Buona Scuola Odiata Scuola

BUONA SCUOLA ODIATA SCUOLA di Umberto Tenuta

Canto 282 BUONASCUOLA, io ti odio.

Ti odio, dice il bimbo alla sua BUONASCUOLA.

Lo dice oggi, 28 OTTOBRE.

Lo dice ancora oggi, come ieri.

Lo dice, ed alla BUONASCUOLA più non va.

 

Qualcosa non va nella BUONASCUOLA!

Non va, se ancora oggi, 28 ottobre 2014, il bimbo piange e si rifiuta di andare a scuola.

Io ti odio, o Scuola!

Tu non sei buona con me, come lo è la Mamma mia.

Mai io, mai i miei fratelli hanno odiato la Mamma mia.

Perché tu ti fai odiare?

Perchè tu mi fai piangere?

Perchè tu mi fai star male?

Perchè tu mi fai venire il mal di pancia, anche quando sono a casa mia?

Lo so.

Non sei tu.

È quell’arcigna Professoressa che mai sorride sulle labbra rosse come il fuoco dell’odio che le arde nel cuore.

Il fuoco le ha bruciato il cuore.

Ella non ha più cuore.

Arriva arcigna, come se la casa le fosse caduta addosso durante la notte.

Non lascia sull’uscio dell’aula le sue pene.

Le vuota tutte nell’aula, già piena delle pene dell’altra Maestra, che è uscita imprecando contro di noi, bimbi innocenti, costretti a stare stretti nel pollaio ricoperto di candida neve autunnale.

Oh come noi bimbi la vorremmo una candida Maestra, bella ed amorosa coi suoi pargoli!

Perché non vieni da noi TU, CANDIDA MAESTRA?

Perchè ci hai abbandonato a queste tue colleghe di nero imbellettata, imbellettate le sopracciglia, e le ciglia, e gli occhi, e le gote, e le labbra, e il mento, e il corpetto nero.

Ci fa paura solo a guardarla.

Altro che TE, CANDIDA NAESTRA che noi sogniamo la notte!

Ecco, io a scuola non vado, fino a quando un’amorosa maestra col suo candore non ci innamori.

Io odio la scuola, questa Scuola.

Io voglio una BUONASCUOLA, una Scuola amorosa come la Mamma mia.

La Mamma mia non ha mai spento la mia innata curiosità di conoscere il mondo e di diventare ricco di umane virtù.

Tra le sue braccia ora io mi rifugio.

Anche la notte a lei abbracciato io voglio dormire.

Solo tra le braccia della mamma mia mi passa la paura, la paura della Scuola.

Di questa Scuola che non è la BUONASCUOLA.

E non sarà la BUONASCUOLA fino a quando in essa noi studenti, assetati di amore, in essa non avremo un’amorosa candida maestra!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

SCUOLA/ Se la legge di stabilità “cancella” la riforma (di Renzi)

da Il Sussidiario.net

SCUOLA/ Se la legge di stabilità “cancella” la riforma (di Renzi)

Max Ferrario

Pubblicazione: mercoledì 29 ottobre 2014

15 del mese: il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge di stabilità per il 2015; articoli 3 e 28: investimenti e tagli per scuola e università. Ci si accorge per riflesso che, di fatto, la consultazione su “La Buona Scuola” è terminata; un mese prima del termine ultimo stabilito. E si insinua un dubbio: non saremo stati un tantino ingenui nel pensare che finalmente questa sarebbe stata la volta buona per poter dire la nostra sulla scuola e, magari, essere anche un po’ (solo un pochino…) presi in considerazione? Eh sì, perché i giochi sembrano proprio tutti fatti con la legge di bilancio: destinati i fondi e definiti impietosamente le riduzioni di spesa e gli storni di bilancio, cosa resta per le belle e buone novità de “La Buona Scuola”?

Art. 3 della legge di stabilità: 1 miliardo di euro per il 2015 e 3 miliardi a partire dal 2016, destinati «alla attuazione degli interventi previsti nel Piano “La Buona Scuola”, con prioritario riferimento alla realizzazione di un piano straordinario di assunzioni di docenti, e al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro».

Bene, facciamo un po’ di conti. La tabella a pag. 34 de “La Buona Scuola” (d’ora in poi “documento”) elenca minuziosamente la stima dei costi per l’assunzione di 148.100 nuovi docenti: il totale è quantificato in 3.098 milioni di euro per il primo anno 2015/16. Considerato che le assunzioni saranno a settembre 2015, il costo per quell’anno sarebbe pari ai 4/12 dell’impegno, cioè 1.033 milioni, 33 milioni in più di quanto previsto all’art. 3. Pur considerando una dilazione nei tempi delle ricostruzioni di carriera dei neoassunti, tutto il finanziamento finisce in stipendi (prima priorità); non resta quindi nulla per il resto. Nemmeno per l’alternanza scuola-lavoro, al cui sostegno il documento ipotizza di destinare (pag. 109) «circa 100 milioni di euro all’anno». Del resto, il buon giorno si vede dal mattino; è appena stato pubblicato l’annuale decreto che stabilisce gli stanziamenti per l’alternanza scuola-lavoro: solo 11 milioni, poco più della metà dell’anno scorso! E allora si dovrà fare senza, così come per gli altri 100 milioni, provenienti «da fondi ordinari MIUR», e destinati a «potenziare e trasformare, già a partire dal prossimo anno scolastico, i laboratori di tutte le scuole secondarie superiori» (pag. 112); così come per i 15 milioni per il wi-fi nelle scuole (p. 76). Qualche spicciolo, però, potrà sempre arrivare dai fondi europei (Pon-Fers) per l’istruzione (vedi pp. 122-123 del documento). Fortunatamente invece per l’edilizia scolastica gli investimenti sono già stati stanziati del precedente governo (scheda a pag. 75) e per il futuro ci si affiderà all’8 per mille…

Intanto, la legge di stabilità fa razzie nei campi più disparati e non senza entrare in contraddizione con il documento del 3 settembre; vediamone qualcuna.

A pagina 121 il documento stigmatizza i tagli a carico del Mof (Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa nelle scuole) e dei finanziamenti erogati sulla base della legge n. 440/1997, in quanto spesso utilizzati «per pagare altro, ossia l’adeguamento degli scatti e degli arretrati stipendiali dei docenti» e «per recuperare le posizioni economiche del personale ATA e… di circa 11mila esuberi di addetti alle pulizie delle scuole (ex LSU)»; e invoca una inversione di tendenza. Smentita clamorosa da parte della legge di stabilità: «l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4 della legge 18 dicembre 1997, n. 440 è ridotta di euro 30 milioni a decorrere dall’esercizio 2015» (art. 28, c. 2).

L’impegno di spesa per il “Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche” era appena risalito a poco più di 123 milioni nello scorso anno scolastico e ora viene tagliato di quasi il 25 per cento, portando i fondi per la legge 440 ad un nuovo minimo storico: a farne le spese saranno proprio il Mof e la formazione in servizio dei docenti. Visto che il documento (pag. 47) dichiara di voler valorizzare «i docenti che ritengono prioritario il miglioramento della qualità dell’insegnamento/apprendimento attraverso il lavoro in aula» e che «per fare questo, bisogna rendere realmente obbligatoria la formazione», i docenti saranno obbligati a formarsi, ma grazie al pesante taglio dei fondi per la formazione in servizio dovranno pagarsela di tasca propria. In compenso, una parte dei 30 milioni tagliati saranno utilizzati per integrare il programma straordinario di reclutamento dell’Invalsi, a copertura di tutti i posti della dotazione organica già vacanti o che si renderanno tali entro dicembre 2015 (commi 26 e 27). Eppure, il documento del 3 settembre afferma (pag. 121) che «stabilizzare le riserve destinate al MOF… ed evitare che queste risorse siano dirottate all’interno del sistema scolastico su altre finalità… è un atto di onestà intellettuale»!

Andiamo avanti. Il comma 5 dell’art. 28 decreta l’abrogazione dell’art. 459 del Testo Unico della scuola, così che a settembre 2015 dovranno rientrare in classe tutti gli attuali docenti con incarico di collaborazione col dirigente scolastico che sono attualmente in esonero o semiesonero. Il risparmio stimato per la soppressione di circa 3.500 supplenze è di quasi 103 milioni l’anno. L’operazione è giustificata dall’introduzione dell’organico dell’autonomia (o funzionale, peraltro ancora tutto da normare): in pratica, le funzioni finora svolte dai docenti esonerati dovranno essere ricondotte alle risorse dell’organico funzionale, o di rete. Ma questo implica necessariamente che il personale incaricato della collaborazione con il dirigente scolastico scelga (accetti) la «mobilità da organico su cattedra a organico funzionale» (pag. 28 del documento).

I commi 6 e 7 vanno a far cassa con i comandati della scuola. Il comma 6 taglia definitivamente tutti i comandi presso le associazioni professionali di dirigenti e docenti e le associazioni di recupero dei tossicodipendenti; 150 posti in tutto, per un presunto risparmio di 4-5 milioni l’anno. Il comma 7 dispone la revoca dal 1° settembre 2015 di tutti i distacchi e comandi di personale della scuola (non solo docenti) in essere presso altre amministrazioni dello Stato o enti, associazioni e fondazioni; con esclusione dei distacchi sindacali e dei comandi presso Miur e Usr.

Non si sa con esattezza quanti siano. Nel 2012 il Miur dichiarò che in totale c’erano 41.503 unità di personale “distaccato”; ma si trattava sicuramente di un dato sovradimensionato. Una stima più realistica darebbe qualche migliaio tra docenti e Ata collocati presso altre amministrazioni statali ed enti come il Coni o gli Istituti storici della Resistenza; a ciascuno di questi il Miur versa lo stipendio e per ciascuno aggiunge quello del supplente. Recuperarli significa per il Miur risparmi per almeno 50 milioni l’anno, ma non un risparmio per l’erario, almeno laddove i distacchi sono ancora dentro la Pa. In compenso, azzerare i comandi presso le associazioni non risolve i problemi di bilancio dello Stato, ma è in netto contrasto con «la valorizzazione delle associazioni professionali dei docenti» proclamata a pag. 47 de “La Buona Scuola”.

I tagli complessivi che la legge di stabilità impone al Miur, seppure alti non sono sufficienti a coprire l’impegno di spesa per il 2015. Il miliardo previsto però non viene comunque da soldi freschi, quanto piuttosto da un autofinanziamento coatto da parte del comparto stesso. Ed è lo stesso documento del 3 settembre a dircelo: poiché «la massa complessiva delle risorse destinate alle progressioni di carriera resterà pressoché invariata»(pag. 35), ma «il primo scatto sarà attribuito alla fine del 2018» e cioè che «non saranno attribuiti scatti negli anni 2015-2018», il tempo di qui al «primo scatto stipendiale permetterà di recuperare risorse — quelle che nel frattempo sarebbero state altrimenti destinate alla progressione di carriera secondo il modello attuale» — in modo da «non determinare oneri aggiuntivi a carico dello Stato». E, se non fosse ancora chiaro, il documento precisa che «le risorse utilizzate per gli scatti di competenza saranno complessivamente le stesse disponibili per gli scatti di anzianità, distribuite però in modo differente» (pp. 55-56). Per gli anni successivi i 3 miliardi necessari saranno garantiti da quel 33 per cento di docenti che non avranno gli “scatti di competenza”: il mancato aumento stipendiale frutterà all’erario oltre 4,2 miliardi di risparmi. Splendido! Un “investimento” dello Stato, ma fatto con i nostri soldi.

In una recente intervista radiofonica il ministro Giannini ha dichiarato che la consultazione online sta andando molto bene e che ci sono «650 eventi organizzati spontaneamente dal basso in tutta Italia». Non è piacevole smentire un’autorevole rappresentante del Governo, però gli insegnanti sanno bene che la stragrande maggioranza di questi eventi “spontanei” in realtà non lo sono affatto: sono stati imposti dal ministero il quale, attraverso Usr e Uffici territoriali, ha obbligato i dirigenti scolastici ad organizzare collegi docenti e assemblee con i genitori sul documento del 3 settembre, talvolta perfino assegnando il punto fra i dodici da discutere.

Bulli e Bulloni

BULLI E BULLONI

di Vincenzo Andraous

Una dietro l’altra, prive di rallentamenti, le notizie riguardanti la violenza e la non legalità nelle adiacenze di una scuola, ci martellano le tempie, come a non voler consentire alcuna tregua a chi pensa e sostiene erroneamente, che in fin dei conti sono soltanto ragazzate, episodi spiacevoli che a quell’età sono sempre accaduti.

Eventualmente ci fossero morti e feriti, sarebbero da ricondurre a una sorta di ammenda da incasellare bellamente nella colonna delle perdite accettabili.

Arrestato a sedici anni per spaccio di sostanze a scuola.

Sospesi a quattordici anni per avere commesso un furto in segreteria.

Denunciati per atti di vandalismo.

Deferiti all’autorità giudiziaria per comportamenti bullistici intenzionali e reiterati.

Non contento di questo andazzo maleodorante, il pianeta genitoriale non perde occasione per confermarsi corresponsabile di un vero e proprio tradimento culturale, fin’anche affettivo.

No, non si tratta di trasgressione adolescenziale, non concerne unicamente i più giovani, infatti gli adulti rimangono impigliati in questa caduta di valori e mancanza di rispetto per se stessi e gli altri.

Genitori invitati a scuola per essere informati delle “solite smargiassate adolescenziali”, reagiscono violentemente, erigendosi a veri e propri principi del foro, difesa a oltranza dei propri pargoli, fino a esigere il riconoscimento di una innocenza supposta, o in subordine, l’ammissione di un eccesso di zelo da parte dell’Istituzione scolastica.

Non venendo presi in considerazione, e ci mancherebbe altro, la risposta più immediata sta nello spintone, nella parola ottusa e conclusa, appunto nel mancato rispetto per la persona, del riconoscimento del suo ruolo e autorevolezza.

Dimenticando che nel non considerare il rispetto dei ruoli, rischiamo di perdere contatto con il valore stesso della vita umana.

Dunque è questo il messaggio trasmesso ai più giovani, ai nostri figli, a quanti ancora non sanno che i dazi si pagano sempre prima o poi. Perché? Perché c’è differenza, e che differenza, tra chi è autorevole per capacità, e chi è violento per incapacità.

Mentre a causa delle solite “ragazzate” i giovanissimi persistono a inciampare, una parte considerevole di adulti, s’inventa il secondo mestiere di bodyguard.

A questo punto, forse, è il caso davvero di mettersi a mezzo, di traverso, in testa a una vera e propria battaglia di civiltà.

Quando dentro una classe, una scuola, uno spazio deputato all’educazione, l’avere una competenza, un sapere, una conoscenza, sbalorditivamente, è richiesto di non fare nulla, ciò indica un grave peccato di omissione, se non una grave responsabilità personale.

E’ importante la parola, il suo contenuto, lo scrivere e il dibattere, senza incorrere in reticenze più o meno calcolate, è necessario fare i conti con la realtà che abbiamo in-consapevolmente costruito a misura, arresi alla conclusione deresponsabilizzante che ciò è sempre accaduto, accade oggi, accadrà pure domani.

Eppure farci i conti, significa, che insieme, nessuno escluso, dobbiamo migliorarci, migliorando il nostro quartiere, la nostra città, la collettività intera.

Fondazione Mondo Digitale e Google insieme per diffondere tra i giovani le competenze digitali

Fondazione Mondo Digitale e Google insieme per diffondere tra i giovani le competenze digitali

Corsi operativi a partire dal 2015, la “Call for youth” sarà disponibile nei prossimi giorni

sul sito  www.mondodigitale.org

Roma, 28 ottobre 2014 – Fondazione Mondo Digitale e Google uniscono le forze per diffondere le competenze digitali, combattere la dispersione scolastica e realizzare attività mirate di formazione, inserimento professionale per giovani “dispersi”, ai margini del sistema formativo e lavorativo italiano, e favorire l’innovazione delle imprese tradizionali del Made in Italy. L’iniziativa è promossa in collaborazione con Miur, Regione Lazio e Roma Capitale.

A partire dal 2015, i giovani potranno prendere parte a decine di corsi e centinaia di attività elaborate da Fondazione Mondo Digitale e Google, in partnership con le istituzioni locali e nazionali.

Imprenditori, coach, maker, esperti di management e docenti animeranno laboratori e workshop per riqualificare i giovani grazie a conoscenze e competenze digitali. A migliaia di giovani verrà proposta una vera e propria esperienza immersiva per scoprire le opportunità che offre l’economia digitale per l’occupazione e lo sviluppo con confronti diretti con le aziende e i professionisti.

Non solo, il progetto si propone anche di favorire l’incontro tra giovani e imprese tradizionali per abilitare modi nuovi di lavorare e aiutare le aziende del Made in Italy a cogliere questa opportunità per iniziare a sperimentare l’integrazione del digitale all’interno dei propri processi produttivi.

La “Call for youth” per raccogliere l’interesse dei giovani interessati sarà disponibile nei prossimi giorni sul sito www.mondodigitale.org. Le attività di formazione si svolgeranno a Roma.

“Da tempo ci impegniamo per accompagnare il Made in Italy verso il digitale e scommettiamo sui giovani come evangelizzatori digitali dell’economia italiana”, dichiara Giorgia Abeltino, Responsabile Relazioni Istituzionali e Affari Regolamentari di Google in Italia. “Con Fondazione Mondo Digitale lanciamo oggi un percorso sperimentale che utilizzerà la tecnologia per promuovere inclusione sociale e diffondere le competenze web nelle imprese. Con quest’iniziativa vogliamo sia dare un contributo alla formazione dei giovani e alla loro occupabilità, sia mettere a disposizione idee e esperienze per l’innovazione della scuola”.

“Lo possiamo definire il primo ‘programma gravitazionale’ per il lavoro”, aggiunge Alfonso Molina, professore di Strategie delle tecnologie all’Università di Edimburgo e direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale. “Vogliamo coinvolgere, anzi, direi proprio attrarre, migliaia di ragazze e ragazzi che sono “fuori orbita”, esclusi dal sistema Italia per le ragioni più diverse, dalle ‘ripetenze’ all’abbandono scolastico, dalla precarietà alla disoccupazione, offrendo uno spazio concreto di crescita personale e di riqualificazione e professionale”.

“Combattere la dispersione scolastica è una priorità che rende necessario sperimentare nuove strategie.” ha dichiarato Stefania Giannini, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. “Dobbiamo raggiungere risultati in tempi più brevi e con più efficacia. Non siamo infatti ancora abbastanza vicini agli obiettivi fissati dall’Unione europea. Sarebbe utile anche mettere a sistema progetti come questo che cercano di interpretare e rispondere ai bisogni dei giovani “dispersi”, offrendo loro un orientamento alle nuove professioni digitali. È quello che stiamo cercando di fare con il nostro piano ‘La Buona Scuola’ che punta a rafforzare laboratori e esperienze di alternanza scuola-lavoro”.

“Questa iniziativa per la formazione digitale dei giovani” ha dichiarato Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio “è in piena sintonia con il nostro impegno per sostenere l’occupazione e con le nostre misure del programma europeo della Garanzia Giovani. I tantissimi giovani che parteciperanno al progetto possono essere una grande risorsa per favorire l’innovazione delle imprese del Lazio e per lo sviluppo del nostro territorio. Il futuro del lavoro passa attraverso la formazione di qualità e l’incontro tra chi cerca lavoro e chi lo offre. Investire sulle nuove professioni digitali è fondamentale per produrre innovazione e per rendere sempre più competitivo il nostro sistema produttivo”.

“I bandi proposti da Mondo Digitale” ha dichiarato Ignazio Marino, Sindaco di Roma Capitale “rispondono all’esigenza fondamentale di questo momento storico: connettere i giovani con il mondo del lavoro, sfruttando la loro risorsa migliore, cioè la predisposizione all’innovazione. Un progetto che si propone di sviluppare le professionalità dei più giovani in ambito digitale, che è e che sarà sempre di più il loro punto di riferimento nel lavoro, è un progetto che va nella direzione giusta per i ragazzi, gli studenti e i cittadini di Roma, e in prospettiva, per quelli di tutta Italia. Nel mondo delle reti informatiche bisogna trovare il proprio spazio, sia come utenti che come lavoratori, e ogni iniziativa che aiuta le persone a trovare questo spazio trova l’appoggio del Campidoglio”.

Nasce Titulus Scuola, il gruppo di lavoro e di indirizzo sul tema della dematerializzazione negli istituti scolastici

Nasce Titulus Scuola, il gruppo di lavoro e di indirizzo sul tema della dematerializzazione negli istituti scolastici

Un’iniziativa promossa dalla Direzione Generale per gli Archivi del MIBACT
in collaborazione con diversi Istituti Scolastici di ogni ordine e grado.

Il primo incontro operativo il prossimo 6 novembre, alla fiera ABCD+Orientamenti

Bologna, 28 ottobre 2014 – Ha preso il via, con un comitato costitutivo, Titulus Scuola (http://titulus-scuola.kion.it/), il gruppo di lavoro e di indirizzo sul tema della dematerializzazione nella Scuola promosso dalla Direzione Generale per gli Archivi del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo e un primo nucleo di DS e DSGA (Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi) di scuole di diversi ordini e gradi.

Il gruppo di lavoro si presenta pubblicamente alle scuole italiane il prossimo 6 novembre a Genova durante ABCD+Orientamenti, il Salone dell’Educazione, dell’Orientamento e del Lavoro, e avrà come titolo “La trasparenza amministrativa passa dal sistema documentale: le scuole italiane e la digitalizzazione” (Sala B, Padiglione B, Ammezzato).

Il gruppo di lavoro è nato dal convincimento che gli ostacoli di natura operativa, culturale o relativi all’adeguamento delle procedure interne che frenano il processo di dematerializzazione della Scuola, possano essere affrontati con maggiore efficacia soltanto grazie a indicazioni, suggerimenti e linee guida provenienti dall’interno del mondo scolastico.

L’obiettivo del progetto, quindi, è mettere a fattor comune esperienze e competenze di operatori scolastici, DSGA, esperti di archivistica e informatici per definire proposte di intervento condivise attorno ai temi di principale interesse per la dematerializzazione in ambito scolastico, non soltanto al fine di garantire la conformità alle normative di riferimento ma soprattutto di facilitare il lavoro di chi opera ogni giorno nella scuola e incrementare l’efficienza e la trasparenza complessiva delle Istituzioni scolastiche.

A presiedere il gruppo di lavoro sarà il dottor Gianni Penzo Doria – Direttore Generale dell’Università degli Studi dell’Insubria (Varese e Como) e tra i massimi esperti italiani nel campo dell’archivistica.

Dematerializzare la scuola significa occuparsi di una molteplicità di aspetti: il registro elettronico, il portfolio elettronico dello studente, la comunicazione scuola/studente/famiglia, il protocollo informatico, la gestione documentale, la firma digitale, la conservazione digitale dei documenti – solo per citarne alcuni.

“Introdurre questi processi non vuol dire semplicisticamente dotarsi di strumenti informatici, magari soltanto per adempiere a un obbligo normativo – afferma Penzo Doria. È un’opportunità e uno strumento per rivedere e migliorare processi e flussi di lavoro, a beneficio di operatori e studenti. Attualmente, però, ogni scuola sta in qualche modo affrontando il problema da sola, individuando le soluzioni più adatte, configurandole per le proprie esigenze, definendo le nuove procedure interne e formando conseguentemente le persone. Obiettivo di Titulus Scuola è, invece, unire gli sforzi delle scuole affinché – sperimentando, condividendo e diffondendo buone pratiche – la dematerializzazione diventi davvero un vantaggio concreto per l’intero sistema”.

L’attività del gruppo si concentrerà intorno ad alcuni temi prioritari:

1.        Condivisione: la definizione di un titolario condiviso, la condivisione di buone pratiche, semplici e applicabili nella gestione quotidiana dei documenti, rappresentano la base di partenza di qualsiasi sistema documentale per garantire l’organizzazione, l’integrità e la rintracciabilità dei documenti.
2.     Standardizzazione: la realizzazione di una mappa ‘standard’ dei procedimenti amministrativi della scuola rappresenta il passo immediatamente successivo. Un sistema documentale non potrà prescindere da una adeguata gestione di questi procedimenti.
3.       Adeguamento normativo: un aiuto indispensabile per i rappresentanti della scuola. Un supporto nelle decisioni legate al processo di adeguamento alla normativa introdotta sui temi dell’Amministrazione digitale (Amministrazione trasparente, gestione dei flussi documentali, conservazione digitale, ecc.)

Le risultanze dei lavori del gruppo daranno vita a linee guida di indirizzo sintetizzate all’interno di documenti condivisi con tutti gli aderenti e, successivamente, resi disponibili sul sito web http://titulus-scuola.kion.it/.

Il progetto Titulus Scuola prevede anche attività di formazione e di aggiornamento a beneficio del personale ATA (Amministrativo, Tecnico e Ausiliario), sotto forma di un programma di lezioni di formazione teorica, anche in e-learning, e di una serie di azioni di tutorato, anche attraverso lavori di gruppo e mailing list.

Il comitato scientifico è composto da:
–       Gianni Penzo Doria (Direttore Generale dell’Università dell’Insubria)

–       Elisabetta Reale (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo)

–       Giuseppe Santoro (DS, Liceo Stellini – Udine)

–       Domenica Vittorini (DSGA, Liceo classico C. Cavour – Torino; Presidente ACADIS)

–       Marco Tommasi (ricercatore Università di Udine)

–       Giancarlo Pretto (DS, IC Albignasego)

–       Mauro Monti (DS, Istituto Superiore di Fiorenzuola d’Arda)

–       Carmelo Febbe (DSGA, Liceo scientifico statale J. Da Ponte – Bassano del Grappa)

–       Ugo Zavanella (Rete scuole mantovane)

–       Riccardo Rossini (DS, Liceo scientifico e musicale G. Marconi – Pesaro)

–       Gianvincenzo Migatta (Vicepreside Istituto Superiore Statale Einstein – Piove di Sacco)

–       Stefano Fava (DS, ITIS Pininfarina  – Moncalieri)

–       Salvatore Giuliano (DS, ITIS Majorana – Brindisi)

–       Paolo Vandelli (Responsabile divisione documentale, Kion)

È possibile aderire al progetto, anche solo per ricevere informazioni periodiche o per partecipare alle attività di disseminazione e di formazione.

Nell’autovalutazione delle scuole anche i risultati delle prove Invalsi

da Il Sole 24 Ore

Nell’autovalutazione delle scuole anche i risultati delle prove Invalsi

di Claudio Tucci

Utilizzare i risultati dei test Invalsi per l’autovalutazione delle scuole; e aprire una riflessione sulla presenza delle prove nell’esame di terza media (e sulla loro incidenza sulla valutazione finale degli alunni). L’istituto guidato da Anna Maria Ajello ha presentato ieri, a Formia, nel corso di un seminario di approfondimento sulle prove Invalsi, una ricerca che ha raccolto le opinioni di insegnanti e dirigenti sui test e sul loro impatto nell’attività didattica.
L’indagine è stata condotta a partire dall’anno scolastico 2011/12 nell’ambito delle rilevazioni nazionali sugli apprendimenti degli studenti ed è stata strutturata in due questionari (questionario insegnante e questionario scuola ). Diversi, e interessanti, i risultati emersi che «confermano un’evoluzione positiva nel rapporto delle scuole con la valutazione – ha detto, Anna Maria Ajello -. Gli insegnanti e i dirigenti coinvolti riconoscono l’utilità delle informazioni che restituiamo alle scuole sui risultati delle prove e ne fanno tesoro soprattutto per un confronto tra docenti e per i processi di autovalutazione». Peraltro, l’Invalsi ha proposto al Miur un format di autovalutazione, ha aggiunto Ajello, «che affronta molti aspetti dell’organizzazione scolastica e della didattica attraverso l’utilizzo di alcuni indicatori oggettivi, fra cui anche, ma non solo, i risultati delle prove Invalsi».

L’opinione dei docenti
Il questionario insegnante ha coinvolto 9.968 insegnanti di italiano e matematica delle classi II e V della scuola primaria, della classe III della scuola secondaria di primo grado e della classe II nella scuola secondaria di secondo grado, distribuiti su tutto il territorio nazionale. La somministrazione è avvenuta on line e su base volontaria e riscontrato una partecipazione superiore all’80 per cento. Cosa ne è venuto fuori? Che la maggioranza dei docenti ha espresso un giudizio positivo sulle prove, sia rispetto alla reperibilità e fruibilità delle informazioni (oltre il 70%), sia rispetto ai tempi di restituzione dei risultati (superiore al 60%). Anche per quanto riguarda l’utilizzabilità dei risultati delle prove dai singoli insegnanti e dal consiglio di classe la maggioranza dei docenti esprime un giudizio positivo, una percentuale che raggiunge il 70% dei docenti nelle Regioni Pon (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).

Il giudizio dei presidi
Al questionario scuola hanno risposto invece 1.561 dirigenti scolastici distribuiti su tutto il territorio nazionale. È emerso un giudizio positivo prevalente sui test, spiegato sia dagli aspetti legati alle procedure (gestione delle scadenze, somministrazione, comunicazione con le scuole), ma anche da quelli legati ai risultati (chiarezza, utilizzabilità, reperibilità delle informazioni restituite alle scuole). Interessante è anche il dato che, rispetto al possibile utilizzo dei risultati delle prove Invalsi, il 70% dei dirigenti ritiene che debbano servire all’autovalutazione da parte della singola scuola e circa il 60% per confrontare i livelli di apprendimento tra le classi di una stessa scuola. Solo una minoranza dei dirigenti scolastici ritiene che i risultati debbano essere utilizzati per valutare gli studenti e che debbano essere pubblicati per effettuare confronti tra diverse scuole. Secondo i dirigenti scolastici che hanno partecipato all’indagine, i membri del consiglio di istituto e i genitori hanno un giudizio positivo sulle prove, mentre risulta meno positivo il giudizio di studenti e insegnanti.

Criticità nelle prove
All’interno del questionario insegnante il 12,3% del campione ha usufruito della possibilità di esprimere commenti liberi riguardo al giudizio sui test. Le principali criticità emerse hanno riscontrato il contrasto tra la personalizzazione della didattica perseguita dalle Indicazioni nazionali per il curricolo e da tutti i documenti di indirizzo più recenti e la standardizzazione delle prove. In particolare, viene sottolineato questo contrasto nella scuola primaria, con riferimento agli alunni di cittadinanza non italiana e ai bisogni educativi speciali, e nella scuola secondaria di secondo grado, rispetto alle diversità presenti tra i diversi indirizzi scolastici. Si è riscontrata, infine, una criticità rispetto alla presenza delle prove nell’esame di terza media: «È un dibattito che si ripresenta ciclicamente – ha commentato Ajello -. La questione di fondo è se si ritiene che ci voglia un momento in cui si verifica attraverso uno standard comune il raggiungimento di alcune competenze prescritte dalle Indicazioni nazionali per il curricolo e se questo momento sia oppure no la terza media. Queste però sono scelte politiche».

Ecco il calendario dei test 2015: si parte il 5 maggio in seconda elementare

da Il Sole 24 Ore

Ecco il calendario dei test 2015: si parte il 5 maggio in seconda elementare

di Claudio Tucci

Si partirà il 5 maggio 2015 con la prova preliminare di lettura in seconda primaria, e la prova di italiano in seconda e quinta primaria. Il 6 maggio toccherà a matematica (in seconda e quinta primaria); il 12 maggio si svolgeranno le prove di italiano e matematica in seconda superiore, il 19 giugno la prova nazionale Invalsi si farà, come di consueto, all’interno dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di studio (terza media).
Il presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello, ha comunicato a tutte le scuole le date delle rilevazioni 2015 . Anche quest’anno scolastico, quindi, le prove Invalsi non sbarcheranno in quinta superiore.
Pure quest’anno saranno individuate le classi campione (dove saranno inviati gli osservatori esterni). In ogni scuola facente parte del campione saranno estratte due classe, mentre per le scuole campione di piccole dimensioni sarà estratta una sola classe.

La lezione si può registrare, ma sul web solo con autorizzazione

da Il Sole 24 Ore

La lezione si può registrare, ma sul web solo con autorizzazione

di Franco Portelli

Nella scuola “digitale” gli alunni forniti di tablet e di telefonini di ultima generazione, dotati di fotocamere e videocamere, sono sempre più spesso tentati di usare in classe questi dispositivi anche per registrare la lezione dell’insegnante. Sostituire il tradizionale quaderno per prendere appunti con questi strumenti è allettante. Come conciliare le esigenze degli alunni che vogliono migliorare lo studio a casa, utilizzando le registrazioni in classe, con il diritto alla privacy degli insegnanti?

Il Garante della privacy
Ad occuparsi di queste delicate tematiche è stato direttamente il Garante della privacy, che si è pronunciato attraverso specifiche direttive, affermando che la lezione scolastica può essere registrata dall’alunno esclusivamente per fini personali. Quindi – per il Garante – se uno studente decide di utilizzare un registratore per memorizzare i contenuti della lezione può farlo, sempre nel rispetto della dignità e dell’immagine dei soggetti coinvolti, a condizione di utilizzare il materiale così realizzato solo per lo studio individuale. Quando però si tratta di utilizzare strumenti come cellulari e smartphone bisogna fare i conti con le regole stabilite dalle singole istituzioni scolastiche. È nelle prerogative delle scuole, infatti, decidere nella loro autonomia come regolamentare l’uso dei cellulari. Bisogna, inoltre, considerare che pur riprendendo le lezioni i video e le foto non possono essere inseriti sul web, quindi neanche su facebook, se non con il consenso delle persone riprese. Tale pratica, in molti casi ritenuta normale da tanti studenti, abituati a “postare” di tutto sui network può costituire grave violazione della privacy e comportare sanzioni anche penali.

Il ministero
Anche il ministero della Pubblica istruzione si è occupato dell’uso dei telefonini. Prima con una circolare del 25 agosto 1998, indirizzata agli insegnanti, vietando l’uso di telefoni cellulari durante lo svolgimento delle lezioni. Poi con una nota del 15 marzo 2007 contenente linee di indirizzo e indicazioni in materia di utilizzo di telefoni cellulari e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica. Nella stessa è previsto il divieto di utilizzo del cellulare durante le ore di lezione. La motivazione risponde a una generale norma di correttezza che trova una sua codificazione formale nei doveri indicati nello Statuto delle studentesse e degli studenti. In tali circostanze, l’uso del cellulare e di altri dispositivi elettronici – si legge nella nota – rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configurando, pertanto, un’infrazione disciplinare sanzionabile attraverso provvedimenti orientati non solo a prevenire e scoraggiare tali comportamenti ma anche, secondo una logica educativa propria dell’istituzione scolastica, a stimolare nello studente la consapevolezza del disvalore dei medesimi.

Mondo Digitale e Google insieme per diffondere tra i giovani le competenze digitali

da La Stampa

Mondo Digitale e Google insieme per diffondere tra i giovani le competenze digitali

Attività mirate all’inserimento professionale e a favorire l’innovazione delle imprese

Fondazione Mondo Digitale e Google uniscono le forze per diffondere le competenze digitali, combattere la dispersione scolastica e realizzare attività mirate di formazione, inserimento professionale per giovani “dispersi”, ai margini del sistema formativo e lavorativo italiano, e favorire l’innovazione delle imprese tradizionali del Made in Italy. L’iniziativa è promossa in collaborazione con Miur, Regione Lazio e Roma Capitale.

 

A partire dal 2015, i giovani potranno prendere parte a decine di corsi e centinaia di attività elaborate da Fondazione Mondo Digitale e Google, in partnership con le istituzioni locali e nazionali.

 

Imprenditori, coach, maker, esperti di management e docenti animeranno laboratori e workshop per riqualificare i giovani grazie a conoscenze e competenze digitali. A migliaia di giovani verrà proposta una vera e propria esperienza immersiva per scoprire le opportunità che offre l’economia digitale per l’occupazione e lo sviluppo con confronti diretti con le aziende e i professionisti.

 

Non solo, il progetto si propone anche di favorire l’incontro tra giovani e imprese tradizionali per abilitare modi nuovi di lavorare e aiutare le aziende del Made in Italy a cogliere questa opportunità per iniziare a sperimentare l’integrazione del digitale all’interno dei propri processi produttivi.

 

La “Call for youth” per raccogliere l’interesse dei giovani interessati sarà disponibile nei prossimi giorni sul sito www.mondodigitale.org . Le attività di formazione si svolgeranno a Roma.

Pasticcio Tfa, ora è tutto da rifare

da ItaliaOggi

Pasticcio Tfa, ora è tutto da rifare

Inseriti come disponibili posti inesistenti, domande nel caos.

Alessandra Ricciardi

sistema è saltato. Migliaia di candidati ai 22 mila tirocini formativi attivi dovranno nel giro di pochi giorni rivedere le scelte fatte, indicare atenei diversi da quelli già prospettati come sede delle prove e poi dei corsi di abilitazione. Il motivo? Sono stati pubblicati come disponibili più posti di quelli autorizzati dal ministero.

Un’offerta formativa in eccesso diffusa a pelle di leopardo sul territorio nazionale, che ha falsato a cascata anche le richieste degli aspiranti ai Tfa, a cui il ministero dell’istruzione ha provato a mettere una pezza: con una nota del 24 ottobre scorso ha fissato a domani il termine ultimo entro il quale l’offerta a livello regionale deve essere riallineata ai contingenti previsti dal Miur per l’anno accademico 2014/15. «Resta inteso che, una volta completata la fase di riallineamento dei dati dell’offerta formativa, verranno riaperte le procedure per la scelta, da parte dei candidati che hanno superato il test preliminare, degli atenei e delle istituzioni presso i quali sostenere le prove scritte», prevede la nota a doppia firma del capo dipartimento per la formazione superiore e la ricerca, Marco Mancini, e del capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, Luciano Chiappetta.

Della riapertura dei termini, assicurano da viale Trastevere, saranno messi a conoscenza tutti i candidati interessati alla nuova offerta formativa (nelle poche regioni dove non ci sono problemi, tutto resta com’è) sia per la prima scelta della sede che per le altre due.

Il regolamento prevedeva che i percorsi da inserire sul sito del Cineca, il consorzio interuniversitario, come offerta formativa distinta per regione e per classe di concorso, fossero vidimati dal Coreco, il comitato regionale, d’intesa con le direzione scolastiche regionali. Il sistema però è stato bypassato, con alcune università che hanno inserito direttamente i dati nel sito Cineca. E così è saltato ogni controllo e coordinamento. Il dicastero guidato da Stefania Giannini, con la nota del 24 ottobre scorso, ha previsto per la nuova tornata un ulteriore passaggio: «Una volta che l’offerta formativa complessiva in ciascuna regione e classe di concorso coincida con i posti disponibili, i Comitati, d’intesa con i direttori (scolastici regionali, ndr), devono trasmettere i dati relativi all’offerta formativa a questi dipartimenti». Il ministero, dunque, ha preteso per sé una fase di controllo ulteriore sulla congruenza dell’offerta formativa rispetto ai posti autorizzati. Entro il 29 ottobre la situazione dovrà rientrare senza nessuna deroga rispetto ai posti previsti, dicono dal Miur, così da garantire che entro il prossimo 30 novembre le procedure di selezione si concludano. Per luglio 2015 i nuovi abilitati dovranno essere pronti, così da poter partecipare ai prossimi concorsi senza subire danni, che potrebbero invece dare luogo a eventuali azioni risarcitorie.

Spetterà ai comitati regionali in queste ore mettere d’accordo i rettori dei singoli atenei, comprese le università telematiche, perché rivedano la torta dei corsi abilitanti, il cui costo può arrivare a 3mila euro a testa. Ma quali sono gli sforamenti? Un esempio: per tutta la Lombardia c’erano 425 posti per italiano alle medie (A043) e 204 per italiano alle superiori (A050) per un totale di 629. Nel portale Cineca i posti sono diventati per le due classi di concorso oltre 1130. C’è il caso della Lombardia, e poi quello della Campania, del Lazio e della Calabria, ma anche le piccole realtà non sono esenti. Nelle Marche, per esempio, l’Accademia di belle arti ha offerto per la classe A022 7 posti, autorizzati ne risultavano solo 2. Nel Molise, l’università ha messo in palio per la classe A060 20 posti, autorizzati 5. E poi c’è il Piemonte, l’Emilia Romagna, la Valle D’Aosta. In queste ore tutte le università stanno comunicando ai propri candidati che le prove slitteranno di qualche giorno. Intanto che si consuma la battaglia tra i rettori

Le regioni: Lep anche a scuola

da ItaliaOggi

Le regioni: Lep anche a scuola

La proposta degli assessori regionali al premier: importiamo il modello della sanità

Emanuela Micucci

Nella Buona Scuola le regioni chiedono di introdurre i Lep, i livelli essenziali di prestazione, come avviene in sanità. «Ci sono troppi livelli in campo dagli uffici scolastici, ai comuni, alle regioni», spiega Emanuele Bobbio, assessore in Toscana, che coordina gli assessori regionali all’istruzione nella IX Commissione della Conferenza Stato-Regioni, «occorre chiarire quali sono le competenze di ciascuno e i meccanismi di raccordo per governare il settore.

Vanno previsti i Lep anche in questo campo: le risorse, gli organici, le prestazioni essenziali dalla scuola dell’infanzia al tempo pieno. E costi standard».

I Lep e la governance sono il nucleo delle proposte avanzate dalle regioni guidate da Sergio Chiamparino al ministro dell’istruzione Stefania Giannini e approvate dalla Conferenza delle regioni in un documento di 17 pagine, che raccoglie anche le buone pratiche in materia di istruzione e formazione realizzate sul territorio. Una proposta che sembra incontrare il favore della Giannini. Il ministro, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, avrebbe condiviso anche il passaggio della bozza del documento in cui si affermava la necessità, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle regioni, di misure di accompagnamento fino al commissariamento, proprio come avviene in sanità.

Passaggio quello sul commissariamento, però, non presente nel testo definitivo. Quattro le direttrici del sistema di governance multilivello e condiviso proposto dalle regioni per coordinare meglio gli interventi di istruzione sul territorio: regole comuni di sistema attraverso la definizione dei Lep; obiettivi misurabili e target di convergenza da perseguire per ogni regione in tempi certi; sistemi di raccordo interistituzionale per raggiungere i target; un sistema informativo per il monitoraggio e la verifica dei risultati raggiunti. Così da realizzare un sistema efficiente, razionale e sostenibile di riparto delle risorse nazionali di personale e finanziarie, abbandonando – si legge ne documento – «la logica procedurale e spesso emergenziale finora utilizzata nella programmazione territoriale dell’offerta formativa». «Una programmazione efficace – si sottolinea – non può prescindere da definizione dei Lep e costi standard, certezza delle risorse disponibili, condivisione di meccanismi di riparto sulla base di standard di riferimento».

Governo, sarà Davide Faraone a fare il viceministro al posto di Roberto Reggi

da La Tecnica della Scuola

Governo, sarà Davide Faraone a fare il viceministro al posto di Roberto Reggi

Il nome del nuovo sottosegretario all’Istruzione verrà reso noto entro poche ore ma viene dato per certo il deputato siciliano, che ha lasciato l’incarico di responsabile Scuola Pd proprio per ricoprire un ruolo nel Governo. E siccome è uno dei ‘delfini’ del premier, che tiene tanto all’istruzione… Per Faraone, però, si prospetta un duro impegno: il rischio è che assieme a Renzi sottovaluti i sindacati.

Entro quarantottore sapremo chi prenderà il posto di Roberto Reggi come sottosegretario all’Istruzione: con ogni probabilità si tratta di Davide Faraone, che da qualche settimana ha ceduto il posto di responsabile Scuola del Pd a Francesca Puglisi. Proprio per ricoprire un incarico di Governo, si era detto: incarico che, salvo sorprese dell’ultimo momento, si materializzerà tra mercoledì 29 e giovedì 30 ottobre. Come, del resto, preannunciato dalla Tecnica della Scuola già a metà settembre.

Anche le parole di Faraone, rilasciate nel corso della Leopolda di Firenze, confermano che toccherà a lui prendersi il posto di una due poltrone rimaste vuote nel sottogoverno (l’altro è all’Economia e al posto di Giovanni Legnini sembra che arrivi Fabio Melilli): “sul piano scuola del governo Renzi – ha detto il renziano Faraone, sposando la linea di Reggi, un altro dei ‘delfini’ del premier -, si va avanti determinati perché su questo si gioca e si misura il grado e la qualità della proposta riformista di questo governo. Abbiamo una proposta di riforma che rivoluzionerà la scuola italiana, è una scuola che non ha funzionato negli ultimi anni”.

Per Faraone si prospetta un duro lavoro: diverse parti del piano “La Buona Scuola” sono sempre più osteggiate dai sindacati, ancora più indispettiti dai tagli inaspettati contenuti nella Legge di Stabilità. E anche le ultime parole del premier sui rappresentanti dei lavoratori (“se vogliono fare le leggi si facciano votare in parlamento”) fanno presagire che la tensione sia destinata a salire. Soprattutto nel settore dell’Istruzione, dove tradizionalmente i sindacati sono forti. E senza il loro via libera, in passato è saltato più di un ministro. E messo in crisi diversi governi. Un “particolare” che forse andrebbe ricordato all’attuale premier e al suo entourage.

Nelle stesse ore, sempre in settimana, sarà resa pubblica anche la scelta del nuovo ministro degli Esteri. Da Palazzo Chigi, scrive l’Ansa, fanno sapere che quando il primo novembre inizierà il mandato di Federica Mogherini alla guida della politica estera dell’Ue, sarà già noto il nome del suo successore alla Farnesina: da giorni si ‘quotano’ in discesa le chance del viceministro Lapo Pistelli, in un primo momento considerato il successore più naturale della Mogherini.

Anche il nome del vicepresidente della Camera Marina Sereni sembra perdere quota. Mentre in ambienti di governo si segnala in grande ascesa l’ipotesi che il delicato incarico vada alla giovane Lia Quartapelle, 32 anni, ricercatrice all’Ispi prima di diventare deputato. Vera outsider, Quartapelle, riferisce chi le ha parlato in giornata, non crede di avere chance (“Non esageriamo”, ha scritto ieri su Twitter) rispetto, ad esempio, a un profilo come quello di Elisabetta Belloni, direttore generale per le risorse umane della Farnesina.

Prove Invalsi, la maggior parte dei docenti sembrerebbe d’accordo

da La Tecnica della Scuola

Prove Invalsi, la maggior parte dei docenti sembrerebbe d’accordo

A sostenerlo è lo stesso Istituto di valutazione nazionale, al termine di un’indagine condotta dall’a.s. 2011/12 che ha coinvolto 9.968 insegnanti e 1.561 dirigenti scolastici: oltre due terzi dei docenti della V primaria ritengono che vi sia corrispondenza tra i contenuti delle prove e le competenze richieste dalle nuove Indicazioni nazionali per il curricolo. Via libera pure da tanti capi d’istituto. Non mancano però i punti critici, come il gap tra la personalizzazione della didattica e la standardizzazione delle prove.

La maggior parte dei docenti si dice d’accordo nel somministrare agli alunni i questionari standard preparati dall’Invalsi per verificare e migliorare la qualità degli apprendimenti. A sostenerlo è lo stesso Istituto di valutazione nazionale, dopo aver realizzato un’indagine condotta a partire dall’anno scolastico 2011/12: l’esito della ricerca è stata presentato il 28 ottobre a Formia, in apertura della due giorni di seminari, Invalsi “Il Questionario Insegnante e il Questionario Scuola: teorie, strumenti e risultati”.

Nell’ambito delle Rilevazioni nazionali sugli apprendimenti degli studenti, attraverso la somministrazione di due questionari on line, l’Invalsi ha raccolto le opinioni di 9.968 insegnanti e 1.561 dirigenti scolastici sulle prove nazionali e sulla valutazione, reperendo informazioni approfondite sulle caratteristiche dell’attività didattica – in particolare per la matematica e l’italiano – e sulle pratiche delle istituzioni scolastiche coinvolte sui temi della valutazione.

Il Questionario Insegnante

Il Questionario Insegnante ha coinvolto 9.968 insegnanti di italiano e matematica delle classi II e V della scuola primaria, della classe III della scuola secondaria di primo grado e della classe II nella scuola secondaria di secondo grado, distribuiti su tutto il territorio nazionale. La somministrazione è avvenuta on line e su base volontaria e riscontrato un’alta partecipazione – superiore all’80% – dei docenti interpellati.

L’indagine ha approfondito l’opinione degli insegnanti rispetto alla corrispondenza tra il divario nei risultati delle Prove INVALSI tra le macro-regioni e la presenza di divari nelle competenze degli studenti. La maggioranza dei docenti nel Nord Ovest e nel Nord Est si è dichiarato molto o abbastanza d’accordo con tale corrispondenza, mentre nel Sud e nelle Isole circa un terzo dei docenti si dimostra d’accordo. In tutte le macro-regioni la maggioranza degli insegnanti ritiene che il divario sia soltanto in parte o per nulla risolvibile tramite l’azione dei docenti e del dirigente scolastico.

La ricerca ha chiesto agli insegnanti di esprimere un giudizio sulle rilevazioni dell’INVALSI sui livelli di apprendimento. La maggioranza dei docenti esprime un giudizio positivo sulle Prove INVALSI, sia rispetto alla reperibilità e fruibilità delle informazioni (oltre il 70%), sia rispetto ai tempi di restituzione dei risultati (superiore al 60%). Anche per quanto riguarda l’utilizzabilità dei risultati delle Prove dai singoli insegnanti e dal Consiglio di classe la maggioranza dei docenti esprime un giudizio positivo, una percentuale che raggiunge il 70% dei docenti nelle Regioni PON (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Il 40% del campione ritiene che le informazioni restituite alle scuole sui risultati delle Prove siano dotate di chiarezza.  Ma soprattutto, oltre due terzi dei docenti della classe V della scuola primaria ritengono che vi sia corrispondenza tra i contenuti delle Prove e le competenze richieste dalle nuove Indicazioni nazionali per il curricolo.

Il Questionario Scuola

Hanno risposto al Questionario Scuola 1.561 dirigenti scolastici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Emerge un giudizio positivo prevalente sulle Prove INVALSI, spiegato sia dagli aspetti legati alle procedure (gestione delle scadenze, somministrazione, comunicazione con le scuole), ma anche da quelli legati ai risultati (chiarezza, utilizzabilità, reperibilità delle informazioni restituite alle scuole). Per gli aspetti legati alle procedure, i giudizi positivi sono maggiori nelle macro-regioni Sud e Sud e Isole.

Rispetto al possibile utilizzo dei risultati delle Prove INVALSI, il 70% dei dirigenti ritiene che debbano servire all’autovalutazione da parte della singola scuola e circa il 60% per confrontare i livelli di apprendimento tra le classi di una stessa scuola. Al contrario, una minoranza dei dirigenti scolastici ritiene che i risultati debbano essere utilizzati per valutare gli studenti e che debbano essere pubblicati per effettuare confronti tra diverse scuole. I risultati delle Prove nelle scuole del campione vengono utilizzati prevalentemente per una discussione all’interno del Collegio dei docenti o con gli insegnanti di una medesima disciplina.

Secondo i dirigenti scolastici che hanno partecipato all’indagine, i membri del Consiglio di Istituto e i genitori hanno un giudizio positivo sulle Prove INVALSI, mentre risulta meno positivo il giudizio di studenti e insegnanti. Inoltre, i dirigenti delle macro-regioni Nord Ovest e Nord Est percepiscono un giudizio migliore sulle Prove per tutte e quattro le categorie rispetto ai dirigenti delle scuole del Sud e delle Isole.

Criticità nelle Prove INVALSI

All’interno del Questionario Insegnante, il 12,3% del campione ha usufruito della possibilità di esprimere commenti liberi riguardo al giudizio sulle Prove INVALSI. Le principali criticità emerse riguardano il contrasto tra la personalizzazione della didattica perseguita dalle Indicazioni nazionaliper il curricolo e da tutti i documenti di indirizzo più recenti e la standardizzazione delle prove. In particolare risulta evidente questo contrasto nella scuola primaria, con riferimento agli alunni di cittadinanza non italiana e ai bisogni educativi speciali, e nella scuola secondaria di secondo grado, rispetto alle diversità presenti tra i diversi indirizzi scolastici. Si riscontra inoltre una criticità rispetto alla presenza delle Prove nell’esame conclusivo del primo ciclo d’istruzione e la loro incidenza sulla valutazione finale degli alunni.

Tali criticità rimandano a questioni dibattute da tempo nelle scienze dell’educazione, ma anche alla necessità di maggiore chiarezza nelle scelte di fondo di natura politica, che esulano dai compiti dell’INVALSI.

Anche per questo i risultati della presente indagine possono fornire una traccia utile per la discussione presente e futura sulla valutazione.

Il commento del direttore Invalsi

“I risultati della ricerca confermano un’evoluzione positiva nel rapporto delle scuole con la valutazione” – ha detto Annamaria Ajello, presidente Invalsi –. Gli insegnanti e i dirigenti coinvolti riconoscono l’utilità delle informazioni che restituiamo alle scuole sui risultati delle Prove e ne fanno tesoro soprattutto per un confronto tra docenti e per i processi di autovalutazione”.

“La ricerca mette in luce anche alcune criticità che ci servono per continuare a migliorare – ha continuato Ajello – e che possono fornire utili indicazioni anche per scelte politiche e istituzionali che sostengano le scuole per una didattica efficace anche attraverso gli strumenti della valutazione. La ricerca, infine, rende evidente che è possibile un’idea ricca della valutazione e aiuta ad ampliare il dibattito su questo tema”.

Le prove Invalsi 2015: il calendario

Lo svolgimento delle prove Invalsi 2015 riguarderà gli stessi livelli scolastici già coinvolti nelle rilevazioni dell’anno scolastico passato e si articolerà secondo il seguente calendario:

  • 5 maggio 2015: prova preliminare di lettura (II primaria) e prova d’Italiano (II e V primaria);
  • 6 maggio 2015: prova di Matematica (II e V primaria) e questionario studente (V primaria);
  • 12 maggio 2015: prova di Matematica, prova d’Italiano e questionario studente (II secondaria di secondo grado);
  • 19 giugno 2015: prova di Matematica, prova d’Italiano (III secondaria di primo grado – Prova nazionale all’interno dell’esame di Stato).

I sindacati a gran voce chiedono il rinnovo del contratto di categoria

da La Tecnica della Scuola

I sindacati a gran voce chiedono il rinnovo del contratto di categoria

Petizione dei sindacati della scuola per il rinnovo del contratto e il mantenimento degli scatti.

Sono 250.000 ad oggi le firme raccolte dai sindacati scuola con l’iniziativa #sbloccacontratto, con la quale si rivendica l’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto e il mantenimento degli scatti di anzianità.
Il punto sulla sottoscrizione verrà fatto nel corso di una conferenza stampa indetta per le ore 10,30 del 30 ottobre a Roma in Piazza Monte Citorio dalle segreterie dei sindacati FLC CGIL, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams

Saranno presenti:

Domenico Pantaleo – segretario generale FLC CGIL

Francesco Scrima – segretario generale CISL SCUOLA

Massimo Di Menna –segretario generale UIL SCUOLA

Achille Massenti – segretario vicario SNALS Confsal

Rino Di Meglio –  coordinatore nazionale  GILDA Unams

Una lettera unitaria che indica le ragioni e l’obiettivo della sottoscrizione è stata inviata al Presidente del Consiglio e ai Ministri dell’Istruzione, Università e Ricerca e per la Pubblica Amministrazione, con la richiesta di definire anche le modalità per la consegna dei pacchi con le oltre 250.000 firme raccolte.

Legge di stabilità: aumentano i precari?

da La Tecnica della Scuola

Legge di stabilità: aumentano i precari?

I paradossi dei dati allegati alla legge: diminuisce la spesa per i docenti in ruolo ma aumenta del 50% quella per i contratti a tempo determinato. Ma il precariato non doveva sparire?

La tabella n. 7 allegata alla legge di bilancio per il 2015 (si tratta della tabella relativa alle spese del Ministero dell’Istruzione) è stata pubblicata in queste ore nel sito della Camera e ad una prima lettura le sorprese non mancano.
Va peraltro premesso che la lettura del documento non è per nulla semplice, ma almeno sui macro-dati le nostre osservazioni non dovrebbero essere molto lontane dalla realtà.
Il primo dato riguarda il budget generale del Ministero: per il 2014 il bilancio assestato è pari a 41,7 miliardi euro; per il 2015 sarà di 230milioni di euro in meno.
Se si considera il conto di cassa la situazione non cambia affatto: contro i 42,1 miliardi del 2014 ci sono i 41,5 del 2015.
La prima osservazione è inevitabile: nel complesso sull’istruzione non ci sarà un euro in più, anzi ci saranno alcune centinaia di milioni di euro in meno.
Ma il dato più interessante è quello che riguarda le spese per il personale.
Prendiamo per esempio il costo del personale docente di scuola primaria: nel 2015 si prevede una spesa di 5,750 miliardi di euro che corrisponde, secondo la tabella, a 220mila stipendi annui; negli anni seguenti – a causa delle assunzioni previste dal Piano Buona Scuola – la spesa dovrebbe aumentare e invece no: nel 2016 si scende a 5,683 miliardi (pari a 217mila stipendi) e nel 2017 a 5,570 miliardi (pari a 211mila stipendi).
Curiosamente la legge di bilancio prevede invece un aumento consistente della spesa relativa agli stipendi da pagare ai docenti con contratto fino al termine delle attività didattiche: si passa da 746milioni di euro del 2015 a 808 milioni del 2016 e a 908milioni del 2017 (la previsione del 2014 era di 663milioni): se non interpretiamo male i numeri questo significa che il Governo prevede che la spesa per il personale docente a tempo determinato continuerà ad aumentare mentre diminuirà quella relativa al personale di ruolo.
La stessa tendenza si riscontra analizzando le previsioni di spesa relative agli altri ordini di scuola.
Con questi dati risulta davvero difficile dare credito al piano di assunzioni previsto dalla “Buona Scuola” di Renzi. Forse un chiarimento tecnico da parte del Ministro (e soprattutto da parte della Regioneria Generale dello Stato) potrebbe servire a fugare dubbi e perplessità.