Risposta a Merlo

A leggere l’attacco di Francesco Merlo contro i presidi su Repubblica di oggi vien da chiedersi quali capi di
istituto e quali docenti abbia avuto la disavventura di incontrare sul suo cammino. I primi li vede in
prospettiva come piccoli boss di paese, ai quali già l’attribuzione dell’etichetta di “dirigenti scolastici” viene
vista come eccessiva ed impropria ma accettata fino a quando e a patto che non si abbia l’ardire di
collegare alla stessa funzioni assunzionali o di valutazione ovvero fino a quando al nomen non
corrispondano competenze e responsabilità. I secondi sono trattati con ancora – se possibile – maggiore
disprezzo: relegati in una condizione di “disperazione” e di “irrilevanza sociale”, di loro si parla come “di
straccioni della cultura pagati quanto le cameriere”. Solo la scuola viene rievocata come “l’azienda pubblica
più delicata e più grande”, ma – verrebbe da chiedersi – messa in mano a chi, ai poveracci incapaci di cui si
esprime la più totale disistima nei termini sopra evidenziati?
E’ purtroppo il destino della scuola: essere posta sull’altare, indicandola come priorità delle priorità fino a
quando non si abbia la pretesa di rivendicare investimenti e ruolo. Tutti sono pronti a riconoscerne
l’importanza e il significato, ma nessuno dimostra interesse ad occuparsene.
Del preside si rievoca quello del bel tempo antico e si ritorna con nostalgia alla figura del direttore didattico
di De Amicis (Cuore, 1886): quello sì che era autorevole, “il più bravo dei professori” (rectius, dei maestri),
in una scuola retta da norme napoleoniche i cui strumenti – allora bastevoli – erano il gessetto e
l’abbecedario. La modernità, richiamata nell’articolo per l’impossibilità dei docenti di acquistare l’iPhone e
il tablet, appare remota e per certi versi superflua; viene evocata per sbertucciare quei miserabili polverosi
degli insegnanti ma non perché se ne senta l’esigenza nella prospettiva di un’ innovazione continua che
consenta alla scuola di restare al passo con i tempi, anzi di preparare il futuro.
Ohibo’, il cambiamento! Se il modello organizzativo ottimale fosse quello di fine Ottocento, a qual pro
occuparsi di riforme? Ma allora bisognerebbe essere conseguenti, ricordandosene quando dalle pagine dei
giornali si impreca contro le criticità del nostro sistema di istruzione, ignorando le classifiche internazionali
in materia che spesso ci collocano a livelli inferiori alla media nelle performance delle diverse discipline.
E che dire della valutazione dei risultati, delle prestazioni professionali, a cominciare da quelle del dirigente
della scuola, di una organizzazione del lavoro stimolante a far sempre più e meglio. Per scaldare gli animi è
bastato parlare di attribuzione di poteri gestionali al dirigente, di strumenti che sono indispensabili in
qualsiasi azienda, anche la più modesta rispetto a quella definita dall’autore dell’articolo come “l’azienda
pubblica più delicata e più grande”. Cosa può aver mai fatto la scuola per attirarsi tante incomprensioni e
contumelie?

Giorgio Rembado presidente ANP (Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola)

Riforma del sostegno: esperti a confronto in una tavola rotonda

da Disabili.com

Riforma del sostegno: esperti a confronto in una tavola rotonda

In un recente incontro diversi esperti di disabilità e scuola si sono confrontati sulla proposta di riforma del sostegno, mostrando posizioni e perplessità eterogenee

 

Si è tenuto il 3 Marzo scorso un importante incontro nell’aula magna del rettorato dell’Università Roma 3, che ha riguardato la Proposta di Legge (PdL) A.C. 2444, di riforma del sostegno, di cui si sta discutendo molto in queste settimane e che sta suscitando un dibattito molto vivace a causa degli importanti elementi di cambiamento che prevede.

Alla tavola rotonda hanno partecipato alcuni studiosi, esperti di diritto ed estensori della Proposta, i quali si sono confrontati sui diversi aspetti del testo, cercando di individuare gli elementi essenziali di innovazione, ma anche gli aspetti di criticità.

Vi è stato poi un dibattito aperto al confronto con i presenti, cui hanno partecipato anche alcuni genitori e docenti. Era presente l’insegnante D. Santilli, la quale si è resa disponibile a predisporre un resoconto sintetico dell’incontro, riguardante i contenuti fondamentali di esso. Ad essa va pertanto il nostro ringraziamento.
La docente ha riportato che il dibattito è stato aperto dal prof. L. Cottini, presidente della Società Italiana di Pedagogia Speciale, il quale, dopo aver sottolineato come l’insegnante di sostegno debba essere una figura di sistema con competenze generali e speciali, ha illustrato gli aspetti della PdL che ritiene positivi, come la formazione in servizio prevista per tutti i docenti, l’organico di sostegno di rete e la certificazione secondo il modello ICF. Secondo lo studioso, però, un aspetto di criticità risiede nella formazione iniziale eccessivamente specialistica, che va nella direzione del modello individuale, che rischia di incentivare il fenomeno della delega.
I rappresentanti della FISH, S. Nocera e D. Vivanti, hanno invece ribadito la necessità della separazione delle cattedre e prospettato la trasformazione dell’annunciato vincolo di permanenza decennale su posto di sostegno in vincolo per tutta la carriera. Tale prospettiva, hanno affermato, potrebbe meglio garantire la continuità educativa e didattica. L’obbligo riguarderebbe i nuovi specializzati e non i docenti di sostegno già in ruolo, i quali avrebbero la possibilità di transitare nei ruoli curricolari, in quanto formati ed assunti secondo le precedenti disposizioni normative.
D. Ianes ha sottolineato che l’obiettivo comune dovrebbe essere un’educazione inclusiva e che la qualità dell’integrazione si costruisce anche con le competenze degli insegnanti curricolari, attraverso la formazione continua. Ha poi palesato perplessità rispetto ad eventuali fenomeni di iperspecializzazione, a cui preferirebbe, invece, la supervisione tecnica continua e le compresenze. Anche l’intervento di F. Bocci si è concentrato sulla formazione di tutti i docenti, necessaria per garantire una scuola inclusiva e per combattere i processi di delega; ha sottolineato quindi  il rischio che la PdL vada troppo verso il modello medico individualistico, che non risolve ma enfatizza il problema della delega. Ha proposto dunque di istituire un percorso universitario unitario per tutti i docenti, con maggiore spazio riservato alla didattica speciale.
R. Ciambrone si è invece soffermato sull’impegno di spesa riguardante i docenti di sostegno e, quindi, sulla necessità di un loro utilizzo ottimale.
Tra gli interventi dei presenti riportiamo quello di G. Giani riguardante la proposta di cattedra mista, a cui abbiamo di recente dedicato alcune riflessioni. Più in generale, gli interventi degli esperti e del pubblico hanno mostrato volontà di confronto ma anche molte perplessità rispetto alle significative novità annunciale dalla PdL.
Auspichiamo pertanto che possa ancora esservi in merito un dibattito ampio ed approfondito e che esso possa coinvolgere anche, soprattutto, chi a scuola mette piede ogni giorno.

Workshop nomade su “L’apprendimento dappertutto”

Roma. Workshop nomade su “L’apprendimento dappertutto” al Festival della Cultura Creativa

Il 20 marzo nella giornata di studi è previsto un workshop nomade di Urban Experience su “L’apprendimento dappertutto”.
Nell’ambito del Festival della Cultura Creativa, tra i workshop su “Reinventare l’apprendimento” Urban Experience propone un workshop “nomade” basato sul format di performing media “radio-walkshow”.
INFO: http://www.urbanexperience.it/eventi/workshop-nomade-su-lapprendimento-dappertutto-al-festival-della-cultura-creativa/

Papa Francesco: «Insegnare lavoro bellissimo, purtroppo malpagato»

da Corriere.it

Papa Francesco: «Insegnare lavoro bellissimo, purtroppo malpagato»

Il Pontefice riceve gli insegnanti cattolici dell’Uciim e rilancia il ruolo centrale della scuola in un momento di grave crisi per le famiglie e non solo. «Centralità ai valori»

di Redazione Online

«Fare l’insegnante è un lavoro bellissimo, ma purtroppo malpagato»: poche parole che non restano inosservate quelle pronunciate da Papa Francesco nel corso, sabato, della udienza alla Unione cattolica insegnanti medi (Uciim). La platea lo ha applaudito, e si è sentita anche qualche risata. «È un peccato questo, che siano malpagati – ha sottolineato il Pontefice – perché non è solo il tempo che spendono lì per fare scuola, poi devono prepararsi, pensare a ognuno degli alunni, come aiutarli ad andare avanti».

Insegnare è una missione

Una missione quella dell’insegnante, per Papa Francesco. Che ribadisce: «È vero, è una ingiustizia, io ho presente il mio Paese, che è quello che conosco meglio: ebbene i professori per avere uno stipendio che sia utile devono fare almeno due turni, ma come si riesce con un impegno di due turni?». Bergoglio ha quindi ripreso il testo scritto che doveva inizialmente seguire durante il discorso, eppoi ha nuovamente aggiunto a braccio che insegnare è bellissimo «perché consente di veder crescere giorno dopo giorno le persone che sono affidate alla nostra cura».

«Per la materie basta il Pc, poi ci sono i valori»

Parlando agli insegnanti cattolici dell’Uciim, ricevuti in Vaticano, il Pontefice ha inoltre puntato l’attenzione sul valore sociale, oltre che culturale, del lavoro svolto dai docenti. «Dovete insegnare non solo i contenuti di una materia – ha proseguito Papa Francesco – ma anche i valori della vita e le buone abitudini, sono tre le cose che dovete trasmettere». Per i contenuti delle materie, ha osservato il Papa, «è sufficiente il computer ma per capire come si ama, quali sono i valori e quali abitudini sono quelle che creano armonia nella società ci vuole un buon insegnante». «Siate – ha suggerito ancora agli insegnanti cattolici – testimoni, e una testimonianza non si compra e non si vende, si offre».

«La scuola come punto di riferimento positivo»

E in tempi di crisi, difficili per le famiglie, il ruolo dell’insegnante acquista ancora maggior valore. «In una società che fatica a trovare punti di riferimento, è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo», ha rilevato il Pontefice sottolineando la necessità di «insegnanti capaci di dare un senso alla scuola, allo studio e alla cultura, senza ridurre tutto alla sola trasmissione di conoscenze tecniche ma puntando a costruire una relazione educativa con ciascuno studente, che deve sentirsi accolto ed amato per quello che è, con tutti i suoi limiti e le sue potenzialità». Secondo Papa Francesco, dunque, «insegnare è una grande responsabilità, un impegno serio, che solo una personalità matura ed equilibrata può prendere». «Un impegno del genere – ha ammesso – può incutere timore, ma occorre ricordare che nessun insegnante è mai solo: condivide sempre il proprio lavoro con altri colleghi e con tutta la comunità educativa cui appartiene».

Carta del professore, ogni mese 50 euro

da Il Messaggero

Carta del professore, ogni mese 50 euro

Secondo alcune indiscrezioni la Carta del professore somiglierà molto alla “Social card” di tremontiana memoria

LA RIFORMA
ROMA La Carta del professore è senza dubbio la misura più innovativa della riforma della scuola targata Renzi-Giannini, ovvero una carta di credito prepagata su cui verranno caricati 500 euro all’anno, che potranno essere spesi per consumi culturali (libri, mostre, spettacoli, cinema, concerti). Questo provvedimento, che si dice sia stato fortemente voluto dallo stesso Renzi, si configura come un investimento sulla formazione permanente del personale docente e come una notevole spinta incentivante ad investire nella propria professione, ascoltando anche gli eterni appelli della categoria, che più volte ha lamentato preoccupazione e disamoramento per la propria funzione.
LE MODALITÀ

Se appare certo il suo scopo, non si hanno ancora informazioni precise sulle modalità di emissione, di ricarica e di utilizzo. Secondo alcune indiscrezioni la Carta del professore somiglierà molto alla “Social card” di tremontiana memoria; in pratica un ente erogante, in questo caso il ministero dell’Istruzione, ogni mese per dieci mesi provvederà a ricaricare i 50 euro sulle tessere prepagate che giungeranno ai docenti. Il pagamento alla cassa dell’esercizio commerciale verrà tracciato e validato tramite il “merchant category code”, un codice merceologico utilizzato dai circuiti di pagamento internazionali e dagli istituti di credito per riconoscere la tipologia dei beni e dei servizi forniti. Sarà impossibile quindi, così come accade per la social card, utilizzarla per altri acquisti.
COSA SI PUÒ ACQUISTARE

Gli insegnanti potranno utilizzare la somma per l’acquisto di beni di consumo culturale. Il paniere dovrebbe essere vasto e senza limitazioni di gusto, con la card infatti si potrà pagare il biglietto per assistere a un concerto di musica classica così come per uno di musica rock, si potrà acquistare in libreria “Guerra e pace” oppure “Cinquanta sfumature di grigio”, si potrà assistere ad un monologo di Pirandello oppure un film dei Soliti idioti. Al provvedimento verranno, presumibilmente, accompagnate delle “tabelle di congruità”, in cui i servizi e i beni utilizzabili saranno circoscritti. Se da un lato, si può storcere il naso e prestare il pensiero all’eterno dilemma su cosa sia “culturalmente valido”, dall’altro la Carta del professore darà una scossa significativa ai consumi culturali nel nostro Paese, mettendo nelle tasche dei docenti altra liquidità da investire per se stessi e la propria professione.
Il provvedimento sembra inserirsi nella logica iniziale del governo Renzi: restituire potere di acquisto alle famiglie. Se infatti sommiamo il bonus Irpef di 80 euro e i 50 euro al mese che percepiranno i docenti, nell’arco di un anno circa 130 euro al mese sono tornate nelle tasche di centinaia di migliaia di italiani, che inevitabilmente produrranno un effetto domino sull’indotto economico e culturale del Paese. Se da un lato la carta appare come un segno di attenzione dall’altro, ad esempio, secondo Patrizia Borrelli, docente all’Istituto Comprensivo “Domenico Purificato” di Roma, «la carta è un provvedimento senza dubbio positivo che va a colmare una lacuna tutta italiana. In Francia da sempre gli insegnanti hanno dei bonus e delle gratuità per la loro formazione permanente, come l’entrata gratis nei musei, che fu sperimentata anche in Italia lo scorso anno con un protocollo di intesa tra Beni culturali, Miur e ministero delle Finanze durante il governo Letta. Ovviamente il provvedimento non è stato rinnovato per mancanza di risorse».
PIÙ RISORSE

Proprio sulle risorse sembrano addensarsi i dubbi maggiori, infatti, il provvedimento che era stato annunciato già nelle scorse settimane aveva come base iniziale 400 euro e non i 500 poi scritti nel disegno di legge, che ha dichiarato di voler estendere la soglia economica della carta individuando le coperture finanziarie in accordo col ministro Padoan.
Massimiliano Coccia

DDL Scuola: in Parlamento se ne parlerà dopo il 23 marzo

da La Tecnica della Scuola

DDL Scuola: in Parlamento se ne parlerà dopo il 23 marzo

Il 10 marzo scorso, presentando il DDL sulla scuola, Giannini aveva “promesso” che il testo sarebbe stato consegnato al Parlamento già il giorno dopo. In realtà le cose sono andate diversamente e l’esame del DDL non potrà iniziare prima del 23 marzo.

Già nel corso della conferenza stampa successiva al Consiglio dei Ministri del 10 marzo, Renzi e Giannini avevano annunciato che in tempi rapidi il DDL sulla riforma della scuola sarebbe stato trasmesso alle Camere nell’arco di poche ore. Anzi Giannini aveva detto che già dall’11 marzo il Parlamento avrebbe potuto iniziare i lavori sul provvedimento.
La realtà è un po’ diversa, anche perchè i tempi tecnici delle Camerre sono definiti per regolamento e non sottostanno in modo automatico ai desideri del Governo.
Sta di fatto che il calendario dei lavori di Camera e Senato, pubblicato nella giornata di sabato 14 marzo, non prevede che la prossima settimana il DDL venga messo all’ordine del giorno di una delle Commissioni permanenti.
A questo punto è molto probabile che l’esame  abbia inizio dopo il 23 marzo.
Per ora non sappiamo neppure se l’esame inizierà dal Senato o dalla Camera e quindi non resta che aspettare ancora qualche giorno. Va anche detto che il deposito ufficiale del provvedimento è particolarmente atteso anche perchè insieme con il testo del DDL sarà a quel punto disponibile la relazione tecnica che dovrà chiarire i problemi di copertura finanziaria su cui permangono ancora alcuni dubbi.

Restano gli scatti, ma sparisce il fondo di istituto?

da La Tecnica della Scuola

Restano gli scatti, ma sparisce il fondo di istituto?

Presentando il DDL sulla scuola, Renzi ha spiegato che gli scatti di anzianità resteranno, ma non ha chiarito da dove arriveranno i soldi. Il sospetto è che, ancora una volta, sarà necessario attingere al fondo di istituto.

La notizia che la progressione stipendiale dei docenti si baserà ancora in buona parte sugli scatti stipendiali è stata accolta con favore dal mondo della scuola e ovviamente anche dai sindacati.
Ma la questione va chiarita, per evitare di creare inutili aspettative. Si tratta infatti di capire da dove arriverà la copertura finanziaria, considerato che fino allo scorso anno i soldi non c’erano.
E siccome i soldi che sono stati stanziati nella legge di staibilità dovranno servire quasi esclusivamente per le assunzioni, la risposta è pressochè obbligata: le risorse arriveranno ancora una volta dal fondo di istituto che, nelle intenzioni iniziali del Governo, sarebbe dovuto servire in parte per gli scatti di anzianità e in parte per il “merito”.
Adesso la soluzione sembra un po’ diversa: bisognerà prevedere 400milioni di euro per gli scatti e quindi il fondo risulterà praticamente dimezzato.
Volendo garantire anche gli scatti dell’anno successivo il fondo dovrebbe essere del tutto azzerato e non ci sarebbe più nulla neppure per il cosiddetto “merito” (che – da quanto si capisce dal DDL – dovrebbe servire di fatto per pagare collaboratori dei dirigente, figure di sistema e poco più).
Si spiega così il motivo per cui il DDL prevede 200milioni di euro per il merito a partire dal 2016.
In pratica si tratta della cifra che servirà a pagare le “prestazioni” essenziali e ineliminabili.
Con questa manovra, molto vicina al gioco delle tre carte, il problema sarà tamponato ancora per il 2016, ma poi bisognerà di nuovo inventarsi qualcosa.
Può darsi che la nostra previsione pecchi di pessimismo: se i fatti ci smentiranno ne saremo ben felici, ma per capire se ci siamo sbagliati non bisognerà aspettare molto: entro due-tre mesi al massimo il Governo dovrà pur dire in che modo intende pagare gli scatti e a quel punto il mistero sarà svelato.

Mobilità post-riforma: stop ai contratti?

da La Tecnica della Scuola

Mobilità post-riforma: stop ai contratti?

Le norme sulla mobilità introdotte nel disegno di legge sulla riforma della scuola non potranno essere modificate per via contrattuale.

Le nuove regole sulla mobilità, che potrebbero entrare in vigore a partire dal 2016/2017, e che noi per primi abbiamo segnalato in un precedente articolo e ulteriormente approfondite in un altro, stanno facendo discutere parecchio.
Scontate le reazioni negative di insegnanti e sindacati, va ovviamente precisato che la norma, per ora sta scritta nel disegno di legge che nei prossimi giorni dovrà iniziare il proprio percorso alle Camere.
C’è chi spera che questa e altre disposizioni possa essere modificata nel corso del dibattito parlamentare, ma allo stato attuale delle cose, stando a quanto dichiarato da Rezi e da altri esponenti del Governo, l’approvazione del provvedimento dovrebbe avvenire in tempi rapidi e quindi non sarà facile trovare gli spazi per modificare, riscrivere e correggere.
Se davvero il Governo intende avere una legge approvata entro la fine di maggio, le strade sono due: o le forze politiche si accorderanno per modifiche “leggere” oppure il Governo potrà accogliere una manciata di emendamenti e su quelli porre il voto di fiducia.
(Che altro può voler dire la frase di Renzi “Il Parlamento approverà la legge, in un modo o nell’altro”?)

Ma c’è anche chi, impropriamente, pensa che le norme sulla mobilità potranno essere modificate quando si sottoscriverà il prossimo contratto.
Su questo punto è bene non farsi illusioni: il ddl dice chiaramente che le norme contenute nel provvedimento sono inderogabili e non modificabili per via contrattuale; ma c’è di più: l’articolo 22 prevede la stesura di un nuovo articolato contrattuale che dovrà fare riferimento ad un atto di indirizzo da emanarsi entro sei mesi dalla approvazione del DDL.  In pratica di nuovo contratto si parlerà non prima della primavera 2016 (lo stesso articolo 22 lascia intuire che gran parte del nuovo contratto sarà dedicata proprio alla mobilità che quindi non dovrebbe più rientrare nella contrattazione integrativa). Insomma: le disposizioni del ddl rimarranno tali e quali e non potranno in alcun modo essere disapplicate.

Papa Francesco, uomo di Chiesa e uomo di scuola

da La Tecnica della Scuola

Papa Francesco, uomo di Chiesa e uomo di scuola

Il Pontefice richiama l’attenzione sull’importanza del lavoro dell’insegnante, ma aggiunge anche che si tratta di un lavoro “malpagato”

Grande Papa Francesco!!! Un grande uomo di Chiesa ma anche un grande uomo di scuola. Durante l’udienza all’UCIM (Unione Cattolica Insegnanti Medi), esprime elogi e preghiere per gli insegnanti e per la loro alta funzione sociale. Parole importanti che dovrebbero fare riflettere tanto e tutti. Dice il Papa: “Insegnare è un lavoro bellissimo, peccato che gli insegnanti sono malpagati: è una ingiustizia” poi continua il suo discorso affermando: “Non è solo il tempo che spendono per fare scuola: debbono prepararsi” .
Ebbene lo afferma anche  Papa Francesco che oltre le canoniche 18 ore c’è molto più tempo dedicato da un insegnante per la scuola. I compiti da correggere, le lezioni da prepararsi, le programmazioni da mettere a punto, i consigli di classe da svolgere, i verbali da redigere, i collegi dei docenti da fare. Una professione sottovalutata e troppo bistrattata da chi ci governa. È molto bello che una figura come quella del Papa e soprattutto questo Papa, riconosca nel lavoro dell’insegnante un grande impegno professionale.  Infine il Papa, dopo avere detto che il lavoro dell’insegnante “è un impegno serio, ma nessun insegnante è mai solo”,  fa una preghiera agli stessi insegnanti  “amate di più gli studenti difficili” .

Sulla riforma il Consiglio superiore non potrà esprimersi

da La Tecnica della Scuola

Sulla riforma il Consiglio superiore non potrà esprimersi

Lo stabilisce in modo inequivocabile l’articolo 23 del DDL sulla riforma. A questo punto, che fretta c’è di eleggere il nuovo organo? Un dato curioso: l’ordinanza prevede che si voti il 28 aprile, in perfetta concomitanza con la “Festa del popolo sardo” che ovviamente ha rilevanza regionale.

Sulla Riforma e su tutti gli atti connessi il Consiglio Superiore dell’Istruzione non avrà nulla da dire: lo stabilisce in modo chiaro e netto il primo comma dell’articolo 23 del DDL: “I regolamenti, i decreti e gli atti attuativi della presente legge sono adottati in assenza del parere dell’organo collegiale consultivo nazionale della scuola”.
La disposizione è particolarmente grave perchè, di fatto, rende del tutto inutile la costituzione del Consiglio Superiore che, a questo punto, potrà, al massimo, produrre pareri di propria iniziativa che, per di più, non saranno affatto vincolanti per il Ministro; anzi, per essere ancora più brutai: si tratterà di atti che il Ministro non avrà neppure il dovere di leggere.
Se così stanno le cose si capisce anche meglio l’assoluta superficialità con cui il Miur sta procedendo nelle operazioni di elezione del Consiglio.
L’ordinanza lascia infatti molto perplessi, sia per i tempi strettissimi imposti alle scuole (entro il 13 bisognava formare le commissioni elettorali e nel giro di pochi giorni bisognerà già formare le liste) sia per alucnni veri e propri errori: le votazioni sono previste per il 28 aprile, peccato che la data concida esattamente con la “Festa del popolo sardo” che nell’isola comporta da sempre la chiusura di scuole e uffici pubblici. Ma forse al Ministero non solo non conoscono i calendari scolastici regionali ma non sono neanche particolarmente sensibili al rispetto delle autonomie locali, neppure se si tratta di autonomie che godono di precisa tutela costituzionale.
Comunque è evidente che si tratta di discussioni puramente accademiche: dato che il Consiglio non avrà nulla da dire sulla riforma, non è neppure il caso di preoccuparsi più di tanto sul come e sul quando il Consiglio stesso verrà istituito.