loro in casa quei meravigliosi giocattoli  casalinghi: lavatrice, frigorifero,  robottini  che in cucina fanno quasi tutto, loro, le donne,  sgranchirono il loro cervello  cognitivo realizzandosi in tutte quelle professioni ,medico, architetto, astronauta, ricercatrice, geologa  ingegnere,soldato, fino allora quasi sempre gestite da maschi, spesso anche emergendo.

L’uomo  le ammirò, qualche volta le sfruttò, ma sul potere alzò l’asticella, non dovevano accedervi.

Fin da bambina la donna  era abituata , non solo, alla distinzione fra maschi e femmine   augurabile solo  per potenziare l’ attrazione fatale  ma la storia ci racconta  che questa diversità era schiacciante soprattutto  nel diverso  QI (quoziente intellettivo) quasi sempre  più alto nel maschio.

Quindi ora la donna crede  di  essere arrivata; la tecnologia  le offre strumenti sempre più sofisticati che  le assicurano più tempo libero, la famiglia è diminuita , frequenti periodi all’estero per apprendere altre lingue e conoscere altre esperienze la rassicurano: la rivoluzione delle femministe è riuscita!

Ma   la cronaca continua a  denunciare episodi drammatici di cui le donne sono protagoniste,  che  mandano  messaggi che il  loro cervello emotivo,  è in forte sofferenza e  persiste  fortemente  il dualismo mente- corpo.

Nel percorso educativo nella famiglia e nella scuola non  è stata ancora riconosciuta la grandissima importanza del percorso nell”educazione del percorso emotivo-affettivo-sessuale dei soggetti in crescita,  maschi e femmine.

“Pensieri rapidi e morale lenta” disse , alcuni anni fa , il grande Damasio in una sua conferenza ha spiegato  bene come il corpo sia l’ àncora del cervello e  teatro dell’espressione emotiva.

Senza la conoscenza e una buona gestione delle nostre emozioni non conosceremmo il benessere psico-fisco, non potremmo superare il dualismo mente corpo e il cervello cognitivo rimarrebbe depotenziato.

Se a una donna nella  crescita è stata rispettata la sua vita emotiva di conseguenza lei potrà conoscere, gestire e soprattutto sentire il proprio corpo.

Purtroppo via , via che una bambina cresce,  sul  sentire il proprio corpo calerà sempre più il silenzio della conoscenza,  mentre potrebbro restare pericolosamente allo sbando risposte meccanicistiche-sessuali  dove solo i pregiudizi avranno pieno potere.

Sono rimasta tristemente sorpresa quando nei miei incontri con adolescenti in scuole pubbliche potevo riscontrare  come molte di loro facessero sesso senza sentirlo.

Si,è vero , che vestivano in modo provocante soprattutto quando andavano in discoteca, si truccavano pesantemente  sembravano così sicure di sé finchè  approfondendo il dialogo,  sicure di essere ascoltate e non giudicate mi raccontavano che prima della discoteca era d’obbligo fermarsi al pub per bere e superare così l’ansia di essere se stesse con i coetanei.

Se poi scoprivano che quel corpo  che non sentivano ma usavano meccanicisticamente,  poteva renderle ricche perchè no!

Non sospettavano che in alcune di loro quel corpo non amato si sarebbe fatto sentire attraverso gravi  disagi  comportamentali per molto tempo inspiegabili.

I problemi  d’amore non sono mai problemi pratici e non c’è niente che si debba o non si debba  fare.

Perché l’amore non è una cosa che si fa, ma una cosa che si sente.

Con l’uno o con l’altro, lei scopre le stanze del suo sottosuolo erotico:  primo amore alla materna e poi alle elementari, nelle vacanze estive, l ’amore che compie il miracolo di dilatare i confini del corpo nel cosmo delle emozioni  in una partecipazione totale, la maternità, l’allattamento, e abitando le  stanze una ad una lei finirà  per conoscere la propria casa interiore e stimare , curare, saper  difendere quel corpo che interagisce  continuamente con il cervello in una  grande rete di comunicazioni.

Finchè la donna non prenderà coscienza di tutto questo non saprà usare i meccanismi difensivi che la natura le ha dato  e i diritti alle risposte ai suoi desideri o ai  suoi rifiuti .

La cronaca ci racconta di donne che hanno fatto studi interessanti e difficili con brillati risultati , ma hanno subito troppe volte,  violenze da maschi immaturi e narcisisti.

Il corpo offre un riferimento di base alla mente. Il cervello cognitivo e quello emotivo  interagiscono  sempre potenziandosi a vicenda , non dimentichiamolo mai.

Nuovo anno al via senza 2070 presidi

da Repubblica.it

Nuovo anno al via senza 2070 presidi

Il nuovo anno scolastico si aprirà con 2.070 istituti senza preside. Lo dice il sindacato Anief, e lo spiega: 1.296 sono, oggi, le scuole senza titolare e affidate in reggenza. Altre 764 saranno senza dirigente di ruolo il prossimo uno settembre, quando i singoli presidi andranno in pensione. Ancora, 165 dirigenti scolastici non hanno ottenuto la proroga del mantenimento in servizio oltre i 65 anni. Ci sono, infine, 475 scuole considerate sottodimensionate e accorpate a istituti autonomi. In arrivo? Solo 630 assunzioni. Uno dei problemi è legato al fatto che la spending review ha tagliato le indennità di reggenza dei vicari, tornati a fare i docenti o relegati a collaboratori di secondo piano. A un preside si chiedeva di dirigere anche sette sedi senza alcun contributo aggiuntivo, così, ora, alunni e insegnanti di 2.070 scuole italiane si avviano a iniziare le lezioni senza preside.

Un altro esempio nel Lazio, e a Roma, conferma che l’inizio del 2014-2015 sarà da crisi. Segnala la Cgil scuola: il prossimo 20 agosto, piene ferie per tutti, inizieranno le immissioni in ruolo (nel Lazio, appunto) per 4.022 docenti e 422 ausiliari (Ata). Bene. L’ufficio regionale scolastico del Lazio, ex provveditorato, non ha chiuso le procedure del concorsone del 2012 (quello fortemente voluto dall’ex ministro Francesco Profumo) in tempo utile per le immissioni in ruolo dello scorso anno. E’ l’unico Usr d’Italia a essere riuscito nell’impresa (la Toscana è in ritardo, ma solo per alcune classi di concorso). Il ministero dell’Istruzione ha provato

a rimediare, l’8 agosto, autorizzando il recupero delle immissioni in ruolo su quest’anno. Nel 2013, in alcune classi di concorso, la metà degli ingressi in cattedra fu realizzata addirittura sui concorsi del 1990 e del 1999. Questa volta, di conseguenza, il recupero avverrà solo nelle classi in cui l’anno passato l’intero contingente delle nomine era stato preso dalle graduatorie a esaurimento. Ecco, un caos nuovo e aggiuntivo per le assunzioni nel Lazio. E disparità di trattamento, a seconda della classe di concorso di appartenenza: vincitori dei concorsi degli ultimi 24 anni contro precari storici (delle Gae). La scelta degli insegnanti futuri mai è persa così vicina alla casualità.

Questo ritardo dell’Ufficio scolastico regionale segue, poi, gli errori nell’attribuzione dei punteggi nell’aggiornamento proprio delle graduatorie delle Gae in tutto il paese. Su questo punto il sindacato della Gilda ha rivelato come, a seconda degli uffici periferici del ministero, la valutazione dei titoli per le graduatorie ad esaurimento cambi. Proprio i risultati del concorsone 2012 sono ragione di diverse interpretazioni.

La Gilda segnala, infine, come sulle graduatorie di istituto “si stia consumando un vergognoso mercimonio”. Il sindacato spiega come alcuni corsi online a pagamento consentano agli aspiranti docenti di ottenere punti per la “classifica assunzione”. E’ prevista una certificazione che dà diritto a tre punti in graduatoria e che è possibile conseguire pagando 60 euro e sostenendo un semplice esame nell’arco di pochi giorni. “Sono migliaia”, spiega la Gilda, “i docenti precari che stanno mettendo mani al portafoglio per conquistare tre punti che, alla fine, non cambieranno le loro posizioni in graduatoria. La cattedra non è come una batteria di pentole da comprare con i punti della spesa al supermercato”.

In questo brodo di coltura, il Miur, dal 29 luglio sono stati azzerati i vertici e i nuovi dirigenti non sono ancora operativi: manca la ratifica del ministero della Funzione pubblica. Le direzioni generali della sede centrale romana sono passate da otto a sei, quattro sedi regionali sono state soppresse. Tutti i direttori generali attualmente in servizio sono decaduti dal loro incarico. Diversi dirigenti sono vicini alla pensione e non godranno di alcuna proroga. Per ora c’è il vuoto, ma da questi cambiamenti dipenderà la funzionalità prossima ventura di un ministero largo, lento e sempre più impreciso.

“Settembre, andiamo”: la scuola verso il cambiamento

da La Tecnica della Scuola

“Settembre, andiamo”: la scuola verso il cambiamento

Novità a settembre per la scuola? Secondo Il Corriere della sera sarebbero numerose: dall’insegnamento della programmazione informatica sin dalle primarie, al potenziamento di alcune materie come inglese, musica e storia dell’arte, sino allo sviluppo di percorsi in grado di creare un legame profondo e concreto tra il mondo dello studio e quello del lavoro

In ogni caso nel calderone bolle, sia il preoccupante tasso di disoccupazione giovanile, al 44%, e sia il problema del 160mila precari della scuola, mentre si attende che la promessa del premier, Matteo Renzi, di stanziare un miliardo di euro, veda la luce proprio a settembre, quando altre novità dovrebbero entrare nel martoriato mondo dell’istruzione italiana, sempre in bilico fra riforme epocali e cacciaviti, pinze chirurgiche e colpi d’ascia.

Intanto a settembre, come anche noi abbiamo più volte ricordato, entrerà in vigore il nuovo sistema di valutazione nazionale, approvato nel 2013 e volto a completare il ruolo attualmente svolto dall’Invalsi. Il nuovo strumento, costruito su tre gambe: Invalsi, Indire e Ispettori, servirà a ogni scuola per segnalare le debolezze e i punti di forza riscontrati all’interno dell’istituto.

Si dovrebbe poi procedere, per evitare il continuo ricorso ai supplenti, a creare un unico organico,  tutti con contratto a tempo indeterminato, che sia disponibile per tutte le scuole aderenti alla stessa rete. Contestualmente, la ministra, Stefania Giannini, in attesa che siano pubblicate le graduatorie del primo concorso tenutosi dopo 14 anni, ha annunciato un nuovo bando per il 2015.

Nota dolente, e tutta da verificare, sarebbe poi l’apertura pomeridiana delle scuole, facendo leva sulle sperimentazioni già in corso. Tuttavia, il problema principale resta la mancanza di fondi. In ogni caso la questione sarà discussa in un forum organizzato proprio dal Miur per il mese di ottobre a Firenze.

Prevista pure la connessione Internet veloce, mentre il governo abbandonerebbe l’uso di strumenti multimediali come tablet e lavagne. Questi ultimi si sono rivelati, infatti, troppo costosi e di vita breve, data la rapidità con cui escono nuovi e più funzionali modelli. Oltre a investire sulla connessione veloce, il governo introdurrebbe il primo approccio all’informatica nelle scuole primarie.

Interessante invece appare l’esigenza di stabilizzare oltre 26 mila docenti di sostegno nel triennio 2013-2015. Fino ad oggi ne sono stati assunti 4.447 e per quest’anno dovrebbero esserne ammessi oltre 13 mila, secondo le cifre riportate dal Corriere della Sera.

In vista pure un ritocco agli esami di stato le cui novità più salienti riguardano  l’insegnamento di una materia in lingua straniera nel corso di tutto l’ultimo anno della scuola superiore secondaria, materia che sarà oggetto poi di discussione in inglese alla maturità.

Si vorrebbe pure recuperare gli insegnamenti di geografia, musica e storia dell’arte, materie messe in ombra dal riordino della Gelmini. La geografia dovrebbe essere ripristinata per il primo e secondo anno in tutti gli istituti tecnici e professionali con un’ora settimanale. Così come dovrebbe essere potenziato l’insegnamento di musica e della storia dell’arte.

Per quanto riguarda invece l’edilizia scolastica, secondo le stime calcolate dal Corriere della Sera, il provvedimento da oltre un miliardo di euro annunciato da Renzi dovrebbe coinvolgere oltre 21 mila edifici e far sì che entro l’anno scolastico 2015/ 2016 almeno una scuola su due sia più bella, più sicura e più nuova “di pria”, come diceva Ettore Pratolini nelle vesti di Nerone.

Renzi: nessuna crescita dell’Italia senza passi in avanti su cultura, educazione e scuola

da La Tecnica della Scuola

Renzi: nessuna crescita dell’Italia senza passi in avanti su cultura, educazione e scuola

Così si è espresso il premier durante la sua visita a Napoli: bisogna ripartire dal Sud, rendendolo “polo di attrazione culturale” e “luogo di innovazione e formazione, sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello della rinascita della scuola”. Concetti espressi poche ore prima anche a Napolitano. Tutti d’accordo su un punto: “è finito il tempo delle belle parole e note a piè di lista”. Subito dopo la pausa estiva sarà l’ora dei fatti. Anche per il Governo.

“L’Italia che verrà conoscerà finalmente un situazione di crescita se faremo passi avanti sulla cultura, l’educazione, la scuola” che sono “fattori di crescita” tanto quanto le misure economiche. Lo ha detto alla vigilia di Ferragosto il premier Matteo Renzi, in occasione della sua visita a Napoli, durante la quale ha anche spiegato che è giunta l’ora di superare la “separazione” tra le misure per l’economia e le altre riforme.

La linea del premier era stata anticipata con una lettera inviata al quotidiano ‘Il Mattino’, nella quale Renzi ha tenuto a dire che è finito il tempo delle “belle parole e note a piè di lista. O si riparte dalla realtà come progetto, dal lavoro comune come orizzonte o la sfida del Sud rischiamo ancora una volta di eluderla. E noi non abbiamo nessuna intenzione di farlo, non abbiamo intenzione di farci scappare questa grande opportunità di sviluppo e di futuro per l’Europa”.

Il presidente del Consiglio ha spiegato che ci sono le condizioni “per un check periodico sul tema dei fondi europei”. “A fronte di una richiesta di impegni”, rimarca il premier, “il Governo risponde non con generici annunci, ma con una assunzione di responsabilità diretta”, per mettere “il Sud in condizione di recuperare il gap che sconta ogni giorno. Di fiducia, di futuro, di opportunità”.

“Le città – spiega – devono essere l’hub di questo cambiamento, dalle infrastrutture materiali che saranno la spina dorsale dello Sblocca Italia a fine agosto a quelle digitali come la banda larga”. “Il Mediterraneo, come ci sforziamo di ripetere in ogni occasione, deve essere il cuore e non la frontiera dell’Europa”, aggiunge. Infine, bisogna individuare “tre, quattro, dieci priorità che siano il simbolo vivo e non le cattedrali nel deserto di questa rinascita”. Le “precondizioni di una rivoluzione che deve essere quotidiana”, sono “legalità” e “lotta alla burocrazia asfissiante”.

Così il Sud sarà, è l’auspicio di Renzi, “magnete per gli investimenti, pubblici e privati”, “polo di attrazione culturale” e “luogo di innovazione e formazione, sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello della rinascita della scuola”.

Poche ore prima, il premier aveva incontrato il Capo della Stato nella tenuta di Castelporziano. “L’incontro con Napolitano è stato un incontro sui temi a 360 gradi e si è discusso di tutte le questioni da affrontare alla ripresa. Si è discusso della situazione dello scacchiere internazionale – ha aggiunto – delle nomine della Commissione Ue per poi affrontare i temi della situazione economica europea. Abbiamo poi parlato della riforma della giustizia, scuola, e sblocca Italia. Ho trovato il Presidente in grande forma”

Il tempo, comunque, sta passando. E, come detto in altri articoli, uno sul mancato avvio dei cantieri edilizi, un altro sulle difficoltà pratiche nell’utilizzare i fondi europei inutilizzati dalle regioni, anche il Governo Renzi si è finora limitato alla solita politica degli annunci. Speriamo di essere smentiti già nelle prossime settimane, subito dopo il rientro della pausa estiva.

Scendono in piazza i “Quota 96”

da La Tecnica della Scuola

Scendono in piazza i “Quota 96”

Non si sa ancora con precisione dove sarà la manifestazione, ma ormai la data è sicura.
I “Quota 96”, delusi dopo essere stati illusi, scenderanno in piazza. Poche le speranze di ottenere un risultato anche perchè ormai mancano anche i tempi tecnici per un eventuale provvedimento.

C’è il quando e non ancora il dove, ma ormai è sicuro: i Quota 96 scenderanno in piazza il 29 agosto, a Roma, con una ben organizzata manifestazione. E accanto a loro ci saranno, naturalmente, i precari della scuola, l’altra categoria le cui rimostranze rimangono spesso inascoltate.
Il messaggio che accompagna l’annuncio di questa manifestazione è ben chiaro: è necessaria una partecipazione in massa, l’unica arma immediata per dire a questo governo che non hanno intenzione di arrendersi dinanzi all’evidente disprezzo per un diritto incontrovertibile.
E un altro monito giunge dai pensionandi fregati dalla riforma Fornero. La manifestazione è aperta a tutti e bisogna fugare qualunque possibilità di strumentalizzazione politica. Tutti possono partecipare con pieno spirito di solidarietà
Si attende l’individuazione del luogo che si provvederà a  diffondere al più presto non appena saranno concessi i permessi della questura.
Caro Renzi, sembrano voler dire, il problema sono i Quota 96 perchè se vanno in pensione loro, si libereranno tanti posti di lavoro. Ma nel frattempo sembrano non esserci più i tempi tecnici per una soluzione a fine mese.

Cantieri nelle scuole: ma non dovevano partire il 1° luglio?

da La Tecnica della Scuola

Cantieri nelle scuole: ma non dovevano partire il 1° luglio?

Per ora i cantieri aperti sono molto pochi. E stanno venendo a galla molti problemi. La “grana” maggiore riguarda le modalità di erogazione dei finanziamenti alle scuole e ai Comuni. Vista l’esperienza passata è bene che le scuole paghino le ditte solo dopo aver incassato il contributo ministeriale. Chi dovesse “anticipare” i pagamenti potrebbe non ottenere il rimborso.

I tanto sbandierati “cantieri” per rendere le scuole belle e sicure stentano a decollare, anzi – a dire il vero – per il momento ne sono stati aperti davvero pochi.
E pensare che – nelle intenzioni del presidente Renzi – i lavori si sarebbero dovuti aprire agli inizi di luglio in modo da poter essere conclusi prima dell’avvio delle lezioni.
I problemi sono molti ma a frenare il progetto è soprattutto la questione finanziaria. I soldi alle scuole per il progetto “scuole belle” o ai Comuni (per le “scuole sicure”) non sono ancora stati accreditati e pare che ci siano interpretazioni diverse su come devono essere calcolati.
Per esempio: se il Comune X ha ottenuto un finanziamento di 100mila euro per realizzare un certo intervento e poi riesce ad appaltarlo ad una ditta che fa il lavoro per 90mila euro, che fine fanno i 10mila euro risparmiati. I sindaci sostengono che la somma deve restare nella disponibilità di ciascun Comune per effettuare altri interventi di edilizia scolastica, mentre dal Miur e dal MEF fanno osservare che l’articolo 18 della legge 69/2013 prevede la restituzione del risparmio alle casse dello Stato.
Ma il problema maggiore è un altro: i finanziamenti verranno erogati sulla base delle fatture emesse dalle ditte esecutrici dei lavori e c’è già chi teme che l’operazione vada per lunghe. C’è poi chi sostiene che scuole e Comuni potrebbero benissimo anticipare la spesa per essere successivamente “rimborsati” dal Miur.
Tecnica particolarmente sconsigliata da molti, compreso chi scrive. E parlo per esperienza diretta: la scuola di cui ero dirigente, fra il 2007 e il 2009,  aveva anticipato diverse decine di migliaia di euro per pagare gli stipendi dei supplenti. Quando nel 2012 mi recai personalmente a Roma per parlare con un altissimo dirigente del Ministero mi sentii rispondere: “Se la vostra scuola è riuscita ad anticipare la somma vuol dire che avevate i soldi in cassa e quindi il Ministero non deve rimborsare un bel nulla”.
Il rischio insomma è più che evidente: non è detto che “anticipando” somme “promesse” dal Miur si riceva il finanziamento previsto. L’unica certezza la si può avere evitando di liquidare le fatture delle ditte prima di aver incassato il contributo ministeriale. Ma le ditte accetteranno di lavorare e di essere pagate chissà quando?
Dal Ministero rassicurano: i fondi alle scuole arriveranno entro fine settembre, ma – scottati dalle sgradevoli esperienze degli anni passati – dirigenti scolastici e Dsga si fidano poco. E forse hanno più di una ragione.

La cattedra in organico di fatto può essere assegnata in ruolo?

da La Tecnica della Scuola

La cattedra in organico di fatto può essere assegnata in ruolo?

La risposta è affermativa e vi spieghiamo il perchè. Anche se alcuni Uffici provinciali si comportano in modo diverso.

Una domanda che molti convocati per le prossime immissioni in ruolo si stanno ponendo è la seguente:  “Per l’assegnazione della sede provvisoria da fare scegliere ai nuovi assunti in ruolo, sarà possibile optare per una cattedra in organico di fatto?”.
La risposta frettolosa  di un solerte coordinatore di un certo ufficio scolastico provinciale, è stata la seguente: “La disponibilità delle cattedre da assegnare in ruolo deve stare in organico di diritto, e cioè deve essere una cattedra vacante  fino al 31 agosto 2015”.
Ma le cose stanno veramente così? A leggere con attenzione l’allegato A predisposto dal Miur, in cui si indicano le istruzioni operative per le prossime immissioni in ruolo del personale docente ed educativo, sembrerebbe proprio di no. Infatti in tale allegato al punto A7 è scritto chiaramente la seguente istruzione operativa: “ Le assunzioni in ruolo, nel rigoroso rispetto dei contingenti assegnati, non possono essere in numero superiore al totale dei posti vacanti e disponibili. L’assegnazione della sede provvisoria ai neo assunti può essere effettuata anche sui posti disponibili fino al 30 giugno qualora gli stessi siano stati lasciati liberi da personale di ruolo utilizzato disponibili al 31 agosto della medesima provincia”.
Questa istruzione operativa è di fondamentale importanza, perché invita i prossimi immessi in ruolo a seguire con molta attenzione gli sviluppi delle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie provinciali, in quanto le vere disponibilità delle sedi provvisorie per le immissioni in ruolo usciranno dopo la fase di utilizzazione e potranno essere anche cattedre in organico di fatto se gli uffici scolastici eseguiranno la direttiva applicativa suddetta. Un’altra domanda sorge spontanea e merita una risposta da parte del Miur: “Le cattedre lasciate libere dai prossimi dirigenti scolastici che verranno nominati fra qualche giorno, potranno essere assegnate in ruolo?”
La risposta che ci sentiamo di dare è affermativa, in quanto cattedre inserite nell’organico di diritto, che potrebbero essere concesse anche ad utilizzazione ed assegnazione provvisoria rientrando in quanto è previsto nel punto A7 dell’allegato A delle istruzioni operative per le prossime immissioni in ruolo. Esiste come già detto un’interpretazione restrittiva del punto A7, che sostiene che solamente le cattedre disponibili al 31 agosto potranno essere assegnate in ruolo e in alcun modo quelle fino al 30 giugno 2015. Quindi se un docente in esubero in una tale classe di concorso fosse utilizzato in una cattedra al 31 agosto di altra classe di concorso anziché in una fino al 30 giugno e magari quella era anche l’unica cattedra disponibile in organico di diritto, si andrebbe a perdere, operando in maniera restrittiva, l’immissione in ruolo. Bisogna fare attenzione alle interpretazione restrittive, a volte si rischia di perdere il ruolo che invece toccava con ogni legittimità.

Quell’anno rubato e non valutato

da La Tecnica della Scuola

Quell’anno rubato e non valutato

Il problema riguarda tutti quei dipendenti del Miur che hanno svolto il servizio di leva prima del 2005 non in costanza di nomina. Forse sarebbe necessaria una interpretazione autentica delle disposizioni di legge e di quelle contrattuali.

Chi in passato ha svolto il servizio di leva obbligatoria, senza trovarsi in costanza di nomina, si trova a non vedersi valutato quest’anno come un qualsiasi anno di servizio svolto.
Questo punteggio è negato sia ai docenti precari nelle attuali graduatorie ad esaurimento ed anche nelle relative graduatorie d’Istituto, ed anche ai docenti di ruolo per i trasferimenti, passaggi di ruolo o di cattedra e anche nelle graduatorie interne d’Istituto al fine di individuare il perdente posto. Questa mancanza di valutazione di punteggio per l’anno di servizio di leva in mancanza di nomina è percepito da alcuni, in particolare da chi è stato obbligato a fare un anno di militare, come una vera e propria ingiustizia.
Con l’abolizione dell’obbligo del servizio di leva, disposto dalla legge 23 agosto 2004, n.226 , dove all’art.1 veniva specificato che le chiamate per lo svolgimento del servizio di leva sono state sospese a decorrere dal 1 gennaio 2005, il problema del riconoscimento del punteggio di un anno di servizio nelle graduatorie scolastiche riguarda solamente tutti quei docenti che hanno svolto il servizio di leva prima del 2005 e non in costanza di servizio.
Eppure esistono molti casi di insegnanti che sono stati chiamati  a svolgere gli obblighi di leva, pur non essendo in servizio come docenti, che non si sono visti riconosciuto il diritto di avere valutato l’anno di militare come un anno di servizio svolto a scuola. Sulla mancata valutazione, nella tabella dei titoli per le graduatorie ad esaurimento, del servizio militare di leva svolto non in costanza di nomina, ma anche sui contratti di mobilità ci sarebbero molte ordinanze cautelari del Consiglio di Stato, dei TAR di diverse Regioni, della Corte di Cassazione e dei Tribunali del lavoro.
Perché il Miur si ostina a non riconoscere questo punteggio del servizio militare a prescindere dalla costanza di nomina? D’altronde è scritto anche nel testo unico in materia d’Istruzione  che il servizio di leva è valido a tutti gli effetti. Infatti ai sensi dell’art. 485 comma 7 del D.lgs. 297/1994 si precisa che ai fini della carriera il servizio di leva ha validità a tutti gli effetti. Non si parla di servizio di leva incostanza di nomina, ma tutt’ al più  la valutabilità del servizio militare è comunque condizionata al fatto che esso debba essere stato effettuato dopo il conseguimento del titolo di studio indispensabile per l’accesso all’insegnamento medesimo.
In buona sostanza ci sarebbero tutti gli estremi normativi per ripagare chi, avendo titolo di accesso all’insegnamento, possa vedersi ripagato con il punteggio del servizio, per avere svolto un servizio obbligatorio come quello del servizio di leva. Invece sia nelle graduatorie ad esaurimento che in quelle per la mobilità si concede punteggio solo a coloro che hanno svolto il servizio militare in concomitanza ad un contratto come docenti.
Su questo tema servirebbe una maggiore chiarezza normativa e una corrispondente norma contrattuale che spieghi come stanno realmente le cose. Altrimenti l’anno di leva svolto obbligatoriamente senza trovarsi in costanza di nomina, resterà, per chi l’ha svolto,  un anno rubato e non valutato.