Sono 802.844 gli alunni stranieri nelle scuole italiane

da Vita

Sono 802.844 gli alunni stranieri nelle scuole italiane

Secondo il rapporto “Alunni con cittadinanza non italiana. Tra difficoltà e successi”, dal 2001/02 ad oggi sono quadruplicate le iscrizioni degli studenti stranieri
Decolla l’integrazione sui banchi di scuola. Sono infatti 802.844 gli alunni con cittadinanza non italiana che ogni mattina ripsondono all’appello nelle nostre scuole. Un aumento del 16% rispetto all’anno precedente. I dati  diffusi dal rapporto “Alunni con cittadinanza non italiana. Tra difficoltà e successi. Rapporto nazionale 2013/2014”, elaborati da Miur-Fondazione Ismu, confermano un costante e significativo incremento nelle iscrizioni degli alunni stranieri: dal 2001/02 al 2013/14 essi sono quadruplicati. Si è passati infatti da 196.414 alunni nell’anno scolastico 2001/2002 (2,2% della popolazione complessiva) agli 802.844 dell’anno scolastico 2013/2014 (9% del totale). Gli iscritti stranieri fra il 2009/2010 e il 2013/2014 sono cresciuti con ritmi del 19,2% a fronte di un decremento del -2,0% nelle presenze di alunni italiani.
Gli alunni italiani sono diminuiti in tutti i livelli scolastici, mentre gli alunni stranieri sono cresciuti in tutti gli ordini e gradi, soprattutto nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole secondarie di secondo grado. Negli ultimi 5 anni si è assistito a un aumento delle presenze di stranieri nelle scuole non statali (+16% nel 2013/14 rispetto al 2009/2010). Per quanto riguarda gli italiani, nello stesso periodo, il declino numerico che li caratterizza è più accentuato nelle scuole non statali (-7,5% in 5 anni) rispetto a quelle statali (-1,1%).

I rumeni i più numerosi. Nella graduatoria delle presenze, i romeni (154.621), gli albanesi (107.847), i marocchini (101.176).

Prevale la componente maschile. Le femmine sono meno numerose dei maschi e corrispondono al 48% del totale (385.365), una percentuale di poco inferiore a quella osservata tra gli italiani (48,3%). La componente femminile prevale solo nelle scuole secondarie di secondo grado.

La regione con più alunni stranieri è la Lombardia. La Lombardia si conferma come la prima regione per maggior numero di alunni stranieri (197.202), ma anche per il numero più alto di alunni in generale (1.409.671), seguita da Emilia Romagna (93.434), Veneto (92.924), Lazio (77.071), e Piemonte (75.276).

I nati in Italia sono la maggioranza. Un dato particolarmente significativo da segnalare è che i nati nel nostro paese costituiscono ormai la maggioranza di questi alunni. Infatti, nell’a.s. considerato costituiscono il 51,7% (415.283) degli alunni stranieri. Tra il 2007/8 e il 2013/14 si evidenzia una crescita esponenziale di nati in Italia nelle scuole secondarie, in cui questi alunni si sono quasi triplicati (scuole di primo grado) o più che triplicati (secondarie di secondo grado). Un approfondimento specifico sulla distribuzione territoriale evidenzia che il primato lo detiene il Nord Ovest, che accoglie nell’anno scolastico 2013/14 167.182 nati in Italia (40,2%), seguito dal Nord Est (123.142, 29,6%), dal centro (93.094 pari al 22,4%), e dal Sud e dalle Isole (31.865, 7,8%). La Lombardia è la regione con il maggior numero di alunni nati in Italia (oltre 110mila unità).

Neo-entrati tornano ad aumentare. Dall’a.s. 2007/08 al 2013/14 gli alunni stranieri entrati per la prima volta nel sistema scolastico italiano si sono ridotti da 46.154 a 30.825. Tuttavia tra il 2012/13 e il 2013/14 questo gruppo è tornato a crescere (+7.989 soggetti). Un aumento che si spiega in parte con l’incremento significativo dei ricongiungimenti familiari e dei minori stranieri non accompagnati (10.536 nel 2014).

Alunni stranieri con disabilità. Nel 2007/08 erano 11.760, nell’a.s. 2013/14 sono 26.626. Un aumento notevolissimo che si spiega con il prolungamento dell’obbligo scolastico, e con la disponibilità di questi alunni a proseguire gli studi dopo il biennio obbligatorio.

Alunni rom, sinti e camminanti. Sono diminuiti del -5,6% dal 2007/08 al 2013/14. Una riduzione che è ancora più sensibile nelle scuole d’infanzia e primaria.

Ritardo scolastico e ripetenze. Nella misura in cui crescono i nati in Italia, si constata anche un miglioramento nei percorsi scolastici, con una diminuzione dei ritardi scolastici e delle ripetenze, cioè diminuiscono in parte le difficoltà che, peraltro, rimangono elevate. Nell’a.s. 2013/14 gli alunni con cittadinanza non italiana in ritardo rappresentano il 14,7% nella primaria (contro 1,9% degli italiani), il 41,5% nella secondaria di primo grado (contro il 7,4% degli italiani), e il 65,1% nella secondaria di secondo grado (contro il 23,3% degli italiani). I tassi di ripetenza degli alunni stranieri nell’a.s. 2013/14 confermano tuttavia il divario tra italiani e stranieri, in particolare nei primi anni di corso.

Preferiscono gli istituti tecnici ai professionali. Per la prima volta dagli inizi degli anni Duemila, nell’anno 2013/14 gli istituti tecnici rappresentano l’indirizzo maggiormente scelto dagli alunni stranieri (38,5%). Gli istituti professionali perdono quindi il primato degli anni precedenti, passando al secondo posto (37,9%), seguiti dai licei (23,5%). Questo maggior spostamento verso le scelte liceali risulta prevalentemente influenzato dalle scelte degli alunni nati in Italia, che si orientano maggiormente verso istituti tecnici (41,1%) e licei (29,6%).

Formazione professionale. Oltre ai dati Miur, in questo rapporto si è fatto ricorso anche a dati forniti da altri enti e istituzioni, proprio per rimanere fedeli all’opzione di fondo di considerare il sistema formativo in un’ottica policentrica. I dati Isfol mostrano che gli alunni stranieri rappresentano il 15,5% del totale degli iscritti ai primi tre anni del sistema IeFP (istruzione e formazione professionale) e il 15,2% al quarto anno.

Università. Nell’anno scolastico 2013/14, i dati sugli immatricolati all’università (fonte: Anagrafe nazionale dello Studente) mostrano che quasi la metà dei maschi stranieri è in possesso di una maturità tecnica (49,7%) e il 17% di una maturità professionale; mentre la percentuale dei maschi italiani con maturità professionale che prosegue gli studi risulta di gran lunga inferiore (3,8%).

Immigrati adulti e opportunità formative. L’ultimo rapporto Indire disponibile (2012) segnala che sul totale dei frequentanti le scuole pubbliche per adulti (CTP, oggi CPIA) gli stranieri sono il 43,9%: negli ultimi 6 a.s. sono cresciuti significativamente, a fronte di una diminuzione dei frequentati italiani.

Il 15,8% dei Neet è straniero. Secondo i dati Istat, nel 2013 i giovani con cittadinanza non italiana rappresentano il 15,8% del totale dei Neet (Non in Education, Employment or Training) in Italia, con una incidenza maggiore rispetto agli italiani sulla popolazione della stessa età. Una differenza importante è quella di genere: i Neet italiani sono prevalentemente maschi (il 50,3%), mentre i Neet non comunitari sono per il 67,3% giovani donne. Soprattutto per alcune cittadinanze però, questo dato si spiega come indisponibilità a studiare o lavorare per ragioni familiari. Gli apprendimenti in Italiano e Matematica (prove Invalsi). I risultati delle prove nazionali Invalsi a.s. 2013/14 confermano che i punteggi medi degli studenti nativi sono superiori alla media nazionale in tutte le classi campione (II e V primaria, III secondaria di I grado, II secondaria di II grado), mentre quelli relativi agli stranieri sono inferiori alla media, anche se i punteggi sono superiori fra le seconde generazioni rispetto alle prime. Il divario di punteggio medio tra studenti nativi e studenti di origine straniera è minore nella prova di Matematica rispetto a quella di italiano. La rilevazione del 2013/14 rispetto a quelle dell’a.s. precedente, evidenzia che gli studenti nativi non hanno modificato la loro performance in nessun livello scolastico, mentre gli alunni immigrati di prima generazione hanno avuto un significativo miglioramento in II elementare e in III media e un lieve peggioramento nella II secondaria di II grado. Anche i loro compagni di seconda generazione hanno migliorato i loro esiti in terza media, mentre si riscontra un peggioramento (anche se talvolta lieve) nelle altre classi.

Il confronto fra Italia e Europa. Dall’analisi dei risultati dell’indagine PISA OCSE 2012 sui quindicenni, per l’area di matematica emerge che l’Italia si colloca fra i paesi low performers, ovvero Paesi dell’area europea al di sotto della media OCSE (con punteggi inferiori a 490), insieme a Norvegia, Portogallo, Spagna, Repubblica Slovacca, Svezia, Ungheria, Grecia. È anche inserita nel gruppo di Stati che hanno ottenuto mediamente i peggiori risultati sia come performance in Matematica, sia come divario fra studenti autoctoni e migranti: i sistemi scolastici di Italia, Spagna, Grecia, Norvegia, Svezia appaiono meno efficaci come risultati ottenuti dagli alunni e come modello di integrazione.

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I diplomati magistrale in GAE

I diplomati magistrale devono essere inseriti in Graduatoria a Esaurimento! L’ANIEF vince in Consiglio di Stato e riapre i termini per ricorrere

 

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1973/2015 accoglie il ricorso pilota patrocinato dall’ANIEF e accerta senza riserve il diritto dei docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002 ad essere inseriti nella terza fascia delle Graduatorie a Esaurimento. L’ANIEF sbaraglia il MIUR e ottiene ragione! Riaperti i termini per aderire al ricorso anche per chi non aveva prodotto domanda di inserimento in GaE entro i termini.

 

Accoglimento totale! I diplomati magistrale avevano da sempre diritto all’inserimento in III Fascia delle Graduatorie a Esaurimento. Gli Avvocati Sergio Galleano, Vincenzo de Michele e Tiziana Sponga ottengono una splendida vittoria contro il MIUR e l’immediato inserimento nella III fascia di interesse per quei docenti da sempre esclusi dal MIUR dall’accesso alle Graduatorie a Esaurimento.

 

La sentenza, lucida e precisa nella sua ricostruzione, rivela che il Collegio giudicante non ha dubbi sul fatto che “i diplomati magistrali con il titolo conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, al momento della trasformazione delle graduatorie da permanenti ad esaurimento, fossero già in possesso del titolo abilitante” e conviene con le tesi sostenute dall’ANIEF rilevando che “il fatto che tale abilitazione sia stata riconosciuta soltanto nel 2014, a seguito della pronuncia del Consiglio di Stato, non può impedire che tale riconoscimento abbia effetti ai fini dell’inserimento nelle citate graduatorie riservate ai docenti abilitati in quanto tali”.

 

Conseguentemente, in pieno accoglimento del ricorso ANIEF, il Consiglio di Stato dichiara “fondata la pretesa allo stesso inserimento nella terza fascia delle medesime graduatorie, la stessa fascia in cui gli attuali appellanti avrebbero dovuto essere inseriti qualora il titolo abilitante fosse stato loro riconosciuto in precedenza dal Ministero il quale, anche dopo il riconoscimento, ha però singolarmente continuato a non riconoscerlo per l’iscrizione in tali graduatorie e lo ha riconosciuto soltanto ai fini dell’iscrizione nelle graduatorie d’istituto valide per il conferimento delle supplenze brevi e non per l’assunzione a tempo indeterminato”. In tal senso, dunque, la sentenza riconosce che “i criteri fissati dal decreto ministeriale n. 235/2014, nella parte in cui hanno precluso ai docenti muniti del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, l’inserimento nelle graduatorie provinciali permanenti ora ad esaurimento, sono illegittimi e vanno annullati” e dichiara che, senza dubbio, gli iscritti ANIEF “vanno inseriti nella terza fascia delle citate graduatorie permanenti, ora ad esaurimento”.

 

Vittoria piena e completa, dunque, contro un MIUR caparbio nella sua ostinazione che ora dovrà inserire, come è loro diritto, tutti i docenti in possesso di diploma magistrale abilitante prima delle operazioni di immissione in ruolo previste per il prossimo anno scolastico.

 

“Ora – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e candidato alle elezioni per il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione – il Governo e il Parlamento consentano a tutti i precari abilitati di inserirsi nell‎a fascia aggiuntiva delle Gae e a tutti i diplomati magistrali entro il 2001 di inserirsi nella terza prima delle nuove assunzioni, per evitare nuovi ricorsi in tribunale che già stiamo predisponendo. A tal proposito abbiamo presentato un emendamento specifico al DDL Scuola su cui sta lavorando il Parlamento”.

 

Alla luce della Sentenza di oggi, l’ANIEF riapre i termini per ricorrere anche ai docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002 che non hanno prodotto domanda di aggiornamento.

 

Arriva SoftHand, la mano artificiale sensibile (quasi) come una vera

da Redattore sociale

Arriva SoftHand, la mano artificiale sensibile (quasi) come una vera

Il prototipo presentato dall’Inail e dall’Iit: sarà disponibile entro il 2017. Permette di compiere atti estremamente precisi come spalmare il burro sul pane, piantare un chiodo, usare il trapano. Il paziente che l’ha sperimentata: “E’ come se avessi di nuovo entrambe le mani”

ROMA – Riuscire dopo 45 anni ad aprire di nuovo una bottiglia, a piantare un chiodo o semplicemente a spalmare del burro sul pane. Piccoli gesti quotidiani che per Marco Zambelli, amputato a un braccio all’età di 15 anni dopo un infortunio sul lavoro, oggi sono di nuovo realtà, grazie alla prima mano artificiale sensibile realizzata in Italia. E’ lui, infatti, ad aver sperimentato il primo prototipo di SofthHand, un arto meccanico di derivazione robotica ma talmente preciso da sembrare vero. Il progetto, completamente made in Italy, è stato realizzato dall’ Inail insieme all’Istituto italiano di tecnologia ed è stato presentato ufficialmente oggi a Roma alla presenza dei ministri della Salute e del Welfare, Beatrice Lorenzin e Giuliano Poletti.

Si indossa semplicemente senza bisogno di operazioni, disponibile a partire dal  2017. La mano artificiale è stata realizzata con l’ausilio della tecnologia 3D-printing, in materiale plastico e con alcune componenti metalliche, per questo è estremamente flessibile. Grazie all’ingegnerizzazione di un tendine artificiale consente di riprodurre tutti i movimenti naturali: il paziente la controlla attraverso due sensori, che captano i segnali naturali dei muscoli. Può essere indossata semplicemente sopra l’arto amputato, senza operazioni invasive. A sperimentarla per primo un paziente del Centro protesi Inail, che da circa quattro mesi utilizza la SoftHand per compiere tutte le più semplici azioni quotidiane. “Sono stato amputato a un braccio quando ero poco più di un ragazzino – racconta Zambelli, oggi sessantenne -. Le protesi hanno sempre fatto parte della mia vita, ma oggi finalmente torno a vivere come se avessi di nuovo entrambe le mani. Fino a ieri, infatti, usavo solo la mano sinistra per fare qualsiasi cosa, mentre ora posso compiere anche gesti banali con entrambe. Per me è una conquista importantissima, un vero ritorno alla vita”. Alla realizzazione del progetto ha lavorato un team composto da circa 20 persone. La mano artificiale sarà disponibile per le persone amputate a partire dal 2017, alla fine della fase di sperimentazione con i pazienti del Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio. Mentre la produzione e la commercializzazione saranno affidate a una nuova start up, che sta nascendo all’interno dell’Istituto italiano di tecnologia.

Guarda il video http://www.redattoresociale.it/Multimedia/Video/Dettaglio/481713/Soft-hand-la-mano-artificiale-con-cui-si-puo-spalmare-il-burro-sul-pane

De Felice: “Una meraviglia della tecnica”. Il progetto di mano artificiale vede la luce dopo circa un anno dalla sigla dell’accordo Inail- Iit, che prevede un investimento congiunto complessivo pari a 11,5 milioni di euro. “Questo è un progetto importantissimo che si inserisce in modo coerente nella tradizione dell’Inail e mostra come un ente semiautonomo rispetto allo stato possa contribuire a portare forza innovativa e progetti di avanguardia – sottolinea il presidente dell’Inail Massimo De Felice – E’ impressionante fare il confronto tra la prima mano artificiale, realizzata in legno negli anni 60, e questa meraviglia della tecnica che  possiamo vedere oggi. Questi arti robotizzati lasciano intravedere una prospettiva davvero mirabile, nel futuro verranno aggiunte altre potenzialità tattili rispetto a quanto c’è già nel primo prototipo. Ma vedere all’opera questa mano nell’afferrare un bicchiere di carta senza accartocciarlo e nel riuscire allo stesso tempo astringere una morsa per afferrare un trapano un martello è sorprendente. E le prospettive di progresso sono notevolissime: i risultati raggiunti con l’esperienza del centro di Vigorso di Budrio e dell’Iit di Genova ci danno notevoli garanzie per il futuro. Il presidente dell’Inail ha ricordato come nella realizzazione del progetto siano state coinvolte diverse realtà della riabilitazione e della protesica. Soddisfazione è stata espressa anche dal direttore generale dell’Inail Giuseppe Lucibello: “Questo è un prodotto che vede la compartecipazione di eccellenze nella realizzazione di un risultato di grande rilevanza – afferma -. Il fatto che il primo prototipo sia pronto dopo appena un anno inorgoglisce, a breve presenteremo anche i risultato di nuove ricerche che stiamo portando avanti con il Campus biometrico di Roma e con il Sant’Anna di Pisa”. Ogni anno, ricorda l’Inail, sono 3600 le amputazione di arti subite da persone che, nella maggior parte dei casi, hanno avuto un infortunio sul lavoro. In più dell’80 per cento dei casi a essere amputate sono le mani o le dita.

L’innivazione tecnologica la servizio dei pazienti. Il primo prototipo della mano artificiale è stato realizzato da gruppo di lavoro composto da 20 esperti fra cui ricercatori, sviluppatori dei laboratori IIT e personale tecnico e medico presso il Centro Protesi Inail di Budrio.”E’ un progetto straordinario non solo tecnologicamente – sottolinea Gabriele Galatieri di Genola, presidente dell’Iit -. Esso rappresenta infatti la sintesi di quello che vogliamo fare: un’innovazione tecnologica che mette al centro il paziente. Questo prototipo è il risultato del lavoro di due eccellenze che si sono confrontate, l’innovazione non si fa da soli ma insieme”. Il progetto scientifico è stato guidato da Antonio Bicchi, Giorgio Grioli e Manuel Catalano di IIT, ed è stato sviluppato grazie al lavoro congiunto con Rinaldo Sacchetti, Emanuele Gruppioni e Simona Castellano per Inail.“Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita dei nostri assistiti – spiega Sacchetti – Questo dispositivo va oltre, non è solo una semplice mano ma la tappa di un percorso per il reinserimento della persona nel contesto sociale e lavorativo”. (ec)
Mano artificiale, Lorenzin: “Eccellenza tecnologica, la inseriremo nei Lea”

Secondo la ministra della Salute, il dispositivo realizzato da Inail e Iit dovrà essere disponibile per tutti coloro che perdono un arto. Poletti: “Grande traguardo del made in Italy, dobbiamo ricominciare a investire sulla tecnologia”

ROMA – Il primo prototipo di mano artificiale made in Italy è un “bellissimo esempio di eccellenza tecnologica che contribuirà a dare nuove certezze alle migliaia di persone che ogni anno perdono un arto nel nostro paese” e che, una volta disponibile, dovrà essere inserito nei Lea per “essere fruibile da tutti e superare il gap di coloro che non possono accedere alle nuove tecnologie”. Lo sottolinea la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, intervenuta questa mattina a Roma alla presentazione di SoftHand, il progetto di mano poliarticolata e polifunzionale, realizzato dall’ Inail e dall’Istituto italiano di tecnologia.

“Il fatto che una persona possa riacquistare la funzionalità di un arto è straordinario. Plaudo alla collaborazione di Inail e Itt – sottolinea Lorenzin – auspico che questo incontro possa rafforzarsi: mettere insieme chi lavora sulla robotica con chi si occupa dell’assistenza ai lavoratori italiani vuol dire, infatti, mettere insieme le persone con la tecnologia. E questa protesi è un bellissimo esempio di eccellenza tecnologica italiana. Sono sicura che darà nuove certezze alle migliaia di persone che purtroppo ogni anno perdono un arto nel nostro paese”. La ministra sottolinea, inoltre, che nel 2017, quando la mano artificiale sarà disponibile, potrà  essere inserita nei livelli essenziali di assistenza. “Abbiamo proposto alle regioni i nuovi Lea, con un metodo nuovo di approcciare ai pazienti, prevedendo anche l’ inserimento delle biotecnologie – spiega – credo sarà possibile inserire anche questo dispositivo nei Lea e superare il gap tra chi può accedere e chi no a queste tecnologie. Il tema delle risorse è un falso problema – aggiunge -si trovano se vengono utilizzate bene quelle che già ci sono. Noi dobbiamo dare ai cittadini le tecnologie che possano cambiargli la vita dopo l’incidente”.

Alla presentazione di SoftHand è intervenuto anche il ministro del Welfare Giuiano Poletti. “Questo è un grande traguardo del made in Italy che riassume in sé le tante eccellenze che ci sono nel nostro paese – sottolinea – E’ un progetto pensato per una grande applicabilità diffusa, un grande risultato. Come ministero del Lavoro siamo molto interessati a questa azione, e a quanto sta facendo l’Inail che invece di limitarsi a fare solo l’ente assicuratore, è impegnato sul campo della prevenzione e della riabilitazione. Considero ottima la collaborazione con l’Istituto di tecnologia, ora il passaggio ulteriore è rendere fruibili questi prodotti, facendo partire delle start up che usino questa innovazione”. Secondo Poletti l’Italia deve riprendere ad investire sulla tecnologia, fondamentale in particolare nel campo della disabilità. “Dobbiamo scegliere di mettere la centro gli investimenti – aggiunge – il campo di azione è davvero ampio. Il fatto che siamo davanti a delle tecnologie umane, cioè alla possibilità di sostituire degli arti vuol dire che si apre davanti a noi una froniera importantissima ”. (ec)

Un campo in gomma riciclata per la classe

Un campo in gomma riciclata per la classe

vincitrice del Progetto Educational di Ecopneus e Legambiente

“Per un corretto riciclo dei pneumatici a fine vita”:

il concorso che premia le scuole

per il miglior videospot sul riciclo dei Pneumatici Fuori Uso

Un campo in gomma riciclata alla scuola che realizza il miglior spot sulle buone pratiche, legate al corretto recupero dei Pneumatici Fuori Uso. Parte così il concorso “Per un corretto riciclo (o trattamento) dei pneumatici a fine vita” di Legambiente ed Ecopneus, società senza scopo di lucro principale responsabile della gestione dei Pneumatici Fuori Uso in Italia, che chiama i ragazzi a lanciare un messaggio di speranza e cambiamento per la propria terra, realizzando un video sul riciclo e sul corretto recupero dei pneumatici fuori uso.

Dopo lo scorso anno nella Terra dei Fuochi, l’iniziativa giunge alla sua terza edizione, approdando in Puglia, dove i ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado della Regione lavoreranno insieme ai docenti per costruire un messaggio positivo sui benefici derivanti dalla corretta gestione dei PFU che ciascuno può e deve alimentare, acquistando legalmente pneumatici nuovi e contrastando la vendita in nero, causa di danni all’ambiente e perdita dei benefici legati alla valorizzazione di un materiale prezioso come la gomma da riciclo.

A giudicare i video del concorso – che dovranno avere la durata di 3 minuti e pervenire entro il 4 maggio – sarà, dunque, una giuria di esperti composta da rappresentanti di Legambiente, Ecopneus, Ministero dell’Istruzione e Ministero dell’Ambiente. Al termine, la classe vincitrice si aggiudicherà un impianto sportivo scolastico (palestra o impianto outdoor) in gomma riciclata da pneumatici fuori uso, ma è previsto anche un secondo e terzo posto in classifica a cui spetteranno arredi per l’interno e l’esterno della scuola, realizzati con gomma riciclata da PFU.

“Con questo concorso vogliamo sensibilizzare studenti e insegnanti sui benefici derivanti da una corretta gestione dei pneumatici fuori uso che, in caso di abbandono, provocano ingenti danni all’ambiente” spiegano Vanessa Pallucchi, Responsabile Scuola e Formazione di Legambiente nazionale e Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia. “Recuperare pneumatici usurati significa valorizzare un materiale prezioso come la gomma che può essere utilizzata per realizzare asfalti gommati, superfici sportive, materiale per l’isolamento, arredo urbano e pavimentazione antitrauma. Grazie ai premi messi in palio da Ecopneus possiamo contribuire a migliorare la qualità degli edifici scolastici presenti in Puglia”.

“Con 806.140 tonnellate di PFU raccolte dal 2011 al 2014, Ecopneus gestisce il 70% del sistema nazionale di rintracciamento, raccolta e recupero dei pneumatici fuori uso, un sistema che, nel suo complesso, deve garantire a regime il recupero del 100% dei PFU generati ogni anno – ha dichiarato Giovanni Corbetta, Direttore Generale di Ecopneus –. Accanto all’impegno operativo sul territorio, Ecopneus affianca da sempre attenzione al tema della sensibilizzazione e formazione, in particolare delle giovani generazioni, perché parallelamente alle attività quotidiane si alimenti un terreno di etica e legalità che contagi tutti, cittadini ed imprese. Solo la scelta quotidiana di ciascuno contro l’illegalità potrà, infatti, contrastare ed eliminare definitivamente i flussi di abbandono illegale che ancora persistono in tutta Italia”.

Il concorso aperto alle scuole pugliesi di primo e secondo grado, in realtà, per molte di loro, rappresenta la conclusione di un percorso educativo che ha avuto inizio con l’anno scolastico: da ottobre i ragazzi, accompagnati dagli educatori ambientali di Legambiente, quindi, hanno partecipato ad eventi, organizzato iniziative, effettuato attività didattiche sul riciclo, fino a visitare gli impianti di frantumazione per vedere cosa accade ai Pneumatici Fuori Uso, quando vengono gestiti correttamente.Il progetto che, solo in Puglia, ha coinvolto 35 classi è finalizzato alla sensibilizzazione dei ragazzi sulle problematiche del territorio, legate alla gestione dei rifiuti e,  nello specifico, al ciclo legale dei pneumatici fuori uso, dall’acquisto al recupero finale.  Un modo per mostrare ai ragazzi il risultato concreto della gestione di una corretta filiera del rifiuto che, grazie al contributo dei cittadini e di tutti soggetti responsabili del ciclo di gestione, fino al riciclo garantito da Ecopneus, viene trasformato in un bene, nuovamente utile per tutti.

Per conoscere il regolamento:

www.legambientescuolaformazione.it

Percorso organico per le competenze digitali nella Buona Scuola

AICA a Didamatica propone il progetto di un percorso organico per le competenze digitali
nella Buona Scuola

Una azione di sistema, dall’infrastruttura alle competenze digitali per il cittadino, per il mondo del lavoro e per l’innovazione

Genova, 16 aprile 2015 – AICA, l’Associazione italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico, collabora da lungo tempo con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca partecipando ai diversi tavoli in cui si sta definendo il percorso della Buona Scuola, per una riforma dell’istruzione.  In occasione del suo 29mo convegno annuale sulle tecnologie della didattica Didamatica, che si svolge in questi giorni a Genova, AICA presenta il progetto di un percorso organico per le competenze digitali nella scuola,  portato di recente all’attenzione del legislatore in una audizione presso le Commissioni Istruzione di Camera e Senato.
“Quando si parla di competenze digitali, si parla di molte cose insieme: si parla della capacità generale di essere cittadini in un mondo digitale apprendendo a usare in modo consapevole e intelligente gli strumenti e gli ambienti digitali, ma anche di competenze professionali generali e specifiche, e capacità di sfruttare pienamente il digitale come mezzo da applicare alla risoluzione di problemi, allo studio di altre discipline, e all’innovazione” spiega Giulio Occhini, direttore di AICA.

“ Si tratta di un insieme di competenze che possono essere apprese in diversi stadi della formazione e per le quali proponiamo una serie di progetti e strumenti che possono essere recepiti in tutto il percorso formativo scolastico, dall’ingresso al diploma di maturità, e oltre. Tutto ciò premesso un reale adeguamento dell’organizzazione scuola, sia in termini di accesso all’infrastruttura digitale sia in termini di gestione corretta e sicura delle dotazioni digitali.”

Forte della storica esperienza nella diffusione delle competenze digitali a tutti i livelli, attraverso le Certificazioni Informatiche Europee e i numerosi progetti e sperimentazioni sviluppati in collaborazione con il MIUR, AICA propone per la Buona Scuola Digitale un percorso che prevede diverse priorità in cui devono essere coinvolti gli studenti, ma anche gli insegnanti e le scuole stesse come organizzazioni.

1.     La priorità infrastrutturale è diffondere in tutto il Paese, e, in particolare, nelle scuole, la banda larga, in coerenza con gli obiettivi europei.

2.     Una priorità di tipo organizzativo, conseguente al punto che precede, è il controllo del sistema informativo della scuola in modo da proteggerlo dal malware e da intrusioni pericolose. Si tratta di creare la figura e la responsabilità di un IT Administrator che garantisca il corretto funzionamento del sistema e la sua connessione ad internet. Allo scopo AICA ha da tempo introdotto il programma IT Administrator Foundamentals che consente ad un dipendente dell’istituto (a livello ATA) il conseguimento di queste capacità. Esiste una normativa europea ed italiana sulla sicurezza dei dati, cui un ente pubblico come la scuola deve attenersi e che rende questa funzione inderogabile.

3.     Un’altra priorità riguarda l’insegnamento strutturato, esteso agli studenti di tutte le classi, di come si debba accedere ed operare, in modo consapevole e sicuro nel mondo digitale.

4.   C’è poi la necessità di diffondere competenze e metodologie di apprendimento basate sull’informatica, sulla capacità di ricerca intelligente dell’informazioni su web e sulla logica di problem solving che includano la formazione  dei docenti, la creazione di laboratori nelle scuole per applicazioni pratiche di tecnologie digitali e l’alternanza attiva scuola-lavoro, cui AICA dedica l’edizione 2015 di Didamatica a Genova.

  1. In parallelo occorre dare allo studente le conoscenze di base per la e-leadership, in modo che, una volta uscito dalla scuola secondaria superiore, disponga, nel suo bagaglio culturale, di quanto è   necessario per affrontare i problemi con cui si dovrà cimentare nel mondo del lavoro e/o dello studio.

I cinque “passi” delle competenze digitali

La Buona Scuola digitale, strutturata secondo le premesse indicate,  introdurrà le competenze digitali in modo sistematico e progressivo in tutti i livelli della formazione, con l’obiettivo che gli studenti al termine del loro specifico corso di studi abbiamo a disposizione strumenti concreti per essere cittadini e lavoratori del mondo odierno.  E’ un percorso che si può sintetizzare in cinque “passi” da compiere.

1.     La formazione delle competenze digitali del cittadino: per offrire una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini adeguate a utilizzare e vivere il mondo digitale, come previsto dagli obiettivi chiave dell’Unione Europea (2006),  dalla scuola primaria e secondaria di primo grado, fino eventualmente al primo biennio della scuola superiore. Lo strumento è la Nuova ECDL (Patente Europea del Computer), affiancata da una riflessione sull’uso consapevole ed efficace degli strumenti e degli ambienti digitali ed alla sperimentazione delle loro varie applicazioni: un aspetto che può essere valorizzato, ad esempio, attraverso competizioni quali il concorso Webtrotter ed altre competizioni promosse tramite il MIUR e gli Uffici Scolastici Regionali.

2.     La formazione di competenze digitali professionalizzanti: sono le competenze che applicano a settori specifici il digitale e che possono essere integrate nei diversi indirizzi di studio. Ne sono esempi le competenze previste nei programmi ECDL  rivolti ad esempio alla progettazione CAD o al settore sanitario.

3.     Il computational thinking: l’introduzione di un approccio trasversale che include una “forma mentis”  improntata all’informatica come metodologia per la risoluzione di problemi e la realizzazione di progetti: dalla programmazione all’applicazione del digitale nelle materie tecniche (pensiamo solo al tema della stampa 3D e della manifattura digitale)  con un approccio didattico che parta dalla scuola primaria e certamente si estende ai licei e agli istituti superiori.

4.     Le competenze dell’innovatore digitale (e-leadership): si tratta di un insieme di attitudini più che di competenze che favoriscano l’approccio innovativo e la consapevolezza delle potenzialità e della necessità di adottare il digitale come strumento per l’innovazione nei vari settori. Rappresenta per AICA la vera sfida per la trasformazione digitale del Paese attraverso l’intelligenza dei giovani, e può essere oggetto di progetti rivolti agli ultimi anni della scuola superiore, sia nei Licei sia negli Istituti Tecnici e Professionali. Sono esempio il progetto ICT4Job che AICA sta sperimentando, incentrato su una cultura informatica /imprenditoriale, che è stato fatto proprio ad esempio dalla Regione Toscana nel suo repertorio di risorse per la formazione TRIO.

5.    Le competenze professionali ICT: negli istituti tecnici con specializzazioni informatiche è possibile introdurre percorsi che integrino nel curriculum le competenze per acquisire le certificazioni informatiche europee professionali “di base”, come EUCIP/eCFplus e IT Administrator, basate su standard che in Italia sono stati assunti con apposita norma UNI. In questo ambito AICA sta conducendo in accordo con il MIUR, un percorso per studenti e insegnanti degli istituti secondari ad indirizzo tecnico economico che ha già coinvolto in quattro anni circa un terzo del totale mentre per quelli a indirizzo informatica e telecomunicazioni propone il percorso ITACA è una pratica sperimentata e apprezzata a livello europeo .

La didattica per la tecnologia e nel mondo digitale

E’  importante evidenziare infine quanto il percorso della didattica digitale sia da intendersi anche come percorso formativo che consenta all’insegnante di utilizzare pienamente la tecnologia come strumento e di arrivare a una nuova modalità di insegnamento che viva pienamente nel mondo digitale odierno, assumendolo come un ambiente sempre più “naturale” per i giovani nativi digitali e imprescindibile per il confronto e l’evoluzione.  A tale scopo esistono precise proposte di formazione e certificazione dei docenti quali la certificazione sull’uso didattico delle LIM o PADDI (Patente per la Didattica Digitale).

TAR Campania: accesso ai PAS per la scuola secondaria

TAR Campania: ha ragione l’ANIEF, per l’accesso ai PAS per la scuola secondaria vale il servizio prestato nella scuola primaria

Aveva ragione l’ANIEF: per l’accesso ai Percorsi Abilitanti Speciali il servizio prestato in altro grado di istruzione è assolutamente valido per il raggiungimento del requisito dei tre anni di servizio per l’accesso all’abilitazione nella scuola secondaria. Il TAR Campania accoglie i ricorsi patrocinati dall’Avv. Michele Speranza e annulla i provvedimenti di esclusione emanati dall’USR Campania nei confronti di due nostre iscritte.

Con l’esperienza e la professionalità che da sempre lo contraddistinguono, l’avv. Speranza ha ottenuto per l’ANIEF questo ulteriore successo e la conferma che l’interpretazione della normativa di accesso ai P.A.S. prospettata dall’amministrazione scolastica circa la non cumulabilità del servizio prestato in ordini di scuola diversi, nello specifico gli anni di insegnamento nella scuola primaria da farsi valere per l’accesso ai PAS per la scuola secondaria, non trovava affatto rispondenza nelle disposizioni generali dei percorsi abilitanti (D.M. n. 85 del 18 novembre 2005), richiamato nelle premesse di dello stesso D.D.G. n. 58/2013 che indiceva i PAS.

Tra l’altro, come rilevato in udienza dal legale ANIEF e come accertato in sentenza, il D.D.G. n. 58/2013 non prevedeva espressamente la “non cumulabilità del servizio prestato sui due ordini di scuole limitandosi a richiedere all’art. 1 il requisito dei 3 anni di servizio, di cui uno nella classe di concorso per cui si concorre, con ciò lasciando intendere che per gli altri due anni i partecipanti potessero far valere il servizio prestato presso scuole di ordine diverso”.

Altre due vittorie, dunque, e piena soddisfazione per l’ANIEF che batte nuovamente il MIUR in tribunale e lo costringe al pieno rispetto della normativa e dei diritti di quei docenti che per anni hanno prestato servizio alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione e cui l’Amministrazione voleva negare anche il giusto diritto a conseguire l’abilitazione all’insegnamento.

F. Batini, Drop-out

Federico Batini, Drop-out
2014, Fuorionda (collana AltrEducazione. Voci)

di Vanessa Benedetti

batini“Drop-out” è un termine attraverso cui si fa riferimento a tutti quei giovani che hanno lasciato un percorso di studi o formativo senza aver acquisito una certificazione formale.

E’ proprio a questi ragazzi/e che Federico Batini, ricercatore e docente di Pedagogia sperimentale, Metodologia della ricerca educativa, dell’ osservazione e della valutazione e di Pedagogia sperimentale e consulenza pedagogica presso il Dipartimento di Scienze Umane e della Formazione dell’ Università degli Studi di Perugia, autore di questo testo (pubblicato dalla casa editrice “fuori|onda” per la collana AltrEducazione, maggio 2014 – Lavis, TN) ha rivolto la sua attenzione, ed è su di loro e sul loro mondo che ha deciso di aprire una finestra per permettere ai lettori di “guardare” più da vicino una realtà, quale quella dei drop-out, che si sta facendo sempre più imponente.

Il volume si compone di 179 pagine ed è articolato in due parti, la prima delle quali, intitolata “Perché ascoltare i drop-out?”, ci offre una panoramica teorico-concettuale dell’ argomento trattato e una generica ma chiara presentazione di alcune ricerche fatte nell’ ambito dell’ apprendimento. In questa parte prima è inoltre presente la descrizione dettagliata della ricerca che Batini ha svolto in relazione al fenomeno in questione.

Tale ricerca è stata realizzata su un campione di 67 soggetti drop-out (diviso in una componente perugina, costituita da un campione a valanga di 40 soggetti, e da una componente aretina, composta da 27 soggetti, al tempo frequentanti tre percorsi formativi dell’ Amministrazione Provinciale di Arezzo ) di età compresa tra i 16 e i 18 anni ad ognuno dei quali è stata somministrata un’ intervista narrativa semi-strutturata che ha permesso di ottenere un materiale di ricerca adeguatamente rispondente alla finalità stessa di quest’ ultima, ovvero quella di “lasciar emergere una voce, anzi una pluralità di voci”.

Dal metodo di analisi delle interviste adottato, che è stato affidato ad un processo ermeneutico e alla costruzione di categorie ex post, si evince ciò che “sta dietro” e, soprattutto, “dentro” al singolo ragazzo/a che decide di abbandonare la scuola; appaiono chiare le motivazioni che lo hanno condotto/a a tale scelta.

Nella seconda parte, che non a caso si intitola proprio “Voci”, si possono riscontrare i risultati della ricerca, vengono infatti riportate nero su bianco tutte le interviste raccolte nell’ area di Arezzo e, per motivi di spazio, solo alcune di quelle raccolte nell’ area di Perugia.

Sono gli stessi ragazzi quindi che, raccontando le loro esperienze scolastiche e non solo, ci permettono di comprendere come e perché si diventa un drop-out ed è leggendo le risposte che molti di loro hanno dato in particolar modo alla domanda “come mai hai deciso di abbandonare il percorso scolastico?” (una risposta ad esempio è stata “..a scuola non mi piaceva come facevano lezione e non mi permettevano di apprendere..”) che ben si comprende quanto questi ragazzi si siano sentiti poco, o per niente, parte integrante e attiva del loro stesso processo di formazione ed istruzione all’ interno del proprio contesto scolastico che, primo fra tutti, avrebbe invece dovuto saper rispondere ai loro bisogni formativi.

Leggere questo testo sarebbe e dovrebbe essere un’ esperienza interessante non solo per insegnanti, studenti o per gli stessi drop-out, ma per chiunque abbia a cuore il futuro delle nuove generazioni, quella attuale e quelle che verranno.

Desta forte preoccupazione sapere che secondo i dati Eurostat (2013), riportati anche in questo volume, in Italia, il tasso di abbandono scolastico (relativo all’ anno scolastico 2012-2013) è del 17,6 %, mentre sono molti i Paesi europei che hanno già superato, o sono vicini a farlo, il 10% che è il tasso posto dall’ Unione Europea come obiettivo da raggiungere entro il 2020.

Questi dati dovrebbero farci profondamente riflettere e dovrebbero rappresentare per noi uno stimolo ulteriore nella lotta ad un fenomeno come quello dei drop-out.

Questo è un testo che può essere considerato come un punto di partenza per il raggiungimento di un così nobile obiettivo perché alla sua base c’ è esattamente la convinzione che è proprio a partire dall’ ascolto, da un vero, attento e profondo ascolto, dei ragazzi stessi che si può veramente dare inizio ad un processo di autentica e positiva trasformazione tanto dell’ istituzione scolastica, quanto della società in generale.

La LIS a scuola: un futuro sostenibile

Pordenone. La LIS a scuola: un futuro sostenibile

Il 29 aprile a Pordenone un convegno per approfondire gli aspetti della LIS, la Lingua dei Segni Italiana.
Durante l’incontro verrà presentato il progetto realizzato presso l’Istituto “F. Flora” con gli studenti e sarà presente un rappresentante del MIUR per illustrare la normativa e le prospettive future. I docenti dell’Università Ca’ Foscari approfondiranno gli studi e le ricerche sulla LIS e gli aspetti relativi all’accessibilità e all’inclusione.
Le iscrizioni avvengono esclusivamente online
Orario: dalle 8.15 alle 13.30

Scuola, torna a crescere il numero degli stranieri. Sono il 9% del totale

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, torna a crescere il numero degli stranieri. Sono il 9% del totale

Lombardia prima nella “classifica” del ministero e della Fondazione Ismu sulla popolazione scolastica. In totale sono più di 800mila gli studenti non italiani, ma il 51,7% di loro è nato nel nostro Paese

Insegnanti alle prese con i «bes», la sfida della didattica multimediale

da Corriere.it

Insegnanti alle prese con i «bes», la sfida della didattica multimediale

L’iniziativa di Rcs education punta alla didattica inclusiva

di Valentina Santarpia

Tre tappe per educare gli insegnanti alla «didattica inclusiva multilivello multimediale integrata», ovvero ad una didattica che, sfruttando anche le nuove tecnologie multimediali, riesca ad «includere» e a far partecipare tutti gli studenti, anche quelli che hanno dei «bisogni educativi speciali»: è questo il senso dell’iniziativa «Primaria day», il road show Rcs dedicato interamente alla scuola primaria, con un focus sulla didattica inclusiva e sui Bes, che si conclude oggi, 15 aprile, a Palermo, dopo Milano e Bologna.

Le sfaccettature

Li hanno ribattezzati «bes», «bisogni educativi speciali», ma in realtà gli studenti e i bambini con difficoltà a scuola presentano sintomi e caratteristiche molto diverse tra di loro: sono tutti quegli studenti che hanno disturbi evolutivi specifici, e che hanno uno svantaggio culturale, sociale o linguistico. Il 27 dicembre del 2013, dopo anni di attese e richieste, il Miur ha emanato una direttiva che finalmente dà dignità a questi disturbi, ammettendo che l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit.

La platea

Quanti sono in Italia gli allievi con «bes»? Gli alunni con disabilità certificata sono circa 113 mila, quelli con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) circa 300 mila e quelli con ADHD (sindrome dell’attenzione dell’iperattività) circa 80 mila. Vi sono poi alunni con funzionamento cognitivo limite (o borderline) che rappresentano circa il 2,5% della popolazione scolastica (200 mila), senza considerare quelli con svantaggio socioeconomico, linguistico o culturale, presumibilmente non pochi. Si tratta quindi di oltre 700 mila alunni (8,5% della popolazione scolastica) con «bes». Una nuova sfida, non facile, per l’integrazione, in una scuola sempre più povera di risorse. E che Rcs Education prova a cogliere unendo le eccellenze della scuola primaria, Fabbri editori, Erickson e Oxford University press.

«Il vecchio prof non esiste più»

«E’ stato un scambio di idee interessante su come deve essere un insegnante inclusivo perché possa avere una classe dove nessuno viene lasciato indietro, e tutti vengano portati al successo formativo: è stato questo lo spirito degli incontri», spiega Agostino Miele, dirigente scolastico dell’istituto Gentileschi di Milano. «La cosa che mi ha fatto piacere è vedere circa 300 docenti della primaria che sono arrivati ai vari incontri per accogliere l’ input». Ovvero? Cosa deve fare un docente per includere e non escludere? «La prima cosa è dimenticare la lezione frontale del passato, dividere la classe in gruppi secondo le potenzialità all’apprendimento, pensare alla classe capovolta, oppure al cooperative learning, tutte modalità che consentono a tutti di partecipare all’apprendimento». Secondo Mieli, bisogna «capire che oggi il docente deve cambiare stile di vita: il vecchio prof che entrava e faceva la sua lezione non esiste più».

Edilizia scolastica, Giannini: «Intervento imponente». Ma i fondi sono ancora sulla carta

da Il Sole 24 Ore

Edilizia scolastica, Giannini: «Intervento imponente». Ma i fondi sono ancora sulla carta

di Alessia Tripodi

Durante il question time alla Camera sui fatti di Ostuni il ministro dell’Istruzione ha ribadito i numeri delle risorse messe in campo per sicurezza e manutenzione

Dopo il crollo del soffitto nella scuola di Ostuni il Governo torna a ribadire il suo «intervento «imponente» sul fronte dell’edilizia scolastica con un piano da 3,9 miliardi . Lo ha fatto ieri il ministro Stefania Giannini durante il question time alla Camera, rispondendo a un’interrogazione del M5S che chiedeva lumi sulla strategia per la sicurezza di studenti e docenti. Ma nonostante gli annunci, il piano di interventi lanciato dal premier – come già evidenziato nei giorni scorsi – resta ancora in gran parte sulla carta, tra risorse al palo, obiettivi non centrati e insufficiente coordinamento delle azioni. Tanto che quasi 1,6 miliardi destinati a ristrutturazioni e nuovi istituti risultano ancora inutilizzati.

Giannini: «In campo 40 milioni per il monitoraggio»
Dopo aver ricordato «la costituzione dell’osservatorio per l’edilizia con compiti specifici di programmazione» e «l’avvio dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, che sarà resa pubblica il 22 aprile», il ministro dell’Istruzione ha snocciolato i numeri delle risorse messe in campo dall’esecutivo per le scuole belle, nuove e sicure.
«Le azioni già avviate – ha spiegato – si muovono su tre livelli fondamentali: la sicurezza delle scuole, l’adeguamento strutturale e l’abbellimento e l’edificazione di nuovi edifici ove necessario. Nel primo caso abbiamo stanziato finora in tutto 540 milioni che hanno consentito 2.264 interventi già realizzati, di cui 692 di messa in sicurezza e altri 1.636 aggiudicati e da realizzare nei prossimi mesi. All’adeguamento strutturale – ha continuato Giannini – sono riservati 280 milioni effettivi che sono stati programmati per un totale di 17mila interventi nei prossimi 2 anni, incluso questo. Infine, il grande programma di mutui della Bei per un complessivo ammontare di 940 mln e 4mila interventi previsti». Questo «dà la misura dell’intervento imponente del governo a cui si associano – ha aggiunto il ministro – le misure contenute nel Ddl La Buona Scuola, in cui 300 milioni sono utilizzabili per la costruzione di nuove scuole e 40 per il monitoraggio. Mi sembra – ha concluso – un’azione complessiva, strutturale che ci auguriamo potrà evitare episodi come quelli tristemente ricordati». Una risposta che non ha soddisfatto i deputati di M5S, secondo i quali «di fronte a una situazione di allarme il governo nel Def prevede di tagliare da qui al 2020 lo 0,2% del Pil destinato all’istruzione» e «a fronte di un fabbisogno per l’edilizia scolastica di diversi miliardi di euro, prevede investimenti per soli 130 milioni nei prossimi 5 anni» con fondi «che tra l’altro, sono il frutto di provvedimenti di precedenti governi».

Risorse al palo e obiettivi mai centrati
L’utilizzo di gran parte dei fondi previsti è ancora tutto sulla carta. Tanto per fare un esempio, il “decreto mutui”, già previsto dall’ex ministro Maria Chiara Carrozza e che secondo il Miur permetterà di investire 940 milioni, è arrivato in Gazzetta più o meno un mese fa, ma ancora si attendono i decreti attuativi. Si fa attendere anche il provvedimento per sbloccare i 350 milioni disponibili per le ristrutturazioni energetiche delle scuole, più volte dato per imminente dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, mentre ancor più in ritardo è l’utilizzo dei 300 milioni Inail , previsti da un decreto del “fare” di luglio 2013 e inseriti nel ddl sulla Buona Scuola. Sul fronte del fondi Pon, infine, per la programmazione 2014-2020 le scuole, dice il Miur, possono contare su un budget di 380 milioni. Tutte risorse che, però, sono ancora da programmare.

Didamatica, a Genova il convegno annuale sulle tecnologie digitali

da La Stampa

Didamatica, a Genova il convegno annuale sulle tecnologie digitali

Tema portante dell’edizione 2015 è «Studio Ergo Lavoro – Dalla società della conoscenza alla società delle competenze»

Fino al 17 aprile Genova ospita la 29° edizione di Didamatica , il convegno annuale sulle tecnologie digitali per la didattica promosso da AICA (Associazione italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico). L’evento, divenuto punto di riferimento per studiosi, docenti, formatori del mondo della Scuola, dell’Università, delle Aziende e degli Istituti di Ricerca e Formazione pubblici e privati, si propone di fornire un quadro ampio e approfondito delle ricerche, delle innovazioni e delle esperienze nel settore dell’informatica applicata alla didattica, nei diversi domini e nei molteplici contesti di apprendimento.

Il convegno è organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Genova – Scuola Politecnica e con la collaborazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Agenzia per l’Italia Digitale.

Tema portante di Didamatica 2015 è “Studio Ergo Lavoro – Dalla società della conoscenza alla società delle competenze”. Il programma del convegno è strutturato in modo tale da stimolare una riflessione sulla delicata e, al tempo stesso, cruciale transizione scuola-lavoro, resa difficile dallo scollamento emerso in questi anni tra le competenze scolastiche acquisite e le necessità del sistema produttivo.

In questo contesto Didamatica 2015 promuove la collaborazione tra più soggetti – istituzioni, aziende, scuole, università, enti di formazione e giovani – per delineare una prospettiva di sistema che valorizzi il ruolo dell’istruzione e della formazione, anche continua, e diffonda le numerose e rilevanti esperienze di collaborazione tra mondo dell’istruzione e mercato già avviate in Italia, facendo leva anche sulle esperienze internazionali.

Nei tre giorni di convegno si affronteranno temi portanti per una riuscita trasformazione dalla “società della conoscenza” di cui si parlava fino a poco tempo fa a quella che oggi si configura come una nuova società delle competenze – digitali ma non solo.

Precari, il Governo vuole fare chiarezza: ecco i dati aggiornati

da La Tecnica della Scuola

Precari, il Governo vuole fare chiarezza: ecco i dati aggiornati

Il 16 aprile verranno consegnati alla VII Commissione della Camera, in risposta al M5S, che qualche giorno fa aveva chiesto un supplemento di istruttoria per avere informazioni dettagliate sulle diverse tipologie, suddivisi per classi di concorso e per inserimento nelle varie graduatorie provinciali, oltre che sul numero dei posti liberi. Da mercoledì 22 aprile si inizierà a votare la “pioggia” di emendamenti ritenuti idonei.

Dopo tanti attacchi, repliche e discussioni, il Governo ha deciso di fare chiarezza su caratteristiche e numeri dei precari della scuola italiana: i dati aggiornati, assicurano fonti ministeriali riportati dalle agenzie di stampa, verranno portati giovedì 16 aprile sul tavolo della commissione Cultura alla Camera che proprio in questi giorni sta esaminando il ddl, con l’imponente piano di immissioni in ruolo incorporato, per relazionarlo in tempi ristretti alle altre commissioni competenti (Lavoro, Bilancio e forse anche Affari regionali) ed infine all’Aula in vista dell’approvazione.

I dati che fornirà il Governo rappresentano anche una risposta a chi chiede da mesi un censimento (come l’Anief). Ma anche al Movimento 5 Stelle, che qualche giorno fa aveva chiesto, all’avvio dell’esame del ddl sulla scuola, un supplemento di istruttoria per avere informazioni dettagliate sulle diverse tipologie dei precari, suddivisi per classi di concorso e per inserimento nelle varie graduatorie provinciali, oltre che sul numero delle assunzioni a tempo determinato dello scorso anno e i fabbisogni per il prossimo.

Al termine dell’ufficio di presidenza in commissione Sel e Movimento cinque stelle hanno chiesto di dare maggiore spazio per la discussione degli emendamenti (altrimenti si imporrebbe una “discussione strozzata”) ma la maggioranza ha ricordato, pur a fronte della legittimità della richiesta, la necessità di “fare presto”. Così l’ufficio di presidenza della commissione Cultura della Camera ha posticipato di soli due giorni, alla sera di lunedì, 20 aprile, la scadenza per la presentazione degli emendamenti al ddl sulla scuola, inizialmente prevista per sabato 18.

Dopo l’esame si dovrebbe iniziare mercoledì 22 aprile a votare gli emendamenti. Che non saranno affatto pochi, da parte dell’opposizione una “pioggia”, ma diversi anche da parte della maggioranza che sostiene il Governo. Con una grossa fetta di emendamenti che, tra l’altro, è stata già stralciata poiché ritenuta inammissibile.

Istituti professionali, agli stranieri non piacciono più

da La Tecnica della Scuola

Istituti professionali, agli stranieri non piacciono più

Gli studenti non italiani preferiscono ormai i tecnici. Ma anche i licei, soprattutto le ragazze, dove si sono registrati aumenti di iscrizioni rispetto al passato. I dati verranno presentati da Miur e Fondazione Ismu il 16 aprile a Roma.

Gli istituti professionali perdono attrazione. Almeno per quanto riguarda gli studenti stranieri. Il dato è un’anteprima sugli studenti di cittadinanza non italiana, che verranno ufficialmente presentati dal Miur e dalla Fondazione Ismu il 16 aprile a Roma.

Per comprendere la portata della novità, basta dire che per la prima volta dal 2000 la maggioranza degli studenti stranieri in Italia ha scelto l’istituto tecnico. Proprio a discapito degli istituti professionali. A anche il liceo accoglie un maggiore numero di ragazzi di cittadinanza non italiana rispetto agli anni scorsi. Sono state soprattutto le ragazze a spostare le scelte rispetto al passato: sono loro, infatti, a scegliere maggiormente il liceo rispetto ai ragazzi e dividersi equamente tra gli indirizzi scolastici.

Ecco, per punti, la sintesi dei dati ufficiali realizzata dall’Ansa.

STRANIERI, UN PASSO VERSO L’INTEGRAZIONE – Anche per quest’anno i dati Ismu confermano il massiccio orientamento degli studenti stranieri verso gli istituti tecnici e professionali. Tuttavia – segnala Skuola.net – si avverte un cambiamento di tendenza: rispetto all’anno scorso, gli iscritti al liceo sono passati dal 22,9% al 23,5%. Nel 2001 erano solo il 21,8%. I tecnici accolgono il 38,5% degli stranieri e mantengono la quota dell’anno scorso, ma per la prima volta dal 2001 battono i professionali, che scendono dal 38,6% al 37,9% di studenti stranieri in un anno. Nel 2001 raccoglievano il 42,6% di iscritti.

LE RAGAZZE STRANIERE VANNO A LICEO – Tra gli studenti di cittadinanza non italiana ci sono tuttavia delle differenze. Una fra queste riguarda il genere. Sono le ragazze infatti a dividersi più equamente tra gli indirizzi scolastici. Ben 1 studentessa su 3 è iscritta al liceo, altrettante in un tecnico, e in uguale misura in un professionale. Rispetto alle ragazze, i maschi che scelgono un percorso liceale sono meno della metà, mentre l’86% si concentra nei tecnici (44%) o nei professionali (42%).

 

UNA SCUOLA PER OGNI PAESE – Un altro aspetto che caratterizza gli studenti stranieri è il paese di provenienza. Questo infatti sembra influenzare le scelte dei ragazzi. Sono per lo più i ragazzi ucraini (30%), romeni (28%) e albanesi (25%) a studiare al liceo, anche se non è la scelta prioritaria. Invece la maggioranza dei moldavi, peruviani e cinesi frequentano i tecnici (rispettivamente 46%, 43% e 42%). I marocchini, i pakistani e gli indiani sono invece i ragazzi di cittadinanza non italiana che si dirigono in particolar modo verso i professionali (50%, 48% e 46%).

Prosegue in Commissione l’esame del DDL

da La Tecnica della Scuola

Prosegue in Commissione l’esame del DDL

Ma Giancaro Giordano accusa la maggioranza sostenendo che c’è qualche modesta apertura, ma più di facciata che di sostanza.

A leggere il resoconto sommario di quanto accaduto nella giornata odierna in Commissione Cultura della Camera si ha la sensazione che ormai i giochi siano fatti anche se, per la verità, fuori dal Parlamento sindacati, associazioni e movimenti che stanno contrastando il DdL 2994 non per nulla intenzionati a “deporre le armi”.
Giancarlo Giordano (SEL) è tornato, indirettamente, sulla posizione assunta dalla maggioranza di non tenere conto delle altre proposte di legge sulla scuola presentate da diversi gruppi parlamentari.
Riguardo qualche rapido riferimento alle audizioni e alle obiezioni delle opposizioni fatto in particolare dalla relatrice Maria Coscia, Giordano è stato piuttosto secco: “Le offerte di apertura fatte da esponenti della maggioranza si stanno rivelando meramente di cortesia, laddove in realtà la maggioranza medesima intende il testo come quasi immodificabile nel contesto di una discussione strozzata”.
Altro elemento di polemica riguarda i termini fissati per la presentazione degli emendamenti (20 aprile ore 22) che secondo l’opposizione non consentono un esame sereno e accurato del provvedimento.

Nella giornata del 16 aprile dovrebbe proseguire il dibattito sullle linee generali del disegno di legge. Poi la prossima settimana si dovrebbe incominciare ad entrare nel merito e a quel punto si capirà se ci sono veri spazi per apportare modifiche al testo. Il fatto è che il disegno di legge è ampio e complesso ed è molto improbabile che nel giro di pochi giorni possa essere esaminato e corretto.
A latere va segnalato che in apertura di seduta la presidente della Commissione ha chiarito che il regolamento della Camera non consente che le riunioni in sede referente vengano trasmesse sul canale WEB-TV della Camera.