Dossier ISEE e persone con disabilità

da Handylex

Dossier ISEE e persone con disabilità

La presentazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) viene richiesta per l’accesso a prestazioni sociali agevolate cioè servizi o aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (solo a titolo di esempio: dalle prestazioni ai non autosufficienti ai servizi per la prima infanzia, dalle agevolazioni economiche sulle tasse universitarie a quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, alle eventuali agevolazioni su tributi locali, all’accesso agli asili nido).

L’ISEE esiste già nella normativa italiana dal 1998, ma la sua applicazione è stata unanimemente ritenuta carente, inefficace e causa di un notevole numero di contenziosi. Da alcuni è, inoltre, stato ritenuto uno strumento scarsamente efficace nel contrasto di elusioni o abusi.

Di recente l’ISEE è stato oggetto di una nuova regolamentazione che modifica alcuni criteri e, soprattutto, intensifica i controlli preventivi e a campione e ne affida la gestione all’INPS.

In questo Dossier ne presentiamo gli elementi salienti in particolare per le persone con disabilità e i loro nuclei familiari, fornendo anche alcune simulazioni utili a comprendere diverse situazioni.

http://www.handylex.org/gun/dossier_isee_disabilita_2015.shtml

“Be my eyes”, con un’app in 10 lingue i ciechi vedono con occhi dei volontari

da Redattore Sociale

“Be my eyes”, con un’app in 10 lingue i ciechi vedono con occhi dei volontari

L’idea è di un gruppo di danesi. Si tratta di costituire una rete in cui persone vedenti possano “prestare” i loro occhi ai ciechi tramite un telefonino per aiutarli in tutte le attività della vita quotidiana: controllare la scadenza di un farmaco, scegliere un prodotto al supermercato, ecc…

BRUXELLES – Quando si parla di un’app come rivoluzionaria, spesso si tende a esagerare. Il termine, infatti, è abbastanza inflazionato anche in tempi in cui non si usa più per descrivere grandi movimenti o ideologie. Però, nel caso di “Be my eyes” (letteralmente “sii i miei occhi”), la definizione di app rivoluzionaria cade proprio a fagiolo, perché se il progetto prenderà piede potrà rendere molto più semplici diversi aspetti della vita quotidiana di molti ciechi.
Di cosa si tratta? Facile a dirsi, lo spiega direttamente il sottotitolo della App: “Help blind people see” (aiutate le persone non vedenti a vedere). L’idea, geniale nella sua semplicità, è venuta a un gruppo di danesi che si sono incontrati durante un weekend dedicato alle Start Up. Si tratta di costituire una rete in cui persone vedenti possano prestare i loro occhi, come volontari, ai ciechi per aiutarli in tutte le attività della vita quotidiana in cui incontrano difficoltà.
Gli esempi pratici possono essere innumerevoli: controllare la scadenza di un farmaco, scegliere quale prodotto comprare in un supermercato, orientarsi in un ambiente sconosciuto, ritrovare un oggetto che si è perso in casa, sapere a quale citofono suonare una volta che si è raggiunto un indirizzo, accoppiare quei calzini spaiati di cui non si può vedere il colore e molto molto altro. Ovvio, se si ha a disposizione un occhio nelle vicinanze, come un amico vedente, il proprio partner, un familiare, benissimo. Ma quando un cieco è da solo e si trova in difficoltà, anche piccola, allora Be My Eyes può venire in suo soccorso.

Il funzionamento è semplicissimo: si scarica la app (per ora disponibile solo su Iphone, ma gli sviluppatori stanno raccogliendo interesse per una versione Android), ci si registra inserendo il proprio nome, la propria mail, la propria categoria di appartenenza (se si è un non vedente o un volontario vedente) e se si vuole le lingue che si parlano, si accettano le condizioni di utilizzo e si è pronti al primo utilizzo. A questo punto, quando si ha bisogno di una mano – o per non uscire fuori di metafora di un occhio – si apre la app, si clicca su connetti, e viene stabilita una connessione audio-video col primo volontario disponibile. Il volontario, grazie alla fotocamera del telefono, vede dove si trova la persona non vedente e cosa sta facendo, e può così aiutarla come se le due persone fossero insieme, dando indicazioni, istruzioni, dicendo dove spostarsi etc.

Insomma, davvero tutto molto facile. E la app, tradotta in dieci lingue fra cui anche l’italiano, sta riscuotendo un grande successo: a sole 24 ore dal lancio, sono già 12300 i volontari disponibili che possono dare assistenza in oltre 30 lingue, più di  mille i non vedenti registrati, e la notizia di questo software molto innovativo sta impazzando sui social media.
Unico piccolo inconveniente, per un pubblico italiano, è rappresentato dal fatto che i volontari, per ora, parlano soprattutto inglese. Ma se il network si espande, se la voce si sparge e se vengono arruolati volontari italiani, la cosa potrà essere facilmente bypassabile.

Thelle Kristiansen, il CEO e cofondatore dell’organizzazione senza fini di lucro che ha ideato Be My Eyes, racconta a Redattore Sociale: “Siamo molto soddisfatti del lancio, e se la community ci aiuterà ad arruolare volontari e non vedenti in tutto il mondo, a sviluppare ulteriormente la App e a fare nuove traduzioni, il progetto potrà crescere davvero molto e in tempi rapidi. Già abbiamo ricevuto un gran numero di feedback e pensiamo di lanciare una versione Android in primavera.””.
Per maggiori informazioni su Be My Eyes, per scaricare la app e per diventare volontario. (Maurizio Molinari)

Prolegomeni per una dirigenza vera alla luce della Riforma Madia

Prolegomeni per una dirigenza vera alla luce della Riforma Madia

di Francesco G. Nuzzaci

 

1.1 Il disegno di legge n. 1574, c.d. Riforma Madia, volta a semplificare l’organizzazione della Pubblica amministrazione, all’articolo 10 riconfigura la dirigenza pubblica come soggetto attributario di autonomi poteri di gestione di risorse umane, finanziarie e strumentali per la loro ottimale combinazione preordinata alla realizzazione dello scopo-programma-progetto predefinito dal committente politico o assegnato dal dirigente di vertice (esempi paradigmatici articoli 16 e 17 del D. Lgs 165/01), ovvero direttamente prescritto da fonte normativa (esempio paradigmatico art. 1, comma 2 del D.P.R. 275/99), con esclusiva responsabilità di risultato.

1.2 La nuova dirigenza è quindi una figura non eccessivamente specializzata, può dirsi una figura generalista o organizzatoria, in ciò distinta dai professional, caratterizzati, invece, dal possesso e dall’esercizio di competenze circoscritte di natura tecnica, erogate all’interno della struttura organizzativa , privi di compiti di gestione di risorse umane e finanziarie, se non in misura marginale ed eventuale, come nel caso di quasi tutta l’articolata odierna dirigenza medica, eccetto gli ex primari ospedalieri che, pur preposti alla conduzione di strutture dipartimentali complesse, hanno comunque anch’essi, come funzione preponderante, il compimento dell’atto medico.
Coerentemente, vengono istituiti tre ruoli unici (dirigenza dello Stato,      dirigenza delle regioni, dirigenza degli enti locali), coordinati e compenetrabili, per  essere contrassegnati dalla loro piena mobilità, con abolizione delle gerarchizzate fasce poiché gli incarichi, ad tempus, si vogliono basati sul principio del merito, in esito alla formazione continua e al previo ed omogeneo sistema di reclutamento, affidato alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione; con consequenziale omogeneizzazione-perequazione giuridica ed economica, ciò implicando la revisione e la razionalizzazione delle voci retributive nei limiti delle risorse complessivamente destinate dalle vigenti disposizioni legislative e contrattuali. Coerentemente, si passa da una dirigenza career based ad una dirigenza position based. Ovvero: dal dove fai il dirigente a come lo fai ( Marianna Madia).
Istituito il ruolo unico, per la dirigenza statale è possibile l’eventuale confluenza nello stesso del personale appartenente alle – non precisate – carriere speciali, con ulteriore previsione, nell’ambito del ruolo, di – sempre non precisate – professionalità speciali.

1.3 Senonché, tranne che in una delle bozze ufficiose fatte circolare, nelle altre tre, compresa quella finale effettivamente rassegnata nella Commissione cultura del Senato, dal ruolo unico – rectius e testualmente: dai suddetti ruoli unici – è esclusa la dirigenza scolastica, perché evidentemente non ritenuta dirigenza manageriale, di gestione di risorse umane e finanziarie, ovvero perché supposta prevalentemente dirigenza professionale, quasi che la sua funzione fosse quella di un esperto disciplinare che insegni la propria materia e tutto quel che la integra e la supporta (ciò che invece è tipico della funzione docente: cfr. artt. 1 e 395 del D. LGS. 297/94 e art. 27 del CCNL Scuola del 29.11.2007). Che dunque non è collocabile nella dirigenza amministrativa, per così dire ordinaria, e neanche nelle sezioni delle carriere speciali o delle professionalità speciali. Non vi è collocabile perché ne difetta il presupposto: per l’appunto il suo (negato) inserimento nei ruoli unici. Insomma, la sua tanto declamata e, in punto di diritto, evanescente specificità – che appare solo in un passaggio dell’art. 25 del D. LGS 165/01, dove si parla di valutazione dei risultati ad opera di un nucleo istituito presso l’Ufficio scolastico regionale, che tiene conto della specificità delle funzioni – è talmente preponderante da trasformarla in non dirigenza!

 

2.1.  Per contro, non può dubitarsi che la dirigenza agita nelle istituzioni scolastiche – che nella statuizione del vigente, ancorché parzialmente, D. LGS. 150/09 possono ben qualificarsi strutture organizzative complesse – è una dirigenza pleno iure.

2.2.   Al di là dell’inequivoca lettera del dato normativo – che già di per sé spazza via tutte quelle elucubrazioni sparate in assolutà libertà, tipo l’essere la dirigenza scolastica una forma differenziata dell’unica funzione docente! – lo attesta l’unanime giurisprudenza delle corti superiori ( da ultimo Corte dei conti per la sezione Sicilia, 04.03.2014; Corte dei conti-Sezioni riunite di controllo, adunanze del 07.04.2006 e 14.07.2010; Consiglio di Stato-Sez. II, n. 1603/99 e id. 26.07.2000; Consiglio di Stato-Comm. Spec. P.I., n. 529 del 16.10.2003). E lo conferma l’altrettanto unanime dottrina ( tra i tanti PAOLUCCI, POGGI), secondo cui il dirigente scolastico, seppure con caratteri di peculiarità, partecipa comunque della funzione dirigenziale pubblica ed in particolare statale.

2.3. Ma è d’accordo anche il nostro Presidente del Consiglio, nel suo programma La buona scuola, da cui estrapoliamo i seguenti passaggi, testuali, sulla dirigenza scolastica:

  •  Mantenimento e rafforzamento delle indiscutibili competenze gestionali necessarie per promuovere l’efficienza di un’organizzazione complessa;
  • Valorizzazione e salvaguardia delle competenze professionali connesse alla promozione della didattica e della qualificazione dell’offerta formativa;
  • Caratterizzazione della dirigenza scolastica, al tempo stesso dotata di esperienza diretta e approfondita dei processi educativi, ma anche delle competenze necessarie per gestire un’organizzazione complessa;
  • Piena responsabilità della gestione generale e della realizzazione del progetto di miglioramento definito sulla base della valutazione;
  • Unici reclutamento e formazione affidati alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (già prescritti dalla legge 128/13), la stessa istituzione che seleziona e forma tutti i dirigenti dello Stato.
  • E, riassuntivamente, anche i presidi sono prima di tutto dirigenti!

Dopodiché, se non si voglia ritenere irrimediabile la schizofrenia del Legislatore, il rampante inquilino di Palazzo Chigi dovrebbe rendersi avvertito dell’aberrazione consumata dagli anonimi, e non disinteressati, burocrati che hanno materialmente scritto il D.D.L. 1577. E prima di lui e insieme a lui dovrebbero rendersi avvertite la volitiva ministra della Pubblica Amministrazione – che pure ha dichiarato sul Il Messaggero del 28 maggio 2014 che ci sarà una perequazione delle retribuzioni, nell’ambito del ruolo unico, per tutte quelle dirigenze che gestiscono risorse umane e finanziarie – e la collega titolare del MIUR, finora sul punto completamente silente.

3.1 Sono sincera, né io e neanche, credo, i miei colleghi parlamentari sappiamo alcunché della dirigenza scolastica. Diteci, insomma, quello che volete, provando anzitutto, se ci riuscite, a mettervi d’accordo tra di voi: E’ la confessione, più o meno letterale, e degna del massimo apprezzamento, di una componente della Commissione cultura della Camera dei deputati al Convegno organizzato dalle associazioni professionali della dirigenza scolastica ANDiS e DISAL, presenti i sindacati di categoria – ad eccezione di CGIL, UIL, SNALS, che invece l’invito l’hanno declinato – e tenutosi in Roma, Camera dei deputati-Sala del refettorio il 13 gennaio 2015.

3.2 Il problema è proprio questo: che cosa vuole – che cosa vuole essere – la   dirigenza scolastica. Meglio: se vuole essere dirigenza oppure un’entità definita in negativo, come un tempo era il Personale non docente, adesso ATA.
Volutamente un po’ estremizzando, vi sono due opposte posizioni, ma entrambe non meritevoli di condivisione.

3.3 La prima, minoritaria, sembra propendere per l’assimilazione della dirigenza scolastica alla dirigenza amministrativa, magari sgravata da tutte quelle eterogenee molestie burocratiche che quotidianamente le si scaricano addosso: Ciò nel presupposto, in fatto incontestabile, della permanenza di un coriaceo mantra connaturato alla nascita, con il D.P.R. 748/72, della dirigenza pubblica come una dirigenza tipicamente ed esclusivamente amministrativa, e che ancora fa capolino nel menzionato D.D.L. 1577. E’ il mantra secondo cui l’unica dirigenza vera è quella burocratica, garante della sola legittimità formale degli atti e della regolarità delle procedure, cioè dell’esatto adempimento; nel mentre tutte le altre dirigenze – quanto più connotate dell’ossimoro professionali, per non dire specifiche – vengono confinate in una sorta di retro bottega dove farvi stazionare gli scarti della dirigenza pubblica.

3.4 La seconda posizione, maggioritaria, teorizza, nella sostanza, un dirigente scolastico – anzi, a questo punto e con piena coerenza, un preside, e difatti il termine figura non infrequentemente nei vari documenti ultimamente prodotti – completamente svincolato da ogni incombenza burocratico-amministrativa-contabile-negoziale, in una parola gestoria, che possa esclusivamente dedicarsi al coordinamento della didattica, secondo un modello già superato dai decreti delegati degli anni Settanta (cfr. art. 3 del D.P.R. 417/74, ora trasfuso nell’art. 396 del D.LGS. 297/94) e risalente al Regio decreto 30.04.1924, n. 965, artt. 10 ss., con il preside preposto alla conduzione – collegiale – della struttura didattica e – gerarchicamente sottoposto al provveditore – alla struttura amministrativa dell’istituto, con funzioni di sovraintendenza al buon andamento didattico, educativo e amministrativo.

3.5 E’ incontestabilmente vero che, con progressione geometrica, il dirigente scolastico è stato, ed è, sempre più assorbito da compiti e responsabilità, a volte necessariamente ed ineludibilmente strumentali alla sua precipua funzione fondamentale e istituzionale, a volte e più spesso del tutto inconferenti e inutilmente ultronei, con personale esposizione a pesanti sanzioni, anche di natura penale. Non per questo però – come proposto da alcuni – è necessario riscriverne il profilo strutturale e funzionale, perché già disciplinato dal diritto positivo. Semmai sarebbe opportuno licenziare un testo ricognitivo che sollevi i tanti interpreti dalla fatica di ricavare in via ermeneutica la norma dal complesso delle disposizioni disseminate nell’ordinamento giuridico di settore e generale, con esiti, inevitabilmente, controversi per definizione. Volendo richiamare velocemente alla memoria quelli di più diretta e ricorrente afferenza, i riferimenti, già citati, sono il D.LGS 165/01 e s.m.i.; il D.P.R. 275/99, Regolamento dell’autonomia; il D.LGS 297/94, in materia di competenze degli organi collegiali che vanno ad incrociarsi con quelle che, per ius superveniens, sono ora da ritenersi intestate al dirigente scolastico e/o attribuite alla fonte negoziale; il Regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche autonome, di cui al D.I. 44/01; i Contratti collettivi nazionali di lavoro, posto che gli stessi siano ora legittimati, sia pure in modo surrettizio, a dettare norme di organizzazione o, addirittura, di status, dopo l’avvenuta emanazione del menzionato D. LGS 150/09, c.d. Riforma Brunetta.
La predetta riscrittura sarebbe, peraltro ed in concreto, preordinata a spogliare la dirigenza scolastica di tutti quei compiti asseriti impropri, con il risultato, invero paradossale, di impoverire la sua funzione, che invece la si vuole rinforzata per renderla idonea alla conduzione di un ente dotato di autonoma soggettività giuridica e, nel contempo, organo dello Stato, con tutte le conseguenze ex lege, che qui è solo possibile rimettere all’intuizione del lettore.
A nostro giudizio, non potendosi in questa sede neanche accennarsi al più vasto problema del necessario riassetto della governance del sottosistema scolastico, si dovrebbe agire – in parte principiando da altre disposizioni normative contenute nel D.D.L. 1577, in parte sviluppando il programma della Buona scuola – con un sapiente mix imperniato su tre misure:
a) creazione di un middle management all’interno di ogni istituzione scolastica, vale a dire di figure professionali intermedie dotate di competenze specialistiche o specializzate, sia sul versante della didattica (le vecchie e mai nate figure di sistema tratte dalla docenza?) che sul versante amministrativo-strumentale, ivi stabilmente incardinate (e previamente formate), tutte differenziate funzionalmente e non collocate lungo un’impropria catena gerarchica, operanti con precise responsabilità, prevalentemente su direttive del dirigente scolastico, unico rappresentante legale e unico soggetto di imputazione esterna;
b) valorizzazione dell’ art 8 del disegno di legge 1577, che dal generale contenitore o genus di Pubblica amministrazione, estrapolando la species denominata Amministrazioni di istruzione e cultura, a tal fine distinte dalle Amministrazioni statali, cancella l’automatismo di cui è parola nell’art. 1, comma 2 del D. LGS 165/01, che – salvo un’espressa previsione di legge di segno contrario – oggi impone alle istituzioni scolastiche l’applicazione automatica di disposizioni pensate per realtà ben più consistenti e/o aventi più ampi raggi di azione ovvero differenti missioni;
c) costituzione di ambiti territoriali ottimali, sul modello delle reti di scuole ex art. 7, D.P.R. 275/99. Gli stessi devono specializzarsi – con il   concorso di adeguate risorse attualmente allocate presso i resuscitati, sotto mentite spoglie, provveditorati agli studi e/o attingendo dal personale in esubero in altre amministrazioni pubbliche – per gli adempimenti amministrativi di carattere seriale, pure necessari, così rendendo servizi più professionali alle istituzioni scolastiche, decongestionate di tutte quelle procedure inerenti – l’elenco è parziale e sbrigativo – la formazione e gestione delle varie graduatorie per i supplenti, le attività contrattuali necessarie per la provvista di servizi, beni e forniture, la complessa gestione dei progetti comunitari, gli adempimenti fiscali, tutta quella serie di monitoraggi richiesti incessantemente, et similia, a prescindere da un credibile avvio e dall’implementazione del processo di dematerializzazione.

3.6 Alla luce di queste premesse, si può e si deve raccogliere l’invito della parlamentare nel Convegno innanzi citato, rilanciato ai presenti dalla presidenza a conclusione dei lavori: un incontro, a breve, tra tutte le associazioni professionali e sindacali della dirigenza scolastica per provare a concordare e scrivere un emendamento comune all’art. 10 del pluricitato D.D.L. Del quale, conclusivamente, offriamo una nostra versione, opportunamente ridondante per neutralizzare colpi di mano in sede dei decreti legislativi di attuazione della delega, a valere come proposta di discussione:

Espunzione dall’art. 10 del D.D.L. delega n. 1577/14 del sintagma “Esclusione dai suddetti ruoli unici della dirigenza scolastica” ed inserimento del seguente emendamento:

Sono inclusi nel ruolo unico dei dirigenti dello Stato i dirigenti preposti alla conduzione delle istituzioni scolastiche ed educative.

Gli stessi potranno essere collocati in una delle previste sezioni per le professionalità speciali in ragione della complessa funzione dirigenziale che sono chiamati a svolgere, integrante competenze di ordine gestionale, con diretta ed esclusiva responsabilità, e peculiari competenze di natura tecnico-professionale, senza pregiudizio della piena mobilità in uscita e della generale applicabilità degli istituti connotanti l’intera dirigenza pubblica.

Il rapporto di lavoro è regolato dall’unico contratto di area della dirigenza statale, ovvero in una sezione dello stesso, assicurandosi in ogni caso un trattamento economico complessivo non inferiore a quello delle altre figure dirigenziali.

J. Marías, Mentre le donne dormono

Oltre i limiti

di Antonio Stanca

mariasComparsa, in versione originale, nel 1990 e nel 2014 pubblicata dalla casa editrice Einaudi di Torino nella serie “L’Arcipelago”, con la traduzione di Valerio Nardoni, la raccolta di racconti Mentre le donne dormono è dello spagnolo Javier Marías. Lo scrittore è uno dei maggiori rappresentanti della narrativa spagnola contemporanea ed in essa si è distinto fin dall’inizio della sua attività.

Marías è nato a Madrid nel 1951, ha sessantaquattro anni, è stato docente universitario in Inghilterra, in America e in Spagna, ha scritto romanzi, racconti, saggi, relazioni, è stato traduttore e giornalista. In molte direzioni si è impegnato, uomo di cultura e di genio si è rivelato. Ora vive a Madrid ed è noto sia in Spagna sia all’estero soprattutto per la sua produzione narrativa. E’ molto tradotta e molti riconoscimenti gli ha procurato. Fin dal primo romanzo, I territori del lupo, scritto tra i diciassette e i diciannove anni, Marías si era fatto notare per la sua capacità di riuscire nuovo, diverso rispetto alle tendenze, ai gusti, al linguaggio che fino a quel momento avevano caratterizzato la narrativa spagnola. Era stato capace di rompere con le regole costituite, di percorrere altre vie e raggiungere risultati, significati altamente validi. La sua è stata una scrittura sempre mossa, animata, sempre alla ricerca di quanto nella vita sorprende, attrae perché rimasto celato, nascosto dalle apparenze. Un instancabile ricercatore di realtà diverse, di situazioni insolite, di effetti particolari è stato il Marías scrittore. E non solo nei romanzi lo ha fatto ma anche nei racconti. Quando scrisse Mentre le donne dormono aveva trentanove anni e l’opera oltre a confermare la sua maniera lo faceva vedere completo nelle realtà e nei significati perseguiti. In essa dice che nell’Istituto Britannico di Madrid intorno agli anni ’70 il vecchio dirigente, Mr Bayo, ha tanto pensato alle dimissioni di un insegnante degli anni passati da essersi convinto che suo è il fantasma del quale ogni sera sente i passi e ogni mattina vede la lettera di dimissioni, che vera è la vicenda riportata da un colonnello dei tempi recenti circa un ufficiale dell’esercito napoleonico che, convintosi di valere e potere molto, durante la campagna in Russia si era lanciato a cavallo da solo contro le truppe nemiche accettando una sorte della quale non si è mai saputo con precisione, che le maledizioni di un mendicante si sono avverate perché erano entrate a far parte della vita, dei pensieri di chi le aveva ricevute, che un anziano signore, che convive con una giovane e bella ragazza, la fotografa, la filma ogni giorno mentre stanno sulla spiaggia convinto che la bellezza è un processo che si rinnova, che migliora in continuazione e che solo se non farà invecchiare la ragazza, solo se la farà morire uccidendola potrà rimanere bella. Altre volte, in altri racconti di Mentre le donne dormono, ci saranno figure provenienti dal mondo degli estinti. Compariranno, acquisteranno esse una loro presenza, faranno parte della vita dei vivi. Con Marías sembrano caduti, finiti i confini tra realtà e immaginazione, presente e passato, vita e altra vita anche se per giungere a tanto lo scrittore muove sempre da situazioni quotidiane. Di queste dice ma soprattutto delle altre, di quelle che stanno oltre l’evidenza perché prodotte da quanto pensato, immaginato, dalle convinzioni, dalle ossessioni proprie di alcune persone, dai loro segreti, dalle loro intimità. Di tali misteri scrive in questi racconti e dei comportamenti, delle azioni che ne derivano. Quanto pensato, ricordato, sognato diventa una realtà dalla quale non si può prescindere, produce fenomeni che pur se assurdi sono vissuti come normali. Molto altro della vita fa sapere la scrittura di Marías, oltre i limiti del visto, del conosciuto va essa, altri aspetti, altri modi di esistere rivela. Quella rappresentata dallo scrittore è una vita che comprende anche quanto non c’è, non si vede, è la vita del pensiero. A questa dà egli la possibilità di prendere corpo, a questa offre ragione d’essere.

E non solo quanto divenuto vero perché pensato c’è in Marías ma anche quanto non è stato pensato ed è rimasto affidato al caso, all’imprevisto, quanto può sopravvenire all’improvviso, all’insaputa e guastare, interrompere quel che si stava facendo o si era fatto. A tanti fallimenti fa assistere nei racconti lo scrittore e questo diviene un altro suo modo per dimostrare come la vita sia un’esperienza priva di ogni limite, come niente vi sia in essa di certo, sicuro, stabilito, determinato.

Un congegno privo di regole, macchinoso è la vita per Marías e tale è la sua scrittura che ad essa aderisce per renderla in modo autentico. Tanto c’è in Mentre le donne dormono e tanto ci sarebbe stato in altre opere. Come quelli di questi racconti sarebbero stati i contenuti di altri e insieme al linguaggio avrebbero costituito gli elementi che hanno distinto lo scrittore nel contesto della contemporanea letteratura spagnola e nell’ambito della letteratura mondiale.

Stipendi e posti nella scuola, c’è chi sta peggio dell’Italia

da La Tecnica della Scuola

Stipendi e posti nella scuola, c’è chi sta peggio dell’Italia

Nella vicina Grecia i salari minimi sono pari ad appena 540 euro lordi mensili, il tasso di disoccupazione giovanile è attorno al 60% e nel comparto istruzione, come in quello della sanità, ci sono il 50% in meno di addetti rispetto a cinque anni fa, a causa della clausola che prevede un assunto ogni 10 pensionati. Il 25 gennaio si va al voto, ma per chi arriverà al Governo il compito si prospetta improbo.

Gli stipendi del personale scolastico sono tra i più bassi dell’area Ocse. E anche i tagli degli ultimi anni sono stati da record negativo. C’è però chi sta peggio di noi. Stiamo parlando della Grecia, dove il popolo il prossimo 25 gennaio sarà chiamato alle urne per porre le basi del nuovo Governo.

“Serve una legge che introduca l’aumento dei salari minimi, dagli attuali 540 euro lordi mensili a 751, e quello dell’indennità di disoccupazione, che equivale all’80% dello stipendio, nella stessa percentuale”, è la previsione di Theofanis Papageorgiou, dirigente di Syriza, economista specialista in questioni dell’occupazione.

“Le cifre del governo sul miglioramento della condizione economica della Grecia – dice parlando ad ANSAmed – devono essere guardate nel dettaglio. Perché la verità è che la disoccupazione è immobile, ancora sopra al 25%. La ricetta di Nea Dimokratia, che legava la crescita all’occupazione ha solo prodotto lavoro pagato male e part time. Noi vogliamo un’altra strategia per la crescita. Innanzitutto creeremo il quadro legale per facilitare il credito ai giovani che vogliono creare imprese con una forte impronta sociale, come per esempio chi produce cibo a basso costo, cosa che già accade, oppure a imprese nel settore dell’editoria e della stampa, aumentando il capitale della conoscenza. Servirà a creare lavoro secondo linee socialmente etiche e a fermare la fuga dei giovani dalla Grecia, dove resta un tasso di disoccupazione giovanile attorno al 60%. E poi, la risposta principale: ri-orientare il settore pubblico. Oggi in comparti come istruzione e sanità ci sono il 50% in meno di addetti rispetto a cinque anni fa, a causa della clausola che prevede un assunto ogni 10 pensionati. Bisogna tornare ad assumere”.

“L’altro punto – prosegue Papageorgiou – è l’accesso alla liquidità per le Pmi. Le piccole e medie aziende non assumono perché non hanno liquidità: Noi riporteremo sotto il controllo pubblico le banche che hanno avuto ricapitalizzazioni, oggi ancora gestite dai vecchi manager, anche se i soldi per salvarle sono stati spesi dallo stato”. E l’euro, come si risponde a chi teme la ‘Grexit’? “L’uscita dall’euro non è mai stata davvero prospettata da Syriza, noi abbiamo sempre chiesto cambiamenti nella politica economica europea. L’uscita dall’euro come pericolo legato alla vittoria di Syriza è sempre stata evocata dai nostri avversari”.

Scuole antisismiche? Macchè, per metterle a norma servirebbero 25 anni e 50 miliardi

da La Tecnica della Scuola

Scuole antisismiche? Macchè, per metterle a norma servirebbero 25 anni e 50 miliardi

Oggi il 70 per cento degli edifici è esposto ai rischi da terremoto. Gli sconfortanti dati sono stati forniti il 17 gennaio a Campobasso dal Consiglio nazionale dei Geologi, che ha organizzato un convention assieme all’Associazione delle vittime universitarie de L’Aquila: il problema riguarda anche ospedali, caserme, edifici pubblici in generale. Il segretario: un Paese civile non può attendere così tanto tempo, servono soluzioni immediate, coraggio politico e scelte impopolari.

La strada che porta alla messa in sicurezza degli oltre 40mila plessi scolastici è ancora lunga. Anzi, lunghissima. Perché il 70 per cento degli edifici scolastici in Italia non è adeguato dal punto di vista sismico, su un territorio nazionale che per l’80 per cento è proprio a rischio sisma: per adeguarli alle norme vigenti sulla prevenzione dei danni derivanti da eventuali terremoti, servirebbero 25 anni e un investimento di circa 50 miliardi di euro.

I dati, davvero sconfortanti, sono forniti dai geologi italiani nel corso della convention “Avus per San Giuliano di Puglia”, che si è tenuta il 17 gennaio a Campobasso per volontà del Consiglio nazionale dei Geologi insieme all’Associazione delle vittime universitarie de L’Aquila.

“E’ una fotografia drammatica – ha spiegato Piero De Pari, segretario del Consiglio nazionale dei Geologi – e questo è un problema che riguarda non solo le scuole, ma anche gli ospedali, le caserme, gli edifici pubblici in generale. Posti dove c’è permanenza di persone per molte ore al giorno”.

Il segretario dei geologi si è quindi soffermato su alcuni dati: “I 25 anni di tempo stimati per la messa in sicurezza delle scuole sono un tempo che un paese civile non si può permettere. Necessariamente bisogna pensare ad azioni differenti che vadano nella direzione dell’affrontare immediatamente le situazioni cogenti e, con coraggio politico, occorre poi fare anche delle scelte un po’ impopolari”.

De Pari ha infine evidenziato i problemi di fronte ai quali si trovano spesso i sindaci: “In questo momento purtroppo sono loro i soggetti più in difficoltà perché sono l’interfaccia diretta dei dirigenti scolastici in quanto proprietari delle strutture e quindi hanno necessità di mettere in sicurezza gli edifici, laddove ci sono le risorse per farlo, ma nel contempo hanno a cuore le sorti della comunità perché sono autorità di Protezione civile. Quindi è una sorta di elastico che si tira da un lato e dall’altro si accorcia”.

“Concorsone” 2012: il Consiglio di Stato allarga il ventaglio dei docenti vincitori

da La Tecnica della Scuola

“Concorsone” 2012: il Consiglio di Stato allarga il ventaglio dei docenti vincitori

Potevano partecipare tutti i laureati fino all’emanazione del bando. Esulta l’Anief: lo avevamo detto il giorno dopo l’emanazione del bando firmato dall’allora ministro Profumo, andavano ammessi tutti coloro che avevano concluso l’Università dopo il concorso del 1999 perché il concorso successivo è stato indetto non tre anni dopo i termini previsti dalla legge ma ben tredici. E la querelle non finisce qui.

Al concorso a cattedra 2012 potevano partecipare tutti i laureati fino all’emanazione del bando: a stabilirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza n. 105/15, che in tal modo allarga il ventaglio dei docenti vincitori della selezione nazionale, su cui pendeva la “riserva”.

A darne comunicazione è il sindacato Anief, che, palesando soddisfazione, spiega che “la sentenza annulla una sentenza negativa di primo grado e dà ragione a una ricorrente che si era laureata in un periodo in cui non poteva prendere un’abilitazione, ovvero tra il 2009 e il 2011 quando i corsi Ssis erano chiusi e i corsi Tfa non erano iniziati. Ma per i giudici d’appello – dice ancora il sindacato – sono tutti i candidati laureati dopo il concorso del 1999 che hanno maturato il diritto a partecipare a un concorso che è stato indetto non tre anni dopo i termini previsti dalla legge ma tredici, cosicché sarebbe illegittimo, irragionevole, arbitrario, illogico e discriminante non attualizzare i termini transitori disposti dal D.M. 460/98 (laurea quadriennale entro il 2002, quinquennale 2003, sessennale 2004). Come aveva denunciato l’Anief che aveva invitato a presentare la domanda e a ricorrere al Tar Lazio”.

Il decreto annullato è del Sovrintendente scolastico della Provincia autonoma di Bolzano, “ma il principio ribadito si applica anche al concorso svolto in tutta Italia” assicura l’Anief.

“Ma al sindacato ciò non basta. Devono essere assunti anche tutti i ricorrenti che hanno contestato la soglia 35/50 alla prova preselettiva e tutti coloro che sono stati ammessi alle prove e le hanno superate in virtù di un provvedimento cautelare, perché la riserva è stata disposta dal giudice di primo grado proprio per il pregiudizio grave e irreparabile (periculum in mora) dovuto alla mancata immissione in ruolo dopo il superamento delle prove. Da ciò il diritto dei ricorrenti, seppur in fase cautelare, ad essere assunti e a vedersi confermato o negato tale diritto in esito alla definizione ultima del contenzioso”.

Supplenti senza stipendio? Colpa di un piccolo trattino!

da La Tecnica della Scuola

Supplenti senza stipendio? Colpa di un piccolo trattino!

I tecnici che gestiscono il sistema di NoiPa hanno scoperto un baco del programma ma hanno trovato la soluzione: basta aggiungere un piccolo segno dopo il numero di protocollo.

Con una nota indirizzata agli USR, ai dirigenti scolastici e ai revisori dei conti  la Direzione Generale per le risorse umane e finanziarie del Miur chiarisce i motivi che stanno rendendo difficoltose le operazioni di pagamento delle supplenze svolte nel periodo settembre/novembre 2014.
Pare che i problemi siano legati soprattutto ai contratti dei supplenti per i quali le scuole avevano liquidato un acconto percentuale sulla base delle somme messe a disposizione il 13 dicembre scorso.  La Direzione Generale chiarisce che in questi casi “il sistema  NOIPA scarta le lavorazioni con la motivazione: “SCARTO PER CONTRATTO ESISTENTE NEL PERIODO INDICATO”.
Ma i tecnici hanno già individuato una soluzione.

E così la Direzione Generale spiega: “Effettuate  le opportune verifiche con i responsabili del sistema NOIPA, si segnala che, al fine di portare a compimento l’operazione,  occorre aggiungere al numero del protocollo del contratto già utilizzato per il pagamento dell’acconto, dopo averlo nuovamente inserito nella liquidazione del saldo, un carattere: ad esempio  “prot. 3456/”,  oppure “prot.3456-“, oppure “prot.3456.” oppure “prot.3456=“).
“Il “percorso informatico” sopra suggerito – chiarisce ancora la Direzione Generale – rappresenta un espediente tecnico che consente di superare le criticità di cui sopra”.
Ormai siamo arrivati quasi alle comiche finali: il funzionamento possente sistema informatico del MEF può essere “forzato” usando un trattino, un segno meno o altre cose del genere.
C’è da restare quasi senza parole.
Ma ovviamente non c’è nulla da ridere perchè qui stiamo parlando di migliaia di insegnanti che sono senza stipendio dal mese di settembre.

Cose belle nella scuola

COSE BELLE NELLA SCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 366

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,

anzi di antico: io vivo da un’altra parte, e sento

che qui intorno sono nate le viole.

 

Il bello dei fiori.

Fare bella la scuola.

Fare una scuola bella.

Il bello di ogni cosa bella!

Educare attraverso la bellezza.

L’educazione alla bellezza è compito primario della scuola.

Al pari dell’educazione al bene e al vero.

E non si attua coi discorsi.

Educare alla vita attraverso la vita (DECROLY).

Cominciamo dall’aula.

Ripulire le pareti!

Togliere le Carte Geografiche nell’ora di Matematica.

Togliere i Cartelloni dei pesi e delle misure nell’ora d’Italiano.

Ricoprire i buchi con fogli carta del colore delle pareti.

Lunghe mensole sulle quattro pareti.

Vasi di fiori sui davanzali esterni ed interni.

Oggetti belli sulle mensole: pietre ceramiche radici rami stoffe…

Un fiore sulla cattedra.

Fiori di diversi colori nel buco dei calamai.

Camicie belle, pulite, infiocchettate dai camiciai.

Tutte le cose belle da vedere.

Tutte le cose belle da ascoltare.

Musiche e canti.

Una suonata quotidiana non fa male.

Si suona e si canta assieme.

È un’orchestra la scolaresca.

E poi c’è la Signorina Pittura.

Bella, bellissima la Signorina Pittura.

Poverina, mica la fanno pitturare nell’aula!

La fanno andare nell’atrio.

E manco i banchi le danno.

Mica il suo è un malanno!

Cavalle cavalli cavalline cavalletti.

Nello spazioso atrio della scuola ci sono tanti cavalletti.

E gli studenti li utilizzano per creare i loro dipinti.

Utilizzano grandi barattoli di vetro di colori a tempera preparati con terre colorate:

http://www.edscuola.it/archivio/didattica/colori.html

Pittura ad acquarello no, ci vogliono anni ed anni per imparare.

Pittura ad olio no, mica è facile!

In compenso, il modellaggio.

A cominciar dall’argilla!

Argilla per fa mattoni.

Vil costo.

Sacchetti di plastica per non sporcare la camicina.

Si modella, si mette ad asciugare.

Si inforna come il pollo arrosto!

Si pittura.

Oplà.

L’aula è più bella!

Altro dirvi non vo’.

Ma Bellezza abita nella nostra aula.

Ed i giovani imparano ad amarla.

Ed Ella li farà saggi e buoni.

Amici miei, altro che leggere, scrivere e far di conto!

Qui ci vuole l’EDUCAZIONE AL BELLO, AL VERO E AL BENE.

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

 

Charlie e la Scuola

CHARLIE E LA SCUOLA Umberto Tenuta

CANTO 365

<<Questi due assassini sono come i nostri studenti….

−I nostri figli hanno quindi ucciso i nostri fratelli.

−In qualsiasi cultura questo provoca quel sentimento che non è mai evocato da qualche giorno: la vergogna.

−Nessuno, nei media, parla di questa vergogna.

−Quella di uno Stato che lascia degli imbecilli e degli psicotici marcire in prigione e diventare il giocattolo di manipolatori perversi, quella di <<una scuola che viene privata di mezzi e di sostegno, quella di una politica urbanistica che <rinchiude gli schiavi (senza documenti, senza tessera elettorale, senza nome, senza denti) in <<cloache di periferia….>>

http://claudiavago.me/blog/2015/01/12/nous-sommes-charlie-ma-siamo-anche-i-genitori-degli-assassini/

 

 

Come al solito, anche questa mattina ero in cerca d’autore.

Ho letto, come al solito, di qua e di là.

Mi sono ritrovato in questa pagina.

Mi sono soffermato su questa frase

<<quella di una scuola che viene privata di mezzi e di sostegno<<.

Vado su:

SCHOLA REOVANDA EST

http://www.edscuola.it/dida.html

In questa rubrica di Educazione&Scuola vado gridando da anni il mio accorato appello al rinnovamento della Scuola.

Appello ad una SCUOLA NUOVA.

Ad una BUONASCUOLA che sia SCUOLA NUOVA.

Occorre la SCUOLA DELL’EDUCAZIONE.

Scuola della seconda gestazione, quella che partorisce UOMINI.

Non basta la SCUOLA DELL’ISTRUZIONE.

Sono molto istruiti anche coloro che uccidono i loro simili.

Li uccidono perchè non sanno che sono loro fratelli.

Alla BUONASCUOLA manca un’insegna:

tenuta

Occorre che la Scuola promuova l’educazione.

All’istruzione provvedono i TABLET.

L’Educazione ha bisogno di EDUCATORI.

L’educazione è liberazione.

L’educazione rende liberi.

L’educazione partorisce uomini!

Un’avvertenza ovvia è che l’educazione è liberazione.

L’educazione non è fatta di precetti.

Educare significa rendere liberi, autonomi, capaci di comprendere che cosa è bene e che cosa è male.

Rendere liberi i giovani sin dalla loro nascita, liberandoli dal cordone ombelicale.

Ora non sono nutriti, ma si nutrono, bevono solo se vogliono bere.

Puoi portare il cavallo alla fonte e fischiare quanto vuoi, ma se il cavallo non vuole bere non beve (FREINET).

E liberi si diventa solo attraverso l’esercizio della libertà.

Libertà di stare seduto nel banco o di andare a scrivere alla lavagna.

Libertà di leggere quello che ti piace leggere.

Libertà di scrivere quello che tu senti, tu pensa, tu vuole, e non sul tema assegnato dal tuo docente.

Libertà di imparare la poesia che ti tocca il cuore.

Libertà di guardare con occhi incantati il volto divino del mondo.

Libertà di essere te stesso, e non quello che ti vogliono far essere lo Stato e gli uomini che tu non ami.

Maestre e Maestri, non addomesticate i vostri studenti!

Non sono bestie.

Il loro destino è quello di essere uomini.

Hanno bisogno di essere educati da voi a fare a meno di voi.

Aiutateli a fare completamente a meno di voi!

Aiutateli ad essere una parola nuova nell’universo!

Aiutateli ad essere uomini, non soldati, non schiavi, non bestie.

Solo così creerete una BUONASCUOLA!

Una Scuola nella quale si parla una sola lingua.

La Lingua dell’Amore!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

 

Il Viaggio della Memoria

Il 18 e il 19 gennaio il Ministro Giannini ad Auschwitz
con 200 studenti per il Viaggio della Memoria
“Da scuola italiana forte impegno per non dimenticare”

Una consuetudine che si rinnova e che quest’anno coincide con il settantesimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau. Torna il Viaggio della Memoria organizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in collaborazione con l’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane.

Il 18 e 19 gennaio, il Ministro Stefania Giannini volerà in Polonia con 200 ragazzi delle scuole superiori che si sono distinti per le loro attività sul tema della Shoah. Al viaggio prenderanno parte il presidente dell’Ucei Renzo Gattegna, il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana e rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano e il professor Giovanni Maria Flick, presidente onorario del Museo della Shoah di Roma, già presidente della Corte Costituzionale. Sami Modiano e le sorelle Andra e Tatiana Bucci, sopravvissuti al campo di sterminio, ancora una volta metteranno la loro testimonianza a disposizione degli studenti italiani.

“Duecento ragazzi – sottolinea il Ministro Giannini – potranno ascoltare dalla voce dei sopravvissuti il racconto di una pagina della nostra storia recente che non dobbiamo e non possiamo dimenticare, soprattutto in un momento delicato come quello che stiamo vivendo oggi a livello internazionale. A Sami Modiano e alle sorelle Bucci rivolgo un forte ringraziamento per l’importante opera di testimonianza che svolgono ogni anno, riportando le vicende di cui sono stati protagonisti ai nostri ragazzi. Il Miur e la scuola italiana – prosegue il Ministro – sono fortemente impegnati nei percorsi di educazione alla Shoah per consentire agli studenti di raccogliere il testimone della memoria. E’ un nostro dovere nei confronti del passato e un diritto nei confronti del futuro”.

Il Viaggio
Domenica 18 gennaio, i 200 studenti che partecipano al Viaggio della Memoria visiteranno il ghetto nazista di Cracovia accompagnati dai ricercatori della Fondazione Museo della Shoah. Nel pomeriggio, presso la sinagoga di Tempel, nel quartiere ebraico di Kazimierz, sarà rinnovato il Protocollo d’Intesa tra Miur e Ucei, promosso sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, che prevede, fra l’altro la diffusione di progetti educativi e di mostre itineranti, la partecipazione di genitori, insegnanti e studenti ai corsi di formazione sulla didattica della Shoah. Nella sinagoga di Tempel sarà anche firmata la circolare per le celebrazioni del Giorno della Memoria. Il giorno successivo, i ragazzi visiteranno il campo di sterminio Birkenau e il Museo di Auschwitz guidati da Marcello Pezzetti, storico specializzato nello studio della Shoah.