G. Sapienza, L’arte della gioia

Goliarda Sapienza, L’arte della gioia
Einaudi, Torino 2008

di Mario Coviello

 

artedellagioiaMi ha fatto compagnia dall’inizio di quest’anno il romanzo “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza. In 511 pagine l’autrice ci fa vivere con Modesta “una carusa tosta”, che attraversa la storia del Novecento fino agli anni della ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale, in una Sicilia, viva, vitale, sanguigna, umorale come lei. Modesta è sempre affamata di vita, d’amore. Impara a diventare amica generosa,madre affettuosa,amante sensuale, da povera sa diventare ricca,da ignorante sapiente. E non rinuncia mai alla sua essenza di donna, combatte per rimanere se stessa, contro gli uomini e le donne che incontra e la società che la vogliono limitare,costringere. Ama profondamente e con passione uomini e donne ed è sempre capace di ricominciare, coltivando l’arte della gioia, in corsa per il mondo, che la ostacola, ma non la vince, e dal quale spreme ogni possibilità di piacere, senza sottrarsi al dolore e alla perdita. Modesta: una donna vitale e scomoda, potentemente immorale secondo la morale comune.

L’arte della gioia è un romanzo sfrontato, profondo, vitale, pulsante, vero. È un corpo contundente con il quale Goliarda Sapienza intendeva colpire e scuotere dal torpore la società letteraria e intellettuale italiana.

L’arte della gioia è un libro postumo: giaceva da vent’anni abbandonato in una cassapanca e, dopo essere stato rifiutato dai principali editori italiani, venne stampato in pochi esemplari da Stampa Alternativa nel 1998. Ma soltanto quando uscì all’estero – in Francia, Germania e Spagna – ricevette il giusto riconoscimento.

goliarda_sapienzaGoliarda Sapienza è insieme a Sibilla Aleramo la più trasgressiva scrittrice del ‘900. Racconta di lei Dacia Maraini  “Sempre senza soldi, aveva un rapporto col mondo da zingara girovaga e festosa. Continuava a dividersi fra la disperazione e l’entusiasmo. I suoi libri portano l’impronta di una straziata e tenera sicilianità: il suo linguaggio ricco, fastoso, tende ad un lirismo barocco tutto sensualità e dolore”.

Nella vita “scandalosa” di Goliarda non manca il carcere per un furto di gioielli; attrice prima che scrittrice, Goliarda ha lavorato anche per il cinema, da Blasetti a Comencini, da una piccola parte in “Senso” di Visconti ai film di Citto Maselli, di cui è stata compagna per 18 anni, abbandonando poi il mestiere per dedicarsi al romanzo della sua vita.

Una volta diventa ricca, Modesta dice a se stessa: «no, non sarei diventata l’impiegata del mio patrimonio». Durante un dialogo tra uno dei suoi amanti e Modesta si ha l’opportunità di leggere queste battute: «- Tu sei ancora innamorata di quell’uomo! – Non di quell’uomo, Carlo, ma dell’accordo fisico che c’era tra di noi quando facevamo all’amore. – Diventi volgare, Modesta. – Per te tutto quello che è vero è volgare»

«C’è un limite preciso nell’aiutare gli altri. Oltre quel limite, a molti invisibile, non c’è che la volontà di imporre il proprio modo d’essere».

“Ci sono dei libri che ti restano appiccicati addosso. Che penetrano nella tua vita, fin dentro la trama dei pensieri, nelle letture che farai in seguito e filtrano nella tua scrittura, anche contro il tuo volere. “L’arte della Gioia” di Goliarda Sapienza è uno di questi libri”, ha scritto Chiara Mezzaluna. Con lei vi consiglio vivamente di non perdere questa occasione di vita.

Buona Scuola, e poi?

Buona Scuola, e poi? L’orizzonte di senso dell’autonomia    

di Piervincenzo Di Terlizzi

 

Come ha scritto qualche settimana fa su queste colonne Stefano Stefanel, il gallo ha cantato e sta, anzi, ancora cantando: il D.D.L. 2994 sta facendo il suo percorso ed ha causato le reazioni che Stefanel aveva previsto nel suo articolo ed altre ancora, tra le quali forse meno prevista è quella “stagione del pregiudizio”, come l’ha ottimamente definita qui Alessandro Basso, che riguarda soprattutto il ruolo del dirigente scolastico.

Siamo ai primi di giugno, il gallo finirà il suo canto nelle prossime settimane (come, presto si vedrà) e la vita della scuola continuerà, con meno visibilità mediatica di adesso, con parecchie cose su cui riflettere. Saranno di certo settimane e mesi di fibrillazione, in merito a varie questioni che il D.D.L. 2994 tocca: prima di tutto le complesse immissioni in ruolo, poi le modalità di costituzione del così detto organico dell’autonomia.

Con questo arriviamo a una parola che ogni tanto è stata ricordata in queste settimane e che costituisce, in qualche maniera, il termine, l’unità di misura, il convitato silente di tutti i discorsi che vengo fatti: l’autonomia scolastica, appunto, sulla quale qualche giorno fa è tornato sul “Corriere della sera” quello a cui in qualche modo, per ragioni storiche, essa è sempre associata, cioè l’ex ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer.

Come noto, l’autonomia scolastica è cosa del 1999; tuttavia, chiunque prenda in mano il dettato essenziale del D.P.R. 275, non può fare a meno di constatare quanta strada ancora essa ha da compiere e quanto questa strada sia ancora così importante nel contesto storico nel quale siamo.

Poche domande in merito:

  1.  Il piano del offerta formativa è vissuto davvero come un documento che indica l’identità di una scuola in tutte le sue opzioni e diversificazioni, oppure è ancora da qualche parte sentito come una somma di progetti (come nelle descrizioni che ne fa nei suoi libri -ad esempio La scuola spiegata al mio cane e Togliamo il disturbo– Paola Mastrocola)?
  2. Le possibilità di autonomia organizzativa, funzionale, didattica e di ricerca, la costituzione delle reti di scuole, quanta difficoltà effettiva ancora trovano nel percorso di oggi per essere realizzate?
  3. Le relazioni con le complessità territoriali (di sfuggita qui accenniamo alla questione delle implicazioni sulla scuola della riscrittura del Titolo V della Costituzione, nella determinazione delle varie competenze tra Stato e Regioni) quanto sono effettivamente tenute attive e sistemiche da parte dei vari soggetti?

L’autonomia scolastica implica, come noto, un nuovo disegno dei ruoli dentro la vita della comunità scolastica, definendo le competenze “politiche” e quelle di governance. Va da sé che essa porta, quindi, la necessità di rivedere gli organi collegiali e di dare visione di sistematicità (qui sì) al ruolo del dirigente scolastico, da inquadrare con chiarezza nell’assetto della pubblica amministrazione (questione ancora aperta e connessa a sua volta con il percorso del D.D.L.1577). Va appena ricordato che una reale declinazione dell’autonomia conferisce piena ed efficace credibilità anche all’intero assetto del Sistema Nazionale di Valutazione, che mira non tanto al confezionamento di ipotetici rating (questa è, piuttosto, una comoda semplificazione da nostalgici delle pagelle ovunque) quanto, nell’arco del triennio, alla rendicontazione sociale, cioè, appunto, a mettere la scuola – la singola, concreta, pulsante e ben determinata scuola – in grado di dare risposte ed evidenze, orizzonti di senso, ai soggetti, interni ed esterni, che la vivono.

Le difficoltà di tessitura nelle relazioni sociali e istituzionali, proprie di questi tempi, stanno rendendo sempre più evidente l’importanza delle reti di prossimità, come declinazione dell’esercizio della cittadinanza, e dell’autonomia come attivazione inclusiva del senso civico: in questo lavoro di ricomposizione della società glocal, non è eludubile la scelta sul ruolo e la presenza, nelle sue articolazioni, di una scuola autonoma, cioè, prima di tutto, responsabile: il che vuol dire, etimogicamente, capace di risposte – di pensarle, e di formularle.

Il PdL per il miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica

Pericoloso imporre una scelta drastica tra l’essere docente curricolare o di sostegno

di Daniela Boscolo

 

Gentilissimo dott. Nocera,

sono lieta di poter confrontarmi con lei in tema di inclusione scolastica, non prima però di averla ringraziata pubblicamente per essere stato, in tutti questi anni, un riferimento importante e autorevole in tema di disabilità e scuola. Sempre disponibile e competente come nessun altro e penso di esprimere un pensiero condiviso da molti.

Ho letto molte volte la PdL n° 2444 e purtroppo devo confermare alcune mie perplessità, eccetto naturalmente per la formazione obbligatoria iniziale ed in servizio di tutti i futuri docenti, prevista dal documento in esame.

Sin dalla prima lettura, si ha la sensazione che il termine “inclusione” abbia la sola funzione di un effimero belletto che copre un costrutto concettuale spesso contraddittorio.

Si dichiara che scopo di tale proposta è quello di migliorare la qualità dell’inclusione scolastica, soprattutto attraverso il superamento della delega del progetto di inclusione ai soli docenti di sostegno, ma poi l’annunciato “cambiamento epocale” si limita proprio ad un intervento discutibile sulla figura dell’ Insegnante di sostegno consegnando a quest’ultimo di fatto, la responsabilità della qualità dell’inclusione.

Questo concetto viene meglio esplicitato all’art. 6, comma 2 della PdL n° 2444 dove si legge: “I docenti per il sostegno (…)seguono gli alunni loro affidati….”, ma in una scuola inclusiva i ragazzi con disabilità non dovrebbero essere affidati a tutto il sistema scolastico? In che modo tale affermazione aiuta ad eliminare la delega del progetto educativo dei ragazzi con disabilità ai soli docenti di sostegno?

E’ lapalissiano che il “costruire” competenze specifiche significa automaticamente autorizzare e favorire le deleghe.

Questa proposta di legge, non solo propone una preparazione specifica per alcune persone, ma addirittura ruoli diversi, si può quindi parlare ancora di “docenti”?

Più che una proposta di Scuola Inclusiva mi sembra una curvatura verso una maggiore discriminazione, operata attraverso un’inevitabile divergenza di ruoli, funzioni e utenti.

Operare una modifica così drastica sul ruolo del docente di sostegno è una palese dichiarazione di resa: l’inclusione non è possibile.

Tale posizione è condivisa dalla comunità scientifica. Così infatti si esprimeva la Prof.ssa Marina Santi docente Universitaria e rappresentante della SIPeS – Società Italiana di Pedagogia Speciale- nell’audizione parlamentare del 9 aprile 2015 sulla Buona Scuola “A nostro avviso la formazione separata acuisce anziché risolvere il problema dell’isolamento dell’”insegnante di sostegno” minando le fondamenta della prospettiva inclusiva e il valore didattico della compresenza e della corresponsabilità nella classe” (http://webtv.camera.it/evento/7754).

Quando si afferma che bisogna agire in maniera considerevole sul docente di sostegno, perché, nel corso degli anni, ha dimostrato diverse lacune, talvolta incompetenza, bisognerebbe anche specificare a quale tipologia di “docente di sostegno” ci si riferisce: al precario senza esperienza, non abilitato e quindi non specializzato? Al docente curricolare perdente posto e privo di ogni formazione sulla disabilità abbondantemente “usato” in questi anni? Al docente specializzato (ancora molto pochi)? In ogni caso, ripeto, così facendo, si conferma e si dà per scontata l’idea che la qualità dell’inclusione dipenda esclusivamente dal “docente di sostegno”, nonostante le poche ore del suo intervento in classe (9 in media alla settimana) rispetto l’orario scolastico (30/32 ore), annullando, di fatto, le responsabilità altrui.

Lei sostiene che i futuri docenti specializzati, secondo la PdL n° 2444, non potranno più “subire” la delega da parte dei docenti curricolari, non essendo più docenti di alcuna disciplina curricolare. La realtà dei fatti smentisce questa sua affermazione dal momento che, ogni giorno, docenti curricolari, privi di ogni formazione, convinti che il progetto educativo dei ragazzi con disabilità non sia di loro competenza (per “quelli” ci sono i docenti di sostegno altrimenti cosa ci starebbero a fare a scuola?), non hanno alcuna remora a delegare il piano educativo dello studente con disabilità all’Operatore Socio Sanitario (OSS) o all’Operatore per le Disabilità Sensoriali (ODS). Personale sicuramente non docente, spesso in possesso della sola licenza media e di un corso di formazione di 1000 ore. Molti genitori che mi telefonano o mi scrivono si lamentano proprio di questo. Va bene il docente di sostegno, ma non sopportano che, in assenza di quest’ultimo, il progetto educativo del proprio figlio sia in mano a persone prive di ogni competenza didattico-disciplinare. I loro figli hanno diritto, come tutti gli altri ragazzi, di poter esprimere e quindi esercitare le proprie abilità, capacità e competenze ai massimi livelli. Affinché ciò avvenga, oltre ad una vasta preparazione in materia di approcci e metodologie didattiche, il “precettore” deve conoscere bene la disciplina per renderla accessibile.

Molto probabilmente il docente specializzato secondo la PdL 2444, privo di una adeguata preparazione disciplinare, può risultare una soluzione felice agli occhi del genitore di un ragazzo con deficit intellettivo grave, essendo costui molto più interessato, per il proprio figlio, ad un’assistenza socio-relazionale-personale, piuttosto che ad una preparazione disciplinare. Ci si dimentica, in questo caso, che le materie fungono da strumenti di lavoro (la cassetta degli attrezzi) che il bravo docente utilizza per uno sviluppo cognitivo non tanto per un’assimilazione di contenuti “L’educazione tende a sviluppare la sensibilità e la forza della mente”(J. Bruner). Allo stesso modo può andar bene al genitore di uno studente con “pure” disabilità sensoriali (percentuale minima rispetto alle altre disabilità)a cui serve più un “traduttore preparato” che un docente di sostegno competente nelle discipline e in questi casi il docente curricolare è più che sufficiente, basta saperlo interpretare/tradurre. Le figure preposte a tali compiti, però, ci sono già (OSS/ODS), forse bisogna pensare ad una loro maggiore formazione e ad una loro presenza regolare a scuola. L’insegnante di sostegno è altra cosa, a meno che non si stia già pensando ad una sua graduale sostituzione con le figure sopraccitate, perché, come diceva qualcuno con molta esperienza: “ A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”, – aggiungerei: “visto i precedenti”.

Questa, però, è solo una visione parziale e piuttosto personale di ciò che è necessario a scuola per l’inclusione di tutti i ragazzi. Gli studenti con diritto al docente di sostegno presentano Bisogni Educativi Speciali di vario tipo e molti di questi, dal momento che i docenti curricolari non sono formati, hanno bisogno di un docente di sostegno competente sia in didattica speciale che nelle discipline. E’ proprio quando il docente curricolare e il docente di sostegno condividono la stessa preparazione disciplinare che avviene la “magia” dell’inclusione (la medesima competenza aiuta il dialogo e il rispetto reciproco). La lezione frontale lascia il posto ad altre forme di approccio didattico e pedagogico più inclusive e che sfruttano, al meglio, le risorse del gruppo classe come: il cooperative learning, lo scaffolding, a tutti i livelli, e quindi il problem solving, il learning by doing, la peer education. La condivisa autorevolezza, captata in primis da tutti gli studenti, fa sì che il docente di sostegno sia vissuto veramente come una risorsa per tutta la classe (estremamente eterogenea) a cui, secondo la L.104 è affidato (non al singolo ragazzo con disabilità come scritto nella PdL 2444) e non come uno stigma da sopportare con imbarazzo.

Le assicuro, dott. Nocera, che la critica all’abolizione delle aree disciplinari nelle scuole superiori non è frettolosa ma è frutto della mia esperienza in tale ordine di scuola (18 anni di cui gli ultimi 11 su sostegno). Ho visto studenti iniziare il loro percorso con programmazione differenziata ed è stato grazie ad un efficace intervento dei docenti di sostegno, competenti nelle varie discipline di riferimento, in grado di rendere accessibile (non più facile o banale) i contenuti disciplinari favorendo la meta cognizione ed il processo di apprendimento, se, nel corso degli anni, tali studenti hanno raggiunto i livelli di competenza di una programmazione per “Obiettivi Minimi” e hanno conseguito il diploma. Se c’era un problema nell’area tecnico-professionale, cosa che non ho mai sperimentato nel mio istituto, si doveva eventualmente sistemare quel problema e non abolire le aree. Sono convinta, però, che la ragione sia un’altra e che questa non abbia nulla a che vedere con il bene dei ragazzi, ma non è luogo e momento per discutere di ciò.

Imporre una scelta professionale così drastica tra l’essere docente curricolare o di sostegno è molto pericoloso. Quanti opterebbero, all’inizio del loro percorso universitario, per quest’ultima alternativa? Quanti ipotecherebbero il loro futuro sul numero di alunni con disabilità? E se poi scoprissero di non essere fatti per essere docenti di sostegno? Già, perché i buoni propositi poi devono fare i conti con le proprie reazioni nel momento in cui si vive la realtà. Dedicarsi alla disabilità è frutto di un consapevole percorso personale. Ecco perché, qualsiasi forma di costrizione, 5/10 anni, una vita, sono controproducenti, soprattutto per i ragazzi che si troverebbero in balia di persone demotivate e/o deluse dalla scelta fatta e per questo non all’altezza della situazione.

Tra mille dubbi si corre il rischio di trovarsi senza docenti specializzati e allora si ritorna all’utilizzo di personale non adeguatamente formato e il problema non sarebbe risolto.

Lei sostiene che la separazione delle carriere metterebbe fine alla mancanza di continuità. Forse il vero motivo del turnover di questi anni è stato il largo ”uso” di docenti di sostegno non specializzati e precari che difficilmente vengono confermati l’anno dopo e che sono ancora tantissimi. Cinque anni di obbligo sul ruolo di sostegno, prima dell’eventuale passaggio sulla materia, mi sembrano un numero di anni considerevole, un intero ciclo di studi alle superiori. Consideri poi che il passaggio, dopo i cinque anni, non è così automatico come lei descrive. Bisogna vedere se ci sono le disponibilità. Inoltre, se l’ambiente è accogliente e inclusivo (molto dipende dal Dirigente) l’insegnante di sostegno tende a rimanere al suo posto ben oltre i 5 anni, questo glielo posso assicurare.

Ma poi, perché concentrarsi ancora sul docente di sostegno? Perché non sulla continuità del docente di italiano o di matematica? Vogliamo sì o no eliminare questa delega? Vogliamo sì o no una scuola inclusiva?

Se c’è un progetto educativo inclusivo ben delineato non ha importanza se il docente di sostegno cambia, ci sono tutti gli altri insegnanti che sapranno portare avanti tale progetto e includere il nuovo docente di sostegno. Mi sembra che si tenda ad alimentare un rapporto “malato” tra docente di sostegno e lo studente, una relazione disfunzionale come lo sono tutte le relazioni chiuse, che per forza di cose diventano escludenti e non includenti e, soprattutto, creano dipendenza, che non aiuta di certo lo studente ad acquisire né l’autonomia né tanto meno la necessaria competenza relazionale utile al di fuori e dopo la scuola e questo è vitale nella scuola superiore. Questa è una delle ragioni per cui, oltre per rispettare le competenze disciplinari dei docenti di sostegno, nel mio Istituto, un ragazzo, anche il più “grave”, non ha mai un solo docente di sostegno. Ci si dimentica spesso che la scuola, per alcuni ragazzi, è l’unica occasione per coltivare, in un ambiente protetto, la competenza relazionale. Il sapersi confrontare con diverse persone aiuterà poi il ragazzo ad inserirsi più facilmente nella società, e perché no, anche in un contesto lavorativo e le garantisco che i risultati si vedono con grande gioia da parte dei genitori, anche di quelli che all’inizio si dimostravano titubanti. Avere poi più di un docente di sostegno ha sempre minimizzato il problema del possibile turnover e ha garantito la continuità del dialogo Scuola-Famiglia.

Auspico, in nome di una scuola inclusiva senza deleghe, una formazione uguale per tutti gli insegnanti che preveda 60 CFU relativi alle didattiche inclusive. L’insegnante d’italiano deve essere cosciente che nel suo paese c’è una scuola inclusiva, una scuola che prevede ragazzi con disabilità nelle classi “normali” e che, come per gli altri, è lui il responsabile della loro educazione/istruzione.

Per porre fine a frasi tipo:“ Io sono pagata per insegnare matematica ai normali, per gli altri ci sono i docenti di sostegno che sono lì apposta. Se fosse altrimenti, qualcuno mi avrebbe senz’altro avvisata”, oppure per impedire al docente curricolare che, appena vede arrivare il collega di sostegno, avvisa lo studente con disabilità che il suo insegnante è arrivato e che quindi può uscire (poi ci si stupisce che il docente di sostegno dopo 5 anni voglia passare alla sua disciplina) o per evitare che in molte scuole, nonostante i programmi differenziati, alcuni docenti curricolari si rifiutino di insegnare la propria materia agli studenti con disabilità, non vedendone l’utilità e alla fine dell’anno scolastico vengano esposti i cartelloni con valutazioni incomplete, in barba alla legge sulla privacy, non servano ulteriori distinguo.

Penso che una scuola inclusiva abbia bisogno di codocenze, docenti con uguali competenze didattiche e disciplinari, che applichino le strategie di una didattica inclusiva, che sappiano insieme gestire complicate situazioni in contesti estremamente eterogenei e quindi molto complessi. Senz’altro un merito la direttiva sui BES l’ha avuto, quello di evidenziare l’eterogeneità delle classi italiane. E’ facile parlare di didattica individualizzata/personalizzata, difficile è attuarla senza risorse. Non bastano i PEI/PDP che, senza personale competente, rimangono semplici adempimenti burocratici, delle mere “prescrizioni” che nessuno trasformerà in concrete “cure”.

La codocenza, limitata alle classi con ragazzi con disabilità e/o in generale “complesse” dal punto di vista didattico (presenza di diversi BES anche non certificati in base alla L.104), per un monte orario settimanale adeguato e misurato a seconda delle necessità, è la risposta di una scuola inclusiva. Quindi non più docenti di sostegno, ma “classi rinforzo”, con doppi docenti curricolari che sappiano rispondere a tutti i bisogni educativi speciali, incluse le eccellenze.

Alla scuola dell’Infanzia e Primaria non c’è alcun problema dal punto di vista dei contenuti disciplinari, per la secondaria di 1° e 2° grado le discipline in cui intervenire con codocenze sarebbero decise in base ai bisogni educativi dei ragazzi, rilevate attraverso il PAI. Il personale per l’autonomia potrebbe risultare determinante in tal senso.

Smettiamola poi di dare dei furbetti ai docenti di sostegno solo perché, attraverso ulteriore studio e uno sforzo economico non indifferente, si sono creati delle opportunità lavorative in più rispetto agli altri. All’estero questo sarebbe considerato merito e competenza aggiuntiva, riconosciuti con stipendio maggiore (in effetti così è). Solo in Italia ciò non è apprezzato anzi, al contrario, crea fastidio. Nel nostro paese, invece, va benissimo e non crea sdegno il fatto che alcuni ruoli fondamentali e delicati siano occupati da persone senza titolo e preparazione, per cui si è sempre permesso che docenti non specializzati o comunque incompetenti, nonostante una normativa precisa, insegnassero su posti di sostegno e che molti docenti curricolari non abbiano alcuna formazione pedagogico-didattica. Questo all’estero non è permesso. Le regole in altri paesi sono chiare e sono rispettate.

Per concludere quindi, prima di pensare a cambiamenti drastici, ricordiamoci che esiste una legge, la L.104 che già esclude le deleghe visto che assegna i docenti di sostegno alle classi non ai singoli studenti con disabilità. Se nel corso degli anni si è arrivati a comportamenti scorretti in materia di integrazione/inclusione scolastica questo è dovuto non tanto alla mancanza di normativa, ma ad una sua non applicazione o ad una applicazione scorretta grazie a deroghe e interventi fatti sicuramente non nell’interesse degli studenti. Forse sarebbe sufficiente osservare e quindi rispettare quanto già previsto dalla normativa vigente e provvedere, finalmente, alla formazione obbligatoria per tutti. Se non si è in grado di far ciò, si ritorni chiaramente, senza giri di parole e, soprattutto, senza prendere in giro alcuno, alle scuole/classi speciali.

Questo dott. Nocera è il mio pensiero, condivisibile o meno ma sincero.

Con rispetto


 

La separazione delle carriere è pericolosa se…

di Salvatore Nocera

 

Desidero ringraziare la prof Daniela Boscolo per le sue parole di stima nei miei confronti e per la pacatezza delle sue osservazioni critiche alla PdL .A.C. n. 2444 fish-fand sul miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica.

Ho l’impressione che purtroppo il dibattito si sia in questi ultimi mesi concentrato esclusivamente sull’aspetto della separazione delle carriere del sostegno e dei docenti curricolari, senza guardare all’impostazione generale della PdL.Infatti la stessa prof Boscolo , all’inizio del suo intervento conviene con noi circa la bontà della previsione della nostra pdL dell’lobbligo di formazione iniziale ed in servizio dei futuri docenti sulle didattiche inclusive. Però poi tralascia questo aspetto per concentrarsi su quello della separazione delle carriere che lei ritiene , giustamente dal suo punto di vista, pericolosa.Ma il punto è proprio qui: occorre, per comprendere il senso della PdL, collegare la formazione dei docenti curricolari con la specializzazione dei docenti per il sostegno in modo da comprendere il senso della separazione delle carriere.

Concordiamo la professoressa ed io sulla necessità di abolire la delega che di fatto si è realizzata da parte di molti docenti curricolari, specie di scuola secondaria, ai soli docenti per il sosstegno. A mio avviso , che sono stato tra i primi a denunciare questo perverso fenomeno, tale delega è dovuta proprio all’assoluta mancanza di preparazione dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive, a causa della quale non sono in grado di trasmettere i loro apprendimenti disciplinari agli alunni con disabilità particolarmente gravi. D’altra parte a partire dal 1986, quando furono introdotte le specializzazioni polivalenti, i corsi di specializzazione hanno sempre meno curato le didattiche speciali per ciechi e sordi ( prima fortemente studiate nei corsi monovalenti ) e non hanno introdotto notevole attenzione alle didattiche speciali per nuovi alunni con disabilità che sempre più spesso si inserivano per integrarsi nelle scuole, come alunni con Sindrome di Down, di autismo, di disabilità intellettive gravi. Questo secondo fenomeno combinandosi col primo ha fatto si che molti alunni con disabilità venissero abbandonati sia dai docenti curricolari che da quelli per il sostegno; è comprensibile quindi perché alcuni genuitori abbiano preferito e preferiscano ai docenti per il sostegno assistenti per l’autonomia e la comunicazione, come tiflologi, interpreti gestuali per i sordi segnanti, comunicatori per i sordi oralisti, esperti ABA per gli autistici; questi , pur non avendo competenze didattiche, riescono a comunicare con gli alunni con particolari disabilità e riescono a trasmettere ( non insegnare ) qualcosa, tenendo così impegnati in certo modo gli alunni.

Sono pochi i docenti specializzati che, avvalendosi della loro abilitazione nelle discipline curricolari, hanno offerto risposte accettabili agli alunni con gravi disabilità come quelle indicate sopra. La maggioranza, anche se specializzata, non riesce a comunicare e quindi ad insegnare con questi alunni. A ciò si aggiunga quanto denunciato sia dalla Professoressa che da molti di noi e cioè la presenza di docenti assegnati al sostegno senza specializzazione ( perché mancano quelli specializzati ) e di docenti anche specializzati ma precari che non consentono una continuità didattica , importante specie per alunni con gtravi disabilità intellettive e relazionali.

A questo punto noi delle associazioni abbiamo cominciato a proporre delle soluzioni per superare questi gravissimi disagi ed abbiamo pensato che una possibile soluzione potesse trovarsi nel pretendere una formazione iniziale ed obbligatoria in servizio sulle didattiche inclusive da parte di tutti i futuri docenti curricolari, in modo da avere un minimo di limnguaggio comune coi colleghi specializzati e contemporaneamente un maggiore approfondimento , durante la specializzazione, delle didattiche speciali per saper comunicare didatticamente ( e non solo materialmente come possono fare gli assistenti ) con gli alunni con le disabilità più gravi.

Se si realizzano contemporaneamente queste due condizioni la soluzione ai guasti denunciati potrebbe avverarsi. Infatti i docenti curricolari dovrebbero indirizzare i propri insegnamenti anche agli alunni con disabilità della propria classe e questi insegnamenti potrebbero finalmente essere veicolati tramite i docenti specializzati che divengono così dei mediatori esperti nelle specifiche didattiche inclusive. Così, se per un versosono indispensabili i docenti curricolari detentori del sapere disciplinare,   lo sono altrettanto i docenti specializzati profondi conoscitori delle didattiche speciali senza le quali i saperi non giungono agli alunni con disabilità più gravi.

Si obietta però che se tutti i docenti curricolari fossero contemporaneamente anche docenti specializzati e competenti nelle singole didattiche inclusive, i problemi sarebbero risolti. Però non è chi non veda come questa ipotesi, astrattamente ipotizzabile, cozza con la realtà. Infatti , se ancora, dopo tanti anni, non siamo riusciti a formare bene circa centomila docenti specializzati, vien da chiedersi come sarebbe possibile in breve tempo ( o anche in un tempo più lungo ) specializzare, non in modo general-generalista, circa ottocentomila docenti curricolari.

La soluzione che è stata realizzata sino ad oggi della cattedra di sostegno congiunta a quella curricolare, non ha risolto , per i motivi sopra detti, il problema; anche le quattro aree disciplinari inventate per le scuole superiori hanno lasciato più problemi aperti di quanti si sperava di risolvere. Infatti in ogni area disciplinare sono comprese numerose discipline curricolari; l’area tecnologica addirittura ne comprende oltre trenta. In tale ipotesi come si può avere la certezza che nominando un docente di quell’area si individui quello con l’abilitazione alla disciplina oggetto degli studi dell’alunno con disabilità?In più questa suddivisione in aree creava numerosi contenziosi tra docenti con punteggi minori che venivano preferiti ad altri di altre aree con punteggi maggiori perché ritenuti più idonei per la loro area, che troppo spesso veniva assegnata senza fondate argomentazioni didattiche.A ciò si aggiungano gli abusi dell’utilizzo strumentale della specializzazione che anche la Professoressa riconosce.Infine le aree favorivano la presenza di più docenti per il sostegno attorno allo stesso alunno, con gravi complicazioni psicologiche specie per gli alunni con gravi disabilità intellettive e relazionali.

Come si vede la materia è assai complessa e le soluzioni non sono agevoli. Noi ne abbiamo prospettata uuna ; altri , come la Professoressa Boscolo, ianes, il comitato dei docenti bisvalenti etc, altre.

La Professoressa osserva che la separazione delle carriere è pericolosa; noi delle associazioni riteniamo che lo sarebbe se non vi fosse la contemporanea formazione iniziale ed obbligatoria in servizio sulle didattiche inclusive da parte dei docenti curricolari. Inoltre, nelle scuole secondarie manca attualmente qualunque possibilità di programmazione dei consigli di classe, come avviene nelle scuole primarie. Proprio per facilitare il dialogo didattico tra docenti curricolari e quelli specializzati per il sostegno con particolari approfondimenti nelle più importanti didattiche inclusive, la nostra PdL prevede anche nelle scuole secondarie l’obbligo di alcune ore mensili di programmazione dei singoli consigli di classe.

La nostra proposta infine con la separazione delle carriere, oltre che instaurare fin dall’inizio degli studi universitari, una scelta professionale certa come avviene per tutti i docenti, favorisce la continuità didattica almeno per i docenti specializzati, che è assai importante specie per gli alunni con disabilità intellettive e relazionali che sono oltre il 75% di tutti gli alunni con disabilità presenti nelle scuole comuni.Inoltre con la separazione delle carriere i docenti specializzati non diverrebbero una protesi a vita ( come talora capita ora con la delega ) degli alunni con disabilità, poiché dovranno occuparsi della loro inclusione coi compagni della classe e quindi non saranno trasformati in una coppia fissa ma rimangono aperti al dialogo didattico con tutti gli alunni che, ai sensi degli art 2,4 e 6 del dpr n. 122/09, valutano circa i livelli di inclusione raggiunti come stabiliti dall’art 12 comma 5 l.n. 104/92, espressamente richiamato dal dpr citato.

Sarà invece assai importante, se venisse accolta la nostra proposta, che le associazioni dei docenti di pedagogia e didattica riescano a formulare ottimi contenuti dei moduli formativi per la formazione iniziale di tutti i futuri docenti, per la nuova specializzazione dei docenti per il sostegno e dei corsi ricorrenti di aggiornamento obbligatorio in servizio per tutti i docenti con particolare attenzione agli alunni con disabilità che di anno in anno si troveranno nella propria classe.

E’ vero che i docenti per il sostegno sono assegnati alla classe; ma lo è nella misura in cui essi sappiano includere gli alunni con disabilità in essa, cioè a farli interloquire coi docenti curricolari e dialogare coi compagni; attualmente non sempre ciò avviene; anzi avviene sempre più raramente.

Sarebbe pure importante che, in caso di approvazione della nostra proposta, miigliorata con l’apporto di chiunque, gli attuali docenti specializzati vogliano accettare di entrare nei ruoli per il sostegno separati dalle cattedre curricolari, cosa che di fatto già molti fanno, anche senza ruoli appositi, perché ciò garantirebbe una valida continuità professionale ed un esempio per i nuovi.

Con questo mio scritto non ho l’intenzione e tanto meno la pretesa di voler convincere i critici della nostra PdL della sua bontà; mi sono sforzato di chiarire il perché delle nostre posizioni, dal momento che circolano molte informazioni errate.

Ringrazio la prof Boscolo per avermi offerto, tramite Orizzontescuola l’opportunità di chiarire il mio pensieroche, ovviamente, è liberamente discutibile.

NON FAVOREVOLE AL BLOCCO DEGLI SCRUTINI

L’FSI SCUOLA NON FAVOREVOLE AL BLOCCO DEGLI SCRUTINI: NON DEVE ANDARE A CARICO DEI DOCENTI UNA CATTIVA AMMINISTRAZIONE DEL GOVERNO E UNA GESTIONE DISCUTIBILE DA PARTE DEI CONFEDERALI

Ad avviso del vice coordinatore FSISCUOLA Regis Anna Maria, il blocco degli
scrutini reca solo un danno ai docenti.  Come contemplato dall’accordo in
vigore sull’attuazione della legge n. 146/2000 allegato al CCNL/1999 e nel
successivo accordo Miur sui servizi essenziali minimi del personale ATA dell’8
ottobre 1999, non è consentito il blocco degli scrutini per le classi
conclusive dei cicli di istruzione e, negli altri casi, il loro svolgimento,
non deve essere differito per non più di cinque giorni rispetto alla scadenza
programmata della conclusione.
Si chiede poi, quale sia la ratio dello sciopero, giacché i docenti saranno
costretti a lavorare il sabato e la domenica giorno festivo, senza nemmeno
avere retribuzione doppia, per recuperare l’ora di sciopero dovuta per gli
scrutini e già trattenuta in busta paga. Insomma nessun effetto a carico degli
studenti che potrebbero vedere i risultati solo qualche giorno dopo. L’UNICO
DANNEGGIATO SARA’ DUNQUE SOLO IL DOCENTE
Continua dicendo che è ora, che la categoria dei docenti inizi a portare in
piazza i veri problemi della scuola. Lo Stato prima di mettere mano ad una
riforma qualitativa deve risolvere gli annosi problemi del mondo della scuola
che sono  :
1. L’equiparazione degli stipendi alla media Europea, preso atto che è ora che
la professionalità dei docenti sia degnamente pagata.
2. Una seria formazione in servizio, NO a una formazione tra pari, i docenti
possiedono molte competenze che non sono certo frutto di formazioni statali ma,
che vengono da una formazione maturata con il proprio sacrificio economico. SI
a una formazione da parte delle Università ed Enti di ricerca educativa.
3. La dotazione da parte dello Stato di materiale necessario allo svolgimento
del proprio lavoro di PC carta penna ecc.  Quale dipendente pubblico porta a
scuola il suo pc si collega con la linea di casa per assolvere alle varie
incombenze ( registri on –line ).
4. Reperibilità di spazi adeguati all’interno della struttura per le attività
proprie del docente (Sala professori)
5. Esatta quantificazione delle ore svolte e ferma opposizione al sistema
forfettario che mortifica i docenti.
6. Esatta quantificazione delle ore destinate per la correzione e preparazione
degli elaborati, colloquio individuale genitori, riunioni ASL che ora si
effettuano fuori dell’orario di lavoro.
7. Corresponsione delle ore in cui si è obbligati a scuola per la vigilanza di
alunni in attesa dell’arrivo del genitore.
8. Istituzione della vice dirigenza non essendo più tollerabile che il Vicario
della scuola, ora chiamato Collaboratore del Dirigente, continui a sostituirlo
e ad assolvere per nome e per conto dell’Istituzione Scolastica  numerosi
incarichi; paradossale la sostituzione del Dirigente scolastico da parte dell’
ex Vicario, in estate durante le sue ferie, senza esserne il legale
rappresentante e senza riconoscimento delle funzioni superiori, in palese
contrasto con la normativa vigente.
9. Garantire al docente di lavorare in un ambiente sicuro e a norma come
prescritto dal D. Lgs 81/2008.
Infine, afferma che questi siano i punti su cui dovrebbero riflettere i
senatori, prima di accingersi a esaminare il DDL scuola approvato alla Camera,
e soprattutto dovrebbero riflettere sul fatto che una riforma della scuola deve
essere condivisa dagli operatori: docenti e personale ATA che, tutti i giorni,
nonostante le molteplici difficoltà in cui si trovano a operare, permettono
allo Stato di garantire il diritto allo Studio a tutti gli studenti . Si
meraviglia inoltre, che queste annose problematiche non siano oggi, più che
mai, messe in luce e affrontate dai sindacati rappresentativi.

Riforma, il governo prende tempo

da ItaliaOggi

Riforma, il governo prende tempo

Sono 4 gli emendamenti dei relatori su 1960 depositati. Puglisi (Pd): partita aperta. Sulle modifiche decisive atteso nuovo round con Renzi

Alessandra Ricciardi

I relatori e il governo per il momento non scoprono le carte. Le modifiche di peso ci saranno nei prossimi giorni, dicono rumors di Palazzo Madama, dopo un faccia a faccia tra i sindacati e il premier Matteo Renzi che poi vedrà i parlamentari del gruppo. Le nuove indicazioni dovrebbero confluire in un maxiemendamento. Il tutto richiederà una settimana, forse dieci giorni, di tempo in più sulla tabella di marcia prevista per l’ok del senato. A ieri, termine fissato in commissione istruzione per gli emendamenti, le proposte di modifica al ddl di riforma della scuola erano 1960, di queste 4 a firma dei relatori, Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap). Si tratta di sostanziali riscritture degli articoli 1,2,3 e 8, che fanno chiarezza sull’impianto e recano alcune novità, a partire dalla reintroduzione delle riserve per le prossime immissioni in ruolo. Delusi quanti si aspettavano di vedere già messe nero su bianco le aperture che sono giunte dall’esecutivo alle richieste di associazioni e sindacati. Dalla chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti, su cui la posizione di Renzi è sempre stata in verità restia a ogni ipotesi di cambiamento, all’esclusione di genitori e studenti dal nucleo di valutazione, i giochi sono rinviati. La linea però è chiara: a dispetto del calo dei consensi alle regionali, sulla riforma si va avanti.

«Altre modifiche ci saranno, aspettiamo di vedere le proposte che sono giunte dai gruppi», spiega la Puglisi. Che dovrà fronteggiare soprattutto le richieste che giungono dalla minoranza interna, al senato assai più insidiosa che alla camera vista l’eseguità dei voti di maggioranza di cui gode la compagine governativa.

Le proposte di modifica sono arrivate copiose non solo dalle opposizioni, il M5s ne ha presentate 620 che vanno dall’eliminazione della chiamata diretta alla cancellazione degli albi territoriali degli insegnanti, ma dallo stesso Pd che ha superato quota 300. Si va dalla reintroduzione della carta dello studente nei principi direttivi alla delega al governo sul diritto allo studio per finire con un chiarimento sulle norme per la valutazione dei dirigenti scolastici e sul sistema nazionale di istruzione, dal ruolo dell’Invalsi a quello degli ispettori. La minoranza del partito ha ripresentato le richieste di modifica già avanzate nel corso del dibattito alla camera, in primis la maggior tutela per i docenti di seconda fascia delle graduatorie di istituto. Ben 290 gli ordini del giorno.

La commissione istruzione tornerà a riunirsi già domani «con due sedute alle 14,30 e alle 21», dice il senatore del Pd Andrea Marcucci, presidente della stessa commissione, che conferma l’obiettivo di fare presto e bene. Ma uno slittamento di almeno una settimana per il varo finale alla camera della riforma, dal 15 giugno al 22, pare ormai inevitabile. Con la conseguenza che le assunzioni potrebbero decorrere non dal primo settembre ma dal 15 del mese. Se tutto va bene.

Sindacati in campo su merito, assunzioni e chiamata diretta

da ItaliaOggi

Sindacati in campo su merito, assunzioni e chiamata diretta

In audizione al senato: no a una riforma non condivisa

Emanuela Micucci

Stop alla chiamata diretta degli insegnati da parte del preside, via il licenziamento dei docenti che hanno raggiunto i 36 mesi di servizio. Trasformare la stabilizzazione dei precari in un piano triennale di assunzioni per tutti coloro che hanno maturato i requisiti. Eliminare la presenza di genitori e studenti nel comitato di valutazione. Questi i punti fermi sul ddl Buona Scuola ribaditi, giovedì, dai 5 sindacati più rappresentativi della scuola alla Commissione istruzione del Senato. «Cinque ore di interventi, e tutti di segno negativo per una riforma che», sottolinea il segretario generale della Cisl Scuola Francesco Scrima, «non trova il consenso di nessuno e della quale sono stati sviscerati tutti gli aspetti che non vanno».

Tuttavia, «ci sono ancora i tempi per una più ampia condivisione» sul provvedimento, ricorda ai parlamentari il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. «Con questo testo, per molti aspetti confuso e contraddittorio, si prefigura un inizio d’anno scolastico a settembre all’insegna della confusione, del conflitto, del contenzioso», aggiunge Massimo Di Menna, leader della Uil Scuola. Il ddl, prosegue il numero uno della Uil scuola, «introduce un sistema di valutazione unico in Europa con super poteri del dirigente, con la presenza di genitori e studenti, senza riferimento alle competenze tecnico professionali necessarie».

Gli insegnanti, ha sottolineano i sindacalisti, non rifiutano di essere valutati, ma chiedono una valutazione seria, con risorse economiche che nel Ddl mancano, un nucleo competente e indipendente di ispettori formati ma oggi appena 70. «La chiamata diretta – osserva Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – viola palesemente la Costituzione e provocherà la perdita di titolarità della cattedra, esponendo i neo assunti con incarico triennale al rischio di non avere il rinnovo del contratto nella scuola dove hanno insegnato per tre anni e di finire in un ambito territoriale, magari costretti a lavorare a molti chilometri lontani da casa, soltanto perché ‘non graditi’ dal dirigente scolastico». «Diverso sarebbe il discorso – nota Scrima – se riferito a particolari profili la cui disponibilità fosse richiesta da specifiche e peculiari ‘curvature’ del piano dell’offerta formativa» e, alla luce del nuovo organico dell’autonomia, per i posti che richiedano «personale in possesso di particolari e specifiche competenze»: l’assegnazione della sede potrebbe avvenire con precedenza per i soggetti che ne sono in possesso e che lo documentino nel loro curriculum in un «negoziato» tra preside e insegnate secondo modalità definite in ambito contrattuale.

Il Ddl poi, secondo la Fcl-Cgil, «interviene su una serie di materie oggetto di contrattazione nazionale e/o decentrata: dalla mobilità del personale, al salario accessorio e anche al trattamento economico tout court durante il periodo di formazione e apprendistato». Per il segretario generale dello Snals Confsal Marco Paolo Nigi «inaccettabile è anche la previsione che ‘per l’adozione dei regolamenti, dei decreti e degli atti attuativi della presente legge’ non è richiesto il parere dell’organo collegiale consultivo nazionale della scuola di cui si sono svolte recentemente le elezioni», cioè il Consiglio superiore della pubblica istruzione. E denuncia la definizione dell’organico dell’autonomia condizionata dal vincolo «nel limite delle risorse finanziarie disponibili» e «l’esclusione dalla legge di interi segmenti del personale scolastico», con riferimento agli Ata e ai docenti della scuola dell’infanzia.

Addio al contratto nazionale

da ItaliaOggi

Addio al contratto nazionale

È l’effetto del combinato disposto delle deleghe della riforma della scuola e della pa. Anche l’orario di lavoro e le retribuzioni fissate per legge

Carlo Forte

Il contratto collettivo nazionale di lavoro va in pensione. Dopo l’approvazione del disegno di legge sulla scuola da parte del senato, prevista per i primi di giugno, il governo potrà regolare tutto il rapporto di lavoro dei docenti e del personale Ata tramite dei semplici decreti legislativi. I decreti potranno riguardare non solo la parte strettamente normativa (orari di lavoro, permessi e assenze) ma anche le retribuzioni. È quanto si evince dall’articolo 22 del disegno di legge 1934, approdato in senato il 22 maggio scorso e attualmente all’esame della settima commissione.

Mentre i docenti continuano a protestare per la cancellazione dei diritti alla titolarità della sede e contro l’introduzione del superpreside, la parte più insidiosa del disegno di legge sta passando pressocché inosservata. Quella cioè che, cancellando la contrattazione collettiva, consente al governo, unilateralmente, di imporre condizioni peggiorative del rapporto di lavoro, senza che nessuno possa evitarlo. I sindacati hanno lanciato l’allarme già da tempo. Ma l’attenzione della categoria e dei media resta ancora focalizzata su questioni, certamente ansiogene, ma sicuramente marginali rispetto a ciò che sta per accadere.

È ormai chiaro che la contrattazione sulla mobilità si ridurrà a poche regole per gli spostamenti da un ambito territoriale ad un altro. Sempre che il governo non decida di regolare anche questa materia per decreto. Così come pure l’aumento di 50 ore annue delle attività funzionali all’insegnamento, tramite la formazione obbligatoria. Ma la questione fondamentale è un’altra.

Attraverso l’esercizio delle deleghe, che stanno per essere conferite al governo dal parlamento, l’esecutivo potrà modificare unilateralmente le condizioni di lavoro. E stando a quello che si legge nell’articolo 22 del disegno di legge, il governo intende farlo anche nella delicata materia delle retribuzioni. Il dispositivo prevede, infatti, che le retribuzioni (e l’orario di lavoro ad esse collegato) dei docenti apprendisti saranno interamente regolate per decreto. Idem per quanto riguarda le retribuzioni del personale che lavora nelle scuole italiane all’estero. Da qui alla cancellazione della contrattazione collettiva sul rapporto di lavoro di docenti e Ata il passo è breve.

Del resto,il processo di decontrattualizzazione del rapporto di lavoro parte da lontano: dal 2009 con la legge 15. Che ha tolto alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare le norme di legge. A questa norma è stata data attuazione con il decreto legislativo 150/2009, che ha previsto la sostituzione delle clausole contrattuali difformi con le norme di legge con cui contrastano. Il contesto normativo disegnato dal precedente governo aveva fortemente limitato gli spazi di manovra del tavolo negoziale. Ma aveva lasciato un ampio margine di trattativa sulle retribuzioni. Che rimanevano di stretta competenza della contrattazione collettiva e, con essa, l’orario di lavoro. Il governo in carica, invece, intende avocare a sé il potere di rivedere tutta la normativa che regola il rapporto di lavoro nel pubblico impiego, scuola compresa. Ciò attraverso lo smantellamento del decreto legislativo 165/2001, la cui fine è prevista espressamente nel progetto di legge 3098, attualmente al vaglio del senato.

In tale progetto vi sono delle disposizioni che conferiscono al governo una delega in bianco, per riscrivere completamente il testo unico del pubblico impiego. E dunque, mettendo in fila le deleghe previste nel progetto di legge 3098 e nel disegno di legge 1934, viene fuori un nuovo contesto caratterizzato dalla rilegificazione del rapporto di lavoro e dalla conseguente cancellazione delle tutele contrattuali. Ciò vuol dire che, nei prossimi anni, le regole che riguardano i lavoratori del pubblico impiego, docenti e Ata compresi, non saranno più scritte a 4 mani dai rappresentanti dell’amministrazione e dei lavoratori, ma saranno mera espressione unilaterale del datore di lavoro.

Ddl Scuola, presentati 1.960 emendamenti. Commissione al lavoro da mercoledì

da La Tecnica della Scuola

Ddl Scuola, presentati 1.960 emendamenti. Commissione al lavoro da mercoledì

Il Movimento 5 Stelle ha presentato ben 620 richieste di modifiche del disegno di legge. Il governo ha ribadito l’apertura a modificare il provvedimento ricordando che dovrà però essere approvato in tempo utile per il prossimo anno scolastico (entro il 15 giugno).

Sono stati presentati quasi 2mila emendamenti (1960 per l’esattezza) al disegno di legge di riforma della scuola di cui sono relatori Francesca Puglisi (Partito Demcratico) e Franco Conte (Area Popolare)

I lavori della Commissione continueranno da mercoledì 3 giugno. Gli ordini del giorno depositati sono 290. Il termine per la presentazione scadeva oggi alle 14. Dopo il ciclo di audizioni che si è svolto mercoledì 27 e giovedì 28 maggio, a partire da mercoledì 3 giugno avrà luogo in commissione la discussione generale, alla quale seguirà l’illustrazione e il voto degli emendamenti che potrebbe iniziare già venerdì 5. Parallelamente tra mercoledì e giovedì il ddl verrà esaminato da diverse commissioni: V (Bilancio), VI (Finanze), XI (Lavoro), XII (Sanità), XIV (Politiche Europee). Sono rimandate invece alla settimana successiva, e quindi a partire dal 9 giugno, le sedute delle seguenti commissioni: I (Affari costituzionali), III (Affari esteri), VIII (Lavori pubblici), IX (Agricoltura), X (Industria).

Da segnalare che il numero più elevato di emandamento è stato presentato dal Movimento 5 stelle, con 620 richieste di modifica. Seguono il Pd con 334, Sel con 226, Fi con 208, Ap con 152 e, infine, la Lega con 111 emendamenti. Sarà la presidenza della commissione Istruzione del Senato a scremare le richieste, quando si pronuncerò sulle ammissibilità.

Seri rischi per le assunzioni

da La Tecnica della Scuola

Seri rischi per le assunzioni

C’è chi chiede lo stralcio delle assunzioni, ma su questo punto il Governo non sembra intenzionato a mollare. Il rischio è grave: potrebbe saltare l’intero piano di immissioni in ruolo.

Stralciare le assunzioni dal disegno di legge e far approvare in tempi strettissimi un decreto dalla presidenza del Consiglio dei ministri: è l’extrema ratio per evitare che le 100mila immissioni saltino per i tempi troppo stretti.

Queste le perplessità che hanno mosso Andrea Marcucci (PD), presidente della VII Commissione Istruzione, a chiedere al Governo di trasmettere alla Commissione “una nota ufficiale recante l’indicazione puntuale dei tempi tecnici necessari per garantire, entro l’inizio del prossimo anno scolastico, la completa attuazione del piano straordinario di assunzioni previsto dall’articolo 10 del disegno di legge”.

Qual è in effetti il reale pericolo? Semplice. Che, a causa dei tempi strettissimi, si possa assistere a un mero turn over per il 2015 e a un rinvio per le altre immissioni al 2016. Pericolo confermato, come annunciato in un nostro articolo, dal fatto che sono stati presentati ben 1960 emendamenti al DdL, e che solo il Movimento 5 Stelle ha avanzato 620 richieste di modifiche.

Si profila un iter frenetico e funambolesco tra la votazione degli emendamenti, dopo la scrematura da parte della Presidenza della Commissione Istruzione del Senato, e l’esame da parte delle diverse commissioni.

Dal canto suo il governo ha ribadito l’apertura a modificare il provvedimento, con la clausola che dovrà però essere approvato in tempo utile per il prossimo anno scolastico (entro il 15 giugno).

Insomma probabilmente ha ragione il M5S quando sostiene che bisogna scorporare il gioco delle assunzioni dalla riforma della scuola. Ne beneficerebbero sia le une sia l’altra. D’altro canto: le promesse e tanto sbandierate 100mila assunzioni valgono un esame sommario del provvedimento e l’approvazione di una riforma da più parti definita scellerata?

Eppure assunzioni e riforma, poiché il Ddl è un tutt’uno inscindibile (sono parole del Governo), continuano a camminare a braccetto, in barba a qualunque dissenso della piazza, innamorate come non mai…

Risolto il “tototema” agli esami di Stato: studiare

da La Tecnica della Scuola

Risolto il “tototema” agli esami di Stato: studiare

Dante, Pirandello, Expo, la prima guerra mondiale, la Resistenza e la liberazione. Ma anche l’Isis; e poi gli sbarchi dei profughi e perfino la riforma della scuola di Renzi-Giannini

Nello stesso tempo partono i sondaggi e i desiderata dei ragazzi, che si uniscono a quelli dei loro prof anche per non dire che l’anno scolastico è passato invano. Ma almeno qualche argomento si potrà azzeccare? Sicuro!  Ma quale? Ecco, questo è il problema: quale?

Pirandello? È probabile, anche perché è atteso: aspettando Pirandello, si direbbe con Beckett; ma Dante, sull’altra sponda  dell’Acheronte, ricorda che quest’anno è il suo anniversario: per me si va nella Città dolente. E allora chissà? Tuttavia oltre il Limbo, dentro l’inferno più fondo,  c’è l’Isis, i terroristi oltranzisti, cupi e vigliacchi e che stanno distruggendo vestigia antiche, culture millenarie come la tolleranza e la democrazia, e uccidendo uomini: ci sarà posto, oltre che all’inferno, anche per loro tra gli argomenti degli esami di stato?

Può essere, ma sulle trincee della guerra vigliacca anche l’Europa ha da dire la sua. Quest’anno infatti cade l’anniversario dell’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale contro gli Imperi centrali a fianco di Francia e Inghilterra per completare, così si diceva, il risorgimento. Si apre allora un altro fronte che non è solo quello storico ma anche quello dei contenuti: siamo preparati?

E infatti se gli studi fatti a scuola sono come quelli condotti per l’Expo di Milano, da parte del Governo e dagli organizzatori, qualche pericolo si potrebbe paventare, visto pure che in fatto di previsioni e di formulazioni di riforme, e della scuola in particolare, le cose non vanno tanto bene;  vedi lo stupore che, dovendo stupefare tutti i docenti, stupefece solo i promotori del “riciclo” di certe riforme, fatte però nella convinzione di avere inventato chissà cosa e invece ci hanno lasciato tutti di stucco.

Quale sarebbe allora l’unico pronostico per affrontare bene gli esami di stato? Studiare e studiare, stando in primiera, nel senso di tenere in mano tutte le carte possibili per sbattere  l’asso sul tavolo, o sulla cattedra, al momento opportuno e proprio per non essere colti impreparati. Se non del tutto, almeno parzialmente.

Nel DdL una “trappola per i docenti di ruolo”

da La Tecnica della Scuola

Nel DdL una “trappola per i docenti di ruolo”

“L’ultimo periodo del comma undici nasconde una trappola per i docenti di ruolo”. A leggere con molta attenzione il testo del DdL, afferma l’on. Silvia Chimienti durante la discussione alla Camera del DdL, si scoprono cose interessanti quanto inquietanti.

Che cosa viene infatti previsto dall’art. 8, comma 11? Che dal 2016/17 il regime della mobilità docente opererà in ambito territoriale. In pratica dal 2016 anche i docenti di ruolo soprannumerari potranno transitare negli ambiti territoriali, finendo in quel tritacarne che al momento andrebbe a regime per i neoassunti. Dunque incarichi triennali rinnovabili dal dirigente, possibilità di andare a fare i tappabuchi e tante altre meraviglie.

In sostanza finirà per pagare gli effetti della riforma anche chi insegna già da decenni.

Ma la questione non riguarda solo i docenti. Tagli mascherati sono in arrivo anche per gli ata che devono temere, con il comma 10, un ulteriore accorpamento delle segreterie. La parola magica è “rete di scuole”, una sonata di cui si parla da tempo ormai immemorabile. Dopo i numerosi accorpamenti degli anni precedenti, con la creazione degli istituti comprensivi, dimensionamenti che hanno gettato nel caos le segreterie e costretto gli operatori agli straordinari. Con il comma 10 si apre la strada a ulteriori dimensionamenti e significativi aggravi di compiti per il lavoratori.

Tremino dunque anche gli Ata e i docenti di ruolo, mala tempora currunt…

 

Emendamenti a quota 1960

da tuttoscuola.com

Emendamenti a quota 1960
620 proposti dal M5S, oltre 300 dal Pd, ma solo 4 dai relatori

E’ scaduto oggi nel primo pomeriggio il termine per la presentazione degli emendamenti al ddl scuola in Commissione Istruzione al Senato. Fatti i conti gli attesi 1000 emendamenti alla fine si sono quasi raddoppiati.

Le richieste di modifica depositate negli uffici della Commissionesono ammontano infatti a 1.960.  Arrivano in prevalenza da gruppi di opposizione – il M5s ne ha presentati 620 -, ma non solo. Quelli a firma Pd superano infatti quota 300.

Come relatori – precisa però Francesca Puglisi (Pd), relatrice del testo assieme a Franco Conte (Ap) – ne abbiamo presentati quattro in particolare che riscrivono gli articoli 1 (oggetto e finalita’), 2 (autonomia scolastica), 3 (percorso formativo degli studenti) e 8 (organico dell’autonomia). L’obiettivo è garantire maggiore chiarezza al testo ed evitare interpretazioni poco precise”.

Invece, aggiunge Puglisi, “la minoranza del partito ha ripresentato le richieste di modifica già avanzate nel corso del dibattito alla Camera“.

Tra le novità su cui si andrà a discutere, dice Puglisi, ci sono l’introduzione della carta dello studente nei principi direttivi alla delega al Governo sul diritto allo studio e un chiarimento sulle norme per la valutazione dei dirigenti scolastici e del sistema nazionale di istruzione.

Oltre agli emendamenti, sono stati presentati anche 290 ordini del giorno.

La discussione generale sul ddl scuola in Commissione Istruzione al Senato comincerà mercoledi’ nel primo pomeriggio.

Il Miur ufficializza le modalità dello sciopero scrutini

da tuttoscuola.com

Il Miur ufficializza le modalità dello sciopero scrutini
Un’ora nei primi due giorni secondo il calendario di ogni scuola

Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato la proclamazione ufficiale dello sciopero degli scrutini indetto dai sindacati contro la riforma della scuola varata dal governo.

I sindacati Flc Cgil, Snals, Cisl, Uil, Gilda hanno proclamato “lo sciopero breve di un’ora per tutto il personale docente, educativo e ATA delle scuole di ogni ordine e grado per i primi due giorni stabiliti dai calendari dei singoli istituti per l’effettuazione degli scrutini“.

Lo sciopero sarà così articolato.

Personale docente: attività funzionali all’insegnamento relative alle operazioni di scrutinio finale ad esclusione di quelle relative alle classi terminali solo nei casi in cui gli scrutini siano propedeutici agli esami conclusivi dei cicli di istruzione.

Lo sciopero breve di un’ora si effettuerà per tutti gli scrutini di ciascuna delle classi non interessate agli esami conclusivi del ciclo, a partire dal primo giorno di effettuazione degli scrutini e fino al secondo giorno successivo alla data iniziale prevista dal calendario di ciascuna scuola.

Personale ATA: prima ora del turno antimeridiano e ultima ora di servizio del turno pomeridiano, nel primo e secondo giorno degli scrutini come calendarizzati da ciascuna scuola, garantendo le operazioni di scrutinio finale relative alle classi terminali.

Personale educativo: prima ora di attività educativa del turno antimeridiano e ultima ora di attività per il turno pomeridiano nel primo e secondo giorno degli scrutini come calendarizzati da ciascuna scuola (sempre garantendo le operazioni relative alle classi terminali).

Personale docente della scuola dell’infanzia: prima ora di lezione del turno antimeridiano e ultima ora di lezione per il turno pomeridiano del primo e secondo giorno in cui sono previsti nel proprio istituto gli scrutini finali in base al calendario programmato da ciascuna scuola.

Lo sciopero riguarda anche il personale in servizio nelle scuole all’estero.

Effetto elezioni sulla riforma

da tuttoscuola.com

Effetto elezioni sulla riforma
La Lega chiede il ritiro dl ddl

Il premier Renzi ha ribadito fino all’ultimo che l’esito delle elezioni regionali non avrebbero avuto conseguenze sul Governo, ma l’opposizione, invece, a elezioni avvenute cerca di trarne qualche vantaggio.

La Lega Nord, ad esempio, forte del successo ottenuto presenta il conto su una delle principali azioni dell’Esecutivo: la riforma della scuola.

«Renzi prenda atto del crollo di consensi e ritiri il disegno di legge sulla scuola.

È chiaro, infatti, che il capo del Governo ha perso la fiducia di un settore fondamentale per la ripresa del Paese come l’istruzione. A dimostrazione che cambiare solo per cambiare, senza preoccuparsi della qualità del cambiamento, non paga… Anche se hai in mano la comunicazione e sulle riforme racconti il contrario di quello che fai».

Questo il commento al voto delle regionali di Mario Pittoni, responsabile federale Istruzione della Lega Nord. «Inaccettabile in particolare – spiega Pittoni – che una riforma battezzata “Buona scuola” non premi per le assunzioni gli insegnanti più formati ed esperti, limitandosi a svuotare (peraltro senza riuscirci) una singola graduatoria. Inaccettabile anche la rinuncia a criteri oggettivi per scegliere chi può insegnare, oltre che per l’assegnazione dei premi ai più meritevoli. Affidandosi agli “umori” del preside, si apre la strada a clientele e “interferenze” malavitose, trasferendo alla scuola problemi di cui già soffre l’università».