Costi di riproduzione ed imposta di bollo nell’accesso agli atti della scuola

Costi di riproduzione ed imposta di bollo nell’accesso agli atti della scuola

di Cinzia Olivieri

 

Quando si esercita il diritto di accesso agli atti ai sensi dell’art. 25 della L 241/90, mentre l’esame e la visione dei documenti è gratuito, il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione se in copia informe ed all’imposta di bollo se in copia autentica, oltre ai diritti di ricerca e di visura ove espressamente previsti.

Responsabile del procedimento è il dirigente (art.4 comma 7 L 241/90 ) o altro dipendente addetto da questi designato.

Successivamente alla legge del 1990, la CM 278/92 confermò, per il pagamento delle fotocopie (costo di riproduzione), da assolversi mediante marche amministrative da apporre sulla richiesta e da annullare con la stessa data del rilascio delle copie, l’importo stabilito, in via transitoria, dalla C.M. n. 57/91, di £ 100 a facciata fino al formato di cm 21 x 29,7 e di £ 150 a facciata per formati superiori.

Poiché il D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 (poi modificato dal DPR 184/06 – art. 7) subordinava il rilascio di copia (art 5 comma 7) al pagamento degli importi dovuti secondo le modalità determinate dalle singole amministrazioni, la CM 163/93 recependo la Direttiva 19 marzo 1993, n. 27720/928/46-UCA della commissione per l’accesso agli atti, che poneva la prioritaria l’esigenza di fissare modalità operative e importi dovuti dai richiedenti secondo “criteri di uniformità e di praticità al fine di assicurare un pari trattamento a tutti i cittadini nell’esercizio del diritto di accesso alla documentazione amministrativa”, fissò un corrispettivo omnicomprensivo (costo della carta, spese funzionamento fotoriproduttore, etc.), ritenuto equitativo, pari “all’importo fisso di lire 500 per il rilascio da 1 a 2 copie, di lire 1000 da 3 a 4 copie e così di seguito, da corrispondere mediante applicazione di marche da bollo ordinarie da annullare con il datario a cura dell’ufficio”. Previde altresì la possibilità per l’amministrazione di individuare autonomamente costi diversi, da corrispondere sempre mediante applicazione di marche da bollo, nei casi in cui “il rilascio di copia comporti l’uso di apparecchiature speciali, procedure di ricerca di particolare difficoltà, o formati particolari su carta speciale”.

La CM 94/94, ripetendo quanto contenuto nella Direttiva 28 febbraio 1994, n. 27720/1749 della commissione per l’accesso, ha poi precisato che l’imposta di bollo è esclusa tanto sulla richiesta di accesso, quanto sulla copia informe mentre è soggetta a bollo la copia conforme. Pertanto è dovuta soltanto quando la copia sia spedita – su richiesta dell’interessato – in forma autentica. Ne consegue che la richiesta di accesso dovrà contenere esplicita richiesta in merito.

Tali importi e modalità si trovano reiterati nelle ordinanze ministeriali che dispongono in merito allo svolgimento degli scrutini ed esami OM 80 95 (art. 59); OM 330/97 (Art. 59); OM 90 01 (art. 39).

Convertendo tali importi in euro, i costi di riproduzione, cioè per  il rilascio  di copie  in carta semplice, risulta essere pari a  0,26 centesimi per le prime due copie e 0,52 oltre le due copie e così via.

La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, nella seduta del 13 settembre 2011 ha altresì chiarito che i diritti di ricerca e visura possono essere richiesti legittimamente dall’ente in quanto – secondo la giurisprudenza amministrativa (cfr. C.d.S., Sez. V 25 ottobre 1999, n. 1709 richiamata nel parere 1 luglio 2008 7.13) – per “costo” non deve intendersi solo quello di riproduzione del documento, ma anche tutti gli altri costi sostenuti dall’Amministrazione (quali ad esempio quelli concernenti la ricerca dei documenti). Tuttavia tale importo, non predeterminabile ma oggetto di valutazione, deve essere equo e non esoso, per non costituire un limite all’esercizio del diritto di accesso con conseguente illegittimità.

Questi cosi pertanto possono essere anche determinati dall’istituzione scolastica.

Le altre ordinanze ministeriali in materia di scrutini ed esami (OM 38/99; Om 35 03; OM 21 04; OM 32 05; OM 22 06; OM 26 07; OM 30 08; OM 40 09; OM 44 10; OM 42 11; OM 41 12; OM 13 13; OM 37 14 ) si sono limitate costantemente ad individuare nel dirigente il soggetto responsabile della custodia degli atti nonché dell’accoglimento delle richieste di accesso e dell’eventuale apertura del plico sigillato, rinviano in generale alla L 241/90.

Per quanto attiene invece le copie spedite in forma autentica su richiesta dell’interessato, bisogna aver riguardo al DPR 642/72 come modificato dal DPR 955/82 ed alla allegata tabella A. I costi delle marche sono calcolati per foglio, composto da quattro facciate unite o rilegate tra di loro in modo da costituire un atto unico recante nell’ultima facciata la dichiarazione di conformità all’originale, e sono determinati periodicamente. Per effetto della L 147/13 tale importo è pari ad € 16,00 per ogni foglio.

Le marche andranno annullate mediante perforazione o apposizione della sottoscrizione di una delle parti o della data o di un timbro parte su ciascuna marca e parte sul foglio usando inchiostro o matita copiativa e senza scrivere né apporre altri timbri o stampigliature ovvero usare marche deteriorate o usate in precedenza.

Scuola buona dove sei

SCUOLA BUONA DOVE SEI di Umberto Tenuta

CANTO 256 −NOI STUDENTI VOGLIAMO UNA SCUOLA BUONA

MA LE NOSTRE SCUOLE:

  1. Raggruppano gli alunni non riusciamo a capire secondo quali criteri, o meglio secondo criteri che non si vedono ma si intravedono
  2. In tutte la classi ci sono docenti che si incontrano soltanto all’uscita dalle aule per dirsi BUONGIORNO
  3. In tutte le aule ci sono solo banchi biposti allineati su tre file
  4. In tutte le aule c’è una cattedra e una pedana, una lavagna di ardesia, una LIM, tanti cartelloni alle pareti che sono sempre grigie e ricoperte di scotch

 

Insomma, tutto sembra fatto apposta per far lezioni ad alunni immobili e silenziosi nei banchi da parte di Insegnanti solitari che escono ed entrano a caso, prima quello d’Italiano e poi quello di Matematica; segue quello di Inglese e chiude quello di Storia dell’Arte.

Insegnanti scrupolosi, mai dimentichi di far l’appello, di annotare la lezione, di interrogare a sorte, di mandare in Presidenza per disubbidienza.

Poverini, i Registri digitali se li compilano a casa col WI FI, le lezioni se le preparano con le Mappe digitali di Power Point, l’aggiornamento se lo fanno a pagamento, qualcuno perfino con le GUIDE DIDATTICHE generosamente messe a disposizione dai migliori Editori di testi scolastici.

Altro dirvi non vo’.

Se non che NOI STUDENTI vorremmo alcune cose che ci mancano tanto.

La PRIMA COSA che vorremmo?

Non essere una SCOLARESCA.

Ma Giovanni, Michele, Lucia, Michelina, Angelamaria…

La SECONDA COSA?

Non ascoltare lezioni, esposizioni, dimostrazioni, presentazioni.

Ma? Sentite un po’!

Noi vorremmo fare gli scienziati, piccoli scienziati, scienziati in erba.

Mica per inventare l’inventato, ma per reinventarlo e, poi, non si sa mai, qualcuno di noi potrebbe essere un Archimede in formato mignon.

Vorremmo reinventare l’alfabeto, il Teorema di Pitagora, i Meridiani ed i Paralleli, la Macchina a vapore…

Mica lavorando da soli!

Conosciamo già il cooperative learning.

E prima ancora il problem solving!

La TERZA COSA che vorremmo?

Non comparire davanti al Tribunale dell’inquisizione.

La QUARTA COSA?

Aver qualcuno che ci innamori della Musica, della Danza, della Pittura, della Letteratura Italiana, Latina, Greca, Inglese, Spagnola, Tedesca, Cinese…

LA QUINTA COSA

Essere sostenuti nel nostro impegno di fare, costruire, inventare, ricercare, scoprire…

Essere sostenuti dai nostri Virgili,

E poi essere lasciati soli.

..ora te sovra te corono e mitrio!

Per entrare nel Paradiso della Vita.

INFINE, L’ULTIMA COSA

Ve la dico sottovoce.

Essere amati!

Ce lo ha insegnato la docente di Religione.

AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO!

Forse che noi non siamo prossimi alla cattedra, anche se seduti all’ultimo banco?

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in: http://www.edscuola.it/dida.html

 

LA SCUOLA INUTILE

LA SCUOLA INUTILE

 

I dati CENSIS confermano ciò che si sapeva già

 

 

1) LA REPUBBLICA (DELLE BANANE)

Come noto la “crisi” (termine spersonalizzante, ottimo come elemento di deresponsabilizzazione) ha natura multi-fattoriale (riconosce molte e differenti cause) e multi-dimensionale (si manifesta in più ambiti e direzioni). Fra le tante cause, una mi sembra prevalente rispetto alle altre: la grande iniquità socio-economica che si è venuta sviluppando (non solo) in Italia negli ultimi decenni. I dati della Banca d’Italia sono da repubblica delle banane: il 10% delle famiglie detiene il 50% della ricchezza prodotta dagli Italiani. Di fatto gli Italiani sono costretti a campare con poco più della metà di quanto producono, perché l’altra metà viene prelevata da un ristrettissimo ma vorace gruppo sociale. E questo fa il paio con due altri fattori causali della crisi:

  1. a) l’altrettanto iniquo sistema fiscale: l’80% dell’intero gettito IRPEF italiano proviene da salari e pensioni; il 20% da imprese, industria, commercio, professioni etc;
  2. b) la progressiva diminuzione del potere d’acquisto di salari e stipendi (quelli italiani sono tra i più bassi d’Europa).

 

 

2) LE CONSEGUENZE

Le conseguenze più rilevante di questa profonda iniquità socio-economica sono principalmente tre.

 

  1. A) IL CROLLO DEI CONSUMI

La progressiva iniqua redistribuzione della ricchezza ha determinato l’espulsione di decine di milioni di famiglie dai consumi, con la conseguente crisi delle vendite, fallimenti, licenziamenti, recessione e persino deflazione.

Esattamente l’opposto di quanto è avvenuto nell’area BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) dove, per la prima volta dopo secoli di fame, centinaia di milioni di persone hanno avuto accesso ai consumi, cosa che ha fatto letteralmente schizzare verso l’alto il PIL di quelle nazioni. E anche l’opposto di quanto è avvenuto da noi nel dopo-guerra quando, grazie anche al “piano Marshall”, decine di milioni di Italiani hanno potuto disporre di reddito per i propri consumi.

Naturalmente, quando si parla di consumi, è opportuno auspicare “consumi consapevoli”, ossia economicamente, socialmente ed ecologicamente sostenibili, come esercizio democratico di cittadinanza (confronta a questo proposito le posizioni del filosofo Gilles Lipovetsky).

 

  1. B) ESPULSIONE DALLA GENITORIALITA’

La perdita di reddito ha determinato, per tantissimi giovani, l’impossibilità materiale di “metter su famiglia”.

 

  1. C) BLOCCO DELL’ASCENSORE SOCIALE

Il mito della società capitalista era che se vali e ti impegni, indipendentemente dalle tue condizioni iniziali, puoi raggiungere i più alti traguardi sociali. Invece l’ascensore sociale si è bloccato: potrai arrivare in alto solo se hai la fortuna di nascere in una famiglia già benestante, che troverà il modo di aprirti le porte giuste e farti trovare le strade spianate. Se però hai la sfortuna di nascere dalla parte sbagliata della società non hai scampo: potrai studiare, laurearti col massimo dei voti, magari prendere più lauree, ma non ti rimane altra strada che andartene: i posti migliori sono già presi (magari da perfetti cretini). E infatti moltissimi giovani di talento se ne vanno; da qui l’equazione del cretino: spendiamo centinaia di migliaia di euro per formare un giovane di talento….. poi lo mandiamo all’estero.

3) QUI ENTRA IN GIOCO LA SCUOLA

In questo scenario la scuola ha giocato un ruolo di grande regolatore sociale democratico: ha permesso a decine di milioni di persone di acquisire gli strumenti cognitivi e culturali per crescere e costruire un futuro migliore per se e per gli altri. Ma il blocco dell’ascensore sociale ha sterilizzato questa funzione democratica della scuola, che viene sempre più percepita come “inutile”.

Per approfondimenti vi suggerisco di leggere l’interessante nota dell’ASASI (Associazione delle Scuole Autonome della Sicilia) che riporto.

 

Il presidente provinciale

Giuseppe Guastini

 

 

 

 

“La scuola è percepita non solo come incapace di attivare un ascensore sociale, ma addirittura come inutile”, solo il 16,4% di chi ha studiato ha fatto un salto di qualità rispetto alla condizione della sua famiglia, mentre il 29,5% è addirittura sceso al di sotto di quel livello. Ciò che il Censis ha spiegato è che la scuola è percepita non solo come incapace di attivare un ascensore sociale, ma addirittura come inutile.

I ragazzi bastonati dalla crisi e frustrati nelle loro aspettative – fa notare il Censis – non credono più alla scuola, e al sapere in generale, come investimento, quindi si iscrivono sempre meno e abbandonano sempre di più. Il 27,7% dei ragazzi all’interno di un percorso scolastico abbandona prima di concludere gli studi, una percentuale alta (quasi 10 punti in più della media Ue) e in crescita negli ultimi 5 anni. Il Censis calcola che siano stati 164 mila i ragazzi che hanno lasciato la scuola nell’ultimo anno e ben 2,8 milioni negli ultimi 15 anni: una massa di disillusi, di non-qualificati, di drop-out sociali che però hanno meno di 30 anni e costituiscono un problema sociale e una immensa perdita di risorse umane per la collettività.

La crisi della scuola innesca un deficit di uguaglianza e di pari opportunità: ad abbandonare gli studi, sono i ragazzi provenienti da famiglie con baso titolo di studio. Su 100 abbandoni, 28 riguardano ragazzi che hanno genitori con la terza media, e solo meno di 3 ragazzi con genitori laureati.

Si tratta di un fenomeno preoccupante, i lavori non qualificati sono aumentati negli anni della crisi, dal 2009 a oggi, essendo cresciuti del 16,8%. Per contro, quelli che richiedevano una qualificazione media (per esempio il diploma) sono scesi del 3,9% e quelli per soli laureati del 9,9%. Un diplomato su tre che abbia un’occupazione, fa un lavoro dequalificato rispetto al suo titolo di studio e la percentuale sale a quasi il 37 per i laureati.

La sottoccupazione riguarda quasi la metà (43,7%) dei laureati in «discipline deboli» (lettere, sociologia, scienze politiche e simili), ma supera questa soglia (57,3% ) per le lauree spendibili come economia e statistica e addirittura il 33% ingegneria.

Visto l’andazzo, non meraviglia che all’università ci si iscriva sempre di meno. L’andamento delle immatricolazioni mostra un calo negli ultimi anni. Rispetto all’anno precedente, nell’anno accademico 2011/2012 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno (-3,3%). Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012. Anche tra chi si iscrive all’università emergono presto segni di stanchezza e disaffezione. Nel 2011/2012 ha abbandonato gli studi tra il primo e il secondo anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. La quota di immatricolati che arrivano a conseguire il titolo triennale è ancora molto bassa, intorno al 55%, mentre nei Paesi dell’Ocse si arriva in media al 70%».  Chi può manda i figli a studiare nelle scuole straniere o direttamente all’estero: tra il 2007 e il 2011 il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%, passando da 41.394 a 62.580

 

 

Roberto Tripodi

 

 

Decollo della scuola digitale?

Diario della transizione/8

Decollo della scuola digitale? La bolletta per internet veloce è di 7,9 euro al mese per studente

Oggi le famiglie spendono 110 euro all’anno per alunno per il funzionamento delle scuole. Contributi dei privati fermi al 2,3%. Ma per la connettività servono risorse aggiuntive

Roma, 13 settembre 2014 – La vera spina nel fianco per la scuola del futuro è il fabbisogno di connettività. Per il decollo della scuola digitale servono 650 milioni di euro all’anno. Il Censis stima una bolletta per internet veloce nelle scuole «chiavi in mano» di 7,9 euro al mese per studente. Da finanziare con nuovi impegni di spesa sul bilancio dello Stato o delle amministrazioni territoriali o con un maggiore coinvolgimento dei privati.
Per una riforma di sistema della scuola. Avviare la transizione verso un’infrastruttura didattica moderna nell’assetto e robusta in qualità educativa significa operare in due direzioni: sulle risorse umane e sulle dotazioni strutturali. Con il recente piano per la scuola, il governo ha promesso la stabilizzazione di 148.000 docenti a tempo determinato prevedendo un saldo netto da finanziare di circa 3 miliardi di euro per il 2015. L’ingresso in ruolo porta con sé la possibilità di migliorare tutte le componenti legate alla qualità delle risorse umane: merito, valutazione, mobilità, formazione, articolazione delle funzioni e delle responsabilità dei docenti. Si tratta di un obiettivo importante, ma che ha ancora il difetto di guardare alla scuola ‒ e di destinare le relative risorse ‒ in modo autoreferenziale, secondo una logica corporativa, non toccando tutti i difetti strutturali sui quali è necessario investire ulteriori e significative risorse per attuare una riforma di sistema della funzione educativa.
A carico delle famiglie 110 euro all’anno per alunno per le spese di funzionamento delle scuole. Le spese di funzionamento nei bilanci delle scuole (al netto delle retribuzioni del personale) ammontano complessivamente a 2,5 miliardi di euro (escluse le spese per la manutenzione degli immobili a carico degli enti locali e per le pulizie). Queste spese sono sostenute per il 37,2% dallo Stato, per il 29,7% dalle famiglie (mense, gite, contributi volontari), per il 13% attraverso fondi europei, per il 7,5% dai Comuni, il 7,1% è a carico delle Regioni e il 3,2% delle Province. I soggetti privati, diversi dalle famiglie, contribuiscono solo per il 2,3% (donazioni, sponsorizzazioni, affitti). Il costo medio per alunno a carico delle famiglie è così di 110 euro all’anno, con significative differenze a livello territoriale. Si passa da 177 euro all’anno per alunno nella regione Lazio a 101 euro in Lombardia, a 81 euro in Sicilia e 74 euro in Campania.
Ben utilizzati i fondi europei. Nel ciclo di programmazione 2007-2013 gli istituti e le scuole pubbliche di ogni ordine e grado hanno presentato 102.814 progetti per un valore totale di 3,9 miliardi di euro tra risorse nazionali ed europee. La scuola si dimostra un buon attrattore e utilizzatore delle risorse, dato che rappresenta il 13,3% del parco progetti finanziato e il 7,3% del valore complessivo. La performance è positiva, con un rapporto tra valore dei progetti e pagamenti già ricevuti del 61,7% contro un valore nazionale del 54,9%. La Campania è la regione nella quale sono arrivate più risorse (1,2 miliardi di euro), seguita da Sicilia (1,1 miliardi) e Puglia (870 milioni).
Ma servono 2,2 miliardi di euro all’anno per edifici, attrezzature e tecnologie. Affrontare la transizione strutturale della scuola (edifici, impianti, attrezzature, connessioni veloci) richiede, secondo la stima del Censis, investimenti per 2,2 miliardi di euro all’anno per i prossimi cinque anni. Di questi, il 76% da destinare agli edifici e il 24% alle attrezzature e all’arredo scolastico. La scuola dell’infanzia assorbe il 28% del fabbisogno, la primaria il 37%, la secondaria inferiore il 18% e la secondaria superiore il 17%. Per l’edilizia scolastica le risorse messe in campo dal governo per il biennio 2014-2015 ammontano a poco più di un miliardo di euro, a cui si dovrebbe aggiungere un altro miliardo grazie agli investimenti Inail e ai mutui per l’edilizia scolastica, oltre alle risorse derivanti dall’8 per mille e dai fondi europei. Si tratta di importi significativi, specie se si considera la latitanza degli anni passati, ma appena sufficienti ad affrontare l’emergenza. Il fabbisogno per compiere la transizione strutturale della scuola è di 1.377 euro all’anno per ciascun alunno, da finanziare con nuovi impegni di spesa sul bilancio dello Stato o delle amministrazioni territoriali o con un maggiore coinvolgimento dei privati.
Bolletta per internet veloce nelle scuole di 7,9 euro al mese per studente. Secondo le migliori pratiche internazionali, la didattica digitale richiede connessioni veloci e reti robuste: almeno 100 Mbps oggi e, in prospettiva, almeno dieci volte tanto fra tre anni. A causa del gravissimo ritardo negli investimenti di rete, oggi il nostro Paese non è in grado di far fronte a questa domanda. Secondo gli obiettivi europei, nel 2020 il 100% della popolazione dovrebbe essere connesso ad almeno 30 Mbps e il 50% ad almeno 100 Mbps. Ma oggi le aree territoriali oggetto di nuovi investimenti per le connessioni veloci coprono solo il 20% della popolazione italiana. Dopo la chiusura nel 2013 del progetto Scuole nell’ambito del Sistema pubblico di connettività (Spc), le scuole hanno visto azzerati i contributi. Prevedere, in termini anche più modesti rispetto agli altri Paesi, di arrivare a connessioni standard nelle scuole di almeno 30 Mbps equivale a stimare per l’anno prossimo costi correnti per circa 650 milioni di euro, dei quali 184 milioni per la connettività, 274 milioni per la sicurezza e 192 milioni per l’utilizzo delle infrastrutture e delle apparecchiature tecnologiche. Tradotto in costo medio, il Censis stima una bolletta per internet veloce nelle scuole «chiavi in mano» di 7,9 euro al mese per studente. Economie di scala sono possibili. Un piano di connettività basato su una copertura non dei singoli istituti, ma dei distretti scolastici (dopo la riforma del 2002 non sono più entità autonome, ma possono comunque funzionare come basi territoriali operative), ad esempio, farebbe scendere la bolletta internet a 6,5 euro al mese per studente.

Questi sono i risultati dell’8° numero del «Diario della transizione» del Censis, che ha l’obiettivo di cogliere e descrivere i principali temi in agenda in un difficile anno di passaggio attraverso una serie di note di approfondimento diffuse nel 2014. I numeri precedenti sono stati: «L’austerity ha stancato gli italiani: sobri sì, asceti no» (28 aprile), «Crescono le diseguaglianze sociali: il vero male che corrode l’Italia» (3 maggio), «I disabili, i più diseguali nella crescita delle diseguaglianze sociali» (17 maggio), «Acqua: tariffe più basse d’Europa e record di acqua minerale, acquedotti colabrodo e depuratori carenti» (24 maggio), «Scuola: intonaci che crollano, rubinetti che perdono e vetri rotti» (31 maggio), «Cattiva reputazione per l’Italia: -58% di investimenti esteri dall’inizio della crisi» (7 giugno), «Lo spread digitale costa all’Italia 10 milioni di euro al giorno di minori investimenti in reti, tecnologie e servizi innovativi» (5 luglio).

Allarme scuola da “Save the Children”: in 110mila si sono fermati alla terza media

da Repubblica.it

Allarme scuola da “Save the Children”: in 110mila si sono fermati alla terza media

Nel 2013 la dispersione scolastica ha riguardato il 17%, con punte del 19 al Sud e un picco del 22 in Campania. Eppure le strategie di contrasto possono essere vincenti

Un esercito di ragazzi abbandona la scuola ogni anno. La denuncia arriva da Save the Children, che ha diffuso i nuovi dati sulla dispersione scolastica: nel 2013 sono stati 110mila gli studenti che si sono fermati alla terza media e che sono fuori da qualsiasi altro percorso formativo, con una percentuale del 19,4 per cento al Sud Italia, e un picco del 22,2 per cento in Campania.

La media nazionale si attesta al 17 per cento: un dato che supera di 7 punti l’obiettivo Ue del 10 per cento. Ma il disagio e l’abbandono scolastico si possono battere, come dimostrano i risultati del programma “Fuoriclasse” per il contrasto alla dispersione scolastica di Save the Children, avviato nel 2012 a Napoli, Scalea e Crotone, in collaborazione con “Libera”. Un progetto che ha coinvolto 750 studenti (tra elementari e medie). La Fondazione Giovanni Agnelli ha confrontato i risultati ottenuti dagli alunni coinvolti nelle attività di “Fuoriclasse” (laboratori e supporto allo studio) con quelli di compagni appartenenti a scuole non partecipanti: il risultato è che in due anni i ritardi dei ragazzi coinvolti nel progetto sono quasi dimezzati. Ed è invece aumentata la frequenza: gli alunni delle scuole medie hanno ridotto di 11 giorni il numero di assenze all’anno. La maggiore regolarità, poi, ha iniziato a dare i primi frutti anche in termini di rendimento scolastico: i voti sono migliorati fino al 6 per cento.

Ma i dati sulla dispersione – sebbene in lieve diminuzione rispetto agli ultimi anni – restano allarmanti. “Alla base di questa situazione critica, che vede l’Italia agli ultimi posti nella classifica europea – ha spiegato Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children – c’è una condizione diffusa di ‘povertà educativà che affligge tutto il Paese e in modo particolarmente acuto le regioni del Sud: servizi per la prima infanzia quasi inesistenti, poche scuole a tempo pieno, nessuna opportunità sul territorio di sport, di musica e di altre attività creative, pervasività delle reti criminali e di sfruttamento lavorativo pronte ad arruolare i più giovani”. “Il drammatico aumento delle famiglie in povertà ha portato anche alla riduzione della disponibilità di spesa per l’educazione, tanto che oggi moltissimi bambini, all’inizio dell’anno scolastico, sono alle prese con il problema di non poter comprare il materiale necessario o di non potersi iscrivere alla mensa. E tutto questo incide sui fallimenti formativi”.

Scuola, un progetto low cost riporta i ragazzi in classe

da La Stampa

Scuola, un progetto low cost riporta i ragazzi in classe

Save The Children lavora in Campania e in Calabria
flavia amabile

roma

 Barbara, Alessandro e Simone hanno 14 anni, tra due giorni si siederanno in un’aula di un istituto professionale di Napoli. È una notizia. Ogni anno in Italia 110 mila ragazzi abbandonano gli studi in anticipo. Gli ultimi dati Ocse resi noti tre giorni fa hanno lanciato l’allarme: la scuola ha sempre meno valore per gli adolescenti italiani. Circa uno su sette (14%) tra i 17enni abbandona la scuola contro una media Ocse del 10%.

 

Barbara, Alessandro e Simone no. Loro proseguiranno, convinti. Hanno preso parte ad un progetto di Save The Children avviato nel 2012 in 30 classi a Napoli, Scalea e Crotone coinvolgendo 2100 studenti della scuola primaria e di primo grado grazie al lavoro svolto in partenariato dall’associazione Libera e il finanziamento di Bulgari e della Fondazione con il Sud. «Purtroppo stiamo aumentando il nostro impegno in Italia oltre che nelle zone più difficili e povere del mondo perché anche qui la situazione sta assumendo toni drammatici», ammette Valerio Neri, direttore generale di Save The Children Italia.

 

Aumentano i ragazzi che abbandonano le scuole, per convincerli a restare si è scelto un metodo nuovo, battezzato «Fuoriclasse». «Si basa sulla collaborazione fra scuola e famiglia, sull’integrazione tra attività svolte in orario scolastico e in orario extrascolastico, la partecipazione diretta degli studenti anche in questioni pratiche come le prese a terra o l’elettricità», racconta Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save The Children.

«Partono molti progetti ma troppo spesso non si sa che fine facciano, se siano stati utili oppure no – spiega Roberto Reggi, sottosegretario all’Istruzione -. Stavolta invece si cerca di valutare l’impatto».

 

La valutazione è stata affidata ad un soggetto esterno al progetto, la Fondazione Agnelli, per avere un risultato il più possibile oggettivo. È emerso che dopo due anni di lavoro nelle classi gli ingressi in ritardo alle lezioni si sono quasi dimezzati. Le assenze dei ragazzi delle medie sono calate di 11 giorni e anche il rendimento è migliorato del 4-6%. «Un risultato per nulla scontato – spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli – Inoltre è stato ottenuto spendendo 350 euro l’anno per ogni studente rispetto ai 5-600 degli interventi finora messi in campo». E, quindi, Barbara, Alessandro e Simone da lunedì torneranno a scuola sempre più convinti della necessità di studiare. L’obiettivo? Diventare guide turistiche e andare via dall’Italia. Anche loro.

È matematica la formula delle scuole italiane

da La Stampa

È matematica la formula delle scuole italiane

A trovare la chiave del rapporto scuola-territorio è stato un gruppo di ricerca internazionale

Si nasconde nella matematica la formula della giusta distribuzione delle scuole sul territorio italiano: numero di abitanti e geografia determinano, in modo non lineare, l’ottimizzazione degli istituti scolastici. A trovare la chiave del rapporto scuola-territorio è stato un gruppo di ricerca internazionale, tra cui Riccardo Di Clemente dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr), in un lavoro pubblicato su Nature Scientific Reports .

Lo studio ha preso il via dall’analisi della grandezza degli edifici scolastici, la loro distribuzione sul territorio nazionale e il numero degli alunni nelle scuole in relazione alla popolazione residente e alle caratteristiche delle diverse aree. «Abbiamo visto che il numero degli iscritti in ciascuna scuola cresce in modo indipendente dalla sua dimensione», ha spiegato Di Clemente. «Questa osservazione – ha proseguito il ricercatore – ci suggerisce che scuole piccole montane e scuole piccole nei grandi centri abitati crescono allo stesso modo».

 

Compreso questo fenomeno, definito da una legge matematica, lo studio permette quindi di individuare, tramite la geo-localizzazione dei singoli plessi scolastici, in quali zone vi è un maggiore scostamento tra l’offerta e la domanda scolastica. «Questa relazione è attualmente non-lineare e complessa, quindi l’idea è quella di offrire un nuovo strumento per il policy maker con lo scopo di ottimizzare la posizione delle scuole all’interno del territorio italiano al fine di migliorare la fruizione del sistema scolastico primario da parte delle famiglie», ha aggiunto Di Clemente.

 

Dalla matematica arriva quindi un potente strumento per ridisegnare la distribuzione più corretta della presenza degli istituti scolastici in risposta alle necessità locali.

Scuola, caccia ai risparmi. Nel mirino le ditte esterne. E i prof denunciano: la“banca delle ore” è un bluff

da La Stampa

Scuola, caccia ai risparmi. Nel mirino le ditte esterne. E i prof denunciano: la“banca delle ore” è un bluff

Prima lunga riunione al Miur sui tagli ieri sera. La spesa nei ministeri deve alleggerirsi, il 3% è la cifra indicata. Il premier Matteo Renzi ha chiesto di inviare per iscritto nei prossimi giorni quali margini di risparmio i vari ministeri possono ottenere.

 Conti alla mano, la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, il capo di gabinetto Alessandro Fusacchia e alcuni tecnici del Miur stanno tentando di capire dove intervenire.

Le ipotesi sono molte ma ancora si preferisce non mettere nulla nero su bianco approfittando dei giorni concessi da Renzi per inviare la propria proposta di tagli.

Il capitolo di spesa su cui si sa di avere maggiore margine è di sicuro la rinegoziazione di acquisti e contratti con le ditte. Da questo ridimensionamento si può ottenere l’1% di risparmi.

Nel frattempo gli insegnanti stanno iniziando a denunciare il bluff nascosto dietro il meccanismo della «banca delle ore» contenuto nelle linee guida predisposte dal governo Renzi. Le misure dovranno essere sottoposte a consultazione e non si trasformeranno in misure concrete prima dell’inizio del prossimo anno e ora i professori sono sul piede di guerra per evitare che proprio la «banca delle ore» assuma una veste definitiva.

Si tratta di un meccanismo che riguarderà ogni singolo docente. Si è detto, infatti, che verranno assunti 150mila precari, una cifra superiore rispetto alle necessità di organico in modo da permettere a ciascuna scuola di avere un numero di professori sufficiente non solo a svolgere le lezioni ma anche le supplenze brevi, quelle di pochi giorni e improvvise.

L’obiettivo è di riuscire a cancellarle grazie alla «banca delle ore». Ogni docente, infatti, potrà essere chiamato in qualsiasi momento a coprire i buchi che si sono creati all’interno dell’istituto. In questo modo – è scritto nel testo – il docente «guadagna delle ore» che saranno inserite in una «banca».

I dettagli sono ancora da precisare ma è molto chiaro che non ci sarà alcuna retribuzione nei confronti di quello che finora era un servizio già prestato dai prof ma veniva considerato uno straordinario e, quindi, pagato.

In questo modo, invece, gli insegnanti si trasformerebbero in lavoratori senza più un orario certo, saprebbero quando entrano a scuola se hanno lezione dalla prima ora, ma non quando ne escono.

«Siamo fortemente contrari – conferma Mimmo Pantaleo. Si tratta di uno degli argomenti delle linee guida affrontati in maniera a dir poco discutibile. Chiediamo piuttosto una vera stabilizzazione dei precari, lo svuotamento delle graduatorie e di evitare un appesantimento dell’orario dei docenti».

«E’ una proposta insensata – conferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti – non solo per l’assenza di una remunerazione ma anche perché non può funzionare. Nella scuola secondaria un professore di filosofia non potrà mai sostituire uno di matematica o di chimica. È un meccanismo troppo semplicistico».

Giannini: l’anno s’aprirà con un clic. Ma il sito internet sulla riforma ha già bisogno d’un restyling

da La Tecnica della Scuola

Giannini: l’anno s’aprirà con un clic. Ma il sito internet sulla riforma ha già bisogno d’un restyling

Il Ministro dell’istruzione: vogliamo che tutto il Paese si interroghi sulle grandi questioni. Ma a poche ore dall’avvio della consultazione nazionale, i contenuti della riforma rivolti a stranieri e disabili risultano ancora incompleti.

Quello che è ormai alle porte “un anno scolastico che si apre con un clic”: così si è espresso il 12 settembre il ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, a margine del suo intervento alla Viu sull’isola di San Servolo, a Venezia.

Giannini ha fatto dunque riferimento alla “grande consultazione sul sito www.labuonascuola.gov.it”, riguardo alla quale il Ministro ha dichiarato di aspettarsi “che tutto il Paese si interroghi sulle grandi questioni: dalla valutazione alla formazione degli insegnanti, dalle nuove competenze al consolidamento delle grandi competenze che l’Italia possiede, nella storia dell’arte, nella musica, nelle discipline umanistiche, ma senza dimenticare le lingue straniere”. “Insomma – ha concluso – vogliamo una scuola che risponda alle sfide di oggi”.

Presa dalla curiosità e seguendo le indicazioni del Ministro dell’Istruzione, la redazione della Tecnica della Scuola si è immediatamente collegata con il sito internet http://www.labuonascuola.gov.it/. Trovandosi davanti, però, una versione praticamente analoga a quella presentata una decina di giorni fa dal Governo sul sito istituzionale http://passodopopasso.italia.it/video/la-buona-scuola

Molti contenuti, infatti, sono ancora incompleti. Ad iniziare dalla parte tradotta in inglese (il pallino rosso in altro a destra contrassegnato con EN), che descrive la riforma solamente attraverso la sintesi dei 12 punti. Lascia molto perplessi, inoltre, la “versione accessibile”, cliccabile sempre in alto a destra la Home, che se si eccettua la colorazione è praticamente identica alla versione standard. Mentre i siti internet dedicati ai disabili visivi offrono almeno quattro versioni di tonalità e di corpo del carattere, proprio per adattare i contenuti dello schermo alle singole difficoltà di visualizzazione.

A poche ore dall’avvio della consultazione nazionale, insomma, ci sono ancora alcune parti incomplete. E siccome il Governo ha sempre detto di volere chiedere il parere delle linee guida a tutti, quindi anche di chi ha difficoltà visive e a coloro che non conoscono l’italiano, sarebbe il caso di provvedere a completare il prima possibile anche le sezioni del sito ancora ferme ai titoli.

Infine, non si sa chi tradurrà per tutti i “consultati” i testi che verranno scritti dalle decine di migliaia di genitori, studenti presenti su tutto il territorio nazionale

Pericolo stipendi fermi fino al 2019, i sindacati si mobilitano

da La Tecnica della Scuola

Pericolo stipendi fermi fino al 2019, i sindacati si mobilitano

Flc-Cgil, Cisl, Uil, Snals-Confsal e Gilda-FGU avviano assemblee e iniziative negli istituti: l’obiettivo è sensibilizzare il personale “contro il blocco dei contratti e degli aumenti di anzianità, il tentativo di regolare per legge diritti, doveri e orario di lavoro e valutazione”. Parte anche la raccolta firme: verranno consegnate al Governo, che chiede pareri sulle linee guida che congelano gli stipendi per tre anni.

Ci sono voluti una decina di giorni, ma alla fine la protesta è scattata. Stiamo parlando dei sindacati maggiori – Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal e Gilda-FGU – che dopo aver verificato la consistenza delle linee guida, in particolare nella parte retribuita, hanno realizzato che per oltre quattro anni il personale docente e Ata della Scuola rischia di rimanere con lo stipendio al palo: oltre al blocco delle buste paga di tutti i dipendenti pubblici, in vigore dal 2010 e che secondo alcuni si potrebbe protrarre addirittura per un decennio, il Governo ha intenzione di attuare anche quello degli scatti nel periodo 2015-18. Scatti che tornerebbero in vita solo nel 2019 e comunque con la novità assoluta di essere applicata a soli due docenti della scuola pubblica ogni tre.

Il 12 settembre, le cinque sigle hanno così avviato “una fase di assemblee e di iniziative nelle scuole”: l’obiettivo è sensibilizzare il personale “contro il blocco dei contratti e degli aumenti di anzianità, il tentativo di regolare per legge diritti, doveri e orario di lavoro e valutazione. Sui temi del precariato – le cinque organizzazioni sindacali – chiedono che i contenuti del Piano scuola si traducano in risorse certe per garantire le stabilizzazioni entro l’inizio del prossimo anno scolastico.

Si dovranno organizzare assemblee in tutte le scuole, congiunte o disgiunte, in base a un calendario organizzato a livello territoriale, per discutere delle proposte delle organizzazioni sindacali e del giudizio sul Piano scuola.

Contemporaneamente verrà lanciata una petizione tra tutti i docenti, ATA e dirigenti scolastici per il diritto al contratto nazionale e agli aumenti retributivi.

Le organizzazioni sindacali chiedono a tutte le lavoratrici e i lavoratori della scuola di garantire una forte partecipazione alle iniziative che saranno promosse perchè senza partecipazione e consenso non si può rispondere allo scippo del salario e dei diritti”.

Contemporaneamente, i sindacati hanno avviato una raccolta firme. Che presenteranno al Governo proprio nei giorni in cui questo sarà impegnato nel cogliere gli umori di cittadini e addetti ai lavori sui contenuti della bozza di riforma.

Per visualizzare il volantino realizzato da Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal e Gilda-FGU basta cliccare qui.

Ecco l’ora di “Geografia generale ed economica”

da La Tecnica della Scuola

Ecco l’ora di “Geografia generale ed economica”

Già approvata da tempo ed ora introdotta da un decreto del ministro Giannini, che riporta le Linee guida “per la declinazione delle competenze, conoscenze e abilità della disciplina introdotta nei piani di studio degli indirizzi del settore Tecnologico degli istituti tecnici e dei settori Servizi e Industria e Artigianato degli istituti professionali”.

Il ministro Giannini ha firmato da alcuni giorni un decreto ministeriale che, ferma restando l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche, definirà le Linee guida “per la declinazione delle competenze, conoscenze e abilità della disciplina ‘Geografia generale ed economica’ introdotta nei piani di studio degli indirizzi del settore Tecnologico degli istituti tecnici e dei settori Servizi e Industria e Artigianato degli istituti professionali”. A darne notizia è lo stesso Miur.

Nel primo biennio, il docente avrà il compito di far acquisire allo studente alcune competenze di base (formazione ed evoluzione dei paesaggi naturali e antropici, globalizzazione economica, aspetti demografici, risorse e sviluppo sostenibile, patrimonio territoriale ecc.) mettendolo in grado di interpretare carte, grafici, tabelle, di analizzare un territorio utilizzando metodi, strumenti e concetti della geografia e anche i processi di cambiamento del mondo contemporaneo.

Assunzioni in ruolo sub condicione

da La Tecnica della Scuola

Assunzioni in ruolo sub condicione

Vuoi essere assunto in ruolo?  Però sub condicione. E la tua disponibilità verrà verificata attraverso un censimento. E’ questo lo scenario futuro, come anticipato in un precedente articolo del piano Giannini Renzi.

E’ da tempo che il mondo del lavoro è percorso da un vento di rinnovamento che prende due nomi: mobilità e flessibilità. E la scuola non è da meno. Come si potranno, infatti, immettere in ruolo 150mila insegnanti da settembre 2015, con costi che variano dai 3 ai 4 miliardi annui?
Se oggi gli organici sono commisurati al numero degli studenti e alla necessità di ore, domani potrebbe non essere più così. Le assunzioni, infatti, prescinderanno dai posti liberi, generando eccedenze. Allora sarà necessario allargare il discorso su base nazionale, in modo tale da poter essere assunti in una provincia o addirittura in una regione diversa, là dove c’è necessità. Ma non sarà solo un problema geografico: bisognerà anche saper “spaziare” in senso metaforico, allargando gli orizzonti della propria disciplina, ed essere disposti a passare su materie affini, là dove c’è bisogno.
Alcuni iscritti alle GAE, infatti, appartengono a classi di concorso che non si insegnano più: ci sono 916 iscritti nelle GAE sulle classi di concorso di steno-dattilografia e trattamento testi, mentre altri 116 sono iscritti per esercitazioni su materie non più insegnate come economia domestica o portineria e pratica di agenzia. E molti sono “addensati” geograficamente in aree dove il fabbisogno di docenti è già soddisfatto.
Tutto ciò vuol dire che, far sì che possano davvero essere assunti tutti, fino all’ultimo e che possano essere assunti in modo da potenziare davvero ed efficacemente la scuola italiana, il Governo dovrà fare un lavoro molto puntuale e dettagliato, che non ragioni in termini di aggregati ma col quale verificare il profilo di ognuno di questi 148mila aspiranti docenti di ruolo.
Dunque prima, naturalmente, si dovrà verificare la disponibilità del docente precario a entrare di ruolo a queste condizioni: il metodo sarà un censimento da completare entro l’anno. È chiaro quindi che, per realizzare questo grande piano di assegnazione (e abbinamenti) di quasi 150mila docenti alle scuole italiane in un solo anno, la prima e più urgente operazione da fare sarà un censimento volto a capire il numero esatto e la distribuzione di coloro che saranno assunti.
Questa operazione dovrà avvenire, al più tardi, entro il 31 dicembre 2014, e servirà per fare una ricognizione puntuale ed esatta di chi sono coloro che iscritti alle GAE, ma varrà anche per i vincitori e idonei del concorso 2012 – confermeranno espressamente entro quella data la loro intenzione di essere assunti a partire dal 1° settembre 2015.
Il censimento servirà anche perché può succedere che di fronte ad una richiesta espressa – qualche migliaio di persone iscritte nelle GAE rinuncino volontariamente all’assunzione, magari perché hanno nel frattempo trovato un altro lavoro e non intendono lasciarlo.
Sappiamo, ad esempio, che negli ultimi 3 anni circa 43mila persone iscritte nelle GAE non hanno effettuato né supplenze annuali o sino al termine delle attività didattiche né supplenze brevi. Si tratta di un dato che va preso con molta cautela, dal momento che molte di queste persone hanno lavorato (e lavorano) in scuole paritarie e che potrebbero comunque fare valutazioni diverse se venisse offerta loro un’assunzione stabile invece di una supplenza annuale.
Ma si tratta comunque di un dato che richiede di verificare il numero effettivo di coloro che iscritti alle GAE, sono ancora oggi disponibili all’assunzione.
In caso di un numero significativo di rinunce volontarie, il Governo integrerà nel piano di assunzioni straordinarie anche i laureati in Scienze della Formazione Primaria Vecchio Ordinamento (SFPVO) e i c.d. “congelati SISS” che non sono stati inseriti a suo tempo nelle GAE – rispettivamente circa 9mila e circa 500 aspiranti docenti di ruolo.
Questa integrazione sarà però possibile solo a condizione di: (a) non superare il plafond dei 148 mila; e (b) constatare un fabbisogno di docenti aggiuntivi in particolare nelle scuole primarie. E sempre, chiaramente, introducendo anche per costoro lo stesso requisito di disponibilità geografica prevista sopra.
Infine, si potrà prevedere, attuando da subito un minimo di mobilità da organico su cattedra a organico funzionale, che una parte dei docenti di ruolo attualmente in servizio coprano, già a partire dall’a.s. 2015-2016, alcuni dei nuovi posti creati come organico funzionale. Tra costoro potrebbero esserci, su base chiaramente volontaria, anche quei docenti che preferiranno spendere gli ultimissimi anni prima della pensione lavorando “dentro la scuola ma fuori dalla classe”, contribuendo così allo sviluppo del progetto scolastico con attività e funzioni diverse da quelle dall’insegnamento in classe. E liberando, di conseguenza, ulteriori cattedre per alcuni dei neo-assunti col piano straordinario.
Attraverso questo piano ampiamente articolato si colmeranno alcune discrasie legate, dicunt, a una fossilizzazione geografica e disciplinare degli insegnanti. Ma quanti accetteranno queste condizioni? Certo è che in tal modo le assunzioni dei precari determineranno il rapporto di un docente ogni dieci alunni, in particolare al Sud.
Insomma si apre una nuova era, se davvero vogliamo svuotare le Graduatorie ad esaurimento. Gli insegnanti dovranno essere flessibili, se non onniscienti. Flettersi, ma speriamo non genuflettersi.

Graduatorie III fascia Ata: chi può presentare la domanda?

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie III fascia Ata: chi può presentare la domanda?

Riassumiamo in una scheda i requisiti che debbono possedere gli aspiranti all’inclusione o alla conferma nelle graduatorie di istituto di terza fascia del personale Ata per il conferimento delle supplenze temporanee triennio 2014-2016. La scadenza per la presentazione della domanda è l’8 ottobre 2014

Il D.M. n. 717 del 5 settembre 2014, trasmesso con nota prot. n. 8921 dell’8 settembre 2014 insieme a tutti gli allegati necessari, ha disposto che per l’inclusione o la conferma nelle graduatorie di istituto di terza fascia del personale Ata, da cui le scuole attingeranno per conferire le supplenze temporanee per il triennio 2014-2016, la domanda dovrà essere presentata, in modalità cartacea, entro il prossimo 8 ottobre.

L’istanza è unica per tutti i profili per i quali si vuole presentare domanda (assistente amministrativo, assistente tecnico, cuoco, infermiere, guardarobiere, addetto alle aziende agrarie e collaboratore scolastico).

 

Quale modello?

La presentazione dell’allegato D1 riguarda coloro che vogliono iscriversi per la prima volta oppure per coloro che erano già iscritti, ma hanno nuovi titoli/servizi da dichiarare o chiedono l’inserimento in altri profili.

Devono, invece, presentare l’allegato D2 coloro che erano già inseriti nelle graduatorie del 2011 e devono soltanto confermare l’iscrizione e il relativo punteggio (pur potendo inviare la domanda ad una scuola/provincia diversa da quella del 2011).

Oltre ai suddetti modelli, è prevista la presentazione anche di altri due allegati:

  • l’allegato D4 deve essere presentato, sempre in modalità cartacea, solo ed esclusivamente da parte di coloro che chiedono il depennamento da precedenti graduatorie in altra provincia (graduatorie permanenti – 24 mesi o graduatorie/elenchi ad esaurimento provinciali – II fascia)
  • l’allegato D3 di scelta delle istituzioni scolastiche (massimo 30) che dovrà essere trasmesso tramite Istanze on-line (non si conoscono però ancora tempi e modalità per la trasmissione, che verranno comunicati in un secondo tempo).

 

Titoli e requisiti di accesso

Hanno titolo all’inclusione nella terza fascia delle graduatorie di circolo e d’istituto gli aspiranti in possesso del titolo di studio valido per l’accesso al profilo professionale richiesto o eventuali altri requisiti, come da tabella seguente:

 

Profilo professionale Titolo di studio oppure possedere il seguente requisito * oppure possedere il seguente requisito **
assistente amministrativo Diploma di maturità Essere già inclusi nelle graduatorie provinciali permanenti (24 mesi) o negli elenchi provinciali ad esaurimento (D.M. 75/01) o nelle graduatorie d’istituto degli assistenti amministrativi Aver prestato servizio per almeno 30 giorni come assistente amministrativo (o profili corrispondenti nel passato) nelle scuole statali (anche per conto degli enti locali fino al 31/12/1999)
assistente tecnico Diploma di maturità corrispondente alla specifica area professionale.Le specificità sono quelle definite, limitatamente ai diplomi di maturità, dalla tabella di corrispondenza titoli – laboratori vigente entro il termine di presentazione della domanda (Allegato C) Essere già inclusi nelle graduatorie provinciali permanenti (24 mesi) o negli elenchi provinciali ad esaurimento (D.M. 75/01) degli assistenti tecnici o nelle graduatorie d’istituto (per le sole aree nelle quali è già incluso) Aver prestato servizio per almeno 30 giorni come assistente tecnico (o profili corrispondenti nel passato) nelle scuole statali (anche per conto degli enti locali fino al 31/12/1999)
cuoco Diploma di qualifica professionale di Operatore dei servizi di ristorazione, settore cucina Essere già inclusi nelle graduatorie provinciali permanenti (24 mesi) o negli elenchi provinciali ad esaurimento (D.M. 75/01) o nelle graduatorie d’istituto dei cuochi Aver prestato servizio per almeno 30 giorni come cuoco nei convitti statali
infermiere Laurea in scienze infermieristiche o altro titolo ritenuto valido dalla vigentenormativa per l’esercizio della professione di infermiere Essere già inclusi nelle graduatorie provinciali permanenti (24 mesi) o negli elenchi provinciali ad esaurimento (D.M. 75/01) o nelle graduatorie d’istituto degli infermieri Aver prestato servizio per almeno 30 giorni come infermiere nei convitti statali
guardarobiere Diploma di qualifica professionale di Operatore della moda Essere già inclusi nelle graduatorie provinciali permanenti (24 mesi) o negli elenchi provinciali ad esaurimento (D.M. 75/01) o nelle graduatorie d’istituto dei guardarobieri Aver prestato servizio per almeno 30 giorni come guardarobiere nei convitti statali
addetto alle aziende agrarie Diploma di qualifica professionale di operatore agrituristico, operatore agro-industriale o operatore agro-ambientale Essere già inclusi nelle graduatorie provinciali permanenti (24 mesi) o negli elenchi provinciali ad esaurimento (D.M. 75/01) o nelle graduatorie d’istituto degli addetti alle aziende agrarie Aver prestato servizio per almeno 30 giorni come addetto alle aziende agrarie nelle scuole statali
collaboratore scolastico Diploma di qualifica triennale rilasciato da un istitutoprofessionale, diploma di maestro d’arte, diploma di scuola magistrale per l’infanzia, qualsiasi diploma di maturità, attestati e/o diplomi di qualifica professionale, entrambi di durata triennale, rilasciati o riconosciuti dalle Regioni. Essere già inclusi nelle graduatorie provinciali permanenti (24 mesi) o negli elenchi provinciali ad esaurimento (D.M. 75/01) o nelle graduatorie d’istituto dei collaboratori scolastici Aver prestato servizio per almeno 30 giorni come collaboratore scolastico (o profili corrispondenti nel passato) nelle scuole statali (anche per conto degli enti locali fino al 31/12/1999).

 

* Hanno titolo all’inclusione nella terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto gli aspiranti che siano già inseriti nelle graduatorie provinciali permanenti di cui all’art. 554 del D.L.vo n. 297 del 1994 o negli elenchi provinciali ad esaurimento o nelle graduatorie provinciali ad esaurimento di collaboratore scolastico di cui al D.M. n. 75 del 2001 e D.M. n. 35 del 2004 corrispondenti al profilo richiesto. Sono validi i titoli di studio richiesti dall’ordinamento vigente all’epoca dell’inserimento nelle predette graduatorie e/o elenchi.

** Hanno titolo all’inclusione nella terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto gli aspiranti che abbiano prestato almeno 30 giorni di servizio, anche non continuativi, in posti corrispondenti al profilo professionale richiesto.

 

Chi non può presentare la domanda?

Ai sensi dell’art. 2, comma 2, del D.M. n. 717 del 5 settembre 2014 non possono produrre domanda e, qualora l’abbiano prodotta, la stessa è da ritenersi non valida, coloro che, per il medesimo profilo professionale, sono già inseriti a pieno titolo nelle graduatorie provinciali permanenti per le assunzioni a tempo indeterminato,negli elenchi provinciali ad esaurimento e/o nelle graduatorie provinciali ad esaurimento di collaboratore scolastico per le supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche, nelle correlate

graduatorie di istituto di prima o seconda fascia della stessa provincia o, per altro o altri profili professionali, di diversa provincia.

 

La richiesta di depennamento (allegato D4)

L’aspirante già inserito nelle suddette graduatorie, qualora voglia cambiare la provincia, deve presentare

domanda di depennamento dalle citate graduatorie e/o elenco e, contestualmente, deve presentare domanda di inserimento nella terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto di altra provincia. La richiesta di depennamento dalle graduatorie di altra provincia consente l’inserimento nella nuova provincia esclusivamente nella terza fascia delle graduatorie di circolo o di istituto.

La domanda di depennamento deve essere presentata anche nel caso in cui l’aspirante è incluso, nella stessa provincia, in più graduatorie provinciali permanenti e/o in più elenchi provinciali ad esaurimento e/o nella graduatoria provinciale ad esaurimento di collaboratore scolastico, per più profili professionali, e voglia

cambiare la provincia. La richiesta di depennamento deve essere presentata per tutti i profili per i quali risulti inserito nelle citate graduatorie e/o elenchi, fermo restando l’obbligo di inserimento nelle graduatorie di una sola provincia.

Come detto sopra, la richiesta di depennamento si effettua tramite la presentazione dell’allegato 4 e con la compilazione dell’apposita sezione “G” del modello D1.

La domanda di depennamento, unica per tutti i profili professionali richiesti, deve essere presentata dall’aspirante per tutte le graduatorie provinciali permanenti o elenchi provinciali ad esaurimento o graduatoria provinciale ad esaurimento di collaboratore dai quali intende essere depennato.

L’istanza di depennamento determinerà la cancellazione, a partire dallo settembre dell’anno scolastico 2014/2015, dalle graduatorie provinciali permanenti o dagli elenchi provinciali ad esaurimento o dalle graduatorie provinciali ad esaurimento di collaboratore scolastico e da quelle correlate di circolo e di istituto relative a tutti i profili professionali richiesti e di precedente inclusione nella provincia in cui è stato richiesto il depennamento.

L’allegato 4, sottoscritto dall’aspirante, va inviato all’Ufficio Scolastico Provinciale della provincia nelle cui graduatorie lo stesso è inserito, sempre entro l’8 ottobre 2014.

L’utilizzo “creativo” delle ore a disposizione dei prof

da La Tecnica della Scuola

L’utilizzo “creativo” delle ore a disposizione dei prof

Le modalità di impiego delle ore “a disposizione” varia molto da scuola a scuola, alle volte anche in relazione alla “creatività” del singolo dirigente scolastico.

Il riferimento normativo dell’orario di servizio settimanale  degli insegnanti  è perfettamente recepito dall’art. 28 comma 5 del CCNL scuola. In tale norma è scritto chiaramente  che, in coerenza con il calendario scolastico delle lezioni definito a livello regionale, l’attività di insegnamento si svolge in 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia, in 22 ore settimanali nella scuola elementare e in 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d’istruzione secondaria ed artistica, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali.
Nel caso degli insegnanti elementari, alle canoniche 22 ore di servizio settimanale vanno aggiunte altre 2 ore da dedicare, anche in modo flessibile e su base plurisettimanale, alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con l’orario delle lezioni.
Nel caso delle scuole secondarie di secondo grado capita che l’orario di servizio possa essere anche di 15 ore  più 3 a disposizione, di 16 ore più 2 a disposizione  o anche di 17 ore più una sola ora a disposizione, e comunque in generale con un certo numero di ore a disposizione. Ma come andrebbero utilizzate queste ore a disposizione dei prof delle scuole secondarie di secondo grado?
Anche questo è regolato dal contratto scuola e precisamente dal comma 6 dell’art.28 su citato.
In questo comma è scritto che negli istituti e scuole di istruzione secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, i docenti, il cui orario di cattedra sia inferiore alle 18 ore settimanali, sono tenuti al completamento dell’orario di insegnamento da realizzarsi mediante la copertura di ore di insegnamento disponibili in classi collaterali non utilizzate per la costituzione di cattedre orario, in interventi didattici ed educativi integrativi, nonché mediante l’utilizzazione in eventuali supplenze e, in mancanza, rimanendo a disposizione anche per attività parascolastiche ed interscolastiche.
Per quanto riguarda gli interventi didattici ed educativi integrativi, al comma 2 dell’art. 28, si puntualizza che la flessibilità oraria è applicabile tenendo conto della disciplina contrattuale. Proprio in questo punto si potrebbero ravvedere degli sconfinamenti di carattere contrattuale da parte di alcuni dirigenti scolastici. Infatti per alcuni DS è loro discrezionalità assegnare le ore a disposizione in orario di servizio mattutino e curricolare, piuttosto che in orario pomeridiano ed extracurricolare.
Esistono DS (alcuni di loro si autodefiniscono “creativi”) che utilizzano il monte ore delle ore a disposizione di alcuni docenti per attuare, senza alcun compenso accessorio e senza la disponibilità volontaria del docente, corsi di recupero per tutto l’anno scolastico.
Ma questa creatività è legittimata dal contratto scuola? In buona sostanza può un dirigente scolastico “creativo” imporre un corso pomeridiano di 100 ore ad un docente che ha 3 ore a disposizione? Francamente mancando la disponibilità del docente, che magari vorrebbe essere utilizzato per l’orario di servizio curricolare e soltanto la mattina, appare una forzatura contrattuale quello di impegnarlo obbligatoriamente in orario extracurricolare e anche di pomeriggio.
Comunque sia questa è una prassi diffusa ed anche molto creativa che toglie risorse curricolari e quindi obbligatorie per distribuirle in attività accessorie che, come è noto a tutti, non sono obbligatorie. Tuttavia questo è un problema destinato ad essere superato con l’avvento del prossimo decreto di riforma della scuola che consegnerà ai DS la possibilità di essere realmente creativi ad utilizzare liberamente ogni forma di flessibilità oraria di servizio dei docenti.

Il prof deve essere in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni

da La Tecnica della Scuola

Il prof deve essere in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni

I 5 minuti in questione servono a garantire la vigilanza sugli alunni. Il mancato rispetto della regola potrebbe configurare una mancanza di tipo disciplinare.

Quella prevista al comma 5 dell’ art.29 del CCNL scuola è una norma poco rispettata, forse anche troppo sottovalutata,  ma di un’importanza fondamentale. Di cosa si tratta nello specifico? È la norma che obbligherebbe tutti gli insegnanti che hanno la prima ora di lezione ad essere presenti in classe 5 minuti prima dell’entrata dei propri studenti.
In tale norma contrattuale è scritto: “Per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e ad assistere all’uscita degli alunni medesimi”.
La norma è importante perché si parla di assicurare la vigilanza degli alunni in due momenti particolari della giornata. Il momento dell’orario di entrata e quello di uscita, che sono sempre momenti caotici in cui la vigilanza degli insegnanti diventa fondamentale.
Ovviamente il docente, all’orario di inizio delle lezioni,  non ha obblighi di vigilare gli studenti nelle pertinenze della scuola, come cortili, parcheggi, corridoi o bagni della scuola, ma la sua responsabilità civile è riferita all’ambiente classe, a cui è stato assegnato  dall’orario settimanale di servizio.
Al termine dell’orario delle lezioni, gli insegnanti dell’ultima ora assistono gli alunni all’uscita, controllando che gli alunni escano in modo ordinato e disciplinato dalla scuola. A quel punto terminano gli obblighi contrattuali di vigilanza e di responsabilità.
Alcuni dirigenti scolastici interpretano la norma del comma 5 del suddetto art.29 non soltanto per la prima ora di orario delle lezioni degli studenti, ma più in generale per la prima ora di lezione degli insegnanti. Per cui se un docente entrasse in servizio alle ore 10, dovrebbe garantire la sua presenza in classe 5 minuti prima e quindi alle ore 9.55. Questa interpretazione è stata scritta anche in alcune circolari interne in cui si chiede espressamente di garantire la presenza in classe 5 minuti prima dell’inizio dell’orario di servizio di ogni singolo docente.
Per parte nostra ci sentiamo di dire che è un’interpretazione del tutto fuori luogo e che il comma 5 dell’art.29 del CCNL 2006-2009 si riferisce alla prima ora della giornata scolastica e non alla prima ora di servizio del docente. Quindi tanto per intenderci il docente è tenuto ad entrare in classe alle ore 7.55, se nella scuola le lezioni iniziano alle ore 8. Chi non rispetta questa norma contrattuale, che opportunamente dovrebbe essere ribadita ad inizio d’anno scolastico da circolare interna, in cosa potrebbe incorrere? Potrebbe incorrere in sanzioni disciplinari anche gravi, soprattutto se in caso di mancata vigilanza dovesse accadere l’imponderabile.
Si ricorda che un riferimento alla vigilanza è presente anche nell’art.10 lettera a) del Testo Unico delle disposizioni vigenti in materia di istruzione n. 297 /94 in cui si prevede che il Consiglio di circolo o di istituto deliberi sull’adozione del regolamento interno che “deve stabilire le modalità per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola, nonché durante l’uscita dalla medesima “.
Quindi bisogna fare attenzione a rispettare questa norma semplice e lineare, per evitare richiami scritti, censure, sanzioni disciplinari e soprattutto di dovere rispondere nei casi estremi del mancato rispetto del codice civile.