Def, così aumenterà la spesa per anziani e disabili nei prossimi 45 anni

da Superabile

Def, così aumenterà la spesa per anziani e disabili nei prossimi 45 anni

Nel documento varato ieri dal Consiglio dei ministri è previsto un aumento costante dall’1,1% all’1,6% del Pil fino al 2060 per le “cure a lungo termine”. Riferimenti anche a “razionalizzazione” della spesa per l’invalidità, semplificazione burocratica, Lea e autismo

ROMA – La popolazione invecchia, la spesa per l’assistenza aumenta e continuerà ad aumentare, per i prossimi 50 anni. E’ quanto emerge dalla bozza del Documento di economia e finanza, varato ieri sera dal Consiglio dei ministri. Di spesa per l’assistenza “a medio e lungo termine” (long-term care, Ltc) si parla infatti nella sezione dedicata alla “Qualità delle finanze pubbliche”, in cui vengono riportate le previsioni di medio-lungo periodo relative a cinque componenti di spesa pubblica connesse all’invecchiamento (la cosiddetta “spesa age-related”): la spesa pubblica per pensioni, la spesa sanitaria, quella per l’assistenza di anziani e disabili a lungo termine, la spesa per l’istruzione e quella per ammortizzatori sociali. Di queste cinque voci, quella relativa all’assistenza per persone anziane e disabili è l’unica per la quale di prospetta una costante crescita, fino al 2060. Per la precisione, si passa gradualmente dall’1,1% del Pil del 2015 all’1,6% del 2060. Tale spesa, precisa il documento in una nota, “è composta per circa 4/5 dalle indennità di accompagnamento e per circa 1/5 dalle prestazioni socio-assistenziali erogate a livello locale”.

Andamento discontinuo, invece, per le altre quattro voci di spesa (pensionistica, sanitaria, istruzione e disoccupazione), che presenteranno fasi di crescita, alternate ad altre di contrazione. La spesa pensionistica, per esempio, passerà dal 15,8% attuale al 13,8% nel 2060, mentre quella sanitaria salirà dall’attuale 6,8% fino al 7,6% del 2060, passando però per momenti di contrazione (6,6% nel 2020). In calo pressoché costante la spesa per l’istruzione, che passerà dal 3,7 al 3,5%, come pure quella per le indennità di disoccupazione (dallo 0,7% allo 0,6%).

Altro riferimento alla spesa per anziani e disabili è contenuto nelle ultime pagine del documento, dove si parla di invalidità: “per quanto riguarda la spesa sociale – si legge – proseguirà la razionalizzazione della spesa per invalidità, finalizzata ad eliminare differenze inter regionali e intra regionali non giustificate e sarà sviluppato un nuovo modello di assistenza sociale più equo, che ottimizzi il coordinamento tra gli enti preposti (Inps, comuni, Asl)”.

A tal proposito, anche il Programma nazionale di riforma (Pnr), una delle sezioni del Def, contiene riferimenti alla indennità previste per l’invalidità: nella sezione “Agenda per la semplificazione 2015-2017”, infatti, alla voce “Welfare e salute” si fissa l’obiettivo di “semplificare gli adempimenti per le persone con disabilità; assicurare a tutti i cittadini la prenotazione delle prestazioni sanitarie per via telematica o per telefono e l’accesso ai referti online o in farmacia. In questo modo si eliminano file inutili e si riducono costi e perdite di tempo per milioni di italiani”. Tra le azioni principali, “l’eliminazione delle duplicazioni nella richiesta delle certificazioni sanitarie per l’accesso ai benefici entro il 2015”.

Sempre nel Pnr, si fa riferimento ad altri due capisaldi delle politiche per la disabilità: la riforma dei Lea e la legge per l’autismo. Il ministero, si legge, “dovrà dotarsi dei dati necessari per la costruzione degli strumenti di monitoraggio sistematico dei livelli essenziali di assistenza”, che devono essere aggiornati “per adeguare l’attività assistenziale alle innovazioni cliniche e tecnologiche verificatesi negli ultimi anni, in specie nelle aree dell’assistenza specialistica e dell’assistenza protesica ai disabili”. Sono inoltre da “potenziare le attività socio-sanitarie svolte a favore della popolazione non-autosufficiente e con condizioni di fragilità”. L’aggiornamento dei Lea è previsto, nel relativo cronogramma, tra il 2015 e il 2016.

La legge sull’autismo. Per quanto riguarda il ddl sull’autismo, già approvato dal Senato, esso si basa su “due criteri cardine: l’importanza cruciale della diagnosi precoce e l’attivazione di servizi di terapia riabilitativa intensiva”. Le regioni e le pubbliche amministrazioni “possono individuare centri di riferimento per coordinare i servizi, stabiliscono percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti verificandone l’evoluzione”. Il ddl prevede anche “azioni volte a promuovere la presa in carico e l’integrazione sociale e lavorativa delle persone con disturbo dello spettro autistico”. L’entrata in vigore della nuova “legge cornice” è prevista, anche questa, tra il 2015 e il 2016. (cl)

(11 aprile 2015)

Olimpiadi di italiano, assegnate le medaglie ai campioni della lingua italiana

Olimpiadi di italiano, assegnate le medaglie ai campioni
della lingua italiana

Sono stati assegnati questa mattina, nella Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze, i premi per le Olimpiadi della Lingua Italiana, manifestazione organizzata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca giunta alla sua quinta edizione.
A salire sul palco, i dodici studenti che hanno mostrato la migliore capacità di scrittura, di sintesi, di comprensione del testo e una conoscenza approfondita della struttura della nostra lingua nelle diverse sezioni della competizione. La finale si è svolta ieri, sempre a Firenze. Alla prova hanno partecipato 84 studenti provenienti da tutta Italia e dalle scuole italiane all’estero (4). A premiare i vincitori, il Sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi che ha espresso “orgoglio per i numeri di una manifestazione che cresce ogni anno e dimostra grande qualità della scuola italiana”.

Soddisfazione per la grande partecipazione (a tutte le varie fasi di selezione hanno aderito quasi 25.000 studenti, 24.920, circa diecimila in più rispetto alla precedente edizione) è stata espressa anche dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. “Le Olimpiadi di italiano non sono semplicemente una gara di competenza linguistica, ma la testimonianza di come la nostra scuola sia consapevole del fatto che la lingua è il principale strumento di espressione della nostra identità ed è strumento di uguaglianza, come diceva Don Milani”, ha detto il Ministro nel video messaggio inviato per la premiazione.

Questi i nomi dei vincitori i cui profili sono disponibili sul sito www.olimpiadi-italiano.it

Podio sezione Senior Italia

  1. Giulia Fabiani Liceo G. Prati, Trento
  2. Alessandro Iacovetta Isis Majorana-Fascitelli, Isernia
  3. Simone Francescangeli Liceo Socrate, Roma

Podio sezione Junior Italia

  1. Lorenzo Dutto Liceo Peano-Pellico, Cuneo
  2. Barbara Balcon Liceo Calasanzio, Carcare (Sv)
  3. Simone Corbo Liceo Galilei, Potenza

Podio triennio estero Senior

  1. Carolina Quadrado Bastos Liceo della Scuola statale italiana di Madrid

Podio Triennio estero Junior

  1. Piero Alberti Scuola europea di Frankfurt am Main

Podio Istituti Professionali Junior

  1. Emily Zannotti Ipsaa S. Salvati, Monteroberto (An)

Podio Istituti Professionali Senior

  1. Corinne Pistritto IIS A. Moncada Lentini (Sr)

Podio Istituti Tecnici Junior

  1. Lucrezia Pacorini Isis D’Annunzio Fabiani, Gorizia

Podio Istituti Tecnici Senior

  1. Gianni Antonelli Itis Vallauri,Velletri (Roma)

Il portale delle Olimpiadi
www.olimpiadi-italiano.it

Il dirigente al passo con i tempi

ANDIS – ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIRIGENTI SCOLASTICI
– PUGLIA –

SEMINARI FORMATIVI – CONCORSO DIRIGENTE SCOLASTICO

Sabato 11 aprile 2015
ore 16.00-19.00

Dario Cillo, Il dirigente al passo con i tempi

fare_ds2015

  • Le tecnologie multimediali al servizio dell’apprendimento
  • Un utile vademecum del nuovo dirigente scolastico

L’incontro si terrà c/o l’I.C. “Eleonora Duse” di Bari
Strada San Girolamo, 38 – Uscita n. 4 Tangenziale 16/bis direzione Foggia-Barletta

“The simple interview”, un video che parla di sindrome Down con leggerezza

“The simple interview”, un video che parla di sindrome Down con leggerezza

Giacomo Mazzariol ha 18 anni e vive a Castelfranco Veneto con mamma, papà, due sorelle e Giovanni, il fratello di 12 anni con sindrome di Down. Per la Giornata Mondiale della Sindrome Down 2015 ha realizzato un video che sta spopolando sul web: si chiama “The simple interview” e racconta un colloquio di lavoro surreale. Giovanni arriva con una valigetta nera, in completo scuro e papillion, dentro la 24ore però ci sono pupazzi e caramelle. Non ha nessun requisito per ottenere quel posto, anche se nega di saper fare cose che in realtà è in grado di fare in modo semplice. Quel lavoro non lo vuole, il filmato si conclude con il ragazzo che offre una caramella e se ne va. Giovanni e Giacomo, John e Jack , sono una coppia di fratelli inseparabili e Giacomo ha deciso di farlo sapere a tutti, rendendo pubblico il suo affetto per il fratello.

Giacomo scrive della sindrome di Down: “Down vuol dire che sei autentico, Gio, che non ti ricordi di andare a prendere un libro in camera, ma non ti dimentichi mai la faccia delle persone che ti hanno voluto bene. Down vuol dire che non indossi maschere, che sei vero in ogni situazione e non ti fai modificare dall’ambiente, ma anzi lo modifichi ogni secondo. Down non vuol dire che sei distratto, ma vuol dire che reputi ogni piccola cosa interessante e ci finisci dentro, di qua e di là, perché solo tu apprezzi veramente il mondo, finendo per concentrarti su ogni piccola bellezza. Down vuol dire avere delle difficoltà insuperabili, ma avere il coraggio di conviverci, di riderci e di costruire un infinito limitato, dentro a dei paletti, così che sia profondo, veramente profondo”.

100 e lode alla maturità? Sarai manager, avvocato o medico

da La Stampa

100 e lode alla maturità? Sarai manager, avvocato o medico

I dati dell’Anagrafe Nazionale Studenti del Miur

Economia, Giurisprudenza e Medicina sono le scelte della maggior parte dei Maturi con 100 e 100 e lode che approdano all’università. È quanto emerge da una ricerca di Skuola.net sugli ultimi dati dell’Anagrafe Nazionale Studenti del Miur a cura del Cineca sulle immatricolazioni all’università 2013-2014.

Secondo l’analisi, quasi il 20% dei 13.200 diplomati eccellenti presi in esame si è diviso abbastanza equamente tra i corsi delle classi di laurea in Scienze dell’Economia e della Gestione Aziendale e in Giurisprudenza. La terza preferenza? Senza dubbio Medicina: è la scelta di circa il 7%, seguita dalle lauree di Ingegneria Industriale (6%) e Lingue (5%).

Allo stesso tempo, esistono aree di studio a cui 100 e i 100 e lode non sembrano interessati. Rasenta infatti lo zero la percentuale degli immatricolati ai corsi della classe di laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. Quasi nulla la quota di chi ha scelto Scienze della Pianificazione Territoriale, Urbanistica, Paesaggistica e Ambientale. Lo stesso di può dire per Scienze della Difesa e della Sicurezza e, ancora, per Diagnostica per la Conservazione dei Beni Culturali.

Può anche capitare tuttavia che gli ex primi della classe si ritrovino a dividere la propria strada con i ragazzi «da ultimo banco». I diplomati con un punteggio tra il 60 e il 69, infatti, non si sentono da meno dei loro compagni da 100 e lode e scelgono soprattutto i corsi di Economia e Giurisprudenza. Sui 62mila immatricolati 2013-2014 diplomati con questa fascia di voto contati dall’Anagrafe Nazionale Studenti, ben l’11% ha scelto Economia, e circa l’8% Giurisprudenza. Ma da Medicina preferiscono stare ben lontani: la percentuale di chi decide di iniziare il lungo percorso per diventare dottore è inferiore all’1%. Decisamente preferiti sono i corsi di Scienze della Formazione (5%) e di Professioni Sanitarie (4%), subito dopo quelli di Economia e Giurisprudenza. In fondo classifica per i ragazzi del 60 troviamo ancora Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, ma anche le altre due aree mediche a numero chiuso nazionale: Odontoiatria e Veterinaria.

#riformabuonascuola, audizioni al capolinea. Si comincia a parlare di approvazione a giugno

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola, audizioni al capolinea. Si comincia a parlare di approvazione a giugno

Da martedì 14 aprile la discussione in sede referente in Commissione Cultura alla Camera. Francesca Puglisi, responsabile scuola segreteria Pd: per trasformare in legge il ddl serve la responsabilità di tutti i gruppi. Oltre 80 le associazioni ascoltate. Resta da capire come farà il Parlamento, in tempi così ristretti, a valutare, in modo obiettivo e sereno, la grande mole di indicazioni pervenute.

Concluse le audizioni, prenderà il via martedì 14 aprile, alle ore 10.00, la discussione in sede referente del disegno di legge La Buona Scuola in Commissione Cultura alla Camera. A comunicarlo è stato l’Ufficio di Presidenza della Commissione di Montecitorio, al termine dell’ultimo incontro con una rappresentanza studentesca.

Sui tempi di approvazione, il Governo continua ad ostentare certezze. Anche se nelle ultime ore, per la prima volta, si è cominciato a parlare di approvazione possibile anche nei primi giorni di giugno. A dirlo è stata la senatrice Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria nazionale Pd. “Massimo approfondimento parlamentare e tempi strettissimi per l’approvazione. Questo è Il metodo che seguiamo per il ddl sulla buona scuola. Se prevarrà la responsabilità di tutti i gruppi, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, sarà possibile votare il testo finale”, ha spiegato.

Puglisi ha poi tenuto a ricordare che le commissioni Cultura hanno “dedicato 5 giorni alle audizioni, pari a circa 28 ore di sedute congiunte, con oltre 80 associazioni che hanno potuto fare le loro integrazioni. Vogliamo ascoltare tutti gli operatori, valutare le proposte, mantenendo ferma l’esigenza di procedere speditamente per garantire le assunzioni previste per il prossimo anno scolastico”, ha concluso Puglisi.

Resta da capire, comunque, come in tempi così ristretti il Parlamento possa avere il modo per valutare, in modo obiettivo e sereno, la grande mole di indicazioni pervenute. E trovare anche la modalità per inserirle con efficacia all’interno del disegno di legge da approvare.

Come riferito in un altro articolo della Tecnica della Scuola, vale la pena ricordare che dopo il voto conclusivo in Parlamento, “ci sono comunque tempi tecnici (esame finale da parte della Presidenza della Repubblica e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). Davvero troppo tardi per far sì che la “riforma” entri concretamente in vigore con l’inizio del nuovo anno scolastico”.

Verso una nuova scuola che vorrebbe essere “buona”

da La Tecnica della Scuola

Verso una nuova scuola che vorrebbe essere “buona”

 

La strada è in salita. Le difficoltà del disegno di legge e le nuove prospettive per la scuola cattolica. Intervista a suor Anna Monia Alfieri, presidente Fidae Lombardia, una delle voci più autorevoli e accreditate nel panorama delle scuole paritarie.

Domanda) Il disegno di legge sulla riforma della scuola viene portato in discussione alla Commissione Cultura della Camera. Quali sono le previsioni? Si rispetteranno i tempi? La scuola italiana avrà una vera riforma?

Risposta) Come ho avuto modo di dichiarare sono estremamente favorevole sulla procedura che ha portato al DDL. Su questioni scottanti che coinvolgono non solo milioni di cittadini (ad es. le famiglie dei centocinquantamila precari e quelle del milione abbondante di studenti delle scuole pubbliche paritarie) il governo – sicuramente ben consigliato dal presidente Mattarella – ha saggiamente preferito la strada maestra del DDL piuttosto che quella ripida e insidiosa del DL. Ebbene sia, purché in una gestione ragionevole di tempi parlamentari che non uccidano le buone intenzioni, di chi governa e di chi è all’opposizione. Chi è attento al destino della scuola italiana sa che il dialogo è cosa buona, ma non all’infinito indeterminato futuro. Infatti il Ministro, nell’intervista di giovedì 3 aprile, al video forum di Repubblica ha assicurato per giugno l’approvazione. I nostri Parlamentari già stanno lavorando sul DDL con serietà per una riforma della scuola che deve sanare guasti incancreniti da decenni e deve liberare le forze positive che la scuola italiana ha dalle sue origini culturali solidissime. Non dimentichiamo che la “fuga dei cervelli” italiani all’estero è, sì, motivo di sofferenza, ma – sotto sotto – anche di orgoglio…. Dove e come si sono formati questi cervelli?

 

D) Nel documento sulla buona scuola ci sono elementi di qualità e prospettive di sviluppo. Quali i punti di forza e di debolezza.

 

R) Sul tappeto istituzionale ci sono temi che scottano e che da decenni erano dei tabù: autonomia delle istituzioni scolastiche (ad oggi più sulla carta che nella realtà); precariato a vita, del tutto anticostituzionale; efficacia ed efficienza dei servizi anche in rapporto ai costi; flessibilità dei ruoli in rapporto alle esigenze, nuove tecnologie, edilizia e strutture, potenziamento delle competenze scientifiche e linguistiche degli studenti; apertura della comunità scolastica al territorio e per gli alunni agli stage in azienda, ma anche la detrazione per le rette versate dal milione abbondante di famiglie italiane che esercitano la propria libertà di scelta educativa, scegliendo la scuola pubblica paritaria. Un passaggio di diritto: solo per metterlo all’OdG l’Italia ha impiegato ben 66 anni dal 1948 ad oggi. Chi va piano…

Il massimo punto di forza del DDL è stato la condivisione dei contenuti a livello nazionale, attraverso la consultazione sulla Buona scuola. Un accentuato punto di debolezza sta nel desiderio – pure comprensibile ma inattuabile – del cittadino di avere “tutto subito”. Le polemiche sterili possono danneggiare l’opera facendo perdere tempo. Occorre rispettare i criteri di intervento che il governo si è dato: senza criteri di scelta non si va da nessuna parte.

Alcuni passaggi segnano un cambiamento radicale della scuola italiana che passa dalla pura organizzazione dal fiato corto alla gestione progettuale.

Ritrovo passaggi di riorganizzazione gestionale, di management, che lungo gli anni ho sostenuto indispensabili per rendere la gestione di una scuola efficace ed efficiente: piano triennale che abbandona la logica del pronto soccorso; il dirigente scolastico assume un ruolo centrale di una comunità educante che sa definire il proprio organico in coerenza con l’offerta formativa ma nel giusto vincolo di obiettivi nazionali che le scuole sono tenute ad osservare (Cap. II art. 2).

Un piano triennale che solo dopo gli iter autorizzativi regionali e romani (spediti e di qualità) sarà efficace; quindi una autonomia garantita e controllata come è giusto che sia e come si è sempre richiesto. Significativo il passaggio dell’alternanza scuola-lavoro se non verrà bruciato da superficialità, pastoie burocratiche e disinteresse da ambo le parti. Bene il dirigente leader capace di progettare, coinvolgere, stimolare, incentivare, purché sia uno scopritore di talenti e non vittima di un clientelismo sempre in agguato. Perché non si corra questo rischio è indispensabile che i vincoli e i controlli all’art. 7 non siano lettera morta.

All’art. 8 c’è il cancro del precariato da sanare, svuotando le GAE, mostruosità tutta italiana.

Un ulteriore punto di debolezza è dato da una ambiguità: il DdL scuola fa passi significativi di diritto quando in svariati passaggi parla di sistema scolastico pubblico integrato e statale e paritario; non si capisce quale sia la sorte dei docenti della scuola paritaria, laureati e abilitati, e spesso anche vincitori di concorso. Fra quei 130mila precari ci sono anche quelli che precari non sono, essendo di ruolo in una delle scuole pubbliche del sistema scolastico integrato, cioè la scuola paritaria; ma di fatto sono considerati docenti di serie B. Perché di ruolo si parla solo ed unicamente per la scuola pubblica statale: allora che sistema scolastico integrato è? I docenti della scuola paritaria, che pure “producono” alunni con titoli validi su tutto il territorio nazionale, ed esercitano un servizio pubblico, sono peggio dei figli in provetta che non si sa di chi sono (che l’esempio piaccia o no ai progressisti!).

E qui il mio pensiero si smarrisce: ritrovo un DdL ancora troppo timido e non ha saputo evitare la contraddizione in termini (per Aristotele sarebbe come un tronco…): mentre afferma che in Italia, come avviene in tutti i paesi civili d’Europa e d’oltreoceano, il sistema scolastico è integrato e le scuole paritarie e statali ne fanno pienamente parte, il DdL discrimina i docenti a seconda di dove insegnano, quasi a dire: “Caro docente, nel sistema scolastico pubblico e integrato i titoli da te ricevuti (laurea, abilitazione, eventuale concorso) si depotenziano magicamente se decidi di scegliere il pubblico paritario rispetto al pubblico statale, perchè la primogenitura è della scuola statale e solo qui sarai di ruolo, farai carriera e avrai uno stipendio, seppur basso per la categoria professionale, sempre però più alto dei tuoi colleghi che a parità di titolo e di competenza insegnano nella scuola paritaria”. Accettabile? Da parte di chi ragiona, non penso proprio.

Occorre almeno avere chiaro il problema: i docenti tutti del sistema pubblico e integrato di istruzione, a parità di titolo e di competenza, dovrebbero essere chiamati dal dirigente della scuola pubblica statale e dal dirigente della scuola pubblica paritaria, scegliendo dove insegnare, senza alcun ricatto economico, ma unicamente per la condivisione di una identità scolastica. Questa è civiltà. Almeno poniamoci la domanda: come è possibile che in un sistema pubblico, integrato ci siano ingiustizie così gravi?

Mi auguro che le leve di trasparenza e di buona organizzazione che questo DdL ha introdotto possano liberare le risorse dalla morsa dello spreco e reinvestirle nel sistema scuola.

Si riconferma il costo standard come il solo anello mancante che, mentre consente alla famiglia di scegliere, innesca una sana concorrenza tra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato. La strada è tutta in salita, ma è quella giusta: le detrazioni sono uno strumento di breve periodo, utili – più che a risolvere il problema – a sancire un passaggio culturale dal quale non si torna indietro. Il passo successivo sarà il costo standard dello studente e la piena garanzia di scelta della scuola da parte della famiglia senza dover pagare due volte, le imposte allo Stato e il funzionamento alla scuola pubblica paritaria. Interessante all’art. 14 la pubblicità dei dati, dei bilanci, del SNV, che rappresenterà un portale di accompagnamento delle istituzioni scolastiche, un supporto alle scuole su tematiche anche di natura amministrativa, contabile e gestionale, oltre che didattica. Introdurre il costo standard significa accompagnare le scuole verso la riqualificazione delle risorse e l’acquisizione di competenze di riorganizzazione amministrativa prima e gestionale poi, per rendere sostenibile la buona scuola di qualità ma senza sprechi. Ecco, credo sia questa contraddizione e lacuna il punto di debolezza più evidente del DDL, che comunque ha il merito di proporre passaggi coraggiosi.

 

D) La progettazione triennale e l’organico funzionale sono una risposta adeguata alle emergenze della scuola italiana?

 

R) Credo siano un ottimo punto di partenza, cosi come descritto all’art. 2. Lo sa bene un preside: una’identità non nasce dal nulla, necessita di un progetto almeno triennale, condiviso in un sistema più ampio, in cui il piano triennale sviluppi i punti di forza della scuola, che emergono dalla sua storia. E’ evidente che la vitalità di una scuola sarà rafforzata da una serie di piani triennali non in contrasto l’uno con l’altro, ma frutto di uno sviluppo coerente che costituisce – come dire – il “piano carismatico” della scuola, anche pubblica statale. Ogni scuola dovrà riflettere su questo aspetto di fondo, chiedendosi, in sostanza: “Chi sono? Come mi manifesto? Qual è il mio stile di formazione e di relazione con le varie componenti del progetto educativo”?

Il piano triennale ha senso solo nel quadro di una identità. Che è, del resto, l’oggetto della scelta delle famiglie. L’organico funzionale alla progettazione, di conseguenza, risulta indispensabile per attuare il piano. Senza organico funzionale sarebbe come pretendere di volare senza ali, o di correre senza ruote… Il dirigente scolastico presenta il piano triennale al Miur che, oltre a verificare il rispetto degli indirizzi strategici di cui al comma 3 del DDL, ne valuta la sostenibilità di risorse finanziarie e di organico in una visione di insieme. Nel saggio del 2010, “La Buona Scuola pubblica statale e paritaria”, al Cap V Casus di specie, definivo la buona gestione per una buona scuola con una esemplificazione molto concreta: una gestione innovativa consente una ristrutturazione organizzativa che, attraverso alcuni processi sistemici, porta l’organizzazione ad un equilibrio economico finanziario nonostante le scarse risorse.Tale equilibrio consente, ad esempio, di monitorare, abbassandoli, i contributi al funzionamento delle scuole pubbliche paritarie per renderle accessibili ad un numero molto più elevato di famiglie.

Pertanto: una gestione innovativa consentirà alla scuola pubblica (non solo paritaria, ma anche statale) di avere dei costi molto più contenuti; superando lo spreco delle risorse, la buona scuola pubblica potrà recuperare lo spazio per un reale investimento progettuale.

Soltanto una sana gestione, fondata sopra una solida identità carismatica, superata l’emergenza degli sprechi potrà segnare il passaggio dalla politica del “mantenimento” a quella del “rilancio progettuale”. Questo percorso darà l’avvio ad un corretto investimento delle risorse nella formazione dei docenti e di tutto il personale scolastico, nel congruo riconoscimento della loro professionalità, nel miglioramento degli standard educativi e formativi dell’allievo, nella ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici e delle attrezzature scolastiche.

Da qui il mio giudizio positivo su una programmazione triennale come all’art. 2 del DDL se si rispettano le condizioni che ho descritto.

 

D) L’organizzazione della scuola cattolica potrà essere un modello?

 

R) Credo di sì se sappiamo discernere la scuola pubblica paritaria cattolica alla quale fare riferimento. E’ data infatti l’esperienza, da un lato, di una scuola contestata, strumentalizzata, considerata un bene di lusso che regala i titoli di studio, ledendo ogni criterio di equipollenza; una scuola dove non mancano atteggiamenti di discriminazione nei confronti di alunni disabili – non supportati economicamente dallo Stato, come da loro diritto – o con cittadinanza non italiana e dove non mancano abominevoli episodi di docenti costretti a lavorare gratis.

Da un altro punto di vista si constata l’esistenza di una scuola pubblica paritaria cattolica rimasta tenacemente ancorata alla sua linfa secolare, che si è evoluta rispetto all’utenza delle origini, che forma eccellenze culturali a livello mondiale, animata dall’unico scopo di essere una scuola di qualità accessibile a tutti quanti ne condividono l’offerta formativa, nessuno escluso per ragioni sociali economiche religiose, oltre ogni filtro impostole dal sistema legislativo.

Si tratta realmente di un modello distonico da Mr. Jackill e Mr. Hyde?

Probabilmente sarebbe considerato meno distonico se il cittadino iniziasse a selezionare e distinguere in modo serio e rigoroso – mettendosi nei panni del desiderato, agognato Stato Verificatore e Valutatore – i soggetti che operano nell’ambito del Sistema Nazionale d’Istruzione (SNI): si potrebbe smascherare in tal modo la “finta scuola paritaria business” indegna dell’attributo di “scuola” – su cui spargere il sale dopo averla rasa al suolo -, gravemente lesiva del SNI, e la scuola pubblica paritaria cattolica di qualità.

In questi anni la scuola pubblica paritaria cattolica seria ha introdotto tecniche organizzative, gestionali, manageriali per raggiungere un sano equilibrio economico-finanziario, consapevole che l’assenza di un supporto dello Stato l’avrebbe costretta ad applicare rette sempre più alte, ledendo così sempre più gravemente la libertà di scelta delle famiglie.

La scarsità delle risorse la vede impegnata quotidianamente in una lotta da un lato per l’esistenza e dall’altro per una intraprendenza profetica, nel disperato tentativo di conciliare solidarietà ed efficienza, gestione e fedeltà all’ispirazione della sorgente. La difficoltà di questa lotta per l’esistenza e per l’intraprendenza, che rappresenta il Tallone d’Achille di una scuola pubblica paritaria, ne rappresenta anche la chance che la rende una scuola efficiente ed efficace, scelta da molte famiglie nonostante il non indifferente impegno economico.

Gli innumerevoli vincoli, che legano la scuola pubblica paritaria cattolica, invece di stenderla al tappeto l’hanno resa una scuola che funziona. Al fine di ottenere e mantenere la parità, offrendo una proposta formativa fedele alla mission di ispirazione – oltre ogni fatica economica e ogni solitudine – essa ha tenacemente cercato le vie percorribili al fine di rispettare le seguenti condizioni di qualità:

 

• locali idonei, sicuri e rispondenti alla normativa;

• programmazione curricolare pienamente rispondente alle Indicazioni Nazionali;

• iscrizioni regolari degli alunni;

• assunzione di docenti abilitati – spesso dopo estenuanti e inutili ricerche nelle uniche graduatorie disponibili, quelle dei non abilitati, di certi uffici scolastici.

 

In realtà è solo la fedeltà alla Mission che ha permesso alla scuola pubblica paritaria cattolica di trasformare questi filtri e vincoli da semplici elementi funzionali e strumentali a punti di merito, perché mossa non dal mito dell’efficienza, ma dall’obiettivo della qualità; solo attraverso quest’ultima passa la strada che contribuisce alla formazione dei giovani che renderanno migliore la società. Che è il compito della scuola da sempre.

Si scopre così una scuola pubblica paritaria cattolica che, secondo un autentico spirito evangelico:

 

– contribuisce al superamento del gap economico fra gli allievi;

– favorisce in ogni modo il diritto di tutti ad acquisire le conoscenze necessarie per partecipare alla vita sociale e politica nel mondo contemporaneo;

– incentiva e promuove l’integrazione del diverso (diverso da chi, poi, e chi lo stabilisce?)

– incrementa la collaborazione e la crescita professionale dei docenti, qualificandoli e formandoli alla Mission spesso secolare, insieme a tutto il personale;

– approfitta della riforma scolastica come occasione di ampliamento, piuttosto che di riduzione, dell’offerta formativa (a parità di spese);

– segue gli allievi one to one, con una particolare attenzione ai ragazzi diversamente abili o con DSA (avendo attrezzato i docenti con l’opportuno aggiornamento);

– valorizza e persegue la centralità dell’alunno, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle vocazioni, delle differenze e della identità di ciascuno nel quadro di una cooperazione tra scuola e genitori;

– migliora la qualità e i livelli del servizio scolastico, rilanciando in modo propositivo il sistema dell’istruzione e della formazione anche attraverso iniziative di supporto, di promozione e di potenziamento, finalizzate ad una scuola di qualità;

– propone un’offerta formativa di alto e qualificato livello, capace di corrispondere alle esigenze di sviluppo del territorio;

– responsabilizza i presidi e i consigli di presidenza anche in ordine ai risultati delle attività amministrative e della gestione e valutazione degli stessi secondo criteri oggettivi, chiari e misurabili.

 

La Mission diviene così forza motrice che sollecita alla scuola gli interventi di carattere strutturale e organico, ma suggerisce anche tecniche e metodologie funzionali che le consentono di interpretare le attese e le esigenze dei giovani: in regime di parità, è una scuola pubblica che, facilitando ed orientando le scelte, offre reali opportunità formative attraverso la flessibilità e la personalizzazione dei percorsi, avvalendosi di competenze umane e professionali idonee allo scopo. E’ questo l’elemento qualificante di una scuola paritaria cattolica seria che ha saputo trasformare il proprio punto limitante, cioè il filtro di accesso e i vincoli, in intraprendenza profetica.

In generale, una scuola paritaria che ha saputo trasformare un proprio limite in una chance di qualità, nonostante enormi sacrifici economici, viene scelta dalle famiglie per i suoi tratti distintivi e questo può certamente essere utile anche alla scuola statale come emerge dal DdL:

 

  1. L’originalità della scuola paritaria di qualità (SPQ) va ricercata nella libertà. E’ la libertà che ne presidia l’autenticità e ne fonda l’utilità per il Sistema Nazionale di Istruzione;
  2. Il fine: la SPQ si configura come scuola per la persona e delle persone. Questa consapevolezza esprime la centralità della persona nel progetto educativo, in particolare della scuola di ispirazione cristiana, ne rafforza l’impegno educativo e la rende idonea ad educare personalità forti; è la scuola che ha il coraggio di stipulare un patto formativo con i propri allievi e ristabilisce la responsabilità educativa delle famiglie.
  3. L’impegno a guidare gli alunni nella conoscenza di se stessi, delle proprie attitudini e delle proprie interiori risorse, per educarli a spendere la vita con senso di responsabilità.
  4. La funzione di trincea:la SPQ, fedele alla propria mission di fondazione, spesso sceglie di essere presente nei luoghi più dispersi ove non è presente la scuola pubblica statale, affinché nessuno resti escluso. Se è vero che una caratteristica del modello di scuola pubblica è che lo Stato non può esimersi dall’essere presente ove il territorio chiama, è altrettanto reale che la scuola pubblica paritaria cattolica spesso soddisfa questa necessità rispondendo ad un bisogno con intraprendenza coraggiosa e liberando per lo Stato risorse preziose da impiegare altrove.
  5. Nella dimensione ecclesiale della scuola cattolica, si radica anche il distintivo della scuola pubblica paritaria come scuola di tutti e “per ciascuno”, con particolare attenzione ai più deboli. La storia ha visto sorgere la maggior parte delle istituzioni educative scolastiche cattoliche come risposta alle esigenze delle categorie meno favorite sotto il profilo sociale ed economico. Non è una novità affermare che le scuole cattoliche sono state originate da una profonda carità educativa verso giovani e ragazzi abbandonati a se stessi e privi di qualsiasi forma di educazione. Le fatiche economiche l’hanno spinta negli anni a ricercare un equilibrio interno al fine di non applicare rette troppo elevate e di introdurre borse di studio, consentendo l’accesso ai meno abbienti e sensibilizzando i più abbienti a farsi carico del costo delle persone più deboli.

 

In estrema sintesi: una scuola pubblica paritaria cattolica di qualità, realizzata attraverso la razionalizzazione e l’ottimizzazione di tutte le risorse disponibili, la centralità dell’investimento educativo e formativo per meglio corrispondere alle attese e alle aspirazioni degli studenti e delle loro famiglie, e in cui è valorizzato il lavoro degli insegnanti; una scuola all’insegna di due fondamentali principi, quello della solidarietà e quello dell’eccellenza per tutti e per ciascuno, può essere considerata un punto di partenza per il sistema scolastico italiano teso a formulare il “Modello di una Buona Scuola Pubblica”, statale e paritaria.

 

D) La scuola cattolica dalle innovazioni proposte potrà avere dei benefici e dei vantaggi?

 

R) Credo che la scuola pubblica paritaria cattolica, da questo DdL, si ritrova pienamente parte del SNI come da anni è stato dichiarato. Potrà certamente innovarsi alla luce di quanto sopra detto e sperare in una leale e bella concorrenza sotto lo sguardo di uno Stato garante; questo la renderà una scuola sempre più al servizio della societas.

 

D) Nei cortei si accusa il Governo che sostiene la scuola cattolica per lo sgravio fiscale di 400 euro. Che ne pensa? Cosa rispondere a quanto prevenuti contestano e accusano?

 

R) Da anni la mia risposta resta la medesima e non arretra di un centimetro.

 

– Dal 1948 ad oggi si è assistito alla discriminazione degli allievi, figli di famiglie che, volendo caparbiamente esercitare il diritto alla libertà di scelta educativa, che fa parte dei Diritti Umani, hanno affermato questa libertà indirizzandosi verso la scuola pubblica paritaria. Discriminazione che appare feroce verso i figli dei poveri, che non possono scegliere.

– E’ proprio la nostra Repubblica che ha riconosciuto loro questo diritto all’art. 3 della Cost., in un pluralismo educativo all’art. 33; l’Europa, con le Risoluzioni del 1984 e del 2012 lo ha espressamente richiesto; la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo rivendica la libertà di scelta educativa sia per l’individuo che per la famiglia.

– La libertà di scelta educativa può esercitarsi solo ed unicamente in un pluralismo educativo come sancito dalla Costituzione italiana all’art. 33 e all’art. 118 “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”.

 

Dunque, mentre è stato chiarito che publicum est pro populo, si è evidenziato che pubblico è ciò che è fatto per l’interesse pubblico, quindi non implica necessariamente e solo la gestione statale.

Chi non intende le ragioni del diritto, intenderà quelle dell’economia: le famiglie che scelgono la scuola pubblica paritaria pagano e le tasse per la pubblica statale e le rette per formare i loro figli. Dunque, triplo vantaggio: 1) offrono un gettito di imposta per la scuola statale a fondo perduto; 2) fanno risparmiare ben sei miliardi di euro allo Stato, costituenti un’entrata a fronte della mancata spesa, e 3) formano per la collettività cittadini in grado di produrre ricchezza con il loro lavoro. Attualmente, i cittadini lavoratori formati dalle scuole pubbliche paritarie non sono costati una lira allo Stato: semplicemente lo arricchiscono. Dunque gli convengono.

Ma in una democrazia non possono esistere cittadini di serie A e di serie B.

Pertanto ben venga la detrazione fiscale nel breve periodo, che si perfezioni speditamente verso il costo standard per allievo, fattore di efficienza e di sostenibilità nel buco nero della pubblica istruzione.

Detrazioni fiscali di massimo 400 euro annui per una famiglia della pubblica paritaria, a fronte del costo di un allievo alla scuola statale di ben 8.000 euro annui solo di spese correnti, mi pare una cifra ben meno che simbolica – seppur ribadisco garantisce un diritto in capo alla famiglia per la prima volta. Entrambe le famiglie (della paritaria e della statale) hanno pagato le tasse per un sistema scolastico integrato e plurale. Poi, se quello che fa problema è che vi siano scuole cattoliche – anche se lo abbiamo detto in tutte le lingue del mondo che la scuola pubblica paritaria è sia cattolica, sia laica, sia ebraica ecc. – si dia alla famiglia la possibilità di scegliere e se nessuna di queste scuole sarà scelta, bene: avranno chiuso. Se questi signori sono cosi certi della loro idea raccolgano la sfida che forse questo governo ha lanciato. Si badi bene: la laicità pura non teme mai il confronto e se non genera autentica libertà di scelta, smette di chiamarsi laicità e si chiama dittatura, monarchia assoluta.

L’homo ideologicus del corteo dichiari apertamente che l’individuo, la famiglia non ha il diritto di scegliere l’educazione per il figlio e pertanto non ne ha la responsabilità; quindi deve essere interdetta e lo Stato deve intervenire in sua vece.

 

D) Ai cinque punti di criticità: titolarità territoriale, eliminazione delle garanzie contrattuali, valutazione, scatti di anzianità e assunzioni, ci sarà forse di aggiungere altro: ruolo dei genitori.

 

R) Non sono certa che questi aspetti siano critici, o meglio, che non abbiano i loro tratti interessanti. Sono a favore della valutazione seria, trasparente, pubblicizzata in modo puntuale, di tutto il sistema scolastico poiché rappresenta una leva di buona gestione. Sugli altri aspetti mi riservo di attendere gli sviluppi. Ritengo inoltre che, benché la famiglia entri in questo DDL e in qualche modo la si coinvolga, essa non è ancora un attore principale quale dovrebbe essere, avendone la responsabilità educativa, in quanto non ha la possibilità di scegliere il progetto educativo, l’identità di scuola pubblica (paritaria oltre che statale) che i genitori ritengono consoni alla propria visione della vita. Questo DDL ha il grande pregio di introdurre criteri di autonomia, competenza, merito, valutazione, ma lascia, proprio per questo, un po’ l’amaro in bocca poiché la detrazione di 400 euro, benché sia un passo avanti, non può considerarsi la garanzia di un diritto inalienabile qual’ è la libertà di scelta educativa in un pluralismo educativo. Il cittadino povero, la badante, l’operaio semplice, il fattorino, il portinaio non possono scegliere. Ma occorrono fiducia e volontà di non mollare riguardo ad un aumento della detrazione e soprattutto riguardo alla “prospettiva salvifica” – per scuola pubblica statale e pubblica paritaria – del costo standard.

 

D) Come saranno gli studenti della scuola con una così ricca overdose di competenze?

 

R) Le competenze non potranno mai essere una “overdose” perché la persona umana non è un vaso da riempire… La scuola pubblica italiana, paritaria e statale, ha già una tradizione avanzatissima di conoscenze, come dimostrano i nostri nomi di eccellenza sparsi per il mondo. Ciò che le occorre ora è un collegamento più diretto con la realtà delle aziende, del mondo produttivo, anche culturale. Occorre che gli studenti siano messi in grado di “far fruttificare” i loro talenti e non solo gli alunni dei CFP o dei Licei Tecnologici e Scientifici, ma anche quelli che scelgono studi classici. Il mondo deve ripartire con uno slancio di competenze culturali basate soprattutto sulla riflessione, sul pensiero, sulla logica, sull’apertura mentale. Il massacro dei 147 studenti universitari in Africa deve dirci qualcosa…. Vogliamo finire tutti così? Il mondo si è distratto: ha tralasciato la cultura, la riflessione, il pensiero fecondo sulla storia e sulla persona umana. E questo è il risultato.

 

D) La centralità educativa sembra poco evidenziata esplicitamente. Cosa si suggerisce per rimetterla al centro del sistema?

 

R) Non potrà farlo certamente un DDL. Potremmo riporla al centro se avessimo tutti il coraggio di ricollocare la famiglia quale cellula fondante alla base della societas; una famiglia soggetto del diritto, messa in condizione di orientare a proprio favore le scelte educative, culturali, sociali, economiche, politiche. La scuola pubblica (paritaria e statale) si deve preparare ad “essere scelta” dalla famiglia e quindi dovrà avere una propria identità nell’assoluto rispetto degli standard dettati dallo Stato garante. Ma finché la famiglia sarà considerata un mero strumento da sfruttare per politiche di mercato e sociali utili ad un sistema di “sussidiarietà al contrario” (la famiglia sostiene lo Stato e non viceversa, come dovrebbe essere), nessun ddl potrà ridare senso all’educazione. Si restituisca da parte di ciascuno di noi, chiesa, politica, economia, scuola, la dignità alla famiglia riconoscendole quel ruolo educativo defraudato da tante logiche miopi e da tanti compromessi.

 

D) Le nuove tecnologie saranno veramente il futuro della scuola?

 

R) Credo delle nuove tecnologie nella misura in cui saranno strumenti, mezzi e non fini.

Spesso noi viviamo di mode che passano,ma sui ragazzi non possiamo rischiare. Le nuove tecnologie, in sé, non sono solo il futuro della scuola, ma della società civile. Già sono in uso dappertutto. Si pensi alle transazioni e agli acquisti online, all’uso degli smartphone. Non parliamo di chi, come la sottoscritta, opera in campo amministrativo e gestionale… Vivo di pane e schermate di bilanci. Per fortuna anche di Altro… Ma la tecnologia non deve essere sdoganata come l’eccellenza di una scuola. Dovrà essere uno degli elementi di normalità e neppure ciò di cui vantarsi. La classe della primaria 2.0 mi fa paura se non è accompagnata da docenti ben preparati, equilibrati, consapevoli del loro ruolo educativo, edotti sulle radici identitarie della propria scuola, disponibili al dialogo costruttivo con la famiglia, collaborativi nella propria équipe socio-educativa…

Mi sono spesso domandata se l’utilizzo dei tablet non sia spesso lo specchietto per le allodole e lo strumento di un inganno ulteriore per la famiglia. Il tablet è divertente, all’inizio, ma non è da questo strumento – sicuramente utile – che dipendono le sorti della cultura e della civiltà italiana. Le LIM sono strumenti meravigliosi,ma ho notizia di scuole che hanno dovuto aspettare un mese per ricevere la promessa assistenza tecnica per il piccolo guasto… Lascio immaginare quando le scuole hanno duemila alunni e 100 classi… Resta sempre valido il consiglio di tenere sempre una lavagna bianca con pennarelli cancellabili nelle classi!

Dirigenti soddisfatti: potranno scegliersi i docenti

da La Tecnica della Scuola

Dirigenti soddisfatti: potranno scegliersi i docenti

E i docenti cosa si scelgono? Nulla, tranne la materia da insegnare, se al preside piaccia. Non riusciamo a immaginare cosa sarebbe successo se tale novità, contenuta nel Ddl della cosiddetta “buona scuola”, fosse arrivata dalla destra. Quante vesti si sarebbero stracciate e quanti dioscuri avrebbero innalzato lamenti al cielo? E la Flc-Cgil? Tuona

E ha voglia Pantaleo, il segretario generale della Flc-Cgil, di gridare che tutto “l’impianto della  “buona scuola” è autoritario perché riduce i diritti, mortifica la partecipazione e anni democrazia, condiziona pesantemente la libertà d’insegnamento, interviene su materie contrattuali. Troppe sono le deleghe in bianco.

Sulle competenze del dirigente scolastico riteniamo inaccettabili i poteri di scelta dei docenti, l’attribuzione unilaterale del beneficio economico ai meritevoli senza alcun riferimento alla contrattazione”.

E a chi interessa questa procella dalle parti del ministero? Chi ascolta la sua voce? I responsabili del Pd dove sono, quelli che sparavano sale a Valentina Aprea, a Moratti e a Gelmini ogni volta che accennavano a materie similari?

“Sarà uno strumento per migliorare l’offerta didattica”, dicono all’Anp, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore. “Se  alle scuole fosse consegnata la semplice graduatoria dei punteggi di servizio e di famiglia, si tradirebbe nella sostanza, la portata fortemente innovativa della riforma”, che in altre parole significa: non disturbate il macchinista e che potrebbe essere una scelta innovativa.

Il piano prevede che gli istituti dovranno predisporre un piano triennale e i docenti assunti in più confluiranno in albi territoriali da dove i presidi potranno attingere e utilizzare i prof di loro gradimento anche per classi di concorso differenti da quella dell’abilitazione.

E infatti, tuona Pantaleo: “A nostro parere si configurano evidenti elementi di incostituzionalità accompagnati da forti dosi di arroganza, autoritarismo e derive clientelari. Quelle disposizioni vanno cancellate e riaffermata una idea di autonomia scolastica libera da pastoie burocratiche, aperta al mondo esterno basata sulla partecipazione e cooperazione tra i diversi soggetti che operano nella scuola e nel territorio. La valorizzazione della dirigenza scolastica deve essere rafforzata nelle sue funzioni di garanzia, promozione e coordinamento della didattica e dello sviluppo dell’autonomia per il miglioramento della scuola pubblica; occorre stabilire i maniera chiara l’equiparazione retributiva alle altre dirigenze pubbliche e la restituzione delle risorse contrattuali tagliate”.

“Bisogna cancellare le norme sul divieto di stipulare contratti su posti liberi tutto l’anno per più di 36 mesi. Le norme restrittive per l’anno di formazione o di prova sono scarsamente trasparenti e verificabili perché scompare il ruolo del comitato di valutazione e tutto si concentra sui DS con giudizio unilaterale e monocratico. Siamo di fronte a norme illegittime che determineranno numerosi contenziosi legali”.

Ma per i presidi dell’Anp il cosiddetto potenziamento dell’autonomia nelle scuole e della funzione dei presidi “è un aspetto molto positivo, così come l’introduzione di premi al merito e le modalità di svolgimento dell’anno di prova di cui apprezziamo la linearità: un’istruttoria affidata a un professore con funzioni tutoriali e la decisione finale riservata al dirigente”.

E infatti il comitato di valutazione va in soffitta, come grida Pantaleo, ma i dirigenti sono soddisfatti perfino di assegnare il merito. E saranno soddisfatti  anche i prof che dovranno affrontare l’anno di prova o quelli un tantino più permalosetti nei confronti del potere che il dirigente comunque rappresenta?  E infine, per quanto riguarda libertà di insegnamento, quella garantita dalla Costituzione, si conferisce al dirigente scolastico perfino il potere di non rinnovare l’incarico ai docenti di ruolo, precarizzando anche loro.

Infatti è sufficiente chiedere mobilità per perdere la titolarità della propria cattedra ed essere inseriti in un organico funzionale secondo i progetti del DS che decide chi assumere nella propria scuola.

E non era questa una idea della Lega Nord che ha sempre lamentato l’emorragia di insegnanti meridionali che, dopo avere avuto il ruolo al Nord, ritornavano al Sud lasciando sguarnire le scuole? Sicuramente gli aspiranti al trasferimento ci dovranno pensare prima di riempire le scartoffie, e a lungo.

Basta bullismo!

da La Tecnica della Scuola

Basta bullismo!

Lunedì 13 aprile, nella Sala Zuccari del Senato, si terrà l’incontro “Non più bulli e cyberbulli. Per una scuola attiva e accogliente”: tra i relatori, il ministro Giannini, che presenterà le Nuove Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al fenomeno, e il presidente del Senato Pietro Grasso.

“Non più bulli e cyberbulli. Per una scuola attiva e accogliente”: così si intitola l’incontro che si terrà lunedì 13 aprile, presso la Sala Zuccari del Senato, organizzato dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, in collaborazione con il Miur.

Al convegno parteciperà anche il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, che nell’occasione presenterà le “Nuove Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e cyberbullismo” e il lancio della seconda fase del Safer Internet Centre per l’Italia.

Quest’ultima è un’iniziativa coordinata dal MIUR, nell’ambito del programma della Commissione Europea “Better and Safer Internet for Kids” e realizzato in collaborazione con Polizia di Stato, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Save the Children, Telefono Azzurro, Edi onlus, Movimento Difesa del Cittadino, Skuola.net, con il supporto di un Advisory Board allargato alla partecipazione delle Autorità Garanti per la Protezione dei Dati Personali e per la Comunicazione, dei Social Network e delle principali aziende di ICT e Telefonia Mobile.

Durante l’incontro, al quale parteciperanno il presidente del Senato Pietro Grasso, i senatori Luigi Manconi, Riccardo Mazzoni ed Elena Ferrara, saranno anche presentati i progetti di contrasto al bullismo e cyberbullismo realizzati in alcuni istituti scolastici italiani e la proposta di legge sulla tutela dei minori e per la prevenzione e il contrasto al fenomeno del cyberbullismo promossa dalla Commissione per i diritti umani del Senato.

Confindustria: ok alla “buona scuola”

da La Tecnica della Scuola

Confindustria: ok alla “buona scuola”

Anche la Confindustria è soddisfatta della cosiddetta riforma della scuola. Lo ha sostenuto Andrea Bairati, direttore Area education e innovazione di Confindustria”, sentito oggi in audizione

Lo pubblica Il Sole 14 Ore

Il direttore auspica che «il Parlamento colga l’occasione del disegno di legge «per una profonda innovazione del modello organizzativo e gestionale del sistema istruzione, riducendone l’autoreferenzialità e il corporativismo e aprendolo in modo più efficace alle esigenze dei giovani, delle famiglie e delle imprese».

Bene anche l’attribuzione di maggiori capacità gestionali ai presidi. È una scelta «che va incoraggiata. Occorre un radicale mutamento dei criteri di selezione dei dirigenti scolastici per valorizzare le competenze educative, gestionali e manageriali».

Per quanto riguarda il reclutamento degli insegnanti e per evitare altro precariato «si passi dalle graduatorie agli albi regionali, al cui interno scuole e reti di scuole possano attingere gli insegnanti, abilitati con concorsi a livello di rete scolastica».

Pollice dritto anche sul potenziamento dell’alternanza scuola lavoro, per il quale – ha ricordato Bairati – sono necessari «incentivi fiscali alle imprese perché possano aderire ai progetti di alternanza; presenza di tutor scolastici e aziendali e progettazione e valutazione congiunta di docenti e imprenditori degli esiti di apprendimento delle esperienze in alternanza». Promossi anche «i laboratori territoriali per l’occupabilità, che incrementano il collegamento scuola-impresa lavoro» e il piano nazionale di scuola digitale. Infine, ha affermato Confindustria, occorre che la delega al Governo sugli Istituti tecnici superiori «preveda anche una modifica della governance» e, in tema di apprendistato, «è necessario che il ddl si coordini con il Jobs act».

Caratteristiche del modello nazionale di certificazione delle competenze

da La Tecnica della Scuola

Caratteristiche del modello nazionale di certificazione delle competenze

Dalla C.M. del 13 febbraio 2015 si legge che l’ordinamento scolastico vigente (D.P.R. n.122/2009) prevede che al termine del primo ciclo di istruzione (Analoga prescrizione è prevista al termine del percorso della scuola primaria) sia rilasciata ad ogni allievo una certificazione delle competenze acquisite in esito al percorso formativo frequentato.

A tal proposito l’adozione sperimentale dei nuovi modelli nazionali di certificazione delle competenze nelle scuole del primo ciclo di istruzione. prevede la seguenti caratteristiche:

-ancoraggio delle certificazioni al profilo delle competenze definito nelle Indicazioni Nazionali vigenti (D.M. n. 254/2012);

– riferimento esplicito alle competenze chiave individuate dall’Unione Europea,

così come recepite nell’ordinamento italiano;

– presentazione di indicatori di competenza in ottica trasversale, con due livelli di sviluppo (classe quinta primaria, classe terza secondaria I grado);

– connessione con tutte le discipline del curricolo, evidenziando però l’apporto specifico di più discipline alla costruzione di ogni competenza;

– definizione di 4 livelli, di cui quello “iniziale” predisposto per favorire una adeguata conoscenza e valorizzazione di ogni allievo, anche nei suoi progressi iniziali e guidati (principio di individualizzazione);

– mancanza di un livello negativo, attesa la funzione pro-attiva di una certificazione in progress delle competenze che, nell’arco dell’obbligo, sono in fase di acquisizione;

– presenza di uno o due spazi aperti per la descrizione di competenze ad hoc per ogni allievo (principio di personalizzazione);

– sottoscrizione e validazione del documento da parte dei docenti e del dirigente

scolastico, con procedimento separato rispetto alla conclusione dell’esame di Stato;

– presenza di un consiglio orientativo, affidato alla responsabile attenzione dei genitori.

Dal 13 aprile la rilevazione Istat degli alunni con disabilità

da La Tecnica della Scuola

Dal 13 aprile la rilevazione Istat degli alunni con disabilità

L.L.

Per le scuole è previsto l’obbligo di risposta entro il 31 maggio 2015

A partire dal 13 aprile e fino al 31 maggio sono disponibili le funzioni per un’indagine Istat, realizzata in collaborazione con il Miur, per raccogliere informazioni sull’inserimento degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, statali e non statali.

La rilevazione ha l’obiettivo di analizzare il processo di inserimento scolastico degli alunni con disabilità, prendendo in considerazione sia le risorse, le attività e gli strumenti di cui sono dotate le istituzioni scolastiche, sia le caratteristiche socio-demografiche ed epidemiologiche dei giovani con disabilità ai quali l’offerta formativa si rivolge.

Inoltre dallo scorso anno è stato aggiunto un nuovo questionario che ha l’obiettivo di rilevare le iniziative intraprese dalla scuola per la somministrazione di farmaci ad alunni affetti da patologie croniche.

L’indirizzo al quale sarà disponibile la rilevazione è https://indata.istat.it/studis/. Si potrà accedere inserendo il codice meccanografico dell’istituto.

La risposta da parte delle scuole è obbligatoria, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 322/1989.

Per ulteriori informazioni: nota n. 1242 del 9 aprile 2015

Ddl ‘Buona Scuola’, martedì la discussione in Commissione

da tuttoscuola.com

Ddl ‘Buona Scuola’, martedì la discussione in Commissione
Puglisi (Pd), approvazione entro maggio-giugno

Terminate le audizioni sul Ddl comincia l’esame in sede referente. L’avvio della discussione è fissato per  la mattina di martedì 14. I tempi per l’approvazione del provvedimento rimangono stretti: il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti è stato fissato per sabato 18 aprile anche se  “con possibilità di modifica, se necessario“, come precisa la relatrice Maria Coscia (Pd).

La maggioranza è tuttavia decisa a giungere alla approvazione definitiva del testo in tempi utili per procedere alla stabilizzazione di 100 mila docenti precari entro l’inizio del prossimo anno scolastico, come assicura la senatrice Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria nazionale Pd: “ Se prevarrà la responsabilità di tutti i gruppi, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno sarà possibile votare il testo finale“, è la sua previsione.

La relatrice Coscia ha presentato in Ufficio di Presidenza la relazione sul provvedimento, che “finalmente renderà possibile l’autonomia scolastica, perchè mette a disposizione risorse e personale. Da parte nostra – ha aggiunto – c’è la disponibilità a valutare i miglioramenti proposti dai gruppi parlamentari, fermo restando l’impianto generale del provvedimento“.

Forza Italia, Sel e M5s hanno chiesto lo stralcio della parte riguardante le assunzioni dei docenti precari, ma la relatrice Coscia teme che “stralciando le assunzioni verrebbe meno la riforma“.

L’esclusione dalle assunzioni di chi ha riserve pendenti è rischiosa

da tuttoscuola.com

L’esclusione dalle assunzioni di chi ha riserve pendenti è rischiosa

Uno degli aspetti che ha sollevato più critiche nella disciplina delle assunzioni contenuta nel disegno di legge governativo sulla scuola è l’esclusione dal piano straordinario di immissioni in ruolo di “coloro che non sciolgono la riserva connessa al conseguimento del titolo di abilitazione entro il 30 giugno 2015” (art. 8 comma 9 e 10), e la connessa “perdita di efficacia di tutte le graduatorie di merito e ad esaurimento (…), ai fini dell’assunzione con contratti di qualsiasi tipo e durata”.

Ce ne siamo già occupati con un precedente parere giuridico (Piano assunzioni, i casi di chi è in ruolo o ha una ‘riserva’ in sospeso), e abbiamo chiesto all’avvocato Elena Spina, esperta di diritto scolastico, di approfondire il tema: “Anche questa previsione normativa pare essere molto debole! Chi conosce i principi fondamentali del nostro Ordinamento giuridico e del diritto europeo non può aver così facilmente non considerato l’art. 24 della Costituzione, il diritto di difesa e il principio della retroattività degli effetti della domanda giudiziale, nonché l’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)”.

E’ contrario anche (cfr. Ddl scuola: ‘a rischio illegittimità i paletti sulle assunzioni’, NdR) ad ogni principio comunitario – secondo l’avvocato Spina – l’operato di uno Stato che legifera per risolvere le problematiche che siano oggetto di cause legali dove esso stesso è parte chiamata in causa. La norma per come è formulata conterebbe effetti retroattivi gravissimi sulle domande giudiziali già presentate. Con riferimento al caso in esame, i principi di cui sopra portano a rilevare, anzitutto, che «il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), è valore fondamentale di civiltà giuridica. Nel nostro Ordinamento «il legislatore – nel rispetto di tale previsione – può emanare norme con efficacia retroattiva, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della CEDU (ex plurimis sentenza n. 78 del 2012)”.

Tuttavia – continua l’esperto di diritto scolastico –, occorre che la retroattività non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (ex plurimis sentenze nn. 93 e 41 del 2011). La Corte Costituzionale ha individuato una serie di limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali e di altri valori di civiltà giuridica, tra i quali sono ricompresi «il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (si pensi a coloro che appunto stanno attendendo l’esito di cause proposte innanzi alla nostra stessa magistratura); la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (ex multis sentenze n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010)”.

In particolare – approfondisce Spina –, in situazioni paragonabili al caso in esame, la Corte ha già avuto modo di precisare che la norma retroattiva non può tradire l’affidamento del privato, specie se maturato con il consolidamento di situazioni sostanziali, pur se la disposizione retroattiva sia dettata dalla necessità di contenere la spesa pubblica o di far fronte ad evenienze eccezionali (ex plurimis, sentenze n. 24 del 2009, n. 374 del 2002 e n. 419 del 2000). Del tutto affini sono i principi in tema di leggi retroattive sviluppati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in riferimento all’art. 6 della CEDU, i quali trovano applicazione anche nell’ambito delle procedure concorsuali, come è attestato da specifiche pronunce della Corte europea riguardanti l’Italia (pronunce 11 dicembre 2003, Bassani contro Italia; 15 novembre 1996, Ceteroni contro Italia)”.

La Corte di Strasburgo, infatti – conclude l’esperta di diritto scolastico riepilogando la principale giurisprudenza sull’argomento –, ha ripetutamente affermato, con specifico riguardo a leggi retroattive del nostro ordinamento, che in linea di principio non è vietato al potere legislativo di stabilire in materia civile una regolamentazione innovativa a portata retroattiva dei diritti derivanti da leggi in vigore, ma il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo sanciti dall’art. 6 della CEDU, ostano, salvo che per motivi imperativi di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia (pronunce 11 dicembre 2012, De Rosa contro Italia; 14 febbraio 2012, Arras contro Italia; 7 giugno 2011, Agrati contro Italia; 31 maggio 2011, Maggio contro Italia; 10 giugno 2008, Bortesi contro Italia; Grande Camera, 29 marzo 2006, Scordino contro Italia). La Corte di Strasburgo ha altresì rimarcato che le circostanze addotte per giustificare misure retroattive devono essere intese in senso restrittivo (pronuncia 14 febbraio 2012, Arras contro Italia) e che il solo interesse finanziario dello Stato non consente di giustificare l’intervento retroattivo (pronunce 25 novembre 2010, Lilly France contro Francia; 21 giugno 2007, Scanner de l’Ouest Lyonnais contro Francia; 16 gennaio 2007, Chiesi S.A. contro Francia; 9 gennaio 2007, Arnolin contro Francia; 11 aprile 2006, Cabourdin contro Francia). Viceversa, lo stato del giudizio e il grado di consolidamento dell’accertamento, l’imprevedibilità dell’intervento legislativo e la circostanza che lo Stato sia parte in senso stretto della controversia, sono tutti elementi considerati dalla Corte europea per verificare se una legge retroattiva determini una violazione dell’art. 6 della CEDU: sentenze 27 maggio 2004, Ogis Institut Stanislas contro Francia; 26 ottobre 1997, Papageorgiou contro Grecia; 23 ottobre 1997, National & Provincial Building Society contro Regno Unito. Le sentenze da ultimo citate, pur non essendo direttamente rivolte all’Italia, contengono affermazioni generali, che la stessa Corte europea ritiene applicabili oltre il caso specifico e che questa Corte considera vincolanti anche per l’ordinamento italiano. (si veda sentenza Corte Costituzionale n. 170/2013)”.