Debole Romeo, fragile Giulietta

Debole Romeo, fragile Giulietta. Edipo la sua reponsabilità?

di Adriana Rumbolo

Oltre 30 anni di esperienza clinica hanno convinto  anche di questo:   in amore, quel che conta sono le primissime esperienze dell’infanzia .E se è vero che ogni rapporto affettivo è prima di tutto “politico” (cioè una relazione basata sul confronto/scontro di poteri ) allora il segreto di questi equilibri diplomatici va cercato molto addietro negli anni. Là dove sfumano le ombre  e i ricordi del legame con i genitori Michael Vincent Miller psicologo gestalt :”Tutti i rapporti amorosi” , spiega a questo proposito, ” contengono una buona dose di ansia .Può  essere più o meno accentuata, ma ha comunque  a che fare con due paure ancestrali e opposte: quella di essere abbandonati e quella di essere annullati, “inglobati”  dal legame stesso .In entrambi i casi, quest’ansia ci porta a ricreare all’infinito l’alternanza dei ruoli di dominatore e dominato, di forte e debole .Infatti spesso siamo attratti da relazioni palesemente sbilanciate .Anche in questo caso, per comprenderne le ragioni bisogna andare in retromarcia .Qualunque sia il rapporto avuto con il padre o con la madre, sarà  il modello relazionale che porteremo con noi nel mondo adulto .Se si è trattato di un rapporto punitivo o trascurato resteremo convinti che quello sia il vero amore e, magari inconsapevolmente, cercheremo di rivivere sempre quelle esperienze” Ci potrebbe essere un margine “per lavorare, con la psicoterapia o con un’analisi attenta dei nostri vissuti. il punto è individuare le componenti compulsive e trasformarle in libertà di scelta .La storia infantile non è vincolante in senso assoluto, ma esercita un’attrazione simile ai cosidetti stati trans-ipnotici .Se anche rimuoviamo un aspetto del rapporto con la nostra famiglia, di fronte a precisi stimoli tenderemo a reagire sempre nello stesso modo .Quindi ritrovando in qualcuno dei tratti che ci riportano alle esperienze affettive “E’ infatti per un bambino i concetti di amore e di dipendenza si equivalgono .Per lui è impossibile distinguere tra l’affetto della madre e il bisogno di accadimento da parte sua .Rispetto alle altre specie animali, l’essere umano ha un’emancipazione dai genitori molto ritardata .Da qui nasce l’equazione amore-subordinazione e la maturità consiste proprio nel risolverla Da un grave fatto di cronaca .In una grande città del nord-Italia un giovane. ha voluto punire la sua ragazza che non voleva più continuare , la loro relazione, trascinandola con sè nel vuoto dall’altezza di  sette piani  Prima di costringerla a seguirlo con la forza,  ha voluto mostrarle ciò che non avrebbe visto mai più per sempre  Perchè? voleva vedere nei suoi occhi  la paura, il terrore perchè  aveva ancora bisogno di gustare ,non importa ,anche se  per l’ultima volta nello sguardo  terrorizzato  della  ragazza il suo potere .Che Romeo debole che virilità traballanteNella ragazza aveva  inconsciamente percepito il suo capro espiatorio .Potrebe esserci un collegmmento con le macerie di un Edipo o di un’ Elettra? Il maschietto si “innamora”o dipende della mamma: in lei si è formato, ne conosce i suoni , gli odori,   la prima buona colazione e il calore dei suoi abbracci alimentando così  un rapporto affettivo che inizia forse prima  nascita  e poi continuerà confuso per troppi anni Durante questa relazione il  bambino vive, oltre naturali sentimenti d’amore, anche momenti di incomprensione e di aggressività nei confronti della mamma. Con la crescita, il piccolo sperimenterà come l’amore verso la mamma sopravviva ai suoi attacchi di rabbia e alla possibilità di liberarsi dal senso di colpa per aver provato sentimenti negativi verso di lei e una mamma che non ha mai goduto di stima non sarà in grado di neanche di opporre qualche santo “no”Verso i 3 anni il percorso affettivo del bambino è segnato dalla consapevolezza che il papà si intromette nel suo rapporto privilegiato con la mamma. Il papà diventa quindi il rivale verso il quale il bambino esprime sentimenti di ostilità e di odio, ma che suscita anche tutta la sua ammirazione . In questa ambivalenza di sentimenti si configura il conflitto edipico, quella relazione a 3 in cui l’amore esclusivo deve fare i conti con l’ odiata e amata figura del papà. In questo periodo il maschietto si mette a corteggiare la mamma, si intromette tra lei e papà ogni volta che si sente escluso, esprime in tutti i modi la sua gelosia mentre è felice quando riesce a occupare il posto del papà e a esprimere la fantasia di voler sposare, da grande, la mamma E’ importante  che in quegli anni i genitori siano molto uniti  fra loro  e fermi nella guida educativa del figlio .Ho rivisitato il complesso edipico perché lo trovo quanto mai attuale . Da quando  la famiglia che si è formata più per finalità pratiche ed economiche  trascurando  da subito nel bambino  il percorso affettivo- emotivo sensuale che influenzato dalle emozioni primarie durerà tutta la vita,   ora vive una profonda crisi .Al presente il padre con cui misurarsi ed elaborare la  relazione con il figlio , per lavoro  è spesso assente e quando rientra è stanco e nervoso .Anche la mamma per lavoro è fuori casa e la vecchia famiglia che era uno spaccato sociale con il neonato ,il bambino l’adulto ,l’anziano non cè quasi più .Invece inizia molto presto il distacco dalla mamma quando ancora necessiterebbe  la sua presenza per la modulazione delle emozioni primarie che non godono ancora del controllo nei loro confronti dei lobi frontali Credo che  nel primo percorso della vita sessuale del bambino molti nodi rimangano irrisolti coinvolgendo le emozioni primarie e i lobi frontali influenzando molto negativamente tutto il percorso  affettivo-emotivo sessuale- del soggetto spesso non aiutandolo a divenire indipendente da paure . aggressività e angosce da separazione  favorendo  ossessioni sessuali. come riscontriamo oggi nella criminalità dove spesso il  soggetto non riuscendo ad esprimere pienamenente la propria sessualità   incolpa e punisce   il parner anche con la morte sia per  frustrazione  sia perchè non deve rimanere traccia della sua debolezza   Non esiste la mamma dell’adulto,solo nei primi tre anni di vita è indispensabile la sua vicinanza al bambino  sempre in  buon accordo con il padre e poi è importantissima la frequenza con tanti coetanei dove fra i più fortunati può nascere un primo amore: la salvezza In questo clima il bambino  avrà più possibilità di elaborare ,le sue emozioni,  le sue esperienze  e vivere crescendo in piena soddisfazione la propria sessualità con amore e senza odio accettando la compagna senza il timore che lei voglia inglobarlo  o abbandonarlo I fantasmi non ci devono essere.

1° Camp orientatori

ASSOCIAZIONE “ VALORE ASSOLUTO”
www.valoreinfinito.it
address: c/o ITS “Romanazzi ,Via Celso Ulpiani 6/a, – 70125 Bari (Italy)
e-mail: info@valorenfinito.it
telephone: +39 080 237440 ; mobile +39 3295788471

L’Associazione Valore Infinito, Tecnopolis ed Consorzio Scuole per l’innovazione, in collaborazione con Regione Puglia, Università di Bari, Politecnico di Bari, Italia Lavoro, Ufficio Scolastico Regionale ( ed altri 4-5 soggetti), promuovono l’incontro:

1° Camp orientatori
Cambiamenti, sfide, competenze per orientare i giovani in Puglia
Venerdì 17 aprile ore 9.30 – 17.00 – Tecnopolis

Sul mondo del lavoro si è abbattuto un vero e proprio tsunami. Un mix inedito di fattori influenzano la vita di tutti.
L’orientamento è divenuto ormai una domanda sociale estesa a sempre più ampie e nuove fasce di popolazione, non più soltanto giovanile.
Formare gli orientatori diventa quindi un atto fondamentale per il futuro, ovvero porsi domande sul nuovo ruolo dell’orientamento e dunque sulle nuove necessità di competenze per gli orientatori.
Laddove praticato, l’orientamento è stato spesso più “marketing” delle agenzie formative volto ad acquisire iscritti, piuttosto che una sfida anzitutto educativa ed un fattore strategico per l’azione di coordinamento delle politiche sociali e lavorative.
Come invertire la rotta ? Ovvero partire dalla centralità della persona, unica e indiscussa protagonista del processo orientativo e consentire che l’obiettivo finale dell’orientamento sia un valido inserimento del soggetto nella società ? … Così che, realizzando le sue personali finalità, contribuisca nello stesso tempo alla promozione del bene comune ?
Il “Camp” è una giornata dedicata agli operatori dell’orientamento delle diverse componenti del sistema ( Istituti Superiori- Enti Formazione Professionale, Università, Centri per l’impiego).
Quale cultura dell’orientamento e quale formazione degli operatori, docenti, personale tecnico, esperti, ecc.? Quali le scelte di fondo, in termini di obiettivi e di strategie, ma anche in termini di investimento di risorse ?
Come affrontare tale sfida anzitutto educativa, punto culminante di ogni processo educativo e formativo, ma anche fattore strategico per l’azione di coordinamento delle politiche sociali e lavorative ?
La situazione contemporanea richiede infatti l’acquisizione di una serie di conoscenze e competenze metodologiche fondate su validi principi teorici, ma soprattutto richiede da parte degli esperti e operatori una serie di abilità, in virtù delle quali:
– siano in grado di comprendere i processi psicologici e sociali che intervengono nelle scelte esistenziali e professionali del soggetto nelle diverse fasi della scelta lungo tutto l’arco evolutivo e i fattori che le guidano;
– di saper interpretare i contesti sociali, particolarmente il mondo del lavoro e le dinamiche che caratterizzano l’andamento occupazionale;
– di conoscere le indicazioni legislative che regolano il sistema educativo e il contesto lavorativo;
– di saper organizzare e gestire servizi di orientamento in relazione alle diverse tipologie di utenza.
Il camp è una prima occasione di apprendimento ed interazione con esperti del settore e tra “pari” per avviare un percorso.
Un occasione per:
-­‐ condividere una nuova visione dei temi del lavoro e dell’orientamento; -­‐ riflettere sulle principali questioni chiave che deve affrontare chi oggi è chiamato a supportare giovani e meno giovani, nelle scelte di studio/formazione/lavoro;
-­‐ ragionare in termini di rete locale, favorire la reciproca conoscenza e nel contempo proporre linee di indirizzo comuni per una strategia locale in materia.
Partecipanti : N. 100 operatori dell’orientamento delle diverse componenti del sistema: Istituti Superiori, Enti Formazione Professionale, Università, Centri per l’impiego. ( sino ad esaurimento dei posti disponibili). Iscrizione gratuita su portale web dedicato.

Programma :
ore 9.00 Apertura Camp
ore 9.30 1° Contributo: Riccardo Ferrari
Lo tsunami del lavoro. Le dinamiche, i cambiamenti dell’era contemporanea. Come vincere le sfide in atto ? Quali motivazioni e competenze ?
Feed back in plenaria
Ore 11.00 2° Contributo : Luisa Adani
La “cassetta degli attrezzi” dell’orientatore.
Feed back in plenaria
ore 12.30 Suddivisione in gruppi di lavoro tematici individuati sulla base dei fabbisogni
ore 13.00 -14.00 pausa pranzo *
ore 14.00 – 15.00
Interventi di : MIUR, Regione Puglia Assessorato Diritto allo studio e formazione, ARTI (Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione della Regione Puglia) Regione Puglia Assessorato al Lavoro)
– 15.00 – 16.00 Gruppi di Lavoro
– 16.00 – 17.30 Feed back in plenaria dei gruppi e conclusione lavori

  • E’ possibile fruire del pranzo presso la mensa self service di tecnopolis al costo di € 7,00 a persona (menù completo).

Di una Dirigenza fasulla e di un legislatore schizofrenico

DI UNA DIRIGENZA FASULLA E DI UN LEGISLATORE SCHIZOFRENICO

di Francesco G. Nuzzaci

 

1-Consumatasi la breve pausa pasquale, la Camera dei deputati e l’Aula del Senato della Repubblica saranno chiamati a dare corpo normativo rispettivamente alla Strepitosa Rivoluzione della Buona Scuola e alla Riforma Epocale della Pubblica Amministrazione, che avrebbero dovuto materializzarsi, quae unico actu perficiuntur, entro il primo e il secondo mese dall’insediamento del Governo Renzi, di fine febbraio 2014, un anno e spiccioli fa.

Nulla però qui diremo sulle possibili ipotesi di questi clamorosi ritardi: contrappuntati dalla produzione di ponderosi dossier – dopo sei mesi – e dalla reiterazione – nella seduta del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2015 , altri sei mesi – di variopinte e accattivanti slide, seguite da tre bozze normative (apocrifa, semiufficiale, ufficiale) nell’arco dei successivi quindici giorni; ovvero segnati dai tempi biblici concessisi dalla Commissione cultura del Senato che solo ora – forse – è in procinto di rimettere all’Aula un testo pressoché identico a quello ricevuto all’incirca (in una quarta e finalmente definitiva versione) dieci mesi or sono.

E nulla diremo né sui singoli contenuti dei due disegni di legge – A.C. 2994/15 e A.S. 1577/14 – né sulle aporie, le omissioni e , soprattutto, la reale fattibilità dei principi normativi che hanno rinforzato, nell’ordine, la dirigenza scolastica e risemantizzato la generale dirigenza pubblica.

Diremo solo, e per l’appunto, dei predetti principi. Che nei testi si evidenziano de plano e/o sono deducibili con agevole operazione ermeneutica semplicemente scorrendone gli articolati: sempreché si stimi conveniente vederli e determinarsi ad agire di conseguenza.

 

2-E’ indiscutibile – concordi del resto tutti i commentatori – che il disegno di legge 2994 fa perno sulla figura del dirigente scolastico per dare piena attuazione al processo di realizzazione dell’ autonomia e di riorganizzazione dell’intero sistema di istruzione. Per cui, nelle more della revisione del quadro normativo di attuazione dell’artico 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, è rafforzata la funzione del Dirigente scolastico per garantire un’ immediata e celere gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali, fermi restando – quale vincolo ineludibile – i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio, nonché gli elementi comuni dell’intero sistema scolastico pubblico.

Queste disposizioni, figuranti nel primo comma dell’articolo 2, sono riprese ed esplicitate nel successivo primo comma dell’articolo 7, rubricato Competenze del dirigente scolastico, laddove è statuito che, nell’ambito dell’autonomia dell’istituzione scolastica, egli ne assicura il buon andamento e, a tale scopo, svolge compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento ed è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio nonché delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti.

Rispetto alla lasca e generica declaratoria che si legge nell’articolo 25 del decreto legislativo 165/01, parimenti intestato ai Dirigenti delle istituzioni scolastiche, ora si rimarcano, anzitutto, con opportuna analiticità – e dunque non più necessitanti lo sforzo, per definizione precario, di doverli dedurre in via interpretativa – i tipici poteri e strumenti d’intervento connotanti ogni figura dirigenziale e a prescindere dal luogo di esercizio della funzione, che si leggono segnatamente negli articoli 4 e 17 del poc’anzi citato decreto, dopo le modifiche e integrazioni di cui al D. Lgs 150/09, c.d. Riforma Brunetta; tra i quali:

1)adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, con correlata responsabilità, in via esclusiva, dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati;

2)attuazione dei progetti e delle gestioni assegnati, con l’adozione dei relativi atti e provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;

3)svolgimento di tutti gli altri compiti delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali;

4)direzione, coordinamento e controllo dell’attività dei dipendenti uffici e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso d’inerzia;

5)concorrenza nell’individuazione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell’ufficio cui si è preposti, anche al fine dell’elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale;

6)gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici;

7)valutazione del personale assegnato ai propri uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della progressione economica…nonché della corresponsione di indennità e premi incentivanti;

8)facoltà di delega, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, di alcune competenze proprie a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici affidati.

Uno o più preannunciati decreti legislativi prefigurano poi, sul punto, l’ulteriore dettagliata regolazione della responsabilità del dirigente scolastico nella scelta e nella valorizzazione del merito del personale docente nonché dell’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali. E prevedono il riordino delle modalità di assunzione e formazione del dirigente scolastico, nonché del sistema di valutazione dello stesso conseguentemente al rafforzamento delle proprie funzioni attraverso:

a)l’assunzione mediante concorsi pubblici nazionali per titoli ed esami nella selezione di candidati in possesso di competenze didattiche nonché manageriali e organizzative adeguate alle nuove funzioni;

b)l’aggiornamento continuo e strutturale, in relazione alle predette nuove funzioni;

c)la valutazione e valorizzazione del merito, anche sulla base dei criteri e modalità adottati per la scelta dei docenti e in base ai miglioramenti conseguiti dalla scuola, con particolare riferimento alla dispersione scolastica e alla valutazione degli apprendimenti.

Alla luce di quanto testé sintetizzato non può più revocarsi in dubbio il fatto che quella svolta nelle istituzioni scolastiche è una dirigenza pleno iure, siccome ora dotata degli inerenti strumenti normativi per essere agita, come peraltro già da tempo posto in luce dalle corti superiori (si vedano, da ultimo e tra i più significativi, Corte dei conti, Sezioni riunite di controllo, 7 aprile 2006 e 14 luglio 2010; Consiglio di Stato, Commissione speciale P.I., n. 529 del 16 ottobre 2013; Corte dei conti per la regione Sicilia, sezione controllo, 4 marzo 2014).

Sicché, e qualora lo siano mai state, risultano, ancor più ora, prive di ogni fondamento giuridico le ardite elucubrazioni, risalenti e ricorrenti alla stregua di un fiume carsico, della dirigenza scolastica come forma differenziata dell’unica funzione docente: pertanto di un dirigente scolastico primus inter pares, semplice coordinatore della didattica in una conviviale comunità scolastica auto consistente e, dunque, autoreferenziale, fondata sulla libertà dell’arte e della scienza e sul loro libero insegnamento, sciolta da qualsivoglia vincolo che non sia quello che sovranamente si determini di autoimporsi.

La norma, invero, è di una chiarezza cristallina: la dirigenza scolastica partecipa di tutti quei profili oggettivi, strutturali e funzionali, della ordinaria dirigenza pubblica, richiedente la comune acquisizione e l’esercizio di generali competenze di tipo manageriale e giuridico-istituzionale, nonché di leadership organizzativa, consistente nella capacità di conseguire gli obiettivi nella chiarezza della mission e della vision, motivando e valorizzando la risorsa fondamentale del fattore umano.

3-Come la Buona scuola, anche la riforma della Pubblica Amministrazione ruota attorno alla rivisitata dirigenza, normata nell’art. 10 dell’afferente citato DDL 1577, al di cui tenore è dirigente – ogni dirigente, a prescindere dal luogo di esercizio della funzione – colui che è attributario di autonomi poteri di gestione di risorse umane, finanziarie e strumentali, che deve combinare in modo ottimale – secondo i criteri di efficienza, efficacia ed economicità – per la realizzazione dello scopo-programma-progetto, non importa se predefinito dal committente politico (paradigma: art. 16, D. Lgs 165/01, per i capidipartimento e direttori generali) o assegnato dal dirigente di vertice (successivo art. 17, per i dirigenti amministrativi e tecnici di attuale seconda fascia) o direttamente prescritto da fonte normativa e con possibilità di ulteriori obiettivi specifici nel provvedimento d’incarico (per i dirigenti scolastici, di pari seconda fascia, preposti alla conduzione di istituzioni scolastiche, enti-organi dello Stato, funzionalmente autonome, secondo il paradigma figurante nell’art. 1, comma 2, D.P.R. 275/99, integrabile con i contenuti della funzione compendiati nell’art. 25 del D. Lgs 165/01, cit.): valendo per tutti l’ esclusiva responsabilità di risultato.

Conseguentemente, vengono istituiti tre ruoli unici (per lo Stato, per le regioni, per gli enti locali), distinti ma coordinati e suscettibili di reciproche compenetrazioni: ciò che importa l’abolizione delle due attuali gerarchizzate fasce, di una dirigenza a carriera garantita, non più compatibili con una dirigenza che si vuole position based, connotata dalla piena interscambiabilità e rotazione degli incarichi in virtù dei titoli e competenze culturali e professionali volta per volta allegabili – e valutabili – da ogni dirigente che aspiri a quell’incarico disponibile e a prescindere dall’amministrazione di provenienza. Con l’ulteriore conseguenza dell’omogeneizzazione delle retribuzioni, quindi della riparametrazione delle inerenti voci tabellari, posizione fissa, posizione variabile e rimodulazione della retribuzione di risultato, nei limiti delle risorse complessivamente destinate dalle vigenti disposizioni legislative e contrattuali, rapportate esclusivamente ai carichi quali-quantitativi di lavoro e inerenti responsabilità.

In un Paese normale dovrebbe risultare pacifico che tutti i connotati dell’appena riscritta dirigenza pubblica si attagliano alla perfezione all’ancor più rafforzata dirigenza scolastica e perciò ne impongono la sua inclusione nel ruolo unico, per l’esattezza nel ruolo unico della dirigenza statale, diversamente non essendoci dirigenza ipso iure, difettando in radice l’obbligato presupposto per l’eventuale collocazione in una delle sezioni interne del medesimo, previste dal DDL 1577/14 per le carriere e/o professionalità speciali, vale a dire per quelle figure dirigenziali connotate da intrinseche peculiarità. Ed è il caso della dirigenza scolastica, per il cui accesso, oltre ai requisiti ordinari per accedere ad ogni dirigenza, è imposta la provenienza dalla funzione docente; evidentemente perché lo stesso Legislatore, con libera valutazione, ha ritenuto e ritiene che chi è preposto alla conduzione delle istituzioni scolastiche debba avere confidenza con i processi educativi, affinità di linguaggio con i professionisti dell’educazione-istruzione-formazione chiamato a coordinare, familiarità con contesti organizzativi contrassegnati da legami deboli, in cui l’interpretazione prevale sull’esecuzione, in luogo dei lineari canoni propri delle procedure prevalentemente standardizzate.

Senonché – in un mirabile capolavoro di coerenza – la Commissione del Senato ha concluso, alla buon’ora, i suoi lavori confermando che dai ruoli unici è esclusa la dirigenza scolastica, con questa stravagante motivazione resa dalla presidente Anna Finocchiaro: Sono inammissibili gli emendamenti, d’iniziativa sia parlamentare che governativa, che rechino disposizioni contrastanti con le regole di copertura stabilite dalla legislazione vigente o estranee all’oggetto dei disegni di legge stessi, come definiti dalla legislazione vigente nonché dal documento di programmazione economico-finanziaria come approvato dalle risoluzioni parlamentari.

In chiaro e prosaicamente: Le risorse finanziarie restano quelle a legislazione vigente e pertanto la loro riparametrazione-redistribuzione non può intaccare gli pseudo diritti acquisiti e cristallizzati di tutte le odierne dirigenze vere, già collocate nelle sette delle vigenti otto aree dirigenziali. Per cui non possono partecipare alla divisione della torta coloro che, gioco forza, devono restare confinati nell’Area quinta a contemplare la loro ineffabile specificità.

Comunque potranno questi contare sull’incremento del Fondo unico nazionale, per il riconoscimento e la valorizzazione delle specificità che ne caratterizzano i compiti e il profilo professionale ( art. 7, comma 7, A.C. 2994, cit.). Peccato però che quella spacciata per le nuove competenze attribuite al dirigente scolastico in realtà è una doverosa – e parziale – reintegrazione del Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e di risultato; che vale solo dal primo settembre 2015 e non sana le decurtazioni imposte dal MEF, e subite dal MIUR, per gli anni scolastici 2012-13, 2013-14, 2014-15, pertanto andati in cavalleria: per cui – secondo conti già fatti da esperti – o dovrà restituirsi quanto in parte già percepito oppure si dovrà rinunciare alla (miserabile) retribuzione di risultato per almeno un paio d’anni. In conclusione, siamo di fronte a uno dei tanti sperimentati giochi di prestigio o, se più piace, ad una tipica operazione da magliari.

4-Uno dei cinque sindacati al momento ufficialmente rappresentativi della dirigenza scolastica ha sottolineato che, pur risultando confermata la sua esclusione dal ruolo unico, si è tuttavia aperto un piccolo spiraglio, in forza di un emendamento minimale che inserisce nel testo licenziato dalla Commissione la salvezza della disciplina speciale in termini di reclutamento e inquadramento della stessa (id est: della dirigenza scolastica). Sicché risulterebbe allontanato il rischio di una esclusione dei capi d’istituto (sic!) dal profilo dirigenziale.

Potrebbe anche essere una chiave di lettura plausibile, dovendosi tuttavia far notare preliminarmente che non c’è da far salva alcuna disciplina speciale poiché quella così qualificabile, contenuta nel previgente art. 29 del D. Lgs 165/01, è stata già abrogata dall’art. 17 del D.L. 104/13, convertito dalla legge 128/13, in favore di una esplicita generale e uniforme disciplina, sia di reclutamento che di formazione, valevole per tutta la dirigenza pubblica, e ora affidata alla neo istituita Scuola Nazionale dell’Amministrazione; che nei concorsi pubblici nazionali per titoli ed esami nella selezione degli aspiranti dirigenti scolastici dovrà certamente accertare le competenze didattiche, ma non di meno quelle gestionali e organizzative adeguate alle nuove funzioni (A.C. 2994, art. 21, comma 2, lett. d, 1).

In realtà, abbiamo fondato motivo di temere che il solo effetto dell’emendamento in discorso sia quello di conservare il mero nomen iuris di dirigenza, che magari con suggestive ridenominazioni continuerà ad essere relegata in una sorta di retrobottega per farvi stazionare l’unico scarto della dirigenza pubblica.

Prendiamo doverosamente atto della presa d’atto del menzionato sindacato, che considera soddisfacente il compromesso provvisoriamente raggiunto ma che conferma l’impegno nel perseguire l’obiettivo del pieno inserimento nel ruolo unico. Ci permettiamo solo una piccola malignità, sperando di non essere nuovamente minacciati di querela e soprattutto di essere in prosieguo smentiti dai fatti: Fino a che punto il suo presidente che è anche presidente di una confederazione di dirigenti veri sarà disposto a spendersi per far valere le ragioni di ottomila cirenei: troppi, ingombranti e pezzenti?

Sono, questi dirigenti veri, pour cause i nemici solari di una dirigenza scolastica che rivendica il suo giusto diritto ad una piena equiparazione normativa e conseguentemente economica.

Di ciò occorre essere consapevoli. Ma occorre esserlo ancor più dei nemici non apertamente dichiarati e per questo più insidiosi. Sono le associazioni sindacali generaliste che, nella percentuale di 100: 1, rappresentano l’indistinto personale di comparto, docenti e ATA, e altresì la loro , qualificata e considerata, controparte, ieri datoriale e oggi padronale, grazie al mirabile autolesionismo della categoria nel rilasciare loro anche doppie o triple deleghe, naturalmente usate poi per eroderne i poteri e per condizionarla in funzione della tutela impiegatizia e massiva dei propri reali referenti. E’ emblematica, da ultimo, la posizione congiunta delle medesime sul disegno di legge della Buona scuola, naturalmente letto a modo loro:

a)La scuola non è un’azienda e la libertà d’insegnamento non può essere messa a mercato e sottoposta a premialità;

b)E’ inaccettabile affidare al dirigente scolastico la chiamata diretta dei docenti e l’attribuzione del salario accessorio legato alla premialità;

c)Tutto ciò che riguarda salario, orario, mobilità, estensivamente diritti e doveri del personale, è materia contrattuale;

d)Riassuntivamente, per evitare danni irreparabili al nostro sistema d’istruzione l’intero disegno va rigettato.

E per intanto hanno indetto, dal 9 al 18 aprile, uno sciopero delle attività aggiuntive di tutto il personale docente e ATA.

Qualcuno ha scritto che non esiste il destino, ma la minaccia di un destino. Conoscere, o almeno essere informati, è premessa imprescindibile per agire al fine di capovolgerlo, dismettendo l’illusione di poter fare affidamento su gratuite benevolenze altrui, per poi continuare ad abbaiare alla luna.

 

Post scriptum

Taluni, trovando affinità tra la dirigenza scolastica e la dirigenza medica, hanno fatto notare che nel DDL 1577 è prevista anche l’esclusione di quest’ultima dal ruolo unico della dirigenza regionale.

A prescindere da ogni considerazione sul fatto che la categoria dei medici ha una considerazione sociale, e per corollario una forza contrattuale, oltre a un trattamento economico, possibilità di remunerazioni aggiuntive e percorsi di carriera incomparabili con quelli dei dirigenti scolastici, mette conto far rilevare che i circa centomila attuali dirigenti medici, suddivisi in quattro fasce, esercitano prevalentemente, se non esclusivamente, il c.d. atto medico, ovvero una funzione tipicamente professionale, di natura squisitamente tecnica, all’interno della struttura organizzativa, cioè privi di compiti di gestione di risorse umane e finanziarie, se non in misura marginale o eventuale in capo a soggetti numericamente circoscritti, come gli ex primari ospedalieri che, pur preposti alla conduzione di strutture dipartimentali complesse, hanno comunque anch’essi, come funzione preponderante, il compimento del predetto atto medico.

E già che ci siamo potremmo incidentalmente aggiungere che sono dei professional anche gli odierni dirigenti tecnici, compresi i dirigenti tecnici del MIUR, già ispettori scolastici e poi ispettori tecnici, che sicuramente non gestiscono risorse umane e finanziarie e che spesso sono del tutto privi di una minima struttura fisica da governare, in ordine ai quali non è però in discussione la loro appartenenza al previsto ruolo unico!

Per contro, quella scolastica non può di certo qualificarsi come dirigenza professionale (di per sé una sorta di ossimoro), quasi che la sua funzione fosse quella di un maestro o di un docente disciplinarista, giustamente fondata sull’insegnamento con quel che lo integra e lo supporta: che costituisce il contenuto tipico della funzione docente (cfr. art. 395 del D. Lgs 294/97 e artt. 26 e 27 CCNL Scuola), distinta dalla funzione direttiva di ieri (cfr. art. 396 dello stesso decreto) e dalla funzione dirigenziale di oggi (cfr. art. 25 del D. Lgs 165/01 e art. 1 del CCNL dell’Area quinta della dirigenza scolastica).

La interpretazione quantistica della percezione

La interpretazione quantistica della percezione ed il cambiamento di conoscenze nella scienza e nell’ arte contemporanea.

Paolo Manzelli : egocreamnet2012@gmail.com

Abstract: I processi cognitivi sono frutto del calcolo di probabilita’ Il cervello similmente a un computer quantistico confronta le diverse probabilita’ della costruzione di immagini e scenari per dare soluzione alle nostre stimolazioni sensoriali. Nella eventualita di probabilita’ percettive equivalenti si evidenziamo illusioni ottiche . Pertanto lo studio di ambiguità ci fornisce alcune valide indicazioni su come l’attività probabilistica del cervello quantistico possa tradursi in scelte coerenti. Immagini bidimensionali identiche anno maggio probabilita’ di altrenanza in quanto un’immagine (2-D) è compatibile con più interpretazioni 3-D.


 

→ Considerazioni sulla “Quantum Brain Theory” .

QUANTUM-BRAIN : ORGANIZZAZZIONE PROBABILISTICA della PERCEZIONE CEREBRALE

 

Rudolf Arnheim nel suo libro “Il pensiero visivo” scrive:

“..le operazioni cognitive chiamate pensiero non sono privilegio dei processi mentali posti al di sopra e al di là della percezione, bensì gli ingredienti essenziali della percezione stessa”.

In realtà si tratta di un unico procedimento probabilistico di decodifica / codifica nella costruzione cerebrale dell’immaginenel nel quale la percezione e il pensiero interagiscono agendo entrambi sulla probabilita’ quantistica : pertanto i nostri pensieri influenzano quanto vediamo e viceversa. Ad es l’ idea che naturalmente la luce provenga influenza la nostre scelte su la percezione di concavo o convesso.

Ogni immagine visiva in evidenza come la percezione del rapporto delle informazioni relative alla figura e sfondo vengano a caratterizzarsi per tramite le probabilita’ di “coesistenza e separabilita”, che permettono di mettere a fuoco e porre attenzione ad una situazione percettiva. I rapidi movimenti oculari (saccadi) corrispondono a programmi per i quali la visione dipende da un processo a piu’ livelli di scelta ee elaborazione quantistica delle informazioni.

Se infatti non esistesse nessuna forma di contrasto tra le probabilita’ di informazione di grandezza forma e colore, la figura risulterebbe del tutto impercettibile. Della non facile distinzione della probabilita’ di percezione sulla figura rispetto allo sfondo trae agevolazione il “mimetismo”.

Alcuni rapporti equivalenti tra le probabilita’ di informazione tra figura e sfondo generano illusioni ottiche . Inoltre nella dinamica della percezione il cervello completa ovvero annulla i contorni della figura per permettere la stabilita percettiva delle informazioni dinamiche provenienti da varie angolature e varie situazioni dinamiche.

Il nostro cervello “scommette” sulla probabilita’ che le cose stiano in un certo modo e quindi produce scenari percettivi che creano il crash dell’incertezza nella previsione di cio’ che percepiamo a volta facendoci cadere nella trappola delle illusioni ottiche.

Il neurologo Semir Zeki, ritiene che la pittura moderna sia assimilabile ad una scienza applicata delle funzioni cerebrali che tendono ad interpretare e comunicare la percezione cerebrale. l cervello infatti non elabora le immagini nella loro oggettivita ed interezza , ma le genera come organizzazione di probabilita’, le quali poi vengono sicronizzate dal ricorso alla memoria che ne determina la scelta piu ottimale. Semir Zechi sottolinea come i grandi artisti ( vedi ad es. il Sorriso della Gioconda di Leonardo da Vinci) sappiano sfruttare le ambiguità percettive per dar vita a una forte attrazione empatica della propria opera.

 

Le probabilita’ illusorie non sono solo quelle ottiche ma vi sono anche quelle uditive, tattili, olfattive e, e purtroppo dobbiamo considerare attentamente le illusioni di ordine cognitivo che ci allontanano dalla realta’.

Con la Teoria del Quantum Brain, sappiamo che il cervello pertanto non vede ma “prevede” scenari probabilistici sulla base di una innata tendenza alla preveggenza del futuro .

Questa concettualita’ finalizzata alla previsione è stata il punto di forza della scienza dei tempi antichi , ha trovato un suo limite nel riduzionismo della concezione meccanicistica della scienza accademica contemporanea , che pertanto e’ rimasta cristallizzata in una illusione cognitiva basata sulle limitazioni cognitive di “meccaniche” che sono strettamente correlate alla struttura dello spazio-tempo Euclideo.

Oggi sappiamo che il Cervello Quantistico genera scenari di probabilita’ percettiva. Pertanto la visione dell’ ambiente è una rappresentazione virtuale che descrive la probabilita’ delle possibili future interazioni tra il nostro corpo e l’ ambiente che ci circonda.

Potremo pertanto creativamente superare l’ormai obsoleto riduzionismo cognitivo della accademia, potenziando la creativita’ concettuale ed la innovazione operativa con il progetto BREAK -CREATIVE EUROPE 2015, sviluppando nuove modalita’ di pensiero quantistico ad elevata responsabilita sociale valorizzando espressione scientifica ed artistica quantistica anche mediante con la utilizzazione delle emergenti tecnologie di comunicazione della Realta Aumentata.

Questa strategia cognitiva promossa dal programma BREAK / di EGOCREANET e collaboratori, ci rendera capaci di definire una nuova visione prospettica dello sviluppo concettualmente “olistico” , determinante per un futuro migliore e piu’ cosciente.

Sulla base questi considerazioni ed obiettivi della “Quantum Brain Theory” , produrremo il Progetto Europeo dal titolo “BREAK” aperto ad un esteso Partenariato internazionale , per favorire una pausa di riflessone che consenta di ripensare e di riorganizzare i processi cognitivi sulla base di una elevata responsabilita sociale della scienza e della innovazione.

 

 

 

 

 

BIBLIO ON LINE :

 

QuantumBrain and Art : http://www.caosmanagement.it/52-quantum-art-science-augmented-reality

http://www.egocrea.net/quarte/wp-content/uploads/2014/07/QUANTUM_BRAIN_Paolo_Manzelli.pdf

Animated ANIMADED ILLUSIONS: http://www.moillusions.com/

Optical Illusions : http://michaelbach.de/ot/

Semir Zeki- Neuro-estetica : http://www.c-arte.it/uk/htm/eventi/11/w_on_w/w_on_w.htm

Quantum Brain and Nanosynapses :

http://www.nanopaprika.eu/forum/topics/quantum-brain-and-nano-synapses

F. Kay, La corsa del vento

Ancora tempo di grandi scrittori

di Antonio Stanca

kayDella scrittrice di lingua inglese Francesca Kay si sa soltanto che è cresciuta tra il Sud-Est asiatico e l’India, che in seguito è stata in Giamaica, negli Stati Uniti, in Germania, in Irlanda e che attualmente vive con la famiglia, il marito e tre figli, ad Oxford.

La corsa del vento è stato il suo primo romanzo nel 2009. In Italia è stato pubblicato nel 2011 dalla casa editrice Bollati Boringhieri di Torino e a Gennaio del 2015 è stato ristampato dalla stessa casa editrice nella serie “Le Piccole Varianti”. La traduzione è di Giulio Lupieri. Altri romanzi ha scritto la Kay e come nel primo centrale risulterà in essi la figura femminile, la donna vista nel rapporto con l’uomo, l’amore, la famiglia, la religione, la vita, la storia in un periodo, il XX secolo, che tanti cambiamenti ha comportato, tanto ha significato per lei, per i suoi diritti, le sue esigenze, il suo riscatto dalla condizione di dipendenza dall’uomo che durava fin dall’antichità. Una donna libera, nuova, una donna animata da proprie aspirazioni, ambizioni, dagli entusiasmi che i tempi moderni avevano diffuso ovunque vorrebbe rappresentare la Kay nelle sue opere ma deve constatare che non ancora completata è quella liberazione, non ancora la donna, pur se giunta al XX secolo, può dirsi del tutto affrancata dai pesi che per tanto tempo sono gravati su di lei. Sospesa si trova tra antico e nuovo, dipendenza e libertà, obbedienza e rifiuto, secondo e primo piano e in questa condizione la scrittrice mostra le sue donne, intorno ad esse costruisce vicende articolate, complesse e le esprime con un linguaggio così sicuro, appropriato, aderente alle tante situazioni rappresentate, alle loro tante particolarità da farle apparire vere, naturali, farle scorrere con facilità, farle sentire vicine a chi legge, fargliele vivere.

Questo avviene pure ne La corsa del vento, anzi per la giovane protagonista inglese Jennet ancora più grave è lo stato di sospensione, di divisione tra vecchi e nuovi tempi, tra i richiami, i doveri di figlia, moglie, madre e il suo bisogno di evasione. Più delle altre donne della Kay soffre Jennet poiché fin da bambina si è istintivamente sentita incline a disegnare, dipingere, tradurre in colori, in immagini, in figure quanto le si offriva allo sguardo e fin da allora ha lottato per avere il tempo, il luogo, il modo necessario per farlo. Sposerà David già noto per la sua attività pittorica, già molto stimato per i suoi quadri negli ambienti culturali londinesi, avrà dei figli, vivrà con la famiglia a Londra e poi in altri posti della sua Inghilterra. Vi si trasferirà quando, diventata anche lei pittrice di successo, cercherà i luoghi, le condizioni ideali per dipingere . La sua pittura rifletterà i vari momenti, ambienti della sua vita, li rappresenterà, li tradurrà in immagini, colori che ne faranno dei simboli dal significato esteso, universale. Opere d’arte diventeranno i quadri di Jennet, le commissioni, le mostre si susseguiranno con un ritmo sempre crescente e in città sempre diverse. Diventerà famosa anche oltre i confini inglesi ma intanto si ripresenteranno i problemi della famiglia e le chiederanno tempo e applicazione nonostante i suoi impegni. In casa c’erano situazioni particolari, il marito era indifferente, estraneo ad ogni responsabilità e ormai vittima dell’alcol, una figlia cresceva male, i genitori erano invecchiati, ammalati e lontani. Ma anche se artista di fama mondiale, anche se sola Jennet non si sottrarrà a questi doveri, li svolgerà mostrando che l’amore per sé, per la sua arte, non superava quello per gli altri, per la vita. Continuerà ad amare anche il marito che tanto l’aveva delusa, negherà l’evidenza, crederà sempre possibile recuperare i loro vecchi tempi, i loro passati entusiasmi e ricostruire il loro rapporto, la loro famiglia. Un amore così vasto era simile a quello che Jennet aveva per la pittura, per i suoi paesaggi, per le luci, i colori dei suoi cieli, dei suoi mari, dei suoi fiumi, dei suoi laghi, dei suoi boschi, dei suoi monti, delle sue valli, delle sue albe, dei suoi tramonti. Questi spazi infiniti aveva sognato da bambina ed ora li aveva raggiunti non solo come artista ma anche come donna, non solo nei quadri ma anche nella vita. Senza limiti era diventato il suo amore, a nessuno lo voleva negare, di tutti voleva essere, nessuna divisione ammetteva, nessuna differenza poneva. E soltanto in nome di tanto amore si spiegano gli altri uomini che Jennet accoglierà nella sua vita, non saranno amanti perché solo amore lei cercherà.

Morirà dipingendo Jennet, morirà amando e con la sua fine la Kay concluderà il romanzo. Una biografia romanzata di Jennet risulterà questo, tutta la sua vita ha voluto percorrere la scrittrice senza tralasciare quella del suo tempo. Un’epoca intera, dalla prima alla seconda guerra mondiale agli anni ‘90, scorrerà nell’opera insieme alle vicende della protagonista. Uniche e multiple saranno queste, un’immensa costruzione sarà La corsa del vento, un’opera dalle alte qualità di contenuto e di forma quale poteva venire solo da una grande scrittrice, di quelle capaci di raggiungere effetti lirici, visivi, musicali pur nella prosa narrativa.

Con #riformabuonascuola il preside diventa il dominus assoluto della scuola-azienda

da La Tecnica della Scuola

Con #riformabuonascuola il preside diventa il dominus assoluto della scuola-azienda

 

A sostenerlo è Vito Meloni, responsabile scuola PRC-SE: se passa il ddl, il potere assegnato al dirigente scolastico sarà illimitato. È lui ad elaborare il Pof, a scegliere gli insegnanti, a valutarli, a determinare il suo staff e ad elargire premi. Le assunzioni? Dovevano essere molte di più e una parte si realizzano su “finto organico funzionale” con docenti di serie B.

Il Governo Renzi vuole introdurre la scuola-azienda, con i dirigenti a spadroneggiare: è questa la sintesi prodotta da Vito Meloni, responsabile nazionale scuola PRC-SE, a proposito del disegno di legge varato dal Governo (“dopo mesi di annunci, finte consultazioni, notizie contraddittorie, ripetuti rinvii”) e solo da pochi giorni approdato alla Camera, dove si sono svolte le prime audizioni presso la Commissione Cultura congiunta con quella del Senato.

“La scelta del governo è netta”, sostiene Meloni: “trasformare definitivamente le nostre scuole in aziende, capeggiate da un preside-manager dotato di poteri enormi sia sulla gestione del personale che sugli stessi contenuti della didattica, con il definitivo azzeramento delle prerogative degli organi collegiali democratici ridotti al più ad organismi da ‘sentire’ o da ‘consultare’”.

Per l’esponente del PRC-SE sta arrivando a compimento il “disegno regressivo avviato, dapprima timidamente, con l’autonomia scolastica e, in seguito, con ben maggiore determinazione con le controriforme Moratti e Gelmini. Anzi, la proposta del governo si spinge perfino oltre l’indecente disegno di legge Aprea, approvato da una delle Camere nella passata legislatura grazie all’apporto determinante del PD e bloccato dalle mobilitazioni di studenti, insegnanti e cittadini”.

“Il potere assegnato al dirigente scolastico, infatti, è pressocchè illimitato: è lui ad elaborare il Piano dell’offerta formativa “sentito il Collegio dei docenti e il consiglio d’istituto”, è lui a scegliere per chiamata diretta gli insegnanti del cosiddetto organico funzionale da un albo distrettuale, è sempre lui il titolare della valutazione dei docenti, è ancora lui a scegliersi il suo staff e ad elargire premi economici ad una parte dei docenti. Un vero e proprio dominus assoluto della scuola”.

Secondo Meloni, invece, “concetti come partecipazione e condivisione sono in tutta evidenza sconosciuti al nostro presidente del consiglio e al suo governo, ancora più sconosciuti – o meglio, considerati pericolosi impacci da evitare – i concetto di diritti, regole e democrazia.

A completare il disegno, c’è l’asservimento di interi pezzi dell’istruzione alle esigenze delle imprese. Non solo con l’esaltazione dell’alternanza scuola-lavoro ma con l’incredibile previsione della costituzione di “laboratori per l’occupabilità” in collaborazione con enti e imprese private”.

“Non poteva mancare, ovviamente, – continua – l’ennesima incostituzionale elargizione di fondi alle scuole paritarie private, sollecitata da un manipolo di deputati della maggioranza che, con grande spregio del senso del ridicolo, sono arrivati ad iscrivere d’ufficio nelle schiere dei sostenitori delle scuole private Don Milani, Maria Montessori e Antonio Gramsci. Altri 200 milioni di euro che si aggiungono al fiume di denaro che, direttamente o indirettamente, Stato, Regioni ed Enti Locali versano nelle casse delle scuole private”.

Un discorso a parte merita la questione dell’assunzione dei precari. Il documento diffuso dal governo per la finta consultazione prometteva 148.100 assunzioni tra i docenti con tanto di tabelle dettagliate a dimostrazione di una presunta accuratezza di calcolo. Dopo il tira e molla dei giorni scorsi i numeri si sono fortemente ridimensionati, arrivando, forse, si e no a 100.000 unità. Sembrano una enormità, dopo anni di assunzioni con il contagocce, ma non arrivano nemmeno a coprire tutti i posti effettivamente disponibili e, a quanto pare, potrebbero essere effettuate solo in parte per il prossimo anno scolastico mentre il resto sarebbe rinviato a quello successivo”.

“Senza contare – dice sempre Meloni – che una parte di queste assunzioni sarebbero legate al finto organico funzionale, con meno tutele e meno diritti. Di fatto insegnanti di serie “B”. Una beffa per i tanti precari che avevano sperato nella fine delle loro peregrinazioni da una scuola all’altra cui annualmente sono costretti per garantire il funzionamento del sistema”.

L’esponente di Rifondazione, infine, sostiene che “tra gli elementi più pericolosi contenuti nel disegno di legge c’è il ricorso alla delega per una quantità infinita di materie senza indicazioni stringenti dei limiti della delega stessa, come già è avvenuto con il Jobs Act. Di fatto, una delega in bianco a riscrivere l’insieme delle regole che presiedono al governo delle scuole.

Tra queste, quella relativa alla “istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni” che riprende l’impostazione di un disegno di legge della Puglisi, parlamentare e componente della segreteria del PD. Con questo anche la scuola dell’infanzia, unico segmento scolastico che grazie alle lotte di insegnanti e genitori era rimasta immune dalla furia devastatrice della Gelmini, verrà di fatto trasformata in un servizio a domanda.

Occorre quindi apprestarsi ad una dura battaglia di opposizione, nelle piazze e nelle scuole, coalizzando le forze di quanti, e sono tantissimi, pensano che – conclude Meloni – la scuola debba saldamente ancorata alla Costituzione”.

Pasqua di risurrezione e di rispetto

PASQUA DI RISURREZIONE E DI RISPETTO

di Vincenzo Andraous

 

Forse il mondo ha ereditato il suo inizio

dal rispetto per il pianto di un bimbo,

per il bene che non è mai scontato,

per le parole che chiamano per nome.

Rispetto che non tradisce,

mai scompare,

neppure quand’è oppresso

dalla cecità della rabbia,

dalle rese annunciate

dei padri e delle madri,

dei popoli che disconoscono

i carichi delle disattenzioni,

delle pratiche disamorate,

dei colpi inferti dall’indifferenza.

Rispetto per il legno contorto,

per i chiodi arrugginiti,

per le braccia sospese a mezz’aria,

per quanto rimane della compassione.

Rispetto per chi arranca,

per chi inciampa,

per chi cade,

per coloro che non sanno reagire,

calpestati e dimenticati.

Rispetto per gli eroi,

non quelli di carta pregiata,

per gli altri,

annientati,

non ci sono più.

Rispetto per gli innocenti

sovente senza giustizia,

i colpevoli in ginocchio

a pagare con dignità.

Rispetto per chi onora il patto di lealtà,

per chi non fugge al vicolo cieco,

per chi cammina al centro della propria strada,

per chi non frequenta mansueto

le fosse scavate a misura.

Rispetto per le donne, i bambini, gli anziani,

per chi non può difendersi,

per chi rimane indietro,

per chi non ce la fa,

per chi non ha più voce e

disturba nella sua presenza,

chi volge lo sguardo da un’altra parte.

Rispetto per le cose, le parole, i numeri,

le persone che non sanno contare,

ma sanno amare senza applauso di ritorno.

Rispetto per chi non è capace di salvarti

ma ti aiuta a ben camminare,

per chi non crede ma non ti maledice,

per chi s’appassiona e

non s’accontenta di sopravvivere.

Rispetto per le emozioni,

disegnate radiose sulle labbra,

le altre circoncise al basso dello sguardo,

emozioni dispiegate al vento,

non stanno prigioniere dell’ormeggio,

scivolano dietro le spalle,

dove sta eretta la colonna vertebrale,

liberano dai ceppi, dai pesi onnipotenti,

dalle mimetizzazioni commiseranti.

Rispetto per i più giovani,

imbizzarriti,

claudicanti,

ragazzi dai passi perduti,

traditi e feriti,

una volta ancora,

per non avere imparato a chiedere aiuto.

Rispetto per le tante assenze

sparse all’intorno,

risorgono, fanno presenza,

nella nostra umanità

derelitta e sconfitta.

Rispetto per la Croce

che non ha mai fatto del male,

per quell’Uomo che il male l’ha ricevuto.

Rispetto per quella mano sconosciuta

che improvvisamente si tende,

stringe forte la tua,

sradicandoti letteralmente

dal buco nero profondo.

Rispetto, occorre rispetto

in questa Santa Pasqua,

tutto l’ amore di cui siamo capaci

per tentare di essere persone migliori.

Pasqua della Scuola

PASQUA DELLA SCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 446 Resurrexit Schola et erit Bonaschola!

Papa Francesco, non credo sia blasfemia.

Questa cantata mia.

Ci vuole un miracolo per rinnovare la Scuola!

Un grande miracolo.

Solo Cristo potè sopportare le pene di Cristo.

Non chiediamo troppo a questi nostri poveri giovani cristi.

A questi nostri bimbi, a questi nostri fanciulli, a questi nostri adolescenti, a queste nostre giovinette.

Il loro cammino scolastico è cosparso di spine.

E che spine!

Silenzi tombali.

Immobilità cadaveriche.

Pene dell’inferno.

C’est la vie.

C’est l’ècole!

L’ècole de la leçon.

La Buona Scuola!

Alzati e cammina.

Alzatevi, o studenti!

Alzatevi e muovetevi nella vostra scuola laboratoriale.

Questa è la Pasqua.

Pasqua della rinascita.

Nuova nascita della scuola.

Perchè la scuola era nata buona.

È solo con la Controriforma che la scuola rinasce male.

Perinde ac cadaver, dissero i Gesuiti.

E così è stato.

E così è.

Ma ora basta.

Ora c’è Papa Francesco!

Ed in Piazza San Pietro egli ha parlato.

Ed il suo discorso io ha già commentato.

Una nuova scuola deve nascere.

La scuola di Don Milani.

La scuola laboratoriale.

La scuola della ricerca, della riscoperta, della invenzione, della costruzione dei saperi.

La scuola della cooperazione.

La scuola dei gruppi docenti.

La scuola della valutazione formativa.

La Scuola materna agazziana.

La Casa dei bambini montessoriana.

La Scuola dei Tablet.

La scuola senza lezioni.

La scuola senza punizioni.

La BUONASCUOLA delle resurrezioni.

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − voce da cercare