ADOS

Sede Firenze
ADOS-2 Clinico 11–12 -13 giugno 2015
ADOS-2 Integrativo 13 giugno
ADOS-2 Avanzato 15-16 giugno
ADI-R Clinico 17 giugno
ADI-R Avanzato 18 giugno

Sede Roma
ADOS-2 Clinico 5-6-7 ottobre
ADOS-2, Integrativo 7 ottobre

Sede Palermo
ADOS-2 Avanzato 1-2 dicembre
ADI-R Clinico 3 dicembre
ADI-R Avanzato 4 dicembre

Le iscrizioni si chiuderanno il 20 maggio 2015

Per richieste di informazioni è possibile contattare la segretaria organizzativa dei corsi, dott.ssa G. Scafidi, mandando una e-mail a corsiayala@hotmail.com

AUTISMO E SESSUALITA’: CONOSCERE PER COMPRENDERE

“AUTISMO E SESSUALITA’:
CONOSCERE PER COMPRENDERE”

giornata di formazione

Istituto F.Viganò via dei Lodovichi 2 Merate (LC)
16 maggio 2015

Corsi di aggiornamento professionale sui Disturbi dello Spettro Autistico

Milano, 9-10 maggio 2015 e 26-27 settembre 2015
Corsi di aggiornamento professionale sui Disturbi dello Spettro Autistico

Corso 1 Disturbi dello Spettro Autistico: i più recenti orientamenti sulla diagnosi e l’avvio del trattamento
Milano, 9 e 10 maggio 2015

Corso 2 Disturbi dello Spettro Autistico: l’intervento psicoeducativo in una logica di inclusione
Milano, 26 e 27 settembre 2015

I poveri presidi della riforma Renzi sulla #buonascuola

da L’Espresso

I poveri presidi della riforma Renzi sulla #buonascuola

di Mariangela Galatea Vaglio

 

Intanto lo so, non sono Presidi.

Sono Dirigenti Scolastici da un bel po’. Ma per comodità e per abitudine continuiamo a chiamarli così, Presidi.

Quando sono cominciate a filtrare le prime notizie sulla #buonascuola di Renzi, i Presidi si sono trovati loro malgrado nel mirino. La #buonascuola parlava essenzialmente di loro: avrebbero avuto più potere, avrebbero potuto scegliersi gli insegnanti e la squadra di lavoro, e addirittura licenziare o per lo meno allontanare dalla loro scuola gli insegnanti scellerati di cui, nella fantasia popolare, la scuola pubblica pullula.

I giornali li hanno subito ribattezzati “Presidi sceriffo”, il Governo ha cercato di farli passare per “Presidi Sindaco”, perché in Italia pare che oggi se vuoi far sembrare un “capo” qualsiasi simpatico devi dargli del sindaco di qualcosa. Con la differenza però che il Sindaco è eletto, ed il Preside o Dirigente Scolastico no.

Alcune sigle sindacali dei Dirigenti Scolastici (non tutte, e anche questo andrebbe chiarito: non c’è in Italia un solo “sindacato” dei Dirigenti Scolastici, e spesso quelli che si spacciano per più rappresentativi sono solo quelli che sui media sbraitano di più) hanno fatto girare commenti entusiasti, dal quale trapelava velatamente che i loro iscritti non vedevano l’ora di poter licenziare insegnanti nei loro istituti a manetta, perché i loro istituti sono pieni di lavativi che non fanno nulla e sono pericolosi per i ragazzi. Al che a me, insegnante, verrebbe anche un legittimo dubbio su cosa diavolo abbiano fatto, costoro, negli anni passati e nei suddetti istituti, perché può capitare, certo, che uno sia iellato e si ritrovi con qualche insegnante non proprio eccelso, ma se se ne ritrova a bizzeffe e non riesce a farli lavorare nemmeno un minimo qualche domanda sulla sua gestione e sulla sua capacità di motivare e organizzare il gruppo come dirigente se la dovrebbe anche porre, secondo me. Il bravo insegnante, in fondo, riesce a far far qualcosa anche alle classi più riottose; il bravo Preside invece no?

Intanto noi insegnanti ci scatenavamo con le proteste, dicendo che non avremmo mai accettato di essere giudicati solo dal Dirigente, di essere da lui assunti e eventualmente licenziati e mandati in quella gehenna che rischiano di essere gli Albi Provinciali e Regionali. Soprattutto non si capiva perché il Preside potesse giudicare gli insegnanti ma nessuno potesse giudicare il Preside.

E infatti il Governo ha subito fatto sapere che no, anche i Presidi saranno giudicati, e confermati ogni tre anni ed eventualmente sollevati dall’incarico se non fanno bene il loro lavoro. A dire il vero, questo non emerge affatto dal DDL così come è stato fatto girare, ma lo ha detto la Giannini, e non ci fidiamo del nostro Ministro? Non fia mai.

Ora, devo premettere una cosa: ho tanti amici Presidi. Sono ex colleghi passati dall’altra parte, ma l’altra parte è sempre la scuola. Non farei mai il loro lavoro, perché non mi piace il lavoro in sé e preferisco insegnare a contatto con i ragazzi, ma ho il massimo rispetto per quello che fanno. E’ un lavoro massacrante, se lo si fa bene, in cui corri come un disgraziato fra un plesso e l’altro, devi tenere sotto controllo le normative che cambiano spesso di ora in ora, assistere a riunioni infinite con le varie istituzioni del territorio, avere a che fare con le lamentele di tutti, genitori, insegnanti, ragazzi.

Nel corso della mia carriera lavorativa ho incontrato Presidi bravi, Presidi pessimi e Presidi così così, come in ogni ambito lavorativo. Ma, quando è uscita la bozza del DDL, ne ho sentiti anche parecchi perplessi ed addirittura spaventati per quello che vogliono fargli cadere addosso. E’ un mestiere dove spesso sei strangolato dalla burocrazia, ma da quel lato c’è poco di nuovo e poco che si alleggerisce. Invece i nuovi “poteri” sembrano pensati apposta per rendere ancora più difficoltoso gestire il tutto.

Si dice: sceglieranno i loro insegnanti, sulla base di indicazioni date dal Collegio Docenti. Già, ma come? immaginiamo il povero Dirigente che devo coprire tre cattedre, una di tecnica, una di lettere, una di matematica in un liceo, e lui magari per formazione è laureato in qulacosa che non ha nulla a che fare con tutte e tre. Nell’albo ci saranno 200 insegnanti per materia. Che si fa? Li convoca tutti? Legge 600 curricola, che poi saranno in gran parte uguali? E se poi due curricola si equivalgono come sceglie il fortunato? In assenza di norme che chiariscano come e quando si debbano dare le precedenze e in assenza della vecchia graduatoria per punteggio, decide lui, il Preside, ma come? In base all’impressione personale del candidato, ammesso che riesca a incontrarlo? E poi chi tutela il povero dirigente dall’ira funesta dei candidati esclusi, che impiantano ricorso e chiamano l’avvocato?

Poi sceglierà è una parola grossa: se sei Preside in un paesino mal servito dai mezzi o in un quartiere di quelli fetenti, trovali insegnanti che siano disposti a venire da te. Ti dovrai accontentare degli scarti, di quelli che non ha voluto nessuno dei Presidi che hanno le scuole chic nei quartieri belli, o nei posti più comodi da raggiungere. Oggi, almeno, potevi contare sui più giovani che non avevano punteggio di anzianità, e spesso erano intellettualmente più vivaci. Adesso no, anche i giovani migliori se li prenderanno gli altri. Del resto, in una azienda privata puoi allettare chi hai scelto offrendogli una maggiorazione di stipendio, ma nel pubblico no, mica sei tu Preside che puoi decidere le busta paga. Quindi, nisba: se sei in una scuola “sfigata” ti terrai gli insegnanti che non hanno altro posto dove finire, e immagina quanto motivati saranno a restare da te sul lungo periodo poi: appena gli dai una valutazione positiva, via, si fanno assumere altrove e ciao.

Il Governo poi ha fatto trapelare che gli insegnanti non saranno assegnati ad una scuola sola, ma ad una “rete”. Che non è ben chiaro cosa voglia dire, questa cosa. Più scuole dello stesso tipo messe assieme? E in quel caso, visto che ogni scuola avrà il suo Preside, chi decide sulle assunzioni dei professori “in comune”? Se io per esempio faccio parte di una “rete” che può assumere un solo professore di Italiano, per esempio, ma ho quattro Presidi, chi decide? Esisterà quindi un “preside capofila” che avrà più potere degli altri e deciderà le assunzioni e gli altri tre dovranno abbozzare, tenendosi quindi del personale che non hanno scelto, ma verrà loro imposto da un collega?

E i supplenti, nelle reti di scuole? perché se la scuola A e B fanno parte della stessa rete, l’organico è comune e devo usarlo per coprire le assenze dei docenti. Ma se la scuola A e B sono a chilometri di distanza, magari anche in due paesi diversi, il supplente che ha la prima ora da una parte e la seconda dall’altra come si sposta, con il teletrasporto fra le varie sedi? E mentre il supplente arriva, le classi vagolano per i corridoi o sono affidate ai bidelli e dovesse mai succedere qualcosa, la responsabilità è tutta del Dirigente.

Poi c’è questa cosa, che lui stesso sarà valutato. In base a quali parametri e da chi di preciso non è nemmeno chiaro. Non è chiaro per gli insegnanti, figuriamoci per il Preside. Ogni tre anni, dicono. Che se arrivi in una scuola sfasciatissima, senza fondi e con insegnanti che ti remano anche un po’ contro, sono un soffio in cui si fa pochino. Non fai nemmeno tempo ad insediarti, in pratica, e lo staff non è detto che te lo possa scegliere, perché erediterai quello del tuo predecessore. Che può fare in una condizione simile un povero Preside? Che risultati mirabolanti potrà ottenere?

E se poi viene valutato male, che gli accade? Dice il nostro ministro che tornerà ad insegnare. Ora, caro Ministro, mi permetta un appunto: questa cosa che “tornare ad insegnare” sia presentato ai Dirigenti come una punizione o una degradazione, non è carina, eh. Ma andiamo sul pratico: dove?

Sì perché il Dirigente, quando diventa dirigente, perde il ruolo di insegnante. Non ha nemmeno più una cattedra su cui tornare. E quindi il povero Preside retrocesso, dove viene mandato? In che scuola? E anche a fare cosa, visto che magari fa il Preside da vent’anni e non ha più messo piede in una classe? E poi, se volesse tornare a fare il Preside (ruolo per cui ha vinto un regolare concorso) come fa?

Insomma, a me i Presidi così entusiasti per la #buonascuola un pochino lasciano perplessa. Siete proprio sicuri sicuri che vi semplificherà la vita? Perché quelli che ho sentito io tanto sicuri non sono, anzi. Lo so che va tanto di moda il divide et impera, e fa comodo dipingere una scuola in cui gli insegnanti panciafichisti brontolano contro i Dirigenti che vogliono solo farli lavorare. Ma la realtà che conosco e in cui vivo io non è così: Presidi ed insegnanti sono sulla stessa barca.

E rolla paurosamente, come se stesse per affondare.

Expo Buonascuola

EXPO BUONASCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 457 BUONASCUOLA ALL’EXPO

 

Che cosa espone la BUONASCUOLA?

I STAND

Maestre innamorate!

Maestre innamorate, al pari delle mamme.

Se li tengono con gioia nelle aule i loro studenti, quali boccioli di rose profumate al sole della loro primavera.

Tenere e dolci madri amorose.

Le vedete, voi, con quanto amore parlano ai teneri cuori dei loro piccoli?

Sorridono ai bimbi, perchè i bimbi sorridano alla vita.

II STAND

Boccioli di fiori!

Boccioli dei fiori di ogni colore, dei fiori di ogni odore, dei fiori di ogni forma.

Tutti belli.

Tutti desiderosi di sole, pronti ad esplodere nelle loro mille forme, nei loro mille colori, nei loro mille profumi.

III STAND

Non puoi forzare la fioritura di un fiore, ma puoi nutrirlo e curarlo mentre aspetti con pazienza che fiorisca da sé (http://suzannelieinitalian.blogspot.it/2014_05_01_archive.html)

Docenti che non insegnano.

Docenti che aiutano ad apprendere, suggerendo itinerari di apprendimento.

Docenti che non interrogano.

Studenti che interrogano i loro docenti.

Docenti che hanno <<soprattutto il corag­gio di non dire e questo è il punto più difficile tutto ciò che sanno sulle questioni trattate>>[1].

IV STAND

Aule laboratorio

Non file di banchi biposti, ma tavolinetti pentaposti.

Alle pareti scaffali di materiali per l’apprendimento cosi numerati:

materiali concreti materiali digitali materiali iconici materiali simbolici
comuni strutturati 2D-3D-4D Digitali e cartacei digitali e cartacei
  1. Ogni studente è dotato di NOTEBOOK CONVERTIBILE in TABLET

V STAND

Docenti in lacrime

I docenti non valutano gli studenti, ma il successo degli itinerari di apprendimento proposti agli studenti.

I docenti piangono per ogni verifica di insuccesso programmatorio.

VI STAND − STAND RIPOSTIGLI

Ripostiglio delle LEZIONI preparate di domenica a casa.

Ripostiglio delle LIM fornite dalla Ministra Gelmini.

Ripostiglio dei LIBRI DI TESTO adottati dagli insegnanti del secolo scorso.

Ripostiglio dei calamari, delle stilografiche d’oro e delle BIRO.

Ripostiglio dei REGISTRI DELLE INTERROGAZIONI E DEGLI ESAMI.

VII STAND

Camera di sicurezza per gli insegnanti che si sono rifiutati di abbandonare le amate lezioni ed interrogazioni.

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − voce da cercare

 

 

[1] DELESSERT A., Alcuni problemi che interessano la formazione degli insegnanti di matematica, in: SITIA C.(a cura di), La didattica della matematica oggi, PITAGORA, BOLOGNA, 1979, p. 367.

Valutazione, Autonomia e Responsabilità: una buona idea di scuola

Valutazione, Autonomia e Responsabilità: una buona idea di scuola – Napoli, 8 maggio 2015

Tecnodid Formazione organizza il Seminario “Valutazione, Autonomia e Responsabilità: una buona idea di scuola”, il giorno 8 maggio a Napoli, presso l’hotel Ramada (Via Galileo Ferraris, 40), dalle ore 15.00 alle ore 19.00.

È un incontro per fare il punto sul percorso di valutazione che sta coinvolgendo le scuole già a partire dall’anno in corso.

Vogliamo comprendere insieme le ragioni del SNV, imparare ad integrare le buone prassi con la cultura della valutazione, ma soprattutto capire che la valutazione serve per migliorare le competenze degli studenti

Affronteremo tali tematiche con l’aiuto di protagonisti autorevoli del mondo della scuola: Paola Di Natale, Dirigente Tecnico, Referente Staff U.S.R. Campania su SNV; Damiano Previtali, Dirigente Scolastico, componente Cabina di regia per lo sviluppo del SNV del MIUR; Mariella Spinosi, Dirigente Tecnico, Esperto in politiche formative. Modera: Guglielmo Rispoli, psicopedagogista e Dirigente Scolastico.

Scuola, dalla Camera critiche a riforma: ‘Disposizioni di dubbia portata normativa’

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, dalla Camera critiche a riforma: ‘Disposizioni di dubbia portata normativa’

Il Comitato per la legislazione di Montecitorio ha presentato decine di osservazioni sostanziali che, se prese in considerazione, allungheranno i tempi dell’esame in Commissione Cultura. I punti vanno dalla scuola dell’infanzia all’insegnamento dell’inglese

Al bando Intercultura hanno risposto in 6mila: 1.889 le richieste accolte per studiare all’estero

da Il Sole 24 Ore

Al bando Intercultura hanno risposto in 6mila: 1.889 le richieste accolte per studiare all’estero

di Maria Piera Ceci

Sempre di più i ragazzi italiani che vogliono studiare all’estero, ma ancora troppo pochi quelli che poi si decidono a farlo. A dispetto di una disoccupazione giovanile che nel mese di marzo è tornata a superare il 43% e di un mercato del lavoro che chiede la conoscenza delle lingue straniere come requisito ormai indispensabile, i nostri studenti si mostrano ancora diffidenti.
Seimila le domande arrivate quest’anno alla Fondazione Intercultura, onlus che da sessant’anni promuove la mobilità degli studenti italiani nel mondo. 1.889 i posti assegnati per l’anno scolastico 2.015-2.016. Il 69% dei ragazzi selezionati partirà con una borsa di studio totale o parziale erogata da uno sponsor o dal fondo Borse di studio di Intercultura. I dati vengono resi noti durante il convegno internazionale “Saper vivere insieme. Umanitarismo, riconciliazione, educazione alla convivenza”, a Trento-Rovereto fino al 3 maggio.

I dati Intercultura
«La percentuale di chi vuole partire è molto modesta. Sono 500mila gli iscritti alle scuole secondarie e solo seimila sono state le domande», spiega a Scuola24 Roberto Ruffino, segretario generale della Fondazione Intercultura. «Da tutte le rivelazioni risulta che sono il 15% i ragazzi che nelle scuole secondarie hanno voglia di fare esperienze all’estero. Gli altri ci fantasticano sopra, dicono che vorrebbero farla, poi però, messi di fronte alla possibilità concreta di partire, si tirano indietro. Molte le ragioni. Innanzitutto perchè è un’età in cui i ragazzi fanno molto vita di gruppo (sport, amici, fidanzati, musica) e non si sentono di staccarsi dai loro riferimenti. Poi perchè molte scuole non incoraggiano queste esperienze e, da ultimo, perchè molti genitori sono contenti che i ragazzi stiano in casa e non vadano in giro per il mondo».
Fra chi ha superato queste resistenze, cresce la voglia di America Latina, scelta quest’anno dal 23% dei ragazzi, e di Asia, scelta dal 14 per cento. L’Europa, compresi i Paesi del vecchio blocco sovietico, i Balcani e la Turchia, è meta del 35 per cento degli studenti, il Nord America del 22 per cento e l’Oceania (Australia e Nuova Zelanda) del 5 per cento.
Se fino a una quindicina di anni fa il sogno degli adolescenti italiani era di andare a studiare negli Stati Uniti, ora aumenta il numero di chi sceglie la Cina. Negli Stati Uniti l’anno prossimo studieranno 337 ragazzi, in Cina ben 118. Tra le mete più gettonate seguono la tradizionale Irlanda con 161 studenti, l’Argentina con 92, il Brasile con 69, la Finlandia con 80, il Canada con 76, l’Australia con 72 e la Thailandia con 60.
«Chi oggi va in un Paese di Asia e America Latina fa un’esperienza più esotica, rispetto a chi va negli Stati Uniti o in un Paese europeo e quando torna a casa ne parla con più fascinazione, facendo presa sui giovani – spiega ancora Ruffino -. Prima si parlava di queste zone del mondo solo quando c’era una rivoluzione o una guerra. Ora invece sono in forte sviluppo e influenzeranno le professioni di questi ragazzi che entreranno nel mondo del lavoro fra qualche anno. In America Latina ci sono i Paesi dove erano andati i nostri nonni emigranti, ora invece di Paesi come il Brasile si parla come di una futura potenza».

Il ritardo delle scuole
Cambiano le mete, ma sono ancora molti i ragazzi che si lasciano condizionare da una scuola che non incoraggia molto esperienze di questo tipo, che non riesce a fare il salto di qualità verso l’internazionalizzazione. «Abbiamo una scuola molto focalizzata sull’Italia», denuncia Ruffino che punta il dito contro i docenti: «La maggior parte degli insegnanti non ha all’attivo un’esperienza all’estero, non parla lingue straniere e ha una visione molto italocentrica del mondo. La situazione è migliore a livello di presidi, soprattutto da quando ci sono le leggi sull’autonomia che consentono ai presidi di organizzare la vita scolastica. I dirigenti scolastici hanno cominciato ad aderire all’associazione europea dei presidi, a guardare a cosa succede negli altri Paesi e si rendono ben conto che è importante aprire la scuola alle altre lingue, al dialogo con le altre nazioni. Se invece guardiamo alla composizione della classe insegnante, vediamo che sono pochi quelli che parlano una lingua straniera, quasi nessuno. E sono poche migliaia in tutta Italia quelli che hanno fatto un’esperienza con la Commissione europea, con le istituzioni internazionali, per rendersi conto di come funzionano i programmi scolastici degli altri Paesi. Quando non si conosce la realtà degli altri, si finisce con il convincersi che il proprio sistema sia il migliore, l’unico possibile per quelli che nascono in quel Paese. Di conseguenza i nostri insegnanti si concentrano sul programma scolastico, che inevitabilmente è molto nazionale e diventa un’ossessione per loro il pensiero che se gli studenti vanno fuori perdono un pezzo del programma e rimangono indietro. Se tutto viene focalizzato su una concezione nozionistica della scuola (le cose che devo imparare secondo il programma del mio Paese), andare fuori è un deragliamento. Se si facesse questo salto dalla scuola delle nozioni alla scuola delle competenze (ma nessun insegnante ha ancora chiaro in testa cosa sia la scuola delle competenze, nè sa come misurare queste competenze) allora ci si renderebbe conto che andando fuori si acquisiscono tante competenze: relazionali, comunicative, sociali, che sono quelle che la scuola dovrebbe insegnare. I ragazzi invece quando tornano a casa dopo un’esperienza all’estero sono dei pesci fuor d’acqua».

Da qui la denuncia di Intercultura
«Da anni insistiamo con il ministero perchè faccia viaggiare di più gli insegnanti, perchè li mandi a vedere cosa c’è nel resto del mondo per rendersi conto che non c’è solo il sistema italiano, ma molti altri sistemi che funzionano anche meglio del nostro», conclude Ruffino. «Invece negli ultimi 20 anni, anche nei concorsi, l’aspetto internazionale della scuola è stato sempre trascurato. Così come nella legge della #buona scuola. Francamente da un ministro che ha fatto il rettore di un’università per stranieri a Perugia mi aspettavo un po’ di più sull’internazionalizzazione della scuola».

Maturità, la febbre da esame è già cominciata

da La Stampa

Maturità, la febbre da esame è già cominciata
Pirandello l’autore favorito del toto-esame per l’analisi del testo con il 750mo anno dalla nascita di Dante e il centenario dell’intervento italiano alla Prima Guerra Mondiale

A poco più di un mese dall’esame di Maturità 2015, la tensione degli studenti cresce e si sente soprattutto sul web.

Secondo Skuola.net, sono le tesine di maturità l’argomento principe di questo rush finale dell’anno scolastico, ma anche i commissari esterni e la seconda prova di maturità preoccupano non poco gli oltre 500mila maturandi italiani. Contemporaneamente è scattato il toto-tema.

Per i maturandi, consapevoli dell’importanza della tesina di maturità all’esame orale, la parola d’ordine è trovare un argomento originale che faccia colpo sui commissari, in particolare quelli esterni. Le più gettonate sono le tesine sul sogno, sul tempo, sull’infanzia e sulla donna.

Tanti dubbi dei candidati riguardano anche la composizione delle commissioni e la figura dei commissari esterni, di cui si sapranno i nomi solo poco prima della fine dell’anno scolastico. Moltissime le ricerche per le pagine che riguardano la seconda prova di maturità, soprattutto per il liceo scientifico e linguistico, che quest’anno presenteranno importanti novità rispetto al passato. Al liceo scientifico le tracce saranno, come annunciato dalle simulazioni di matematica, più aderenti alla realtà pratica e con accenni di Fisica, mentre al liceo linguistico i ragazzi non potranno più scegliere la lingua su cui cimentarsi ma dovranno rimettersi alla volontà del Miur, che quest’anno ha stabilito come materia d’esame Lingua e Cultura Straniera 1.

E anche se mancano ancora diverse settimane all’ora X già si rincorrono i pronostici sulle tracce d’esame per la prima prova. Secondo un sondaggio su circa 1000 maturandi, è Pirandello l’autore favorito del toto-esame per l’analisi del testo (come, del resto, anche nel 2014). Per quanto riguarda il tema e il saggio breve, i maturandi puntano sull’Isis come argomento di attualità. Tuttavia sono convinti che anche il 750mo anno dalla nascita di Dante e il centenario dell’intervento italiano alla Prima Guerra Mondiale, che ricorrono proprio nel 2015, potrebbero essere le scelte papabili del Miur.

Miur, al via la piattaforma web per l’autovalutazione

da La Stampa

Miur, al via la piattaforma web per l’autovalutazione

Faraone: strumento di trasparenza per scuole e genitori

Il Sistema nazionale di valutazione fa un altro passo avanti: è attiva la Piattaforma web che gli istituti scolastici potranno utilizzare per produrre, entro il 31 luglio, il loro primo Rapporto di autovalutazione . Sulla Piattaforma ciascuna scuola troverà un set di dati completo per potersi confrontare su base provinciale, regionale e nazionale con istituti della stessa tipologia sulla base di 49 indicatori che comprendono, per la prima volta, grazie alla collaborazione fra ministero dell’Istruzione e ministero del Lavoro, anche gli esiti occupazionali degli studenti.

Ogni istituto, attraverso il confronto con le altre scuole, potrà individuare i propri punti di forza e debolezza e orientare le proprie azioni di miglioramento per i prossimi tre anni. Tutto questo sarà anche raccontato ai cittadini attraverso la pubblicazione on line, questa estate, del Rapporto di autovalutazione che permetterà l’accesso a tutti i dati relativi agli istituti e ai piani di miglioramento di ciascuna scuola, in un’ottica di trasparenza, efficacia ed efficienza del sistema di istruzione.

La Piattaforma è stata lanciata ieri mattina al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca alla presenza del sottosegretario Davide Faraone: «Autonomia non è sinonimo di anarchia. La Piattaforma di autovalutazione è un ulteriore tassello del mosaico del ddl `La Buona Scuola´: è uno strumento che fotografa gli istituti italiani e di conseguenza il lavoro dei dirigenti e della comunità scolastica». «Valutazione – ha sottolineato il sottosegretario – è responsabilità. Continuiamo ancora sulla strada della trasparenza. Ogni cittadino saprà in quale scuola manda il figlio, ogni scuola avrà a disposizione indicatori fissi per analizzarsi, il ministero potrà avere un quadro chiaro delle criticità e potrà accompagnare i singoli istituti verso un miglioramento. Compiamo una missione per il Paese. Piattaforma di autovalutazione, anagrafe per l’edilizia scolastica, ddl: tutto si tiene».

In prima battuta saranno le scuole ad utilizzare le informazioni per costruire i loro percorsi di miglioramento e produrre i Rapporti di autovalutazione. L’accesso alla Piattaforma web è riservato ai dirigenti scolastici e ai componenti del gruppo di autovalutazione delle scuole. Ma il processo di autovalutazione si farà con tutta la comunità scolastica. Gli istituti si metteranno allo specchio valutandosi attraverso campi aperti e dandosi punteggi da 1 a 7 su 11 macro-voci che riguardano gli esiti degli studenti (risultati scolastici, risultati nelle prove standardizzate, competenze chiave, risultati a distanza) e i processi (curricolo progettazione e valutazione, ambiente di apprendimento, inclusione, continuità e orientamento, organizzazione della scuola, sviluppo e valorizzazione delle risorse umane, integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie).

Invalsi alla maturità, la presidente Ajello: «Pronti dal 2017»

da Corriere della sera

Invalsi alla maturità, la presidente Ajello: «Pronti dal 2017»

Si fanno sperimentazioni, la prova potrebbe essere «computer based». E dopo il rinvio dei test per le primarie, a rischio quelli per le secondarie, previsti il 12 maggio

di Antonella De Gregorio

Test rinviati per sciopero. La decisione di far slittare la prima prova nazionale dell’anno nelle scuole primarie per non farla coincidere con la giornata di protesta «plebiscitaria» (martedì 5) – organizzata contro il disegno di legge di riforma della scuola dai sindacati confederali (Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal, Gilda-Unams) e dai Cobas – ha disinnescato la linea «dura» che avrebbe voluto far saltare la prova in toto. Ma quel semplice spostamento di 24 ore ha scatenato una bufera. La politica parla di «intervento a gamba tesa» nei confronti del mondo della scuola; i rappresentanti dei lavoratori di «un’imposizione, illegittima e antisindacale»; gli studenti di «inaccettabile attacco al diritto al dissenso».

La valutazione

Ma intanto la presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello, difende la cultura della valutazione («che stiamo cercando di trasmettere ai docenti, insegnando loro a leggere e a usare i risultati delle prove per migliorare la didattica») e spiega che «la rilevazione serve a migliorare l’efficacia della scuola per le fasce più deboli della popolazione scolastica e a far emergere e diffondere le esperienze di eccellenza presenti nel Paese». I test, ripetono da tempo gli inquilini che si sono avvicendati del palazzo di Frascati che ospita l’ente di ricerca, non servono per dare un giudizio sull’operato del docente, né per punire o fare classifiche tra scuole, ma per consentire agli istituti di riflettere sul proprio operato e migliorarsi.

Invalsi alla maturità 2017?

Una filosofia che potrebbe essere presto estesa al diploma di maturità. Il 30, anticipa Ajello, si terrà un incontro con i funzionari del ministero proprio per ragionare sulle prove dell’ultimo anno. Il Miur ha affidato da tempo all’Invalsi il compito di sperimentare una prova da introdurre nel quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado. «Stiamo portando avanti tali ricerche e abbiamo fatto sperimentazioni parziali – dice Ajello -. Tante le difficoltà per preparare prove omogenee, adatte a valutare tutti i livelli di scuola superiore. Ma dal 2017 potremmo essere pronti a partire». Le prove dovrebbero essere “computer based”», dice.
Da anni circola l’ipotesi che il test invalsi possa essere inserito nell’esame di stato come terza prova – al posto del famigerato «quizzone» elaborato dalle singole commissioni – o, addirittura, come una nuova quarta prova. Nei prossimi giorni si capirà se il momento è arrivato: la parola passa ora alla politica. Intanto, il match si sposta sui test del 12 maggio per le secondarie: proprio in quel giorno l’Uds ha indetto un boicottaggio delle prove Invalsi per i licei, con sit-in, presìdi, manifestazioni territoriali.

“LaVeraScuolaGessettiRotti”: oltre 100mila firme contro la riforma da portare a Mattarella

da La Tecnica della Scuola

“LaVeraScuolaGessettiRotti”: oltre 100mila firme contro la riforma da portare a Mattarella

Dal 5 maggio la petizione sarà al Quirinale. Tra i punti più osteggiati del ddl, l’eccesso di poteri che si vorrebbero dare al Ds, gli albi regionali, la violazione dell’art. 33 della Costituzione (‘L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento’). Gli stessi prof si chiedono “che senso abbia avuto, nei mesi scorsi, espletare una consultazione con cittadini, docenti e dirigenti”. E sabato 9 maggio il “Coordinamento degli Insegnanti arrabbiati” scenderà in piazza.

Mentre i sindacati definiscono gli ultimi dettagli dello sciopero unitario del 5 maggio contro il la #riformabuonascuola, sulla Rete si agita, per le stesse motivazioni, un numero sempre più alto di docenti: sui social network, in particolare, si rivolgono al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sono gli insegnanti che aderiscono alla campagna “Laverascuola-GessettiRotti” e che sino ad ora hanno raccolto contro la riforma del governo “La Buona Scuola” oltre 100mila firme: numero che, avvertono in una nota, “è destinato a salire anche in vista della mobilitazione degli insegnanti prevista il 5 maggio con lo sciopero nazionale”.

Ricordano, poi, che da mercoledì 5 maggio il testo della petizione sarà portato al Quirinale: verrà “consegnato a mano da una piccola delegazione di insegnanti che hanno aderito alla campagna promossa su Facebook” e che ha visto il sostegno di undici organizzazioni di docenti provenienti da mezza Italia. Il progetto di legge del governo, messo a punto dal ministro Giannini, piace poco ai promotori dell’iniziativa che redigono anche una rubrica sul free press “Metro” in cui denunciano i problemi della scuola e ciò che non va della riforma. Quello che sostengono gli insegnanti è che “conferire al Dirigente Scolastico il potere di scelta dei docenti, istituendo albi regionali che di fatto li precarizzano, violerebbe non solo i diritti acquisiti di quei docenti, ma anche l’articolo 33 della Costituzione, secondo il quale ‘L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento’”.

Gli stessi prof, si chiedono anche “che senso abbia avuto, nei mesi scorsi, espletare una consultazione con cittadini, docenti e dirigenti”, “se poi di quelle risposte e di quelle proposte non è stato comunicato alcunché?”.

“La libertà d’insegnamento implica un’autonomia didattica e metodologica che – continuano – non potrebbe essere più garantita nel momento in cui, come pretende la Riforma, si aumentasse la discrezionalità del Dirigente Scolastico fino al punto di consentirgli la selezione della sua “squadra”, scegliendo un docente rispetto a un altro in base a criteri meramente soggettivi”.

Intanto, sempre tramite Facebook, è stata individuata un’altra data di protesta: sabato 9 maggio, giornata nella quale il “Coordinamento degli Insegnanti arrabbiati” ha promosso una mobilitazione di piazza – la ‘Giornata dell’Orgoglio e della Dignità della Scuola Pubblica’ – chiedendo a prof e cittadini, a sindacati, coordinamenti e associazioni, di “scendere per le strade per chiedere il ritiro del ddl di riforma della scuola e per aprire un confronto su un altro disegno di legge già depositato: la Lip (Legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica)”.

Tra i tanti messaggi ‘postati’ su Facebook, abbiamo colto questo: “Insegnanti, personale ata, studenti e genitori uniti per affermare che la scuola pubblica è il cuore della democrazia, pertanto basta umiliarla e ucciderla con politiche di austerità!”.

#riformabuonascuola, lo sciopero del 5 maggio avrà un’adesione altissima!

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola, lo sciopero del 5 maggio avrà un’adesione altissima!

Ne sono convinti Massimo Di Menna, segretario Uil Scuola, e Rino Di Meglio, coordinatore Gilda degli insegnanti, a colloquio con ‘La Tecnica della Scuola’: abbiamo compreso subito la portata negativa del progetto di Governo e oggi la protesta è “corale”. Le modifiche al ddl: vanno assunti tutti i precari, no ai presidi con poteri extra e all’invasione su orari e retribuzione. Sindacati in crisi? Macché, per noi consensi in aumento: se ne accorgerà il premier il 5. Troppi scioperi? Conta il nostro, vale il 92% della categoria. Lo sa bene l’Invalsi, che ha spostato le prove.

Dopo il successo della doppia intervista rivolta a Marcello Pacifico e Stefano d’Errico, leader rispettivamente di Anief e Unicobas, ‘La Tecnica della Scuola’ vuole dare spazio ad altri due protagonisti della scena sindacale scolastica italiana: sono Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola, e Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti.

I loro sindacati, assieme a Flc-Cgil, Cisl Scuola e Snals, hanno aderito allo sciopero proclamato per l’intera giornata di martedì prossimo, quando si svolgeranno una serie di manifestazione anti-riforma nella piazze di diverse città italiane.

Il motivo della contestazione ruota attorno alla richiesta di modifica sostanziale della #riformabuonascuola, su cui nei prossimi giorni, a partire dal 18 maggio, si esprimerà l’Aula della Camera dopo le dovute analisi e la valutazione di oltre 2.300 emendamenti al disegno di legge di riforma n. 2994 da parte delle Commissioni di competenza.

 

Quando, l’estate scorsa, il Partito Democratico ha espresso l’intenzione di far approvare la riforma della Scuola, i sindacati non sembravano particolarmente critici. Come si è arrivati all’attuale contrapposizione?

DI MEGLIO: Per quel che concerne la Gilda non è esatto: sin dallo scorso 5 ottobre, in coincidenza con il convegno per la giornata mondiale dell’insegnante, avevamo elaborato una puntuale critica a tutto l’impianto della cosiddetta Buona Scuola. E contro il progetto del governo la Gilda organizzò già il 23 novembre una manifestazione nazionale a Firenze. Poi l’elaborazione dei testi successivi, prima il decreto e poi il disegno di legge, ha talmente peggiorato la situazione da sollevare una protesta corale.

DI MENNA: All’inizio del suo mandato, a partire dall’intervento in Parlamento per la fiducia del Premier, la scuola è stata posta come aspetto centrale delle politiche per lo sviluppo. Poi c’è stato il documento per la così detta consultazione, che sia nel metodo che nei contenuti ha evidenziato aspetti decisamente negativi, dalla Uil Scuola evidenziati con chiarezza ad ottobre in sede di congresso nazionale di Torino. La legge di stabilità ha introdotto la solita scelta di tagli. Soprattutto il grave errore del Governo è stato chiudersi nelle stanze dei ministeri, senza nessun confronto con il sindacato ed un testo legislativo pericoloso per la qualità della scuola, per i contenuti.

 

Perché martedì prossimo un insegnante o un componente del personale Ata dovrebbe aderire al vostro sciopero?

DI MENNA: Ci sono tre forti ragioni: la prima riguarda i precari, migliaia di insegnanti verrebbero di fatto licenziati, i neo abilitati di seconda fascia, per i quali, pur insegnando da sette, otto, anche di più anni, c’è il divieto di reiterazione dei contratti dopo tre anni; per questi occorre un piano pluriennale di immissioni in ruolo e la piena copertura dei posti disponibili. Secondo motivo: il totale potere decisionale ai dirigenti scolastici, nella scelta dei docenti, nella valutazione anche didattica, nella retribuzione. Si tratta di una scelta che mina pluralismo culturale, libertà’ di insegnamento, ruolo degli organi collegiali, diritti contrattuali, un mix esplosivo che non esiste in nessun altro paese. Terza ragione: l’eliminazione delle norme contrattuali in materia di orario, retribuzione, che si aggiunge al blocco del contratto e che trasformerebbe il personale della scuola in sudditi, unica categoria di lavoratori dipendenti privi di tutele contrattuali. Come è evidente si tratta di ragioni importanti e tutte sindacali.

DI MEGLIO: Perchè siamo di fronte ad un vero e proprio attentato alla libertà di insegnamento, ad una visione sbagliata e gerarchica della scuola, all’annichilimento di qualsiasi collegialità e all’eliminazione dei diritti contrattuali.

 

Cosa ha pensato quando il premier Renzi ha detto, all’indomani della vostra decisione di fermare la didattica il 5 maggio, che “fa ridere scioperare contro chi sta assumendo 100mila insegnanti”?

DI MEGLIO: Questo significa legare la stabilizzazione, imposta dalla giustizia europea, ad un vero e proprio ricatto. In cambio della stabilizzazione, i docenti devono accettare il preside-podestà, gli albi territoriali e gli incarichi triennali. Non c’è proprio nulla da ridere!

DI MENNA: Che sbagliava, e che chi sciopera compie un sacrificio che merita rispetto, altro che irrisione. Un’uscita improvvida: che ha ulteriormente irritato i lavoratori.

 

Dal Governo si continua a dire che la scuola è composta prima di tutto dagli studenti: e loro, con le rispettive famiglie, starebbero con la linea riformista dell’Esecutivo. Mentre i sindacati non avrebbero più un grosso appeal. Come stanno le cose?

DI MENNA: La scuola autonoma è una parte dello Stato, lo dice la Costituzione, quindi dei cittadini, descriverla con superficialità è fonte di polemica; in realtà è come una galassia, si regge con equilibrio tra le componenti, che devono svolgere la loro specifica funzione e responsabilità, confondere i ruoli crea danni. Ad esempio, se si capovolge nella valutazione il rapporto insegnante-alunno, cade tutto il sistema. Per quanto riguarda i sindacati, i nostri consensi, pubblici e certificati aumentano in continuazione e vedrà il premier, il giorno 5, quanti su nostro invito sciopereranno. D’altronde, basta riflettere sui dati relativi alle elezioni Rsu. Con i sindacati si discute per risolvere i problemi. Prima il premier lo comprende, meglio sarà. I pasticci che combina il Governo dimostrano che il confronto con i sindacati serve anche per dare un surplus di competenze.

DI MEGLIO: E’ un volgare spot propagandistico che tenta di dividere le componenti della scuola. Non stiamo difendendo un presunto potere sindacale, ma i diritti fondamentali degli insegnanti, sanciti dalla Costituzione, e anche quello di famiglie e studenti a partecipare ad una comunità democratica ed educativa.

Al personale quest’anno è stato chiesto di astenersi dal lavoro in diverse occasione: tra sindacati rappresentativi e autonomi si è arrivati a proclamare più di dieci scioperi. Ma questo “spezzettamento” di proteste non rischia di indebolire il sindacato?

DI MEGLIO: Vi sono piccole sigle che fanno uno sciopero al mese con adesioni bassissime, attorno all’1 per cento. Non possono essere confrontate con uno sciopero unitario dei cinque sindacati rappresentativi che raccolgono il 92 per cento della categoria scolastica.

DI MENNA: Lo sciopero è un sacrificio per i lavoratori, non serve a niente proclamarlo, ma è efficace se altamente partecipato e non può essere un’abitudine. Quando è indetto da tutti i sindacati rappresentativi, le persone ne colgono la necessità, è danno forza alle rivendicazioni che devono essere chiare e concrete: questo è lo sciopero del 5 maggio e, sono certo, avrà un’altissima adesione.

 

C’è chi sostiene che se alla Camera dovessero essere approvati una parte significativa degli emendamenti al ddl di riforma, presentati anche dai sindacati nel corso delle audizioni, potreste anche valutare di cancellare lo sciopero del 5 maggio: è vero?

DI MENNA: Il sindacato non è in Parlamento e non presenta emendamenti; sulle nostre richieste il Governo balbetta, procede con dichiarazioni altalenanti, non dà risposte chiare. Il Parlamento conosce le nostre memorie ed auspico che ascolti la scuola che, indignata, protesta. Il governo dovrebbe convocare i sindacati, concludere un’intesa sui tre punti evidenziati. Non mi pare che abbia intenzione. Gli insegnanti chiedono certezze, non parole, l’offesa subìta è forte. Lo sciopero del 5 è ovviamente confermato.

DI MEGLIO: Lo sciopero si indice per ottenere dei risultati tangibili. La verità è che il Governo non ha accettato alcun confronto con i sindacati, quindi il 5 maggio non c’è più nessun dubbio sullo sciopero.

Come giudica la decisione dell’Istituto di Valutazione di posticipare al giorno dopo le prove Invalsi da svolgere nella primaria il 5 maggio? In questo modo non si vanificano portata e motivi della protesta? 

DI MEGLIO: Una mossa del genere, alla vigilia dello sciopero, è stata inopportuna, provocatoria e probabilmente anche illegittima.

DI MENNA: Una decisione di dubbia legittimità, che trae origine dalla totale assenza politica del ministro, che istituzionalmente dovrebbe essere seduta a confrontarsi con noi, lascia che le cose vadano e si limita a commentarle, è di fatto opinionista. Non credo che incida sulla protesta, anzi potrebbe aver ulteriormente irritato. Di fatto, l’Invalsi ha anticipato lo sciopero del 5, ne ha anticipatamente certificato la riuscita. Ripeto, il grande assente è il ministro. La responsabilità del governo è quella di aver creato uno scontro governo-scuola. L’unico approccio possibile è la retromarcia chiara del governo, con un decreto sulle assunzioni, un dibattito parlamentare disteso sugli investimenti per la scuola, una modernizzazione vera, una valorizzazione delle professionalità, un negoziato per un contratto innovativo.

 

#riformabuonascuola arriverà in Aula alla Camera il 14 maggio: da domenica 3 sarà tour de force

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola arriverà in Aula alla Camera il 14 maggio: da domenica 3 sarà tour de force

Lo ha detto Flavia Nardelli, vicepresidente della VII Commissione: lavoreremo sul provvedimento ogni giorno – mattina, pomeriggio e anche in notturna – a partire dal 3 maggio alle 10.

La decisione presa nel corso dell’ufficio di presidenza. Contrarie Lega Nord, Forza Italia, Movimento 5 stelle, Gruppo Misto e Sel. Il voto finale a Montecitorio privisto a partire dal 18 maggio. Lo sciopero del 5, quindi, cadrà nel bel mezzo della discussione degli emendamenti. E se l’adesione sarà massiccia…

La Commissione Cultura di Montecitorio conferma l’iter accelerato per la valutazione degli oltre 2mila emendamenti ritenuti ammissibili e per la successiva approvazione della #riformabuonascuola: il testo – scrive l’Ansa – è atteso in aula alla Camera per il 14 maggio e la Commissione “lavorerà sul provvedimento ogni giorno – mattina, pomeriggio e anche in notturna – a partire da domenica alle 10”. A dichiararlo, spiega ancora l’agenzia di stampa, è stata la vicepresidente della Commissione, Flavia Nardelli.

La tempistica è stata accordata nel corso dell’ufficio di presidenza. Contrarie al calendario le opposizioni. A quanto si apprende hanno votato contro Lega Nord, Forza Italia, Movimento 5 stelle, Gruppo Misto e Sel. L’obiettivo di Pd e maggioranza, sembra già concordato con i vertici di Montecitorio, rimane quello di arrivare al voto dell’Aula nella settimana che prenderà il via lunedì 18 maggio.

Pertanto, lo sciopero unitario – proclamato dai Cobas, a cui hanno successivamente aderito Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda sulla spinta delle richieste provenienti dalla ‘base’ dei rispettivi sindacali –  cadrà proprio nei giorni della discussione: a quel punto, se l’adesione dovesse essere massiccia, i parlamentari potranno rimanere indifferenti?

Parte l’autovalutazione: docenti “strettamente sorvegliati”?

da La Tecnica della Scuola

Parte l’autovalutazione: docenti “strettamente sorvegliati”?

Prende avvio la fase di inserimento dati del RAV sulla piattaforma che il Miur ha realizzato nell’ambito del progetto sulla valutazione e l’autovalutazione delle scuole. Ma c’è qualche dubbio sull’anonimato dei dati raccolti dalle scuole fra genitori e insegnanti.

Autovalutazione di istituto alle batture finali, almeno per l’anno scolastico in corso.
A partire da oggi 30 aprile le scuole possono accedere alla piattaforma realizzata dal Ministero dell’Istruzione; grazie ad essa, hanno ripetuto già in più circostanze sia il Ministro sia il sottosegretario Faraone, le scuole saranno in una casa di vetro e tutti potranno vedere cosa accade all’interno di ciascuna istituzione scolastica (in realtà questa metafora è vera solo in parte perchè ovviamente i dati visibili all’esterno saranno esattamente quelli che la scuola inserirà e ci sembra davvero improbabile che una scuola decida di ostentare all’esterno problemi, magagne e altri aspetti negativi).
Comunque a partire dal prossimo mese di luglio gli esiti dei processi di autovalutazione saranno visibili all’esterno.
Con il RAV (Rapporto di autovalutazione) che ogni scuola deve compilare prende così avvio in modo significativo la complessa procedura prevista dal regolamento sul sistema nazionale di valutazione contenuto nel DPR n. 80 del 2013.
Ombre e dubbi però sono tanti e non riguardano solamente l’aspetto che abbiamo già rilevato (l’autovalutazione ha un senso se messa a confronto con forme di valutazione esterna che per il momento sono molto limitate).
Sappiamo per esempio che in diverse scuole genitori e insegnanti sono stati chiamati a compilare un questionario per rilevare il “gradimento” dell’azione dell’istituzione scolastica. In diversi casi il questionario va compilato utilizzando una piattaforma realizzata (o acquistata) dalla scuola stessa. Quasi sempre, per accedere alla piattaforma, il docente deve inserire i propri dati di accesso (user ID e password) rendendo in tal modo “tracciabile” il questionario stesso. Insomma non ci sarebbero molte garanzie di anonimato con evidente ricadute, tra l’altro, sulla attendibilità dei dati raccolti.
Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa in proposito il Garante per la Privacy.