Movimenti di truppe

Movimenti di truppe

di Stefano Stefanel

Com’era facile prevedere contro il DDL governativo sulla scuola sono scese in campo le variegate truppe della contestazione. E’ molto interessante notare come gli scioperi proclamati (mi pare 24 aprile, 5 e 12 maggio) costruiscano una buona base di turbolenza, che collega la protesta sul DDL con quella annuale contro l’Invalsi. L’obiettivo della contestazione è azzerare qualsiasi modifica, tra l’altro con richiami alla Legge di Iniziativa Popolare (LIP) che costituisce il più nostalgico tentativo di fermare il tempo che si sia visto ultimamente in giro.

Azzerare qualsiasi cambiamento, insultare i dirigenti scolastici, attaccare coloro che appoggiano il progetto governativo per il solo fatto che lo fanno: ancora una volta la scuola italiana viene chiamata a muoversi contro qualcuno (Renzi) e qualcosa (DDL e Invalsi) e non a favore di una qualsivoglia innovazione (la LIP è conservazione allo stato puro). Richiamandosi alla Costituzione e alla Democrazia ed ergendosi a paladini e giudici di tutto Associazioni, Sindacati, Comitati vogliono solo mantenere tutto inalterato.

Il progetto governativo è discutibile come tutti i Disegni di legge: contiene elementi condivisibili, elementi discutibili, elementi fortemente negativi. Va discusso nel merito e poi votato. Chiedere di ritirarlo significa ritenere che il Governo abbia scherzato. Se, infatti, il Governo ritira la proposta si chiude a qualsiasi possibilità futura di modifica dell’esistente, perché su una cosa il mondo della scuola riesce ad essere sempre compatto: a dire di no.

Il progetto governativo sposa le assunzioni dei precari all’eliminazione delle gae, all’introduzione dell’organico funzionale, alla valutazione dei docenti, alla modifica di alcune parti del curricolo, alla ridefinizione dei meccanismi di governance e di finanziamento delle scuole. Chi chiede il decreto legge per l’assunzione dei precari storici scambia un progetto per una sanatoria, Se i precari hanno diritto all’assunzione saranno assunti anche senza decreto (magari per via giudiziaria), se invece costituiscono l’elemento di partenza dell’organico funzionale devono entrare dentro un progetto complessivo.

Insultare i dirigenti nella certezza che dovendo assumere del personale porteranno nelle scuole clientele varie significa denigrare la categoria aggredendola gratuitamente al di là di ciò che ha fatto finora (e Anp in qualità di sindacato leader dei dirigenti scolastici avrebbe dovuto evitare di buttare benzina sul fuoco con dichiarazioni improvvide). In ballo c’è una questione fondamentale: a scuola (e nella pubblica amministrazione) si può entrare solo per concorso e graduatoria o anche per altre vie (merito, valutazione, albo, ecc.)? Non è in discussione alcuna democrazia, né è toccata alcuna Costituzione: siamo semplicemente all’interno di un sistema nuovo di governance in cui chi risponde dei risultati del servizio (il dirigente scolastico) può fare delle scelte anche sul personale da assumere. Qualcuno è d’accordo con questo, qualcun altro no: ma cosa c’entrano la democrazia e la costituzione sbandierate da zelanti custodi che nessuno ha nominato per custodire?

Uno scenario direi piuttosto avvilente, che mette di mezzo anche l’Invalsi, cioè gli unici dati certi di sistema che abbiamo. Leggo in giro la precisa contabilità di cosa si può riuscire a bloccare con scioperi e proteste. Anche questa volta saremo primi nel mondo per conservazione: un gran bel risultato.

Sciopero di tutti i docenti per il 5 maggio 2015

L’AND proclama lo sciopero di tutti i docenti per il 5 maggio 2015

Con il Disegno di Legge (DdL 2994) di modifica delle norme sulla scuola, il Governo intende realizzare una radicale spoliazione dei diritti fondanti riconosciuti dalla Costituzione al nostro sistema di istruzione e alla sua funzione primaria, l’insegnamento, che viene ad essere privata di ogni garanzia.

Brandendo la spada della stabilizzazione del lavoro, tra l’altro ormai imposta dalle sentenze della magistratura, il Governo gira la lama nella carne lacerata da anni di sacrifici dei tanti precari della scuola, ai quali promette una stabilità più precaria di quella finora vissuta, in cambio di sostegno ad un estremo sradicamento della democrazia nelle nostre scuole e alla loro trasformazione in un sistema feudale assai lontano dalle esperienze più buie della nostra storia post unitaria.

I precari entreranno “nudi” nei cosiddetti “albi” e potranno, in ogni tempo, dopo un’infruttuosa messa in disponibilità, uscirne “spogliati”, se non cacciati dalla stessa scuola e senza più alcuna possibilità di potervi fare ritorno. In modo non dissimile toccherà agli attuali docenti cosiddetti “di ruolo”. Anch’essi saranno ogni tre anni, ed in ogni momento, sottoposti al volere di novelli satrapi a cui questo Governo vuole affidare il loro futuro professionale e lavorativo e la vita e il destino della scuola italiana.

A questo DdL (disegno di distruzione della libertà) l’AND dice NO e chiede che venga ritirato. Per questo il 5 maggio tutti i docenti sciopereranno

Sciopero scuola del 5 maggio: meglio tardi che mai ma…

Sciopero scuola del 5 maggio: meglio tardi che mai ma…..

La CUB Scuola Università Ricerca considera il ddl Renzi conosciuto come “la buona scuola”, il precipitare di quanto di peggio i diversi governi, anche quelli sedicenti di sinistra, abbiano cercato di imporre alla scuola negli ultimi 20 anni con un’aggravante: l’intero progetto si basa su una proposta di scambio indecente tra assunzione a tempo indeterminato  di un certo numero di colleghi precari e il peggioramento generalizzato della condizione normativa di tutti i lavoratori della scuola.

Per questo abbiamo animato, insieme ai coordinamenti precari e ad altre OO.SS., la protesta di questi mesi; per questo, auspicando la massima unità della categoria nella chiarezza delle rivendicazioni, abbiamo indicato da subito la necessità di molte iniziative di mobilitazione, compreso lo sciopero nazionale.

Insistiamo sulla chiarezza delle rivendicazioni perché a nostro avviso il ddl Renzi non è emendabile. Esso contiene tali e tante storture da rendere necessario il suo abbandono e la contemporanea formulazione di un piano straordinario di assunzione dei precari su tutti i posti disponibili.

In base a questi obiettivi abbiamo indetto lo sciopero del 24 aprile contro il ddl e quello di 5, 6 e 12 maggio contro le ridicole e pericolose prove Invalsi. Ora vediamo che anche i sindacati istituzionali della scuola sembrano abbandonare ogni attendismo e convergono sulla data del 5 maggio per indire, anche loro, lo sciopero nazionale.
Noi ovviamente non scordiamo che, al tempo della protesta contro Gelmini, fu proprio un accordo separato di CISL-UIL-SNALS e Gilda col Governo a segnare la sconfitta del movimento di opposizione e proprio nel punto più alto della protesta.

Noi siamo un sindacato di base, ci siamo cioè dati l’obbligo di ascoltare i lavoratori e di agire perseguendo il loro interesse e rifuggendo logiche di bottega; registriamo oggi la forte richiesta di unità che arriva dalle scuole e ne prendiamo atto: faremo quindi la nostra parte affinché il 5 maggio sia una grande giornata di mobilitazione del personale e degli studenti ma sappiamo già che la battaglia non si concluderà quel giorno e,  già da ora,  invitiamo tutti a proseguire la mobilitazione bloccando le prove Invalsi anche negli altri ordini di scuola e a puntare oltre fino a raggiungere l’unico obiettivo possibile: la caduta del disegno di legge Renzi e lo stralcio dei provvedimenti di assunzione per i precari su tutti i posti disponibili, anche in organico di fatto.

Riforma penalizza i lavoratori da Palermo inizia la protesta

Scuola, Mascolo:
“Riforma penalizza i lavoratori da Palermo inizia la protesta”

“Il territorio ha risposto positivamente al sit in di protesta, organizzato oggi a Palermo dall’Ugl Scuola, per opporsi alla riforma del sistema scolastico sempre più ingiusta nei confronti dei lavoratori e, in particolare dei precari. Palermo è solo la prima tappa di una importante iniziativa che si estenderà, nei prossimi giorni, su tutto il territorio nazionale”.
Così Giuseppe Mascolo, segretario generale Ugl Scuola, al termine del sit in di protesta a cui ha partecipato Giuseppe Messina, reggente dell’Ugl Sicilia, e un folto gruppo di lavoratori.
“Pretendiamo in particolare sulla formazione professionale siciliana un impegno concreto da parte del Presidente Crocetta per dare respiro ad un settore da sempre di primaria importanza”.
Per il sindacalista “la riforma della scuola è uno specchio per le allodole di fatto mira ad apportare delle variazioni che avranno solo effetti devastanti per il mondo della scuola e per i lavoratori”.
“Il governo non può pensare di procedere in un percorso di riforma senza un serio e costruttivo confronto con le parti sociali ma, soprattutto – conclude – non trascuri il rinnovo del ccnl di categoria, oramai obsoleto e fermo da un decennio”.

Valutare o valorizzare i docenti?

Valutare o valorizzare i docenti?

di Giancarlo Cerini

 

Dall’anzianità al merito

La consultazione su “La Buona Scuola” (la cui proposta di apertura era di riconoscere scatti di merito al 66% dei docenti) ha messo in evidenza che gli insegnanti sono “affezionati” alla loro anzianità, se la vogliono “portare” in carriera. Però la maggioranza di essi (vicino al 70%) ritiene che debba entrare in gioco anche il merito. Dunque, sono necessarie soluzioni innovative e ragionevoli, possibilmente condivise. Politicamente, il Governo ha deciso di utilizzare le risorse a disposizione degli insegnanti tenendo conto sia dell’anzianità, sia del merito. Il disegno di legge (n. 2994 del 27-3-2015) in discussione alla Camera dei Deputati affronta il problema del riconoscimento della professionalità attraverso l’istituzione di un apposito “fondo per il merito” (art. 11) che sarà gestito dal dirigente scolastico, sentito il Consiglio di istituto. Gli incentivi sono annuali e pertanto non vanno a configurare una vera e propria carriera, ma sono legati ad un apprezzamento sui risultati raggiunti (è evidente il richiamo alla performance dei pubblici dipendenti di cui al D.lgs. 150/2009). La dotazione iniziale del fondo è fissata in 200 milioni (però a decorrere dal 2016) e questo fa prevedere un finanziamento di circa 20-25.000 euro per ogni istituzione scolastica. I criteri indicati per l’assegnazione dei benefici si riferiscono a:

  • “qualità dell’insegnamento;
  • rendimento scolastico degli alunni e degli studenti;
  • progettualità nella metodologia utilizzata;
  • innovatività;
  • contributo al miglioramento complessivo della scuola”.

La proposta ha suscitato accese reazioni, soprattutto in relazione alla titolarità (quasi esclusiva) del dirigente nella valutazione della qualità del lavoro dei docenti. Dunque, il dibattito è aperto, ed è auspicabile che il Parlamento possa trovare soluzioni maggiormente in sintonia con il mondo della scuola. Non è però facile districarsi in questo vero e proprio ginepraio, ove spesso prevalgono posizioni pregiudiziali, risentimenti antichi e recenti, percezione di marginalità della condizione docente. Vediamo, dunque, di ricostruire con pacatezza lo “stato dell’arte”.

 

La questione del “merito”

Riconoscere i meriti delle persone è “politicamente” corretto. Né di destra, né di sinistra (direbbe Giorgio Gaber). Anzi, il merito è il fondamento della democrazia, perché dovrebbe aiutarci a superare i vincoli sociali, di territorio, di cultura, di casta, che si sovrappongono al pieno sviluppo di talenti e potenzialità di ciascuno.

Il merito, in generale, è il valore “aggiunto” che le persone mettono ai loro talenti e alle loro attitudini… la scuola che promuove il merito dovrebbe “scoprire” i talenti, coltivarli, permettere a tutti di dare il meglio di sé (capability). Non è in gioco un’astratta gara meritocratica…

La parola “merito” può creare disturbo, ma in questo contesto è in gioco il problema della professionalità docente, degli standard professionali che gli stessi docenti (nelle loro forme di rappresentanza culturale e professionale) dovrebbero darsi.

Teniamo, inoltre, distinte la valutazione dei risultati degli allievi dalla valutazione del lavoro del docente (e degli altri operatori). Alle tecnicalità (come si fa, chi decide, quali conseguenze?) ci si dovrebbe arrivare solo dopo un confronto aperto sui principi.

Facciamo una prima ipotesi. Un buon insegnante:

  1. a) si prende cura della propria formazione,
  2. b) si prende cura della propria classe,
  3. c) si prende cura della propria scuola.

Su questi tre punti, chiamiamoli standard professionali, non dovrebbe mancare la condivisione. Queste tre dimensioni erano abbozzate anche nel documento iniziale su “La Buona Scuola” del 3 settembre 2014, in forma di crediti formativi, professionali, didattici. Di questi aspetti si parla anche nel profilo professionale contenuto nel Contratto di Lavoro del personale docente (2006-2009) e “prove tecniche” di elaborazione dei crediti erano state condivise in varie sedi professionali e sindacali.

 

Dall’autovalutazione alla peer review

Siamo certamente convinti che l’esperienza maturata da un docente abbia un peso, un valore, ma da sola non basta. Deve accadere qualcosa per dare “valore” a quel trascorrere del tempo. La sola anzianità di servizio non è sufficiente (altrimenti al di fuori della scuola NON ci capiscono…). Ma della valutazione esterna non ci si fida. Si teme che sia una intrusione nella propria privacy professionale (che spesso indossa le vesti paludate della “libertà di insegnamento”), bypassando in un colpo solo tanti discorsi sulla condivisione delle scelte, il lavoro collaborativo, la responsabilità, la comunità professionale.

Proponiamo, dunque, di partire dalla “peer review...”. Significa che la valutazione scaturisce dalla “propria” comunità di pari, dal confronto con i colleghi. La valutazione dovrebbe essere associata NON ad un controllo, ma al miglioramento… questo è un principio irrinunciabile, da cui discendono poi molte conseguenze… Questo principio deve valere per l’intero Sistema di Valutazione (degli allievi, delle scuole, delle professionalità) e, fortunatamente, se ne provano tracce nel Dpr 80/2013 e, soprattutto nella Direttiva 11/2014 di avvio del sistema di valutazione).

La “peer review” è tipica di una comunità professionale che si prende le sue responsabilità, che fa crescere le persone che in essa operano, che trasforma l’autovalutazione in una occasione di confronto e di sviluppo professionale… l’alternativa non può che diventare la solitudine di ogni insegnante.

La “peer review” comporta anche la reciproca osservazione in classe, tra docenti, per capire e crescere sul piano didattico. In Emilia-Romagna è stata praticata per i docenti neo-assunti ed è stata considerata un buon strumento di formazione. Ora se ne propone la generalizzazione sul piano nazionale per l’anno di formazione dei docenti neo-assunti del 2014-15 (cfr. CM 6768 del 27-2-2015).[1]

 

Valorizzare la qualità del lavoro

Una proposta praticabile per la valorizzazione della professione docente non può concentrarsi solo sulla erogazione di alcuni incentivi temporanei, ma dovrebbe affrontare la questione in termini sistemici. Occorre intervenire in più direzioni:

  • promuovere una formazione iniziale più rigorosa (con l’ultimo miglio della formazione universitaria affidato alla scuola), un periodo di prova dopo l’immissione in ruolo veramente formativo (attraverso peer review, supervisione didattica, bilancio di competenza, tutoring ecc.). Chi non è adeguato all’insegnamento viene orientato verso altre professioni (il periodo di prova dovrebbe durare almeno due anni);
  • riconoscere in maniera più consistente l’impegno dei colleghi che sostengono l’organizzazione professionale e didattica della scuola: occorre valorizzare competenze, scegliere bene, remunerare l’impegno (parliamo del middle management, meglio di una vera e propria middle leadership);
  • mantenere nel profilo contrattuale l’ANZIANITA’, ma questa non può essere inerte, occorre accompagnarla con alcuni impegni documentabili in materia di:
  1. formazione in servizio/ricerca (non parliamo però di corsettini di aggiornamento..),
  2. impegni per lo sviluppo/miglioramento della propria scuola (curvati in ottica collaborativa);
  3. innovazione sul piano didattico (autovalutazione, osservazione, documentazione, confronto…).

Si tratta di tre tipologie di standard professionali equilibrati nel loro insieme (cui possono corrispondere diverse tipologie di crediti e di evidenze). Ogni docente documenta i crediti formativi, professionali e didattici, mentre spetta ad un nucleo interno di colleghi autorevoli (chiamiamolo nucleo di valutazione), coordinato dal dirigente e affiancato da un “tecnico” esterno (in caso di valutazione di seconda istanza), validare l’autovalutazione.

 

“Chiamata” diretta, comunità professionale e supervisione

Come si costruisce il rapporto tra un insegnante e la scuola di servizio? Attualmente l’assegnazione avviene quasi “random” sulla base di punteggi e procedure amministrative. Fa discutere la proposta del disegno di legge del Governo, che affida al Dirigente Scolastica la scelta dei docenti da un albo territoriale (una sorta di organico senza sede). Un simile principio è stato adottato nel corso degli anni per le scuole sperimentali e lo ritroviamo vigente ancora oggi. Ma nelle scuole che adottano un criterio di chiamata ad hoc per i docenti che aspirano ad entrare (parliamo delle scuole sperimentali Don Milani-GE, Pestalozzi-FI, Rinascita-MI) è un gruppo di colleghi che procede alla valutazione del curriculum ed al colloquio dei richiedenti. Dunque, c’è una richiesta del docente e c’è una valutazione di congruità (ed una scelta) da parte della comunità professionale che accoglie.[2]

In queste realtà, fin dal suo ingresso nella scuola, il neo-docente viene affiancato da figure di tutor (tutoraggio diffuso) che lo “osservano” in situazioni tipiche del lavoro: in aula, nei laboratori, nella progettazione, nei consigli di classe. Le scuole sperimentali utilizzano appositi protocolli di supervisione dei comportamenti professionali, schede di sintesi con apposite rubriche descrittive (ove si apprezza in particolare la capacità di lavorare con i colleghi)[3].

L’intenzione non è quello di enfatizzare il momento valutativo, ma di accompagnare un insegnante in un processo di riconoscimento della propria professionalità (dei punti di forza e di criticità), di favorire l’autovalutazione convalidata da un occhio terzo, a scopo formativo e di miglioramento. Il percorso di tutorato prevede anche l’impegno a progettare una o più unità didattiche e a realizzare colloqui di supervisione con i propri tutor durante l’anno scolastico. Un patto per lo sviluppo professionale suggella questo impegno del docente ad arricchire la sua preparazione, in sintonia con la progettualità della scuola in cui opera[4].

 

Le figure intermedie, la comunità professionale, la solitudine del dirigente

Per i docenti che dedicano un impegno supplementare al funzionamento della scuola va previsto un riconoscimento più strutturato delle funzioni svolte (ma non come scelta discrezionale dovuta al collegio docenti o al dirigente), invece sulla base di titoli, un curriculum di crediti, il portfolio ed eventualmente un concorso pubblico. Il riconoscimento economico va di pari passi con il maggior impegno a favore dei colleghi. Ma questo è un aspetto parziale della questione… riconosce uno stato di fatto già ampiamente presente nelle scuole (funzioni strumentali, staff, middle management) ma ancora assai fragile. Tuttavia, la presenza di figure di sistema non esaurisce il tema della professionalità docente. Una scuola con autonomia (ci insegnava Piero Romei) ha bisogno di un modello organizzativo intelligente, che sa intrecciare dimensioni individuali e lavoro di squadra, con capacità di presidio dei gangli vitali del funzionamento e dell’organizzazione, affinché la scuola sia una comunità CULTURALE. E’ decisivo l’impegno del dirigente scolastico come “costruttore” di comunità, ma contano anche le figure intermedie, la “nervatura intelligente dell’autonomia”. Non per creare nuove gerarchie, ma affinché tutti si sentano partecipi, perché riconosciuti e motivati.

 

Valutare l’impegno didattico

Il problema vero è: come fare per creare dinamismo professionale in TUTTI i docenti e non solo in una quota ridotta di figure intermedie o di “premiati” con gli incentivi. Come stimolare tutti i docenti a raggiungere migliori standard? Non è proponibile una competizione tra docenti, ma una competizione con se stessi per migliorare, sì… però alla portata di TUTTI, senza quote prefissate in anticipo (fermo restando che occorre definire il budget complessivo di questa operazione). Né si può immaginare che tutto questo sia solo sulle spalle del dirigente scolastico.

In una prima fase sperimentale ci si potrebbe limitare ad un incisivo protocollo metodologico. Cioè ottiene un riconoscimento (in forma di crediti didattici) il docente che è disponibile a:

  • documentare una o più sequenze didattiche del proprio insegnamento (attraverso modalità cartacee, multimediali, prodotti autentici, ecc.);
  • discutere con un esperto delle caratteristiche della propria azione didattica;
  • accogliere in classe un collega per osservazioni formative (peer review) sulle strategie didattiche adottate;
  • condividere prove comuni di verifica e valutazione;
  • ricostruire attraverso un portfolio la propria traiettoria professionale (verso un bilancio di competenze).[5]

 

Gli standard professionali

Un progetto per la valorizzazione della professionalità deve ripartire da una esplicitazione delle attese che la società riveste sulla funzione degli insegnanti. Il vertice politico deve raccogliere questa esigenza e dare voce ad un nuovo patto società-insegnanti, entrando anche nel dettaglio dei comportamenti attesi dagli insegnanti nel loro luogo di lavoro. Non basta una declaratoria di caratteristiche, un mansionario statico (come da contratto). E’ lo stesso gruppo professionale dei docenti (anche attraverso le loro associazioni) che dovrebbe elaborare propri standard professionali ed essere esigente nel richiederli ai membri della comunità professionale (e a coloro che si apprestano ad entrarvi). L’amministrazione dovrebbe porre tali standard alla base dei processi di formazione iniziale, dei criteri di accesso al ruolo, della formazione permanente in servizio. Gli standard dovrebbero essere il sicuro riferimento dei criteri di valutazione (e di autovalutazione) ed articolarsi in descrittori molto precisi e non vaghi. Il loro valore non è normativo, ma formativo: costituiscono una sollecitazione per processi di autovalutazione, di verifica tra pari, di bilancio di competenze, di proiezione per uno sviluppo ed una crescita professionale permanente.

Presentiamo, a titolo di esempio, la “griglia” degli standard che sarà alla base della costruzione sperimentale del portfolio professionale[6] come frutto del percorso di formazione proposto ai neo-assunti nello scorcio di questo anno scolastico (MIUR-INDIRE). Un progetto ambizioso[7], che giunge in ritardo, ma che potrebbe diventare la base per un più incisivo accompagnamento in servizio dei docenti di prossima “stabilizzazione”.

 

Prendersi cura degli allievi e della didattica

Organizzare e animare le situazioni di apprendimento
Gestire la progressione dell’apprendimento
Osservare e valutare gli studenti nelle situazioni di apprendimento, secondo un approccio formativo.
Coinvolgere gli studenti nel loro apprendimento e nel loro lavoro

 

Prendersi cura della gestione della scuola

Lavorare in gruppo con i colleghi
Partecipare alla gestione della scuola
Informare coinvolgere i genitori

 

Prendersi cura della propria professionalità

Servirsi delle nuove tecnologie
Affrontare i doveri e i problemi etici della professione
Curare la propria formazione continua

 

Nell’ambito del disegno di legge, va guardata con favore la messa a disposizione dei docenti di un voucher per finanziare la propria formazione (incentivando la domanda di formazione), ma vanno costruite anche opportunità di organizzazione di buona formazione (sul lato dell’offerta) per non lasciare tutto al libero mercato di interessi non sempre “disinteressati”. Una buona formazione in servizio va accreditata e certificata. Può essere un ulteriore passo per riconoscere la dimensione culturale e professionale della docenza nel nostro paese.

 

Stimolare lo sviluppo professionale

In generale non è auspicabile un sistema di verifiche ispettive “random” per valutare un insegnante dall’esterno (però quando ci sono criticità conclamate occorre intervenire con più decisione, soprattutto all’inizio del percorso professionale). Il problema è stimolare lo sviluppo professionale di tutti i docenti, abbinando lo scorrere dell’esperienza, con la capacità di organizzarla documentarla confrontarla rendicontarla. Si parte con l’autovalutazione che viene validata attraverso un vaglio di tipo critico (nucleo interno) a scopo formativo. Non si vuole costruire una competizione artificiosa tra i docenti, ma creare occasioni di sviluppo per tutti, per rendere la professione più accreditata sul piano sociale, perché sa far vedere (accountable) i proprio standard professionali.

 

La “buona” carriera… la buona formazione

La società (non solo la politica) deve decidere cosa vuole fare della sua scuola e dei suoi insegnanti. Noi operatori scolastici dobbiamo aiutarla a prendere una buona decisione. Dal dibattito in corso emergono toni aspri, conflittualità, dati emotivi, difficoltà di dialogo. E’ necessario riprendere il filo del discorso con serenità e con il tempo necessario per costruire le decisioni più opportune, senza però rimandarle alle calende greche.

Ormai i dati della questione sono ben presenti: c’è un problema di conoscenza del lavoro docente (ma allora occorrono: documentazione, trasparenza, rendicontazione), di affidabilità (ma allora occorrono: formazione, verifiche, autocontrollo, ecc.) di responsabilità (ma allora, quale è il ruolo del dirigente e della comunità scolastica). La buona carriera (certo che bisogna elevare gli stipendi!) va accompagna dalla buona professionalità (tolleranza zero per la mediocrità), sistema di incentivi per stimolare TUTTI i docenti a prendersi cura della propria formazione, a occuparsi della propria scuola, a interrogarsi sulla propria didattica.


 

 

[1] Riportiamo, a titolo di esempio, gli orientamenti predisposti dall’USR Emilia-Romagna per accompagnare il percorso di reciproca osservazione tra docenti, che in quella regione è al secondo anno di sperimentazione (la nota è accompagna dal resoconto dell’esperienza di tutoring realizzata in Emilia-Romagna nel corso dell’a.s. 2013-14, con un monitoraggio curato da Lorella Zauli). Materiali, esempi, ricerche sono riportati in: USR ER, Essere docenti 2015, Tecnodid, Napoli, 2015

[2] si veda al proposito G.C. Cerini, “La Buona Formazione”: passo dopo passo…, “Rivista dell’istruzione”, 6, 2014).

[3] S.Bertone, M.Pedrelli, Il ruolo della comunità in un modello di valutazione professionale dei docenti, in “Rivista dell’istruzione”, n. 6, novembre-dicembre 2014, pp. 36-45, Maggioli.

[4] Un esempio di “patto per lo sviluppo professionale” adottato dalla Scuola Don Milani di Genova è ripreso in G.Cerini, Crediti e portfolio, Voci della scuola “La Buona Scuola 1”, Notizie della Scuola ¾, ottobre 2014, Tecnodid.

[5] Il portfolio, come documentazione dinamica della propria crescita professionale, è stato già adottato in alcune realtà sperimentali. Su questo tema, si può consultare per esempio un volume prodotto dall’USR Emilia-Romagna (a cura di G. Cerini), La strategia del portfolio docente,Tecnodid, Napoli, 2011, con interventi, tra gli altri, dei responsabili nazionali dell’associazionismo professionale: ADI, AIMC, APS, CIDI, FNISM, DIESSE, UCIIM.

[6] La collaborazione è assicurata dall’Università di Macerata. Cfr. P.G. Rossi, Che cos’è l’e-portfolio, Carocci, Roma, 2006 e P.G. Rossi,Progettare e realizzare il portfolio, Carocci, Roma, 2006)

[7] G.Cerini, Anno di formazione: che sia un anno utile. Cfr. http://www.giuntiscuola.it/scuoladellinfanzia/magazine/articoli/anno-di-formazione-che-sia-un-anno-utile/

Sciopero contro la riforma, Giannini la difende mentre si riapre il capitolo assunzioni

da Il Sole 24 Ore

Sciopero contro la riforma, Giannini la difende mentre si riapre il capitolo assunzioni

di Marzio Bartoloni e Giorgio Pogliotti

Contro il Ddl di riforma della scuola è stato indetto uno sciopero per martedì 5 maggio dai docenti, Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) e dirigenti scolastici aderenti a Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Gilda-Unams e Snals-Confsal. Intanto, però, una sentenza del Consiglio di Stato mette a rischio il piano da 100.701 assunzioni nella scuola che rappresenta il “cuore” del disegno di legge battezzato dal governo “Buona scuola”, varato dal consiglio dei ministri del 12 marzo.

Le critiche dei sindacati
Nel mirino dei sindacati c’è il Ddl 2994, di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, con la delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, all’esame in commissione Cultura alla Camera, che ha fissato per domani il termine per gli emendamenti. Ieri alla manifestazione delle Rsu, Domenico Pantaleo (Flc-Cgil), ha sollevato questioni di merito e di metodo: «Non si fa una riforma senza coinvolgere i lavoratori – ha detto -. Manca un reale piano di investimenti e un piano di assunzioni anche per il personale Ata. Chiediamo l’immediata stabilizzazione dei precari e il rinnovo del contratto». Il governo ha trasformato da decreto a disegno di legge il piano di immissioni in ruolo dal 1° settembre dei precari, ovvero dei 98mila docenti iscritti nelle Gae (graduatorie ad esaurimento) e 2mila insegnanti vincitori dell’ultimo concorso Profumo del 2012. Questa modifica è criticata dai sindacati che sollecitano un Dl per l’assunzione dei precari della scuola e, per voce di Francesco Scrima (Cisl), chiedono di cancellare le parti del Ddl che «stravolgono senza criterio modalità di reclutamento, mobilità e gestione del personale, riconsegnandole alla sede legittima che è quella contrattuale». Il Ddl conferma il mantenimento degli scatti d’anzianità per gli insegnanti (280 milioni l’anno), e istituisce un fondo da 200 milioni attribuendo le risorse ai presidi per premiare dal 2016 il merito degli insegnanti del proprio istituto. I maggiori poteri affidati al dirigente, rappresenta un nodo critico per i sindacati: «È davvero troppo – ha aggiunto Massimo Di Menna, (Uil scuola) – che decida uno solo senza criteri su retribuzione per merito, scelta degli insegnanti, piano dell’offerta, valutazione della didattica e degli apprendimenti. Vengono meno il pluralismo culturale e la libertà di insegnamento». Per Marco Paolo Nigi (Snals-Confsal), «serve un vero piano di stabilizzazione per docenti e Ata» , invece di «intervenire per legge su tematiche contrattuali, si avvii la stagione contrattuale». Lo sciopero del 5 maggio, peraltro, sarà preceduto dallo stop del 24 aprile di Anief, Unicobas e Usb.

La difesa della Giannini
Quanto al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha espresso «tutto il rispetto per una forma legittima di dissenso come lo sciopero», ricordando come il governo stia «cercando da un anno di costruire un ampio consenso intorno a una riforma in cui crediamo tantissimo», che «ha dei principi rivoluzionari dal punto di vista culturale, del metodo e della governance delle scuole». Il ministro è convinto che quando la riforma «sarà capita fino in fondo da tutti, ci sarà un’accettazione ma soprattutto una partecipazione ancora più ampia di quella che abbiamo trovato». Critiche allo sciopero arrivano dal responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi: «I sindacati ritrovano l’unità, mentre marciavano divisi durante il governo Berlusconi, nonostante i tagli dell’allora ministro Gelmini – sostiene-. È uno sciopero ingiusto, l’esecutivo Renzi stabilizza 100 mila precari, stanzia 200 milioni per il merito, investe 40 milioni per la formazione, destina 500 euro agli insegnanti per i consumi culturali». Il 5 maggio ci saranno in piazza anche gli studenti, compresi quelli universitari: «Crediamo si debba ridisegnare il mondo dell’istruzione nel suo complesso – avverte Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari – è necessario pensare a ponti reali tra scuola università e mondo del lavoro, che sono invece totalmente assenti nelle proposte attuali del Governo».

La sentenza del Consiglio di stato
A complicare il percorso della riforma della scuola appena avviato c’è poi una sentenza del Consiglio di stato che rischia di fare saltare il maxi piano da 100mila assunzioni promesso dal Governo. I giudici amministrativi in una sentenza depositata il 16 aprile (n.1973/2015) che in parte recupera un parere emesso da Palazzo Spada già a marzo dell’anno scorso aprono le porte delle graduatorie ad esaurimento – quelle per intendersi da dove il Governo punta a recuperare i precari da stabilizzare – anche ai diplomati magistrali con il titolo conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002. Titolo che per i giudici è considerarsi «abilitante ex lege», e quindi ai docenti che lo posseggono deve essere riconosciuto il diritto a essere inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. Diritto che il ministero dell’Istruzione finora aveva escluso. I ricorrenti sono una decina, ma la decisione interessa potenzialmente una platea di 55mila professori diplomatisi prima del 2001-2002. Anche se poi molti di questi, dopo tutti questi anni, potrebbero non essere più interessati.Per il momento al ministero stanno studiando le carte, non senza qualche preoccupazione per l’impatto deflagrante che potrebbe avere questa sentenza sul piano di assunzioni previsto dalla Buona scuola che attualmente costa circa 3 miliardi. E che con i nuovi potenziali ingressi di qualche decina di migliaia di docenti di scuola elementare potrebbe non essere più sostenibile, rimettendo così tutto in discussione. Una decisione politica sarà presa agli inizi della settimana, dopo aver consultato il premier Renzi.

Scuola, il 5 maggio insegnanti in piazza con gli studenti

da Il Messaggero

Scuola, il 5 maggio insegnanti in piazza con gli studenti

Sindacati uniti per lo sciopero generale contro la riforma: non succedeva da 7 anni. A rischio anche le prove Invalsi.

ROMA Sono passati sette anni dall’ultimo sciopero generale della scuola convocato in maniera unitaria dai sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil che dalle sigle autonome Gilda-Unams, e Snals-Confsal. Sette anni in cui il mondo della scuola è passato dalla Riforma Gelmini a “La buona scuola” di Matteo Renzi, che sembra aver ricompattato sia il fronte interno di docenti, personale Ata, dirigenti scolastici e studenti che quello sindacale, che seppur con qualche distinguo bocciano a gran voce il disegno di legge. La mobilitazione è stata annunciata dal palco di piazza Santi Apostoli ieri mattina durante la manifestazione delle Rsu del mondo della scuola e Domenico Pantaleo, segretario generale Flc Cgil, spiegando i motivi della protesta ha dichiarato: «Noi chiediamo l’immediata stabilizzazione dei precari, il rinnovo del contratto, e che si realizzi, finalmente, una scuola autonoma, libera da molestie burocratiche e basata sulla partecipazione e la cooperazione tra i soggetti che operano nella scuola e nel territorio. Del disegno di legge va cambiato tutto e noi non possiamo più aspettare. Non è una riforma e quella di Renzi e della Giannini non è una “buona scuola”-  ha aggiunto Pantaleo  –  perché si fa senza coinvolgere veramente i lavoratori che ci lavorano ogni giorno, ascoltando i loro bisogni». Francesco Scrima, leader della Cisl Scuola rincara la dose: «Renzi e la Giannini stanno facendo gli apprendisti stregoni e rischiano di fare danni incalcolabili alla scuola, già mortificata da tempo nella sua identità, nel trattamento riservato al personale e negli investimenti».
TUTTI INSIEME
Uno sciopero unitario che però va anche oltre le manifestazioni di piazza che saranno cinque (Roma, Milano, Bari, Palermo, Cagliari) e che punta a far saltare la prima prova Invalsi,la prova per la valutazione dei livelli di preparazione e apprendimento degli studenti, per la scuola primaria. «Dopo mesi di mobilitazione completamente inascoltati da parte del governo Renzi, lo sciopero generale è una scelta inevitabile e giusta» dichiara Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti, che continua:
Uno sciopero unitario che però va anche oltre le manifestazioni di piazza che saranno cinque (Roma, Milano, Bari, Palermo, Cagliari) e che punta a far saltare la prima prova Invalsi,la prova per la valutazione dei livelli di preparazione e apprendimento degli studenti, per la scuola primaria. «Dopo mesi di mobilitazione completamente inascoltati da parte del governo Renzi, lo sciopero generale è una scelta inevitabile e giusta» dichiara Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti, che continua: «in quella giornata si mobiliterà tutto il Paese e non soltanto il mondo della scuola. Il boicottaggio del test Invalsi del 5 maggio non sarà isolato, infatti stiamo preparando anche la diserzione organizzata della prova del 12 maggio che riguarda le scuole medie superiori con altri cortei territoriali, flash-mob ed iniziative a sorpresa».
L’asticella dello scontro sembra quindi alzarsi e quello che preoccupa gli ambienti della maggioranza è proprio il funzionamento ordinario della scuola, visto che gli scioperi bianchi o le diserzioni di un fitto programma di test e di valutazioni potrebbe mettere a repentaglio anche il futuro de “la buona scuola”. Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha commentato la notizia su Twitter: «Manifesto rispetto per chi sciopera» scrive, ma poi aggiunge che la “Buona scuola” è una «riforma culturale rivoluzionaria».
POCHI SPAZI DI TRATTATIVA
Intervenuta al talk show online “Tribuna politica”, non ha ceduto di un millimetro rispetto all’approvazione della Riforma: «Il ddl sarà approvato senza nessun cambiamento entro giugno, non sono previste né deroghe né capovolgimenti strutturali. Il testo ha una natura rivoluzionaria e porterà la scuola italiana in Europa». Sembra chiaro che la battaglia politica sarà nelle piazze più che in Parlamento visto che il “metodo Renzi” non prevede deroghe e c’è da attendersi secondo indiscrezioni anche gesti eclatanti dei docenti in vista di scrutini ed esami di Stato. Per la scuola si preannuncia una primavera molto calda, che anticiperà un’estate rovente.
Massimiliano Coccia

Scuola, sciopero generale il 5 maggio. Camusso: «Andiamo avanti uniti»

da Corriere della sera

Scuola, sciopero generale il 5 maggio. Camusso: «Andiamo avanti uniti»

Il ministro Giannini: «Riforma culturale rivoluzionaria, ma rispetto per chi protesta»

Sciopero dei lavoratori della scuola il 5 maggio. Lo hanno annunciato i sindacati del settore dal palco della manifestazione delle Rsu della scuola organizzata sabato dai sindacati di categoria a Roma, cui hanno partecipato centinaia di persone. Lo sciopero è indetto da Flc-Cgil, Uil scuola, Cisl scuola, Gilda-Unams, Snals-Confsal, contro la riforma della scuola. «Manifesto rispetto per chi sciopera. Stiamo cercando di costruire consenso su “la buona scuola”, riforma culturale rivoluzionaria», la risposta su Twitter del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini.

Camusso: «Avanti uniti»

«Questa è la prima mobilitazione dopo il ddl varato dal governo e credo che unitariamente bisogna decidere di proseguire anche con lo sciopero generale» ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, presente alla manifestazione romana.

Di Menna: «Preoccupati per scontro governo-Paese»

«Siamo preoccupati perché è in atto uno scontro tra il governo e la scuola e tra il governo e il Paese, e non serve. Vogliamo difendere la scuola italiana statale» è intervenuto il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna. «Nelle prossime ore manderemo una lettera al ministro dell’ Istruzione, Stefania Giannini, e al premier Matteo Renzi per comunicare che il 5 maggio la scuola si fermerà». «Abbiamo incontrato le forze parlamentari per spiegare le nostre ragioni» e «non siamo stati ascoltati» dal governo. «Serve un piano di assunzioni e serve che sia fatto per decreto – ha aggiunto di Menna – no inoltre all’art.12 al ddl, che per dare retta alla Corte europea stabilisce che dopo 3 anni di lavoro precario un docente sia licenziato. No infine al preside con super poteri».

Furlan, governo faccia decreto per assunzioni

«Questo governo è quello che in assoluto ha fatto più decreti. Ne faccia uno per fare da subito le assunzioni nella scuola» ha chiesto il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan, presente anche lei alla manifestazione di Roma. Parlando del piano di assunzione previsto nel ddl varato dal governo, Furlan ha sottolineato che «visto che tutto è passato in un disegno di legge, sarà davvero complicato fare le assunzioni entro settembre».

Puglisi (Pd): «Sciopero ingiusto»

«I sindacati ritrovano l’unità contro il ddl sulla buona scuola, mentre marciavano divisi durante il governo Berlusconi, nonostante i tagli dell’allora ministro Gelmini. È uno sciopero ingiusto, perché l’esecutivo Renzi stabilizza 100 mila precari, stanzia 200 milioni per il merito, investe 40 milioni per la formazione, destina 500 euro agli insegnanti per i consumi culturali» reagisce Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria nazionale Pd. «Il ddl ha dei lati positivi, quali l’assunzione di tanti insegnanti in più, ma ci sono altri punti che vanno corretti, quali il reclutamento degli insegnanti» sostiene invece Stefano Fassina, deputato Pd, presente alla manifestazione di contestazione al ddl scuola sabato mattina a Roma. «La buona scuola non è certo quella del ddl di Renzi dietro la bandiera mediatica dei 100 mila precari assunti – attacca Massimo Cervellini (Sel), vice presidente della Commissione Lavori pubblici, a proposito della manifestazione dei sindacati della scuola di sabato mattina – . La buona scuola è quella pubblica, fatta di tutte le persone che hanno protestato in piazza».

Il 24 aprile sciopero Unicobas

Sostiene invece l’Unicobas che il 5 maggio, giornata scelta dai sindacati confederali per lo sciopero, potrebbe essere già troppo tardi. Unicobas Scuola, da parte sua, conferma lo sciopero del 24 aprile indetto insieme ad Anief e Usb. La discussione del ddl di riforma della scuola, ricorda la Federazione sindacale, comincerà infatti il 23 aprile, giorno di approvazione del Def. Pertanto «la mobilitazione a ritirare o emendare il testo deve partire prima» e potrà «continuare il mese successivo, con una staffetta di scioperi, in maniera unitaria, se verrà approvata una piattaforma comune tesa a respingere in blocco il provvedimento».

In piazza l‘Unione degli studenti

In piazza il 5 maggio, infine, ci sarà anche l’Unione degli Studenti, assieme a Link Coordinamento Universitario e Rete della Conoscenza. «La scelta dello sciopero – dichiara Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Uds – è inevitabile e giusta. Il 5 maggio si mobiliterà tutto il Paese e non soltanto il mondo della scuola. Il modello di scuola autoritario, succube dei privati, che legittima le disuguaglianze invece che abbatterle, rispecchia l’idea di Paese propria del Governo. Renzi ci troverà tutti uniti e costruiremo un grande coordinamento sulla scuola che tenga uniti soggetti sindacali, sociali, politici e liberi cittadini».

Stop alle supplenze dopo 36 mesi? Ma così avremo un altro popolo di esodati!

da La Tecnica della Scuola

Stop alle supplenze dopo 36 mesi? Ma così avremo un altro popolo di esodati!

Lo dice Mario Pittoni, responsabile istruzione Lega Nord, che col leader del Carroccio, Matteo Salvini, ha incontrato dei docenti precari in Friuli. In effetti, il pericolo, se si approvasse la norma del ddl Buona Scuola che impedisce ai prof di lavorare dopo 3 anni di servizio, è creare dipendenti senza lavoro e futuro: “come già non ne avesse generati a sufficienza la legge Fornero, tra l’altro colpendo i docenti con più esperienza e titoli”.

“Il ddl Buona scuola in discussione alla Camera prevede che i contratti a tempo determinato non superino la durata complessiva di 36 mesi. Senza una correzione ci troveremo decine di migliaia di insegnanti ‘esodati’”: a dirlo è stato Mario Pittoni, responsabile istruzione della Lega Nord, che assieme al leader del Carroccio, Matteo Salvini, il 18 aprile ha incontrato un gruppo di docenti precari, prima del comizio in Friuli Venezia Giulia.

Pittoni, con il consenso di Salvini, si è detto contrariato soprattutto di quella parte del disegno di legge, all’esame della Camera, che imporrebbe lo stop alle supplenze per tutti i docenti, anche abilitati, che hanno svolto  tre anni complessivi di servizio. Altrimenti, lo Stato incapperebbe nelle sanzioni Ue sull’abuso di precariato. E sarebbe costretto ad assumere automaticamente tutti coloro che hanno svolto un servizio superiore alla soglia massima di supplenze, che è appunto di 36 mesi.

Secondo i leghisti, è un norma da cancellare perché andrebbe a creare dei dipendenti senza lavoro e senza futuro: “come già non ne avesse generati a sufficienza la legge Fornero, tra l’altro – continua Pittoni -colpendo i docenti con più esperienza e spesso con maggiori titoli. Tale dispersione di professionalità è contro gli interessi della scuola. Assurdo non tenerne conto quando c’è da decidere chi assumere in via prioritaria per coprire le necessità”.

Pittoni ha detto ricordato che la Lega Nord ha chiesto di “metter mano anche al sistema concorsuale che, per filtrare il merito correttamente, dovrà contare su criteri di valutazione omogenei sul territorio. Obiettivo perseguibile con concorsi gestiti a livello regionale, con il candidato che sceglie in libertà in quale regione concorrere”.

Renzi come Giannini: il motivo dello sciopero è incomprensibile

da La Tecnica della Scuola

Renzi come Giannini: il motivo dello sciopero è incomprensibile

 

Da Mantova, il premier ha tenuto a ricordare che con l’approvazione della Buona Scuola “saranno assunti 100 mila insegnanti”: la penserà allo stesso modo se l’adesione alla protesta dovesse essere massiccia? L’impressione è che dopo aver girato la “patata bollente” del ddl di riforma al Parlamento, stavolta il presidente del Consiglio voglia passare la “palla” ai lavoratori.

Dopo il ministro dell’Istruzione, che ha parlato di riforma non compresa poiché portatrice di una rivoluzione culturale senza precedenti, anche il presidente del Consiglio si dice meravigliato della protesta massima contro il disegno di legge La Buona Scuola.

“Si fa sciopero per un motivo per me incomprensibile”, ha detto a Mantova il premier, Matteo Renzi, parlando della riforma della scuola e della mobilitazione convocata per il 5 maggio.

Dopo aver espresso il suo stupore, che in più occasioni ha giudicato la riforma dell’Istruzione un passaggio decisivo per rendere più efficiente l’intero comparto, grazie ad una maggiore autonomia scolastica e la fine della ‘supplentite’, il premier ha tenuto a ricordare che grazie all’approvazione del disegno di legge n. 2994 “saranno assunti 100 mila insegnanti”.

Come osservatori, senza entrare nel merito, ribadiamo quanto espresso dal ministro Gelmini a seguito dell’annuncio dello sciopero da parte di Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda: come la prenderà il Governo, qualora a sciopero e contestazioni, oltre al 5 maggio c’è anche lo stop delle attività del 24 aprile (Anief, Unicobas, Usb) e quello dei comitati di base di fine anno, in corrispondenza di prove Invalsi e scrutini, partecipasse un alto numero di dipendenti? A quel punto, lo stato di meraviglia dovrà per forza di cose trasformarsi in una condizione di maggiore apertura alle richieste di modifica del disegno di legge. Una possibilità, concreta, alla quale si sono aggrappati anche i sindacati.

L’impressione è che dopo aver girato la “patata bollente” del ddl di riforma al Parlamento, stavolta il presidente del Consiglio voglia passare la “palla” ai lavoratori della scuola.

Gli emendamenti al ddl metteranno in discussione lo sciopero?

da La Tecnica della Scuola

Gli emendamenti al ddl metteranno in discussione lo sciopero?

Nella giornata del 20 aprile si chiudono i termini per la presentazione di emendamenti al disegno di legge. Cosa farà il Governo e cosa faranno i partiti della maggioranza?
C’è chi parla di sciopero a rischio nel caso in cui gli emendamenti tenessero conto delle richieste sindacali.

La giornata del 20 aprile potrebbe fornire indicazioni importanti sia in merito al prosieguo del iter parlamentare del ddl 2994 sia in merito agli scioperi proclamati dai sindacati a partire da quello del 24 aprile di Unicobas, Anief e Usb per concludere con quello dei Cobas del 12 maggio.
Alle ore 12, infatti, scadono i termini per la presentazione in Commissione Cultura degli emendamenti al testo del disegno di legge. Scontato che l’opposizione inonderà di richieste di modifica il tavolo della presidenza, l’attenzione è puntata sull’iniziativa delle forze di maggioranza e dello stesso Governo.
Cosa succederà?
Se si deve dare ascolto alle voci degli ultimi giorni è probabile che lo stesso Partito Democratico presenterà emendamenti anche piuttosto importanti. Per esempio è quasi sicuro che ci saranno proposte di modifica alla norma che prevede la perdita di efficacia delle graduatorie del concorso del 2012 a partire dal 1o settembre 2015.

Ma anche sul tema, assai più caldo, degli albi territoriali potrebbero esserci novità significative dal momento che persiono la relatrice di maggioranza Maria Coscia ha già evidenziato che sarebbe necessario definire criteri precisi ai quali i dirigenti scolastici dovrebbero attenersi per le chiamate dagli albi stessi.
E poi c’è il problema del divieto di rinnovare l’incarico ai docenti che risultino destinatari d incarichi per tre anni consecutivi: se fosse approvata questa norma si aprirebbe la strada ad un contenzioso senza fine ed è anche per questo che una modifica potrebbe essere più che necessaria.
A questo punto la domanda che in molti si pongono è semplice: se nella giornata del 20 aprile dovesse emergere che la maggioranza ed il Governo si dimostrano disponibili a modificare aspetti significativi del ddl, che fine farà lo sciopero del 5 maggio? Saranno ancora tutti d’accordo ad andare avanti o i sindacati più moderati incominceranno a pensare di fare un passo indietro?
La situazione è complessa e delicata e tutto potrebbe accadere.

Il DdL è una truffa, in Italia ancora 20mila supplenti

da La Tecnica della Scuola

Il DdL è una truffa, in Italia ancora 20mila supplenti

Lo sostiene Luigi Gallo del Movimento 5 Stelle e aggiunge che le elaborazioni sulle supplenze smentiscono le parole del sottosegretario Faraone che aveva dichiarato che “eliminerà la ‘supplentite’ nelle scuole” e che “gli istituti saranno dotati di circa l’8% di docenti in più per svolgere la didattica”.

La Buona Scuola di Renzi è una truffa. Non si elimina il fenomeno delle supplenze, che saranno 20mila per l’intero anno 2015/2016 in tutte le scuole italiane. Non ci sarà l’organico aggiuntivo di 50mila docenti per realizzare l’autonomia e differenziare i percorsi didattici e l’offerta formativa, come aveva decantando il governo, perché questi docenti dovranno svolgere l’ordinario lavoro sulla propria disciplina. Non è prevista nessuna continuità didattica per gli studenti disabili, perché, nonostante i 100mila assunti, persistono 28mila docenti di sostegno supplenti. Ma ciò accadrà anche per gli insegnanti di chimica, meccanica, tecnologia, informatica, scienza e tanti altri per la scelta scellerata del governo di rivolgersi solo agli insegnanti in graduatoria di esaurimento e non agli abilitati, persone che hanno svolto un anno di formazione dopo la laurea e che hanno pagato 3mila o 4mila euro per i corsi universitari autorizzati dal MIUR con selezione all’ingresso“.

Lo dichiara il deputato campano del Movimento Cinque Stelle Luigi Gallo, componente della Commissione Cultura alla Camera. Gallo ha analizzato il supplemento d’istruttoria al DdL richiesto dal Movimento Cinque Stelle e ricevuto dai parlamentari della VII Commissione. Le elaborazioni sulle supplenze smentiscono le parole del sottosegretario Faraone che oggi aveva dichiarato, in merito alla Buona Scuola, che “eliminerà la ‘supplentite’ nelle scuole” e che “gli istituti saranno dotati di circa l’8% di docenti in più per svolgere la didattica“.

La realtà – aggiunge Gallo – è che l’intero Governo dovrebbe tornare sui banchi di scuola e studiare ‘cittadinanza e costituzione’: con la Buona Scuola non si esaurisce la graduatoria di esaurimento e 19mila docenti in Gae che dovevano essere assunti dal 2006 verranno cancellati”.

Per Gallo, le 100mila assunzioni potrebbero diventare 70mila “perché 30mila docenti in Gae non troverebbero corrispondenza con le supplenze annuali disponibili”. Il Governo ha poi annunciato di aver salvato gli scatti stipendiali, “ma il DEF – spiega Gallo – prevede il blocco degli scatti stipendiali per anzianità di servizio per i prossimi 3 anni. E come se non bastasse il Documento di Economia e Finanza sancisce una riduzione della spesa per l’istruzione per i prossimi 15 anni“.

Grazie alla “buona scuola”, dopo sette anni torna lo sciopero unitario

da La Tecnica della Scuola

Grazie alla “buona scuola”, dopo sette anni torna lo sciopero unitario

L’ultimo sciopero unitario risale a sette anni fa, ai tempi della “epocale” Gelmini. Grazie alla riforma di Renzi & Co, il 5 maggio prossimo la scuola torna in piazza, unita: docenti, Ata e dirigenti scolastici di Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Gilda-Unams, Snals-Confsal e a cui hanno già aderito anche Uds e Rete degli studenti

Quanto ai Cobas, “pur apprezzando la convocazione dello sciopero in coincidenza” con quello dei sindacati di base, rivolgono un “appello ai lavoratori/trici legati ai cinque sindacati affinché ne convincano le direzioni a rivedere le loro decisioni, scegliendo il 12 per avere più tempo e per avere con noi tutti gli studenti” e “affinché lavorino con noi per una manifestazione nazionale, che potrebbe essere la più grande della storia della scuola italiana”.

“Questa è la prima grande mobilitazione del settore dopo il ddl”, ha detto da piazza Santi Apostoli Susanna Camusso, invitando a proseguire sulla strada dello sciopero generale, mentre è stata all’insegna dell’understatement la risposta della ministra dell’Istruzione Stefania Giannini: “Manifesto rispetto per chi sciopera – ha twittato – Stiamo cercando di costruire consenso su #labuonascuola, riforma culturale rivoluzionaria”.

“Non si cambia il sistema scolastico senza chi ci lavora, o peggio contro chi ci lavora”. “Quando si mette mano a questioni senza averne conoscenza e competenza – ha spiegato  Francesco Scrima della CislScuola-, si finisce come l’apprendista stregone e si rischia di fare danni incalcolabili. Questo sta facendo Renzi sulla scuola”.

“Noi vogliamo – ha affermato Scrima – che siano cancellate le parti del ddl che stravolgono senza criterio modalità di reclutamento, mobilità e gestione del personale, riconsegnandole alla loro sede legittima che è quella contrattuale; vogliamo che professionalità, collegialità e partecipazione siano valori riconosciuti e non disattesi e mortificati. Vogliamo stabilità del lavoro, risorse di organico certe e adeguate per le nostre scuole. Non lo chiediamo per noi, lo chiediamo per il paese, per evitare che una politica presuntuosa e incapace danneggi in modo irreparabile la sua scuola”.

Stefano Fassina, il deputato Pd, ha osservato come “il ddl ha dei lati positivi, quali l’assunzione di tanti insegnanti in più, ma ci sono altri punti che vanno corretti, quali il reclutamento degli insegnanti”.

Anche Sel d’accordo: “Oggi qui in piazza c’è davvero la buona scuola, tutti coloro che tra mille difficoltà quotidiane danno un contributo fondamentale al futuro possibile del Paese. Tutto quel mondo che il governo non ascolta e che sprezzantemente definisce conservatori. “Ben venga lo sciopero. Da parte nostra continueremo e  insisteremo in Parlamento nella battaglia per affermare le ragioni della scuola. Quella vera, non quella degli spot e degli annunci di Renzi”.

L’auspicio è che anche tutti i docenti aderiscano, affinchè alla conta delle percentuali, nessuno dica che lo sciopero ha riguardato solo il personale politicizzato.

Una massiccia chiusura della scuole il 5 maggio, è il messaggio più chiaro al Governo per dire che le riforme, e di questo tenore, non si fanno senza l’apporto determinante di chi ogni giorno fa i conti con le difficoltà di una istruzione tenuta ai margini da decenni. Se Renzi voleva stupire, c’è riuscito ricompattando l’unità sindacale, ma a questo punto dovrebbe essere il personale della scuola a stupire a sua volta, rigettando una riforma che ha pericolosi germi di autoritarismo.