L’agricoltura sociale è legge

L’agricoltura sociale è legge

La XIII Commissione Agricoltura della Camera ha definitivamente approvato le nuove “Disposizioni in materia di agricoltura sociale” (Atto della Camera 303).

Si tratta di una norma che riconosce il valore di buone prassi già funzionanti nel nostro Paese e che ne premia la responsabilità sociale verso lavoratori con disabilità o comunque svantaggiati.

La stessa definizione di “agricoltura sociale” sembra descrivere esperienze significative già in atto che vanno dall’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e svantaggiati inseriti in progetti di riabilitazione sociale alle attività sociali di servizio per le comunità locali usando le risorse, materiali e immateriali, proprie dell’agricoltura.

Ma vi sono ricordati anche i servizi “terapeutici” con l’ausilio di animali o la coltivazione delle piante ed infine l’educazione ambientale e alimentare rivolta a tutti, la salvaguardia della biodiversità animale (fattorie sociali e didattiche).

“È un ambito a cui ci piace riferirci perché è strettamente legato anche alla qualità dell’ambiente oltre che ad un’imprenditorialità moderna, sensibile e sostenibile. Una norma che apre strade e progettualità, ma soprattutto che riconosce valori ed esperienze.” commenta l’approvazione Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

Ora l’iniziativa passa alle Regioni, agli Enti locali e agli enti pubblici. Le Regioni, in particolare, nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale, potranno promuovere specifici programmi per la multifunzionalità delle imprese agricole, con particolare riguardo alle pratiche di progettazione integrata territoriale e allo sviluppo dell’agricoltura sociale.

Chi gestisce mense scolastiche e ospedaliere potrà prevedere come criterio di priorità nelle forniture la provenienza dei prodotti da operatori di agricoltura sociale.

Gli enti pubblici territoriali potranno dare in concessione, a titolo gratuito, anche agli operatori dell’agricoltura sociale i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata.

“Vista l’attenzione alle persone con disabilità faremo il possibile per promuovere la diffusione concreta della nuova norma. È una risorsa in più che vogliamo sia valorizzata in funzione dell’inclusione sociale.”

CERTIFICAZIONE UNIVOCA PER GLI AUTORI DEI LAVORI SCIENTIFICI

ARRIVA IN ITALIA LA CERTIFICAZIONE UNIVOCA PER GLI AUTORI DEI LAVORI SCIENTIFICI

 

Nato dalla collaborazione tra ANVUR, CRUI e CINECA, il progetto I.R.ID.E. consentirà ai ricercatori italiani di dotarsi facilmente del codice di identificazione internazionale ORCID (Open Researcher and Contributor ID) utile anche per la prossima VQR (Valutazione della Qualità della Ricerca)

In occasione dell’avvio del progetto di Valutazione della Qualità della Ricerca VQR 2011-2014, l’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca (ANVUR), la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) e il Consorzio Interuniversitario CINECA hanno lanciato il Progetto I.R.ID.E. (Italian Reserch IDentifier for Evaluation), che consentirà di dotare anche i ricercatori italiani del codice di identificazione internazionale ORCID (Open Researcher and Contributor ID).

ORCID risponde all’esigenza, molto sentita dalla comunità della ricerca, di collegare in modo univoco ogni ricercatore ai propri prodotti di ricerca (articoli, brevetti, citazioni, esperimenti, ecc…) indipendentemente dal settore disciplinare e dai confini nazionali. L’adozione di ORCID consentirà di evitare errori e ambiguità di attribuzione in diversi ambiti: nella paternità degli articoli pubblicati dalle riviste scientifiche, nella richiesta di finanziamenti, nella registrazione di brevetti e anche negli esercizi di valutazione nazionali e di ateneo.

L’assegnazione del codice ORCID, già ampiamente utilizzato a livello internazionale, consentirà quindi di superare gli innumerevoli problemi incontrati in passato da ANVUR, dalle Università, da CINECA e dai singoli ricercatori, nell’interrogazione delle banche dati bibliometriche.  Nel nostro Paese le difficoltà (omonimie, modifiche, abbreviazioni diverse per il prenome o traslitterazioni da sistemi di scrittura diversi, solo per citarne alcuni) sono acuite dalla mancata attuazione dell’Anagrafe Nazionale della Ricerca (in teoria introdotta per legge nel 2009) e all’incompletezza delle basi di dati delle pubblicazioni oggi esistenti.

Al progetto I.R.ID.E prenderanno parte 70 Università e quattro centri di ricerca italiani. L’obiettivo è di consentire inizialmente a tutti i ricercatori del Sistema Accademico nazionale di poter accedere in modo semplice al registro ORCID, coinvolgendo in un secondo momento anche gli studenti del dottorato di ricerca e gli assegnisti di ricerca. L’intero processo dovrebbe chiudersi entro il 2016.

La prossima valutazione della qualità della ricerca (VQR 2011-2014) è un’ ottima occasione per utilizzare questa buona pratica per la gestione dei prodotti della ricerca anche nel sistema accademico italiano. Ad oggi, dei 400.000 ricercatori che parteciperanno alla VQR solo 33mila dispongono già di un ID ORCID” ha dichiarato Stefano Fantoni, Presidente ANVUR. “Ci impegniamo per far sì che le operazioni standard siano completamente gratuite per chi ne usufruisce”.

Il Progetto  IRIDE costituisce un passo fondamentale per rendere la valutazione della ricerca in Italia più semplice e, nel contempo, più affidabile. Contribuirà inoltre alla costruzione di quella Anagrafe nazionale della ricerca prescritta da una legge del 2009” ha dichiarato Sergio  Benedetto, membro del Consiglio Direttivo ANVUR, già coordinatore della VQR 2004-2010  e coordinatore della VQR 2011-2014 appena partita.

Su mandato di ANVUR e CRUI, a metà giugno CINECA ha siglato un accordo con il registro internazionale ORCID (Open Researcher and Contributor ID), allo scopo di realizzare un risparmio economico per gli atenei e gli enti di ricerca italiani, svolgendo il ruolo di facilitatore tecnologico nell’ambito della prossima VQR: in collaborazione con ANVUR e CRUI, infatti, CINECA realizzerà il software operativo per l’attuazione del progetto I.R.ID.E.

Siamo orgogliosi di continuare a supportare il sistema accademico nazionale con le nostre competenze e infrastrutture” ha commentatoEmilio Ferrari, Presidente CINECA. “L’implementazione di ORCID è parte delle attività che caratterizzano il ruolo di servizio del Consorzio nei confronti della comunità della ricerca”.

Lo sforzo iniziale richiesto ai singoli ricercatori è minimo, e consiste nel controllo e nella verifica dei dati identificati dal CINECA. ANVUR, CRUI e CINECA s’impegnano a far sì che l’operazione comporti il minor aggravio possibile per tutti i ricercatori coinvolti.

“L’Università italiana procede verso una sempre maggiore integrazione internazionale e si attrezza affinché la valutazione sia piena ed efficace. Speriamo che l’Esecutivo ne tragga spunto per il rilancio di una comunità che in questi anni ha solo dato. E non solo in termini di controllo ed efficienza” ha dichiarato Stefano Paleari, Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane.

 

Cosa è ORCID

ORCID è un codice d’identificazione alfanumerico dei ricercatori che confluisce in un registro gratuito, aperto e indipendente gestito a livello internazionale dall’omonima organizzazione no-profit (http://orcid.org). I dati riportati nel registro non sono sensibili (nome, cognome, email e istituzione d’appartenenza) e sono quindi interrogabili anche da terzi. Il registro, lanciato il 16 ottobre 2012, punta a diventare lo standard de facto per l’identificazione degli autori di pubblicazioni scientifiche. I ricercatori in possesso di ORCID, oggi, sono circa 1,3 milioni in tutto il mondo.

A livello nazionale lo hanno già adottato Danimarca, Finlandia, Portogallo, Regno Unito e Svezia. È stato inoltre raccomandato dal sistema australiano. Tra le istituzioni che inizialmente hanno promosso ORCID compaiono editori, associazioni scientifiche e atenei tra cui: American Physical Society, California Institute of Technology, CrossRef, Elsevier, Nature Publishing Group, Thomson Reuters e Wellcome Trust.Attualmente tra i maggiori sostenitori ci sono: American Association for the Advancement of Science (AAAS), American Chemical Society, Cambridge University Press, arXiv, CERN, Microsoft Research, MIT Libraries, Oxford University Press, PLOS, Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) e Springer.

Lo spazio/tempo, lo sviluppo, l’apprendimento

Lo spazio/tempo come condizione primaria per i processi di sviluppo/crescita e apprendimento

di Maurizio Tiriticco

  
Ottime le considerazioni di Agostina Melucci a proposito della progettata costruzione e/o ricostruzione degli edifici scolastici (edscuola del 4 agosto). Ottimi i rinvii a studi che in tal senso ci hanno fornito Piero Bertolini e, più recentemente, Maria Grazia Contini e Vanna Iori. Quanto le coordinate spazio/temporali condizionino i nostri comportamenti e, in misura assai rilevante, gli atteggiamenti e i comportamenti dei soggetti in età evolutiva, è noto a chi insegna: forse meno noto ai tanti architetti che hanno costruito gran parte delle nostre scuole. Nella seconda metà dell’Ottocento, in seguito alla finalmente conseguita Unità nazionale, furono varati due obblighi, quello scolastico e quello militare. E non fu un caso che caserme e scuole di nuova costruzione obbedissero a criteri analoghi: ampi e lunghi corridoi che consentivano l’accesso ad aule o a camerate, in genere tutte eguali. In effetti, non faceva poi eccessiva differenza l’obbedire al frustino del tenente o alla bacchetta del maestro. O tempora o mores! Occorreva far presto per costruire un Paese che potesse concorrere con potenze europee di più antica costituzione.

Da quegli anni è trascorso più di un secolo. Abbiamo abolito la leva militare e abbiamo, invece, incrementato l’obbligo di istruzione: la società della conoscenza richiede competenze sempre più elevate, nonostante la crisi che oggi investe l’intero mondo del lavoro. In parallelo, abbiamo “imparato” tante cose circa lo sviluppo/crescita e l’apprendimento. Sappiamo che un nuovo nato, subito dopo il “grido” con cui ci annuncia il suo ingresso nel mondo, comincia la sua faticosa marcia per conquistarlo e farlo proprio: e i processi di assimilazione, accomodamento e adattamento, di cui ci parla Piaget, garantiscono la lunga e faticosa marcia per il successo.

Lungo l’asse e il piano orizzontali dello spazio il nuovo nato costruisce, e non con poca fatica, i suoi rapporti fisico-sensomotori: può cominciare a vedere e ad ascoltare, solo se luci, colori, immagini, suoni, stimolano la sua capacità visiva e auditiva. Comincia a toccare e ad afferrare: sono i primi passi del futuro prendere e maneggiare. Infine conquisterà la posizione eretta e imparerà a gestire i primi campi del suo spazio vitale. I cosiddetti cinque sensi sono un insieme di facoltà che solo con il contatto diretto e attivo con l’ambiente e i suoi stimoli “si accendono” e si sviluppano, almeno per il primo anno di vita e/o poco più. Il corpo non è tanto l’oggetto che appare, quanto un insieme di movimenti intelligenti, attivi e produttivi, via via sempre più articolati e organizzati. Il corpo – o meglio lo schema corporeo – viene di fatto “costruito”, momento dopo momento, attività dopo attività, dal nostro nuovo arrivato.

Lungo l’asse verticale del tempo il nuovo nato costruisce e memorizza le sue prime ed essenziali conoscenze. E il faticoso sviluppo del linguaggio ne è la spia: prima la conquista delle parole essenziali, “pappa”, “mamma”, poi dei loro legami sintattici, “mamma voglio pappa”. Il vocabolario e la grammatica non sono i libri adottati dalle scuole – a quando la loro abolizione? – ma una continua e progressiva costruzione condotta non senza fatica dal nuovo nato. Costui, se ha a che fare con attanti (in genere i genitori) “ricchi” sotto il profilo grammaticale (fonologia, morfologia e sintassi) e sotto quello dei contenuti (lessico e semantica: c’è quel bel libro di Federica Casadei, edito da Carocci, Roma), non ha difficoltà a costruire un linguaggio altrettanto ricco. Tale costruzione si avvicenda minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, mese dopo mese, lungo l’asse verticale del tempo.

L’asse dello spazio fisico, visibile e concreto, è orizzontale (una suggestione ci può essere offerta dallo spazio vitale di Kurt Lewin); l’asse del tempo, invisibile e concettuale, è verticale. Dall’immaginario centro di incrocio si diparte verso il basso l’asse della memorizzazione/conservazione dei ricordi del passato, verso l’alto quello della immaginazione e dei progetti per il futuro. Il nostro nuovo arrivato si trova al centro di questo incrocio spazio/temporale e sta a lui, in ordine agli stimoli che gli vengono lanciati, costruire giorno dopo giorno la progressiva spirale della conquista del Sé, del Sé con gli Altri, del Sé con le Cose. E non è un caso che le competenze chiave per l’apprendimento permanente, da conseguire al termine dell’obbligo di istruzione decennale, siano descritte e definite proprio in tal senso (si vedano la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 dicembre 2006 e il dm 139/2007, che le fa proprie e le declina). Il rinvio all’illustrazione allegata può rendere più chiaro un concetto che richiederebbe argomentazioni molto più mirate.

Se le considerazioni fin qui condotte sono vere, la gestione dello spazio e dei suoi oggetti diventa una questione fondamentale per lo sviluppo/crescita e l’apprendimento di un nuovo nato, e non solo per la fase infantile, ma per tutta l’età evolutiva. C’è da augurarsi che i prossimi architetti costruttori di scuole si avvalgano del supporto dei pedagogisti.

Grazie, Agostina, di avere avviato il dibattito su un argomento così vitale per il futuro della nostra scuola, o meglio, del nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione”.

IMMISSIONI IN RUOLO: “CAOS FRUTTO DI LEGGE SBAGLIATA”

IMMISSIONI IN RUOLO, GILDA: “CAOS FRUTTO DI LEGGE SBAGLIATA”

“Sul piano di assunzioni regna il caos e la responsabilità è tutta da imputare a una legge sbagliata voluta da un governo che, ignorando i meccanismi complessi della scuola, ha avuto la presunzione di scriverla senza dare ascolto a chi, invece, conosce bene questo mondo. E adesso a farne le spese sono i precari”. Ad affermarlo è la Gilda degli Insegnanti, che rispedisce al mittente le critiche lanciate ai sindacati dal ministro Giannini.

“Sono decine di migliaia i precari che in questi giorni stanno affollando le nostre sedi in tutta Italia per ottenere chiarimenti sulle immissioni in ruolo, soprattutto per quanto riguarda le fasi B e C. La maggior parte degli insegnanti – spiega la Gilda – non si rivolge ai nostri uffici per avanzare richiesta di assunzione, ma per sapere dove sono disponibili i posti e per capire cosa accade nel caso in cui si decida di non presentare domanda. Come avevamo previsto, incertezza e confusione la stanno facendo da padrone e per questo, subito dopo aver esaminato la riforma, avevamo cercato in tutti i modi di convincere Governo e Miur a trovare soluzioni diverse”.

“La stragrande maggioranza dei precari – prosegue la Gilda – è scontenta non perché il posto di lavoro proposto è lontano da casa, ma per l’iniquità delle assegnazioni che non avvengono in base al punteggio, ma alle fasi delle assunzioni previste dalla riforma. Non dimentichiamo inoltre il problema, ancora da risolvere, dell’esonero dei vicepresidi che per i primi due mesi del prossimo anno scolastico potrebbero essere in classe a insegnare e poi, con l’introduzione dell’organico potenziato, lasciare la cattedra, in barba alla continuità didattica tanto invocata da Giannini e Renzi”.

Secondo la Gilda, dunque, il piano di assunzioni, cavallo di battaglia della cosiddetta “Buona Scuola”, rischia di rivelarsi un fallimento e di provocare gravi ripercussioni sull’avvio dell’anno scolastico.

Nel nome del popolo italiano

NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO

di Vincenzo Andraous

Me ne stavo disteso in piscina rilassato e tranquillo, acqua blu, un cielo ribaltato ai miei piedi.

Una giornata di sole e di riposo domenicale, ci voleva proprio, un bisogno feroce di staccare la spina, la necessità di rimanere in scia a quel dipinto tra le dita.

A pochi passi dal mio lettino, una coppia con qualche anno adagiato nei capelli, stanno parlottando con una loro conoscente incontrata casualmente pochi istanti prima.

Le parole sono pronunciate con perentorietà, nonostante gli schiamazzi intorno impossibile non farci caso, le voci esprimono consapevolezza di chi sa quel che sta dicendo, si presume partorite dalla conoscenza del tema in oggetto.

“Hai sentito che hanno scarcerato quello? Tre anni ed è già fuori, è ospite in quella comunità da quel prete famoso. Proprio vero, in galera non ci sta più nessuno, tutti fuori sti buontemponi, a fare quel che facevano prima, come quell’altro amichetto prima di lui. Non c’è niente da fare questi non cambiano mai, ce l’hanno nel Dna l’irrefrenabile desiderio a reiterare i reati.

In che paese viviamo, non ci sono leggi, norme, regole, ognuno fa e disfa come meglio crede, tanto non c’è pena certa, non c’è castigo, non c’è sanzione, la pena retributiva è soltanto una mera utopia”.

Pochi attimi e la signora si congeda mentre la coppia di amici ritorna serenamente ad abbronzarsi.

Li per li ho sorriso sotto i baffi, mentre la mia compagna con gli occhi chiusi e il sole ben calcato sul viso, non ha colto una sola parola della chiacchierata da poco conclusa.

Un malessere sottile mi attraversa la testa, il petto, la pancia, come a volermi significare che non c’è un bel niente da ridere, anzi, permane discutibile il mio silenzio, somigliante a una sorta di comoda ritirata.

Per tutto il pomeriggio ho pensato a quelle affermazioni, come a volte l’informazione sia ammorbata a tal punto da fare ammalare di indifferenza il cittadino comune, attraverso una vera e propria inondazione di notizie e accadimenti spesso comunicati con lo strumento dell’appropriazione indebita, costringendo la verità a piegarsi al danno minore.

Eppure il carcere non è quello raccontato con la tecnica del bar sport, è piuttosto uno scafo affondato dall’ingiustizia, uno spazio scomposto dai tanti vuoti a perdere, e come traspare evidente dalle affermazioni di quei villeggianti, è percepito come una sorta di scivolata intellettuale.

Le carceri italiane sono sovraffollate di cose, di numeri, di oggetti, di corpi e storie accatastate ma rese inesistenti da colpevoli che non debbono assolutamente fare comunione con alcun innocente.

Chissà se sarà davvero così.

Ho ascoltato, sono rimasto muto come un pesce, con un sorriso da ebete sulle labbra, invece avrei dovuto intervenire, tentare di dire a quelle persone, che in carcere ci si va e come, soprattutto quelli che si credono i più furbi, in carcere si paga il dazio e come, fino in fondo, anche per quarant’anni checchè se ne dica bellamente il contrario, una, due, tre, condanne, una sopra all’altra, moltiplicate all’infinito, più in là della stessa condanna erogata dal Giudice, dal Tribunale, dal popolo Italiano.

A volte il carcere ti seppellisce, ti annienta, ti devasta così profondamente da diventare quel dato statistico che fa di te non più soltanto un detenuto, ma un vero e proprio malato, spesso terminale, ma questo non bisogna dirlo.

Le persone non cambiano mai?

Sul carcere pregiudizi e spallucce più o meno pilotate da sempre hanno fatto fallire rinnovamento e ideale rieducativo.

Ugualmente gli uomini cambiano “nonostante” questo carcere capovolto negli scopi e nelle sue utilità, sarebbe bene che la collettività guardasse con occhi e sguardi nuovi a cosa non accade mai in quelle celle, quando per le legge, per norma, per quella Costituzione così tanto sbandierata, dovrebbe accadere, non per un atto puramente pietistico, più semplicemente per un dovere che sta a diritto di ogni tutela e interesse collettivo, in quella giustizia giusta che sta innanzitutto dalla parte delle vittime ma proprio per questo non abbandona i rei.

Come ho già detto in passato: una comunità è vera quando aperta allo scambio relazionale e delle idee, perché a volte si ha la sensazione di non avere nulla da dare che già non ci sia.

Tranne che la voglia e la volontà di crescere insieme.

L’assenza di professionalità: la zavorra de La buona scuola

L’assenza di professionalità: la zavorra de La buona scuola

di Enrico Maranzana

 

I professionisti della scuola sono soggetti che progettano, che realizzano o che progettano e realizzano processi volti al conseguimento dei risultati attesi [In rete: “Insegnare matematica dopo il riordino”]

Un indirizzo di pensiero suffragato dalla norma sull’autonomia scolastica che “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”, prescrizione cestinata dalla legge 107/15 [In rete “La vena reazionaria de La buona scuola”].

Una definizione fondata su “progettazione” che è

  • ideata all’interno d’un contesto;
  • finalizzata al conseguimento di specifici risultati;
  • la caratteristica delle organizzazioni che, capitalizzando il vissuto, apprendono.

 

L’ambito in cui nasce il problema educativo

Il vorticoso cambiamento del mondo contemporaneo, l’incontrollabile dilatazione del campo dei problemi, l’esplosione delle conoscenze, rendono imprevedibile lo scenario con cui interagirà lo studente che accede alla scuola secondaria.

Un’incertezza che implica l’individuazione di variabili non soggette all’usura del tempo, la cui determinazione consente di fissare la finalità del sistema scolastico.

L’art. 2 della legge 53/2003, in conformità a tale presupposto, recita:  “È promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea” .

Ne discende la strumentalità di conoscenze e abilità: rappresentano opportunità per la messa a punto di occasioni d’apprendimento [Il significato di apprendimento è circoscritto in “All’origine della dispersione scolastica”, visibile in rete].

La buona scuola banalizza il problema educativo ancorandolo al presente:

Art. 33 – “Al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, i percorsi di alternanza scuola-lavoro sono attuati, negli istituti tecnici .. e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio”.

Art. 40 – “Il dirigente scolastico individua, gli enti pubblici e privati disponibili .. e stipula apposite convenzioni anche finalizzate a favorire l’orientamento scolastico e universitario dello studente”.

Un appiattimento confermato dall’art. 56: “Al fine di sviluppare e di migliorare le competenze digitali degli studenti e di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze in generale, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca adotta il Piano nazionale per la scuola digitale, in sinergia con la programmazione europea e regionale e con il Progetto strategico nazionale per la banda ultralarga”, norma decodificata in “La scuola regredisce. Dal Piano Nazionale Informatica al Piano Nazionale Scuola Digitale”, visibile in rete.

 

I risultati attesi

Al termine dell’obbligo scolastico e della secondaria superiore le commissioni d’esame devono certificare le competenze che gli studenti hanno esibito: la valutazione del grado di conseguimento della finalità istituzionale.

Razionalità avrebbe voluto che gli estensori de La buona scuola, prima di elaborare il testo del provvedimento, avessero ricercato e identificato il contenuto di tale parola; si sono limitati a aggettivarla: linguistiche, logico-matematico e scientifiche, digitali, in materia di cittadinanza attiva .. i principi fondanti la prassi progettuale sono elusi.

Un primo raffinamento della problematica è in rete: “La professionalità dei docenti: un campo inesplorato”.

 

L’organizzazione che apprende

La complessità dei problemi si domina procedendo per raffinamenti successivi: il problema principale é scomposto in sottoproblemi che, se non elementari, sono a loro volta smembrati.

I decreti delegati del 74 sono una puntuale applicazione dei dettami delle scienze dell’organizzazione: a soggetti diversi è affidato un preciso mandato che esplicita, puntualizzando, i traguardi da conseguire. Questi, una volta ottenuti i risultati, consentono di capitalizzare gli scostamenti rilevati e migliorare l’incisività del servizio scolastico. In rete: “Coraggio! Organizziamo le scuole” tratteggia la via risolutiva, esplicitando i nodi di feed-back.

La legge 107/15 non riconosce la dimensione del problema educativo, lo semplifica, snaturandolo. Le responsabilità strategiche sono attribuite al dirigente scolastico. Il Consiglio di Circolo/d’Istituto è esautorato: il TU 297/94 gli aveva affidato la responsabilità di “Elaborare e adottare gli indirizzi generali” e quella di deliberare “I criteri generali della programmazione educativa” al fine di orientare il lavoro del Collegio dei Docenti, prerogative confermate e rinforzate dal DPR sull’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Il buon padre di famiglia, prima di ogni sostituzione, ricerca e individua le cause dei malfunzionamenti.

Nella presentazione alle Camere de La buona scuola si afferma, senza portare alcun argomento a sostegno della tesi: Il testo unico infatti, risalente al 1994, non risulta più coerente con la legislazione vigente”. [CFR. in rete “I responsabili del disservizio scolastico sono premiati”].

5 agosto Cura Autismo al Senato

Il 5 agosto la 12a Commissione, Igiene e Sanità, del Senato in sede deliberante, approva definitivamente il disegno di legge A.S. 344-359-1009-1073-B, sull’autismo

Il 7 luglio l’Aula della Camera approva la proposta di legge: Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie (approvata, in un testo unificato, dalla 12a Commissione permanente del Senato) (C. 2985-A e abb.).

Il 30 giugno e 1 luglio la 7a Commissione della Camera esamina il Disegno di Legge su Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie (Nuovo Testo C. 2985 , approvata, in un testo unificato, dalla 12ª Commissione permanente del Senato, e abb)

Il 18 marzo la 12a Commissione, Igiene e Sanità, del Senato in sede deliberante, approva il testo unificato dei disegni di legge n. 344 e abbinati, in materia di autismo.

Il 3 giugno la 7a Commissione del Senato esamina i disegni di legge:

  1. DE POLI. – Norme per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dell’autismo e disposizioni per l’assistenza alle famiglie delle persone affette da questa malattia (344)
    2.Venera PADUA ed altri. – Disposizioni in materia di prevenzione, cura, riabilitazione delle persone affette da autismo e di assistenza alle famiglie (1009)
    3.Magda Angela ZANONI. – Disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle persone affette da autismo e per l’assistenza alle loro famiglie (1073)

(7a Senato, 3.6.14) La relatrice Elena FERRARA (PD) riferisce che la Commissione è chiamata a rendere un parere alla Commissione sanità sui disegni di legge in titolo, che riguardano la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle persone affette da autismo. Comunica anzitutto che l’esame del primo disegno di legge, il n. 344, è iniziato nell’agosto 2013, ed è proseguito in sede di Comitato ristretto a partire da settembre 2013. Nel corso dell’esame, sono stati presentati gli altri due disegni di legge, i nn. 1009 e 1073, nonchè due petizioni: il comitato ristretto della Commissione sanità ha quindi elaborato un testo unificato, che è stato adottato come base per il seguito dell’esame nella seduta del 3 aprile 2014. Giudica dunque opportuno esprimersi alla luce del testo predisposto dal Comitato ristretto, tenuto conto che esso costituirà l’articolato di riferimento per la presentazione degli emendamenti.

Venendo al merito della proposta legislativa unificata, illustra l’articolo 1, che enuncia l’obiettivo di assicurare il normale inserimento nella vita sociale delle persone affette da autismo, diffondendo anzitutto la cultura della diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico. Tra le altre finalità, è menzionata anche la promozione di progetti internazionali di ricerca su particolari settori.

Precisa poi che all’Istituto superiore di sanità è affidato, ai sensi dell’articolo 2, l’aggiornamento triennale delle Linee guida, mentre l’articolo 3 attribuisce ad un decreto del Presidente del Consiglio l’individuazione delle prestazioni riconducibili ai livelli essenziali di assistenza. L’articolo 4 concerne il diritto all’informazione connesso all’utilizzo di farmaci da parte di soggetti autistici, mentre l’articolo 5 interessa in maniera diretta le competenze della 7a Commissione laddove delinea i compiti delle Regioni e delle Province autonome. In proposito, rileva che queste ultime sono chiamate ad adottare, fra l’altro, misure idonee a promuovere la formazione sulle metodologie di intervento educative, validate a livello internazionale, degli insegnanti che seguono alunni con disturbi dello spettro autistico nonchè a incentivare progetti dedicati all’educazione sanitaria delle famiglie che hanno in carico persone affette da autismo.

Nel condividere l’obiettivo di formazione degli insegnanti, segnala tuttavia che esso dovrebbe essere perseguito più propriamente dallo Stato, anziché essere affidato alle competenze delle Regioni e delle Province autonome, anche per evitare che la frammentazione regionale causi disomogenità di trattamento. Ricorda, a titolo esemplificativo, che la legge n. 170 del 2010 in materia di disturbi specifici di apprendimento (DSA) in ambito scolastico, all’articolo 7, comma 2, attribuisce ad un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e  della  ricerca, l’individuazione delle modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti, le misure educative e didattiche di supporto,  nonché le forme di verifica e di valutazione.

Reputa poi fondamentale quanto previsto nelle Linee guida della diagnosi precoce, che considera necessaria una formazione sul tema per pediatri di libera scelta e medici di medicina generale. Tale formazione di base, richiamata da momenti successivi, è a suo avviso ineludibile per arrivare a considerare fattori predittivi importanti e per attivare percorsi diagnostici e terapeutici presso i servizi gestiti da unità funzionali multidisciplinari.

Invita peraltro la Commissione ad approfondire ulteriormente la questione, nella consapevolezza dell’importanza di dare dignità a persone così profondamente colpite nelle loro capacità di vivere nella comunità. Richiama indi alcune affermazioni di esperti in materia, secondo cui deve essere riconosciuto il diritto alla migliore qualità possibile della vita.

Tornando al tema della formazione degli insegnanti, la relatrice ritiene che essa debba prevedere l’acquisizione di competenze inclusive che non chiudano in un binomio l’insegnante specializzato (di “sostegno”) ed il bambino. In quest’ottica, la formazione di base e quella permanente dovrebbero a suo giudizio estendere la conoscenza degli aspetti più comuni dei soggetti con disturbi dello spettro autistico e favorire il confronto con tutti coloro che si prendono cura del bambino oltre alla famiglia, come peraltro previsto dai gruppi di lavoro per l’handicap presso le direzioni didattiche e gli istituti comprensivi. Afferma infatti che in un progetto di lavoro allargato, scolastico ed extrascolastico, attraverso competenze adeguate e una costante valutazione, potrà essere possibile la costruzione di idonei contesti a beneficio della persona, dei suoi bisogni e cambiamenti.

Dopo aver citato alcune riflessioni di altri studiosi, secondo cui bisognerebbe prioritariamente chiarire che cosa si intende per “prospettiva inclusiva”, evidenzia la necessità che un insegnante, nella sua formazione, abbia conoscenze della prospettiva inclusiva senza la necessità di optare per diventare insegnante specializzato per l’integrazione. Rileva inoltre che il bambino con problematiche di tipo autistico dovrebbe essere accompagnato in  un percorso di continuità da un ordine di scuola ad un altro, tenendo altresì conto che gli insegnanti di classe e di  sostegno dovrebbero essere stabili e destinatari di momenti di formazione ancor prima dell’avvio dell’inserimento.

Osserva peraltro che i servizi gestiti da unità funzionali multidisciplinari per la cura delle persone con diagnosi di disturbo dello spettro di tipo autistico dovrebbero essere realizzati con tempestività per evitare ulteriori ritardi, in numero sufficiente da garantire alle famiglie di fruire dei servizi senza gravi disagi dettati dagli spostamenti. A tal proposito, sottolinea l’importanza che tali unità abbiano un qualificato sostegno dall’équipe di cura dove possano essere identificati uno/due operatori di riferimento a cui genitori e gli insegnanti possano rivolgersi periodicamente e/o nel momento in cui sorgano problemi di difficile gestione.

Avviandosi alla conclusione, ritiene che l’équipe di cura, in un’ottica integrata sanità, assistenza e scuola, debba tendere quanto più possibile ad assicurare la qualità della vita del soggetto autistico e preannuncia l’intenzione di inserire delle specifiche osservazioni nello schema di parere volte a delineare meglio i compiti e il coinvolgimento del mondo della scuola.

Nel dibattito interviene la senatrice SERRA (M5S), la quale ritiene che l’aspetto più interessante del tema riguardi le modalità di inclusione degli alunni autistici a scuola. In proposito reputa non sufficiente lo svolgimento di corsi di formazione specifici, evidenziando come sia fondamentale intervenire già nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Dopo aver ricordato la propria esperienza professionale decennale, afferma che l’attenzione e la sensibilità del docente devono fungere da stimolo per tutta l’équipe scolastica, in quanto l’inserimento del bambino autistico non riguarda solo l’insegnante di sostegno.

Nel sottolineare l’importanza di agire nella quotidianità, fa presente infine che attraverso una metodologia adatta e la continuità didattica si può aiutare il bambino con disturbi dello spettro autistico a lavorare in classe, superando le sue difficoltà.

Decreto Ministeriale 5 agosto 2015, n. 543

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

VISTO il decreto legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, con il quale è stato istituito il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica del 21 febbraio 2014, con il quale la Senatrice Prof.ssa Stefania Giannini è stata nominata Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
VISTO il decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e successive modificazioni e integrazioni;
VISTA la legge 27 settembre 2007, n. 165, recante delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca;
VISTO il decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213 e s.m.i. recante riordino degli enti di ricerca in attuazione dell’articolo 1 della legge 27 settembre 2007, n. 165;
VISTO, in particolare, l’articolo 4, comma 1, del medesimo decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, che prevede che la ripartizione di una quota non inferiore al 7 per cento del fondo ordinario per gli enti di ricerca sia posta in essere tenendo conto dei risultati della valutazione della qualità della ricerca scientifica condotta dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) e di specifici programmi e progetti, anche congiunti, proposti dagli enti e che i criteri e le motivazioni di assegnazione della predetta quota siano disciplinati con decreto ministeriale avente natura non regolamentare;
VISTO il decreto ministeriale 24 novembre 2014, n. 851, registrato alla Corte dei conti in data 24 dicembre 2014, registro foglio 1-5661, concernente il riparto, nell’ambito della missione n. 17 “Ricerca e innovazione”, al programma “Ricerca scientifica e tecnologica di base” delle disponibilità finanziarie del cap. 7236 – Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di nell’ambito della ricerca (FOE) dello stato di previsione della spesa di questo Ministero per l’anno 2014 e, in particolare, l’articolo 3, comma 1, con il quale è disposto l’accantonamento della somma di € 99.495.475 da destinarsi al finanziamento premiale previsto all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213;
VISTO l’articolo 3, comma 1, del citato decreto ministeriale 24 novembre 2014, n. 851, in forza del quale, come disposto dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, e successive modificazioni, la somma di € 99.495.475 destinta al “finanziamento premiale” è ripartita, con una proposta di distribuzione tra gli enti elaborata da un apposito Comitato di valutazione, secondo le seguenti modalità:
a) il 70 per cento del fondo verrà ripartito in base alla Valutazione della Qualità della Ricerca 2004-2010 (VQR 2004-2010 – Rapporto finale 30 Giugno 2013 aggiornato al 30 Gennaio 2014), non solo basata sui prodotti attesi e indicatori di qualità della ricerca di Area e di struttura, ma anche rispetto alla valutazione complessiva dell’ente;

b) il restante 30 per cento verrà ripartito in base a specifici programmi e progetti proposti anche in collaborazione tra gli enti, favorendo quelli volti alla realizzazione di infrastrutture di valenza internazionale. L’assegnazione della medesima quota del 30 per cento avverrà entro e non oltre il 28 febbraio 2015.
CONSIDERATO che il medesimo decreto ministeriale 24 novembre 2014, n. 851 è stato registrato dall’organo di controllo in data 24 dicembre 2014 e che conseguentemente il medesimo decreto numero 851 è da considerarsi propedeutico sia sotto il profilo della legittimità che dal punto di vista dell’efficacia del presente decreto ed in particolare della previsione in via definitiva della quota premiale pari ad € 99.495.475 indicata presente decreto;
VISTO il decreto ministeriale 29 gennaio 2015, n. 38 con il quale è stato nominato il Comitato di valutazione per la ripartizione della quota di cui al citato articolo 3, comma 1, del decreto ministeriale 24 novembre 2014, n. 851;
VISTI i pareri della VII Commissione permanente del Senato della Repubblica (Istruzione Pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) e della VII Commissione permanente della Camera dei Deputati (Cultura) espressi nelle rispettive sedute del 22 luglio 2015 e del 9 luglio 2015
 
D E C R E T A
Art. 1

Disposizione finanziaria
Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, e successive modificazioni, e dell’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto ministeriale n. 851 del 24 novembre 2014, registrato dalla Corte dei conti in data 24 dicembre 2014, foglio 5661, la somma di euro 99.495.475, accantonata sulle disponibilità del cap. 7236 del programma «Ricerca scientifica e tecnologica di base» della Missione «Ricerca e innovazione» dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per l’anno 2014, è destinata al finanziamento premiale, è ripartita secondo i criteri e le modalità indicate agli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7.
Art. 2

Criteri di ripartizione della quota del 70%
La ripartizione della quota pari al 70% del fondo di € 99.495.475 di cui al precedente articolo 1 è disposta in base ai seguenti criteri e motivazioni:
a) Valutazione della Qualità della Ricerca 2004-2010 (Rapporto finale 30 Giugno 2013 – aggiornato al 30 Gennaio 2014), basata principalmente sui prodotti attesi e indicatori di qualità della ricerca di Area e di struttura tenendo conto del valore medio della quota premiale erogata negli anni 2012 e 2013. La numerosità dei prodotti valutati verrà utilizzata per elaborare un indicatore dato dal numero dei prodotti attesi per ciascun ente sul totale dei prodotti attesi di tutti gli enti così come indicati nel rapporto dell’ANVUR.

b) In assenza di VQR, l’assegnazione della quota del fondo è calcolata esclusivamente sulla base della performance rispetto ai programmi e ai progetti realizzati nel biennio 2012 – 2013, da intendersi quale valore medio delle quote premiali assegnate nel biennio 2012 – 2013.

c) Individuazione e classificazione degli enti in “gruppi” di appartenenza in termini di numerosità dei prodotti valutati con la VQR, consistenza e grandezza “scientifica” degli stessi. La consistenza e grandezza scientifica degli enti consisterà in una suddivisone in quattro gruppi degli enti. Tale suddivisione tiene conto del numero dei prodotti attesi sempre individuati dall’ANVUR per ciascun ente e del numero delle aree scientifiche individuate dall’ANVUR in cui tali prodotti risultano presenti per ciascun ente.

 
Art. 3

Criteri di ripartizione della quota del 30%
La ripartizione della quota pari al 30% del fondo di € 99.495.475 di cui al precedente articolo 1) avverrà mediante valutazione di specifici programmi e progetti proposti anche in collaborazione tra gli enti che dovranno riferirsi, con preferenza, agli ambiti di intervento in materia di ricerca e sviluppo prioritari per il Paese, inseriti nel programma “Horizon 2020” e tali da garantire qualità e innovazione tecnologica, ponendo particolare attenzione ai bisogni nazionali nelle seguenti aree di ricerca e sviluppo di rilevanza strategica quali:
SALUTE, EVOLUZIONE DEMOGRAFICA E BENESSERE: ricerca in settori ad alto impatto sociale ed economico, come ad esempio quelli della prevenzione, dell’invecchiamento, dell’oncologia e delle patologie legate agli stili di vita, con particolare riferimento allo studio delle relazioni che intercorrono tra dieta e salute.
SICUREZZA ALIMENTARE, AGRICOLTURA E SILVICOLTURA SOSTENIBILI, RICERCA MARINA, MARITTIMA E SULLE ACQUE INTERNE: Interazioni tra agricoltura, produzione di cibo e ambiente, sviluppo di sistemi altamente produttivi integrati ed ecologicamente sostenibili, studio delle relazioni che intercorrono tra dicta e salute; sviluppo gestione ecosostenibile dei sistemi marini.
ENERGIA SICURA, PULITA ED EFFICIENTE: efficientamento energetico attraverso la riduzione dei consumi e riduzione delle emissioni di gas clima-varianti, energie rinnovabili e a bassa emissione di Co2; produzione, metodi innovativi di stoccaggio e distribuzione di energia elettrica secondo it concetto di smart grids.
TRASPORTI INTELLIGENTI, VERDI E INTEGRATI: sviluppo di innovativi mezzi e sistemi per la mobility di superficie che siano eco-sostenibili, in grado cioè di ridurre al minimo l’impatto del sistema dei trasporti sul clima e sull’ambiente e intermodali.
AZIONI PER IL CLIMA, EFFICIENZA DELLE RISORSE E MATERIE PRIME: Studio e comprensione di meccanismi che governano il clima; rafforzamento degli strurnenti per le decisioni dei policy makers, tecnologie per it monitoraggio dell’ambiente e mitigazione del rischio sismico e delle problematiche connesse con l’inquinamento nei luoghi confinati.
SOCIETA’ INCLUSIVE, INNOVATIVE E RIFLESSIVE: studio e comprensione delle dinamiche interculutrali al fine di un reale sviluppo dell’inclusione sociale, economica e politica; sviluppo di soluzioni innovative che consentano di realizzare modelli di risoluzione integrata di problemi sociali di scala urbana e metropolitana; studio e analisi del patrimonio culturale, artistico e documentale, la sua conservazione e fruizione, la sua piena accessibility e la sua valorizzazione come generatore di attivita economiche.
SICUREZZA: Sviluppo di tecnologie di monitoraggio e di contrasto di possibili emergenze riguardanti ii cittadino e le infrastrutture di interesse vitale per il Paese, sia dovute a calamità naturali (come ad esempio terremoti, alluvioni) sia provocate da interventi ostili. Tra le infrastrutture di particolare rilevanza si considerano fra le altre: ospedali, scuole, insediamenti abitativi, beni culturali, infrastrutture di trasporto, compreso porti e aeroporti, reti energetiche, confini.
FABBRICA DEL FUTURO E MADE IN ITALY: Tecnologie manufattiere e progetti di integrazione tra Istituti di ricerca, Università pubbliche e Amministrazioni, finalizzate al potenziamento del sistema produttivo.
ICT e DISPOSITIVI SENSORIALI: Sviluppo di tecnologie ICT e abilitazione delle relative infrastrutture per i servizi, la conoscenza, la convergenza dei media, le reti sociali, la gestione ambientale, i problemi energetici, l’agricoltura e il mondo del lavoro; tecnologie e dispositivi che consentono di interfacciare, con protocolli “aperti”, otticamente ed elettronicamente il mondo delle grandezze fisiche, chimiche e biologiche relative all’ampio intervallo fra le piccole dimensioni (scala nanometrica) e le grandi dimensioni (astrofisica).
AERONAUTICA E SPAZIO: Con particolare attenzione alto sviluppo di tecnologie innovative di sistemi, strutture e propulsione per velivoli senza pilota (UAV); nel settore spazio, particolare attenzione va posta alle aree dell’Osservazione della Terra, della Navigazione, delle Telecomunicazioni e del Trasporto spaziale.
CHIMICA VERDE: tecnologia mirante alto sviluppo di tecnologie di trasformazione di biomasse di seconda e terza generazione (biomasse “sostenibili non food” anche per cicli di produzione di energia “carbon negative”) in energia e chimica verde.
Per quanto riguarda le tematiche inerenti Excellent Science di HORIZON2020 si fa riferimento ai tre ambiti dei progetti ERC: LIFE SCIENCES (LS), PHYSICAL SCIENCE AND ENGINEERING (PE) E SOCIAL SCIENCES AND HUMANITIES (SH).
 
Art. 4

Criteri di valutazione dei programmi e dei progetti
I programmi e i progetti saranno valutati sulla base della rispondenza ai seguenti obiettivi:
a) sviluppo delle competenze: favorire la crescita di capacità/competenze di rilevanza nazionale e internazionale, sia nell’ambito della ricerca di frontiera che nella promozione dello sviluppo di beni, prodotti o servizi ad alto valore aggiunto, anche finalizzati potenzialmente al beneficio del mercato e/o di utilità generale (trasferimento tecnologico e incubazione) (massimo 30 punti);

b) grado di coinvolgimento di soggetti pubblici e privati: garantire il massimo coinvolgimento e collaborazione tra enti di ricerca vigilati dal MIUR con altri enti pubblici nazionali e internazionali, con università (massimo 30 punti);

c) attrazione degli investimenti, impatto socio-economico e sostenibilità economico finanziaria: favorire l’attrazione di cofinanziamento, in modo prioritario a valere su programmi europei, dimostrando la capacità di autofinanziamento del programma o progetto ed evidenziando l’impatto socio-economico sul territorio e sul tessuto produttivo, con evidenza dei ritorni economici per il sistema paese. I programmi e i progetti pluriennali saranno favorevolente valutati se indicanti fonti di finanziamento per i successivi anni (massimo 25 punti);

d) team di programma o progetto e governance: qualità del team anche rispetto alla complementarietà delle competenze espresse e al grado di integrazione Dimostrazione della qualità e specificità del modello di governance applicato (massimo 15 punti);

Particolare attenzione verrà riservata alla partecipazione ai progetti di soggetti di età inferiore ai 35 anni e alla presenza di una significativa componente di ricercatrici.
Art. 5
Requisiti dei programmi e progetti

 
I programmi e progetti dovranno evidenziare al loro interno:
a) titolo del progetto e settore di afferenza;

b) nome del coordinatore di progetto;

c) elenco dei partecipanti al progetto di ricerca suddivisi per unità operative;

d) riassunto (abstract) del progetto di ricerca;

e) parole chiave proposte;

f) obiettivi finali che il progetto si propone di raggiungere;

g) stato dell’arte;

h) articolazione del progetto e tempi di realizzazione;

i) ruolo di ciascuna unità operativa in funzione degli obiettivi previsti e relative modalità di integrazione e collaborazione;

l) il costo complessivo del programma o progetto, comprensivo delle spese generali e di personale che andranno opportunamente evidenziate;

m) risultati attesi dalla ricerca, il loro interesse per l’avanzamento della conoscenza e le eventuali potenzialità applicative;

n) elementi e criteri proposti per la verifica dei risultati raggiunti.
 
Art. 6

Modalità e termine per la presentazione dei programmi e progetti
Il presente decreto sarà pubblicato sul sito ufficiale del Ministero entro il 5 agosto 2015.

Ciascun ente, entro 30 giorni dalla pubblicazione del presente decreto per concorrere alla destinazione dello stanziamento di cui all’articolo 1 del presente decreto, pari al 30 % di euro 99.495.475, trasmette i programmi o progetti al Ministero – Direzione generale per il coordinamento, la promozione e la valorizzazione della ricerca al seguente indirizzo di pec: dgric@postacert.istruzione.it .
Ciascun Ente non può presentare più di due programmi o progetti come capofila e non può partecipare a più di tre programmi o progetti come partecipante.
 
Art. 7

Il Comitato di valutazione conclude i lavori entro 25 giorni dal termine di scadenza della trasmissione dei programmi e progetti come indicato ai sensi dell’art. 6 del presente decreto.
 
Art. 8

Assegnazione della quota del 30% del finanziamento premiale
A rettifica di quanto disposto dall’art. 3, comma 2, del decreto ministeriale 24 novembre 2014, n. 851, l’assegnazione della quota del 30% avverrà entro e non oltre il 30 ottobre 2015.
Art. 9

Assegnazione della quota del 70% del finanziamento premiale
L’assegnazione della quota del 70% avverrà entro e non oltre il 30 ottobre 2015.
 
Il presente decreto verrà inviato ai competenti organi di controllo.
Roma, 5 agosto 2015

IL MINISTRO

Prof.ssa Stefania Giannini