Conferenza stampa

Viene indetta una conferenza stampa presso la sala RSU aziendale del sindacato CubCobas Comune di Bologna (aderente alla Confederazione Cobas), in via Ugo Bassi 2, al secondo piano; il 30 APRILE, alle ore 11.
La conferenza stampa è indetta sui temi relativi alla situazione dei servizi educativi dell’Istituzione Educazione e Scuola del Comune di Bologna.
I temi principali sono riportati nella lettera aperta che alleghiamo alla presente comunicazione.
COBAS BOLOGNA


Lettera aperta al Sindaco Virginio Merola e all’assessore Marilena Pillati
per diffusione agli organi di stampa
“Valorizzazione dei centri anni verdi per preadolescenti.
Sostegno alle esperienze di autogestione dei giovani e formazione
contro la dispersione scolastica, il disagio, la violenza,
per educare al rispetto delle differenze, a partire da quelle di genere.
Favorire progetti offerti dai diversi quartieri per i giovani”

Gentilissimo Sindaco Merola e gentilissima assessore Pillati

le frasi sopra riportate sono, come ben ricorderete, uno dei punti del programma di governo di Virginio Merola.
Il Cobas degli educatori di Istituzione Educazione e Scuola, però, non capisce il perché di un tale scollamento tra le parole di un programma e la realtà delle cose.
I Centri Anni Verdi e OfficinAdolescenti, centri educativi che da anni lavorano in rete con gli altri servizi di Bologna, operano per l’inclusione di ragazzi delle scuole medie e delle loro famiglie: in questo, rappresentano per molti minori un forte punto di riferimento capace di organizzare percorsi di sostegno scolastico, attività e laboratori con lo scopo di condividere relazioni sane e proficue per la crescita di molti preadolescenti e adolescenti e prevengono il disagio giovanile.
Questa realtà virtuosa e socialmente inclusiva ora versa in condizioni a dir poco deficitarie, senza la possibilità di ricevere un budget da mesi e con notevoli altre problematiche, non ultima quella delle pulizie e della manutenzione delle strutture.
Gli educatori hanno sempre perseguito i punti che lei stesso, signor sindaco, aveva espresso nel suo programma di governo.
Adesso, però, non possiamo più tacere le condizioni di assoluta precarietà in cui versano i Centri Anni Verdi.
Quest’anno, con l’attuale mancanza di organizzazione e di budget dedicato, agli operatori e ovviamente a tutti gli utenti è stata preclusa la possibilità di vivere un’esperienza di crescita fruttuosa e costruttiva per il proprio futuro, poiché, probabilmente, l’amministrazione comunale ha deciso di disinteressarsi di loro.
E che “servizio” è quello che non ha le risorse necessarie per operare?
In quali condizioni lavorano gli educatori?
Che cosa offriremo ai nostri ragazzi?
Già, perché è facile spersonalizzare e chiamarli semplicemente “utenti”.
Chiamiamoli con il loro nome: sono i nostri cittadini più giovani: non investire su di loro significa rinunciare al futuro.
Di tutti.
Per tutto questo, vi invitiamo -per l’ennesima volta- a incontrarci.
Cobas degli educatori riuniti di Istituzione Educazione e Scuola.

Rinvio prove Invalsi: diffida al Miur

Il rinvio delle prove Invalsi nella scuola primaria si manifesta come un tentativo di depotenziare la giornata di sciopero indetta dalle maggiori sigle sindacali della scuola.

“È evidente – afferma Domenico Pantaleo, segretario generale FLC CGIL – che il differimento delle prove Invalsi già programmate per il 5 maggio è da ricomprendersi in un tentativo di arginare l’eventuale disagio che potrebbe derivare da una forte adesione allo sciopero indetto contro il Disegno di Legge su “La Buona Scuola”. Uno sciopero che giunge al culmine di un lungo periodo di mobilitazione del sindacato per cambiare radicalmente le proposte del Governo sulla scuola”.

Questa misura, peraltro disposta da un Ente che non può e non deve interferire con l’Amministrazione, vuole tentare di limitare la manifestazione del dissenso da parte dei lavoratori che ormai appare sempre più ampio e diffuso.

Alla luce di tutto ciò la FLC CGIL ha inviato formale diffida al MIUR perché assuma immediate decisioni.

3000 scuole inizieranno a settembre con un preside a mezzo tempo

3000 scuole inizieranno a settembre con un preside a mezzo tempo
Urgente appello DiSAL a Renzi per la carenza di dirigenti scolastici statali

L’Associazione di dirigenti scolastici DiSAL, attraverso una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, lancia un’Appello  per la carenza di  dirigenti scolastici statali in servizio.
In questo momento in cui prende avvio nelle aule parlamentari il confronto sia sul DdL Buona scuola e, al suo interno, delle funzioni da attribuire ai dirigenti scolastici, sia sul DdL sulla Pubblica amministrazione e, in esso, sulla dirigenza pubblica, DiSAL ricorda che a settembre si rischia, intanto,  di non averli neppure in servizio, i presidi, in centinaia di scuole.
In attesa della definizione del nuovo profilo del dirigente ed ei suoi poteri  DiSAL chiede di intervenire urgentemente  per dotare  le scuole dal 1 settembre   almeno …di presidi stabili e  lo fa invitando dirigenti scolastici e docenti a sottoscrivere l’Appello accedendo alla pagina http://firmiamo.it.


Egr. Sig. Presidente del Consiglio,

 

la nostra Associazione nazionale di Dirigenti scolastici intende rappresentarLe la situazione di difficoltà che ostacola un’efficace direzione di moltissime scuole italiane.

Mentre viviamo ancora i colpi di coda dell’ultimo concorso per la dirigenza scolastica statale bandito con DDG 13.7.2011, sicuramente il più infelice della storia delle scuola statale, in tre regioni non si è giunti al termine della procedura, a causa di provvedimenti non risolutori e di un contenzioso senza fine.

Al D.L. 104/2013, che all’art. 7 ha introdotto un “corso-concorso” per la dirigenza scolastica, non è mai seguita l’emanazione del previsto DPCM regolamentare, nonostante che il termine di legge per il bando di concorso da emanarsi sia scaduto una prima volta il 31 dicembre 2014 ed una seconda il 31 marzo scorso. Né vi sono segnali di una sua prossima pubblicazione, nonostante la previsione di legge per una cadenza annuale. Nel frattempo sia il DdL 1577/2014 in discussione al Senato che il DdL sulla riforma della scuola (AC 2994) tornano, in maniera differente, sul tema dell’assunzione dei dirigenti scolastici facendo intravedere nuove procedure con tempi di approvazione ed emanazione che, certamente, non saranno brevi.

Inevitabilmente, quindi, quasi 1.500 autonomie scolastiche statali saranno, dal 1 settembre 2015, affidate in reggenza, procurando un grave danno alle scuole poiché si rischia di giungere al 40% delle scuole statali italiane con un dirigente par-time.

Quanto sopra:

a- comporterà una netta discriminazione tra personale docente, ATA e destinatari dei servizi di queste scuole rispetto alle altre con dirigenza stabile;

b- aumenterà il forte disagio in atto, in quanto gran parte di esse sono già affidate a reggenza, con inevitabili ricadute sulla programmazione dell’offerta formativa;

c- determinerà un ulteriore aggravio delle incombenze di altrettanti presidi di ruolo, che dovranno assumersi il compito di dirigere due scuole riducendo forzosamente il loro intervento all’ordinaria amministrazione;

d- determinerà un aumento di contenzioso interno alle scuole stesse a causa della precarietà della gestione ordinaria e della difficoltà di programmazione pluriannuale, anche finanziaria, del servizio scolastico.

 

E’ una situazione non riscontrabile in nessun paese europeo, senza tener conto che in nessuno di essi è mai stata fatta una riduzione così forte del numero di unità scolastiche in proporzione alla popolazione: in Italia negli ultimi cinque anni si è scesi da 13.000 a poco più di 7000 istituzioni scolastiche autonome.

Per tutte queste ragioni, certi di dare voce ad un interesse generale, non solo delle scuole e di chi vi opera, ma anche di tutte le comunità territoriali cui esse appartengono, chiediamo un Suo urgente intervento per:

1 – avviare un celere esame dell’impostazione delle varie ipotesi di bando di concorso e regolamento finora circolate, per adeguarle ai bisogni reali della scuola, alle esigenze di una professione direttiva che sia vera leadership educativa ed organizzativa, selezionata per merito;

2 – sollecitare la rapida emanazione di un testo definivo che avvii celermente il percorso di reclutamento di nuovi dirigenti scolastici;

3 – risolvere per via amministrativa, rapidamente e con equità, le problematiche ancora aperte a seguito delle fasi regionali dell’ultimo corso concorso delle regioni Toscana, Campania e Lombardia;

4 – rinviare qualsiasi procedura di dimensionamenti scolastici dopo la definitiva stabilizzazione dell’organico dei dirigenti scolastici statali e dopo l’avvio regolare delle nuove assunzioni attraverso concorsi periodici.

 

Confidiamo nell’interesse per la buona scuola da Lei più volte manifestato, convinti di quanto siano indispensabili al buon funzionamento delle scuole italiane dirigenti scolastici a tempo pieno, capaci e motivati, per il bene di studenti, famiglie ed operatori della scuola.

 

In attesa di un riscontro La salutiamo con gli auguri di un buon lavoro.

 

   La direzione nazionale Di.S.A.L.

 

Muovonsi opachi

Muovonsi opachi

di Stefano Stefanel

        L’oggettiva confusione che regna attorno al DDL “La Buona Scuola” è aumentata dagli oltre 2.000 emendamenti presentati, che dimostrano la debolezza di una democrazia parlamentare che si fonda sul cavillo e che non riesce a lavorare in forma sintetica e incisiva su un testo. I contestatori del DDL animano la piazza con dichiarazioni a difesa della Costituzione e della Democrazia e insulti neppure tanto sottintesi verso i dirigenti scolastici che testimoniano solo molta prepotenza e un’idea di scuola vecchia e in cui comanda chi urla di più. Dato che le norme non li aiutano chiedono che a decidere sia la piazza, anche su argomenti così complessi e difficili come quelli introdotti dal DDL. Poi ci sono gli insegnanti che vanno all’incontro col Ministro muniti di pentole per non farla parlare e che vengono anche difesi, visto che stanno dentro la logica secondo cui chi urla ha sempre ragione.

I difensori del DDL di parte PD stanno creando una bella confusione che mostra molta improvvisazione e non poca approssimazione. Il Ministro Giannini ha detto ha detto che alla fine del contratto come dirigenti si torna ad insegnare, scambiando la dirigenza scolastica per il rettorato. O il Ministro non sa che noi dirigenti non abbiamo più il ruolo docente e quindi se non facciamo più i dirigenti o lo stato ci trova un altro lavoro o ci manda via, oppure pensa che una volta finito il contratto riprendiamo a fare le supplenze brevi e torniamo nel precariato (magari alle soglie della pensione). In un primo momento sembrava che i dirigenti dovessero assumere tutti, poi che non possano nemmeno scegliersi i collaboratori più stretti; in un primo momento facevano tutto da soli, poi faranno tutto gli organi collegiali; nella prima stesura davano premi ai docenti, adesso pare che faranno parte di un comitato di valutazione. Insomma se gli affossatori del DDL urlano e minacciano i difensori farfugliano. E il caos regna sovrano non permettendo di capire cosa si sta decidendo.

Il giovane e focoso collega Alessandro Basso (enfant prodige della scuola friulana) in un bell’articolo apparso su www.edscuola.it (Le contro ragioni dello sciopero, 26 aprile 2015) espone i termini del problema con leggerezza e moderato sarcasmo. In realtà siamo messi come dice lui, dentro un processo molto confuso e pieno di sole incertezze. Basso parla dal punto di vista dirigenziale, che lui sposa completamente, ma credo che questo punto di vista sia debolissimo e, infatti, verrà spazzato via con un paio di emendamenti che possono ribaltare il senso stesso del DDL. A mio modo di vedere la posizione complessiva dei dirigenti scolastico è molto indebolita da due questioni di base:

  • la loro mancata valutazione;
  • la loro sindacalizzazione.

I dirigenti scolastici che devono essere valutati per legge non sono mai stati valutati. Questo vulnus non si può eliminare semplicemente ribaltando tutto sulla valutazione dei docenti. Pur non valutati i dirigenti scolastici rispondono dei risultati del servizio, ma questo pare non interessare nessuno, anche quando si finisce in tribunale per soffitti che cadono o docenti che non sorvegliano. La differenza tra valutazione e responsabilità (dei risultati del servizio) è ampia, ma tutta a sfavore dei risultati del servizio, che sono quelli che ti possono far pagare di tasca tua e darti anche problemi di tipo penale per mancanze che sono di altri (soffitto che cade). La categoria ha una grande colpa nell’essersi nascosta dietro garantismi sindacali e non pretendendo con forza una valutazione anche unilaterale che l’avrebbe fortemente rafforzata. D’altronde è evidente che se il dirigente scolastico non vuole farsi valutare da un soggetto unico (ispettore o direttore generale che sia) in forma non estremamente garantita, per quale motivo un milione di persone dovrebbero volere farsi valutare da 5.000 dirigenti che non sono valutati.

La responsabilità dei risultati del servizio è una cosa molto pericolosa, gravosa e complessa, anche perché ognuno di noi è chiamato a rispondere del lavoro (e del non lavoro) degli altri. Quando gli insegnanti si assentano i genitori se la prendono con noi, non con l’assente. Quando un insegnante è ignorante, nocivo e spesso anche cattivo si chiede al dirigente di intervenire, anche se poi troppi sono a favore della non licenziabilità del dipendente pubblico. La categoria non è mai riuscita a spiegare la propria professione, anche perché si è arroccata dentro un vezzo linguistico. Gli piace continuare a farsi chiamare “Preside” e vorrebbe però venir equiparata ai dirigenti. La questione non è solo nominale: il DDL “La Buona Scuola” nella sua prima stesura prendeva sul serio la questione dirigenziale e dotava i dirigenti scolastici di poteri ritenuti quasi unanimemente abnormi. Tutta l’opinione pubblica pensa che in Italia a capo delle scuole ci siano Presidi, non dirigenti. E quindi per quale motivo si dovrebbero accettare competenze eminentemente dirigenziali quando tutti ritengono che siamo Presidi, cioè in assoluta continuità con la direzione degli istituti prima dell’autonomia?

Dentro questo meccanismo linguistico autodistruttivo si colloca la sindacalizzazione della categoria, che difende i suoi diritti di lavoratore così come fanno le altre categorie. Se i dirigenti difendono se stessi dalla valutazione (la contrattualizzazione della metodologia valutativa con la sua rigidità rimane l’elemento più certo dell’impossibilità di una valutazione del dirigente scolastico) come possono supporre che altrettanto non facciano gli insegnanti o gli ata? E la difesa non ha molte regole sostanziali, fatte salve quelle formali. L’aver collegato lo sciopero più consistente con le prove Invalsi testimonia solo che la scuola italiana vuole rendere pubblico e chiaro il concetto che nessuno la deve valutare dall’esterno e che dall’interno la valutazione sarà solo garanzia di uniformità e appiattimento.

I giovani dirigenti come Basso devono prendere atto che la foga contro la valutazione porta ad un oggettiva contrasto contro la dirigenza scolastica vista come controparte garantita non legittimata a valutare alcunché perché terza rispetto alla scuola e alle classi. Il dirigente per sua natura e per mandato normativo deve controllare il sistema, il Preside deve solo prendere atto di quello che il sistema vuole (Miur, Provveditorati, Organi collegiali, ecc.). D’altronde le oscillazioni di chi la legge la sta approvando sono sotto gli occhi di tutti: ieri si diceva che avremmo assunto tutti come i manager privati, oggi si dice che dobbiamo solo confrontarci con Collegio docenti e Consiglio d’Istituto, luoghi in cui si media molto e su cambia il meno possibile. D’altronde se lo Stato non è capace di decidere cosa vuole che facciano i capi d’istituto perché si pensa di fermare con argomentazioni confuse e ondivaghe coloro che ritengono che i capi d’istituto non debbano decidere un bel niente. Se poi anche persone di grande valore come Maurizio Tiriticco sposano la piazza contro dirigenti e Invalsi direi che le speranze di farci capire sono molto poche.

Trovatemi un dirigente finito sotto processo perché è caduto un tetto, perché un bambino ne ha ferito un altro, perché un’assunzione era sbagliata, perché non c’è stata sorveglianza in una classe ecc. che sia stato difeso (anche solo con una lettera di solidarietà) dai suoi insegnanti. Non lo trovare perché non c’è: i rapporti possono essere buonissimi (i miei per fortuna lo sono), ma scambiare questi rapporti per una reale adesione al ruolo dirigenziale ce ne corre. Noi non ci facciamo valutare come i docenti e ci facciamo proteggere dai sindacati come i docenti: di cosa ci lamentiamo allora quando viene scatenato un putiferio mediatico e piazzaiolo per non far cambiare nulla e far rimanere la scuola nell’immobilismo più assoluto?

Tutti i sistemi scolastici di vertice dell’area Ocse hanno capito bisogna dare alle scuole maggiore autonomia, responsabilità e valutazione: l’unico modo per farlo è trattare i dirigenti da dirigenti oppure farli ritornare Presidi. Il caos attuale aiuta solo chi urla di più e chi vuole mantenere tutto invariato. Il DDL partiva con l’idea che il sistema dovesse essere governato dai dirigenti: ma questa idea non è piaciuta a nessuno. Spostando l’asse sugli Organi collegiali vedremo cosa succede. Ma magari anche diciamo una volta per tutte: abbiamo scritto che le scuole sono dirette da dirigenti, ma non volevamo dire quello, volevamo solo dare un nome diverso al Preside.

Inutili tentativi di depotenziare lo sciopero

Scuola: Ugl, inutili tentativi di depotenziare lo sciopero
Mascolo, “piuttosto il Governo faccia chiarezza”
(dall’Agenzia ANSA)
“Non possiamo continuare a navigare nell’incertezza: per la riforma della scuola servono regole condivise e ben definite, anche per evitare il proliferare dei ricorsi”.
Lo dichiara il segretario generale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, evidenziando come “il tentativo di alcuni di depotenziare lo sciopero del 5 maggio non necessita di ulteriori commenti. Vogliamo invece sottolineare che una vera inversione di rotta implica necessariamente l’ascolto dei lavoratori, cessando di considerare i sindacati come interlocutori scomodi. Chiediamo al premier Renzi e al ministro Giannini di fare chiarezza, specialmente in un percorso di riforma importante e delicato come quello della scuola”.
“In merito al piano di assunzioni, in particolare – prosegue Mascolo – continuiamo a pensare che debba essere fatto sull’organico di diritto prima di attuare il nuovo organico dell’autonomia, poiche’ riteniamo che la copertura economica per le 100mila immissioni in ruolo in realta’ non ci sia. Solo cosi’ si potranno ottenere risultati concreti – conclude -, essenziali per valorizzare la scuola italiana”.

Che cosa sono, ma soprattutto a cosa servono le prove INVALSI?

Che cosa sono, ma soprattutto a cosa servono le prove INVALSI?

di Cristina Lerede

 

Anche quest’anno a maggio si terranno le tanto discusse prove del Sistema Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione (Invalsi).

I test standardizzati nazionali per la rilevazione degli apprendimenti, che vengono somministrati nelle seconde e quinte elementari, prime e terze medie e in tutte le seconde superiori, sono test preparati dall’Invalsi e servono, nelle intenzioni del Ministero dell’Istruzione, a valutare il livello di preparazione degli alunni italiani, in Italiano e Matematica.

Occorre però chiedersi quale finalità abbia questa valutazione, cioè se essa incida sulla valutazione del singolo studente o se invece abbia una valenza “sistemica”. Questa seconda ipotesi pare essere quella che il decisore politico ha voluto far prevalere. In altre parole, gli esiti delle prove Invalsi sono importanti perché il Ministro conosca il livello di apprendimento e di preparazione degli studenti italiani su una scala macroeconomica, finalizzata a decidere quali interventi migliorativi attuare e ove attuarli.

Contro i test, il loro significato e il loro scopo si crea ogni anno un movimento di opinione contrario, sostenuto dalle componenti scolastiche, in particolare da insegnanti e genitori, con le motivazioni più varie. I genitori temono che questa prova “valuti” in qualche modo i loro figli e che di questa valutazione venga tenuto conto a livello di certificazioni finali.

Gli insegnanti, dal canto loro, temono che la valutazione degli studenti sia un primo passo verso l’introduzione di differenze retributive basate sui risultati delle classi o delle scuole. Altri ancora temono che le analisi condotte sui risultati degli studenti vengano utilizzate per introdurre differenziali di risorse tra scuole, tra province o tra regioni del Paese.

Niente di tutto ciò; in realtà le prove Invalsi devono essere collocate all’interno della valutazione di un sistema che risponde alle finalità di rendere trasparenti e accessibili all’opinione pubblica informazioni sintetiche (la lettura di dati sintetici è necessariamente schematica e scevra da elementi valutativi soggettivi) sugli aspetti più rilevanti del sistema educativo, e di offrire ai decisori politici ed istituzionali elementi oggettivi per valutare lo stato di salute dell’istruzione e formazione dei nostri giovani.

Il problema semmai è quello di integrare una prospettiva di sistema in senso ampio con quella della singola istituzione scolastica in modo da permettere anche ai singoli operatori percorsi di lettura delle stesse informazioni ottenute dai risultati delle prove.

Deve essere chiaro che i test non possono sostituire la valutazione fatta dai docenti del singolo studente, né i test possono valutare da soli l’operato del singolo docente o dirigente; e d’altro canto non sono questi gli scopi per cui tali test vengono somministrati.

 

La concezione dei test Invalsi è frutto di analisi dei sistemi europei dell’istruzione con i quali in una prospettiva di una policy dell’educazione e dell’istruzione a livello Europeo è necessario confrontarsi.

Nella maggior parte dei paesi occidentali, infatti, le scuole convivono pacificamente da molti anni con la rilevazione degli apprendimenti su base nazionale o regionale.

Certo gli aspetti da indagare e le dimensioni e le aree di indagine sono molteplici, proprio per questo è necessario che sia i docenti che i genitori siano consapevoli della valenza delle prove, che non sostituiscono né integrano la valutazione singola dell’alunno, ma rivestono un’importante fondamentale per il decisore politico in ordine all’implementazione di correttivi che permettano al sistema italiano dell’istruzione di essere al pari con i sistemi presenti nel panorama europeo.

Una problematica a parte riveste la possibilità e l’opportunità da un punto di vista didattico-valutativo di inserire la prova Invalsi in ambito di esami finali. Dalle riflessioni sopra riportate proprio per la diversa finalità che un esame conclusivo di un ciclo di studi comporta in merito alla valutazione personale dell’alunno, che necessariamente deve essere distinta da una valutazione di sistema, tale problematica necessita di un approfondimento nelle sedi opportune. Sotto questo profilo appare quanto meno discutibile la prassi di far valere il risultato della prova Invalsi di terza media ai fini del voto finale dell’esame del primo ciclo di istruzione.

E’ comunque auspicabile che le prove Invalsi che saranno somministrate nel prossimo mese di maggio siano affrontate con serenità e serietà in un ottica di miglioramento costante del sistema di istruzione che ci conduca davvero ad una “Buona Scuola”.

SCONTRARSI O INCONTRARSI?

Sullo sciopero generale
SCONTRARSI O INCONTRARSI ?
Dopo diversi anni i sindacati tornano in piazza insieme, ognuno con le proprie ragioni, e questa volta contro Renzi-Giannini. Molte posizioni si sono sempre più caratterizzate per i toni allarmistici e i contenuti spesso pretestuosi e generici: c’è chi scende in piazza per chiedere l’assunzione dei 100.000 insegnanti a settembre, cosa per altro più volte assicurata, e chi per la difesa della scuola pubblica.
L’impressione è che spesso dietro molti slogan e prese di posizione ci sia la volontà di difendere interessi corporativi, di conservare lo status quo, di alimentare il risentimento e la stanchezza; per alcuni anche il tentativo di usare lo sciopero contro il DDL per una contestazione politica: e anche l’enfasi sul “finalmente insieme dopo tanti anni” richiama a una sorta di arroccamento sul passato.
In questo frangente sembra inevitabile la “caccia al nemico”. Restiamo perplessi sulla scelta di questa modalità di espressione della professionalità docente; e lo siamo ancor di più tenendo conto del contenuto del DDL perché:
§  la scuola muore di centralismo burocratico, ha bisogno di più autonomia, e nel DDL c’è attenzione a questo tema;
§  la scuola ha bisogno di insegnanti stabili, non di precari a vita, e del DDL l’immissione in ruolo dei precari è il punto chiave;
§  la scuola ha bisogno di un sistema di reclutamento e di carriera degli insegnanti legati alle capacità reali, verificate sul campo, e non a meccanismi di calcolo e punteggi, e il DDL, sebbene vagamente, li prevede;
§  gli studenti hanno bisogno di percorsi formativi più agili, aperti alla realtà culturale, sociale e lavorativa di oggi, capaci di rispondere ai loro bisogni reali, e il DDL va in questa direzione;
§  l’istituzione scolastica ha bisogno di aprirsi, anche strutturalmente e finanziariamente, ai soggetti del territorio con cui non può fare a meno di collaborare, e questo nel DDL c’è.
Certo, il DDL ha bisogno di essere rivisto in alcuni nodi importanti. Per esempio:
§  autonomia: pensare di realizzarla semplicemente attribuendo più poteri al dirigente scolastico è velleitario; è l’intera governance della scuola che va ripensata, con un sistema di governo con pesi e contrappesi ben definiti;
§  sistema di reclutamento: basato ancora su concorsi nazionali, mantiene la confusione fra superamento delle prove e diritto al posto di lavoro, e perciò continuerà inevitabilmente a produrre precari; inoltre il ruolo assegnato ai dirigenti nell’assunzione del personale è perlomeno ambiguo e a rischio di autodeterminazione dei singoli;
§  carriera dei docenti: restano gli scatti di anzianità, ma il bonus previsto dal DDL erogato dal dirigente scolastico è un contentino destinato solo a suscitare contenziosi a non finire;
§  curriculum: la proposta di incremento dell’offerta formativa rischia di diventare semplicemente un ulteriore aumento di ore e materie.
E così via: l’elenco delle critiche potrebbe continuare.
Siamo convinti che il cambiamento che il DDL sembra configurare non sia positivo a prescindere, ma tutti sappiamo che la scuola ha bisogno di interventi radicali e di azioni che, rimuovendo ostacoli e incrostazioni, la rendano davvero strumento di trasmissione della cultura per il potenziamento delle competenze dei ragazzi e luogo di istruzione ed educazione.
Ci sembra però che lo sciopero del 5 maggio muova non dalla volontà di migliorare il testo di legge e di offrire proposte costruttive, ma di opporsi a ogni cambiamento. In considerazione del dibattito parlamentare che si aprirà nei prossimi giorni rilanciamo con decisione l’indicazione di un metodo: la possibilità di un dialogo costruttivo e reale tra tutti coloro che continuano a desiderare una scuola più capace di valorizzare la libertà e l’iniziativa di tutti i soggetti interessati: insegnanti, alunni, dirigenti, famiglie.

Vogliamo una scuola efficiente, competitiva e sicura

Primo Maggio, Mascolo: “Vogliamo una scuola efficiente, competitiva e sicura”
“Vogliamo una scuola efficiente e competitiva, non quella che il Governo continua a chiamare ‘Buona Scuola’, che in realtà è solo fumo negli occhi”. Lo dichiara il segretario generale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, alla vigilia del Primo Maggio che quest’anno l’Ugl celebrerà a Napoli, precisamente nell’area di Bagnoli. “La nostra federazione – spiega – sta portando avanti una serie di mobilitazioni a livello nazionale, che culmineranno con lo sciopero del 5 maggio, contro una riforma inadeguata alle esigenze del sistema scolastico e un Governo che si ostina a non ascoltare la voce dei lavoratori, pensando di poter procedere indisturbato senza un serio e costruttivo confronto con le parti sociali. Non è un caso che la nostra protesta sia partita proprio dal Sud, e precisamente dalla Sicilia, dove il settore scolastico fa i conti con gravi difficoltà: si pensi ad esempio ai lavoratori della formazione professionale in questa Regione a cui, se non arriveranno le risorse promesse dal governo, sarà difficile garantire un’occupazione. In Campania, a rischiare il loro futuro sono i lavoratori dell’istituto Martuscelli di Napoli che saranno con noi il Primo Maggio proprio per ribadire a gran voce che questo Istituto, punto di riferimento per i ragazzi non vedenti ed ipovedenti con pluriminorazione, non può e non deve chiudere”. “La Festa dei Lavoratori, però, sarà anche l’occasione per chiedere nuovamente maggiori investimenti e più controlli per l’edilizia scolastica, affinché incidenti, come quello avvenuto giorni fa all’istituto elementare Pessina di Ostuni, non si verifichino più”.

Test Invalsi, la prova slitta a causa dello sciopero indetto il 5 maggio dai sindacati

da Il Fatto Quotidiano

Test Invalsi, la prova slitta a causa dello sciopero indetto il 5 maggio dai sindacati

Lo slittamento ha irritato le organizzazioni sindacali che definiscono la scelta ” una intollerabile imposizione, illegittima” e un “provvedimento decisamente inopportuno”

 

“Buona scuola”, doppio esame: emendamenti e sciopero unitario

da La Stampa

“Buona scuola”, doppio esame: emendamenti e sciopero unitario

Da oggi la commissione Cultura alla Camera deve vagliare 2400 proposte di modifica Il tam tam delle associazioni sul Web per la protesta del 5 maggio: nessuno resti a casa
roma

Oggi sulla riforma della scuola di Renzi inizierà l’esame dei 2400 emendamenti presentati, mentre i sindacati vanno avanti nell’organizzazione della protesta. Anche se la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini ha definito «squadristi» i contestatori di venerdì a Bologna e lo scontro con il governo aumenta giorno dopo giorno, le associazioni stanno preparando con cura il grande sciopero del 5 maggio, il primo unitario dopo sette anni. I promotori sono ottimisti, prevedono un’adesione massiccia nelle principali città, una serrata delle scuole e un fiume di docenti, Ata e dirigenti che parteciperanno alle manifestazioni di piazza. E anche dove non sono segnalate manifestazioni ufficiali si annunciano gruppi auto organizzati di docenti: il tam tam corre via web, l’invito è di organizzare flash mob pacifici e colorati al motto di «Nessuno resti a casa». La ministra Giannini ha definito «squadristi» i contestatori in un’intervista a “Repubblica”, una parola che provoca molte critiche da parte dell’opposizione, qualcuna anche dall’interno del Pd (Stefano Fassina le considera «parole inaccettabili»).

Intanto l’Invalsi pensa al rinvio dei test, in calendario da mesi per il 5 maggio (prova preliminare di lettura per la II primaria e prova di Italiano per II e V primaria), data scelta non a caso dai sindacati. La decisione ufficiale sullo slittamento delle prove sarà presa oggi. Una delle ipotesi è il rinvio anche della prova di Matematica sempre in II e V primaria, prevista per il 6 maggio, mentre i test per le Superiori (12 maggio) non dovrebbero subire variazioni.

Da oggi in commissione Cultura alla Camera il lavoro avrà ritmi serrati fino al ponte del Primo maggio: da esaminare ci sono 2.400 emendamenti. Se non ci saranno ostacoli politici, il dibattito in aula potrebbe cominciare l’11 maggio. Considerando che nell’ultima settimana di maggio le Camere probabilmente lavoreranno a ritmo ridotto per la concomitanza con le elezioni regionali e amministrative, l’approvazione definitiva del Senato non potrà arrivare prima della metà di giugno, come peraltro anticipato dalla stessa Stefania Giannini. Poi ci saranno i tempi tecnici per la pubblicazione in Gazzetta. L’entrata in vigore potrebbe quindi coincidere con la fine di giugno. Tempi che, secondo gli addetti ai lavori, inducono a pensare che una bella fetta di riforma (albi territoriali compresi) sarà rimandata all’anno scolastico 2016-2017.

[fla. ama.]

Dal potere dei presidi ai nuovi contratti tutte le critiche all’impianto del governo

da Il Messaggero

Dal potere dei presidi ai nuovi contratti tutte le critiche all’impianto del governo

Studenti e sindacati vanno all’attacco: «Faremo sciopero generale il 5 maggio».

Nonostante un lungo percorso di ascolto in giro per le scuole italiane, la creazione di un portale che nei mesi scorsi ha raccolto osservazioni, idee e suggerimenti per strutturare un disegno di legge concertato, ”La buona scuola“ sembra non andare giù alla maggior parte dei comparti sindacali del mondo della scuola, alle famiglie e agli studenti.
MOBILITA’ E INCENTIVI
L’unico provvedimento gradito è la famosa carta del professore per l’aggiornamento professionale, che consente il consumo di 500 euro all’anno in beni culturali. Poco per il Governo, che voleva fare della Riforma della scuola un fiore all’occhiello della capacità di condivisione e di ascolto di un esecutivo che ha fatto del decisionismo l’arma in più per scardinare ritrosie e incrostazioni sindacali. Al momento scorgendo la piattaforma della sciopero del 5 Maggio non c’è nessun passaggio sostanziale che i sindacati condividano rispetto all’impianto presentato dal duo Giannini-Renzi. I sindacati autonomi e confederali chiedono un piano articolato e immediato che garantisca la stabilità dei precari, non criticando apertamente l’assunzione degli oltre 100.000 docenti, ma cercando di inserire nel collegato del Def la stabilizzazione di quanti hanno da decenni sono in attesa di un cenno da parte di Viale Trastevere. Viene contestato invece dai lavoratori della scuola di ruolo, l’assenza di certezze per il rinnovo del contratto che è fermo da sette anni e l’eccessiva deroga legislativa su materie sottoposte a disciplina contrattuale delle retribuzioni, la mobilità del personale e la chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici, che sembrano essere diventati la vera pietra dello scandalo di questa riforma. Il ruolo del nuovo preside, sempre più assimilabile ad un leader educativo che ad un dirigente scolastico è da sempre un motivo di contrapposizione forte tra esecutivo e parti sociali, che vedono con l’attribuzione di poteri di diretto intervento sulla vita economica, organizzativa e lavorativa della scuola, un declassamento della tanto richiesta autonomia scolastica. Altro punto di critica forte è l’istituzione del registro regionale dei docenti, che andrà a sostituire i vecchi e poco efficienti registri di mobilità territoriale presenti negli Uffici Scolastici Regionali. Da più parti le criticità evidenziate sono la creazione di precari di serie A e precari di serie B, che sarebbero scelti a chiamata diretta e dovranno garantire una mobilità su vasta scala regionale. Gli addetti ai lavori intravedono la data dello sciopero del 5 maggio come una sorta di giro di boa per comprendere se il Governo ascolterà o meno le richieste del mondo della scuola, mentre oggi l’iter alla Camera prosegue. L’obiettivo è chiudere presto e varare la riforma.
Mas. Co.

Scuola, la riforma nel mirino verso il blocco degli scrutini

da Il Messaggero

Scuola, la riforma nel mirino verso il blocco degli scrutini

Studenti e sindacati vanno all’attacco: «Faremo sciopero generale il 5 maggio».

ROMA La contestazione al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, alla Festa dell’Unità di Bologna, sembra essere la punta dell’iceberg di un malumore crescente e di una saldatura omogenea di sigle sindacali e studentesche contro il progetto di Riforma della scuola. Il disegno di legge sembra aver messo tutti d’accordo e in molti temono un’escalation di proteste che potrebbe causare non pochi problemi sia al percorso di riforma e sia all’anno scolastico in corso. Lo sciopero generale unitario del 5 maggio coincide, non casualmente, con la prima prova preliminare dell’Invalsi per la scuola primaria (prova di lettura per la II primaria e prova di italiano per la II e IV primaria), che vista l’alta adesione attesa molto probabilmente non si svolgerà. Così come sembra destinata a saltare la prova di valutazione del 12 Maggio per le scuole secondarie, infatti proprio per quel giorno l’Unione degli Studenti ha indetto un boicottaggio delle prove Invalsi per i licei, con sit-in, presidi, manifestazioni territoriali.
LA PROTESTA
«Noi scenderemo in piazza il 5 maggio con tutto il mondo della scuola perché riteniamo che questo attacco alla scuola pubblica deve essere respinto da tutte le forze sindacali e studentesche e dalla società e la cittadinanza tutta – dichiara Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti, che continua – la nostra lotta non è corporativa ma crediamo che il futuro dell’istruzione sia un tema centrale per tutto il Paese. Il 12 Maggio inoltre boicotteremo le prove Invalsi in tutti gli istituti superiori, perché riteniamo questo strumento totalmente inadatto a dare una visione coerente di quello che è lo stato di salute della scuola italiana». Se gli studenti sono già sul piede di guerra, si scorge invece dalle organizzazioni sindacali una sorta di attendismo per vedere sia il comportamento del Governo sull’iter parlamentare della Riforma e sia sugli emendamenti che verranno presentati ufficialmente oggi. Il Gilda, storica sigla del sindacalismo autonomo, già qualche giorno fa ha fatto presagire che il blocco degli scrutini, non è poi così lontano. «Prima di bloccare gli scrutini, come estrema ratio contro questa Riforma, occorre stralciare l’accordo Aran, che in qualche modo precetta dal 2000 i docenti che devono vi debbono partecipare – dichiara Tito Russo, Flc Cgil, che prosegue – il ricorso a questa forma di protesta va ad inserirsi in una serie di azioni più pratiche che stiamo mettendo in piedi, più che sit-in e piccoli cortei puntiamo a bloccare quello che nella scuola non va».
PORTA STRETTA
Se docenti precari e non, studenti e personale Ata sono sul piede di guerra, i presidi invece sembrano più sereni sulla riforma e minacciano azioni disciplinari per coloro che cercheranno di bloccare scrutini e il corretto corso dell’anno scolastico. Mario Rusconi, presidente di Roma e del Lazio dell’Anp (Associazione Nazionale Presidi) afferma che: «si può esprimere un parere negativo nei confronti de ”La buona scuola” anche se molti insegnanti dovrebbero leggere prima il disegno di legge, ma non si può ricorrere a strumenti di tipo luddistico, distruttivo nei confronti della scuola. Questo è un atteggiamento sconsiderato e vietato dalla norma. I presidi possono prendere sia provvedimenti di sospensioni e commutare multe e spero che lì dove il funzionamento della scuola sia messo a repentaglio ricorrano a questi strumenti normativi».
Massimiliano Coccia

Pd, Guerini e Orfini: “Sbagliato bollare dissenso su riforma scuola come squadrismo”

da la Repubblica

Pd, Guerini e Orfini: “Sbagliato bollare dissenso su riforma scuola come squadrismo”

Dopo l’invito a”chiedere scusa” rivolto da Fassina al ministro dell’Istruzione dopo le accuse ai suoi contestatori, una nota congiunta del presidente e del vice segretario dem chiedono a tutte le parti coinvolte nella vicenda della riforma della scuola di “evitare eccessi e toni ultimativi”. “Sbagliato anche che si impedisca di parlare a chi presenta riforma”

ROMA – Dopo le accuse di “squadrismo” lanciate contro chi l’aveva contestata venerdì a Bologna, durante la Festa dell’Unità, a richiamare all’ordine e alla moderazione la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, non è un esponente della minoranza dem. Uno, per intendersi, come Stefano Fassina, che alla ministra aveva contestato alcuni passaggi di un’intervista a Repubblica, in cui Giannini accusava gli insegnanti di essere una comunità in cui, se la “maggioranza è abulica”, la minoranza è “aggressiva”, composta di “squadristi” che “mi hanno insultata…disinteressati ad ascoltare quello che avevo da dire…”. Se Fassina aveva “invitato” la ministra a chiedere “scusa alla scuola”, oggi si registra la posizione assunta da due esponenti della classe dirigente del Pd: il presidente del partito Matteo Orfini e il vicesegretario Lorenzo Guerini. Che senza nominare il ministro Giannini ed evitando asprezze dialettiche, hanno invitato tanto il ministro quanto chi la contesta a evitare “eccessi ed toni ultimativi”.

“E’ sbagliato che si impedisca di parlare a chi presenta la riforma, così come è sbagliato bollare di squadrismo chi manifesta il proprio dissenso – si legge infatti nella loro nota congiunta -. La scuola è il cuore del cambiamento dell’Italia, evitiamo che diventi oggetto di scontri ideologici e sopra le righe. Con la Buona Scuola – si legge ancora nella nota – il governo ha costruito un percorso di ascolto lungo e approfondito che ha coinvolto migliaia di operatori scolastici, insegnanti, famiglie e studenti. Per la prima volta da molti anni siamo di fronte a un governo che, invece di tagliare, investe nella e sulla scuola risorse finanziarie molto significative, si torna ad assumere e si pone fine alle graduatorie, si valorizza il merito e la formazione degli insegnanti”. “Al centro di tutto è l’autonomia scolastica: la scuola appartiene a chi la fa. Per questo il Pd continuerà a confrontarsi e a discutere per migliorare ancora di più la riforma. Senza eccessi ed evitando toni ultimativi da tutte le parti”.

Più che toni ultimativi, quelli espressi dal ministro Giannini nei riguardi dei contestatori (“alcuni precari di seconda fascia, area Cobas, e molti studenti”) erano suonati come verdetti senza appello. Un quadro, quello dipinto dalla ministra, dalle tinte decadenti, popolato da docenti preda di “un’inerzia diffusa” e dalla poca volontà di partecipare ai cambiamenti, legata alla disillusione che davvero qualcosa nel mondo della scuola possa essere migliorato. Mentre lei, la ministra, dopo aver incassato la contestazione che l’aveva costretta a lasciare la Festa dell’Unità, mandava a dire a chi l’aveva insultata che la riforma della Buona Scuola va avanti, che “le urla antidemocratiche non mi fermeranno”.

Un ministro, Giannini, irritato al punto da lasciar intravedere come esito finale del suo percorso al dicastero il varo di una riforma non frutto di un dialogo costruttivo, della cucitura paziente di una trama che in qualche modo comprenda, almeno nel dibattito, tutte le voci della scuola, soprattutto quelle portatrici di argomentazioni in disaccordo col suo disegno, ma della prova di forza con il dissenso. Dove, inevitabilmente, vincerà appunto solo il più forte. Più forte, parole del ministro, di quegli “slogan senza tempo, che potevano essere adattati, indifferentemente, a cinque, dieci, quindici anni fa: no alla privatizzazione, no ai soldi alle paritarie…”.

Prospettiva, la prova di forza, che era stata criticata anche dal capogruppo dimissionario del Pd alla Camera, Roberto Speranza: “Le accuse di squadrismo me le sarei risparmiate”, aveva detto a In mezz’ora di Lucia Annunziata, “non si fa muro contro muro, ma ci si siede e si prova a migliorare. Non possiamo fare finta di non vedere e provare ad asfaltare tutto”.

Scuola, rinviate di un giorno le prove Invalsi per lo sciopero dei prof

da la Repubblica

Scuola, rinviate di un giorno le prove Invalsi per lo sciopero dei prof

Previste inizialmente per il 5 maggio, si svolgeranno il 6 e 7 per le elementari. Confermata la data del 12 per le medie

ROMA – C’erano già voci in questi giorni di uno scontro durissimo sulla riforma della scuola. E questa mattina arriva la conferma ufficiale in una circolare che l’Istituto per la Valutazione del Sistema Educativo ha inviato alle scuole. Le attese e spesso contestate prove Invalsi vengono rinviate di un giorno, dal momento che la prima delle prove coincide con lo sciopero nazionale (sostanzialmente di tutti i maggiori sindacati) della scuola del 5 maggio. Le prove, dunque, si svolgeranno il 6 e 7 maggio. Ecco di seguito la comunicazione nella lettera Invalsi:

“Si comunica la seguente variazione del calendario delle prove INVALSI che coinvolgono la sola scuola primaria già fissate con nota del 28 ottobre 2014:
6 maggio 2015: prova preliminare di lettura (II primaria) e prova d’Italiano (II e V primaria);
7 maggio 2015: prova di Matematica (II e V primaria) e Questionario studente (V primaria).

Tale variazione di calendario riguarda tutte le classi della scuola primaria indipendentemente dall’adesione del personale docente e non docente allo sciopero del 5 maggio 2015. Pertanto le prove della scuola primaria si dovranno svolgere comunque il 6 e il 7 maggio 2015, anche se ci fosse la disponibilità del personale il 5 maggio 2015. Restano confermate le date delle altre prove: 12 maggio 2015 (prova di Matematica, prova d’ Italiano e Questionario studente per la classe II secondaria di secondo grado) e 19 giugno 2015 (prova di Matematica e d’Italiano nell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione).”

“Le ho urlato vergogna e non mi pento antidemocratici sono quelli come lei che fingono di non vedere il dissenso”

da la Repubblica

“Le ho urlato vergogna e non mi pento antidemocratici sono quelli come lei che fingono di non vedere il dissenso”

«Noi squadristi? Ma per favore. Il ministro ci offende profondamente, le sue parole ci indignano ».

Ilaria Venturi

«Noi squadristi? Ma per favore. Il ministro ci offende profondamente, le sue parole ci indignano ». Corradina Scillia insegna da dieci anni Lettere in una scuola media alla Bolognina, nello storico quartiere rosso di Bologna: tanti stranieri, istituto di frontiera. Era alla contestazione alla Festa dell’Unità quasi per caso. Ed ha urlato, a gran voce.

Perché non avete fatto parlare il ministro Giannini?
«È stato tutto molto enfatizzato, il tentativo di dialogo c’è stato».
Con urla e grida?
«È il ministro che se ne è andato. La sala era quasi deserta, c’eravamo solo noi e gli studenti. Io ero andata per partecipare al flash mob degli insegnanti, dopo ho raggiunto il dibattito. Quando sono arrivata ho visto gli universitari alzare i cartelli. E mi sono arrabbiata anch’io, ne avevo molti motivi. C’è un momento in cui non riesci più a stare zitto e devi difendere ciò in cui credi. Come la scuola pubblica, che io ho scelto per passione».
Cosa la fa più arrabbiare?
«La chiamata diretta degli insegnanti da parte dei presidi, gli albi regionali che sono una buffonata, il gioco delle tre carte sulle risorse alla scuola: messe su una voce, tolte da un’altra. Conosco un preside che, in contrasto col Comune, ha chiuso una scuola primaria. Cosa potrà accadere dando pieni poteri ai dirigenti? Mi ribolle il sangue sapere che sarò chiamata su basi discrezionali e, peggio, in balia del rischio di una politica clientelare. Non ci sono garanzie».
Il premier Renzi ha detto che un educatore ascolta, non toglie la parola.
«Da educatori insegniamo a sviluppare il senso critico e come cittadini siamo tenuti a protestare quando ci sono decisioni che ledono i nostri diritti. È stata una contestazione dovuta alla nostra esasperazione. Fa pensare il fatto che ci sono volute due pentole sbattute per ricordare a tutti che c’è un disagio profondo nel mondo della scuola. I flash mob silenziosi non vengono neanche presi in considerazione».
Il ministro vi accusa di averla insultata.
«Non abbiamo insultato nessuno. Abbiamo gridato: vergogna. Ma perché è vergognoso questo disegno di legge. Noi antidemocratici? È il governo che non ci ha mai voluto ascoltare».
La Giannini dice che la consultazione on line è durata tre mesi.
«E tutte le nostre mozioni? Ne hanno portate 200 al ministero e non le hanno nemmeno accolte. E poi le proposte dei sindacati, i documenti degli insegnanti, la legge di iniziativa popolare sulla scuola che continua ad essere ignorata dal governo. Altro che inerzia diffusa, noi studiamo le riforme e siamo preparati».
Uno dei punti contestati sono i soldi
alle paritarie.
«Nel ddl sono previste detrazioni fiscali. Non ce l’ho con le paritarie, ma questi sono soldi sottratti alla scuola pubblica che intanto cade a pezzi».