S. Nocera e N. Tagliani, La normativa inclusiva nella nuova legge di riforma sulla “buona scuola”

La casa editrice Key ha pubblicato l’instant book

 

La normativa inclusiva nella nuova legge di riforma sulla “buona scuola”

di Salvatore Nocera e Nicola Tagliani

 

L’OPERA

noceraTrattandosi di una legge appena pubblicata, la cui interpretazione non è ancora sorretta dal supporto di interpretazioni giurisprudenziali, abbiamo tentato di effettuarne una lettura a caldo, basandoci sull’esperienza quotidiana di consulenza a famiglie, dirigenti scolastici e docenti ed operatori di associazioni, enti ed istituzioni territoriali, realizzata presso la sezione legale (Nocera) e psicopedagogica (Tagliani) dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down).

Abbiamo voluto offrire nel primo capitolo una mappa di lettura dell’ampia materia ammassata informalmente nei 212 commi dell’unico articolo di cui si compone la legge; ciò al fine di avvicinare i lettori a prendere confidenza con una materia tanto vasta e varia.

Nel secondo capitolo abbiamo evidenziato le principali novità normative introdotte, cercando di accennare al clima culturale e politico in cui tali novità sono state imposte, anche se con qualche compromesso, dal Governo.

Nel terzo capitolo ci siamo concentrati sull’analisi dei possibili contenuti del decreto delegato che la legge prevede debba essere emanato sulla revisione della normativa inclusiva. In applicazione dei principi contenuti nella delega, sono state ipotizzate delle soluzioni, de jure condendo, applicative degli stessi che riteniamo possano migliorare la qualità inclusiva delle scuole italiane, sperando che esse trovino una qualche udienza negli estensori istituzionali dei contenuti del decreto delegato.

Il nostro lavoro espositivo ed interpretativo mira a facilitare l’utilizzo della nuova legge di riforma da parte non solo degli operatori della scuola, ma anche delle famiglie e degli operatori delle organizzazioni del Terzo Settore, al quale la legge fa continuo riferimento, per ottenerne la collaborazione per le attività durante l’apertura pomeridiana delle scuole, durante le vacanze e per l’alternanza scuola-lavoro, fortemente volute dal legislatore.

Anche gli operatori del diritto potranno trovare spunti utili per l’applicazione delle norme contenute nella riforma e nei numerosi decreti applicativi e saremo grati a quanti vorranno fornirci interpretazioni diverse dalle nostre. Se così fosse, saremo lieti di aver positivamente contribuito, con le nostre piccole forze, al dibattito sulla riforma della “buona scuola”.

 

INDICE

Capitolo Primo: OPPORTUNITÀ DI UNA MAPPA DELLA LEGGE

 

Capitolo Secondo: LE NOVITÀ DELLA LEGGE

  1. Rafforzamento dell’autonomia scolastica – 2. Piano triennale dell’offerta formativa – 3. L’organico dell’autonomia – 4. I nuovi poteri del dirigente scolastico – 5. La valutazione dei docenti – 6. Immissioni in ruolo – 7. Obbligo di formazione in servizio – 8. Nuove possibilità per gli studenti. – 9. Benefici economici per le iscrizioni alle scuole paritarie – 10. L’edilizia scolastica – 11. La copertura finanziaria

 

Capitolo Terzo: IL DECRETO DELEGATO SULL’INCLUSIONE SCOLASTICA

  1. Nuove specializzazioni per i docenti per il sostegno – 2. Appositi ruoli per il sostegno – 3. Livelli essenziali – 4. Indicatori per l’autovalutazione e la valutazione – 5. Profilo di funzionamento – 6. Revisione degli organismi territoriali – 7. aggiornamento obbligatorio per dirigenti e docenti – 8. aggiornamento obbligatorio per collaboratori e collaboratrici scolastiche – 9. Istruzione domiciliare – 10. Altre rare norme sull’inclusione

 

Conclusioni

Scuola, caos presidi: “Ne mancano 1700 e i vicari non sono esonerati dalle lezioni”

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, caos presidi: “Ne mancano 1700 e i vicari non sono esonerati dalle lezioni”

L’allarme delle organizzazioni sindacali, mentre dal governo si prende tempo. La riforma approvata in extremis rende complicata anche la gestione delle nuove assunzioni. Preoccupazione per gli scioperi già in programma per i primi giorni di settembre

Maturità, l’anno dei superbravi. E nella corsa al 100 rivincita del Nord

da Repubblica.it

Maturità, l’anno dei superbravi. E nella corsa al 100 rivincita del Nord

Crescono gli studenti al top, calano i bocciati. A Milano raddoppiate le pagelle con lode

SALVO INTRAVAIA

Maturità in discesa per gli studenti italiani. Più studenti al top e meno sessanta. Secondo i primi dati provenienti dalle grandi città, nei tabelloni della maturità si contano più studenti modello, meno diplomati col punteggio minimo  –  60 sessantesimi  –  e meno bocciati. Un verdetto che quest’anno si profila tutto a favore dei ragazzi. Soprattutto al Nord. A Milano e provincia, i dati pubblicati dall’Ufficio scolastico regionale raccontano di un boom di 100 e lode, quasi raddoppiati rispetto all’anno scorso, di più diplomati con 100 centesimi e voti in generale più alti.

Più cervelloni anche a Bologna, dove si contano anche meno bocciati, e pochi voti bassi anche nella Capitale, dove però le lodi scarseggiano. Risultati in linea con gli anni precedenti in Campania, a Palermo invece sono quasi spariti i bocciati mentre rispetto a 12 mesi fa si contano più diplomati con 100 centesimi o con 100 e lode. In passato, gli esiti della maturità hanno innescato una polemica a distanza tra le scuole meridionali, dove i voti sono sempre stati più alti, e quelle settentrionali, di manica meno larga. Ma quest’anno gli studenti settentrionali sono riusciti a prendersi una rivincita.

Ragazzi più bravi o prof più generosi? Secondo diversi presidenti di commissione “gli insegnanti, durante l’anno, hanno finalmente iniziato a usare tutta la scala dei voti da uno a dieci, come dovrebbe essere”. E dal ministero dell’Istruzione arriva una sostanziale conferma dei primi dati che emergono dalle aree metropolitane. “Secondo le prime rilevazioni, non ancora completate  –  spiegano da viale Trastevere  –  contiamo un leggero aumento degli studenti diplomati con 100 e lode e con 100 centesimi. E si profila anche un calo di ragazzi che hanno conseguito il diploma con 60 centesimi”.

“Non è facile parlare senza i dati definitivi in mano  –  commenta Francesco Ferrante, di Almalaurea  –  ma l’exploit di 100 e 100 e lode al Nord potrebbe essere una omogeneizzazione dei criteri di valutazione in tutto il Paese. Faccio invece fatica a pensare che presidenti di commissione e professori abbiano voluto compensare il trend degli anni passati delle regioni meridionali. Penso piuttosto che il sistema scuola sia più efficiente e tenda ad anticipare la selezione agli anni precedenti l’ultimo”.

“Bocciare meno alla maturità  –  aggiunge Giorgio Rembado, presidente dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi  –  dovrebbe essere la regola. Mentre sui cento e le lodi mi preoccupa maggiormente la corrispondenza fra il voto e la preparazione finale dello studente. Il voto di diploma dovrebbe essere utilizzato per l’accesso alle facoltà a numero programmato e dalle aziende per la selezione del personale. Ma sappiamo che non è così. Fino a quando il voto non sarà un elemento

predittivo della preparazione  –  conclude Rembado  –  non avverrà mai. Ma per questo occorrerebbe rivedere completamente l’impianto della maturità, che al momento serve soltanto a garantire la norma costituzionale”.

Invalsi, il boicottaggio del Sud

da Corriere della sera

Invalsi, il boicottaggio del Sud

Il test di valutazione scolastica rifiutato da due licei su tre Tra gli istituti tecnici in Sicilia solo uno su 10 ha svolto la prova

Sarà come una carta di identità senza la fotografia. Chi la potrebbe considerare valida? Le scuole italiane del Centrosud si sono rifiutate in grandissima parte di farsi fotografare dall’Invalsi lo scorso maggio. E la prima carta di identità delle scuole, quel rapporto di autovalutazione (Rav) che avrebbe dovuto essere pronto a luglio ed è già slittato a settembre, in queste regioni resterà fortemente incompleto, insomma per molte scuole inattendibile.Che il «boicottaggio» delle prove Invalsi avesse raggiunto e superato il 20 per cento su base nazionale si sa da maggio, ma i dati pubblicati la scorsa settimana hanno scattato la fotografia della débâcle delle prove in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia.
Il record negativo spetta alle scuole siciliane. Analizzando i numeri delle prove che si sono svolte nelle seconde superiori si legge: Sicilia, partecipazione 11,6 (licei) 10,0 Istituti tecnici, 6,5 istituti professionali. Poco meglio la Puglia (2 licei su 5 e 1 istituto tecnico su 6) e la Campania (1 liceo su tre e 1 istituto tecnico su 6) «È fallito il dato censuario — spiega Annamaria Ajello, presidente dell’Invalsi che solo lo scorso anno poteva celebrare un dato eccezionale, oltre il 98 per cento delle scuole avevano sottoposto i ragazzi al test di valutazione dell’apprendimento — avremo un buco in molte regioni per il 2015, ma stiamo lavorando per avere statistiche attendibili». Come? I funzionari del Miur che hanno compilato il rapporto spiegano che «mediante opportune tecniche statistiche, che saranno oggetto di uno specifico approfondimento metodologico che l’Invalsi pubblicherà entro dicembre, sono stati ricalcolati i pesi delle scuole nelle regioni con alti tassi di astensione in modo che la rappresentatività nazionale fosse garantita», insomma si sono rivolti all’Istituto nazionale di Statistica per cercare di mettere una pezza.
Ma che cosa è successo quest’anno? «Sicuramente la protesta per l’approvazione della riforma che in quei giorni era molto forte — spiega Ajello — ma non basta a spiegare tutto: anche nel Nord ci sono state proteste ma gli insegnanti non hanno usato l’Invalsi». Resta un’eccezione Roma, che con l’alta astensione — soprattutto degli istituti professionali — abbassa fortemente anche la media del Lazio (meno di un istituto su tre ha fatto i test).
Secondo gli esperti del ministero che hanno studiato i dati uno per uno, le scuole che non partecipano «sono quelle i cui allievi hanno sistematicamente risultati più bassi, dove il contesto socioeconomico è meno favorevole e nelle quali l’anno passato si sono registrati comportamenti opportunistici», cioè si copiava di più. È probabile che poiché quest’anno i risultati cominciano ad essere resi pubblici anche scuola per scuola, i professori abbiano preso le loro contromisure. E c’è da immaginare che l’introduzione della valutazione e dei criteri di merito (duecento milioni), che la nuova legge sulla scuola affida ai presidi per premiare gli insegnanti, non sarà una passeggiata: intanto in tutte queste scuole non potrà essere usato come criterio la valutazione delle competenze. Si aggiunga che la sperimentazione appena conclusa dal Miur sulla Valutazione (riforma Gelmini) ha evidenziato che l’idea di essere valutati per un premio non migliora di per sé l’apprendimento anche se rende le scuole più organizzate e che solo un preside su tre ha prontamente usato i soldi-premio per la sua scuola, circa 100 mila euro. Come? Quasi la metà li ha distribuiti a pioggia, gli altri li hanno usati per comprare computer. «Nella scuola non c’è la cultura del premio individuale — spiega Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli che ha pubblicato un rapporto sulla sperimentazione — che genera più competizione che collaborazione. Ma soprattutto, se il sistema non sarà in grado di fornire dati affidabili, la valutazione e i premi diventano velleitari».

Riforma, ancora una richiesta referendaria per cassarla

da La Tecnica della Scuola

Riforma, ancora una richiesta referendaria per cassarla

Stavolta l’artefice è il comitato nazionale ‘Leadership alla scuola’, che ha depositato in Cassazione il quesito per abrogare in toto “La Buona Scuola”. I cittadini interessati possono aderire, entro il 25 settembre, nei Comuni e attraverso banchetti posti in tutta Italia. Presto sarà tutto spiegato in un portale. Coinvolte anche Rsu e sindacati della scuola.

Contro la riforma della scuola, è ormai è un pullulare di ricorsi e richieste di referendum. A poche ore fa da quello presentato da Pippo Civati, assieme ad altri sette, il 17 luglio è stata la volta del comitato nazionale ‘Leadership alla scuola’: l’organismo ha reso noto di aver depositato in Cassazione il quesito referendario per ”abrogare in toto la riforma sulla scuola del governo Renzi votata in via definitiva dalla Camera il 13 luglio scorso”.

“Domani – riferiscono i promotori, quindi sabato 18 luglio – sarà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la richiesta referendaria che tutti i cittadini italiani potranno sottoscrivere negli uffici comunali di tutti i Comuni italiani”.

Il movimento referendario annuncia che oltre che presso i Comuni i cittadini avranno la possibilità – entro il 25 settembre – di sottoscrivere la richiesta di referendum presso appositi banchetti che saranno allestiti in tutto il territorio nazionale. L’installazione dei punti di raccolta firme sarà curata dai referenti del movimento che creeranno comitati locali in tutti i Comuni. Tra le iniziative in programma un portale appositamente allestito che consentirà ai promotori del referendum ”di riconoscersi in questo spazio virtuale in modo da favorire i contatti sul territorio, la collaborazione e l’organizzazione di comitati territoriali e scolastici”. E ancora, ”reti di comunicazione in tempo reale realizzate attraverso social network (facebook), mailing list, applicazioni mobili (whatsapp)”.

Per i promotori del referendum l’unico ”merito di Renzi è quello di aver ideato una riforma della scuola tanto nefasta da far ritrovare insieme, indipendentemente dalle differenziazioni politiche e sindacali, le migliori energie dell’attuale scenario culturale e della scuola italiana”.

Il comitato ha mandato un invito ufficiale alle Rsu, alle segreterie provinciali, regionali e nazionali dei sindacati della scuola, chiedendo loro di assumere la guida e il coordinamento dell’iniziativa referendaria avviata.

Solo una considerazione: anche alla luce dell’avvio di diverse iniziative referendarie parallele, non sarà facile raggiungere mezzo milione di firme in poche settimane.

Riforma, il M5S invita tutte le regioni a fare ricorso: la scuola non è un’azienda!

da La Tecnica della Scuola

Riforma, il M5S invita tutte le regioni a fare ricorso: la scuola non è un’azienda!

I parlamentari ‘grillini’: l’iniziativa veneta conferma che l’autonomia scolastica e l’alternanza scuola lavoro, spacciate da Renzi come una grande rivoluzione, in realtà erano già presenti nel nostro ordinamento e per funzionare avevano semplicemente bisogno di risorse fresche.

Dopo il Veneto, anche le altre regioni devono ribellarsi alla riforma e chiederne l’annullamento di alcune parti non costituzionali della riforma dell’istruzione pubblica italiana: lo chiedono i parlamentari M5S delle Commissioni Cultura Camera e Senato, per i quali “la riforma della scuola vacilla ancor prima che venga messa in atto. Il ricorso sollecitato dall’Assessore all’Istruzione della Regione Veneto, infatti, potrebbe aprire un fronte in grado di far crollare pezzo per pezzo questo scellerato provvedimento”.

Attraverso una nota congiunta, i parlamentari ‘grillini’ sostengono ce “l’iniziativa veneta conferma ciò che il M5S ha sempre sostenuto: che l’autonomia scolastica e l’alternanza scuola lavoro, spacciate da Renzi come una grande rivoluzione, in realtà erano già presenti nel nostro ordinamento e per funzionare avevano semplicemente bisogno di risorse fresche. Il governo, invece, ha deciso di scardinare questo sistema per trasformare la scuola pubblica nella brutta copia di un’azienda, ignorando le esperienze di ‘buona scuola’ già naturalmente presenti sul territorio”.

“Invece della sbandierata autonomia, questa riforma impone al Paese l’esatto contrario, cioè un centralismo burocratico che parte e si sviluppa dal ministero. Ora faremo in modo che quello Veneto non rimanga un caso isolato, i nostri consiglieri si batteranno affinché anche nelle altre regioni partano i ricorsi”, concludono i parlamentari del M5S.

Ricordiamo che in Veneto, Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione e alla formazione, ha “bollato” la riforma della scuola come “una prova dichiarata di centralismo, perché cancella le graduatorie di immissione in ruolo su base territoriale ed espropria le regioni delle competenze garantite dall’articolo 116 della Costituzione: da qui il progetto del ricorso, che nei prossimi giorni verrà formalizzato.

La proposta di Civati rischia di “spaccare” il movimento

da La Tecnica della Scuola

La proposta di Civati rischia di “spaccare” il movimento

L’accusa arriva dalla presidenza della Assemblea nazionale riunitasi a Roma il 12 luglio scorso. Se il tentativo di Civati dovesse fallire – questa è la preoccupazione – il movimento anti-legge 107 rischiererebbe di sparire dalla scena

La decisione di Pippo Civati di proporre un referendum abrogativo della legge 107 sta provocando non pochi problemi nello schieramento anti-Renzi che si è di fatto costituito in questi mesi.
I più accesi nelle critiche a Civati sono coloro che fanno parte delle organizzazioni che il 12 luglio scorso hanno sottoscritto a Roma il documento conclusivo della Assemblea nazionale alla quale hanno preso parte tra gli altri Unicobas, Comitati a sostegno della LIP, Flc-Cgil.
La proposta del 12 luglio, infatti, prevedeva di rinviare al 6 settembre prossimo ogni decisione in merito al referendum; anche perchè le firme andranno raccolte e depositate entro il prossimo 30 settembre, scadenza non facile da rispettare.
Ma la presidenza della Assemblea nazionale del 12 luglio, intervenuta proprio oggi, sottolinea anche questioni di merito: il quesito referendario proposto da Civati riguarda infatti quasi esclusivamente la questione dei poteri del dirigente, mentre a Roma i problemi emersi sono stati molti altri (finanziamento alle paritarie, disparità di trattamento fra Ata e docenti nella assegnazione delle sedi, scarse garanzie per la libertà di insegnamento).
A rincarare la dose è intervenuta sempre oggi anche Marina Boscaino che dal suo blog “rimprovera” Civati dicendogli apertamente: “Caro Civati, così non si può”.
Al leader del nuovo movimento “Possibile” viene addebitato il fatto di trascurare un po’ troppo le conseguenze di un eventuale risultato negativo dell’intera operazione.
Se il referendum non andasse a buon fine o se, addirittura, non si riuscisse neppure a mettere insieme 500mila firme per poterlo realizzare le conseguenze per il movimento anti-legge 107 potrebbero essere pesantissime.
Un chiarimento potrebbe arrivare però proprio nelle prossime ore da Firenze dove sta iniziando il Politicamp promosso da Possibile e nel corso del quale Civati dovrebbe intervenire proprio sulla questione referendaria.

Comunicato Corte Suprema di Cassazione (GU 18.7.15, n. 165)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE COMUNICATO

Annuncio di una richiesta di referendum popolare (15A05656)

(GU Serie Generale n.165 del 18-7-2015)

Ai sensi degli articoli 7 e 27 della legge 25 maggio 1970 n. 352, si annuncia che la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, in data 17 luglio 2015, ha raccolto a verbale e dato atto della dichiarazione resa da 14 cittadini italiani, muniti dei certificati comprovanti la loro iscrizione nelle liste elettorali, di voler promuovere una richiesta di referendum popolare, previsto dall’art. 75 della Costituzione, sul seguente quesito:
Volete voi che sia abrogata la legge del 13/7/2015 n. 107 “RIFORMA DEL SISTEMA NAZIONALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE E DELEGA PER IL RIORDINO DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE VIGENTI” (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 162 del 15/7/2015)?
Dichiarano di eleggere domicilio presso l’Avvocato Marco Tronci – Via Sabotino n. 22 – 00195 Roma.