Buona [scuola] è categoria morale

Buona [scuola] è categoria morale

di Enrico Maranzana

 

Le parole non hanno quasi mai un significato semplice, univoco: il loro contenuto deriva dal contesto in cui sono inserite, vincolo che, violato, conduce allo stravolgimento del senso delle comunicazioni.

Il DDL del governo, infrangendo tale principio, ha semplificato, banalizzandolo, il problema educativo.

 

– Autonomia delle istituzioni scolastiche

Carica di significato la scelta del riferimento legislativo: la legge 15 marzo 1997  59 “conferisce al governo la delega ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi”.  Si tratta di una norma superata, senza valore: il DPR 275/99 avrebbe dovuto essere il fondamento del disegno di legge.

L’errato richiamo normativo ha un’inequivocabile valenza: respingere l’idea di scuola veicolata dal decreto attuativo. 

Il DDL del governo Renzi non affronta la complessità del problema scolastico, rifiuta di considerare che la scuola è un sistema, rigetta la disposizione “l’autonomia delle istituzioni scolastiche si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana e ripropone l’antico modello fondato sull’insegnamento delle singole materie.

La superficialità caratterizza l’elaborazione governativa: il buon padre di famiglia, prima di modificare l’esistente, ne studia il comportamento, ne analizza l’evoluzione e capitalizza l’esperienza. In altri termini: il governo avrebbe dovuto indagaresull’efficacia della disposizione sull’autonomia e, se avesse letto i POF elaborati dalle scuole, avrebbe costatato che la progettazione educativa, la progettazione formativa, la progettazione dell’istruzione sono pratiche sconosciute. 

Il significato del DDL governativo è: torniamo al passato; validiamo l’attività delle scuole che hanno sistematicamente eluso la legge.

 

 Il dirigente scolastico

Il DDL ignora i dettami delle scienze dell’organizzazione, principi che la vigente normativa ha fatto propri. Il problema educativo non è stato studiato, non è stata riconosciuta la sua dimensione, responsabilità e potere sono stati accentrati in un unico soggetto. E’ stato stravolto l’art. 37 del decreto legislativo 150/2009 che rafforza il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenzaprincipio posto a fondamento dei decreti delegati del 74.

 

Affiora nuovamente la superficialità del DDL: se fossero stati presi in considerazione gli ordini del giorno che i dirigenti scolastici hanno stilato per convocare gli organismi collegiali sarebbe emersa la sistematica elusione della legge. Un esproprio,la sterilizzazione degli organi di governi che, sradicati dal loro terreno vitale, hanno perduto incisività e, di conseguenza, la partecipazione è stata scoraggiata.

 

Il significato del DDL governativo è: premiamo i presidi, diamo loro più potere per ricompensarli della battaglia condotta per impedire l’ammodernamento dell’istituzione. 

 

– Merito e premialità

Didattica e insegnamento sono i parametri indicati nel disegno di legge che il dirigente scolastico utilizzerà per valutare i docenti. Anche in questo caso la superficialità impera: la legge 53/2003 ha sostituito il termine scuola con SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E DI FORMAZIONE per indicare i traguardi verso cui l’istituzione deve muovere. 

La didattica e l’insegnamento assumono una propria significatività solamente se i problemi formativi, i problemi educativi, i problemi dell’istruzione sono stati affrontati e sono state prefigurate strategie risolutive. La lettura dei POF avrebbe svelato la desolante situazione in cui opera l’istituzione.

Il significato del DDL governativo è: torniamo al tempo delle note di qualifica per affermare la supremazia dei dirigenti scolastici, per incentivare la cieca obbedienza del docente.

E sul preside-allenatore ora è già scontro

da La Stampa

E sul preside-allenatore ora è già scontro

Il sottosegretario Faraone: “Avrà un compito di guida per un’intera comunità, come un sindaco”. L’opposizione : “Il rischio è che diventino comandanti assoluti, autentici sceriffi”
flavia amabile

roma

Ieri nelle scuole italiane si respirava un’aria diversa. Gli unici tranquilli erano i prof di ruolo sopravvissuti alla «Buona Scuola» presentata due giorni fa in Consiglio dei ministri senza subire troppi colpi. Gli altri, dai dirigenti ai supplenti e precari si sono svegliati senza sapere bene quale futuro avranno davanti. Il disegno di legge introduce quelli che Renzi ha definito i «presidi-allenatori», dirigenti scolastici che avranno molta più autonomia e più potere. Come ha chiarito il sottosegretario Davide Faraone, «devono avere un compito di guida per un’intera comunità, come un sindaco». E, quindi, «potranno scegliere liberamente da un albo i docenti di cui hanno bisogno e potranno godere di maggiori risorse per tenere le scuole aperte il pomeriggio». E poi potranno «assumere i docenti precari ma non perché lo imponga qualcuno ma per coprire i fabbisogni reali delle scuole». Vuol dire, insomma, non avere vincoli di graduatorie e agire in base a criteri autonomi.

I nuovi manager

È l’evoluzione sulla falsariga europea di un processo iniziato con Letizia Moratti alla guida del ministero dell’Istruzione e l’arrivo dei presidi-manager. Oggi, infatti, si chiamano ufficialmente dirigenti scolastici, controllano i fondi in arrivo dallo Stato, devono fare periodicamente il resoconto del bilancio al Consiglio d’Istituto, firmare ogni circolare o documento emesso dalla scuola, e quindi assumersene la responsabilità alla stessa maniera di un qualunque dirigente d’azienda. Rispetto ai colleghi europei hanno un controllo inferiore con l’alto rischio che alcuni futuri preside-allenatori diventino presidi-sceriffi, «comandanti-assoluti con diritto di vita e di morte sugli insegnanti», come ha commentato dall’opposizione il senatore Fabrizio Bocchino del Gruppo Misto.

È solo l’inizio

Nulla di tutto questo accadrà, assicura la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini in un’intervista a Radio 24. «Il meccanismo di valutazione dei risultati delle scuole, della didattica e dell’apprendimento degli studenti sarà attribuito ai dirigenti scolastici nella parte che loro compete. Chi ha una responsabilità così forte deve renderne conto ed essere valutato». Il processo di valutazione dei dirigenti è però appena agli inizi ed è tutto da vedere se e come funzionerà. Nessun pericolo di favoritismi anche secondo Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi «E’ una vecchia obiezione ma c’è tutto l’interesse del dirigente a scegliere le persone più adatte al progetto educativo altrimenti non si raggiungono i risultati prefissati» anche perché «può esserci una mela marcia ma non per questo bisogna bloccare le riforme».

L’Era Gelmini 

Via libera alle riforme, quindi, ma è anche vero che i dirigenti sono una figura già messa a dura prova dai tagli dell’era Gelmini. Non a caso, sono i dirigenti pubblici con il peggior rapporto remunerazione/responsabilità. La parte fissa del loro stipendio – uguale per tutti – è di circa 47.500 euro annui lordi (su 13 mensilità). La parte variabile oscilla fra i 10 e i 15 mila euro annui lordi. E almeno il 35% lo versano in tasse. Arrivano alla nomina dopo aver superato un concorso regionale in via di riforma e che è una delle tante fonti di infiniti ricorsi che rendono la nomina sempre e comunque precaria. In totale sono in 8070 ma erano 10.400 nel 2011. In tre anni si sono persi 2400 posti. In 1300 sono stati cancellati dagli accorpamenti tra Primarie e Medie che hanno portato alla nascita degli istituti comprensivi con grande risparmio di personale. Altri 1100 sono stati cancellati dai tagli dell’era Tremonti che hanno previsto accorpamenti per tutti gli istituti che avevano meno di 600 studenti. Forse saranno presidi-allenatori ma per il momento sembrano soprattutto presidi-panda in via d’estinzione.

Riforma scuola: i presidi potranno scegliere i prof

da La Stampa

Riforma scuola: i presidi potranno scegliere i prof

Confermate le centomila assunzioni nel 2015-2016 per coprire le cattedre vacanti. Il premier: “Mai più classi pollaio, basta supplenti”. Duecento milioni per i docenti
carlo bertini

roma

Batte e ribatte sul tasto che questa non è una semplice riforma della scuola, ma una «rivoluzione strepitosa», non solo perché – dice il premier – si assumeranno sì 100 mila precari, ma «esaurite le graduatorie punto, si fanno i concorsi, chi li vince entra, chi li perde sta a casa»; ma perché si introduce «per la prima volta in Italia il principio di merito». Lancia un «appello al Parlamento a fare presto» per approvare questo disegno di legge e tranquillizza i precari facendo capire che altrimenti ci sarà un decreto e le Camere faranno in tempo.

Matteo Renzi scende in sala stampa con Stefania Giannini e Graziano Delrio con l’espressione entusiasta di chi ha messo il sigillo su uno dei provvedimenti più importanti del suo governo. «Questa è la riforma principale per il nostro Paese ne siamo sempre più convinti ed orgogliosi». Arriva dopo un consiglio dei ministri di un’ora filato liscio come l’olio, senza polemiche. In cui sono state definite anche le linee di un disegno di legge sulla Rai che sarà approvato al prossimo giro. Il premier non lesina battute contro chi, come i grillini, vorrebbe nominare per «sorteggio» chi deve comandare in Rai, rivendica il diritto-dovere di designare un capo azienda con forti responsabilità. E snocciola le novità, come quella di un cda di sette membri, quattro dei quali, compreso il presidente indicato dal governo, eletti dal parlamento in seduta comune. Poi il premier se ne va, senza prendere domande sul tema, vuole dare più risalto possibile alle norme sulla scuola, che illustra con dieci slides e senza lesinare risposte ed esempi a raffica.

La corsa contro il tempo

Dunque da lunedì le Camere si troveranno di fronte un testo sulla scuola che fissa diversi punti chiave: una scuola autonoma, con il preside che potrà scegliere i suoi insegnanti da un albo a chiamata diretta e gli stessi presidi saranno valutati nel loro operato. Non più classi pollaio e basta supplenti. E una grande innovazione, la «carta del prof.», i docenti avranno 500 euro da spendere per la propria formazione, «perché un buon insegnante deve saper migliorare sè stesso». E quindi avranno «50 euro al mese per dieci mesi, per comprare biglietti di teatri, concerti e altro. Insomma il messaggio è mettetevi in gioco».

Premiato chi fa bene

Ma è sulla valutazione del merito che il premier reagisce alle critiche di chi dice che si poteva fare di più. «Gli scatti di anzianità non sono stati cancellati perché sarebbe stato l’unico comparto del pubblico impiego a non averli. Ma si mette una cifra aggiuntiva sul merito. Le modalità su cui ciascuna scuola premierà saranno decise dal preside. Per la prima volta in 70 anni si son messi 200 milioni sul merito degli insegnanti. Non sono noccioline». E in questa chiave sarà fondamentale il principio della «totale trasparenza, tutti i curriculum e i bilanci on line, anche quelli delle singole scuole». Altra novità: sarà rafforzato l’insegnamento di musica, arte, leducazione motoria e lingue, «basta con l’inglese appiccicaticcio».

Rai in mano «ai più bravi»

«Con buona pace di chi ci dice che vogliamo espropriare il Parlamento e non ascoltare i lavoratori», nel nuovo cda entrerà una figura espressione dei dipendenti, due saranno di nomina governativa e altri quattro votati dalle Camere riunite come per Csm e Consulta. «Noi vogliamo spalancare la Rai e dare forza all’ azienda di poter competere a livello internazionale». Renzi liquida in malo modo chi propone «il sorteggio che fa abdicare la politica dalle proprie responsabilità. I sorteggi li fa l’Enalotto, la differenza tra chi fa il leader e chi fa l’Aventino è che noi vogliamo mettere i più bravi a guidare la Rai. E se volessimo mettere le mani sulla Rai basterebbe rinnovare il cda a scadenza con la Gasparri per avere la maggioranza dei suoi membri».

La Missione del Preside

da la Repubblica

La Missione del Preside

NELL’ITALIA degli Schettino e dei capetti improvvisati vogliono fare anche del preside un piccolo boss di paese. Senza insegnargli il comando, senza prepararlo alla leadership dell’azienda pubblica più delicata e più grande, senza formazione né stipendio da manager.

Francesco Merlo

NELL’ITALIA degli Schettino e dei capetti improvvisati vogliono fare anche del preside un piccolo boss di paese. Senza insegnargli il comando, senza prepararlo alla leadership dell’azienda pubblica più delicata e più grande, senza formazione né stipendio da manager.

GLI danno infatti il potere e la responsabilità di assumere docenti per cooptazione e di premiare e punire il merito distribuendo danaro. E tutti capiscono che, solo per l’effetto annuncio, la famosa stanza del preside sta già diventando l’ufficio raccomandazioni e suppliche di quel proletariato intellettuale di cui parlava Salvemini. Questa è insomma la definitiva trasformazione della figura più bella della scuola italiana in un Soprastante che amministra la disperazione e l’irrilevanza sociale dell’insegnante meno pagato d’Europa che, al contrario dei suoi allievi, non ha i mezzi per comprarsi un computer né per abbonarsi alle riviste specialistiche come Studi italiani di filologia classica di Le Monnier, acquistare edizioni critiche di questo o di quell’altro testo greco, l’Oxoniensis per esempio o i libri della Fondazione Valla, e neppure i volumi con il testo a fronte della vecchia Utet, né può permettersi l’iPhone e il tablet che per il governo Renzi sono sicuramente più importanti della matita rossa e blu. Una mia amica preside a Roma mi segnala la marca scamuffa del tablet che la scuola ha potuto fornire ai suoi docenti: Archos (55 euro secondo il Trovaprezzi) che fa pendant con le polacchine “quattro stagioni” dell’Upim e con i maglioni dell’Oviesse.
Il “signor direttore” di De Amicis, che era il più bravo dei professori, una specie di primario di quel mondo rotondo e perfetto che formò l’identità italiana, diventa dunque il caporalato delle questue, degli incarichi comunque poveri, dei piccoli conforti, proprio come faceva Totò quando catalogava «il latore della presente» fregiandosi del titolo di presidente della Spa (Società parcheggiatori abusivi).
Si sta parlando infatti di un preside che può omaggiare con gratifiche sino a 500 euro l’anno il 5 per cento dei suoi docenti, ovvero uno su 20. Sono piccole mance che ribadiscono però la condizione di straccioni della cultura degli insegnanti italiani che sono pagati quanto le cameriere, vivono di espedienti, prolungano la propria adolescenza in famiglia sino ai trentacinque e ai quarant’anni, e diventano canuti restando precari in scuole che più che ai pollai evocati da Renzi somigliano alle piazze, ad agglomerati di umori giovanili ingovernabili.
Nell’immaginaria scuola dell’autonomia il preside già dal 2001 è pomposamente ribattezzato “dirigente scolastico” con l’idea nominalistica, che piacerebbe certamente agli antichi grammatici, secondo la quale c’è una magica corrispondenza tra il nome e la cosa. In realtà il preside oggi fa soprattutto il procacciatore di piccoli fondi europei (si chiamano “Pon” quelli per le zone disagiate) attraverso i progetti a finanziamento: trenta ore sulla prima guerra mondiale valgono 1500 euro lorde, quaranta sulla fotografia ne valgono 1400 euro, trenta sulla danza spagnola ne valgono 1500 ed è inutile dire che si tratta in genere di uno svilimento della scuola su argomenti più o meno forzati, qualche volta inventati. Insieme al segretario, che a sua volta è diventato intanto “direttore”, il preside dirige poi i tecnici e i bidelli, promossi a loro volta “collaboratori scolastici”. E sovrintende il collegio dei docenti per garantire, per esempio, che in Italiano si vada davvero dal Trecento a Camilleri. E assegna le cattedre sezione per sezione e classe per classe. Ma passa la gran parte del suo tempo ad accogliere le proteste dei genitori, che in tutta Italia sono sempre più conflittuali a difesa del “figlio nostro”, u figghiu miu, a creatura, il piccinin, er pischello, il toso, contro le prerogative istituzionali della scuola, contro la formazione del cittadino. Non può esserci riforma e buona scuola senza ridimensionare padri e madri che, dinanzi alla punizione del figlio, reagiscono da superbulli fabbricatori di bulli. Quasi mai i presidi riescono a farli arretrare, a convincerli a cedere il passo e consegnare il figlio all’insegnante e alla scuola. Un tempo era riconosciuto il diritto alla punizione dello scolaro, si aveva fiducia nella qualità dell’insegnante, e anche gli aristocratici mandavano i figli a scuola con la convinzione di trovarvi un assemblaggio di strumenti, uomini e opportunità educative e formative che in casa, nonostante l’agio, non c’erano. La punizione, per esempio, di copiare cento volte una frase sul quaderno scolastico si chiamava “penso” ed era un’antica, cardinale istituzione della scuola che era fatta anche di compiti a casa, interrogazioni e rimproveri. Ricordo di avere scritto per cento volte su un quaderno nero «non dirò mai più “piccolo babbeo” al mio compagno Gulizia». E ricordo anche che mio padre, convocato a scuola, si mise a dare fin troppo ragione all’insegnante, accusandomi più di quanto non avesse fatto il professore, il quale, a un certo punto, fu costretto a difendere me da mio padre: «Non esageriamo, il ragazzo vale». E invece oggi i padri fanno ricorso al Tar anche per cinque insufficienze: in latino, greco, italiano, matematica e inglese. Persino per i 7 in condotta (ora si chiama voto disciplinare) le famiglie mandano a scuola gli avvocati. E si capisce qui benissimo che nulla si può cambiare nella scuola italiana sino a quando non si restituisce agli insegnati l’antico decoro a partire dall’innalzamento dello stipendio a livelli di decenza europea. Non è trasformando i presidi in tanti malpagati e frustrati dottor Orimbelli, il capufficio che sbeffeggia Fracchia, che si può restituire credito sociale, appeal, fascino e autorevolezza a una professione irresponsabilmente degradata. Tanto più che la riforma della buona scuola pretende che per meno di mille e cinquecento euro al mese il docente maltrattato non solo si occupi di aoristi e della scansione dei trimetri giambici, ma anche di educazione alla salute, legalità, educazione stradale, computer, lotta al bullismo, arte, musica, diritto, economia, e magari insegni pure a offrire il braccio alla vecchietta che attraversa la strada, a rispettare i diversi, ad apprezzare il progresso, a formare insomma la piccola vedetta democratica di un borgo felice. E che l’idea del preside-sceriffo sia improvvisazione si capisce dando un’occhiata ai brogli, alle irregolarità e alle inadeguatezze dei concorsi a preside. Ne sono stai annullati tantissimi: in Molise, in Abruzzo, in Toscana. E nell’ultimo concorso in Sicilia la commissione non solo corresse 1400 compiti, di dieci pagine ciascuno, in meno di tre ore, ma promosse un testo dov’era scritto: «Ciò induce il dirigente ha (sic) ricercare accordi». E nessuno si accorse di quel candidato che aveva scritto “ledership”. Il concorso fu annullato ma i trecento promossi furono salvati da una legge nazionale. Sono ancora presidi. E presto saranno clientela, baronato dei poveri, anche loro, come Totò, presidenti di una Spa.

I precari esclusi: “Pugnalati alle spalle”

da la Repubblica

I precari esclusi: “Pugnalati alle spalle”

Tagliati fuori dal ddl 70mila supplenti che stanno lavorando quest’anno. I sindacati: quelli che restano a casa saranno il triplo degli assunti. Docenti pronti a ricorsi e sciopero della fame: “Il nostro futuro è svanito nel nulla”

Corrado Zunino

Quando il premier, la sera a Palazzo Chigi, ha detto: «Io sono un leader e un leader fa delle scelte», Claudia Pinna, 41 anni, ricercatrice microbiologa di Sassari, ha smesso di respirare. Alcuni secondi. «Ho scoperto che gli idonei non erano più previsti nelle assunzioni degli insegnanti e tutto è diventato una nuvola. I programmi per il futuro, il mutuo per accedere alla casa, l’idea di un altro figlio». Nel vortice delle anticipazioni si era già detto: Renzi vuole distinguere tra vincitori residui del concorso 2012 (1.700) e idonei (8.300). Poi è arrivata la conferma, a Palazzo Chigi: la stabilizzazione dei centomila precari non prevedeva gli idonei. «Chi è fuori è fuori, ciao ciao». Ha detto così il premier, mentre argomentava.
Il piano straordinario della Buona scuola assume centomila aspiranti e ne lascia a terra 520 mila, distribuiti nelle tre fasce di riferimento: Gae, poi prima e seconda d’istituto. L’ultimo aggiornamento ufficiale — e il non avere ancora presentato un censimento definitivo è grave colpa del ministero dell’Istruzione — dice che gli iscritti alle Graduatorie a esaurimento (che Renzi vuole sopprimere) sono 125.700. Bene, 99 mila entreranno in ruolo, se il piano regge al passaggio parlamentare, il 1° settembre e per 27 mila insegnanti di scuola materna dovrebbe arrivare l’assunzione subito dopo attraverso la legge delega e il provvedimento “asili 0-6 anni”. Con questo schema le graduatorie di prima fascia (Gae, appunto) andranno a sparire davvero. Ma le incrostazioni scolastiche hanno reso il sistema complesso, doloroso, e le scelte del premier — molte maturate solo nelle ultime ore — quel dolore l’hanno allargato. L’aggiornamento della seconda fascia delle graduatorie d’istituto (gli abilitati non inseriti nelle Gae) certifica 130.000 ospiti. Bene, i sindacati dicono che di questi 70 mila oggi sono in classe come supplenti annuali. Il Miur scende a 30 mila. Di sicuro, le scelte di Renzi non solo non permettono di assumere definitivamente questi “supplenti lunghi”, ma di fatto li licenziano. Se poi si scende di categoria e si va a cercare nella terza fascia (i non abilitati-laureati) si scopre che lì ci sono 337.458 iscritti. Il ddl li lascia tutti a casa. Solo gli iscritti alle supplenze annuali — iscritti, la maggior parte poi non le ha ottenute — sono 460 mila. Tolti i centomila assunti al prossimo primo settembre, fuori resta un numero enorme: 360 mila aspiranti docenti. «Più del triplo di quelli assunti», dicono i sindacati. Servirebbero sei concorsi da 60 mila vincitori ciascuno per assorbirli: diciott’anni di concorsi. È vero che in quel mare che sono le “graduatorie d’istituto” ci sono laureati con poche ore di insegnamento, altri che hanno trovato un lavoro diverso, una marea di insegnanti malpagati delle private. Ma ci sono anche 22 mila abilitati con i tirocini Tfa, 60 mila usciti dai percorsi Pas, 55 mila diplomati magistrali, quelli delle ex Siss che hanno fatto un esame con valore di concorso. Le scelte del leader toglieranno questo lavoro — l’insegnamento — a capaci e no, a esperti e neofiti, senza le raffinate distinzioni che in partenza erano state promesse. E sulla scuola si abbatterà una valanga di ricorsi di dimensioni mai viste.
«Mi piaceva l’idea di entrare a far parte di una cosa in cui credevo, la scuola a me piace molto», si legge nei gruppi facebook. Un follower figlio del Tfa scrive: «Abilitati di stato trattati come carta straccia, proletariato scolastico ». Angelo Palumbo, 42 anni, di Napoli, laureato in lettere moderne, è un delegato degli 8.300 idonei del concorsone 2012. Dice: «Siamo stati pugnalati alle spalle. Abbiamo aspettato tredici anni per il concorso, l’abbiamo vinto. Eravamo dentro il decreto legge con la dicitura idonei, voluti dal ministro. Abbiamo partecipato alla grande festa del Pd e ora non c’è più traccia di noi».
Class-action, Tar e tribunali del lavoro. Adesioni a scioperi già proclamati da altri. C’è chi — oggi fuori dall’insegnamento — contro la “Buona scuola” annuncia lo sciopero della fame.
( ha collaborato Giorgio Caruso)

Anche i dirigenti sotto esame, ma ancora non si sa come

da Il Messaggero

Anche i dirigenti sotto esame, ma ancora non si sa come

La nuova figura del Preside-sindaco è senza dubbio la novità della Riforma della scuola presentata da Matteo Renzi due giorni fa: tra estensione dei poteri e ampliamento della tipologia di intervento, la loro figura assumerà sempre più centralità, tanto da trasformarsi quasi in un amministratore delegato

LA MERITOCRAZIA
ROMA La nuova figura del Preside-sindaco è senza dubbio la novità della Riforma della scuola presentata da Matteo Renzi due giorni fa: tra estensione dei poteri e ampliamento della tipologia di intervento, la loro figura assumerà sempre più centralità, tanto da trasformarsi quasi in un amministratore delegato. Tuttavia se appare chiaro che la scuola del futuro legherà le sue fortune e la sua gestione ad un uomo solo, più che alla collegialità espressa in passato, rimane avvolto da una coltre di mistero il meccanismo della valutazione, argomento da sempre avvolto in una vera selva legislativa. Quella dei principi e le modalità di valutazione del dirigente scolastico è una lunga storia di tentativi abortiti: l’ultimo in ordine cronologico risale al 25 novembre del 2008, quando l’Invalsi presentò, al ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, un sistema dal titolo “La valutazione dei Dirigenti scolastici”, che prevedeva l’istituzione di un team di esperti che nell’arco di tre anni avrebbe dovuto esaminare tutti i dirigenti in servizio, azione che non avvenne mai.
MENSILITÀ AGGIUNTIVE
Tuttavia alcuni paletti valutativi si trovano all’interno del contratto nazionale collettivo di lavoro dei dirigenti statali, che prevede due mensilità aggiuntive in caso di giudizio positivo nel raggiungimento dei risultati previsti, anche in base al canone territoriale di complessità, un elemento che tiene conto della difficoltà di azione del territorio nel quale si agisce. Un’altra chiave di lettura che potrebbero utilizzare il governo e la maggioranza, in fase di stesura dei decreti attuativi della riforma, è rappresentato dell’autovalutazione dell’Istituto, in cui nell’analisi incrociata tra piani ed obiettivi, il dirigente scolastico con la stesura del “piano di miglioramento” può dimostrare le proprie competenze gestionali e portare l’istituzione scolastica al raggiungimento degli obiettivi pianificati.
Anche in questo caso, come nei precedenti, non esiste nessun elemento vincolante per la riconferma del dirigente scolastico. La partita oltre che giuridica sembra essere anche sindacale, infatti ad oggi il principio di rotazione dei dirigenti scolastici non riguarda quasi mai il raggiungimento degli obiettivi, ma si inserisce in uno spostamento su base empirica e alle volte temporale, tanto che ad oggi non si conosce nessuna statistica che ci dica quanti dirigenti scolastici siano stati rimossi dal loro incarico per motivi di merito. Per trovare un modello di verifica più strutturato ed efficiente, occorre volgere lo sguardo nel profondo Nord, in Trentino Alto-Adige, nelle provincie autonome di Trento e Bolzano, dove il raggiungimento degli obiettivi, l’applicazione del piano dell’offerta formativa, il rapporto tra corpo docenti e studenti, la salute economica dell’Istituto, sono da qualche anno valutati da appositi nuclei ispettivi dell’Ufficio scolastico

Per i presidi aumenti in busta paga

da Il Messaggero

Per i presidi aumenti in busta paga

Ci sono 200 milioni sul piatto per premiare gli insegnanti più capaci. Ma il rischio è che quando si siederanno a tavola troveranno solo le briciole lasciate dai collaboratori dei dirigenti scolastici

LA RIFORMA
ROMA Ci sono 200 milioni sul piatto per premiare gli insegnanti più capaci. Ma il rischio è che quando si siederanno a tavola troveranno solo le briciole lasciate dai collaboratori dei dirigenti scolastici. Il Ddl della “buona scuola” punta a premiare i docenti più meritevoli. I quali però dovranno dividere la torta degli stanziamenti predisposti da Palazzo Chigi con il mentore e con gli staff destinati a guidare la vita delle scuole nei prossimi anni. Si tratta di uomini di fiducia dei presidi che appaiono chiaramente in pole position dal punto di vista delle potenziali gratifiche economiche. Lo schema di riforma messo a punto dal governo prevede infatti che questi collaboratori potranno arrivare fino 15% dell’organico complessivo nazionale ed avranno diritto ad un aumento di stipendio non inferiore al 10% della retribuzione base.

LA RIPARTIZIONE

Così, fatti alcuni rapidi calcoli, 100mila docenti sui circa 600 mila attualmente in attività potranno entrare a far parte dello staff. Con quali costi per le casse del bilancio pubblico? Considerando un aumento della retribuzione di 170 euro lorde in rapporto ai 1.700 percepiti in media attualmente, fanno 2mila euro lordi all’anno. Moltiplicati per i 100 mila docenti che potrebbero entrare a far parte dello staff, la spesa complessiva si aggira intorno a 200 milioni di euro. Vale a dire, appunto, tutta la posta a disposizione. Con buona pace degli insegnanti che aspirano a vedersi riconoscere il merito guadagnato nella aule durante le ore di lezione. La riforma prevede che al 5% di loro spetterà, a partire dal 2016, il neo nato “bonus annuale delle eccellenze”. Un premio che il dirigente scolastico, sentito il Consiglio di istituto, indirizzerà ai professori più bravi per qualità dell’insegnamento, capacità di utilizzare metodi didattici innovativi e per il contributo offerto al miglioramento complessivo della scuola. In linea teorica correranno in 30 mila per tagliare questo traguardo. Ma alla fine della corsa il premio potrebbe essere una vigorosa pacca sulla spalla o poco più. Magari solo spiccioli. Fonti del ministero del Tesoro rassicurano che i soldi basteranno per tutti in quanto la quota parte della dotazione organica del mentore e dei docenti con le funzioni di staff sarà distribuita tra le regioni, le province e le istituzioni scolastiche in proporzione al numero degli alunni.

GLI 80MILA COLLABORATORI

Il che, viene sottolineato, significherà distribuire le risorse in modo tale da assegnare più soldi dove c’è maggior bisogno. Ma resta il fatto che su 40 mila scuole distribuite sul territorio nazionale e con una media di almeno 2 persone di collaboratori per ciascuna, gli uomini di staff reclutati dai dirigenti non potranno essere meno di 80 mila. E questo vuol dire, sottratti i 160 milioni loro destinati, che sul tavolo resterebbero appena 40 milioni. Con il risultato finale che i 30 mila insegnanti modello si metterebbero in tasca 1.300 euro ciascuno. E cioè poco più di un centinaio di euro al mese. Molto meno rispetto ai 4 mila e 300 euro annui che, dal 2016, entreranno nelle tasche dei presidi ai quali il governo ha promesso 35 milioni come premio di merito. Anche se non è stato ancora chiarito se la dotazione cadrà a pioggia gratificando tutti gli 8 mila presidi.
Michele Di Branco

#riformabuonascuola: tutto quello che il Governo ha chiesto al Parlamento di approvare

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola: tutto quello che il Governo ha chiesto al Parlamento di approvare

È largo il ventaglio di novità che il Governo intende introdurre con l’approvazione della riforma: il ministro Giannini l’ha paragonata ad un parto “indolore e molto gioioso”. Ecco in che consiste: dalla formazione in servizio obbligatoria alla card da 500 euro per ogni prof, dagli scatti salvati in extremis al preside a “caccia” della squadra migliore, dalle detrazioni per donazioni e paritarie (fino alle medie) fino a quell’organico funzionale che dovrebbe ridurre il numero di alunni nelle classi numerose.

Si allarga il ventaglio di novità che il Governo intende introdurre con l’approvazione della Buona Scuola. “La lunga gestazione e il parto” del disegno di legge sulla “Buona scuola” è stato “indolore e molto gioioso. Ha portato molto positivamente a spingere sul principio cardine che è l’autonomia della scuola”, ha spiegato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, il giorno dopo il via libera del disegno di legge da parte del Consiglio dei ministri, non nascondendo tutta la sua soddisfazione per il percorso compiuto fino a qui. Dalla prossima settimana, il testo passerà all’esame delle commissioni parlamentari di competenza.

Vi riassumiamo, intanto, alcuni dei provvedimenti più importanti che potrebbero avere effetto a partire da settembre 2016.

Iniziamo con i DECRETI DELEGATI SU AMPIE MATERIE, che dovrebbero vedere la luce entro 18 mesi dall’eventuale approvazione del provvedimento. In tal caso, il Governo sarà chiamato a mettere a punto i decreti legislativi delegati che riguarderanno 17 materie, alcune delle quali di ampia portata: dal diritto allo studio, alle modalità di assunzione dei docenti e dei dirigenti, al sistema integrato di educazione dalla nascita ai 6 anni, alla riforma della governance della scuola.

SCATTI ANZIANITÀ SALVI, IL MERITO FINANZIATO CON 200 MILIONI – Come trapelato nelle ultime ore prima dell’arrivo del ddl in CdM, gli aumenti stipendiali automatici non verranno più cancellati. Dopo mesi e mesi di annunci sul merito che avrebbe assorbito il 70% degli aumenti, il discorso cade. I fondi destinati ai meritevoli, 200 milioni complessivi, dovrebbero essere destinati direttamente alle scuole: sarà cura principalmente del dirigente scolastico destinare tali fondi al personale con maggiore capacità e competenza da mettere a disposizione della struttura scolastica.

ARRIVA CARTA DEL PROF, 500 EURO ANNO PER FORMAZIONE– La formazione in servizio diventa obbligatoria e coerente con il Piano triennale dell’offerta formativa della scuola e con le priorità indicate dal Miur. Ad ogni docente verrà affidato un voucher di 500 euro, da utilizzare per l’aggiornamento professionale attraverso l’acquisto di libri, testi, strumenti digitali, iscrizione a corsi, l’ingresso a mostre ed eventi culturali.

LA DOTAZIONE PER I PROF SALE A 544 MILIONI PER QUEST’ANNO – Nel 2015 la dotazione finanziaria complessiva per gli insegnanti degli istituti statali è incrementata di 544,18 milioni. Nel 2016 l’incremento sarà di 1,8 miliardi e crescerà fino a 2,2 miliardi dal 2025. Il ddl nel suo complesso viene finanziato da un miliardo nel 2015 e da tre miliardi dal 2016, stanziati dalla legge di stabilità dell’anno 2014.

IL PRESIDE SI SCEGLIERÀ LA SUA “SQUADRA” DI DOCENTI – Per farlo si affiderà ad albi territoriali, costituiti dagli Uffici Scolastici Regionali. Il dirigente scolastico potrà individuare la persona più adatta, ha spiegato Renzi, senza automatismi. Negli albi confluiranno i docenti assunti nel primo anno attraverso il piano straordinario di assunzioni e poi tramite concorsi. Gli incarichi affidati saranno resi pubblici.

Il PRESIDE POTRA’ USARE FINANZIAMENTI E SPONSOR – Il dirigente scolastico può individuare percorsi formativi e iniziative per un maggior coinvolgimento degli studenti nonché una valorizzazione del merito scolastico e dei talenti, utilizzando anche finanziamenti esterni, comprese sponsorizzazioni, fermi restando gli obblighi di trasparenza delle procedure.

PER I PRESIDI 12 MILIONI NEL 2015, 35 NEL 2016 – Dodici milioni per l’anno 2015 e 35 milioni annui a decorrere dal 2016. E’ l’incremento del “Fondo unico nazionale per la retribuzione della posizione, fissa e variabile e della retribuzione di risultato” dei presidi, previsto dalla bozza del ddl “La buona scuola”, in relazione alle nuove competenze attribuite ai dirigenti scolastici.

DETRAIBILI 400 EURO L’ANNO PER PARITARIE, MA NON TUTTE – Per ciascun alunno sono detraibili non più di 400 euro l’anno per la frequenza di scuole paritarie. La detrazione delle spese di iscrizione potrà avvenire per le scuole dell’infanzia e fino alle medie.

OLTRE 100 MILA PROF. ASSUNTI A SETTEMBRE, GAE ESAURITE– Il ddl dà il via libera ad un Piano straordinario di assunzioni (100 mila) per il 2015/2016 per coprire le cattedre vacanti e creare l’organico dell’autonomia. Si attingerà dalle Graduatorie a esaurimento e dai vincitori del concorso 2012. Dopodichè, ha ribadito Renzi, si assumerà solo per concorso. “Si chiude la partita delle Graduatorie a esaurimento”, salvo per i 23 mila docenti della scuola dell’infanzia: si mantiene l’impegno ad assumerli, ma “fare questo tipo di assunzione senza aver chiarito con i comuni la strategia sulle materne sarebbe stato un controsenso. Le assunzioni saranno inserite “nella delega e avranno un anno di tempo con il progetto 0-6”.

SCATTI PER ANZIANITA’, MA DA 2016 PER IL MERITO 200 MILIONI – Lo stipendio degli insegnanti aumenterà in base all’anzianità. Ma dal 2016 si potrà guadagnare di più se meritevoli. Viene istituito il “bonus annuale delle eccellenze” destinato ai docenti. Ogni anno il dirigente scolastico, sentito il Consiglio di Istituto, assegnerà il bonus al 5% dei suoi insegnanti per premiare chi si impegna di più. Peseranno la qualità dell’insegnamento, la capacità di utilizzare metodi didattici innovativi, il contributo dato al miglioramento complessivo della scuola. Per il bonus vengono stanziati 200 milioni all’anno.

FISCO ‘AMICO’ E DETRAIBILITÀ PER DONAZIONI E PROMOZIONI – Il 5 per mille potrà essere destinato anche alle scuole. Con lo “school bonus”, invece chi farà donazioni a favore delle scuole per la costruzione di nuovi edifici, per la manutenzione, per la promozione di progetti dedicati all’occupabilità degli studenti, avrà un beneficio fiscale (credito di imposta al 65%) in sede di dichiarazione dei redditi.

PER IL PIANO DIGITALE 120 MILIONI IN DUE ANNI – Al Piano nazionale scuola digitale vanno 90 milioni di euro “già destinati nell’esercizio 2014 sul fondo” per il finanziamento delle istituzioni scolastiche e “a decorrere dal 2016 è autorizzata la spesa di 30 milioni”.

SCUOLA PIU’ AUTONOMA– Più strumenti ai presidi per gestire le risorse umane, tecnologiche e finanziarie. Le scuole avranno un organico potenziato (garantito dal piano straordinario di assunzioni) per coprire tutte le cattedre vacanti, rispondere alle nuove esigenze didattiche, organizzative e progettuali, potenziare l’offerta formativa, fronteggiare la dispersione scolastica, rendere la scuola più inclusiva, eliminare le supplenze. Le scuole potranno indicare il loro fabbisogno di docenti e strumenti per attuare i Piani dell’offerta formativa, che diventano triennali e sono predisposti dai presidi, sentiti gli insegnanti, il Consiglio di istituto e le realtà territoriali. Verrà istituito anche un Portale unico dei dati della scuola con la pubblicazione di tutti i dati relativi al sistema di istruzione.

ARRIVA ORGANICO FUNZIONALE, STOP CLASSI ‘POLLAIO’– Le classi troppo numerose non ci saranno più, ha assicurato il premier Renzi. I presidi hanno il potere di derogare alle regole attuali: utilizzando l’organico in modo flessibile potranno evitare la formazione delle cosiddette classi ‘pollaio’. Tuttavia, ricordiamo che per il prossimo anno scolastico, gli organici rimarranno immutati.

PIÙ ORE DI ARTE E INGLESE– Si potenziano le competenze linguistiche: in particolare l’italiano per gli studenti stranieri e l’inglese per tutti (anche con materie generaliste insegnate in lingua, Clil). Più spazio anche ad Arte, Musica, Diritto, Economia, Discipline motorie. Si guarda al futuro attraverso lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti (pensiero computazionale, utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media) e alle superiori, il curriculum diventa flessibile: le scuole attiveranno materie opzionali per le esigenze degli studenti.

STAGE, 400 ORE IN AZIENDA (200 NEI LICEI) E LABORATORI POMEDIANI – Riguarda gli studenti dell’ultimo triennio dei tecnici e dei professionali: quindi tra le 60 e le 70 ore di alternanza scuola-lavoro ogni anno. Mentre nei licei sono previste 200 ore complessive. Gli stage si faranno in azienda, ma anche in enti pubblici. A disposizione un fondo, a regime, di 100 milioni all’anno a partire dal 2016 (quest’anno era sceso sino a circa 11 milioni di euro). Per innovazione didattica e laboratori territoriali, aperti anche di pomeriggio, sono stanziati invece subito 90 mln L’obiettivo è orientare i giovani al lavoro e contrastare la dispersione.

BANDO EDILIZIA, 40 MILIONI PER VERIFICARE I CONTROSOFFITTI– Il ddl prevede un bando per la costruzione di scuole altamente innovative, dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, scuole green e caratterizzate da nuovi ambienti di apprendimento digitali. L’Osservatorio per l’edilizia scolastica, istituito presso il Miur, coordinerà strategie e risorse per gli interventi. Vengono recuperate risorse precedentemente non spese da investire sulla sicurezza degli edifici. Stanziati 40 milioni per finanziare indagini diagnostiche sui controsoffitti delle scuole.

Faraone: cambiamo per davvero, ma siamo sempre in “ascolto”

da La Tecnica della Scuola

Faraone: cambiamo per davvero, ma siamo sempre in “ascolto”

Il sottosegretario Davide Faraone a Catania, per il Convegno sulla formazione dei docenti (presente anche la direttrice della Tecnica, Daniela Girgenti), illustra il disegno di legge varato ieri dal Governo: dopo decenni di mancate riforme, noi le abbiamo avviate. Ascoltiamo tutti e al Parlamento l’ultima parola.

Chi avesse pensato che il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, si sarebbe presentato senza scorta di polizia e auto blu al Convegno: “Formazione e professionalità degli insegnanti al centro della scuola che cambia”, che si è tenuto questo pomeriggio, 13 marzo, a Catania presso l’Aula magna del Liceo Turrisi Colonna, dove anche la Casa Editrice La Tecnica della Scuola partecipava, si deve ricredere.

E non perché le rottamazioni si siano confermate un consueto annuncio, ma per il più ragionevole fatto che ad attendere Faraone erano in tanti, come ha dimostrato il pienone dell’aula magna della scuola, dove si era pure appostato un manipolo di precari della GaE col cartello: “non uno di meno”. Ma c’era pure il Gotha dell’istruzione locale: dalla direttrice dell’Usr, Altomonte al rettore dell’Università, Pignataro, al delegato alla cultura del sindaco Bianco, mentre la preside, Anna Maria Di Falco, ha organizzato le cose per bene, compresa una suggestiva apertura dei lavori al suono degli allievi del nuovo Liceo musicale.

Sicuramente però l’attesa era tutta riservata per lui, per il sottosegretario che, manco a dirlo, ha regolarmente fatto l’apologia della scuola che dalla sua viva voce, acuta e chiara, è diventata “ottima”, eccellente e l’unica possibile, dopo anni di smarrimento (e su questo punto ha ragione), di vergognoso precariato (e i precari delle GaE hanno alzato il cartello), di mancate riforme e soprattutto di mancato ascolto delle esigenze, non solo degli alunni, ma anche e soprattutto degli inseganti.

In pratica il suo intervento, che aveva il titolo: “La riforma al via: effetti su formazione e carriera degli insegnanti”, è stato un inno alle riforme, un’ode, in versi sciolti, alla politica del premier Renzi. Punto per punto ha illustrato come sarà la scuola del prossimo futuro, comprese le possibili e democratiche modifiche che il Disegno di legge è suscettibile di portare con sé. L’ascolto, ha ribadito il Sottosegretario, è sempre aperto anche se al Parlamento spetta comunque l’ultima parola. Ed ecco il motivo del trasbordo del più veloce decreto nel più lento ma sicuro disegno di legge.

E allora parte la scelta dei docenti da parte del dirigente: un fatto momentaneo e di breve durata nel corso della sistemazione dei 100mila precari; la valutazione? Solo il preside, il preside sindaco perché avrà una squadra al suo fianco, ne sarà oggetto, mentre la democrazia non vuole misure né misurare, ma solo aiutare i più deboli: scatti di anzianità allora com’è nella Pubblica amministrazione.

E poi formazione e reclutamento (parola brutta spiega Faraone perché richiama la guerra) rigoroso e certo sull’effettivo fabbisogno di ogni singola scuola. E infine pure il rapporto con le imprese contro i quali c’è stato sempre, manco a ridirlo, il “pregiudizio ideologico”: perché stupirsi se danno una mano alle scuole? Perché non prevedere una più europea alternanza?

E sarà pure come dice il sottosegretario, ma tra le sue parole ne abbiamo avvertite tante il cui suono ci ha riportato alle già trascorse “stagioni” dei suoi predecessori, ad Aprea e a Gelmini, mentre ricordavamo il libro di Mario Alighiero Manacorda: “Per la riforma della scuola secondaria. La ricerca dei comunisti per una soluzione razionale e unitaria della crisi della scuola”.

Era edito dagli Editori riuniti ed era il 1976. Ma quelli erano i tempi del Pci e allora il pregiudizio ideologico era una bandiera.

#riformabuonascuola, finisce un’epoca: i precari non potranno svolgere oltre 36 mesi di servizio

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola, finisce un’epoca: i precari non potranno svolgere oltre 36 mesi di servizio

La versione del ddl in nostro possesso conferma le indiscrezioni: i contratti a tempo determinato stipulati con personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non consecutivi. Previsto anche un indennizzo per sanare le situazioni pregresse, ma appare davvero modesto.

Passa per l’articolo 12 dell’ultima versione del ddl di riforma della scuola, pubblicata anche dalla nostra testata, lo stop alle supplenze infinite di tutti i precari: dai docenti agli educatori, dagli amministrativi e tecnici, fino al personale ausiliario. Il Governo ha infatti predisposto, salvo modifiche dell’ultima ora, un’apposita norma dal titolo più che esplicativo: “Divieto di contratti a tempo determinato e Fondo per il risarcimento”.

Nell’articolo citato si spiega che “i contratti a tempo determinato stipulati con personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non consecutivi”. Come preannunciato dal ministro Gelmini, nelle ore a ridosso dell’approdo del disegno di legge in CdM, quindi lo Stato intende cautelarsi: va assolutamente evitato, insomma, che possa incappare nell’errore di stipulare contratti annuali su posti liberi anche per decenni. Ed essere poi di fatti condannati, come accaduto lo scorso 26 novembre dalla Corte di Giustizia europea, all’assunzione in ruolo dei supplenti, in quelle condizioni, mai stabilizzati. Con tanto di relativi indennizzi (calcolati in queste ore dall’Anief attorno ai 50mila euro a lavoratore).

Sempre nel ddl, che dalla prossima settimana approderà in Parlamento, il Governo sembrerebbe aver anche messo da parte un “tesoretto” per risarcire i docenti precari erroneamente non assunti: “nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è iscritto il Fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili, con la dotazione di euro 10 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016”. Francamente, si tratta di una cifra esigua: servirebbe a indennizzare solo alcune centinaia di precari. Mentre alle porte dei tribunali italiani hanno bussato e stanno bussando in decine di migliaia.

La riforma porta troppo potere ai presidi? Macché, ci voleva!

da La Tecnica della Scuola

La riforma porta troppo potere ai presidi? Macché, ci voleva!

A dirlo è Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi: un intervento era “necessario”. Sulla chiamata diretta: sarebbe un passo avanti, perché scegliere la squadra di docenti, attingendo da albi regionali, porterebbe ad un’attenta verifica della compatibilità tra le competenze dei candidati e le esigenze dell’istituto. Le proteste degli studenti? A loro non va bene la scuola così com’è, ma neanche il tentativo di innovazione, fanno una guerra aprioristica.

I poteri aggiuntivi che la riforma Renzi-Giannini assegnerebbe ai presidi? “Sono leve gestionali indispensabili per farla funzionare”. A dirlo è Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi. Intervistato dall’Ansa, il leader del primo sindacato per dirigenti della scuola spiega che un intervento sul fronte dei dirigenti scolastici e dell’autonomia era “necessario”.

“I cambiamenti sulla scuola – dice il leader Anp e alte professionalità della scuola- vanno fatti”, perché il sistema su cui si regge oggi, è “antiquato. L’importante ora è che non vengano ostacolati”. E che dalle dichiarazioni si passi ai fatti. Ovvero che la riforma sia finanziata e divenga operativa. Il ddl sulla ‘Buona scuola’ introduce, tra le altre cose, la possibilità per il preside di scegliere la sua squadra di docenti, attingendo da albi regionali. Sarebbe un passo avanti, osserva Rembado, perché “scegliere all’interno di una rosa di docenti vuol dire verificare la compatibilità tra le competenze e la professionalità dei candidati e le esigenze dell’istituto. C’è la possibilità quindi di verificare la corrispondenza tra l’esperienza di chi è chiamato a insegnare e il progetto educativo della scuola”.

E non ci sarebbe alcuno rischio clientelismo, sempre secondo Rembado. “Questa è una vecchia obiezione: c’è tutto l’interesse del dirigente a scegliere le persone più adatte al progetto educativo, altrimenti non si raggiungono i risultati prefissati”. Inoltre, aggiunge il preside, “essere prevenuti su supposte patologie non può impedire il corretto funzionamento” del sistema. Bisognerebbe, osserva, ragionare in modo opposto: “Prima bisognerebbe vedere cosa è opportuno fare e poi verificare se ci sono patologie. Su una base ampia di 8 mila dirigenti scolastici in Italia ci può essere una mela marcia, ma non per questo bisogna bloccare le riforme”.

Per Rembado, sul ddl “ci sono aspetti positivi”, ma anche punti da “rivedere e correggere” in Parlamento. Come ad esempio, “la questione della valutazione dei docenti, che ha riscontrato una battuta d’arresto, sarebbe stato preferibile che venisse portata avanti. Capovolgere il sistema degli scatti stipendiali – osserva Rembado – rispetto a quanto scritto nelle linee guida della Buona scuola, che li relazionava al merito, non è una leva che può far esprimere al meglio il docente”.

Per il sindacalista, dare più potere ai presidi, infine, porterà diversi vantaggi al sistema scuola, come, ad esempio, la “sistematizzazione di un’equipe di gestione, che già gli istituti migliori avevano sperimentato”. Il risultato finale sarà a beneficio dello studente, che “godrà di un sistema più qualificato, con docenti che lavorano meglio, con maggiore qualità professionale, con una formazione in servizio adeguata e valutata”. Gli studenti però non sono d’accordo, non voglio un preside con super poteri. “C’è una contraddizione palese su questo – conclude Rembado – agli studenti non va bene la scuola così com’è, ma neanche il tentativo di innovazione. E’ una guerra preventiva e aprioristica”.

Mobilità: con la riforma cambia l’intero meccanismo

da La Tecnica della Scuola

Mobilità: con la riforma cambia l’intero meccanismo

D’ora in poi non esisterà più il trasferimento da scuola a scuola o da sede a sede. Verranno istituiti gli “albi territoriali” e per andare ad insegnare nella scuola desiderata bisognerà ottenere il “gradimento” del dirigente scolastico.

Un intero articolo del ddl (il n. 7) è dedicato a ridefinire i compiti del dirigente scolastico.
L’articolo chiarisce preliminarmente che il ds è “responsabile delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti” per aggiungere subito dopo che egli stesso “propone gli incarichi di docenza per la copertura dei posti assegnati all’Istituzione scolastica cui è preposto sulla base del Piano triennale …, ai docenti iscritti negli albi territoriali …, nonché al personale docente di ruolo già in servizio presso altra Istituzione scolastica”.
Si tratta insomma della famosa “chiamata diretta” di cui da tempo si parla e che adesso sta prendendo poco per volta forma.
A quanto è dato di capire ora, da una prima lettura del testo della norma, il personale docente sarà incardinato in ruoli regionali e suddiviso in albi territoriali (coincidenti probabilmente con ambiti provinciali e subprovinciali a seconda delle dimensioni degli ambiti stessi). I dirigenti dovranno dotarsi di criteri per effettuare tali chiamate; i criteri dovranno anche essere resi pubblici; anche gli incarichi attribuiti dovranno essere pubblici e soprattutto “motivati” (resta il problema di come si potrà contemperare la trasparenza e la pubblicità con il  rispetto delle norme sulla privacy, ma questo si vedrà in seguito).
Gli insegnanti già in servizio non rientrano negli albi territoriali, ma vi rientrebbero nel momento in cui dovessero chiedere il trasferimento. In altre parole sembra di capire che, d’ora in poi, l’insegnante non potrà più chiedere il trasferimento da una sede all’altra, ma da una sede ad “albo territoriale” e sarà poi il dirigente a decidere se assegnarlo o meno all’organico della propria scuola. Una novità non da poco che certamente farà discutere e non troverà consenzienti i sindacati della scuola.

Riforma: al via anche la “premialità”

da La Tecnica della Scuola

Riforma: al via anche la “premialità”

Ogni dirigente scolastico avrà a disposizione un “gruzzzolo” di 20-25mila euro per premiare i docenti “migliori”. Ma dovrà “sentire” il consiglio di istituto.

Dopo mesi e mesi di dibattiti e polemiche sembra che nel ddl di riforma della scuola si sia arrivati ad una sintesi sulla questone della valorizzazione del merito dei docenti.
La proposta sta nell’articolo 11 che prevede uno stanziamento di 200milioni per il 2016. C’è già chi dice che magari se ne potrebbe parlare ma che la somma è davvero troppo ridotta (praticamente si tratta di circa 25mila euro per ciacuna istituzione scolastica).Ma il punto è che non si capisce affatto quale sia la platea di riferimento: si tratta di premiare i collaboratori del dirigente (3 e non più 2 come ora), le cosidddette “figure di sitema” o chi altri?
Il comma 2 dell’articolo sembra chiaro ma a ben vedere non lo è affatto: “Il dirigente scolastico, sentito il Consiglio di Istituto, assegna annualmente la somma di cui al comma 1 sulla base della valutazione dell’attività didattica in ragione dei risultati ottenuti in termini di qualità dell’insegnamento, di rendimento scolastico degli alunni e degli studenti, di progettualità nella metodologia didattica utilizzata, di innovatività e di contributo al miglioramento complessivo della scuola”.

Come si vede i criteri sono molteplici e anche diversificati, si va dai risultati di apprendimento degli studenti fino al “contributo al miglioramento” della stessa istituzione scolastica.
Lascia poi molto dubbiosi l’idea che il dirigente debba acquisire una sorta di parere (ovviamente di carattere puramente consulitivo) del consiglio di istituto.
Di quali elementi dispone il consiglio rispetto ad una valutazione così complessa e articolata?
Ovviamente i sindacati stanno già protestando sia per motivi di merito che di metodo in quanto ritengono che questa dovrebbe essere materia di natura contrattuale.
La Flc-Cgil, per esempio, parla di un inaccettabile “accentramento dei poteri ai dirigenti scolastici sulle assunzioni, sull’organizzazione delle scuole e sull’attribuzione di quote premiali”.
“In tal modo – denuncia il segretario nazionale Pantaleo – viene declinata una idea autoritaria e gerarchica di autonomia scolastica”.

Concorso 24 mesi Ata: la circolare del Miur

da La Tecnica della Scuola

Concorso 24 mesi Ata: la circolare del Miur

Confermate le novità già anticipate riguardo ai requisiti di partecipazione e alla valutazione dei servizi. Tutti i modelli dovranno essere inviati in modalità cartacea, tranne l’allegato G di scelta delle sedi, che dovrà essere trasmesso tramute Polis

Il Miur, con nota prot. 8151 del 13 marzo 2015, ha pubblicato l’atteso invito agli Uffici Scolastici Regionali ad indire i concorsi per soli titoli per i profili A e B del personale ATA.

Come anticipato, nella predisposizione dei bandi, gli U.S.R. dovranno tenere conto di alcune novità: con riferimento ai requisiti di ammissione, fatta salva la conoscenza della lingua italiana, è estesa la possibilità di partecipare al concorso anche ai familiari dei cittadini degli stati membri non aventi la cittadinanza di uno stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno permanente e ai cittadini di paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE, per i soggiorni di lungo periodo o che siano titolari dello stato di rifugiato ovvero di protezione sussidiaria. Devono essere anche inclusi gli stranieri qualificati titolari di carta blu UE, nonché i familiari non comunitari di cittadini italiani.

È inoltre valutabile come “servizio svolto presso enti pubblici” anche il servizio civile volontario svolto dopo l’abolizione dell’obbligo di leva. Il punteggio sarà lo stesso del servizio prestato alle dipendenze delle amministrazioni statali.

Per il personale che intende fruire dei benefici di cui agli artt. 21 e 33, commi 5, 6 e 7, della legge 104/92 è prevista la compilazione anche dell’allegato H, modello integrativo e non sostitutivo della dichiarazione resa nei moduli di domanda B1 e B2.

Tutti i modelli B1, B2, F e H (allegati ad una successiva nota) vanno trasmessi in modalità cartacea con raccomandata A/R o tramite PEC all’Ambito territoriale della provincia di interesse alla scadenza prevista dal singolo bando emanato dal singolo U.S.R., mentre solo il modello G di scelta delle sedi in cui si richiede l’inclusione nelle graduatorie di circolo o istituto di prima fascia dovrà essere inoltrato tramite Polis, entro una scadenza che sarà comunicata successivamente e che sarà uguale per tutta Italia.

Cambiano le scadenze per la mobilità a.s. 2015/2016

da La Tecnica della Scuola

Cambiano le scadenze per la mobilità a.s. 2015/2016

Per le domande di trasferimento dei docenti c’è tempo fino al 22 marzo (e non fino al 19 marzo, come era stato ufficiosamente comunicato). Modificate di conseguenza anche tutte le altre scadenze, compresi i termini iniziali e finali per il personale Ata (dal 23 marzo al 20 aprile 2015)

Con nota prot. n. 950 del 13/3/2015 il Miur ha prorogato il termine di acquisizione delle domande di mobilità del personale docente tramite Polis, per l’anno scolastico 2015 / 16, fino alle ore 24,00 del 22 marzo 2015.

Prevista anche una proroga per il personale Ata, per il quale le domande potranno essere presentate a partire dal 23 marzo con scadenza al 20 aprile 2015.

Cambiano anche tutte le altre scadenze, che sono così rideterminate:

scuola dell’infanzia

1 – termine ultimo comunicazione al SIDI delle domande di mobilità e dei posti disponibili 4 aprile

2 – pubblicazione dei movimenti 21 aprile

scuola primaria

1 – termine ultimo comunicazione al SIDI delle domande di mobilità e dei posti disponibili 20 aprile

2 – pubblicazione dei movimenti 11 maggio

scuola secondaria di I grado

1 – termine ultimo comunicazione al SIDI delle domande di mobilità e dei posti disponibili 9 maggio

2 – pubblicazione dei movimenti 28 maggio

scuola secondaria di II grado

1 – termine ultimo comunicazione al SIDI delle domande di mobilità e dei posti disponibili 27 maggio

2 – pubblicazione dei movimenti 16 giugno