La “Buona Scuola” e l’opposizione pregiudiziale

La “Buona Scuola” e l’opposizione pregiudiziale

Ci separano pochi mesi dal dibattito sul  documento “La Buona Scuola” e pochi giorni da uno sciopero proclamato dai sindacati di comparto allo scopo dichiarato di arrestare il processo di riforma legato al DdL 2994.

L’opposizione alla riforma ha assunto i contorni di uno scontro frontale, secondo un copione che in modo costante – non ultimo quando nel 1999 fu affossata la riforma Berlinguer – ha contrastato ogni tentativo di far fronte ai ritardi della scuola italiana.

C’è da chiedersi a cosa sia servita la consultazione pubblica attraverso la quale il Governo ha ricercato un confronto aperto sui contenuti della proposta.

Purtroppo, però,  non ci può essere confronto con chi pretende che nulla cambi.

Si vuol far credere che “tutto” il  mondo della scuola sia contrario al DdL governativo, mentre non ha voce chi non si riconosce nell’ “immobilismo militante”, chi rifiuta gli stereotipi e le solite parole d’ordine, chi non teme il cambiamento e  auspica un’assunzione collettiva di responsabilità.

E’ a questo mondo che la nostra Associazione si rivolge e a cui diamo voce, non per contestare l’istituto dello sciopero in sé, ma per contrastare una volta di più le motivazioni e gli obiettivi di questo sciopero,  tutto volto al passato e all’antica vocazione al “nulla cambi”. Non sfugge, d’altra parte, la sua “strana” coincidenza con la somministrazione delle prove Invalsi nella scuola primaria: le proteste di alcune sigle sindacali contro il differimento della rilevazione dimostrano quanto poco valore le stesse organizzazioni attribuiscano ad uno – forse l’unico – strumento di rendicontazione sociale che il nostro paese è stato capace di adottare.

Va sottolineato, poi, il fuoco di sbarramento dei sindacati contro il rafforzamento del ruolo dei dirigenti delle scuole.

L’impianto complessivo del DdL resta coerente solo se viene mantenuto saldo l’obiettivo di incrementare gli spazi di autonomia. E ciò si può ottenere solo con l’assunzione di maggiore responsabilità, con la  valutazione di sistema, con la condivisione della logica della rendicontazione sociale e del miglioramento continuo come strategia ordinaria.

Si vuole un dirigente senza strumenti e senza poteri. Si pretende di giocare con il concetto di leadership educativa senza che a questa siano connessi elementi sostanziali di management. Ma questo porta alla perpetuazione dell’esistente.

Non si possono porre rimedi alle debolezze organizzative di un’istituzione complessa qual è la scuola con mediazioni al ribasso, né  – tanto meno – si può accettare che la scuola diventi merce di scambio nel quadro dei vari processi di riforma in atto

Sollecitiamo, pertanto,  il Governo ad essere coerente con le sue proposte e a dimostrare con i fatti di volere seriamente “cambiare verso” alle politiche scolastiche.

Adesione allo sciopero del 5 maggio 2015

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
AOOUFGAB – Ufficio del Gabinetto
REGISTRO UFFICIALE
Prot. n. 0012306 – 28/04/2015 – USCITA

Ai Direttori Generali Uffici Scolastici Regionali
Loro Sedi

Oggetto: Comparto Scuola. Adesione FLP allo sciopero del 5 maggio 2015 indetto da Flc/Cgil, Cisl/scuola,Uil/scuola, Snals/Confsal e Gilda/unams.
Si comunica che l’organizzazione sindacale FLP ha aderito “allo sciopero generale del Comparto scuola indetto da Flc/Cgil, Cisl/scuola, Uil/scuola, Snals/Confsal e Gilda/Unams per l’intera giornata del 5 maggio 2015”.
L’azione di sciopero in questione interessa il servizio pubblico essenziale “istruzione” di cui all’art. l della legge 12 giugno 1990, n. 146 e successive modifiche ed integrazioni e alle norme pattizie definite ai sensi dell’art. 2 della legge medesima. pertanto il diritto di sciopero va esercitato in osservanza delle regole e delle procedure fissate dalla citata normativa.
Le SS.LL., ai sensi dell’art. 2, comma 6 , della legge suindicata sono invitate ad attivare, con la massima urgenza, la procedura relativa alla comunicazione dello sciopero alle istituzioni scolastiche e, per loro mezzo alle famiglie ed agli alunni, ed assicurare durante l’astensione le prestazioni relative ai servizi pubblici essenziali cosi’ come individuati dalla normativa citata che prevede, tra l’altro, all’art. 5, che le amministrazioni “sono tenute a rendere pubblico tempestivamente il numero dei lavoratori che hanno partecipato allo sciopero, la durata dello stesso e la misura delle trattenute effettuate per la relativa partecipazione”.
Dette informazioni dovranno essere acquisite attraverso il portale SIDI, sotto il menù “I tuoi servizi”, nell’ area “Rilevazioni”, accedendo all’apposito link “Rilevazione scioperi” e compilando tutti i campi della sezione con i seguenti dati:
il numero dei lavoratori dipendenti in servizio;
il numero dei dipendenti aderenti allo sciopero anche se negativo;
il numero dei dipendenti assenti per altri motivi:
ammontare delle retribuzioni trattenute.
Si pregano le SS.LL. di invitare i Dirigenti Scolastici ad ottemperare a quanto sopra esposto, tenendo conto che i dati devono essere inseriti nel più breve tempo possibile.

IL VICE CAPO DI GABINETTO
dott. Rocco Pinneri

Testimoni dei Diritti

Testimoni dei Diritti
Anno scolastico 2014-2015
LE SCUOLE VINCITRICI
Sono tre le scuole secondarie di I grado che hanno vinto il concorso “Testimoni dei Diritti” organizzato in collaborazione con il Senato della Repubblica.
Altri premi andranno anche per il secondo e terzo posto.
Per approfondire: www.senatoperiragazzi.it/news_show/2015/04/24/testimoni-dei-diritti-2014-2015-ecco-i-vincitori
Primo posto
ISTITUTO SCOLASTICO
– Istituto Comprensivo 1 “Salvo D’Acquisto” di San Salvo (CH)
– Istituto Comprensivo Quattro Castella, classe di indirizzo musicale, di Montecavolo di Quattro Castella (RE)
– Istituto Comprensivo “Viola” di Taranto
Secondo posto
ISTITUTO SCOLASTICO
– Istituto Comprensivo Oppido-Molochio-Varapodio di Oppido Mamertina (RC)
– Istituto Comprensivo Statale “Alessio Narbone” di Caltagirone (CT)
– Istituto Comprensivo Statale di Ponzano Veneto (TV)
Terzo posto
ISTITUTO SCOLASTICO
– Istituto Comprensivo di Cossato, Scuola media statale “Leonardo da Vinci” di Cossato (BI)
– Scuola secondaria di I grado ad indirizzo musicale “Ferrajolo-Capasso” di Acerra (NA)
– Istituto Comprensivo Sant’Antioco-Calasetta di Sant’Antioco (CI)

SCIOPERO 5 MAGGIO, ANCHE I DOCENTI UNIVERSITARI CIPUR INCROCIANO LE BRACCIA

SCIOPERO 5 MAGGIO, ANCHE I DOCENTI UNIVERSITARI CIPUR INCROCIANO LE BRACCIA

Si allarga il fronte della protesta contro la politica del governo sull’istruzione. Dopo la proclamazione  da parte di Gilda degli Insegnanti, Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals dello sciopero unitario della scuola, il 5 maggio incroceranno le braccia anche i docenti universitari del Cipur (Coordinamento intersedi professori universitari di ruolo). La sospensione delle lezioni, prevista per l’intera giornata, è stata indetta per chiedere l’introduzione del docente unico, l’eliminazione dei vincoli del turn-over, la stabilizzazione del precariato, la modifica radicale dei meccanismi di valutazione dell’attività di ricerca. Tra le rivendicazioni del Cipur, anche l’assegnazione all’università di risorse adeguate per la ricerca, il ripristino degli scatti stipendiali, la garanzia della copertura della borsa di studio al 100% degli studenti aventi diritto e del pagamento della quota C delle pensioni sulla base di quanto effettivamente versato.

“Lo sciopero del 5 maggio – spiega il Cipur – sarà l’occasione per ribadire la nostra netta contrarietà alla contrattualizzazione della docenza universitaria, alla deriva privatistica dell’università statale, all’abilitazione scientifica nazionale condotta con forme burocratizzate, costose ed inefficienti e alla burocratizzazione sempre più complessa ed esasperante della gestione delle attività universitarie”.

“La formazione a qualsiasi livello – afferma il Cipur – viene investita da un processo di riforma radicale che, al momento, sta riguardando la scuola, ma che subito dopo riguarderà anche quella universitaria. Rispetto alle ipotesi formulate nel DDL sulla riforma del sistema nazionale di istruzione, le organizzazioni sindacali della scuola hanno indetto per il prossimo 5 maggio uno sciopero unitario. Le anticipazioni, che sono circolate nei giorni scorsi in merito alla formazione universitaria, prefigurano un totale snaturamento della docenza universitaria. Ecco perchè – conclude il Cipur – abbiamo indetto lo sciopero per il 5 maggio e invitiamo i docenti a riunirsi in assemblea per discutere le nostre richieste”.

Eduopen

Università di Bari, Politecnico di Bari, Ferrara,
Foggia, Genova, Parma e del Salento

Network delle Università aderenti al Progetto Eduopen (finanziato dal MIUR)

Realizzazione di una piattaforma Moocs federata degli Atenei italiani
(Eduopen)

La (video)conferenza si terrà il 30 Aprile alle ore 11.30.

http://www.videoserver10.unimore.it/videoconferenza

I MOOCs sono dei brevi corsi offerti in modalità telematica, che si iscrivono nella tradizione delle cosiddette OER (Open Educational Resources), ed offrono agli allievi la possibilità di seguire percorsi formativi di alta qualità a distanza ed eventualmente di acquisire attestati di frequenza, badge o crediti formativi universitari. Diversi atenei italiani si sono già cimentati con la realizzazione di corsi aperti completamente gratuiti, o che prevedono il pagamento di piccole somme finalizzate unicamente alla certificazione finale degli apprendimenti, tuttavia non esiste ancora una piattaforma italiana che aggreghi diverse università, né si registra un modello o una policy condivisa.

Obiettivi, dunque, del Progetto EDUOPEN sono:

promuovere innovazione didattica attraverso la realizzazione di un ecosistema italiano di MOOCs che offra, tra l’altro, l’acquisizione di crediti formativi CFU/ECTS mediante la partecipazione degli atenei già attivi nell’ambito della formazione a distanza;

avviare una strategia di internazionalizzazione basata sull’offerta di MOOCs in lingua inglese, sull’ interscambio di crediti ECTS, tramite convenzioni con altre università europee che erogano MOOCs e sulla possibile partecipazione ai grandi consorzi Moocs internazionali;

realizzare una vasta ricerca-intervento di matrice pedagogica e didattica, la prima in Italia di questa estensione, utile per lo sviluppo di una strategia italiana per la diffusione delle risorse educative aperte. Si indagheranno in particolare i formati, i modelli di interazione, le tecniche docimologiche e le pratiche d’uso degli allievi attraverso strumenti di learning analytics.

infine, elaborare un’azione di formazione dei docenti e del personale tecnico-amministrativo degli atenei interessati volta a favorire l’utilizzo delle tecnologie nella didattica.

Capofila progettuale sarà l’Università di Foggia, mentre al Centro universitario Inter-ateneo EDUNOVA delle Università di Ferrara, Modena e Reggio Emilia e Parma è affidata la responsabilità degli aspetti organizzativi, gestionali e tecnologici.

Il progetto è aperto anche ad altri Atenei che desiderano partecipare.

Saranno presenti:

prof. Angelo O. Andrisano, Rettore UNIMORE

prof. Giovanni Aloisio, in rappresentanza del Rettore dell’Università del Salento (in videoconferenza);

prof.ssa Loredana Ficarelli, delegata del Rettore del Politecnico di Bari;

prof. Pierpaolo Limone, delegato del Rettore dell’Università di Foggia;

prof. Tommaso Minerva, Direttore del Centro Interateneo Edunova, che illustrerà il piano di progetto;

proff. Maria Cristina Ossiprandi, prorettore alla didattica e Prof. Andrea Lasagni, delegato e-learning dell’Università di Parma;

proff. Carlo Peretto, delegato dal Rettore, e prof. Paolo Frignani, delegato e-learning dell’Università di Ferrara;

prof. Marina Rui, delegata e-learning dell’Università di Genova;

prof.ssa Teresa Roselli, delegata del Rettore dell’Università di Bari Aldo Moro (in videoconferenza).

Dopo la videoconferenza sarà possibile interloquire con i partecipanti.

Le misure di accompagnamento al RAV

Le misure di accompagnamento al RAV
Accompagnare, spiegare e anche un po’ appassionare

di Mavina Pietraforte 

 

Novembre 2014: presentazione del format Rav nella sala delle Comunicazioni del Miur.

L’elegante Elena Ugolini apre i lavori e presenta il format unico. La Ministra Giannini fa una brillante analisi di cosa voglia dire per le scuola autovalutarsi ed essere oggetto di valutazione, avendo come fine il miglioramento.

Noi dirigenti tecnici e il personale degli Uffici Scolastici Regionali a vivere quel momento, emozionante come dirà la stessa dott.ssa C. Palumbo, a capo della Direzione Generale degli Ordinamenti.

Finalmente un riordino complessivo dei vari percorsi di autovalutazione, alcuni anche molto raffinati, quali quelli afferenti al modello CAF, molto in voga in alcune Regioni, o quelli più istituzionali, come il Vales.

Il format unico del Rav rassicurava, quasi una presenza del Ministero, prima ancora che dell’invalsi, nella percezione di un dirigente del Ministero, in realtà pensiero e volere dell’Invalsi, ma comunque un pensiero razionale, un’autovalutazione su basi uniche, in cui tutte le scuole, chi più avanti nell’autoanalisi, chi meno, potessero avere l’occasione di ricominciare, di riallenarsi, di intraprendere persino un cammino così impegnativo con un afflato comune.

 

Il convincere a livello regionale che non si trattava di gettare alle ortiche quanto di importante fosse stato percorso, si pensi solo agli innovativi passi verso il bilancio sociale e la rendicontazione, sul pensiero di pionieri della valutazione come A.,Paletta, M. Castoldi , solo per citarne alcuni. Ma certamente ci si doveva e si poteva raccogliere intorno al formato unico, rileggere con attenzione le parti e le sezioni del Rav, le aree e le domande guida, capire come le scuole potessero arrivare a darsi un giudizio e prima ancora a motivarlo, ragionando intorno ai propri processi gestionali, organizzativi, per arrivare al nucleo di quelli educativi con gli esiti degli studenti e non solo quelli relativi alle prove Invalsi.

Una bella sfida, un rapporto di autovalutazione che, come è stato detto, “odora di Pof”, lascia perdere quel “cruscotto di indicatori” e quel linguaggio tecno-burocratico della Funzione Pubblica, ma invece si cala nella realtà della scuola, chiede più semplicemente alla scuola di descrivere il proprio contesto, il proprio territorio, le proprie risorse, ovvero i vincoli che ogni scuola ha e dati gli stessi quali processi la scuola è riuscita ad attivare, quindi quali le sue scelte in termini organizzativi, gestionali, tenendo a cuore gli esiti degli studenti, vero “cuore” della scuola.

 

Così accompagnare le scuole con incontri sul territorio, nelle province, è stato come chiedere alle scuole di ripensare il loro modo di guardarsi allo specchio, con un’altra messa a fuoco, più vicina ma anche più lontana perché c’è la possibilità di   guardarsi confrontandosi e in prospettiva di migliorarsi.

Una sfida è stata proporre a platee di dirigenti scolastici e dei loro collaboratori, referenti per la valutazione, un particolare punto di vista: prendere spunto da quello che il Rav non dice, a proposito delle competenze chiave di cittadinanza. Proporre ai partecipanti agli incontri territoriali un nuovo paradigma educativo: adottare una competenza chiave di cittadinanza e rispetto a quella coordinare tutta la didattica di materia. Le discipline che diventano il contenitore di una competenza chiave di cittadinanza che è il  contenuto. Un reticolo di competenze disciplinari riferibili agli assi culturali di cui al “decreto Fioroni” del 2007 per abbracciare una competenza di cittadinanza. Una delle otto, quella che il consiglio di classe vorrà scegliere e su cui impronterà una metodologia didattica tesa a rilevare i momenti in cui quella competenza si manifesta, in modo parziale o globale, in una prova coordinata interdisciplinare di fine quadrimestre.

Ecco che allora gli indicatori che si chiedono alle scuole possono essere la rubrica di valutazione, i criteri scelti per valutare i momenti dedicati all’osservazione dello studente in un contesto dato, nel corso di un team work, o di un rinforzo positivo dell’apprendimento tra pari.

Obiezioni a queste proposte: non si fa in tempo per questo Rav che sarà pubblicato a luglio.

Certo, sarà anche una lotta contro il tempo, ma si può cominciare. Occasionati dal “fare il Rav”, si può reinventare anche il modo di fare scuola che, al di là della politica del BYOD o del tablet per ogni alunno, è pensiero educativo dedicato, è trovare il modo per usare al meglio strumenti anche tecnologicamente avanzati per riuscire nella sfida millenaria di educare, attività umana per definizione.

 

Allora sì che diventa entusiasmante forgiare indicatori e descrittori per il Rav, per autodescrivere quanto si va man mano sperimentando. Un modo per andare oltre   la difficoltà manifestata, incentrata sull’affanno della definizione degli indicatori e dei descrittori, i quali banalmente potrebbero ricondursi al trovare un bel titolo per un tema (l’area del Rav) e una buona argomentazione (i descrittori), riuscendo a maneggiare abilmente il tutto.

Questa via pedagogica sotterranea del Rav per chi voglia percorrerla forse, potrebbe condurre ad una riconsiderazione della metodologia didattica che la scuola propone, aprendo a nuovi orizzonti di senso che davvero potrebbero definire la differenza tra l’una e l’altra scuola, per gli alunni, i genitori, i docenti, il dirigente scolastico, la comunità tutta e anche… per gli ispettori!

Ddl scuola, il governo che fa saltare tutte le regole

da Il Fatto Quotidiano

Ddl scuola, il governo che fa saltare tutte le regole

Scuola, Miur riapre le graduatorie delle supplenze per docenti extracomunitari

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, Miur riapre le graduatorie delle supplenze per docenti extracomunitari

La normativa del ministero chiedeva la cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell’Unione Europea per essere inclusi nelle liste. Ma è stata bocciata dai giudici. Da settembre quindi niente più “discriminazioni” in cattedra: italiani o meno, conterà solo il punteggio in graduatoria, non il passaporto

Buona scuola, punto per punto riforme e contestazioni

da Repubblica.it

Buona scuola, punto per punto riforme e contestazioni

Dal piano assunzioni al preside-sindaco, dall’autonomia al legame scuola azienda: i tratti distintivi della riforma e le obiezioni. E i dubbi sul piano per l’edilizia scolastica per i contributi a paritarie e docenti

di SALVO INTRAVAIA

I prof si ribellano alla Buona scuola e scendono in piazza. La riforma proposta al Parlamento dalla coppia Renzi-Giannini, dopo quasi sette anni, martedì 5 maggio porterà in sciopero almeno mezzo milione di docenti e Ata. La discussione sui contenuti del disegno di legge presentato alla Camera sta accendendo gli animi dei diretti interessati e degli esponenti politici che si apprestano a combattere la battaglia parlamentare. Ma cosa prevede il provvedimento depositato qualche settimana fa? E quali sono i motivi che hanno indotto il popolo della scuola alla mobilitazione contro premier e ministro?

Il Piano assunzioni. E’ pronto un piano da 100mila assunzioni che si pone come obiettivo la chiusura delle graduatorie provinciali dei supplenti e il definitivo superamento della stagione del precariato scolastico in Italia. Tra i 100.701 insegnanti che a settembre potrebbero coronare il sogno del posto stabile rientrano tutti gli inclusi nelle liste dei precari della scuola primaria, media e superiore e i vincitori dell’ultimo concorso a cattedre. Rinviata per il momento l’assunzione degli insegnanti della scuola dell’infanzia, interessata dalla riforma 0-6 che dovrebbe coordinare i servizi per l’infanzia da zero a sei anni: nidi e scuole materne. In questi ultimi giorni, diversi esponenti del governo non hanno nascosto le proprie perplessità per una protesta che si contrappone anche al mega piano di assunzioni con 100mila posti in palio.
– Le obiezioni. Ma, secondo quanto rilevato da tutti i sindacati, la proposta dal governo è una soluzione solo a metà: dal piano restano fuori gli idonei all’ultimo concorso, in un primo momento assunti anche questi, e migliaia  –  forse più di 50mila  –  precari d’istituto, che hanno prestato servizio per anni, cui verrebbe dato il benservito. E, al momento, il governo non dà nessuna risposta alla sentenza che a novembre ha condannato l’Italia per abuso di precariato nella scuola. Anzi, stabilisce che dopo tre anni di supplenze si viene “licenziati”.

Il preside-sindaco. L’idea che ha in mente Renzi è quella di rilanciare la scuola assegnando più potere ai dirigenti scolastici. Tra le competenze del capo d’istituto è prevista la compilazione del Piano triennale dell’offerta formativa della scuola  –  il documento politico-organizzativo dell’azione educativa  –  che svuota gli organi collegiali di importanti poteri deliberanti. Passa nelle mani del capo d’istituto la valutazione dei docenti neo immessi in ruolo e toccherà sempre al dirigente scolastico premiare, con un corrispettivo in denaro, gli insegnanti più bravi. Il preside dell’era Renzi potrà inoltre scegliere i docenti dagli albi territoriali in cui verranno piazzati i 100mila nuovi assunti e potrà “strappare” alle altre scuole i docenti migliori.
– Le obiezioni. La novità del preside con i superpoteri ha spaventato perfino alcuni diretti interessati e terrorizza gli insegnanti che già immaginano una scuola con un deus ex machina o un dittatorello che potrà fare il bello e il cattivo tempo. Insomma, i docenti non si fidano affatto dei loro dirigenti scolastici e forse non li considerano neppure all’altezza del gravoso compito. E’ questo uno dei motivi più pressanti che porterà in piazza i docenti a maggio.

Scuole più autonome. Il piano di assunzioni e il preside “a trazione integrale” serviranno a realizzare, dopo quasi vent’anni, l’autonomia scolastica con risorse di personale ed economiche adeguate. Per queste ultime, oltre ai finanziamenti statali, sono previsti altri due canali: l’eventuale destinazione alla scuola del 5 per mille dalla dichiarazione dei redditi annuale da parte dei genitori e lo “school bonus”, eventuali donazioni in denaro da parte di privati. E gli istituti superiori potranno anche organizzare il curriculum dello studente, con materie aggiuntive da scegliere negli ultimi anni del percorso della secondaria di secondo grado. E’ anche previsto il potenziamento della musica e dell’educazione motoria all’elementare e dell’economia e della storia dell’arte al superiore. E un piano per sviluppare le competenze digitali degli studenti.
– Le obiezioni. Ma sulle nuove modalità di finanziamento sul governo sono piovute critiche feroci. La paura è che, nonostante la quota perequativa del 10 per cento prevista dal disegno di legge, si accentuino i divari tra scuole frequentate dalle élite e gli istituti ubicati in contesti disagiati.

Legame più stretto tra scuola e aziende. Si tratta della ricetta messa in campo dal governo per combattere l’enorme dispersione scolastica di cui soffre il nostro sistema educativo. Ma si tratta anche di un modo per avvicinare l’offerta formativa delle scuole e la domanda di professionalità delle imprese che spesso non riescono a reperire sul mercato alcune figure. Sarà l’alternanza scuola-lavoro  –  con almeno 400 ore in azienda nei tecnici e nei professionali nell’ultimo triennio e 200 ore nei licei  –  lo strumento per realizzare questi obiettivi.
– Le obiezioni. Coloro che criticano l’intero impianto della riforma temono che la scuola venga piegata eccessivamente sul lavoro perdendo, almeno in parte, la dimensione educativa che ha avuto finora. Proprio quando la ministra Stefania Giannini ha iniziato a parlare di questo aspetto della riforma, alla festa dell’Unità di Bologna, è scoppiato il putiferio.

Edilizia scolastica. E’ uno dei punti centrali, come ha detto nel suo discorso di insediamento il premier, dell’azione di governo. Sono quattro i miliardi di euro che si spenderanno nei prossimi anni per curare i?l sistema edilizio scolastico del Paese, con 36mila edifici non in regola. Tra gli obiettivi del governo, c’è quello di costruire “scuole innovative” e di prevedere “misure per la valorizzazione e la sicurezza degli edifici scolastici”. Ma, nonostante gli sforzi prodotti in un anno di governo, soffitti e infissi continuano a cadere. E gli scettici si convincono che non è cambiato nulla.

Paritarie e benefit per i docenti. Tra le polemiche di coloro che non vorrebbero che lo stato finanziasse neppure con un euro gli istituti privati, arriva la detraibilità delle spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie  –  dell’infanzia e del primo ciclo  –  con un tetto massimo di 400 euro ad alunno per anno. Uno scherzetto che costerà alla collettività 100 milioni di euro all’anno e si aggiungerà ai 472 milioni erogati ogni anno al sistema scolastico non statale. In compenso, ogni insegnante della scuola statale avrà a disposizione una Carta con 500 euro annui per spese culturali: acquisto di libri, software, abbonamenti teatrali ed altro.

La protesta gonfia lo sciopero

da ItaliaOggi

La protesta gonfia lo sciopero

Renzi apre a modifiche alla riforma, ma dice no a una scuola dei sindacati. Giannini, polemica. Il premier pronostica per il 5 maggio adesioni del 90%

Alessandra Ricciardi

Oltre 120 flash mob, un numero crescente di assemblee nelle scuole, e poi le preoccupazioni che filtrano dai parlamentari del Pd, a più diretto contatto con il territorio e con gli umori della categoria, che segnalano un disagio e una contrarietà verso la riforma condivisi anche da chi normalmente è refrettario a scioperare. Al premier Matteo Renzi è bastato poco per capire che questa volta lo sciopero della scuola in calendario per martedì prossimo 5 maggio, il primo unitario da sette anni a questa parte, potrà avere adesioni plebiscitarie, «mi aspetto un 90% di partecipanti», avrebbe detto il premier ai suoi nel corso dell’assemblea dei democratici chiamata a definire la linea sulle modifiche alla riforma della scuola. Un pronostico che nel Pd commentano come provocatorio. Ma se l’adesione dovesse attestarsi anche «solo» al 50% (fu del 66% circa contro la riforma Gelmini) rappresenterebbe comunque, è il ragionamento, un brutto colpo per il partito, a pochi giorni, tra l’altro, dalla prova delle elezioni regionali.

A esacerbare il confronto tra governo e insegnanti, in questi giorni in cui in parlamento il Pd sta provando a ridefinire proprio gli aspetti più invisi della riforma (dai poteri dei dirigenti agli albi territoriali), ci ha pensato il ministro dell’istruzione Stefania Giannini che, contestata a Bologna, ha apostrofato i docenti protestatari come «squadristi». Un’uscita che le è valsa le critiche non solo della sinistra interna del Pd come Stefano Fassina ma anche del presidente del partito, Matteo Orfini, e del vicesegretario, Lorenzo Guerini: «È sbagliato che si impedisca di parlare a chi presenta la riforma, così come è sbagliato bollare di squadrismo chi manifesta il proprio dissenso… La scuola è il cuore del cambiamento dell’Italia, evitiamo che diventi oggetto di scontri ideologici e sopra le righe». Un invito ad «abbassare i toni e a ragionare nel merito» è giunto anche dal sottosegretario all’istruzione, Davide Faraone.

E così il vento della protesta sul territorio gonfia le vele dello sciopero, proteste in particolare all’indirizzo del potere di scelta dei docenti assegnato al preside, che potrebbe scadere – è il timore- in arbitrio, e contro la perdita della titolarità della cattedra per i nuovi assunti e per i vecchi che cambieranno sede: di fatto per tutti i docenti si prevede una mobilità ogni tre anni nell’ambito dell’albo territoriale. I sindacati di categoria -Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda- saranno presenti il 5 maggio in tutte le principali piazze italiane -Milano, Roma e Bari- con una partecipazione che si annuncia massiccia anche da parte degli studenti. «Il nostro disegno di legge può essere migliorato ancora», assicura Renzi in una lettera ai segretari dei circoli democratici, «ma un punto deve essere chiaro: la scelta dell’autonomia è decisiva», scrive il presidente del consiglio. Autonomia che ha il suo perno proprio sul dirigente scolastico. Cambiare le regole, spiega Renzi, incentivando l’autonomia, «significa che la scuola non deve essere nelle mani delle circolari ministeriali e dei sindacati, ma dei professori, delle famiglie, degli studenti». Come ci riuscirà il parlamento è affare delle prossime settimane

Presidi, Boldrini bacchetta Renzi

da ItaliaOggi

Presidi, Boldrini bacchetta Renzi

Non si capisce come faranno a scegliersi gli insegnanti. Buona scuola, il servizio studi della camera denuncia norme confuse e un sistema non funzionale

Antimo Di Geronimo

Il Servizio studi della camera dei deputati bacchetta Renzi: il disegno di legge sulla scuola non è chiaro quando parla delle nuove competenze dei dirigenti scolastici. Nelle schede di lettura al disegno di legge AC 2994, i tecnici di Laura Boldrini lamentano che non si riesce a capire come faranno i presidi ad accaparrarsi i docenti che gli piacciono di più.

Specie se lavorano in altre scuole e piacciono a più dirigenti contemporaneamente. E non è chiaro nemmeno come faranno ad attribuire incarichi a tempo determinato ai docenti che sono stati assunti a tempo indeterminato. Critiche che sono in gran parte coincidenti con quelle che sono state sollevate dalla commissione cultura della camera e su cui lo stesso Pd, e la sua relatrice, Maria Coscia, si sono impegnate a rivedere. I rilievi del Servizio studi assumono però particolare rilievo perché provengono da un organo terzo. Vediamo quali sono.

In pratica non si riesce a capire se sarà cancellata la figura del docente di ruolo e diventeranno tutti supplenti oppure no. E bisognerebbe che il legislatore spiegasse come faranno a farla franca gli insegnanti di ruolo che si rassegneranno a non chiedere più il trasferimento. Inoltre, sempre secondo il servizio studi, non va bene consentire ai dirigenti di utilizzare i docenti per l’insegnamento di qualsiasi materia: per lo meno bisognerebbe specificare che, per essere utilizzati in discipline diverse dalla propria, i docenti dovrebbero almeno possedere il titolo di studio di accesso. Infine, sempre secondo i tecnici della camera, la possibilità conferita ai dirigenti di derogare il numero minimo e massimo degli alunni nelle classi deve comunque fare i conti con le disposizioni di legge. E dunque, le eventuali deroghe dovrebbero comunque rimanere nell’ambito del 10% in più o in meno rispetto ai parametri ordinari.

Per non parlare poi della precarizzazione dei docenti di ruolo. Sulla questione degli incarichi triennali ai docenti di ruolo, gli esperti della camera spiegano che, per la copertura dei posti assegnati all’istituzione scolastica, il dirigente scolastico dovrà proporre incarichi di docenza di durata triennale rinnovabili ai docenti iscritti negli albi territoriali e al personale docente di ruolo già in servizio presso altra istituzione scolastica. Tale facoltà, dunque, potrà essere esercitata anche nei confronti di docenti di ruolo che non abbiano presentano la domanda di trasferimento. Pertanto, bisognerebbe esplicitare quale sarà la posizione giuridica dei di tali docenti, qualora dovessero accettare l’incarico pur non avendo presentano la domanda di trasferimento e se possano essere fatti oggetto delle eventuali proposte di incarico da parte dei dirigenti. Infine, «con riguardo all’istituto di attribuzione degli incarichi da parte del dirigente», argomentano i tecnici di Montecitorio «sembrerebbe necessario chiarire come si coordini la previsione in base alla quale sono attribuiti incarichi a tempo determinato – seppur rinnovabili – con la previsione che destinatario di tali incarichi risulti personale assunto a tempo indeterminato (neoassunti ma anche personale già di ruolo)».

E poi, se il docente piace a più dirigenti? Spiegano i tecnici della camera: «Al fine di evitare eventuali criticità in fase applicativa – ad esempio, dal punto di vista del coordinamento fra il dirigente scolastico che propone l’incarico e il dirigente dell’istituzione scolastica presso la quale il docente è già in servizio – appare opportuno un chiarimento». Il disegno di legge, infatti, non prevede alcun diritto di prelazione in capo al dirigente della scuola dove il docente presta attualmente servizio. In buona sostanza, dunque, all’inizio di ogni anno scolastico si potrebbe verificare una sorta di situazione da mercato rionale in cui i presidi dovrebbero fare a gara a chi arriva prima.

Siccome lo stipendio sarebbe uguale dappertutto, ancora una volta, a fare la differenza sarebbe la vicinanza a casa e, non ultima, la capacità del dirigente scolastico di piacere ai docenti a cui indirizza la proposta.

Perché se di proposta si tratta (e questa sembrerebbe l’unica certezza) i docenti con maggiore capacità di seduzione potranno scegliere quale accettare.

Quelli con meno appeal dovranno accontentarsi di quello che resta. Idem i dirigenti le cui proposte saranno rifiutate.

Assunzioni, albi al restyling

da ItaliaOggi

Assunzioni, albi al restyling

Emendamento del Pd: le scuole si organizzeranno in rete per la scelta del personale. Ridefiniti gli ambiti territoriali di appartenenza dei prof

Antimo Di Geronimo

Gli albi regionali dei docenti saranno suddivisi in albi territoriali, articolati in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto (comune o sostegno). E i dirigenti scolastici sceglieranno i docenti facendo riferimento all’albo nel cui territorio risulterà compresa l’istituzione scolastica di riferimento. Lo prevede un emendamento all’articolo 6 del disegno di legge sulla scuola, attualmente al vaglio del parlamento (AC 2994). La modifica è stata proposta dai deputati del Pd (Rocchi, Carocci, Malpezzi, Ascani, Blazina, Bossa, Coccia, Crimì, D’Ottavio, Ghizzoni, Malisani, Manzi, Narduolo, Pes, Rampi,Romano, Rossi, Sgambato, Ventricelli, Mazzoli, Fabbri.).

L’emendamento è il 6.1007 e descrive sia i criteri che dovranno essere applicati dagli uffici per la definizione degli ambiti, sia il metodo che dovranno seguire i dirigenti delle istituzioni scolastiche coinvolte ai fini della scelta dei docenti. L’obiettivo è di ridurre al minimo gli spazi di mobilità e di discrezionalità.

In particolare, gli uffici scolastici regionali, dovranno prima acquisire il parere della regione e delle rappresentanze dei comuni. E poi dovranno definire l’ampiezza degli albi territoriali (su cui però sono attesi altri emendamenti chiarificatori che potrebbero meglio precisare i criteri), anzi tutto in relazione alla popolazione scolastica con attenzione alle situazioni territoriali.

In più dovranno tenere conto del criterio di maggiore vicinanza delle istituzioni scolastiche. Infine dovranno anche considerare le caratteristiche geografiche del territorio. Il tutto con particolare riferimento alle aree interne montane e alle piccole isole.

Fin qui la definizione dell’ambito geografico di riferimento. Nella fase successiva la palla passerà ai dirigenti scolastici delle scuole comprese nell’ambito. Che dovranno mettersi d’accordo tra loro per costituire «una rete finalizzata alla valorizzazione delle risorse professionali».

Gli accordi dovranno tenere conto di linee guida che saranno emanate dal ministero dell’istruzione 30 giorni dopo l’emanazione della legge. Le linee guida indicheranno i principi per l’assegnazione di incarichi ai docenti compresi nell’albo territoriale e i criteri e le modalità per l’attribuzione di incarichi su insegnamenti opzionali o specialistici o di coordinamento e progettazione a docenti di una istituzione scolastica in altra o altre scuole della rete.

Le convenzione dovrebbero recare anche delle disposizioni tale da evitare discriminazioni a danno dei docenti interessati. Infine, gli accordi dovranno definire i programmi di formazione del personale; le risorse da destinare alla rete per il perseguimento delle proprie finalità; forme e modalità per la pubblicità delle decisioni assunte, e dei rendiconti delle attività svolte; principi di governance della rete.

L’assoggettamento al gradimento del dirigente scolastico, ai fini dell’attribuzione dell’incarico di docenza, non sarà applicato ai docenti già di ruolo. Sempre, però, che questi ultimi rinuncino per sempre ad esercitare il diritto a presentare la domanda di trasferimento o di passaggio. Tale vantaggio non è previsto per i docenti che risulteranno soprannumerari al 1° settembre 2015.

È ragionevole ritenere che tale preclusione dovrà applicarsi anche ai docenti in esubero attualmente collocati nella dotazione organica provinciale (Dop). Infine, l’organico dei posti comuni e dei posti per il potenziamento dell’offerta formativa, che prenderà il nome di organico dell’autonomia, sarà determinato sulla base del fabbisogno di posti individuato da ciascuna istituzione scolastica nel piano triennale dell’offerta formativa.

Resta da vedere quale sarà il ruolo della contrattazione integrativa nella mobilità del personale docente. Il testo del disegno di legge 2994, comprensivo degli emendamenti, non prevede la cancellazione del tavolo negoziale. E fa espresso riferimento al diritto alla mobilità per i docenti già di ruolo. Sebbene prevedendo la sanzione dell’assoggettamento al sistema della chiamata diretta dagli albi territoriali. Il disegno di legge non dispone, infatti, l’abrogazione espressa della norma del decreto 165/2001 che regola la contrattazione integrativa.

Il nuovo scenario, dunque, se da una parte conserva in via transitoria il vecchio sistema, dall’altra lascerebbe intravedere la possibilità di movimenti a domanda da un ambito territoriale all’altro. Anche su base interprovinciale. Tanto più che il diritto alla mobilità dei lavoratori è previsto sia dalla Costituzione che dalla normativa comunitaria. E in questo spazio potrebbe continuare a sopravvivere la contrattazione integrativa. Sebbene fortemente ridimensionata.

#riformabuonascuola, torneremo all’abbecedario!

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola, torneremo all’abbecedario!

C’era anche il celebre disegno di Pinocchio tra i cartelli della manifestazione notturna, con le pile accese, svolta a Firenze contro “l’oscurità sul mondo della scuola portata dal ddl del Governo”. Il prossimo appuntamento dei contestatori è il 4 maggio, alla vigilia dello sciopero unitario. Intanto, 32 organizzazioni hanno incontrato i parlamentari di Camera e Senato: la riforma “va modificata profondamente”.

C’era anche un disegno di Pinocchio con la scritta “Torneremo all’abbecedario” tra i cartelli esposti la sera del 28 aprile a Firenze, nel corso di una manifestazione notturna contro la riforma della scuola. Sulla scia di quanto accaduto il 23 aprile scorso, alla vigilia del primo dei tre scioperi proclamati dai sindacati, i manifestanti, alcune centinaia, hanno sfilato con delle pile accese contro “l’oscurità sul mondo della scuola portata dal ddl del Governo”.

Lo striscione principale del corteo recitava “Se pensate l’istruzione sia costosa, provate l’ignoranza”. La protesta, partito dalla stazione Leopolda si è quindi spostata sotto la sede della Regione: ad organizzarla sono stati i sindacati Cgil, Cisl, Snals e Gilda, con l’adesione di Arci, Anpi e associazioni studentesche.

“C’è rappresentata tutta la società in questo corteo – ha commentato Paola Pisano della Cgil – e questo perchè questo progetto del governo è riuscito a ricompattare le forze più diverse, unendole contro un piano che rende la scuola più povera, fragile e discriminatoria. Vorremmo che in Parlamento possa esserci su una riforma così importante una discussione seria – ha aggiunto la sindacalista – che invece non ci sarà, perchè al governo verranno come al solito consegnate deleghe in bianco per fare ciò che vuole sottraendo un tema così vitale e delicato al controllo e alla supervisione tipiche delle forme democratiche”.

Nei prossimi giorni, le contestazioni continueranno: per il 4 maggio, alla vigilia dello sciopero unitario, si stanno organizzando flash mob in diverse piazze italiane. Anche in versione notturna, visto che si presterebbe meglio a rappresentare la stato di “lutto” dei cittadini davanti ad un riforma sempre più discussa.

Sempre martedì 28 aprile, 32 organizzazioni firmatarie dell’appello “La Scuola che cambia il Paese”: nel corso della giornata, hanno incontrato i parlamentari di Camera e Senato per dire a chiare lettere che il ddl “va modificato profondamente”.

All’incontro erano presenti anche alcuni membri della VII Commissione della Camera, impegnata in queste ore nell’esame del disegno di legge, tra i quali la relatrice del ddl, Maria Coscia. “È emersa la volontà della Commissione di cambiare profondamente il disegno di legge – spiegano i firmatari, tra cui Cgil, Cisl, Uil, Forum Terzo Settore, Arci, Unione degli Studenti, Libera – la riformulazione dell’articolo 1 nella nuova versione richiama già in parte i contenuti del nostro appello”.

A dire il vero, diversi esponenti della maggioranza e del Pd non nascondono, da alcuni giorni, la disponibilità a cambiare qualche norma del ddl approvato a metà marzo dal DcM: basterà però qualche lieve modifica a calmare la piazza?

#riformabuonascuola, se salta potremo dire addio a 40mila assunzioni

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola, se salta potremo dire addio a 40mila assunzioni

Simona Malpezzi (PD): il piano delle assunzioni è parte integrante del ddl e va di pari passo con l’attuazione di quello dell’autonomia, senza la quale il piano si limiterebbe alla copertura del turn over. Per intenderci, 40mila assunzioni in meno. Quindi non ci sarà alcun stralcio: le indiscrezioni che vanno verso questa soluzione sono prive di fondamento. Ma i sindacati pretendono chiarezza.

Il Governo non ha cambiato idea: non esiste alcuna ipotesi di stralcio del piano delle assunzioni dal testo del ddl di riforma #riformabuonascuola. A dichiararlo è l’on. Simona Malpezzi, appartenente al Partito Democratico e componente in Commissione Cultura alla Camera. La notizia riportata nella stessa giornata dal quotidiano La Repubblica, quindi “è destituita di ogni fondamento”, ha detto il deputato Pd.

“Il piano delle assunzioni – ha aggiunto Malpezzi – è parte integrante del disegno di legge e va di pari passo con l’attuazione di quello dell’autonomia, senza la quale il piano si limiterebbe alla copertura del turn over. Per intenderci, 40mila assunzioni in meno. Per questo, non ci sarà alcun stralcio. Ora – continua la deputata democratica – si tratta solo di proseguire e portare a termine nei tempi più brevi possibili il buon lavoro avviato in Commissione. Da questo punto di vista, noi garantiremo come sempre il massimo impegno, anche nel dialogo costante con le opposizioni”.

La democratica ha chiuso il suo intervento sottolineando che “l’approvazione dell’art.1, riformulato dal relatore, dimostra la volontà di restituire l’anima e lo spirito all’autonomia scolastica”.

Le rassicurazioni di Malpezzi, però, non dovrebbero essere ben gradite da tanti precari. Che già prima delle sue parole dicevano su Facebook: “Non ci fidiamo delle promesse, vogliamo i fatti, lo sciopero resta e sarà uno sciopero come mai si è visto nella scuola”.

Critico si è detto anche Marcello Pacifico, presidente Anief: “se si fa un decreto legge, senza fare un censimento, l’Esecutivo si assume tutta la responsabilità di tradire i precari della scuola. Le indiscrezioni della stampa di oggi, poi smentite, non possono mettere sotto ricatto il Parlamento e inibire il dibattito parlamentare. Anche perché l’autorizzazione per 150mila immissioni in ruolo già esiste ed è contenuta nella Legge di Stabilità. Il ministro Giannini dovrebbe sapere che la Scuola appartiene a 60 milioni di italiani e non alla maggioranza parlamentare di turno. Che – conclude il sindacalista – si avvia ad approvare una riforma epocale a colpi di fiducia”.

Anche per il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna, in merito al piano di assunzioni “serve una decisione chiara e trasparente da parte del Governo” perché “i precari della scuola sono stati travolti da continue comunicazioni, non sempre lineari e coerenti tra loro” e “c’è ora grande disorientamento”.

 

Decreto legge per le assunzioni? Nessuna conferma, per ora

da La Tecnica della Scuola

Decreto legge per le assunzioni? Nessuna conferma, per ora

L’ipotesi viene avanzata oggi dal quotidiano Repubblica, che la dà quasi per certa.
Ma dalla Commissione Cultura arrivano segnali contrari.

Secondo una notizia pubblicata oggi 28 aprile sul quotidiano Repubblica, il premier Renzi si sarebbe deciso a disporre lo stralcio dell’articolo 8 del ddl sulla scuola (quello che riguarda le assunzioni) che potrebbe essere approvato già fra pochi giorni dal Consiglio dei Ministri.
Ma, al tempo stesso, i lavori della Commissione Cultura della Camera procedono secondo il programma già definito.
E, dalla stessa Commissione, arrivano voci che smentiscono: “Stiamo andando avanti a lavorare” ci dicono un paio di deputati.
Non ci sono dunque elementi che facciano pensare alla soluzione dello “scorporo”, ma è anche vero che, al momento di sta lavorando ancora sui primissimi articoli del provvedimento. La discussione sull’articolo 8 potrebbe arrivare forse giovedì e, a quel punto, non si può escludere che sia lo stesso Governo a proporre un emendamento sulla cancellazione dell’articolo 8 in questione. Addirittura potrebbe verificarsi il paradosso che mentre in Commissione si prende in esame l’articolo il Consiglio dei Ministri approvi il decreto. La situazione, insomma, è delicata e complessa, mentre su FB i commenti già si sprecano: “Non ci fidiamo delle promesse, vogliamo i fatti, lo sciopero resta e sarà uno sciopero come mai si è visto nella scuola”.
Le prossime ore sono dunque decisive.