Pantaleo replica alla Ministra Boschi

La dichiarazione della Ministra Boschi conferma l’arroganza e il disprezzo della democrazia.

La scuola non è dei sindacati ma nemmeno proprietà privata del Governo. È del Paese e di chi quotidianamente garantisce alle nuove generazioni di avere una istruzione all’altezza dei tempi. Lo sciopero e le manifestazioni del 5 maggio hanno dimostrato che studenti, personale della scuola, famiglie e Paese sono contro il disegno di legge della brutta scuola.

Gli emendamenti approvati non cambiano l’impianto autoritario e incostituzionale del disegno di legge.

Nelle prossime ore la mobilitazione continuerà e si allargherà.

CHI SI NASCONDE DIETRO L’INVALSI?

CHI SI NASCONDE DIETRO L’INVALSI?
presidio sotto la sede della Fondazione Agnelli

Martedì 12 Maggio 2015 ore 15.30, via Nizza 250 Torino

Chi negli anni passati aveva creduto alle rassicurazioni dei vari ministri sull’innocuità dei quiz Invalsi, come sedicente supporto didattico ai docenti, ora, con il DDL Renzi, deve aprire gli occhi.

Basta leggere l’art. 11 comma 2 del DDL, per capire il ruolo fondamentale dei quiz nella  valutazione degli insegnanti

“Il dirigente scolastico, sentito il consiglio d’istituto, assegna annualmente la somma al personale docente che, in base all’attività didattica, ai risultati ottenuti in termini di qualità dell’insegnamento, al rendimento scolastico degli alunni e degli studenti, alla progettualità nella metodologia didattica utilizzata, alla capacità innovativa e al contributo dato al miglioramento complessivo della scuola, è ritenuto meritevole del bonus”

Dunque, come da molti di noi previsto fin dall’avvio del “nuovo” INVALSI, i quiz verranno usati per ristrutturare l’istruzione, premiare i docenti proni agli indovinelli, assegnare loro maggiorazioni stipendiali e progressioni di carriera e aumentare i finanziamenti non alle scuole in difficoltà ma a quelle che saranno giudicate le migliori in base ai quiz.

Secondo i diktat dei sostenitori della scuola-azienda e dell’istruzione-merce (come è noto l’Associone TreeLLLe, riconosce una gran valenza all’Invalsi e lo sostiene pienamente insieme alla Fondazione Agnelli ed alla Compagnia San Paolo), l’obiettivo dell’istruzione non sarebbe più l’acquisizione del sapere (o dei saperi) e la capacità di leggere il mondo ma l’addestramento a “competenze” che permettano di svolgere lavori a bassa qualifica e modellati sulle capricciose esigenze del mercato. Ma se basta una infarinata linguistica, tecnica e numerica per uno studente disciplinato e reso acquiescente nel lavoro e nella società, colmo di “spirito aziendale e di gestione”, allora certamente la spesa pubblica del passato per l’istruzione risulta esagerata. E conseguentemente la scuola-azienda non può che produrre una scuola-miseria (tanto più in Italia con un apparato produttivo che ha sempre vissuto sul sostegno statale, l’abbassamento del costo del lavoro, il rifiuto di ogni spesa significativa per l’innovazione e la ricerca) e una scuola basata su quiz come metro di valutazione e di apprendimento.

Per questo motivo, nel giorno dello sciopero Invalsi nelle scuole superiori, per ribadire il nostro netto rifiuto ai quiz e alla scuola-azienda, invitiamo tutti a partecipare a un presidio sotto la sede della Fondazione Agnelli, Martedì 12 Maggio 2015 ore 15.30, via Nizza 250 Torino.

Ragazzo morto in gita, il cordoglio del Ministro Giannini

Ragazzo morto in gita, il cordoglio del Ministro Giannini

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, esprime “profondo cordoglio” alla famiglia dello studente deceduto a Milano mentre era in gita con la scuola. “Mi auguro – prosegue il Ministro – che si chiarisca al più presto la dinamica dei fatti. Nel frattempo, il mio pensiero va ai familiari del ragazzo, ai suoi compagni e docenti, a cui esprimo tutta la mia vicinanza”.

Sul rimborso spese ai dirigenti scolastici recantisi nelle scuole in altri comuni

Sul rimborso spese ai dirigenti scolastici recantisi nelle scuole in altri comuni

Qualche giorno addietro una dirigente scolastica della Puglia ha riproposto la “vexata questio” del rimborso delle proprie spese sostenute per l’espletamento di compiti di verifica e di controllo in sedi scolastiche periferiche dislocate in altri comuni della provincia, contestatele da uno dei due revisori dei conti in data postuma e in via informale, con tanto di minaccioso invito a rifondere all’erario la – poco più che ridicola – somma che si sarebbe indebitamente attribuita.

Prima di risponderle – e di estendere la risposta ai numerosi colleghi che quotidianamente visitano il nostro sito – abbiamo ritenuto di richiedere il parere di un autorevole esperto che cura un’apposita rubrica su una rivista scolastica, contestualmente, e doverosamente, partecipandogli la nostra posizione.

La risposta negativa del pregiato interlocutore, che ha così condiviso i rilievi del predetto revisore dei conti, non ci è parsa persuasiva, per le ragioni in prosieguo esplicitate.

L’esperto interloquito giustamente ha preso le mosse dal decreto legge 78/10, convertito dalla legge 112/10, che, all’art. 6, comma 9, ha prescritto l’inapplicabilità al personale contrattualizzato (nella specie, i dirigenti scolastici) del combinato disposto di cui all’art. 15 della legge 836/73 e all’art. 8 della legge 478/78.

Trattasi della norma che attribuiva al personale svolgente “funzioni ispettive” in località comprese nella propria circoscrizione, e comunque non oltre i limiti della provincia, il diritto all’uso del mezzo proprio – qualora mancassero mezzi pubblici di linea e/o ciò fosse risultato conveniente per l’Amministrazione – percependo un’indennità chilometrica pari a un quinto del prezzo di benzina super, spettante o meno l’indennità di trasferta.

Subito dopo cita la circolare interpretativa della Ragioneria generale dello Stato n. 36 del 22 ottobre 2010, che, per contro, fa salva l’applicabilità della normativa a tutti quei pubblici dipendenti che, pur non rientrando nella categoria degli ispettori, siano impegnati nello svolgimento di “funzioni istituzionali relative ai compiti di verifica e di controllo”.

La dirigente scolastica pertanto avrebbe potuto chiedere d’essere autorizzata all’uso del mezzo proprio, solo qualora potesse ammettersi che le funzioni da svolgere nelle sezioni staccate siano qualificabili funzioni istituzionali relative a compiti di verifica e di controllo”. Ma così non è – “rectius”: non sarebbe – perché l’articolo 25 del D. Lgs 165/01 definisce quelle del dirigente scolastico “funzioni di direzione coordinamento, di valorizzazione delle risorse umane, di organizzazione e di amministrazione”.

D’altra parte – prosegue il parere e sempre condividendo la medesima determinazione del revisore dei conti – l’articolo 24 del decreto legislativo poc’anzi citato fa rientrare ogni compito afferente all’esercizio della funzione nel principio di onnicomprensività che caratterizza il trattamento economico di ogni dirigente, remunerante, per l’appunto, “tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti…nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio”: Tanto ciò vero – conclude – che la presenza di sezioni staccate è uno dei parametri che compongono la retribuzione di posizione (variabile) del dirigente.

A quest’interpretazione devono riproporsi le seguenti obiezioni:

  • le funzioni istituzionali relative ai compiti di verifica e di controllo” possono ben essere incluse nel profilo – o declaratoria professionale, che dir si voglia – del dirigente scolastico, responsabile dell’ottimale organizzazione del servizio complessivo nonché intestatario di quelle che dottrina e giurisprudenza denominano “posizioni di garanzia: Si pensi, giusto per proporre due esempi, al suo obbligo di verificare, come datore di lavoro, che in ogni sede sia assicurato il puntuale rispetto della normativa sulla sicurezza, ovvero l’altrettanto puntuale rispetto dell’orario di servizio del proprio dipendente personale, anche con visite a sorpresa;
  • il principio di onnicomprensività del trattamento economico vale certamente – peraltro temperato dalle eccezioni di legge – per tutte le voci qualificabili retributive, correlate al sinallagma delle controprestazioni professionali, mentre nel caso di specie trattasi di mero rimborso di spese vive sostenute, imputabili all’autonomo bilancio dell’istituzione scolastica e parimenti strumento per la piena realizzazione, e controllo-verifica, dell’ottimale erogazione del servizio scolastico.

Al riguardo, decisamente inconferente sembra il richiamo alla retribuzione di posizione variabile, che certamente può dirsi anche parametrata sulla presenza di sedi periferiche, più o meno disagevoli, collocate nello stesso comune o , ancor più, in comuni diversi. Inconferente, perché è ragionevole supporsi preordinata a riconoscere, e remunerare, la maggiore gravosità dell’ordinario, generale e istituzionale lavoro svolto dal dirigente rispetto a quello di un collega cui sia stata assegnata un’istituzione scolastica monoindirizzo, magari al limite del dimensionamento ottimale e insistente in una sola sede.

Conclusivamente, DIRIGENTISCUOLA-CONFEDIR è dell’avviso che il dirigente scolastico, ogni dirigente scolastico che versi nella fattispecie denunciata – e giustamente contestata – dalla collega, possa e debba, allorquando appronterà il Programma annuale, prevedere e finanziare un capitolo, con criteri di misurata discrezionalità, o principio di ragionevolezza, integrato da un elastico piano di visite alle sedi periferiche; per poi attuarlo autorizzandosi, esso stesso siccome dirigente di vertice dell’istituzione scolastica cui è preposto, all’uso del mezzo proprio e dimostrandone la convenienza rispetto al ricorso ai mezzi pubblici di linea, qualora esistenti, ed ampiamente rispetto al maggior costo riveniente dall’uso degli stessi; infine dando disposizioni al DSGA, formalizzate con propria determina, per l’emissione dei relativi mandati di pagamento.

Quanto sopra presuppone, naturalmente, che il dirigente scolastico stimi che, così operando, possa contrastare un possibile rilievo dei revisori dei conti o, all’evenienza, controdedurre davanti alla delegazione regionale della Corte dei conti.

Salvo che, semplicemente, non decida di lasciar perdere e metter mano, da subito, alle proprie tasche, così come capita spesso, creandosi precedenti e consolidandosi un “modus operandi” che conviene all’Amministrazione.

Succede solo nel mondo della scuola!

Ddl La Buona Scuola, Giannini: “Bene lavori Commissione, testo arricchito”

Ddl La Buona Scuola, Giannini: “Bene lavori Commissione, testo arricchito”

“Quella effettuata in Commissione Cultura alla Camera per la discussione del ddl ‘La Buona Scuola’ è stata una maratona molto proficua. Dal punto di vista del Governo, è la rappresentazione plastica che portare in Parlamento questo ddl ha una valenza politica e culturale molto forte perché il testo ne esce arricchito e integrato con la risoluzione di alcuni nodi tecnici e politici che ci aspettavamo e siamo lieti siano stati sciolti già qui alla Camera”. Così il ministro dell’Istruzione,  dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini.

“La qualità del dibattito al quale anche io ho assistito è stata altissima – prosegue Giannini – Mi auguro che l’ultimo emendamento votato, relativo alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e di entrata in vigore della riforma, sia di buon auspicio affinché questa data si avvicini molto rapidamente e che il 1 settembre 2015 questo ddl cambi, migliorandola, la scuola italiana”.

Presidi meno sceriffi, più soldi alle scuole a rischio: ecco le modifiche proposte dal Pd

da la Repubblica

Presidi meno sceriffi, più soldi alle scuole a rischio: ecco le modifiche proposte dal Pd

Arrivano le proposte di emendamenti della maggioranza alla Buona Scuola: tutti assunti dalle graduatorie provinciali, maggior distribuzione dei finanziamenti, comitato di valutazione che assegna i premi insieme asl preside

Dopo lo sciopero generale e il confronto con le parti sociali, studenti e genitori, arrivano le prime modifiche al disegno di legge sulla Buona scuola. Si attenuano i poteri del preside-sceriffo, aumenta la quota perequativa di finanziamenti per evitare scuole di ricchi e scuole per poveri e saranno assunti tutti i precari delle graduatorie provinciali. Tutti, tranne 23mila inclusi nelle liste della scuola dell’infanzia che dovranno attendere l’approvazione della delega per il percorso zero-sei anni. Le deleghe, inoltre, scenderanno da 12 a 8. Ad illustrare le modifiche che il governo intende apportare al disegno di legge di riforma della scuola la senatrice, Francesca Puglisi, responsabile di scuole e istruzione del Pd. Ma ci sono anche i punti sui quali l’esecutivo è irremovibile: niente stralcio per le sole assunzioni e niente slittamenti temporali: il testo sarà approvato entro il 15 giugno. Anche se l’esponente della minoranza dem, Fassina, protesta: “E’ il governo che deve incontrare i sindacati, genitori e studenti. Non si può risolvere tutto nell’ambito del Pd”.

Per il vicesegretario del Partito democratico, Lorenzo Guerini, gli incontri al Nazareno con i rappresentanti del mondo della scuola sono stati sono stati utili e hanno anche compattato il partito in una logica di “forte condivisione da parte del Pd della riforma, che resta una riforma con un’ambizione strategica molto alta”. Sarà la relatrice del provvedimento alla Camera, Maria Coscia, a presentare gli emendamenti in questione. Ma andiamo con ordine. Non sarà più il preside-sindaco a dettare le modalità e i tempi dell’azione educativa nella scuola immaginata dalla coppia Renzi-Giannini. “Non vogliamo disegnare un preside manager o uno sceriffo ma un responsabile che sia in grado di rispondere degli esiti delle scuole”. Sarà il dirigente scolastico a fornire l’indirizzo del Piano dell’offerta formativa triennale, il collegio dei docenti si occuperà della fase elaborativa e ad approvare il documento interverrà il Consiglio d’istituto.

Per la gestione della quota  –  200 milioni  –  che servirà a premiare i docenti “migliori” il preside sarà affiancato da un Comitato di valutazione composto da docenti e genitori. Ma lo stesso dirigente scolastico sarà valutato ogni tre anni da un pool istituito presso l’ufficio scolastico regionale, che potrà avvalersi anche dei resoconti delle visite degli ispettori negli istituti scolastici. In questo modo, il capo d’istituto metterà in gioco la cosiddetta Quota di risultato. La Puglisi chiarisce anche la dinamica relativa all’assunzione da parte dei presidi dei 100mila neo immessi in ruolo a settembre: uno degli aspetti che aveva suscitato più perplessità e critiche da parte dei sindacati e dei precari. Un emendamento chiarirà che gli albi territoriali avranno dimensione sub-provinciale.

I docenti che ne faranno parte saranno tutti assunti a tempo indeterminato e potranno presentare il proprio curriculum alle singole scuole, se vorranno. I capi d’istituto potranno scegliere la collocazione nella loro scuola in base al curriculum pubblicato all’albo e coloro che non saranno richiesti da nessuno saranno collocati dall’ufficio scolastico provinciale. “Ci siamo resi conto che molte delle proteste di piazza erano dovute all’ambiguità del testo”, che adesso è più chiaro, spiega la Puglisi. Poi, partirà un concorso per 60mila abilitati e, precisa la parlamentare, e “sarà prevista la valorizzazione dei titoli e del servizio svolto: In più, il limite di 36 mesi di servizio, dopo i quali si viene “licenziati”, non saranno retroattivi.  Un altro aspetto su cui il Pd non vuole ambiguità riguarda il rischio che la riforma accentui le differenza tra scuole di serie A e di serie B.

Una critica avanzata dal leader della Fiom, Maurizio Landini. Per evitare diseguaglianze tra istituti, i presidi delle scuole che operano in contesti deprivati, potranno cercare di trattenere o convincere i docenti a prestare servizio presso la loro sede, usando il fondo da 200 milioni di euro gestito dai dirigenti scolastici e destinato alle premialità per i docenti. Inoltre, la quota perequativa derivante dal 5 per mille che i genitori potranno destinare alle scuole all’atto della presentazione della dichiarazione dei redditi sale dal 10 al 20 per cento. La Puglisi annuncia anche che gli scatti stipendiali di anzianità resteranno intatti. Ma, come hanno chiesto i sindacati, non ci sarà nessuno stralcio per assumere i 100mila precari delle graduatorie ad esaurimento. “Non era accettabile dividere il momento delle assunzioni dall’approvazione della riforma della scuola – spiega il presidente del Pd, Matteo Orfini – perché le due cose stanno insieme o non stanno”.

Ma i sindacati incalzano il governo. “Dopo tre giorni” dallo sciopero del 5 maggio, “è irresponsabile da parte del governo non aver convocato i sindacati. In assenza di adeguate risposte la mobilitazione continuerà fino a coinvolgere le attività di scrutinio finale”, affermano i segretari dei sindacati che hanno proclamato lo sciopero: Domenico Pantaleo (Flc Cgil), Francesco Scrima (Cisl scuola), Massimo Di Menna (Uil scuola), Marco Paolo Nigi (Snals) e Rino Di Meglio della Gilda. Una convocazione che, per rasserenare gli animi, potrebbe arrivare nelle prossime ore. Mentre saltano le deleghe sulla riforma degli Organi collegiali, “perché”  –  conclude la senatrice del Pd  –  “si avvierà un percorso di coinvolgimento per rimotivarli” e quelle sull’Autonomia scolastica, sulla Scuola digitale e sugli Its: gli istituti tecnici superiori.

“DDL, il preside sarà responsabile dei risultati della sua scuola: si scelga i docenti migliori!”

da La Tecnica della Scuola

“DDL, il preside sarà responsabile dei risultati della sua scuola: si scelga i docenti migliori!”

Il concetto è del sottosegretario Davide Faraone, che su ‘Il Foglio’ conferma l’intenzione del Governo di puntare sugli albi territoriali: l’autonomia scolastica, architrave del ddl, va in questa direzione. E insiste sul merito dei prof: perché la valutazione può essere uno strumento per misurare il miglioramento di uno studente ma diventa invece un mezzo di competizione tra gli insegnanti? Poi si rivolge ai sostenitori della riforma: creiamo sinergia, il coraggio per compiere il salto non ci manca.

Uno dei passaggi del testo di riforma della scuola che sindacati, associazioni e docenti chiedono di cancellare è quello degli albi territoriali, preludio alla chiamata diretta degli insegnanti. Il Governo è stato più volte sollecitato a modificare questa norma, soprattutto negli ultimi giorni, quando le proteste sono culminate con lo storico sciopero del 5 maggio.

A sentire, però, uno dei più alti rappresentanti del Governo, il sottosegretario all’istruzione, Davide Faraone, le contestazioni di piazza e l’altissima adesione allo sciopero (due docenti su tre) non sembrano aver cambiato di molto le cose. In un intervento pubblicato su ‘Il Foglio’ il 9 maggio, dal titolo ‘La Buona scuola è più di una riforma, è made in Italy di idee’, Faraone scrive che “l’autonomia scolastica, architrave del disegno di legge in esame alla Camera, va in questa direzione: c’è un dirigente scolastico che è responsabile dei risultati della sua scuola e per questa sceglie il meglio (offerta formativa, docenti, relazioni con il territorio): nell’ottica di formare ragazzi forti dei tratti identitari che tutto il mondo ci invidia, ma anche in grado di coniugare la tradizione con l’innovazione”.

Anche sul merito, sui fondi che il dirigente scolastico distribuisce annualmente, assieme ad un paio di docenti, un rappresentante studentesco e delle famiglie, il sottosegretario non sembra lasciare molte speranze a chi protesta. “Perché – sostiene Faraone – la valutazione può essere uno strumento per misurare il miglioramento di uno studente ma diventa invece un mezzo di competizione tra gli insegnanti? Il loro ruolo è talmente importante che non può rimanere immune da valutazione. Una valutazione che non serva a punire o premiare, ma a migliorare”.

Sul finire dell’intervento, il ‘renziano’ sembra rivolgersi a chi crede che la riforma possa rappresentare un’opportunità per cambiare in meglio la scuola. “Creiamo sinergia. Abbattiamo steccati. E’ un cambiamento rivoluzionario, ne siamo consapevoli. Eppure fare un investimento di fiducia sul futuro, mettendo a frutto le risorse che abbiamo per natura e per tradizione, è un atto dovuto per i nostri ragazzi. Il coraggio per compiere il salto non ci manca. E non manca neanche agli italiani”.

Come dire: uscite fuori, tirate fuori gli attributi e fatevi sentire! In caso contrario, sulla riforma passerà l’immagine negativa derivante da quella ‘minoranza chiassosa’ che nei giorni scorsi ha chiuso le scuole e riempito le piazze.

Organi collegiali: salta la delega. Se ne riparla (forse) fra 10 anni?

da La Tecnica della Scuola

Organi collegiali: salta la delega. Se ne riparla (forse) fra 10 anni?

Accolto un emendamento di Fassina (PD).  Gli organi collegiali, per adesso, non si toccano ancora. Restano quelli del 1974 anche se già nel 1999 era stato approvato un decreto (il 233) che prevedeva la revisione del vecchio impianto.

Nelle ultime ore la Commissione Cultura della Camera ha accolto un emendamento del PD (primo firmatario Stefano Fassina) per eliminare dalle deleghe previste dall’articolo 21 del ddl quella relativa alla revisione degli organi collegiali della scuola.
La decisione merita un rapido commento.
Come si sa gli organi collegiali nacquero nel 1974 a seguito della entrata in vigore del DPR 416 del 1974 e cioè 41 anni fa. Non è neppure il caso di fare l’elenco sistematico di cosa sia accaduto in questi 41 anni per comprendere che il DPR del ’74 è ormai preistoria. D’altronde già nel 1999 il legislatore aveva stabilito che bisognava mettere mano alla questione: il decreto 233 di quell’anno cancellava il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione per sostituirlo con il Consiglio Superiore, la cui elezione è avvenuta solo due settimane fa e cioè a 16 anni di distanza.
Lo stesso decreto 233 cancellava i consigli distrettuali e provinciali per sostituirli con organi territoriali di cui però si è persa ogni traccia.
Nel 2008 si tornò a parlare di riforma degli organi collegiali quando Valentina Aprea presentò alla Camera il contestato disegno di legge 953 che sembrava potersi trasformare in una vera e propria legge nel 2012 quando si trasformò nel progetto Aprea-Ghizzoni (PD).
Poi con la fine della legislatura anche quel progetto andò perso.
Insomma: è da almeno 15 anni che lo stesso Parlamento si è accorto che l’impianto del 1974 è del tutto inadeguato a rispondere alle esigenze del sistema scolastico attuale. D’altronde il dato relativo alla partecipazione al voto dei genitori (e anche degli studenti) nelle scuole superiori (spesso non si arriva neppure al 10%) è indicativo del totale disinteresse degli “utenti” nei confronti del modello in vigore.

 

Voto CSPI: Flc-Cgil in testa dovunque; perde consensi Cisl-Scuola

da La Tecnica della Scuola

Voto CSPI: Flc-Cgil in testa dovunque; perde consensi Cisl-Scuola

Avanzano i sindacati di base (Anief, Cobas e Unicobas) che adesso incominciano a porre il problema della rappresentatività sindacale.

Continuano ad arrivare – alla spicciolata e in modo non sistematico – altri dati sulle elezioni del CSPI.
Da qualche è disponibile anche il risultato definitivo e completo dell’Emilia Romagna, risultato che segna un cambiamento di rotta rispetto al dato romano di cui abbiamo già parlato.
Nella regione emilana stravince la Flc-Cgil (poco meno del 39% complessivo), mentre Cisl-Scuola non va oltre il 18%. Bene la Gilda con l’8,5 e lo Snals con l’11. I dati delle diverse componenti mettono in evidenza aspetti interessanti: fra gli Ata la Flc-Cgil sfiora il 50%, , nell’infanzia Cisl-Scuola sta al 30% (ma Flc è al 44%). Anche alla primaria Cisl-Scuola tiene discretamente (26%); in quest’ordne di scuola, lo Snals è il terzo sindacato (10%) e i Cobas (6%) sono il quarto. Alla secondaria di primo grado buon risultato della Gilda (poco meno del 15%, ma sempre di più del 12% della Cisl).
Alle superiori la Gilda è addirittura il secondo sindacato alle spalle della Flc.
Anche a Milano e provincia Flc-Cgil è il primo sindacato in tutte le componenti.
Fra gli Ata, con il 19%, il secondo sindacato è Uil-Scuola; nella primaria (Flc al 40%), la Cisl sta poco sopra il 22% e lo Snals arriva al 10%; alla secondaria di primo grado lo Snals arriva al 16% e la Cisl al 12%; alle superiori lo Snals sta sul 22% e la Cisl non tocca neppure il 9%.
Alcuni dati riassuntivi vengono forniti anche dall’Anief sulla base del voto espresso in 16 province di 8  diverse regioni; anche dai dati dell’Anief emerge la tenuta della Flc-Cgil, la perdita secca della Cisl scuola e il buon risultato sia dell’Anief sia dei Cobas che vanno entrambi oltre il 6%.
A questo punto si pone il problema della revisione delle regole sulla rappresentanza sindacale, problema che sia Marcello Pacifico (Anief) sia Piero Bernocchi (Cobas) hanno già sollevato nel corso dell’incontro che hanno avuto il 7 maggio scorso con i vertici del Partito Democratico.

Giorno della memoria per le vittime del terrorismo

da tuttoscuola.com

Giorno della memoria per le vittime del terrorismo

Trovo di grande interesse la proposta di un memoriale di tutte le vittime del terrorismo in Italia. Ricordare significa anche non rassegnarsi mai nella ricerca della verità“. Lo dice il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della giornata per le vittime del terrorismo.

Questa la dichiarazione del Presidente: “Ricorre oggi il giorno della memoria delle vittime dei tanti terrorismi che hanno insanguinato l’Italia per lunghi e dolorosi anni. La distanza temporale con quei tragici avvenimenti non deve attenuare il ricordo e la gratitudine per chi, servitore dello Stato o semplice cittadino, ha perso la vita a causa di disegni perversi e folli, pervasi di odio e di sopraffazione. Trovo pertanto di grande interesse la proposta di un memoriale di tutte le vittime del terrorismo in Italia. Ricordare significa anche non rassegnarsi mai nella ricerca della verità. Desidero rivolgere un pensiero particolare alla memoria di quei tanti giovani, di qualunque orientamento, che hanno avuto la vita spezzata dalla violenza politica, che è sempre esecrabile. Il terrorismo ha lasciato nei familiari delle vittime ferite profonde. Vorrei dire a tutti coloro che hanno perso un genitore, un compagno, un figlio, un fratello o un amico che sono loro vicino, con comprensione e solidarietà“.

Nell’ Aula del Senato si è svolta la celebrazione del “Giorno della memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La cerimonia si è aperta con l’esecuzione dell’Inno nazionale da parte degli studenti del Liceo Scientifico “Farnesina” di Roma. Prima dell’ intervento del presidente del Senato Pietro Grasso hanno parlato Ilaria Moroni, coordinatrice della “Rete degli archivi per non dimenticare” e direttrice del “Centro documentazione archivio Flamigni”, che ha sottolineato l’importanza della documentazione sugli anni di piombo, e i familiari di quattro vittime del terrorismo: Salvatore Niedda, figlio di Antonio Niedda, Barbara Zicchieri, sorella di Mario Zicchieri, Sergio Amato, figlio di Mario Amato, Carole Beebe Tarantelli, vedova di Ezio Tarantelli.

Prevista anche la premiazione delle quattro scuole vincitrici del concorso “Tracce di memoria”, bandito dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con la Rete degli archivi per non dimenticare e con la Direzione generale per gli archivi. E’ stato il Capo dello Stato Sergio Mattarella a consegnare le targhe ai rappresentanti delle scuole vincitrici, con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini. Presenti i Presidenti delle Associazioni dei familiari delle vittime; l’onorevole Giuseppe Fioroni, Presidente della Commissione d’inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro, in rappresentanza della Camera dei deputati; il giudice Giancarlo Coraggio, in rappresentanza della Corte Costituzionale; il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, in rappresentanza del Governo.

Di seguito l’elenco delle scuole vincitrici del concorso:
 
PRIMARIA

Primaria Villa Torchi 5A-5B – Istituto Comprensivo 4 Bologna: ‘La memoria come un tesoro’.

SECONDARIA DI I GRADO

Ex aequo

Media L. C. Farini 3E – Bologna: ‘Uno Bianca, ma noi siamo tanti’

Media Caduti di Piazza Loggia 3I – Istituto Comprensivo di Ghedi – (BS) ‘Una canzone per Piazza della Loggia’

SECONDARIA DI II GRADO

IC Fioravanti-Belluzzi 4A – Bologna: ‘2-agosto-1980-non-cero-ma-so’

Senza titolo

Senza titolo: non ce ne sono più

di Claudia Fanti

 

E ora siamo qui a provare a resistere ancora una volta all’attacco di una politica che definirla sconclusionata è un eufemismo.

 

Per chi insegna e apprende ogni giorno è una faticaccia dover sopportare una volta di più.

 

Sì, perché il dispendio di energie è eterno e infinito: da un lato c’è ogni bambino e bambina, ogni ragazzo e ragazza da affiancare e stimolare negli apprendimenti con accorgimenti e azioni volte a renderli autonomi, ad acquisire autostima, a non cedere se anche il mondo esterno invia messaggi violenti, disumani, contraddittori. Da un altro lato si deve tentare con ogni mezzo di non farsi portar via entusiasmo, saperi pedagogici e educativi da una politica rampante, veloce, arrogante, che tutto pretende di sapere e conoscere del mondo della scuola, una politica che detta ricette e non ne riceve bollando quelle altrui una volta come arretrate, una volta come antiquate, un’altra come perdenti, una come autoreferenziali e ciò senza entrare mai nel merito delle contestazioni.

 

Si ha un bel provare a far riflettere chi (politici al governo e loro aiutanti, opinionisti a vario titolo) non è ora in situazione di lavoro effettivo nelle aule, con manifestazioni e scioperi, sulla complessità del sistema scolastico composto da soggetti adulti e giovanissimi che nella quotidianità devono interagire per ovvi motivi di tenuta del sistema e lavorare in relazione costante; si ha un bel dire che nell’attuale società ciò che conta nella formazione della persona non è un’ennesima riforma, ma un approccio delicato e lento alla consuetudine a riconoscere le emozioni o i propri gesti mentali, per dirla con De La Garanderie, o al fare tesoro della Pedagogia Istituzionale, per ricordare Canevaro, due grandi fra i grandi che hanno sviscerato e rivoltato come un calzino l’idea di insegnamento-apprendimento.

 

Nulla, ascolto zero, pregiudizio verso le masse di docenti e studenti alle stelle. Esse sono invece chiamate a competere, a essere efficaci ed efficienti nelle scelte di indirizzo dentro il sistema scolastico, sia esso indirizzo della sede di lavoro sia delle scelte di metodologie sia quello relativo ai curricoli personalizzati e via dicendo…veloci è bello, veloci e allevati a batterie di quiz è ancor più bello, il tutto condito con raccomandzioni al favorire valutazioni a suon di voti, alla selezione sia di adulti, sia di studenti piccoli o meno che siano!

 

La mattina, quando ci si sveglia, la mente va al “cosa ci sarà di nuovo oggi per la scuola?”. Si trema un po’ e poi si ricomincia a credere che quel che si sta studiando, facendo, costruendo per il futuro, ha un senso che va oltre la politica contingente con i suoi diktat, con i suoi annunci e controannunci, con le sue farraginose elucubrazioni.

 

Gli anni passano e ai docenti vien detto una volta che son vecchi e un’altra che non lo sono abbastanza per essere collocati a riposo. Una volta si dice loro che non sono in grado di innovare e un’altra che sono il fulcro della società. Un balletto confusionario, un frullato di parole in libertà.

 

Ma si va avanti, perché si hanno delle certezze e cioè quelle relative a un tempo dell’apprendimento che raccolga le speranze di apprendere di ogni bambino e bambina, all’ascolto delle ipotesi su ogni segmento dell’apprendimento, dei ragionamenti dei bambini e delle bambine, i quali ci sono grati se li aspettiamo, se li induciamo a parlare, se dalle loro parole prendiamo spunto per affiancarli nei loro sforzi, grandi, per uscire dai bozzoli delle difficoltà di concentrazione, di espressione, per scrivere ciò che pensano e vivono. E mentre facciamo ciò, la mente quest’anno è presa dalla sensazione del pericolo incombente di un ennesimo stravolgimento epocale stile Gelmini. Non va bene sentirsi in pericolo, non fa bene alla scuola e al futuro. No, decisamente no, ma questo è ciò che accade a tanti che credono nella libertà di insegnamento di ognuno, anche di chi non la pensa allo stesso modo della politica scolastica in auge

 

So che a molti non interesserà minimamente il pensiero nascosto di tante maestre e a volte non interesserà perfino le maestre che un tempo simpatizzavano con slancio per le visioni di Gardner, Morin, Gordon, De La Garanderie, Perticari, Canevaro, per citarne soltanto alcuni Infatti alcune hanno cominciato a vacillare, a pensare al voto come a un segnale per le famiglie, a pensare che alcuni bambini non ce la faranno mai! E’ così. E mi sembra impossibile lo sia! Si sentono discorsi che fan rabbrividire. Ci sono voluti anni, ma è ormai cosa diffusa udire frasi del tipo: “Se non ce la fanno ad ascoltare, sono fatti loro, io spiego e rispiego, quindi non ci posso far niente”. C’è voluto quasi lo stesso numero di anni che tante e tanti impiegarono per abbandonare le certezze di una scuola cattedratica, trasmissiva, una scuola per alcuni e non per altri. Ogni riforma, un colpo verso il basso. Risultato: dispersione alle stelle.

 

Ma oggi la cosa è più nascosta: la si nasconde dietro ai progetti, alle feste, ai mercatini, alle fanfare o fanfaronate del mettersi in mostra. Perfino nell’organizzazione di eventi del territorio per l’infanzia, si invitano le scuole a produrre lavori di “eccellenza” per mostrare al pubblico di adulti adoranti le magnifiche produzioni dei figli e delle figlie, i quali inorgogliti gonfiano il petto per un giorno, prima un po’ stupiti, poi convinti che “mostra” è bello!

 

Ma chi insegna sa che bambini e bambine godono molto di più quando ce la fanno a superare ostacoli, a comprendere passaggi, a scoprire regole, a scrivere un testo corretto, a ragionare su un problema, a realizzare forme, a dipingere, a danzare…Chi insegna sa che quell’alunno considerato l’ultimo dalla pedagogia della fretta, da quella dell’addestramento che sottrae tempo ai perché condivisi per capire, quello lì, quell’ ultimo che nessuno ormai vorrebbe più in classe perché ne abbassa la media, è quello che dovrebbe dare il ritmo e la voglia di cambiare e approfondire ogni sapere, perché non c’è sapere che per essere tale non presupponga la revisione e l’adattamnto ai contesti di vita vissuta con l’altro che dovrebbe trovare con compagni e compagne la possibilità di produrre e imparare conversando, ragionando, scambiando idee e riflessione sui percorsi adottati da se stesso e dagli altri. L’arte dell’insegnare è quella che continuamente tenta e ritenta, si aggiorna per quell’ultimo e mentre lo fa per lui, trova incredibili strade per tutti gli altri e le perfeziona, le affina., ma non certo per essere insegnante più bravo e più richiesto dei colleghi e delle colleghe. Se invece il merito, tanto invocato da media e governi, dovesse essere la molla di un bravo docente, sarebbe l’ennesima motivazione estrinseca su cui si basano tanti meschini rapporti umani oggi, sarebbe veramente la fine della libertà d’insegnamento sancita dalla Costituzione. Si profilerebbe nel tempo, non subito per tutti, una figura di insegnante che applica alla lettera le ultime novità ministeriali, senza mettersi in discussione, senza inventare, senza più osare.

 

Il pericolo della libertà negata è il nostro mestiere, ed è un pericolo da casco dentro la mente, molto più grave del calcinaccio che piove sul fuori, senza nulla togliere anche a quello. E’ il pericolo del rimbambimento a suon di semplificazioni dei rapporti e degli apprendimenti. Un pericolo costante di riduzione di tempi nella classe con i compagni e le compagne che cooperano: si sente parlare e si legge di possibili destrutturazioni della classe, ma essa in Italia è il luogo laboratorio di ogni apprendimento, delle età evolutive che vengono a confronto, non del grado di intelligenza! La classe è l’insieme strutturato che consente di interagire con compagni e compagne noti con i quali si va imparando come si può vivere e quali norme si possono conquistare insieme; la classe consente riflessioni profonde su cittadinanza e stili di apprendimento; i gruppi di vocazione o di livello invece sono, in una situazione come quella italiana, uno specchietto per le povere allodole del qui e ora, senza pensare alle conseguenze della frammentazione di una comunità, di un microcosmo ricco di stimoli, conflitti e diversità da riportare ad armonia.

 

Infine il pericolo è anche quello che schiere di genitori, a furia di sentirsi ripetere che quiz, voti, addestramenti, questionari di gradimento procureranno il vero innalzamento del livello di professionalità dei docenti, ci credano e comincino a far fare test a casa ai figli (a fronte dei tanti che hanno protestato contro le prove censuarie Invalsi, in molte case si stanno già esercitando i figli con libretti e schede invece di farli vivere dialogando, raccontando storie, giocando, riordinando i propri giocattoli…).

 

Il mondo degli adulti continua a far confusione, ad aggrapparsi a qualche mito e così facendo priva l’infanzia e l’adolescenza dell’arte del narrare, dell’osservare, dello spiegare ragioni, del misurare spazi con i propri corpi, dell’appassionarsi a una melodia, del riflettere sulle difficoltà familiari e degli altri…).

 

 

 

Una proposta comunque per la valutazione dei “risultati” già presente in un emendamento del ddl potrebbe essere questa: la frequenza dei corsi d’aggiornamento seguiti dagli insegnanti anche da parte dei genitori interessati a valutare i propri insegnanti con competenza e rigore. Sì, perché un comitato di valutazione che si definisca organo della scuola ovviamente richiede tempi di studio, di rielaborazione e di approfondimento delle sue componenti, le quali, se proprio non avessero pari competenze dei docenti di lungo corso, almeno qualche infarinatura dovrebbero formarsela. O no?

 

La scuola vorrebbe cambiare di nuovo per recuperare il buono che rimane nei libri e nelle idee, ma non a suon di annunci di soldi comunque dovuti o di confusione organizzativa, bensì a suon di persone-insegnanti che stiano in relazione continuativa e costante con studenti e colleghi e di pedagogia del cambiamento con la giusta serenità per fare ricerca. Invece si odono frasi fatte di opinionisti legati a una scuola inadatta alle problematiche della società frantumata. E ancora adesso si sente ripetere che la scuola è in mano alla sinistra, la quale poveretta è frantumata e confusa come la società, invece di udire parole di riflessione su un’autonomia di ricerca che possa scegliere modalità didattiche e pedagogiche all’altezza dei tempi e delle richieste di attenzione per ogni stile di apprendimento, in classi numerose con la presenza di molteplici diversità. E per realizzare ciò i docenti dovrebbero essere messi nelle condizioni di realizzare il cambiamento collaborando e studiando insieme dentro le scuole, ritornando a parlare di qualcosa che vale senza spendere tempo inutile in stesure di protocolli, programmazioni per competenze, registri elettronici e addestramento alle prove Invalsi e obiettivi da raggiungere nel tempo voluto dalle stesse, invece di quelli dei soggetti in apprendimento-insegnamento.