Nobel a Malala notizia Bellissima

Giannini: “Nobel a Malala notizia Bellissima, regimi che non vogliono progresso colpiscono Istruzione “.

“Una notizia bellissima”. Così il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, commenta la notizia del premio Nobel per la Pace assegnato quest’oggi a Malala Yousafzai.
“I regimi che vogliono che il progresso non ci sia o che si arresti – sottolinea Giannini, facendo riferimento alla storia della giovane attivista pakistana – colpiscono la Scuola e l’Istruzione e colpiscono soprattutto la possibilità per le ragazze di istruirsi”.

Afam, pubblicata rosa esperti

Afam, pubblicata rosa esperti
da cui selezionare rappresentanti Miur per i CdA
Parte nuova procedura, i nomi su www.istruzione.it

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha firmato il decreto con la rosa di esperti fra i quali saranno scelti i rappresentanti del Miur dei Cda dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica. Per assicurare massima trasparenza alla procedura, professionalità, turnazione e qualità degli esperti nominati dal Ministero, nel mese di maggio è stato diffuso un Avviso pubblico per selezionare una rosa di profili da cui attingere per le nomine nei CdA. È la prima volta che il Miur attiva una procedura di questo tipo.

Le candidature arrivate sul portale attivato per l’occasione sono state 1.713, 942 sono risultate incomplete e prive di una parte della documentazione richiesta. La Commissione di valutazione, nominata lo scorso luglio, ha proceduto all’analisi delle 771 candidature ritenute valide, individuando 303 profili idonei a ricoprire l’incarico. I candidati sono stati inseriti all’interno della rosa che viene pubblicata sul sito del Miur in ordine alfabetico e senza attribuzione di alcun punteggio. L’inserimento non attribuisce a coloro che vi sono inclusi alcun diritto né costituisce in capo ad essi alcuna aspettativa né ad ottenere la nomina ad esperto.

L’elenco completo è disponibile qui: http://attiministeriali.miur.it/anno-2014/ottobre/dm-06102014.aspx

Le elezioni del consiglio di istituto ed il dimensionamento

Le elezioni del consiglio di istituto ed il dimensionamento. Problematiche pratiche

di Cinzia Olivieri

 

La circolare elezioni CM 42/14 si apre premettendo anche quest’anno il riferimento al possibile riordino degli OO.CC. (“Non essendo ancora intervenute modifiche a livello legislativo degli organi collegiali a livello di istituzione scolastica, anche per l’anno scolastico 2014/2015, si confermano le istruzioni già impartite nei precedenti anni riguardanti le elezioni di tali organismi”) e richiama le procedure previste dall’ordinanza ministeriale n. 215 del 15 luglio 1991, modificata ed integrata dalle successive OO.MM. nn. 267, 293 e 277, rispettivamente del 4 agosto 1995, 24 giugno 1996 e 17 giugno 1998.

Ogni anno peraltro capita di si assistere a nuovi interventi di dimensionamento con i conseguenti dubbi riguardo al rinnovo dei consigli di istituto delle scuole coinvolte.

In merito, l’OM 277/98, modificando l’art. 52 dell’OM 215/91,  ha regolato, in maniera più ampia di quanto disposto dall’OM n. 267/1995 per la costituzione di istituti comprensivi, le elezioni degli organi collegiali  in caso di modifica territoriale e della popolazione scolastica anche con riferimento all’aggregazione di istituti scolastici di istruzione secondaria superiore, stabilendo che:

“1. I consigli di circolo e d’istituto restano in carica fino alla normale scadenza del triennio anche nell’ipotesi in cui il circolo o la scuola subiscano modificazioni (in più o in meno) della relativa popolazione scolastica e, qualora si tratti di circoli, ne venga modificata la competenza territoriale.

  1. Nel caso di variazione della popolazione scolastica in più o in meno rispetto al limite di 500 alunni di cui all’art. 8, comma 1, del decreto legislativo 16/4/1994, n. 297, il consiglio d’istituto rimane ugualmente in carica nella composizione relativa all’anno di insediamento e l’adeguamento del numero dei membri è effettuato in occasione del rinnovo del consiglio alla normale scadenza. Identico criterio va osservato in occasione del rinnovo della rappresentanza studentesca, il cui adeguamento numerico è effettuato in occasione del rinnovo dell’intero consiglio.
  2. I predetti consigli rimangono in carica nei circoli didattici e nelle scuole medie di cui siano stati resi autonomi (o siano stati resi aggregati ad altre istituzioni scolastiche) plessi, sezioni staccate o succursali. I circoli didattici e le scuole medie di cui è soppressa l’autonomia perdono il consiglio d’istituto.
  3. Si procede, invece, all’indizione delle elezioni del consiglio d’istituto qualora venga formalmente creata una nuova istituzione scolastica a seguito di fusione di due o più circoli didattici o scuole medie.
  4. Nel caso vengano costituiti istituti scolastici comprensivi di scuola materna, elementare e media, vengono indette le elezioni del consiglio d’istituto. Si applicano le disposizioni della presente ordinanza integrate con quelle dell’ordinanza ministeriale n. 267 del 4/8/1995.
  5. Per le scuole secondarie di 2° grado vengono indette le elezioni del consiglio d’istituto in tutti i casi di provvedimenti adottati nell’ambito dei piani di razionalizzazione della rete scolastica, secondo quanto precisato nel precedente art. 5.”

Dunque, in sintesi, variazioni del numero di alunni non implicano l’immediato rinnovo (anche laddove importino una modifica nella composizione numerica del consiglio da 14 a 19 membri) così come l’autonomia (o la semplice annessione) di plessi, sezioni e succursali.

Si avrà invece in genere rinnovo ogni qualvolta si costituisca una nuova istituzione contrassegnata da un nuovo codice meccanografico.

Tuttavia la nota ministeriale n. 6310 del 2012 , non richiamata dalla CM 42/14 ma presente fino allo scorso anno nelle note di alcuni uffici regionali (es: USR PUGLIA Protocollo n. 6380_2013 del 09/09/2013) ha invece specificato che “le istituzioni scolastiche che, a qualunque titolo, hanno modificato la loro costituzione (nuovo istituto comprensivo, fusione di più istituti, aggregazione di plessi/sedi ad istituti comprensivi già funzionanti) devono procedere al rinnovo del consiglio di istituto, al fine di garantire la piena rappresentanza delle componenti docenti e genitori dei vari ordini di scuola” richiamando per le relative operazioni le sole OM 215/91 e n. 267/1995, quest’ultima con esclusivo riguardo alla sola costituzione dei comprensivi.

Dunque è previsto il rinnovo in tutti i casi di “modifica della costituzione”.

Premesso che per effetto dei parametri del DPR 233/98 per la concessione dell’autonomia ormai già da tempo le scuole dovrebbero prevalentemente aver raggiunto (e superato) il limite minimo di 500 alunni, qualche dubbio di conflittualità tra le disposizioni potrebbe restare con riferimento alla permanenza in carica dei consigli negli istituti di cui siano stati resi autonomi (o siano stati resi aggregati ad altre istituzioni scolastiche) plessi, sezioni staccate o succursali.

Se il rinnovo favorisce il coinvolgimento dell’intera realtà scolastica, tuttavia nel caso di nuove elezioni senza che si costituisca una nuova istituzione si penalizzerebbero i membri del consiglio dell’istituto principale che avrebbe dovuto invece restare in carica secondo l’ordinanza ministeriale del 1998. Viceversa fino al rinnovo mancherebbero dei rappresentanti delle scuole aggregate, con delusioni di aspettative da entrambe le parti.

Tuttavia tali dubbi interpretativi possono essere agevolmente risolti dalla circostanza che la circolare elezioni CM 42/14 non richiami la nota ministeriale n. 6310 del 2012 ma solo le ordinanze ministeriali, che costituiscono l’unico riferimento per la procedura.

Tagli, rinunce, cambi. Ecco i “perché” dei ritardi del sostegno secondo il Miur

da Redattore Sociale

Tagli, rinunce, cambi. Ecco i “perché” dei ritardi del sostegno secondo il Miur

Ritardi delle commissioni Asl preposte alla diagnosi e alla certificazione, aumento degli alunni disabili, rinuncia al sostegno da parte di docenti specializzati: ecco alcune delle ragioni secondo il Miur. Tra le soluzioni, nuova assunzioni e formazione per tutti i docenti

ROMA – E’ passato quasi un mese dall’inizio dell’anno scolastico e tanti sono ancora i “buchi” da riempire, le questioni da risolvere, le richieste da soddisfare. Se alcune carenze sono ormai strutturali, se a tante di queste ormai le famiglie sono pronte a provvedere di tasca propria (tinteggiatura delle aule, contributo volontario, acquisto di materiale per l’igiene quotidiana), alcune esigenze sono però irrinunciabili e necessitano di una risposta istituzionale, perché la scuola possa svolgere il suo ruolo efficacemente con tutti. Esemplare è, in questo senso, la questione del sostegno scolastico: tra tagli e ritardi, tra riorganizzazione e avvicendamenti vari, moltissime sono le famiglie di studenti con disabilità che hanno vissuto l’avvio di questo anno scolastico (come, ma forse anche più dei precedenti) come un vero e proprio incubo: alcune di queste storie le abbiamo raccontate su Redattore sociale, nel corso delle prime settimane di scuola. C’è Maria, la mamma che chiede solo un bagno adatto a suo figlio e personale capace di aiutarlo; c’è Alina, che non esita a chiamare i carabinieri e a denunciare il comune, perché non può tollerare che suo figlio sia abbandonato con la testa sul banco, senza nessuno che si curi di lui; c’è Patrizia, che i primi giorni di scuola li passa dietro il banco, insieme a suo figlio, visto che “gli insegnanti di sostegno e gli assistenti ancora non arrivano”. Ci sono, ancora, i genitori di Lorenzo, indignati che al loro ragazzo “siano lasciate solo le briciole del sostegno, da spartirsi con gli altri compagni disabili”.

Ma perché tanti disagi, tante difficoltà e tanti ritardi? Cos’è che non ha funzionato, all’inizio dell’anno? E perché è tanto difficile far trovare ai ragazzi, soprattutto ai più fragili, una scuola pronta ad accoglierli nel migliore dei modi? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dirigenti del ministero dell’Istruzione, che dalla direzione generale per lo Studente e l’integrazione lavorano ogni giorno per costruire quella scuola inclusiva che tutti vorremmo.

All’apertura della scuola, mancavano all’appello tanti insegnanti di sostegno: una situazione che ha comportato gravi disagi per molte famiglie. E’una novità di quest’anno? E perché accade?
I dirigenti scolastici, per poter richiedere il posto di sostegno, devono attendere la  certificazione rilasciata dalla Asl. di competenza, corredata dal profilo dinamico-funzionale. Quest’anno, le novità riguardano solo le nuove certificazioni. È infatti previsto che le Commissioni mediche, nei casi di valutazione della diagnosi per l’assegnazione del docente di sostegno, siano integrate obbligatoriamente dal rappresentante dell’Inps, che partecipa a titolo gratuito. Di anno in anno aumenta, purtroppo, il numero di queste certificazioni ed è così più complesso dare una riposta, poiché bisogna tenere conto dell’organico di fatto e aggiustare il tiro con quello di diritto. La scuola italiana fa un grande sforzo per dare una risposta a chi ha questo tipo di esigenze. E cerca di farlo sempre più…

Modiano da Nobel

Modiano da Nobel

di Antonio Stanca

modianoQuest’anno il Nobel per la Letteratura è stato assegnato a Patrick Modiano, scrittore francese che ha sessantanove anni e vive a Parigi con la famiglia.

Variamente impegnato è sempre stato Modiano ma l’attività della scrittura è prevalsa nei suoi impegni. Giovanissimo, nel 1968 quando aveva ventitrè anni, si è fatto notare col romanzo La piazza dell’étoile. Ha poi continuato a scrivere racconti e romanzi quali Ronda di notte nel 1969, I viali della circonvallazione nel 1972 (Gran Premio Romanzo dell’Accademia di Francia), Via delle botteghe oscure nel 1978 (Premio Goncourt) e tra i più recenti L’orizzonte nel 2010.

Modiano appartiene alla corrente dei nuovi scrittori francesi, di quelli che si sono liberati dalle regole della tradizione ed hanno mostrato di saper tuttavia pervenire a risultati narrativi ed espressivi altamente significativi. I tempi che ricorrono nelle sue prime narrazioni sono quelli della seconda guerra mondiale, i luoghi quelli della Francia, in particolare Parigi, occupata dai tedeschi, i temi quelli di chi da questi avvenimenti si è visto privato della famiglia, della casa, delle persone, delle cose più care ed alla loro ricerca si è messo senza riuscire a trovarle. In seguito nella narrativa di Modiano cambieranno i tempi, i personaggi ma la condizione di questi rimarrà sempre uguale. Come Parigi costituirà quasi sempre lo sfondo delle due narrazioni così i suoi personaggi saranno tutti mostrati come bisognosi di ritrovarsi tra quanto hanno perso, tra quanto faceva parte della loro vita, di riconoscersi, identificarsi in esso senza, però, che diventi mai possibile. Condannato a vivere da disperso in un mondo diventato così vasto e confuso è l’eroe di Modiano, a rimanere perennemente sospeso tra quanto avrebbe voluto e quanto deve accettare, tra ricordi e rinunce, passato e presente, idea e realtà. Invaso giungerà a sentirsi da presenze misteriose, occulte, con esse penserà di entrare in contatto tanto acceso è il suo bisogno di altro, di diverso da quel che vede, che vive, di quel passato che ha perso, di quelle origini che non gli appartengono più.

In questa condizione umana, in questi drammi si possono riconoscere quelli dello scrittore. E’ stato lui ad essere vissuto senza famiglia, senza casa, senza persone care, ad averle ardentemente desiderate ed inutilmente cercate.

Nato nei sobborghi di Parigi nel 1945 da padre ebreo-italiano, che per i suoi affari dalla Grecia era venuto nella capitale francese, e dall’attrice belga Colpijn Louisa, Patrick, primo figlio, aveva assistito alla morte prematura, dieci anni, del fratello Rudj ed era cresciuto nei collegi dove studiava perché assenti da casa per i loro impegni erano sempre stati i genitori. Anche per questo aveva interrotto gli studi. E’ lui, quindi, che attraverso i suoi personaggi cerca le sue origini e che, come loro, non è mai riuscito a trovarle. Gran merito dello scrittore è quello di aver trasformato la sua esperienza in una condizione umana così estesa e così significativa. Il Nobel giunge a sancire l’ampiezza, la vastità che Modiano ha saputo procurare a ciò che era soltanto suo, a stabilire come abbia saputo fare letteratura della sua vita.

Troppo rumore in classe: 9 scuole su 10 fuorilegge

da La Stampa

Troppo rumore in classe: 9 scuole su 10 fuorilegge

Rendimento e rumore sono strettamente correlati
milano

Troppo rumore, almeno in 9 scuole su 10. Non solo per le orecchie e il buon senso, ma anche per la legge italiana, di suo già molto tollerante rispetto ai limiti previsti negli altri paesi europei più virtuosi.

 

È la fotografia della scuola del Bel Paese che emerge da una indagine frutto di una collaborazione tra Ecophon Saint-Gobain, azienda svedese specializzata nella produzione di controsoffitti e pannelli fonoassorbenti, e il gruppo di Acustica Applicata del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale dell’Università degli Studi di Brescia. Tutta colpa del cosiddetto “tempo di riverbero”, una delle variabili di riferimento per la valutazione della qualità di un ambiente sotto il profilo acustico.

 

Nelle scuole e negli spazi monitorati, il suo valore oscilla tra l’1,5 e i 2,3 secondi, con punte oltre i 3 (un valore più alto di quello misurabile mediamente, ad esempio, in una chiesa di media dimensione). Ben al di sopra del valore soglia previsto dalla legislazione italiana, fissato a 1,2 secondi, secondo un ormai datato decreto ministeriale del 1975, oggi superato dalle buone prassi internazionali che hanno già portato molti paesi europei a definire limiti più bassi, come la Norvegia (0,6) o la Francia (0,4).

 

Alcune delle classi italiane oggetto di rilevamenti da parte dei ricercatori per i cugini d’Oltralpe sarebbero in sostanza ”fuorilegge” con valori sette volte maggiori del consentito. La ricerca è stata avviata ufficialmente nel 2012 grazie all’azione dall’Associazione Genitori dei Sordi Bresciani, che ha dato al gruppo di ricerca l’input iniziale per avviare il progetto De.C.I.So (Deaf Children: Improvement of classroom Sound quality) per lo studio dello stato attuale dei locali scolastici nella provincia di Brescia e soprattutto per la ricerca e la proposta di interventi a costo contenuto mirati all’ottimizzazione della qualità acustica all’interno delle aule.

 

Il monitoraggio, frutto di una collaborazione con la Ecophon Saint-Gobain, azienda svedese specializzata nella produzione di controsoffitti e pannelli fonoassorbenti, ha coinvolto 13 istituti e 25 classi della Provincia di Brescia.

 

L’approccio ha previsto due fasi: una prima di monitoraggio dell’esistente, quindi piccoli interventi di correzione per rimettere a norma gli spazi e dimostrare come con un po’ di attenzione al tema del rumore si possa l’inserimento di studenti svantaggiati. Ciò vale tanto più laddove vi siano carenze uditive ma anche nei casi sempre più diffusi di alunni non madrelingua. In generale, a migliorare, per gli esperti, è tutta la didattica.

 

Rendimento e rumore sono infatti strettamente correlati: laddove il livello è pari a 60 decibel, il tasso di errore è superiore al 15%, mentre se il livello è mantenuto al di sotto dei 55, l’incidenza degli errori scende al 4,3%, ma nelle classi italiane, di media, il valore è spesso superiore ai 70 decibel. Il rumore è anche nemico degli insegnanti, spesso costretti a sforzare la voce per farsi ascoltare, con conseguente stress e danni alle corde vocali.

Studenti pronti a marciare in 60 città contro Jobs Act e riforma della Scuola

da la Repubblica

Studenti pronti a marciare in 60 città contro Jobs Act e riforma della Scuola

Da Roma a Trieste, da Torino a Lecce: previsti oltre sessanta cortei e manifestazioni

Carmine Saviano

Si sentono espropriati: di diritti e di futuro. Argomento retorico tra gli altri, buono solo a costruire slogan a uso e consumo della ricerca del consenso politico. E non ci stanno: rivendicano centralità e coinvolgimento. Per partecipare, in modo attivo, alle politiche che tracciano la strada sulla quale dovranno costruirsi il futuro. Dieci ottobre, gli studenti italiani scendono in piazza: oltre sessanta cortei in altrettante città italiane. Quello principale partirà da piazza della Repubblica, Roma, alle nove e trenta del mattino. Decine di sigle, unite da una medesima critica: quella che tiene insieme Jobs Act e riforma della Scuola. Due binari su cui viaggia, spedito, il treno della “precarietà permanente”.

E quella del 10 ottobre è una giornata di protesta tutt’altro che estemporanea. Anzi: preparata con cura sui territori, nelle scuole e negli atenei. Ricercando, soprattutto, il dialogo con le altre parti sociali che in questo autunno stanno dando vita, giorno dopo giorno, alle protesta contro il governo di Matteo Renzi: dagli operai della Fiom e della Cgil fino ai movimenti per il diritto all’abitare, passando per le tante anime della sinistra sociale che, al tempo delle grandi intese permanenti, stanno cercando una nuova collocazione. Una preparazione scandita da azioni in molte città: come quella, di stamattina, all’esterno di Palazzo Chigi. O quella che li ha visti protagonisti al ministero dell’Economia.

“Ogni giorno sono stati fatti volantinaggi, flash mob, azioni di sensibilizzazione, incontri, assemblee pubbliche, tutto per creare un reale coinvolgimento degli studenti”, dice Alberto Irone della Rete degli Studenti Medi. Un coinvolgimento che ha come obiettivo la proiezione delle istanze degli studenti in un orizzonte che vada oltre lo studio. Da Link, uno dei sidacati studenteschi, dicono: “Usciti dall’università, venendo meno i luoghi collettivi in cui ritrovarsi e mettere insieme istanze e rivendicazioni, ci si è trovati troppo spesso soli a dover fare i conti con un mondo privo di qualsiasi tutela”. Un mondo in cui “non esistono retribuzioni, né strumenti di sostegno al reddito, né diritti, né strumenti minimi di democrazia; un mondo in cui il pubblico, inteso come garante dell’accessibilità e delle tutele, ha lasciato spazio enorme al privato”.

Sintetizza bene la piattaforma programmatica della giornata Gabriele Scuccimarra, dell’Unione degli Universitari. L’obiettivo polemico è la nuova disciplina del lavoro: “Il governo Renzi ha promesso una riforma che garantisse diritti a chi oggi non ne ha, ma in realtà il contenuto del Jobs Act, dai voucher alla mancanza di ammortizzatori universali, aumenterà la precarietà senza garantire nessuna tutela a chi entrerà nel mercato del lavoro. Una riforma portata avanti a colpi di fiducia e deleghe, senza ascoltare i giovani e rifiutando il confronto”. Toni simili da Link, uno dei sindacati studenteschi: “Mentre Renzi promette invano di far ripartire il lavoro, il governo riduce nuovamente i fondi per il diritto allo studio e la quota di finanziamento pubblico degli atenei”.

Ma se Roma e il governo Renzi rappresentano il luogo e il simbolo della protesta, c’è da sottolineare come la giornata del 10 ottobre sia stata pensata come una sorta di mobilitazione totale. Perché, in relazione alle politiche della conoscenza, ogni territorio ha la propria “questione” specifica. Ed ecco, allora, spiegate le cinque manifestazioni in Calabria, le quattro in Emilia Romagna, le sei in Puglia e le otto in Lombardia. In un elenco che subisce aggiornamenti di ora in ora. Edilizia scolastica, cittadinanza studentesca, borse di studio, mense universitarie: un catalogo degli orrori, la topografia del disagio di quei giovani italiani che non si rassegnano all’inazione, all’essere Neet, ma che cercano ancora la strada del sapere come accesso al mondo del lavoro.

E ad animare la giornata anche quei collettivi universitari che non si riconoscono in sigle specifiche. Le loro rivendicazioni: “Tutto gratis”: perché la formazione deve essere un sistema eccellente, pubblico e gratuito. “Tutti liberi”: perché gli studenti e le studentesse non vogliono che le loro scuole divengano come le “fabbriche di Marchionne”. “Tutti uguali”: perché ogni scuola deve essere eccellente, indipendentemente dal fatto che sia in centro a Milano o a Ballarò a Palermo. Collettivi che lanciano una contro-consultazione rispetto a quella proposta dal governo. Per raccogliere le “vere istanze” di chi non vuole rassegnarsi ad essere un “precario in formazione”.

E non ci si ferma al 10 ottobre. Gli studenti annunciano la loro partecipazione alla giornata del 25 ottobre, a Roma, in concomitanza con la manifestazione nazionale della Cgil. Poi il 17 novembre per la giornata internazionale dello studente.

Ecco la lista dei principali cortei previsti:

Abruzzo
PESCARA – Piazza Salotto ore 9

Calabria
REGGIO CALABRIA – Piazza Italia ore 9.30
COSENZA – Piazza Loreto ore 9.00
LAMEZIA TERME – Piazza della Repubblica ore 9.00
CORIGLIANO CALABRO – Liceo Scientifico F.Bruno ore 8.30
GIRIFALCO – Piazza Italia ore 9

Campania
NAPOLI – Piazza Garibaldi ore 9
AVELLINO  Piazza d’armi ore 9
SALERNO – Sit in Piazza Ferrovia ore 9.30 e assemblee davanti alle scuole
NOCERA (verso Salerno) – Stazione ore 9.00
CAVA DEI TIRRENI – Piazza Lentini ore 9.00
CASERTA –  Stazione ore 9.30

Emilia Romagna
FERRARA – Piazza Dante ore 10
PIACENZA – Liceo Gioia ore 9
BOLOGNA – Piazza San Francesco ore 9.00
RIMINI – Parco d’Augusto ore 8.30

Friuli Venezia Giulia
TRIESTE – Piazza Goldoni ore 8.30
UDINE – Piazzale Cavedalis ore 8.00

Lazio
ROMA – Piazza Repubblica ore 9.30
LATINA – Piazza del Popolo ore 9.00
CIVITAVECCHIA (Verso Roma)  -Stazione ore 7.58
TIVOLI – Mutua Tivoli ore 9.00
FORMIA – Piazza Mattei ore  9.00

Liguria
GENOVA – Piazza Caricamento ore 9.00

Lombardia
MILANO – Piazza Cairoli ore 9.30
SESTO SAN GIOVANNI (MI) (verso MILANO) – Piazza Rondò ore 8.30
VARESE (verso MILANO) – Stazione FS di Varese ore 7.45
MONZA – Arengario di Monza ore 8.30
VIMERCATE (MB) (Verso Monza) – Omnicomprensivo ore 7.45
LECCO – Stazione FS
MANTOVA (Network Studentesco) – Viale Risorgimento, stazione APAM ore 8.30
BERGAMO – Piazza Marconi, Stazione FS ore 9.00
COMO – Piazza Cavour ore 9.00
BRESCIA – Piazza Garibaldi ore 9.00
CREMONA – via Palestro ore 9.00

Marche
JESI – Porta Valle ore 8.30

Molise
ISERNIA- 9:30 da Mr Mago
CAMPOBASSO – 10:00 da Piazza San Francesco

Piemonte
TORINO – Piazza Arbarello ore 9.00
ARONA – Piazza Stazione ore 9.00
ALESSANDRIA – ore 8,30 piazza del Cavallo (c.so Crimea)

Puglia
FOGGIA- Piazza Italia ore 9.00
BARI- P.zza Umberto I ore 9,30
BRINDISI – Tribunale ore 9,00
TARANTO – Arsenale (via di Palma) ore 9.00 –
LECCE- Largo Stazione ore 9.00
BARLETTA – Via Dante Alighieri ore 8.00

Sardegna
CAGLIARI – Piazza Garibaldi ore 9.30
CARBONIA – Piazza Roma ore 9.30
NUORO (verso CAGLIARI) – Viale Sardegna (Stazione ARST) ore 7

Sicilia
CATANIA – Piazza Roma ore 9.00
SIRACUSA – Molo S. Antonio pre 9.00
VITTORIA – Stazione ore 9.00
MESSINA – Piazza Antonello ore 9

Toscana
FIRENZE – Piazza San Marco ore 9
BORGO SAN LORENZO (verso Firenze) – Stazione ore 8.32
PISA – Piazza Guerrazzi ore 8.30
SIENA – Piazza della Posta ore 9.20

Veneto
BASSANO DEL GRAPPA – via Tommaso d’Aquino (Centro Studi) ore 7.30
PADOVA – Piazza delle Erbe ore 9
VENEZIA – Piazzale Roma ore 8.30
TREVISO – Piazzale Luca d’Aosta ore 8.30
VERONA – Stazione Porta Nuova ore 9

Scuola, entrare alle 10 fa bene ai voti rivoluzione degli orari in Inghilterra

da Il Messaggero

Scuola, entrare alle 10 fa bene ai voti rivoluzione degli orari in Inghilterra

Migliaia di studenti inglesi delle superiori inizieranno ad andare a scuola alle 10 di mattina in un progetto lanciato dai neuroscienziati dell’Università di Oxford

IL CASO
LONDRA Migliaia di studenti inglesi delle superiori inizieranno ad andare a scuola alle 10 di mattina in un progetto lanciato dai neuroscienziati dell’Università di Oxford. L’obiettivo è migliorare la loro performance e ad avere voti più alti. Secondo alcuni studi, infatti, l’attenzione degli adolescenti si ‘attivà a partire delle 9-10 e far arrivare prima i ragazzi negli istituti sarebbe del tutto controproducente. La decisione rischia di modificare radicalmente le abitudini di genitori e figli. E non è escluso che anche altri paesi in Europa possano decidere di cambiare tempi e orari.
LA SPIEGAZIONE

«La scienza ci dice che i teenager devono dormire di più di mattina», ha dichiarato Colin Espie, il professore che guida l’esperimento, della durata di quattro anni. Secondo i ricercatori, infatti, gli adolescenti sono biologicamente predisposti ad andare a dormire attorno a mezzanotte e ad essere del tutto svegli e attivi solo dopo le 9 di mattina. Il loro «orologio interno» resta regolato su questi orari fino ai 21 anni per i maschi e i 19 per le femmine. Naturalmente, specie per i più piccoli, l’esperimento rischia di mandare in crisi le famiglie: gli orari dei lavori più comuni, non vanno probabilmente d’accordo con quelli delle nuove scuole. Ma si tratta di un esperimento. E probabilmente, oltre a questa, emergeranno anche altre criticità. «Ad esempio – aggiunge Coen – per abitudine diciamo tutti ai nostri figli che dovrebbero andare a letto prima, quando il mattino vediamo che faticano ad alzarsi. In realtà non è così: non è la mancanza di sonno che li fa essere più intorpiditi il mattino, ma una semplice questione di ritmi biologici, probabilmente collegati anche all’adolescenza e all’età dello sviluppo».
A quanto pare l’esperimento sta andando bene: «L’orario circadiano è stato introdotto alla Monkseaton High School, e gli studenti sono migliorati moltissimo. Specie quelli delle fasce più deboli e quelli che avevano più difficoltà di apprendimento». Nella versione, «british», in realtà, l’orario posticipato è stato preso sul serio, affiancato da sistemi di insegnamento «a intervallo» (tipo 15 minuti di lezione, 10 di basket, altri 15 di lezione) e dalla possibilità di studiare anche a distanza, attraverso Internet. In Italia, per ora, ha scelto la strada «circadiana» solo un istituto tecnico privato di Traversetolo, in provincia di Parma. Ma Coen mette tutti in guardia: «Un corso di questo tipo è inadatto, ad esempio, a chi fa sport a livello agonistico, oppure segue lezioni intensive di musica o di danza. Si deve anche sapere che, tornati da scuola alle 16,30, la giornata non è finita, perché bisogna fare i compiti esattamente come i ragazzi che entrano alle 7,50».
L. F.

Confermato: ancora tagli all’Istruzione

da La Tecnica della Scuola

Confermato: ancora tagli all’Istruzione

Dati alla mano, il Miur sarà protagonista tanto della voce “avere”, grazie al miliardo destinato alla stabilizzazione di 148.100 docenti precari, quanto alla voce “dare”

Se calcolato sul saldo netto da finanziare il contributo di viale Trastevere dovrebbe valere un sesto dei tagli complessivi (1,1 miliardi sui 6 attesi nel 2015). Che salirebbe a un quarto se calcolato sull’indebitamento (800 milioni sui 3 miliardi di risparmi attesi dalla manovra).

Risorse che, spiega Il Sole 24 Ore,  arriveranno in parti quasi uguali dal comparto scuola, da un lato, e dal binomio università/ricerca, dall’altro.

Il risparmio più consistente arriverebbe dalla modifica degli esami di stato e dalla soppressione dei membri esterni (eccezion fatta per il presidente) nelle commissioni per la maturità: 144 milioni che scenderebbero a 99 se rapportati all’indebitamento.

Altri 130 milioni giungerebbero invece dalla riduzione del fondo di funzionamento delle scuole assicurata dalla razionalizzazione delle spese di pulizia. Sempre in tema di scuola paiono degne di nota altre tre decurtazioni: gli 80 milioni (43 ai fini dell’indebitamento) dovuti allo stop agli scatti di anzianità, che salirebbero a 189 alla fine del prossimo triennio; i 55 milioni (30 ai fini del rapporto deficit/Pil) attesi dall’eliminazione delle supplenze di un giorno; i 50 milioni sottratti ai progetti nazionali di istruzione.

Passando all’università, il primo intervento che balza agli occhi è una mini-sforbiciata alla quota rimodulabile del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), che dovrebbe valere 32 milioni ed essere collegata all’incremento di efficienza nell’acquisto di beni e servizi da parte degli atenei.

Per il resto, spiega sempre Il Sole 24 Ore, l’aiuto del comparto universitario dovrebbe giungere attraverso la cancellazione di una serie di micro-voci: altri 2 milioni dell’Ffo destinati ai piani triennali; 5 milioni per la sede di ingegneria di Genova (Erzelli); 3 milioni della scuola d’ateneo Jean Monnet; 500mila euro della mai decollata fondazione per il merito.

Lungo e variegato è anche l’elenco di misure per la ricerca. Accanto ai 140 milioni di giacenze del “vecchio” fondo Fsra, che dovrebbero passare a Intesa Sanpaolo e finire fuori dal comparto della Pa, comparirebbero i 50 milioni di recupero di efficienza sui consumi intermedi finanziati con il fondo ordinario degli enti (Foe). Ma i “contenitori” coinvolti sarebbero anche altri. Il Far (90 milioni di giacenze) e il Fisr (45 milioni) su tutti.

“Portiamo nostre idee”, e gli studenti oggi vanno in piazza

da La Tecnica della Scuola

“Portiamo nostre idee”, e gli studenti oggi vanno in piazza

Gli studenti scendono in piazza in decine di città, dal Nord al Sud, per far sentire la loro voce e dire cosa manca e cosa va cambiato nel Piano Renzi per l’istruzione. A fianco degli studenti sindacati e associazioni

Con l’hashtag #10ott le associazioni degli studenti hanno chiamato a raccolta gli studenti per questa prima protesta dell’anno scolastico 2014-15.

La mobilitazione sarà accompagnata dallo sciopero dei docenti indetto dai Cobas e vedrà anche la partecipazione degli universitari che chiedono l’immediato stop al “Decreto Sblocca Italia” e stigmatizzano lo smantellamento del diritto allo studio.

Alberto Irone, portavoce nazionale della Rete degli Studenti Medi, spiega: “Vogliamo portare le idee degli studenti ai cittadini, al governo, a chiunque. Vogliamo parlare di diritto allo studio, di riforma dei cicli, di innalzamento dell’obbligo scolastico, di Scuola Pubblica, di alternanza scuola-lavoro. Vogliamo parlare anche della vita quotidiana degli studenti. Di servizi insufficienti e di spazi di aggregazione cittadini, dove potersi incontrare, discutere, esprimersi”.

E l’Unione degli studenti avverte: “Gli studenti bloccheranno il Paese contro il piano scuola del Governo e per lanciare una battaglia d’attacco per la piena gratuità dell’istruzione, il reddito minimo e di formazione e una vera inversione delle politiche precarizzanti, delle quali il Jobs Act rappresenta l’apice di questi ultimi vent’anni”.

La giornata, diffusa anche tramite una comunicazione capillare sui social network attraverso foto nomination sui banchi (#entrainscena), si preannuncia largamente partecipata, con oltre 90 cortei già in agenda.

La Flc-Cgil sarà in piazza con gli studenti “per ridare valore sociale all’istruzione pubblica” ha spiegato il segretario generale, Mimmo Pantaleo, per il quale le scelte del governo “vogliono piegare la scuola e le università alle logiche del mercato e agli interessi delle imprese. Disoccupazione di massa, esclusione e marginalità sociale delle nuove generazioni sono le conseguenze delle politiche di austerità adottate dall’Europa e non si intravede alcun cambio di passo”.

Per Piero Bernocchi (Cobas), “dietro il fumo di 136 pagine con linguaggio accattivante e con la promessa di stabilizzare finalmente da settembre 2015 i circa 150 mila precari delle graduatorie a esaurimento, Renzi e i suoi consiglieri hanno squadernato tutto il peggio che in materia di scuola-azienda, scuola-miseria e scuola-quiz i governi degli ultimi 20 anni hanno cercato di imporre all’istruzione pubblica”.

Solidale con i manifestanti anche l’Arcigay: “sosteniamo le istanze dei giovani di questo Paese e dei lavoratori della scuola e condividiamo con loro la grande preoccupazione per un sistema scolastico fragile, che si va via via indebolendo sotto i colpi dei tagli, di un’allarmante esternalizzazione, e di una progressiva dismissione di quel patrimonio pubblico, che lo trasforma in un bene di mercato, smantellandone la rilevanza costituzionale”. (Ansa)

La sfiducia e la crisi profonda degli insegnanti

da La Tecnica della Scuola

La sfiducia e la crisi profonda degli insegnanti

Il lavoro dei docenti è un po’ diverso da come molti lo descrivono. L’impegno è notevole e poco riconosciuto.
È un momento nero per la scuola italiana e per la professione docente, stiamo vivendo un’epoca in cui l’autorevolezza sociale degli insegnanti ha raggiunto  livelli intollerabili.
Gli insegnanti sono stati definiti, da una certa politica, anche quella che non ti aspetti, come una corporazione di intoccabili che lavora poco e viene pagata anche troppo per il poco tempo che passa a scuola, come una categoria eccessivamente sindacalizzata e che gode di troppi privilegi contrattuali. In buona sostanza si tratta del mito popolare del professore che lavora solo per 18 ore settimanali, cinque giorni alla settimana e per non più di 200 giorni l’anno. L’insegnante intoccabile , che gode di tre mesi di ferie da metà giugno a metà settembre, il prof fannullone ed illicenziabile, che può essere sempre ammalato e palesemente impreparato, sono solo alcuni degli stereotipi, di quello che rappresenta oggi, per l’opinione pubblica italiana , questa delicatissima e importantissima professione.
Il paradigma di una classe insegnante non all’altezza delle sfide del mondo globale, di una scuola che sta cadendo a pezzi, così come accade per i suoi edifici, rappresentano i motivi principali della sfiducia e della crisi profonda degli insegnanti. Ma è veramente questa la realtà delle cose? Non è affatto così, la maschera carnevalesca con cui qualcuno vuole rappresentare questa professione è una maschera utile per smantellare i diritti contrattuali e tutto il sistema scolastico italiano. In questa maschera dell’insegnante della scuola pubblica italiana non si racconta la verità.
Non si dice che oltre le 18 ore di lavoro frontale in classe con gli studenti, ci sono 80 ore di attività collegiale, non si dice che ci sono ore di lavoro per preparare lezioni, verifiche e per correggere i compiti. Non si parla abbastanza, del molto tempo dedicato a tutti gli atti burocratici, come gli scrutini intermedi e finali, la regolare compilazione dei registri elettronici, il tempo dedicato per gli incontri scuola-famiglia, il tempo impiegato a redigere verbali, preparare programmazioni.
Sbaglia chi sostiene che il docente termina il suo lavoro con le quattro ore di lezione al giorno. Quando il prof torna a casa, sempre che non abbia da restare a scuola per attività pomeridiane, si mette a lavoro per preparare il materiale e le lezioni del giorno successivo, prepara verifiche, test da somministrare ai propri allievi. Dietro quattro ore di lavoro in classe ci sono almeno due ore di lavoro preparatorio. E poi sarebbe bene sfatare il mito delle ferie lunghe che per alcuni durerebbero anche tre mesi. Le ferie dei docenti sono di 32 giorni più 4 giorni delle festività soppresse, ma si possono fruire solamente durante i mesi di luglio o agosto e 6 giorni di questi anche durante l’anno ma senza arrecare aggravio di spesa alla scuola.
Ma di quali privilegi godrebbero gli insegnanti? Una professione in crisi perché è sottopagata e non gode del prestigio sociale di cui dovrebbe onorarsi. Adesso a risolvere tutti i problemi degli insegnanti, a recuperare la loro dignità professionale, arriva la riforma “La Buona Scuola” del Governo Renzi. Ma gli insegnanti che per loro formazione culturale  sanno leggere e comprendere cosa c’è scritto in queste linee guida della riforma, hanno capito che la sfiducia e la crisi profonda di questa professione continuerà ancora lungamente.

I cardini della ‘Buona Scuola’: stage, lingue, autonomia e rivalutare i prof

da La Tecnica della Scuola

I cardini della ‘Buona Scuola’: stage, lingue, autonomia e rivalutare i prof

Lo ha detto a Bolzano il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, presentando il tour sulle linee guida: occorre puntare su laboratori tecnici, stage in azienda, un insegnamento precoce e sistematico delle lingue, ma anche concretezza all’autonomia e restituire ai docenti un ruolo centrale.

Puntare sull’alternanza scuola-lavoro, sull’insegnamento delle lingue già nei primi anni di scuola e dare pià autonomia ai singoli istituti. Sono questi alcuni dei punti chiave della riforma della scuola, inclusi nelle linee guida, su cui si è soffermato il 9 ottobre a Bolzano il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, presentando il tour ministeriale della Buona Scuola.

Giannini ha detto che “i nostri studenti, pur essendo competitivi, non lo sono in tutti i settori e questo dipende anche dal disallineamento delle competenze che servono da quelle che la scuola è in grado di dare. Si dovrà dunque puntare sulla “rivisitazione dei laboratori tecnici, su ore di stage in azienda e su un insegnamento precoce e sistematico delle lingue. Altro obiettivo sarà quello di dare “concretezza al principio di autonomia che in Italia è insufficientemente applicato”.

Parlando più in generale sul senso della riforma allo studio del Governo, dopo un breve saluto in lingua tedesca, il responsabile del Miur, ha detto che è ora di “rimettere la scuola al centro dell’azione politica, restituendo agli insegnanti il loro ruolo centrale e incrementando il principio d’autonomia in modo da formare studenti competitivi che riescano ad immettersi con più facilità nel mondo del lavoro”.

Giannini ha infine ricordato che il Governo ha destinato un miliardo di euro “di risorse fresche” per l’istruzione: “il progetto La Buona Scuola – ha sottolineato il Ministro – parte dall’idea che gli insegnanti non sono la componente centrale del sistema educativo e che pertanto va restituito loro questo ruolo”.

Il diritto-dovere nell’istruzione e formazione professionale

da La Tecnica della Scuola

Il diritto-dovere nell’istruzione e formazione professionale

L.L.

Pubblicato il decreto concernente la ripartizione delle risorse secondo i nuovi criteri che saranno effettivi a partire dal 2014. Previsto un monitoraggio annuale da parte del Ministero del lavoro per la verifica dell’utilizzo delle risorse stanziate

Il Decreto 8 settembre 2014 del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di concerto con il Ministro dell’Istruzione riguarda la definizione dei criteri di riparto dei finanziamenti finalizzati all’assolvimento del diritto-dovere nell’istruzione e formazione professionale (IeFP).

Il decreto, che sostituisce il precedente decreto interministeriale del 19 novembre 2008, prevede che adecorrere dall’annualità 2014, le risorse del Ministero del lavoro e delle politiche sociali finalizzate all’assolvimento del diritto-dovere nei percorsi di leFP sono ripartite tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per l’80% sulla base del numero di studenti annualmente iscritti ai percorsi di IeFP realizzati dalle istituzioni formative accreditate e per il restante 20% sulla base del numero complessivo di studenti qualificati e diplomati in esito ai percorsi di IeFP realizzati dalle suddette strutture e dagli Istituti Professionali di Stato in regime di sussidiarietà.

Limitatamente all’annualità 2013, le risorse del Ministero del lavoro e delle politiche sociali finalizzate all’assolvimento del diritto-dovere nei percorsi di leFP sono ripartite tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per l’80% sulla base del numero di studenti annualmente iscritti ai percorsi di IeFP realizzati dalle istituzioni formative accreditate e per il restante 20% sulla base del numero complessivo degli studenti promossi al primo anno nell’anno formativo 2011-2012 e iscritti al secondo anno nell’anno formativo 2012-2013 presso le istituzioni formative e presso gli Istituti Professionali di Stato in regime di sussidiarietà.

Al fine di consentire una graduale transizione verso il nuovo criterio di calcolo, per l’anno 2013 si darà luogo ad un accantonamento, dal monte risorse complessivo, di una quota pari a 2 milioni di euro da ripartire in proporzione compensativa rispetto al cambio dei criteri di riparto delle risorse.

Come ricordato dalla Flc Cgil, che ha dato notizia della pubblicazione del decreto, per l’anno 2013 le risorse complessivamente disponibili sono pari a € 189.109.570,00, mentre non sono ancora note le risorse per il 2014. Con successivo decreto del Direttore Generale per le politiche attive e passive del lavoro del Ministero del Lavoro saranno adottati i piani di riparto in base ai dati certificati dalle Regioni.

Il Ministero del lavoro provvederà al monitoraggio annuale dei percorsi IeFP per l’esercizio dell’obbligo di istruzione – diritto/dovere con particolare riferimento all’utilizzo delle specifiche risorse stanziate.

Berlinguer, proposta del Governo “grande occasione”

da tuttoscuola.com

La giornata di ascolto del Pd sulla ‘Buona Scuola’
Berlinguer, proposta del Governo “grande occasione”

La proposta del governo su ‘La buona scuola’ è “una grande occasione. Per la prima volta il governo nella sua interezza e il presidente del consiglio parlano un giorno si e uno no di scuola, parlano di cambiare radicalmente il nostro impianto educativo“. Così Luigi Berlinguer ha espresso apprezzamento per il cambio di passo in materia di istruzione.

Lo ha fatto prendendo la parola in occasione della giornata di ascolto ‘il futuro della Buona Scuola lo scriviamo insieme’ organizzata per oggi a Roma dal Partito Democratico. “La proposta – ha osservato l’ex ministro della PI – è ad ampio raggio e certamente va precisata nel corso di questa consultazione, va anche emendata dove si pensa debba essere emendata, ma è una grande occasione“.

Berlinguer si è quindi soffermato su alcuni aspetti da tempo al centro della sua attenzione: “cancellare arte e musica dalla cultura è stata una bestemmia, ma finalmente insieme all’italiano, alla matematica, alla letteratura alla storia, si afferma che tra le materie fondative della personalità di ogni essere umano ci debba essere anche la musica“.

All’incontro di oggi, organizzato dal Pd e da Francesca Puglisi, responsabile Scuola, Università e Ricerca della segreteria del partito, hanno partecipato decine di associazioni di studenti, insegnanti, dirigenti scolastici, genitori, sindacati, imprese, parlamentari e amministratori locali.

Tanti i temi affrontati. Alcune associazioni di docenti hanno messo l’accento sul rischio di possibili disfunzioni come, ad esempio, il rischio di mercimonio sul fronte dei corsi di formazione. Andrea Ranieri, della direzione del Pd, ha sottolineato l’assenza nel pacchetto-istruzione di cenni al Long Life Learning.  Tra le carenze segnalate dalla Federazione degli studenti quella del diritto allo studio.

Si è parlato anche di valutazione, professionalità dei docenti, esami di maturità. “Sui nodi emersi, da qui al termine della consultazione avviata dal Governo, organizzeremo dei gruppi di lavoro“, ha spiegato Francesca Puglisi. Dopo il 15 Novembre saranno organizzate due giornate di approfondimento per tirare le conclusioni del lavoro svolto e per offrire un contributo alla scrittura dei provvedimenti.

La Buona Scuola, si va verso una maggiore trasparenza dei dati

da tuttoscuola.com

La Buona Scuola, si va verso una maggiore trasparenza dei dati
Sulla partecipazione degli utenti numeri ancora poco precisi e coerenti da parte dell’amministrazione

Ieri abbiamo pubblicato l’articolo Gilda insegnanti: più trasparenza sui questionari, nel quale riportavamo la valutazione del sindacato guidato da Rino Di Meglio, secondo cui la cifra di 3mila questionari compilati sulla Buona Scuola (dal sito dedicato https://labuonascuola.gov.it/#consultazione) sarebbero un flop a livello di partecipazione da parte del pubblico.

Poco dopo, e la cosa capita davvero raramente, ci hanno chiamato (e immaginiamo lo abbiano fatto anche alle altre testate specializzate in ambito scuola che hanno ripreso la notizia) dall’ufficio stampa del Ministero dell’Istruzione, per precisare che in realtà i questionari compilati per intero sarebbero stati più di 30mila (oggi dal sito La Repubblica sono quantificati in 34mila), che il dato di 3mila era frutto di un errore, e confermare che i contatti erano 360mila.

Abbiamo risposto che avremmo rettificato la notizia con la precisazione del Ministero (cosa che abbiamo fatto) e colto l’occasione per chiedere se questi contatti erano da intendersi come utenti unici o come semplici click alla pagina. Nel secondo caso, postulando che una persona può accedere alla pagina di consultazione più volte, il dato sarebbe fortemente ridimensionato. Ci è stato detto che ci avrebbero fatto sapere.

Oggi abbiamo ricevuto la terza newsletter de La Buona Scuola, una newsletter molto curata cui ci si iscrive registrandosi al sito. Vengono fornite informazioni utili sulle iniziative in corso, i progetti, la campagna informativa del Ministero. E la partecipazione.

Circa quest’ultima, troviamo scritto: “Sul sito labuonascuola.gov.it abbiamo già avuto oltre 350.000 contatti. Tantissimi cittadini stanno compilando il questionario, già 80 organizzazioni, tra cui molte scuole, stanno segnalando dibattiti sul territorio. Nella sezione proposte, in pochi giorni, abbiamo ricevuto oltre 700 proposte, 1850 commenti e 8000 voti”.

Circa i contatti, il dato grosso modo è confermato. Ma il dato sulla partecipazione attiva è fortemente divergente (“80 organizzazioni, oltre 700 proposte, 1850 commenti e 8000 voti”) dalla rettifica suggerita per telefono dal Ministero o quanto meno non comparabile (i questionari richiedono una compilazione piuttosto lunga e attenta – possibile le compilazioni siano esponenzialmente superiori ai commenti, alle proposte e soprattutto ai voti). Quali sono i dati veri? E che cosa significano questi dati?

Del documento La Buona Scuola abbiamo apprezzato, tra le varie cose, l’idea che la trasparenza e l’apertura al pubblico non siano optional, ma assieme la condizione e l’effetto di un mutamento culturale del ruolo della scuola rispetto alla società. “La scuola deve insegnare i valori dell’apertura e della trasparenza, ma deve anche praticarli”, leggiamo nel testo governativo a pag. 67. Ma non si sarebbe più credibili se l’amministrazione fosse la prima a dare il buon esempio?

In serata, abbiamo ricevuto la precisazione da parte del Ministero: i contatti, in continuo aumento, sono al momento 380mila. Questi vanno intesi come postazioni (tecnicamente IP address), cui possono accedere più operatori – il dato dunque è sottostimato come persone. La sottostima si avvalora, nel momento cui si considera che le pagine viste sono 2,5 milioni, che, se rapportati ai 380mila contatti, costituiscono un ottimo indicatore della qualità del contatto.

Dal Ministero inoltre si ha la conferma dei dati relativi all’interazione: 80 organizzazioni, oltre 700 proposte, 1850 commenti, 8000 voti, e 34mila compilazioni complete dei questionari. Ad eccezione delle compilazione, tutti i numeri sono aggiornati a martedì 7 ottobre, e nel frattempo sono aumentati (per esempio, le organizzazioni registrate sono attualmente 108).

Inizialmente, l’intenzione del Ministero era fornire dei dati in itinere al 15 ottobre, in corrispondenza della metà della consultazione. Tuttavia, la continua rincorsa delle cifre, da parte dei membri dell’esecutivo per difendere il diffuso interesse del mondo della scuola, e da parte di sindacati e gruppi ostili alla riforma di ridurne la portata della partecipazione, probabilmente imporrà al Ministero la necessità di fornire dati più frequentemente aggiornati ed esplicativi. Ci auguriamo, proprio per il messaggio di trasparenza dei dati che reca la Buona Scuola, che sia presto così.