Verum et factum convertuntur

271 VERUM ET FACTUM CONVERTUNTUR di Umberto Tenuta

CANTO 271 Verum et factum reciprocantur seu convertuntur (G.B. VICO), nel senso che il principio e la regola di verità sta nel conoscere la genesi delle cose e quindi nella capacità di produrle.

Produrle, costruirle, questo il senso della Scoperta, della Invenzione.

 

Via, via, per carità, via alla BUONA SCUOLA DELLA LEZIONE!

Via via agli INSEGNANTI!

Ché nulla agli uomini si può insegnare.

Via via ai DOCENTI!

Ché uomini docili non vogliamo, se non nelle dittature!

Spazio, largo spazio ai Maestri!

Alle Maestre, soprattutto.

Mamme, non nella carne, ma nell’anima!

verumMaestre virgiliane.
Maestre che non fanno tediose lezioni, ma maestre, giovani nell’anima, che innamorano i giovani alla strada della scoperta del mondo minerale, vegetale, animale, umano.

Scoprire, inventare, costruire il Mondo!

Mica la RUOTA stava sotterrata e l’uomo l’ha dissotterrata, togliendo la coperta di terra che ne impediva la vista!

Dalla pietra che rotolava sul pendio alla pietra tonda che agevolava il trasporto della legna, alla pietra bucata da governare, alla ruota di pietra del frantoio della mia infanzia, alla ruota di legno, alla ruota della mia BORA!

L’uomo non scopre.

L’uomo costruisce le sue conoscenze, le sue virtù, i suoi amori.

Ecco la BUONA SCUOLA!

L’abbiamo chiamata BUONA SCUOLA DELLA SCOPERTA.

Ma volevamo dire BUONA SCUOLA DELLA COSTRUZIONE DEL SAPERE, DEL SAPER FARE, DEL SAPER ESSERE.

Nessun SAPERE (conoscenza, concetto), nessun SAPER FARE (abilità, capacità), nessun SAPER ESSERE (atteggiamento, desiderio, amore) si dà, si consegna, si insegna.

Né si trova scritto nei libri di testo.

Col sudore della loro fronte, gli studenti debbono desiderare ed essere capaci di costruire la rete di meridiani e paralleli che imbrigliano la TERRA e ti sanno dire ove in questo preciso momento tu mi stai leggendo.

Li vedete, voi, questi bimbi intenti a costruire i concetti di minerali, vegetali, animali?

TRE REGNI, tre imperi, tre concetti (“concetto” −dal latino concipĕre = cum-capĕre, comprehendĕre, CUMCEPTUS− aspetti sensibili particolari che una molteplicità di oggetti hanno in comune).

Da prendere e mettere assieme, considerando solo gli aspetti sensibili particolari che hanno in comune.

Il docente somministra il piatto di pastasciutta alla mensa, quando non lo fa la cuoca.

Ma nulla somministra nei laboratori di Lingua, di Matematica, di Storia, di Geografia, di Filosofia, di Poesia…

Sono tutti scopritori, inventori, costruttori, gli alunni della SCUOLA DELLA SCOPERTA.

Sono tutti impegnati, sono tutti presi dal loro impegno, sono tutti silenziosi, sono tutti intenti a cooperare all’impresa comune.

Mica questo è un punto di partenza!

Oddio, quanta fatica!

Dei docenti?

Sì, faticaccia.

Meglio la lezioncina!

E il grande impegno, e la grande fatica degli studenti?

Sì, che gioia!

La loro gioia di imparare, di alimentarsi alle fonti della cultura, di crescere, di farsi Letterati, Poeti, Scienziati, Musicisti, Artisti di tutte le umane arti.

Fabbrica di uomini è la BUONA SCUOLA DELLA SCOPERTA.

La Scuola del fare, la Scuola dell’inventare, la Scuola del costruire le conoscenze, le capacità, le virtù.

SCUOLA LABORATORIALE, tutta laboratori.

Ah, come era buffa la scuola della LEZIONE!

Magari fosse stata buffa, ci avrebbe almeno fatto ridere.

Anziché piangere!

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

 

Piano regionale eTwinning per il Lazio 2014 – Seminari on line

Piano regionale eTwinning per il Lazio 2014 – Seminari on line

L’USR Lazio, con il contributo dell’Agenzia Nazionale INDIRE di Firenze – Unità Nazionale eTwinning – presenta, per il corrente anno scolastico, il Piano Regionale per il Lazio per la diffusione del programma eTwinning, la comunità delle scuole europee.
Il programma eTwinning promuove la collaborazione scolastica in Europa attraverso l’uso delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC), fornendo supporto, strumenti e servizi per facilitare le scuole nell’istituzione di partenariati a breve e lungo termine in qualunque area didattica. eTwinning offre una piattaforma per lo staff delle scuole partecipanti, con lo scopo di comunicare, collaborare, sviluppare progetti, condividere e, in breve, partecipare alla più entusiasmante comunità didattica europea.

Il Portale eTwinning http://www.etwinning.net/ è il principale punto d’incontro e luogo di lavoro del programma.
– leggi la nota Prot. n. 25967 del 08.10.2014

Nuovo Direttore Generale dell’USR Lombardia

Individuato il nuovo Direttore Generale dell’USR Lombardia
Si tratta della dottoressa Delia Campanelli

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini ha individuato il nuovo Direttore Generale per l’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia. Si tratta della dottoressa Delia Campanelli, attualmente dirigente di II fascia del Miur.

A seguito dell’avviso pubblicato lo scorso 2 settembre per la copertura del posto al Ministero dell’Istruzione sono arrivate 34 candidature. La procedura prevede che su proposta del Ministro dell’Istruzione il Direttore Generale venga poi nominato con Dpcm.

Un appuntamento mancato

Un appuntamento mancato

di Maurizio Tiriticco

A proposito del cosiddetto “nuovo” esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione – Se si decide di affidare l’esame ad una commissione interna, agli insegnanti della stessa classe, occorre considerare la difformità a cui si va incontro. Attualmente, gli insegnanti dell’ultimo anno sono tenuti, in sede di uno scrutinio finale, ad ammettere o non ammettere gli alunni all’esame a seconda dei voti e dei crediti conseguiti da ciascuno di essi. E’ evidente l’incongruenza che si produrrebbe qualora un candidato fosse bocciato dagli stessi insegnanti che lo hanno ammesso. A parte i ricorsi che ne conseguirebbero, o meglio alle… promozioni generalizzate… antiricorso, il che mi conferma nella convinzione che un esame ha sempre un basso tasso di credibilità. Sono solito dire che basta un mal di testa o un colpo di fortuna a condizionare l’esito di un esame. Ed è una circostanza di cui tutti coloro che sono andati a scuola o hanno affrontato concorsi possono confermare. Mi chiedo: se saranno gli stessi insegnanti della classe ad esaminare i candidati, non sarebbe opportuno driblare gli scrutini di ammissione e andare direttamente alle prove d’esame?
E voglio anche sottolineare la circostanza più grave. Purtroppo, qualunque sia la scelta circa le modalità della prossima tornata di esame, ancora una volta la certificazione delle competenze non verrà effettuata. Sempre ammesso che la prova esame sia la più congruente per accertare e certificare una competenza! Si tratta di un discorso aperto e difficile, ma che nessuno intende affrontare! E le competenze sono ancora oggi un parola vuota… per la nostra amministrazione! Ingenuamente pensavo che con questa tornata di esami, completandosi il riordino dell’intero secondo ciclo, avviato con l’anno scolastico 2010/11, l’obiettivo della certificazione delle competenze, che la stessa legge 425/97 sancisce, venisse finalmente proposto e raggiunto. E un ‘amministrazione avveduta avrebbe dovuto muoversi su questa strada! Ma ciò non è avvenuto!
Così i risultati di apprendimento degli studi liceali, di cui all’allegato A del dpr 89/2010, relativo alle Indicazioni nazionali per i licei, non saranno affatto considerati. Né saranno testate le competenze terminali chiaramente indicate, definite e descritte nelle Linee guida degli istituti tecnici (dpr 88/2010) e in quelle degli istituti professionali (dpr 87/2010). Mi sono sbagliato! Ancora un volta un obiettivo di questo tipo, che dovrebbe riqualificare l’intero nostro sistema di istruzione, viene disatteso. E rinviato alle calende greche! Ancora una volta la nostra amministrazione non ha saputo prendere in carico questa questione. Perciò, le competenze da sempre e chissà per quanto tempo ancora, nella nostra scuola sono un’araba fenice!
I nostri ragazzi ancora non sapranno che cosa veramente sanno fare! E il mondo del lavoro aspetta! Anche l’Europa, come si suol dire, aspetta! E aspetta anche il mondo intero, stante il fatto che i nostri giovani sempre più sono costretti a cercare lavoro all’estero! Ma è difficile che possano trovarlo agevolmente perché, ancora una volta, il titolo di studio che produrranno non certifica assolutamente nulla!

#LABUONASCUOLA: RISPOSTE CONSULTAZIONE ON LINE SIANO TRASPARENTI

#LABUONASCUOLA, GILDA: RISPOSTE CONSULTAZIONE ON LINE SIANO TRASPARENTI

“Le risposte ai questionari on line sul piano ‘La buona scuola’ devono essere rese pubbliche, non possono restare nelle segrete stanze del presidente del Consiglio e del Miur. Se il governo non rispetta il principio di trasparenza, tanto declamato da Renzi sin dall’inizio del suo insediamento a Palazzo Chigi, la consultazione telematica rischia di diventare una farsa”. E’ quanto dichiara Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.

“Manca chiarezza sul numero di visite al sito predisposto dal governo e di questionari compilati perché non ci sono dati ufficiali messi nero su bianco. Le uniche cifre disponibili sono quelle comunicate da Renzi nei suoi video e dal ministro Giannini durante le interviste. Secondo fonti giornalistiche – prosegue Di Meglio – i questionari compilati sarebbero circa 30mila, un flop se si considera che i cittadini potenzialmente interessati al piano del governo sarebbero 8 milioni tra insegnanti, famiglie e alunni”.

“La vera consultazione – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – è quella che stiamo portando avanti noi con le assemblee nelle scuole a cui stanno partecipando migliaia di insegnanti, impegnati ogni giorno nelle aule con gli studenti a fare davvero la buona scuola”.

Contro la sperimentazione in Trentino

Gli Insegnanti di sostegno, dopo aver letto diversi articoli di giornale in cui si esprime qualche sporadica critica, ma soprattutto grande partecipazione solidale al lancio su facebook del boicottaggio culturale ad una nota casa editrice, accolgono con soddisfazione il piacere di aver sollevato un dibattito che non si svolge più solo nel chiuso di alcuni convegni (organizzati anche dalla stessa casa editrice), ma si è spostato anche sul web e nelle scuole.

Quindi il vero intento dei docenti era quello di parlarne e attirare l’attenzione su quella stragrande maggioranza di insegnanti che non condivide e protesta contro la sperimentazione in Trentino che prevede l’eliminazione del docente di sostegno, secondo i canoni dettati dall’ultimo libro pubblicato da Dario Ianes.

Il gruppo interregionale di insegnanti di sostegno, che ha dato il via alla campagna di dissenso, ha fatto proprie le istanze di chi ha manifestato tale profondo disaccordo sul web, su facebook e su diversi gruppi di scuola e sulla stessa pagina della casa editrice Erickson.

Questa iniziativa è rimbalzata anche presso i docenti curricolari che non intendono rinunciare alla preziosa compresenza del docente di sostegno e che hanno subito aderito.

L’account Insegnanti di sostegno è nato il 29 settembre per difendere il diritto dei disabili al sostegno e gli insegnanti specializzati di sostegno, ma improvvisamente abbiamo perso il nostro evento, (ripreso da diversi giornali e siti scolastici), gli oltre 4 mila inviti e le 1000 adesioni raggiunte in soli 2 giorni. Pertanto il nostro appello è stato riproposto successivamente ad un altro indirizzo, declassato e collegato dal social network Facebook ad una pagina che non gode più della visibilità che aveva prima, se non dietro pagamento per un’inserzione pubblicitaria, dettato dalla linea commerciale di face book, che ovviamente non ci interessa.

Il sostegno, un diritto per i disabili, ma anche una scelta didattico-culturale italiana che ci invidiano in tutto il mondo, è un’eccellente strategia scolastica che si pone come il faro mondiale dell’integrazione.

Non a caso infatti arrivano osservatori europei e d’oltreoceano per studiare il nostro sistema integrato scuola-sanità.

Si coglie l’occasione per rispondere anche a Salvatore Nocera , dirigente Fish che dice testualmente:

Io non condivido questa idea di Ianes, ripresa pure dalla ricerca della Fondazione TREELLLE e della Fondazione Agnelli; anzi ho pubblicamente espresso il mio dissenso sia al tradizionale convegno biennale del centro studi Erickson di Rimini che in miei scritti cartacei ed on line. Però dal dissentire con argomentazioni al “boicottaggio sui libri” ci corre un abisso.”

Concludendo , al Prof.re Nocera vogliamo dire che noi non abbiamo metodi discutibili “all’americana”, cosa che sarebbe in contraddizione con le nostre figure di docenti di sostegno che credono fortemente nelle politiche dell’accoglienza e dell’inclusione. Semplicemente abbiamo adottato una singolare forma di protesta contro una linea editoriale che, assecondando in buona sostanza i tagli dettati dall’austerity demolitrice dello stato sociale, ci riporterebbe alle classi speciali o peggio, ad un’unica figura. Ipotesi decisamente inquietante e discriminatoria verso gli alunni diversamente abili, le loro famiglie e le loro voci troppo spesso inascoltate.

Teniamo a precisare che la nostra Costituzione garantisce ad ogni cittadino la libertà di esprimere la propria opinione il proprio pensiero critico, le proprie libere scelte e il proprio dissenso.

Disabilità, a Reggio Emilia nasce “Durante e dopo di noi”

Disabilità, a Reggio Emilia nasce “Durante e dopo di noi”

La fondazione vuole progettare il futuro delle persone fragili, coinvolgendo tutte le componenti della comunità e non solo le famiglie. La presentazione l’11 ottobre in occasione di un incontro dal titolo “Insieme per fare da soli”

REGGIO EMILIA – A Reggio Emilia è nata “Durante e dopo di noi”, una fondazione di partecipazione che vuole progettare il futuro delle persone fragili, coinvolgendo tutte le componenti della comunità e non solo le famiglie. Costituita formalmente il 13 maggio 2014, la fondazione conta 87 soci fondatori, rappresentati da 79 familiari, 6 organizzazioni di volontario e da 2 consorzi di cooperative sociali. Il percorso che ha portato alla sua creazione ha visto l’accompagnamento importante di: Comune di Reggio Emilia, Azienda sanitaria locale, comuni del distretto di Reggio Emilia, Farmacie comunali riunite, e, non ultimo, dalla Fondazione Pietro Manodori che con il contributo economico e il coordinamento del Csv di Reggio Emilia DarVoce ha reso possibile la realizzazione di questo sogno.

Il nuovo ente si presenterà alla comunità reggiana sabato 11 ottobre in occasione di un incontro dal titolo “Insieme per fare da soli”, che si svolgerà a partire dalle ore 9 nell’aula magna dell’Università di Modena e Reggio Emilia, in viale Allegri 9. Nel corso della mattinata si alterneranno soci fondatori, rappresentanti di associazioni e delle istituzioni pubbliche, locali e nazionali, per parlare del percorso che ha portato alla nascita della fondazione e del ruolo che ricoprirà.

Il programma completo della giornata è disponibile sul sito del Csv di Reggio Emilia

Scuole Belle, l’inganno del governo Renzi per dare lavoro agli Lsu

da Il Fatto Quotidiano

Scuole Belle, l’inganno del governo Renzi per dare lavoro agli Lsu

I fondi del governo distribuiti in base alla platea di Lavoratori socialmente utili sul territorio e senza tenere conto delle esigenze degli istituti. Così la Campania prende più di un terzo dei 450 milioni complessivi. Ma i presidi possono scegliere solo tra pochi interventi “di cacciavite”. E a volte spendono di più che a prezzi di mercato

“Non siamo partiti dall’edilizia, ma dall’annoso problema dei lavoratori socialmente utili e della gara per i servizi di pulizia”. A svelare il bluff dell’operazione “Scuole belle” sono gli stessi vertici del ministero dell’Istruzione. L’obiettivo non erano le scuole: i soldi, 450 milioni di euro in totale, sono stati in realtà stanziati per risolvere il problema degli ‘ex Lsu’, migliaia di lavoratori che svolgono le opere di pulizia nelle strutture scolastiche del Paese, messi in difficoltà dal ribasso dell’ultima convenzione Consip. Il progetto di manutenzione è solo il modo di garantire a questi dipendenti la continuità occupazionale perduta. Così gli istituti scivolano in secondo piano: fondi distribuiti a pioggia, senza considerare gli interventi realmente necessari; importi, in alcuni casi di decine di migliaia di euro, spesi per operazioni marginali, perché solo queste rientravano nelle competenze dei lavoratori da occupare.

“Scuole Belle” insomma si trasforma, diventa la storia un’iniziativa che riguarda sì la scuola italiana, ma non è stata calibrata sulle esigenze della scuola italiana. Non più il grande progetto annunciato in pompa magna dal presidente del Consiglio, ma i classici due piccioni con una fava. Anche i presidi ne sono consapevoli. “Il progetto non è come l’hanno presentato: pensavamo di poter gestire quelle risorse, con certe cifre avremmo potuto fare cose importanti. In realtà c’è solo da scegliere tra alcune opzioni di lavori possibili. È tutto incanalato perché quei soldi servono a dare da mangiare ai lavoratori socialmente utili, le scuole vengono dopo”, spiega Fernando Iurlaro, dirigente dell’Istituto comprensivo Copertino, in provincia di Lecce.

I SOLDI DOVE CI SONO PIÙ LAVORATORI

La riprova sta proprio nel processo con cui l’esecutivo ha elaborato la graduatoria e quantificato gli importi. I 150 milioni per il 2014, che diventeranno 450 milioni fino ai primi mesi del 2016, sono esattamente quanto serve a colmare il gap aperto dall’ultimo bando Consip. E i fondi sono stati distribuiti tra le varie province del Paese non sulla base delle richieste delle scuole ma sul numero dei lavoratori. Tanto che su 450 milioni totali 330 finiscono al Meridione – la Campania da sola ne prende 171, la Puglia 68 – solo perché la maggior parte degli Lsu si trova in queste regioni. Non certo perché le strutture del Sud siano messe peggio di quelle del Nord.

A ricostruire l’iter è Sabrina Bono, capo dipartimento Miur per le risorse finanziarie: “Quella dei lavoratori socialmente utili è un’emergenza che nasce dalla gara per i servizi di pulizia: l’esternalizzazione, se da un lato ha razionalizzato i costi, dall’altro ha generato una pressante questione sociale. Per affrontarla, il nuovo governo ha pensato ad una soluzione che non fosse il solito ricorso agli ammortizzatori sociali. E visto che sul tavolo c’era già il tema dell’edilizia scolastica, si è deciso di inaugurare un filone riguardante la piccola manutenzione”. Questo genere di lavori, infatti, ricade proprio all’interno della convenzione Consip che riguarda gli “ex Lsu”. Così sono stati messi in cantiere un tot di opere in base al fabbisogno di questi lavoratori, non delle scuole. Legittimo. Anche lodevole, a sentire alcuni protagonisti come i sindacati o i vertici del ministero, soddisfatti di aver raggiunto un duplice obiettivo: “Per noi è una bella iniziativa, fino all’anno scorso in alcune scuole si facevano collette fra i genitori per riverniciare le aule. Abbiamo ricevuto tante lettere di ringraziamento”, afferma la Bono. Sicuramente, però, non è quello che aveva raccontato il premier Renzi, che negli ultimi mesi aveva più volte sbandierato l’intenzione di mettere la scuola al centro dei piani del governo. Mentre le cose sono andate diversamente.

GLI EFFETTI NEGATIVI SUI LAVORI

La particolare genesi del progetto, infatti, ha comportato alcune storture nella destinazione dei fondi alle scuole e nel loro impiego. La prima, la più macroscopica, è che il principale criterio di ripartizione è stato il numero di lavoratori presenti nella provincia: i soldi, insomma, non sono andati alle scuole che ne avevano più bisogno. Del resto, non c’è stato alcun bando a cui gli istituti potevano partecipare, nessun censimento specifico per monitorare gli interventi da effettuare (se non la consueta comunicazione che all’inizio di ogni anno i presidi fanno ai Comuni di appartenenza). Così nelle province più “munificate” dal progetto (come ad esempio Napoli con 37 milioni di euro, o Lecce con 10 milioni) è capitato che alcune scuole, le più grandi, si vedessero assegnati fino 200mila euro. Cifre ben lontane dai 7mila euro fissati come importo minimo dal Miur, o dalla media di 20mila euro scarsi per plesso. Sempre, però, per fare interventi “di cacciavite”.

La lista delle operazioni possibili, poi, è abbastanza ristretta: verniciatura delle pareti e cancellazioni di scritte; riparazioni degli infissi; rimozione e riallocazione delle strutture didattiche (praticamente montare o spostare mensole, armadi, lavagne); piccoli interventi all’impianto idrico-sanitario (caldaie escluse, però); rifacimento e manutenzione del giardino. È possibile spendere decine, a volte centinaia di migliaia di euro solo in questo tipo di lavori? Evidentemente sì. Si doveva farlo, del resto. Al massimo è stata concessa la possibilità di destinare fondi avanzati per pagare a canone servizi di pulizia e giardinaggio per i prossimi mesi.

E pazienza che in alcuni casi gli stessi presidi abbiano avanzato dei dubbi. “A me alcuni costi sono sembrati spropositati. Ad esempio, il 15% secco solo per pulizie di fine cantiere (altra voce della circolare, ndr) mi è sembrato esagerato”, spiega Tonino Bacca, dirigente scolastico del circolo “Livio Tempesta” a Lecce. La sua direzione didattica si è vista assegnare 166mila euro, di cui 25mila circa se ne andranno solo per smontare i cantieri. “A casa mia non avrei mai fatto quei lavori a quelle cifre”, conclude. “Se avessi potuto decidere, avrei speso solo una parte dei fondi in manutenzione e il resto li avrei destinati a migliore la qualità delle attrezzature e dell’offerta formativa”. Discorso simile in un’altra scuola della provincia: qui la preside (che ha preferito rimanere anonima) ha speso circa 50mila euro per riverniciare 16 aule; ma pochi mesi prima la ritinteggiatura di 10 aule, a spese del Comune, era costata solo 17mila euro; in proporzione, meno della metà. È il genere di inconvenienti che si verifica con i finanziamenti a pioggia.

Il risultato, alla fine della giostra, è una “mano di fresco” ai 7.751 plessi interessati, che ha lasciato parzialmente soddisfatti i presidi: da una parte felici di aver migliorato le condizioni delle loro strutture, dall’altra convinti che con le stesse cifre si sarebbe potuto fare di più e di meglio. Tutti contenti, invece, i lavoratori impiegati dal progetto, i veri beneficiari dell’iniziativa.

LSU: CHI E QUANTI SONO

Per capire di chi si tratta e da dove nasce questa esigenza bisogna fare un passo indietro. In totale parliamo di circa 21mila uomini e donne in tutta Italia, concentrati per oltre il 50% nelle regioni del Sud. Alcuni provengono dai cosiddetti “appalti storici”, impiegati in questo settore sin dagli anni Ottanta. Altri, la maggior parte, sono appunto gli ex “lavoratori socialmente utili” (Lsu): disoccupati o cassaintegrati che nel 2001 il governo Prodi decise di stabilizzare all’interno delle scuole per i lavori di pulizia, impegnandosi a stanziare ogni anno le risorse necessarie per mantenerli. La loro situazione si è però complicata nel corso degli anni: le opere di pulizia sono state prima sottratte agli enti locali nel 2007, poi esternalizzate. E l’ultima gara Consip del 2011 ha visto dei ribassi tali (in alcuni casi anche del 30-50%) da indurre le ditte a presentare un piano di riduzione consistente dell’orario di lavoro. Si tratta della Dussmann in Puglia e Toscana; della Manutencoop in Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Lombardia e Trentino Alto-Adige; e del consorzio Rti in Sardegna, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo Molise, Valle D’Aosta, Piemonte e Liguria (nelle altre regioni la gara non è stata completata).

Già negli scorsi anni erano state varate delle operazioni straordinarie di pulizia, per far fronte all’emergenza. Quindi, nel febbraio 2014, il lancio di “Scuole belle”, per dare una svolta alla questione. Con i soldi del progetto, infatti, i lavoratori dovrebbero essere a posto almeno per due anni. Poi alcuni di loro dovrebbero andare in pensione, il bacino cominciare a svuotarsi. E il “bubbone” sgonfiarsi. Con piena soddisfazione del governo. Un po’ meno delle scuole, che per essere pulite meglio dovrebbero sperare in una disoccupazione maggiore.

Disoccupazione giovanile? Colpa dell’istruzione: parola di Confindustria

da Il Fatto Quotidiano

Disoccupazione giovanile? Colpa dell’istruzione: parola di Confindustria

Non c’è lavoro per i giovani? Niente paura, Confindustria ha scoperto il colpevole: “Il 40% della disoccupazione giovanile dipende dal mancato collegamento tra scuola e lavoro e dal basso orientamento scolastico”. Lo ha annunciato in pompa magna Ivan Lo Bello, vice presidente per l’Education (sic!), per presentare “L’Education per la crescita: le 100 proposte confindustriali che rivoltano come un calzino l’istruzione italiana, dalla primaria fino al dottorato.

La fonte del dato è “Studio ergo Lavoro”, una ricerca pubblicata a gennaio dalla McKinsey: la multinazionale di management consulting più famosa del mondo! Mi immergo nella lettura e scopro che si parla dei disoccupati tra i 15 e i 29 anni, che sono circa un milione e centomila: quindi, 450.000 giovani oggi avrebbero un lavoro e vivrebbero felici, se la scuola non li avesse traditi e abbandonati. Ma come fanno a saperlo? Che ricerca hanno condotto, quali statistiche e metodologie hanno usato?

La risposta è: ma quale ricerca? Ma che statistiche o metodologie? Il dato viene ottenuto molto più economicamente e a colpo sicuro, tramite un “ragionamento”. “Nella maggior parte dei Paesi europei” il rapporto tra disoccupazione giovanile e adulta è 2 a 1, mentre in Italia è 3,5 a 1: “se consideriamo il rapporto 2 a 1 un valore naturale,  possiamo concludere che la quota che eccede questo livello dipende da inefficienze proprie del nostro sistema di transizione dalla scuola al lavoro”.

“Possiamo concludere”: vi giuro che è scritto proprio così, e fine delle trasmissioni. Se credete (come crederei anch’io) che in malafede abbia tagliato qualche parte di ragionamento, andate a sincerarvi di persona così mi confermate che non ho avuto le allucinazioni.

D’altra parte, a pensarci bene: ma davvero qualcuno crede che in Italia ci siano 450.000 posti di lavoro belli succulenti e pronti, e che basti avere il diploma giusto per coglierli al volo? Dato che ho cominciato ad nutrire qualche piccolo dubbio sono andato a consultare i dati ufficiali Unioncamere-Ministero del Lavoro. Il numero di assunzioni fallite non è indicato, in compenso c’è il numero delle assunzioni “considerate di difficile reperimento”, con tanto di motivazione delle difficoltà.

Scopro che nel 90% dei casi non viene segnalato alcun problema ad assumere; in più, le difficoltà che riguardano il restante 10% non sono insormontabili, dato che il tempo d’attesa medio per trovare i “difficili” si aggira sui tre mesi e mezzo. I casi in cui le difficoltà dipendono da “mancanza di adeguata preparazione e formazione” sono (ma guarda un po’!) solo il 2% del totale delle assunzioni: circa 12.600 posti, dei quali quelli a livello universitario sono meno di 2.500…altro che i 450.000 della “ricerca” McKinsey!

Allora, caro Ivan Lo Bello, McKinsey e Confindustria tutta: a che gioco giochiamo? Davvero ci volete raccontare che non avete mai visto i dati di Unioncamere? E dato che li avete visti benissimo, davvero un sistema di istruzione che, a detta delle stesse imprese, funziona o non ha colpe nel 98% dei casi dovrebbe essere raso al suolo e rifatto da zero per ridurre i tempi di attesa del restante 2%? O forse non siete riusciti a trovare uno straccio di motivo reale per trasformare la scuola pubblica italiana in un campo di addestramento al lavoro obbediente, costellato di stage, tirocini e apprendistati (tutti rigorosamente non retribuiti)… al punto che vi tocca inventarvelo?

Insomma: la classe imprenditoriale più scarsa del globo terracqueo, in tandem con il Bomba, sta provando a ridisegnare la scuola a suo uso e consumo a suon di sfacciate bugie. Che facciamo? Restiamo zitti come sentinelle in piedi, o entriamo in scena anche noi?

Parte il tour del Miur “La Buona Scuola”

da La Stampa

Parte il tour del Miur “La Buona Scuola”

oltre 30 tappe in tutta Italia, si parte da Torino L’Aquila e Bolzano
roma

La consultazione su “La Buona Scuola” diventa un tour sul territorio. Da oggi e fino alla metà di novembre il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, i sottosegretari del Miur e alcuni esponenti del ministero, fra cui il capo di Gabinetto Alessandro Fusacchia, racconteranno al paese i contenuti del Rapporto del governo “La Buona Scuola”, pubblicato lo scorso 3 settembre.

 

Fino al prossimo 15 novembre sul sito www.labuonascuola.gov.it tutti i cittadini possono partecipare alla consultazione pubblica sulla scuola che prevede un questionario, kit per l’organizzazione di dibattiti, stanze tematiche dove inviare proposte concrete. Per la prima volta l’intero paese viene coinvolto in un ampio confronto sui temi dell’istruzione.

 

Si comincia da Torino, L’Aquila e Bolzano. Gli incontri avverranno in modalità BarCamp, ci saranno momenti di introduzione generale sul Rapporto “la Buona Scuola” e a seguire brevi interventi senza filtro. Il Miur ascolterà docenti, studenti, genitori, ma anche le imprese, le Associazioni, Fondazioni, Atenei.

 

Sul portale è stata pubblicata (https://www.labuonascuola.it/dibattiti/mappa/) la cartina dei dibattiti già segnalati dal territorio con la divisione per regioni e i riferimenti per poter partecipare.

Giannini: basta carriera per anagrafe

da La Stampa

Giannini: basta carriera per anagrafe

ll ministro conferma anche l’immissione in ruolo di circa 150 mila precari storici

«Non è più concepibile una carriera scolastica in cui si cresce solo perché si invecchia». Lo ha affermato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, prendendo la parola alla Accademia dei Lincei in occasione della presentazione del progetto “I Lincei per una nuova scuola”.

 

«Abbiamo la responsabilità di fornire a tutte le scuole i docenti di cui hanno bisogno», ha spiegato, «e per questo un tratto qualificante è la fine del precariato scolastico attraverso l’immissione in ruolo di circa 150 mila precari storici».

 

«Abbiamo la responsabilità -ha proseguito il ministro – di assicurare che il piano di assunzioni vada di pari passo con un modo nuovo di fare carriera all’interno della scuola: introducendo il criterio del merito per l’avanzamento e per la definizione degli scatti stipendiali, attraverso un sistema in cui la retribuzione valorizzi l’impegno di ogni insegnante e il suo contributo al miglioramento della propria scuola».

 

Ci vorrà tempo, denaro, forza politica, determinazione amministrativa e pazienza sovrumana per attuare tutto quello che proponiamo nella Buona Scuola. Ne siamo consapevoli. Ma un risultato -ha aggiunto il ministro- lo abbiamo già ottenuto: il Paese è tornato a parlare della scuola».

 

«L’epoca di innovazione -ha detto tra l’altro Giannini- non è finita: la nostra scuola è piena ancora oggi di innovatori silenziosi. Dobbiamo farli crescere, potenziando e rendendo obbligatoria la formazione in servizio, con modalità nuove che li valorizzino e mettano in rete, dando loro un ruolo di “guide decentrate” dell’innovazione didattica».

 

«Nei tempi di ristrettezza delle risorse la fame di sapere non muta», ha concluso Giannini, «ma può essere soddisfatta con minori costi».

Più arte a scuola? Confindustria dice no: «Si punti sull’inglese»

da Corriere della sera

Più arte a scuola? Confindustria dice no: «Si punti sull’inglese»

100 «punti» per cambiare l’istruzione. Parole chiave: merito, valutazione, scuola-lavoro, innovazione. A scuola un anno di meno. Insegnanti assunti per chiamata diretta

Antonella De Gregorio

Non basta una materia insegnata in inglese, da prof non adeguatamente preparati: gli industriali alzano e il tiro e chiedono al governo di diffondere nella scuola l’insegnamento in inglese delle discipline curricolari. «Altrimenti studenti con percorsi di studio pur brillanti non troveranno lavoro neanche nella più piccola delle aziende italiane che lavorano con l’estero», ha detto Ivan Lo Bello, vice presidente per l’Education di Confindustria, intervenendo alla giornata organizzata alla Luiss, a Roma, per presentare il «documento di proposte per la scuola, l’università e la formazione professionale» che l’associazione ha messo a punto con una «capillare consultazione sui territori di imprenditori, insegnanti, capi di istituto, formatori, genitori e studenti». È insofferente Confindustria a certe previsioni contenute ne «La buona Scuola», come quella di innovare la didattica puntando su musica, sport, e arte. La strada giusta va in direzione opposta: ridurre le materie e puntare sulle competenze trasversali. E tanto inglese. Tanta informatica. «Da noi prevale il sapere sul saper fare», ha detto Attilio Oliva, del Board Education dell’Ocse. Mentre gli errori nell’impiego delle risorse («che sono inferiori alla media europea solo per l’università, non per la scuola», afferma) ci inchiodano a un livello che è tra i più bassi d’Europa. Governance ipercentralizzata, mancanza di un vero sistema di valutazione, piani di studio molto estesi ma senza nessuna opzionalità o standard minimi da raggiungere, creano quelle barriere che rendono irraggiungibili i «primi della classe»: Olanda, Finlandia e Regno Unito; ma anche le retrovie: Germania e Spagna.

Istruzione al centro

Le «100 proposte per la crescita», sono il corposo messaggio che Confindustria invia al governo, commentando, integrando, criticando il «libro rosso» che il premier Renzi ha posto alla base della riforma della scuola italiana. E se cento proposte sembrano tante, gli industriali le hanno riassunte in quattro nodi fondamentali: innovazione, alternanza scuola-lavoro, valutazione e merito. Con un punto focale: l’istruzione va messa al centro del dibattito: «Non solo formazione, università, scuola ma anche sviluppo industriale, crescita, innovazione. In una parola: futuro», ha detto Lo Bello, invocando una «scossa educativa per rilanciare la scuola».

Disoccupazione dai nodi della scuola

«O si investe in formazione – avverte Lo Bello – o non riusciremo a restare competitivi. Ma per investire in formazione occorre un forte consenso sociale e una solida alleanza tra coloro che hanno a cuore il futuro dei giovani, il merito, la cultura e la competitività». Da qui la necessità di un Piano nazionale che presenti a studenti e famiglie lo stretto collegamento che esiste fra scuola e sviluppo economico. E la volontà di far interagire istituzioni, mondo della scuola e del lavoro per rafforzare la collaborazione tra sistema educativo ed imprese, con lo scopo di provare a combattere la disoccupazione giovanile: «Il 40% della disoccupazione giovanile dipende dal mancato collegamento tra scuola e lavoro e dal basso orientamento scolastico», ha detto Lo Bello. «L’Italia ha perso il 25% di produzione industriale e il 10% di laureati in pochi anni», è il grido d’allarme di Confindustria. Che scende in campo perché il Paese non spenga i motori.

Le proposte

Tra le proposte degli industriali, figura la riduzione di un anno del curriculum scolastico: da 13 a 12. La richiesta di porre termine all’iper-centralismo del Miur e un’effettiva autonomia delle scuole – didattica, organizzativa, finanziaria – con la possibilità per i presidi di assumere per concorso e per chiamata diretta premiando il merito. L’abolizione delle graduatorie per anzianità.
Sul fronte «valutazione e merito» gli industriali chiedono di rimodulare le retribuzioni dei docenti in base a orari, servizio, funzioni, conseguimento di obiettivi specifici; di riformare la modalità di reclutamento dei dirigenti scolastici; di dare vita a un rigoroso Sistema Nazionale di Valutazione, potenziare l’Invalsi.
Sta molto a cuore agli imprenditori l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro a tutti i livelli, «da rendere obbligatoria negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici». Ma anche la semplificazione dell’apprendistato. L’aumento del monte ore dedicato alla formazione «on the job». E la previsione di incentivi per l’imprenditore che investe in formazione.
Nel merito della didattica, nuove tecnologie e laboratori attrezzati, corsi in inglese all’università (almeno per il 25 per cento di quelli tecnico scientifici). E la previsione, per gli stranieri che si laureano in Italia, di un elenco anagrafico che consenta loro di restare nel Paese. E ancora: l’abolizione del valore legale del titolo di studio; premi agli atenei eccellenti per didattica e ricerca, aumentando la quota premiale sul Fondo di Finanziamento Ordinario.

Uno su cinque «abbandona»

Per «aiutare il Governo ed il Parlamento» nello «sforzo» per «smuovere il nostro sistema educativo, oltre alle «leve di cambiamento», via dell’Astronomia riassume anche i mali del sistema: l’elevato tasso di abbandono scolastico (20%), specialmente al Sud (25-28%), la poca fiducia dei giovani nell’università (calo immatricolazioni); i pesanti ritardi nella digitalizzazione e nella didattica laboratoriale; l’età media degli insegnanti più alta d’Europa; l’autonomia scolastica rimasta su carta; il bilancio del ministero «con elevata percentuale di spese correnti (stipendi) che non lascia spazio a investimenti in didattica e ricerca; la libertà di scelta educativa non garantita. E ancora, denunciano, «la formazione professionale è una seconda gamba gracile; sugli ITS, che hanno mostrato di funzionare, si investe ancora poco».

«Coraggio»

Bene, secondo Confindustria, l’aver introdotto i concetti di merito e di valutazione. Nuove regole per premiare gli insegnanti. L’attenzione all’edilizia scolastica. «L’attuale governo sta dimostrando coraggio e non possiamo che collaborare con chi vuole affrontare uno dei mail endemici della nostra scuola cioè l’egualitarismo cieco che non premia il merito». «Non sarà facile una riforma del genere – ha aggiunto Lo Bello -: in passato sono stati fatti dei tentativi che sono costati anche cari per chi li ha proposti, ma l’alleanza tra corporativismo e burocrazia è stata impossibile da scardinare».

Proposte «in linea»

Nelle cento proposte di Confindustria, il ministro Stefania Giannini – intervenuta all’incontro – ha trovato «alcune parole chiave e temi che sono anche la linea guida del rapporto “la buona scuola” presentato dal governo». Il ministro ha sottolineato di apprezzare «una proposta autonoma» che «arricchisce» il progetto del Governo. Sintonia sulle priorità: «I temi che ci stanno a cuore sono merito, valutazione, competenze», dice anche il ministro. Secondo il ministro «la “Buona scuola” sta alimentando un grande dibattito e questo significa che l’Italia ha voglia di rimettere al centro dell’azione la scuola».

Riforma urgente

«Oggi per noi è il primo giorno per la scuola. Ogni anno dedicheremo una giornata in più a discutere tutti insieme di scuola, università e formazione», ha detto chiudendo l’appuntamento romano il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. E ha aggiunto: «La questione dell’education ha una valenza di assoluta e urgente importanza per la modernizzazione strutturale del Paese e per le sue possibilità di riprendere a crescere in modo virtuoso». Confindustria ha promosso il percorso avviato dal governo: «Mi pare evidente che il Governo attribuisca, finalmente, grande rilevanza a un cambiamento radicale dell’istituzione educativa italiana. Questo è un bene – dice Squinzi – e siamo i primi a salutare con favore che questa necessità sia stata avvertita ai massimi livelli istituzionali».

Un miliardo per le assunzioni, ma gli altri capitoli restano senza coperture

da Corriere della sera

Un miliardo per le assunzioni, ma gli altri capitoli restano senza coperture

E il fondo perle università rischia un nuovo taglio da 200 milioni

Valentina Santarpia

Nella Legge di Stabilità ci sarà un miliardo per la scuola: l’annuncio, dato dal premier Matteo Renzi alla fine dell’incontro con i sindacati, era atteso e ampiamente annunciato. Questi fondi dovranno servire a coprire, almeno per il primo anno, cioè a partire dal 1° settembre del 2015, l’assunzione a tempo indeterminato di circa 150 mila precari, che dal 2016 costeranno 3 miliardi all’anno. Ma restano ancora tantissimi punti «oscuri» sul fronte delle coperture. A partire dagli anni successivi al 2015, quando bisognerà pagare gli stipendi per l’intero anno a tutti gli insegnanti stabilizzati. La riforma a regime dovrebbe costare tre miliardi.Dove saranno trovare queste risorse? Secondo il piano della buona scuola, «a partire dal 2016-2017, e quindi dall’anno successivo a quello in cui verrà attuato il piano straordinario per l’assunzione dei 148 mila, il reclutamento avverrà senza ulteriori costi per le casse dello stato oltre quelli sopra previsti. Si tratterà infatti di assumere su turnover e di sostituire, quindi, i docenti che andranno via via in pensione». Ma il ministro Stefania Giannini ha anche annunciato che l’anno prossimo sarà bandito un nuovo concorso, per l’assunzione di 40 mila nuovi insegnanti, che presumibilmente dovrebbero coprire proprio le cattedre lasciate vuote dai pensionandi.

Cosa manca all’appello

Nella legge di stabilità ci sarà anche qualche altro fondo destinato alla scuola: cento milioni per l’alternanza scuola lavoro, e circa 15 milioni annuali (ma l’obiettivo è di spalmare 40 milioni entro i prossimi tre anni) per finanziare le reti wifi degli istituti. Stop. E le altre riforme della buona scuola, come verranno foraggiate? Il potenziamento dei laboratori dovrebbe trovare sponda nei finanziamenti privati, secondo i piani ottimistici del Miur. La formazione obbligatoria e continuativa degli insegnanti dovrebbe svolgersi indirizzando in maniera funzionale i progetti di formazione già in corso. Ma non ci sono previsioni di spese ad hoc per finanziarla. Le nuove materie da introdurre o potenziare (dalla musica all’inglese alla storia dell’arte) non avranno stanziamenti specifici per ora: i tecnici sono alle prese con un censimento dei precari in graduatoria, per capire chi sono e se potranno essere utilizzati per i vari insegnamenti, in modo da evitare di dover spendere ancora per formarli e renderli adatti a occupare i posti a disposizione.

I risparmi

Anche perché intanto la spending review, imposta dal commissario Carlo Cottarelli a tutti i ministeri, dovrà sfoltire pure l’Istruzione. Secondo le stime, saranno 800 i milioni alla fine ricavati dalle sforbiciate qua e là: sarà ridotta la pianta organica del ministero, tagliati gli Ata (ausiliari tecnici e amministrativi), ritoccati all’ingiù i costi intermedi (dalla carta alle macchine alle bollette), e un taglio alla fine dovrà toccare pure al Fondo dell università, che già soffre da anni, dopo la scelta di Tremonti di ridurlo di anno in anno: il Ffo è stato ridotto di quasi un miliardo dal 2009 ad oggi. Attualmente ammonta a 6,7 miliardi, secondo la lege Tremonti dovrebbe essere sfoltito di ulteriori 170 milioni, mentre i risparmi stimati dal Miur (che però non dovrebbero toccare la didattica, ma solo le spese correnti) ammontano a 30 milioni. Totale: 200 milioni a rischio. L’obiettivo del ministro Giannini sarebbe quello di evitare quanto meno il taglio Tremonti, come fatto dal governo Letta, che lo aveva scongiurato all’ultimo inserendo in Finanziaria 170 milioni per l’università . Ma per ora, fanno sapere dal Mef, coperture alternative non ce ne sono, quindi tutto dovrebbe procedere secondo piano. Con buona pace dei rettori.

Scuola, Giannini a Repubblica Tv: “Dall’anno prossimo la maturità con commissari interni”

da la Repubblica

Scuola, Giannini a Repubblica Tv: “Dall’anno prossimo la maturità con commissari interni”

Il ministro risponde alle centinaia di domande inviate dai lettori. Sottolinea il “tasso di democraticità” della riforma e alle decine di migliaia di precari che rimarranno fuori dalle assunzioni garantisce un concorso per 40mila posti. Nessuno spiraglio per i “quota 96

Corrado Zunino

Nel videoforum a Repubblica Tv – oltre mille domande giunte in redazione via mail –  il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini conferma che la prossima maturità, giugno 2015, vedrà il ritorno dei commissari interni con un presidente di garanzia nominato al di fuori dell’istituto interessato: “Il mio punto di vista, e quello di molti tecnici che stanno elaborando il documento finale, è di passare a una commissione interna con un presidente esterno”. Già la prossima settimana le nuove regole saranno pubbliche. “L’utilizzo di membri interni ci farà risparmiare molti soldi ed è più coerente con il progetto della “Buona scuola”: oggi alla Maturità il 98 per cento degli studenti viene promosso, e non perché siamo scialoni. È un esame di sintesi di un ciclo scolastico, chi può far meglio degli insegnanti che hanno seguito quello studente?”.
Il ministro, che ha annunciato la partenza del tour di presentazione e ascolto de “La buona scuola” – si comincia da Torino, L’Aquila e Bolzano, cento tappe fino al 15 novembre – ha negato che il prossimo decreto sia un’imposizione dall’alto: “A memoria, non ricordo di un provvedimento prima discusso con i cittadini e le parti in causa e poi portato all’attenzione del legislatore, non si è mai fatto qualcosa del genere per la scuola. Mi pare che, sul tasso di democraticità, non si lasci spazio a dubbi”. Poi, però, ha precisato: “Potremo cambiare alcuni dettagli del piano per la scuola, non l’impianto”.

Sulle assunzioni che si vedranno dalla prossima stagione – la stabilizzazione di 148 mila docenti precari – Giannini ha rivelato che “alcune decine di migliaia di precari, parte della terza fascia delle graduatorie di istituto, saranno esclusi dalle assunzioni che abbiamo programmato”. Tuttavia, “queste persone avranno un concorso immediato con cui confrontarsi, con 40mila posti a disposizione”.

Nessuno spiraglio invece per i cinquemila insegnanti ingabbiati dalla quota 96 della legge Fornero (non potranno andare in pensione prima di aver raggiunto quota 96 sommando l’età anagrafica a quella contributiva): “L’intervento parlamentare ha fermato un emendamento, questi insegnanti non potranno andare in pensione. Si parla di un anno in più, non sono esodati: sono persone che hanno visto leso il loro diritto ad andare in pensione subito. Come ministero, ora, possiamo intervenire offrendo a questi docenti ultrasessantenni, che hanno fatto il loro dovere con passione e che aspettano il momento di tirare il fiato, mansioni meno stancanti rispetto all’insegnamento frontale. Questo potrà avvenire allargando l’organico funzionale attraverso, appunto, la stabilizzazione che prevediamo dal prossimo anno”.

Il ministro dell’Istruzione ha inoltre confermato che gli istituti scolastici dovranno restare aperti più a lungo e per più ore: “La scuola può infrangere il tabù della chiusura estiva”. E ha annunciato che il prossimo incontro con i sindacati sarà il 20 ottobre: “In mezzo abbiamo anche il rinnovo contrattuale, da ripensare rendendolo compatibile con la Buona Scuola, e quindi non siamo vincolati dal blocco degli aumenti nella pubblica amministrazione fino al 2015. Gli scatti per merito toglieranno oltre cento al mese rispetto agli scatti d’anzianità. No, abbiamo calcoli esattamente contrari”.

I tagli sull’intero ministero saranno compresi tra i 600 e i 900 milioni di euro, concentrati sul comparto universitario, ma “non toccheremo la ricerca, il fondo di finanziamento agli atenei, non toccheremo la carne viva. Spesso taglieremo sprechi migliorando le funzioni. Piccoli tagli per diffusi risparmi, come l’addio alla costosa e dispersiva sede della ricerca all’Eur per riportare il personale in un palazzo vicino al ministero in viale Trastevere”. Ancora: “Saremo i primi, appena la Corte dei conti ci darà il via, a introdurre il costo standard per studente, perché è diverso fare ricerca a Catania e farla a Milano, e daremo alle singole università il 30 per cento di fondi su base premiale”.

Infine, sulla fine dello slancio politico della Scelta civica di Mario Monti, Giannini afferma: “Confermo, Renzi ha assorbito l’idea di riformismo radicale presente in Scelta civica, ma questo non vuol dire che io, che vengo dalla piccola provincia, ora mi iscriverò al Partito democratico”.

“La Buona Scuola”: il convegno di Catania

da La Tecnica della Scuola

“La Buona Scuola”: il convegno di Catania

Al Liceo Statale “Turrisi Colonna” di Catania vivace e appassionato dibattito su “La buona scuola”, la proposta di riforma del governo Renzi. Il convegno organizzato dalla Tecnica della scuola e dalla presidenza del liceo. Moltissime domande rimangono inevase, mentre perplessità e inquietudini serpeggiano fra i moltissimi docenti intervenuti. Anche la diretta Twitter.

La direttrice della testata online “La Tecnica della Scuola”, Daniela Girgenti, coi dirigenti scolastici Anna Maria Di Falco e Reginaldo Palermo e il prof. Giovanni Morello i relatori del convegno, organizzato dalla Tecnica della scuola e dalla presidenza del Turrisi Colonna, e svoltosi a Catania il 7 ottobre. Tre i punti messi a fuoco: “Reclutamento, formazione e carriera: quali prospettive per i docenti?” Presente pure la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale della Sicilia, dottoressa Maria Luisa Altomonte che, intervenuta al termine del dibattito,  ha fatto un po’ il punto della situazione, cercando pure di restituire qualche briciolo di ottimismo alla proposta complessiva del governo Renzi sulla scuola.

Schematico, ma esaustivo il punto fatto dai relatori, dopo una breve premessa della direttrice, Girgenti. Giovanni Morello ha spiegato in termini quasi scientifici e puntuali tutta la proposta relativa alle assunzioni e al reclutamento, così come ha fatto la preside Di Falco nel merito dello scottante tema dell’aggiornamento dei docenti. Più articolato invece l’intervento del nostro Reginaldo Palermo che si è intrattenuto sulla carriera e sui riconoscimenti stipendiali legati al merito dopo l’abbattimento degli scatti stipendiali. Molti gli interrogativi: quali saranno le modalità di transizione dal vecchio al nuovo sistema? Ci saranno tre anni di vuoto in attesa delle diverse modalità di trattamento stipendiale? Che senso ha premiare solo il 66% dei prof? E i nuclei di valutazione come si formano? Come consentire a tutti i prof di accedere alle attività che consentono i crediti professionali? E che funzione ha il Ds? E se tutti meritano o se nessuno merita? E via domande su questo tenore che alla fine ultima delle tre relazioni hanno permesso al folto pubblico di docenti e di dirigenti scolastici di intervenire e dire la loro, anche se un unico coro è sembrato sollevarsi: la proposta del governo Renzi ha tutti i crismi dell’imbroglio e della fumoseria.

Una precaria ha lamentato ciò che in effetti differenzia i docenti dalle altre categorie di lavoratori: la mancanza di unità nei momenti di protesta, ricordando che le adesioni per esempio agli scioperi sono bassissime.

Interessante tuttavia è stato l’intervento della dirigente Altomonte che ha cercato di portare una parola di ottimismo nel largo schieramento di scetticismo sulla “Buona scuola”. Bisogna evitare, ha per lo più detto, le pregiudiziali e rimboccarsi le maniche anche perché per la prima volta i professori hanno la possibilità di dire la loro all’interno di una proposta di riforma che vuole migliorare la nostra istruzione, ingessata da anni ed a anni sottoposta a critiche e a modifiche blande, tutte a danno dei ragazzi e del futuro della nazione. La domanda è, spiega Altomonte: la nostra scuola va bene? I docenti possono essere valutati e vogliono essere valutati? È ancora governabile questa scuola? Si può ancora trascinare  in questo modo così faticoso e stanco e pieno di contenzioso il carrozzone?  Questo documento in effetti tenta di togliere una certa dose di fatale immobilismo che non consente alla scuola di trovare e dare il meglio di sé. Sicuramente si potrebbe dare e fare di più, ma come è noto, ha spiegato la dirigente, le risorse sono poche, cosicchè chiedere per  esempio ai privati di intervenire, con determinate regole, non è da rifiutare, mentre l’obiettivo è quello di implementare nella nostra scuola più cultura, più azione educativa, cercando di trovare e sfruttare il meglio del documento.

Un saggio invito che anche il nostro portale accoglie, chiedendo quindi ai docenti di inviare, come ha precisato la direttrice Girgenti, le proprie proposte e le proprie critiche per essere pubblicate sul sito della Tecnica al fine di renderle di pubblico dominio e cercare così di modificare e suggerire proposte di miglioramento.