SULLA TEORIA GENDER NELLA BUONA SCUOLA

PROVITA: BRANDI SMENTISCE IL MINISTRO GIANNINI SULLA TEORIA GENDER NELLA BUONA SCUOLA

Roma, 16 settembre 2015 – «Ci denunci pure, ma noi non possiamo tacere la verità: la teoria gender nella Buona Scuola c’è. Il ministro Giannini dovrebbe rileggere attentamente la legge 107 che il Governo di cui fa parte ha fortemente voluto e fatto approvare». Queste le parole di Toni Brandi, presidente dell’Associazione ProVita Onlus, in risposta alle sconcertanti dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Istruzione in un’intervista a Radio24. Il titolare del dicastero di viale Trastevere, negando che nella legge sulla Buona Scuola vi siano aperture alla teoria gender, è arrivato a minacciare azioni legali contro tutti coloro che continueranno a sostenere il contrario.

«Se la Giannini leggesse con più attenzione il comma 16 dell’art. 1 della legge 107 – ha detto Brandi – si accorgerebbe che questo rimanda al comma 2 dell’art. 5 della legge 119/2013, che a sua volta attua il dettato della Convenzione di Istanbul, dichiaratamente ispirata all’ideologia gender. E la circolare diramata dal Miur e indirizzata ai dirigenti scolastici, checché ne dica il ministro – continua -, non ci rassicura per niente, tanto è vero che in essa si continua ad usare l’espressione “genere” e non “sesso”, quando invece la nostra Costituzione all’art. 3 parla proprio di “distinzione di sesso”. Perché questa novità? Perché i generi sono 71 mentre i sessi solo 2?».

«Non possiamo poi dimenticare – conclude il presidente di ProVita – che da quando è ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini non ha fatto nulla per impedire che nelle scuole venissero proposti ai nostri bambini e ragazzi progetti più o meno esplicitamente fondati sulla teoria gender e/o sull’omosessualismo e sul transessualismo, come abbiamo riportato in un dossier sul nostro sito

Riforma della scuola: il no degli insegnanti al “premio di merito”

Riforma della scuola: il no degli insegnanti al “premio di merito”

Fra gli insegnanti impegnati in questi giorni nelle programmazioni e nei Collegi dei Docenti che preparano l’inizio dell’anno scolastico 2015/2016, circola in rete una proposta che può rendere concreto il loro profondo dissenso sulla nuova legge 107, la riforma Renzi-Giannini sulla scuola, dissenso espresso d’altra parte da tutte le sigle sindacali.
Perché la nuova legge ha già avuto l’effetto, fin da prima che fosse approvata in Parlamento in piena estate, blindata con la fiducia, di compattare tutti i sindacati. Lo sciopero unitario del 5 maggio scorso ha un’importanza storica, e non va visto come l’espressione di una categoria che vuole mantenere presunti “privilegi” (le condizioni del lavoro, un contratto scaduto da anni, l’abuso del precariato, la scuola pubblica della Costituzione), ma la consapevolezza che la nuova legge, di cui sono già stati evidenziati alcuni aspetti incostituzionali e per cui è allo studio la raccolta di firme per il referendum abrogativo, attiva meccanismi che peggiorano la condizione degli insegnanti e di conseguenza avranno effetti distruttivi sulla scuola pubblica.
La proposta che circola in rete, se diffusamente acquisita come mozione individuale o mozione del Collegio dei Docenti, incide sul cuore stesso di questa brutta riforma: la concessione di un premio una tantum agli insegnanti a cui viene riconosciuto il “merito” di essere dei “buoni insegnanti”. Infatti la legge 107 prevede che ogni anno un comitato di valutazione (composto da dirigente scolastico, docenti, genitori/alunni, membro designato dall’Ufficio scolastico) decida chi sono gli insegnanti “meritevoli” che godranno all’incirca di una mensilità in più di stipendio. Invece di avere riconosciuta la professionalità attraverso uno stipendio di livello europeo, gli insegnanti saranno umiliati ogni anno dal “concorso a premio” all’italiana, un meccanismo deleterio che innesca nella scuola la competizione invece della collaborazione, e ingigantisce la guerra fra poveri che si celebra ogni anno, quel misero tentativo di integrare lo stipendio con fettine della sempre più piccola torta del fondo di istituto (200-300 euro all’anno a testa [!]), risorse destinate ai progetti che dovrebbero arricchire l’offerta formativa a beneficio degli alunni.
La risposta può essere finalmente alta, etica e politica. Dichiarare il proprio rifiuto ad accettare qualsiasi premio di merito eventualmente deciso dal comitato di valutazione, devolvendolo al fondo della scuola. Secondo quali criteri un insegnante è un “buon insegnante”? Lo si può mai stabilire attraverso i risultati fatti registrare dai suoi alunni ai test Invalsi? (Ecco come vengono alla fine utilizzati questi test!…). Meglio, allora, che il “premio” vada a compenso di lavoro e attività di organizzazione che finora non sono adeguatamente retribuiti, come ad esempio l’impegno dei coordinatori di classe, dei verbalizzatori ecc. Quindi si chiede che i due docenti scelti dal Collegio dei Docenti si impegnino, con assoluto vincolo di mandato, a individuare solo chi ha svolto questo tipo di attività.
L’iniziativa, che nasce dai Cobas-Scuola (http://www.cobas-scuola.it/), appare l’unica presa di posizione concreta che rivendichi, anche agli occhi dell’opinione pubblica, la dignità professionale di chi fa un mestiere difficile, qualificato e importante per la società, e si trova di fronte a norme dettate da presunte logiche efficientiste ed aziendaliste. Errori madornali, soprattutto nella scuola.

Lorenzo Perrona

Cobas Scuola Siracusa

Iniziative di mobilitazione scuola ottobre 2015

FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA FGU

Le tante criticità della legge sulla scuola vanno corrette e le professionalità del mondo dell’istruzione vanno valorizzate attraverso un contratto innovativo e l’esercizio della contrattazione.

Sono i punti fermi che guideranno le iniziative promosse dai sindacati scuola nel mese di ottobre.

“Non puntiamo a tutti i costi a un autunno caldo, ci auguriamo, invece, che il governo apra un confronto serio per risparmiare alle scuole gli aspetti più deleteri  della legge 107”, fanno sapere i leader di FLC CGIL, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal e Gilda Unams, che si sono riuniti a Roma per fare il punto della situazione, definendo anche un calendario delle iniziative.

“Sarà un inizio di anno scolastico che ci vedrà costantemente impegnati nell’informare, proporre, rivendicare cambiamenti su diversi punti di una legge che ha mostrato i propri limiti in termini di fattibilità, equità, coerenza”.

Occorre ripartire dalle professionalità della scuola: è questo il richiamo forte, rispettare il lavoro, ampliare gli spazi di compartecipazione alle scelte. queste le ragioni che hanno portato alla decisione di programmare momenti specifici per evidenziare le emergenze riferite ai diversi profili professionali operanti nella scuola.

Il primo appuntamento è per il 15 ottobre a Roma e coinvolgerà i dirigenti scolastici.

Il  22 ottobre si svolgerà, sempre a Roma, l’iniziativa centrata sulle problematiche del personale Ata.

Il 24 ottobre è infine prevista una giornata di mobilitazione nazionale che si articolerà in iniziative promosse a livello regionale.

UN ERRORE DI FILIERA

l’offerta formativa secondo la buona scuola

UN ERRORE DI FILIERA

 

IL   “VECCHIO” ART. 3 DEL DPR 275/1999

(AUTONOMIA   SCOLASTICA)

IL   NUOVO ART. 3 COME   MODIFICATO DALLA BUONA   SCUOLA
3. Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto,… . Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto. 4. Il piano (PTOF ndr) è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal dirigente scolastico. Il piano è approvato dal consiglio d’istituto.”

 

 

Stando alla buona scuola prima vengono gli “indirizzi” di gestione, amministrazione e le attività in genere, poi le strategie educative (PTOF).

Una volta riaffermato che l’istituzione scolastica è un sistema altamente strutturato a carattere reticolare, dove tutte le componenti sono importanti, a mio parere le scelte gestionali e amministrative dovrebbero seguire e non precedere quelle formative, che costituiscono il cuore delle attività della scuola.

In altri termini le opzioni formative dovrebbero esse costituire gli “indirizzi” per l’azione gestionale-amministrativa; gestione e amministrazione costituiscono in effetti un “servo-sistema” rispetto al successo dell’impresa formativa, il cui compito è di realizzare sul territorio i traguardi del sistema nazionale dell’istruzione, espressi nelle “indicazioni nazionali” e nelle “linee guida”.

In realtà, come si può vedere dalla tabella comparativa, l’inversione “mezzi-fini” era già presente nella formulazione originaria dell’art. 3; la buona scuola si è limitata a trasferire la competenza degli “indirizzi” da un organo collegiale (consiglio d’istituto) ad un soggetto monocratico (il DS).

Ritengo che ciascuno sia perfettamente in grado di cogliere l’ideologia che sta dietro a questo tipo di trasferimento di poteri.

A mio parere la filiera pianificatoria corretta dovrebbe essere la seguente:

 

1) VISION & MISSION 2) STRATEGIE FORMATIVE 3) GESTIONE – AMMINISTRAZIONE
Definizione del profilo strategico-identitario e delle “caratterizzazioni orientanti” dell’istituzione scolastica e dell’impresa formativa. Pianificazione funzionale e organizzativa dei contenuti, delle metodologie e delle modalità di erogazione del servizio formativo, in modo da dare concreta attuazione alle richieste della mission e dei traguardi nazionali. Sviluppo e coordinamento dei soggetti, delle funzioni, dei servizi, delle risorse e delle relazioni (interne ed esterne) strumentali al successo dell’impresa formativa.
CONSIGLIO D’ISTITUTO COLLEGIO   DEI   DOCENTI DS E UFFICIO DI SEGRETERIA

UN ASPETTO COLLATERALE

Questo ragionamento permette di cogliere come il confronto politico in atto fra:

  1. a) la visione vetero-piramidale e pre-autonomistica governativa;
  2. b) la mera difesa di “status” della funzione docente, da parte di alcuni sindacati;

sia male impostato.

Il nocciolo della questione non sta (solo) nella collocazione, per decisione estrinseca, dei poteri all’interno delle scuole (il DS che non fa più il dirigente ma è declassato a “capo del personale” e i docenti a forza-lavoro) ma nel riconoscere quale è l’istanza funzionale che, per ragioni intrinseche, riveste carattere centrale e “orientante” rispetto alle altre che supportano l’impresa formativa.

A tale riguardo ritengo che pochi dubbi sussistano circa il fatto che siffatta istanza intrinsecamente centrale e orientante debba individuarsi nella qualità dell’insegnamento-apprendimento.

Tutto il resto, inclusa la distribuzione delle competenze, ha il compito di realizzare le condizioni migliori per garantire un soddisfacente livello di questa qualità.

 

Il presidente provinciale

Giuseppe Guastini

BONUS 500 EURO RICORDA LA LEX FRUMENTARIA DELL’ANTICA ROMA

BONUS 500 EURO RICORDA LA LEX FRUMENTARIA DELL’ANTICA ROMA

“L’annuncio del ministro Giannini di voler erogare a ottobre il bonus di 500 euro nelle buste paga dei docenti ricorda la lex frumentaria in vigore nell’antica Roma, che stabiliva la distribuzione di frumento a basso prezzo. Invece di elargizioni di questo tipo, il Governo dovrebbe riconoscere i diritti contrattuali dei docenti, i cui stipendi sono bloccati da 7 anni”. A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.

“Se questi 500 euro verranno assegnati in busta paga, – aggiunge Di Meglio – è legittimo il dubbio che saranno erosi dai meccanismi fiscali: nel caso in cui fossero soggetti a tassazione, infatti, l’Erario recupererebbe un terzo della cifra e alla fine nelle tasche degli insegnanti resterebbero circa 350 euro”.

“Ci auguriamo – conclude il coordinatore nazionale – che non si pensi di risolvere il contratto con l’elargizione di 15/20 euro mensili, tanto per svilire ulteriormente il ruolo della contrattazione”.

Scuola, Giannini: “500 euro in busta paga per gli insegnanti forse già a ottobre”

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, Giannini: “500 euro in busta paga per gli insegnanti forse già a ottobre”

Il governo non mette a punto il decreto attuativo e slitta la “carta del prof” prevista dalla riforma: una card elettronica dal valore di 500 euro annui a testa da spendere per attività connesse alla professione come l’acquisto di libri, testi o riviste, corsi postlauream, biglietti per andare a teatro, al cinema o al museo. Così il ministro è intervenuta nel corso della trasmissione radiofonica Zapping per chiarire la situazione. Non è ancora chiaro come i docenti saranno chiamati a rendicontare la spesa

Scuola trans-gender, aiuto. E lo psicodramma pro-vita invade WhatsApp

da Il Fatto Quotidiano

Scuola trans-gender, aiuto. E lo psicodramma pro-vita invade WhatsApp

Sconto fiscale per le donazioni alle scuole

da Il Sole 24 Ore

Sconto fiscale per le donazioni alle scuole

di Luca De Stefani

La riforma della scuola ha introdotto per il triennio 2015-2017 un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro a istituti scolastici, pubblici e privati, finalizzate alla realizzazione di nuove strutture scolastiche, alla manutenzione e al potenziamento di quelle esistenti o a interventi per «l’occupabilità degli studenti». Inoltre, ha ampliato, a partire dai pagamenti dal 16 luglio 2015 in poi, le spese di istruzione che possono essere detratte dall’Irpef al 19 per cento.

Spese detraibili

Relativamente a queste ultime, dal 16 luglio 2015, sono detraibili al 19% dall’Irpef, con uno sconto massimo annuale di 76 euro per studente, le spese per la frequenza di asili, elementari, medie e superiori (in istituti statali o paritari privati). Solo per la frequenza di corsi di istruzione universitaria (in atenei pubblici o privati), è rimasto in vigore il precedente bonus (fino al 15 luglio 2015, previsto anche per le medie e le superiori), che prevede la detrazione dall’Irpef del 19% delle spese. Queste ultime sono agevolate in misura non superiore a quella stabilita per tasse e contributi delle università statali.

Per la vecchia detrazione e per la nuova, le spese di istruzione possono essere sostenute e detratte direttamente dallo studente ovvero anche da un proprio familiare, a patto che le sostenga nell’interesse di un familiare a carico. Con l’ultimo maxiemendamento, presentato dal Governo, di modifica del disegno di legge di riforma della scuola, infatti, è stata corretta una svista del testo originario di riforma, che non consentiva, ad esempio, a un genitore di pagare e detrarre la spesa scolastica sostenuta per il proprio figlio.

Tipologie di spesa

Sia la nuova detrazione Irpef del 19% che quella vecchia (ora applicabile solo per l’università), consentono di agevolare le spese sostenute in scuole o università private, ma questi oneri, solo per il vecchio bonus, non possono mai superare le «tasse e i contributi delle università statali». Questo limite, infatti, non c’è più nella nuova detrazione per gli asili, le elementari, le medie e le superiori, anche se è previsto che la spesa agevolata al 19% non possa superare 400 euro per alunno o studente, portando la detrazione massima a 76 euro per alunno o studente. Ora che, per il nuovo bonus, non vi è più il riferimento alle tasse e ai contributi statali, dovrà essere chiarito cosa si intende per «spese per la frequenza», in quanto per il vecchio bonus si faceva riferimento alle sole tasse e contributi statali, solo perché questi formavano il limite massimo detraibile sia per le scuole pubbliche che per quelle private. Ecco che nel nuovo bonus, potrebbero essere comprese nelle «spese per la frequenza», sempre nel limite dei 400 euro per alunno o studente, anche i testi e altro materiale didattico, il vitto, l’alloggio, il trasporto, ecc., sia per scuole private che pubbliche. Sul tema dovrebbero pronunciarsi le Entrate.

Il nuovo credito d’imposta

Relativamente all’agevolazione per le donazioni alle scuole, va detto che le persone fisiche, gli enti non commerciali e i soggetti titolari di reddito d’impresa possono beneficiare del credito d’imposta del 50% o 65% sulle erogazioni liberali in denaro, a favore di qualunque istituto del sistema nazionale di istruzione (statali e paritarie private), a patto che siano destinati alla realizzazione di nuove strutture scolastiche, alla manutenzione di quelle esistenti o a interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti. Il credito d’imposta è del 65% per le erogazioni effettuate nel 2015 e nel 2016 e del 50% per quelle effettuate nel 2017. L’importo massimo delle spese agevolate è di 100mila euro per ciascun periodo d’imposta del triennio 2015-2017. Per tutti i soggetti beneficiari, il credito d’imposta spettante deve essere ripartito in tre quote annuali di pari importo. Per una probabile svista legislativa, la norma prevede che solo per i soggetti titolari di reddito d’impresa, il credito d’imposta sia utilizzabile tramite compensazione in F24. Il credito d’imposta è riconosciuto a condizione che le somme siano versate in un apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato secondo le modalità definite da apposito decreto attuativo del Miur.

I soggetti beneficiari (dell’erogazione e non del credito, presumibilmente) devono dare pubblica comunicazione dell’ammontare, della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni liberali che hanno ricevuto, nel proprio sito web istituzionale, nell’ambito di una pagina dedicata e facilmente individuabile, oltre che nel portale telematico del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nel rispetto delle disposizioni sulla privacy (Dlgs 196/2003, Codice in materia di protezione dei dati personali).

Figli di separati: la scuola informa i due genitori

da Il Sole 24 Ore

Figli di separati: la scuola informa i due genitori

di Giorgio Vaccaro

Il Miur detta le regole per i rapporti tra genitori separati (e litigiosi) e le scuole, cercando di garantire che il padre o madre non convivente con i figli possa occuparsi della loro istruzione, tutelando al contempo il diritto alla “bigenitorialità” di bambini e ragazzi. Con la circolare n. 5336 del 2 settembre scorso, infatti, il ministero dell’Istruzione afferma che tutti i dirigenti scolastici devono «incoraggiare, favorire e garantire l’esercizio del diritto/dovere del genitore separato o divorziato o non più convivente, anche se non affidatario e/o non allocatario, di vigilare sull’istruzione ed educazione dei figli» e conseguentemente di facilitare agli stessi genitori l’accesso «alla documentazione scolastica e alle informazioni relative alle attività scolastiche ed extra scolastiche previste dal Pof».

E, per tradurre in pratica i principi, la circolare prevede alcune specifiche azioni amministrative:

– l’inoltro, da parte degli uffici di segreteria delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, di tutte le comunicazioni – didattiche, disciplinari e di qualunque altra natura – anche al genitore separato/divorziato/non convivente dello studente interessato, anche se non «allocatario» (che non ha, cioè, i figli in casa in base all’atto di sepazione/divorzio).

– l’individuazione di «modalità alternative» al colloquio faccia a faccia, con il docente o dirigente scolastico e/o coordinatore di classe, nell’ipotesi in cui il genitore «non allocatario» risieda in altra città o sia impossibilitato a presenziare personalmente.

– l’attribuzione della password per l’accesso al registro elettronico o diversamente l’utilizzo di altre forme di informazione veloce e immediata (sms o email) per le «comunicazioni scuola famiglia».

– la richiesta della sottoscrizione, per presa visione, della “pagella” e dei principali documenti scuola-famiglia da parte di entrambi i genitori (l’allocatario e il non allocatario) quando non siano già in uso tecnologie elettroniche, ma moduli cartacei.

Infine, il Miur suggerisce di inserire, nella modulistica in uso, dove sia necessario acquisire l’assenso di entrambi i genitori e questo non sia possibile – ad esempio per l’autorizzazione a un trasfrimento di scuola – una specifica dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Ecco il testo consigliato: «il sottoscritto (genitore che interloquisce con la scuola, di norma l’allocatario) consapevole delle conseguenza amministrative e penali per chi rilasci dichiarazioni non corrispondenti a verità, ai sensi del Dpr 245 (rectius n. 445 del 28 dicembre 2000 ndr) dichiara di avere effettuato la scelta/richiesta in osservanza delle disposizioni sulla responsabilità genitoriale di cui agli articoli 316, 337 ter e 337 quater del Codice civile, che richiedono il consenso di entrambi i genitori».

Con la conseguenza che, se la dichiarazione risultasse in seguito non vera proprio perché è mancato il consenso dell’altro genitore, in danno del dichiarante scatteranno tutta una serie di sanzioni (amministrative ma anche penali) legate alla falsità della dichiarazione.

Sindacati pronti a occupare le piazze Inizia l’autunno caldo della scuola

da ItaliaOggi

Sindacati pronti a occupare le piazze Inizia l’autunno caldo della scuola

La protesta contro il sistema di assunzioni e per il contratto

Emanuela Micucci

Mentre nelle 8.383 istituzioni scolastiche per oltre 8 milioni di studenti suona la campanella del nuovo anno scolastico, quello dell’avvio della riforma La Buona Scuola, sindacati e alunni promettono un autunno di mobilitazioni. Pronte le 5 organizzazioni sindacali più rappresentative a portare, unitarie, a ottobre, la scuola nelle piazze d’Italia, e non solo a Roma, contro la legge 107, mentre si preparano all’incontro del 23 settembre con il ministro dell’istruzione Stefania Giannini. Ma anche gli studenti annunciano un corteo a Roma e in tutta Italia il 9 ottobre per dire no alla riforma. E l’Unicobas inaugura l’anno scolastico con uno sciopero delle attività aggiuntive dei docenti e degli straordinari del personale Ata. Incalza Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda degli insegnati: Ci batteremo perché si riaprano le trattative sul contratto e il dibattito culturale, anche con i costituzionalisti, contro questa porcheria della Buona scuola . Osserva il segretario generale della Cisl Scuola, Francesco Scrima: I fatti danno ragione al sindacato, è bastato un solo provvedimento, quello sulle assunzioni, per capire il pressapochismo del governo. Con questo sistema, avremo più supplenze dell’anno scorso». Dal segretario generale Snals Confsal, Marco Paolo Nigi, l’invito ad andare avanti con un’azione di mobilitazione regionale, con assemblee in tutte le scuole e province». È un fatto positivo che ci sia da parte del ministro la volontà di confrontarsi. Lo ripetiamo da tempo , sottolinea Pino Turi, segretario nazionale Uil Scuola, i nodi irrisolti della legge sono quelli legati alla gestione politica delle decisioni, poi, in sede tecnica si trovano le soluzioni specifiche ai problemi. Che sono tanti. Vediamo cosa faranno il ministro e il governo . Mentre Mimmo Pantaleo, segretario Flc-Cgil: Quello che noi abbiamo da dire lo sanno, da prima della legge. Perché abbiamo cercato di costruire dialogo e ci hanno chiuso le porte. Il sindacato non arretra, né nelle mobilitazioni già promosse e organizzate, né nella sua affermazione del rispetto della democrazia, della qualità dei diritti nelle scuole, e dell’osservanza della Costituzione .

La scuola ma non solo, ecco la formula per dare un futuro a tutti i ragazzi

da la Repubblica

La scuola ma non solo, ecco la formula per dare un futuro a tutti i ragazzi

La povertà educativa non si sovrappone a quella economica ma è anche piú ampia

Chiara Saraceno
UN quindicenne su quattro in Italia manca delle competenze minime in matematica ed uno su cinque manca di quelle necessarie per la comprensione di un testo. Un quarto circa degli adolescenti non ha trovato nel proprio percorso di crescita — in famiglia, a scuola, nell’ambiente in cui vive — gli stimoli e le risorse indispensabili non solo a sviluppare appieno le proprie capacità, ma neppure a sviluppare quelle minime indispensabili a vivere, lavorare, partecipare adeguatamente nella società in cui vive. Sono dati drammatici che dovrebbero essere noti, in quanto derivano da una indagine internazionale dell’Ocse ripetuta nel tempo. Dovrebbero anche guidare le politiche educative e di contrasto all’esclusione sociale, oggi per il futuro. Il rapporto di Save the Children, “Illuminiamo il futuro”, presentato ieri aiuta a comprendere meglio sia le caratteristiche sia le cause del fenomeno, che definisce giustamente di povertà educativa, una povertà che si sovrappone, ma anche è piú ampia di quella economica.
La mancanza di competenze matematiche e linguistiche è infatti particolarmente concentrata tra i bambini e ragazzi piú poveri, nelle regioni piú povere e tra i figli di stranieri, ma presenta comunque percentuali molto più alte di quelle della incidenza della povertà sia assoluta (che riguarda il 10 per cento di tutti i minori) che relativa. Ciò segnala come, accanto alla mancanza di risorse materiali, ci sia anche una insufficiente e/o inadeguata offerta educativa, che non compensa le eventuali carenze, non solo economiche, ma di investimenti educativi a livello famigliare. Anche tra i ragazzi che appartengono a famiglie collocate nel quintile di reddito piú alto c’è un dieci per cento che non ha competenze matematiche sufficienti e un 7% che non le ha in lettura, troppo per essere solo un fenomeno fisiologico. Così come le differenze contrapposte tra maschi e femmine nelle competenze linguistiche e matematiche non possono essere facilmente e semplicisticamente ricondotte a differenze biologiche. Piuttosto hanno a che fare con modelli di genere che informano le aspettative di genitori e insegnanti e lo stesso comportamento dei ragazzi, le attività che scelgono a scuola e altrove. La ricerca, in effetti, andando al di là del nesso, ben noto, tra condizione socio- economiche dei genitori e sviluppo cognitivo dei ragazzi, documenta l’impatto positivo (e viceversa negativo) della qualità e tipo dell’offerta scolastica, in generale e in particolare nei confronti dei ragazzi piú svantaggiati. Andare a scuola in un edificio che ha tutte le dotazioni necessarie, non ha problemi di sicurezza, non è fatiscente e magari ha una connessione Internet ha un effetto positivo sullo sviluppo delle competenze cognitive dei ragazzi che provengono da famiglie economicamente svantaggiate. Lo ha anche aver frequentato almeno un anno di scuola dell’infanzia. Come si dice nel rapporto, l’offerta educativa genera resilienza. Sembrano cose ovvie, ma non lo sono dal punto di vista del policy making nazionale e locale, che invece nelle proprie scelte (o non scelte) per lo piú conferma, quando non rafforza, gli svantaggi. Basta guardare alla dotazione scolastica e dei servizi per l’infanzia a livello territoriale e nelle aree più svantaggiate: è mediamente piú carente, in termini di posti, tempo, strutture, che nelle aree meno svantaggiate.
Ma il rapporto di Save the Children mostra come in gioco non vi sia solo la dotazione di risorse scolastiche in senso stretto. Vi è, infatti, un rapporto positivo significativo tra lo svolgere regolarmente attività come leggere almeno un libro non scolastico all’anno, fare musica o altre attività espressive, partecipare a qualche attività culturale come andare a teatro, o a un concerto, o a visitare un museo, e lo sviluppo delle competenze cognitive. Contrariamente a certi stereotipi, c’è un rapporto positivo anche nel caso della attività sportiva, che “non porta via tempo” allo studio, ma ne rafforza la riuscita. Anche a questo livello si pongono interessanti e urgenti questioni ai decisori politici. Non solo occorre sostenere il reddito di chi è in povertà, specie assoluta, e investire di piú nei servizi educativi formali fin dalla prima infanzia. Per ridurre le disuguaglianze di opportunità di sviluppo cognitivo (ed evitare di ritrovarci tra 15 anni esattamente nella stessa situazione, oltre che con giovani adulti con competenze troppo limitate), occorre anche investire nell’arricchimento del curriculum extrascolastico soprattutto dei bambini e ragazzi più svantaggiati a livello famigliare o ambientale: spazi gioco e sportivi meglio distribuiti e finanziariamente accessibili, scuole attrezzate anche per le attività extracurriculari, eventualmente in collaborazione con imprese e associazioni, borse di studio per partecipare a queste attività o scambi. Come ha detto un adolescente alla presentazione del rapporto, “se nel mio quartiere e in quelli vicini, alla periferia di Roma, non ci sono spazi sportivi e i mezzi pubblici passano ogni ora, che cosa possiamo fare noi?” Save the Children ha lanciato l’esperienza dei punti luce, uno spazio in alcuni quartieri disagiati di diverse città dove, in collaborazione con altri, si cerca di sostenere l’esperienza scolastica dei ragazzi, ma anche di integrarla nel modo piú personalizzato possibile, che incontri i desideri, le progettualità, le potenzialità di ciascuno, contrastando la perdita di speranza, di voglia di fare ed essere, cui troppo facilmente vengono abbandonati i ragazzi più svantaggiati, per illuminarne, appunt, il futuro. Un’opera meritoria che va sostenuta; ma che non può farsi carico da sola di un problema di (in)equità che, se non affrontato da subito in modo sistematico con misure di contrasto alla povertà assoluta (tramite una misura di reddito minimo) e con investimenti educativi a largo spettro, corroderà ulteriormente le basi del futuro della società italiana. Ciò richiede di utilizzare al meglio, in direzione dell’equità e dell’investimento sociale a partire dai bambini e ragazzi piú svantaggiati, le risorse disponibili. Da questo punto di vista, l’eliminazione della Tasi sulla prima casa va in direzione opposta.

Ritorno in classe con i supplenti 4 neoassunti su 5 restano a casa

da la Repubblica

Ritorno in classe con i supplenti 4 neoassunti su 5 restano a casa

Rischio caos per i trasferimenti rinviati Il ministro: nomine annuali già fatte

Salvo Intravaia

Circa quattro neoassunti fuori regione su cinque resteranno ancora per un anno vicino alle proprie famiglie grazie a una supplenza. E per la prima volta da anni a questa parte le lezioni iniziano con quasi tutti i docenti in aula, supplenti compresi. Per evitare l’esodo di quasi 9.000 immessi in ruolo con la fase B del Piano straordinario di assunzioni previsto dalla Buona scuola — quella che si è svolta a in ambito nazionale e ha assegnato i precari laddove c’era il posto da coprire, anche a migliaia di chilometri di distanza da casa —, il governo ha escogitato di lasciare in provincia fino al 30 giugno (o al 31 agosto) 2016 coloro che acciuffavano un incarico per tutto l’anno. A sancirlo la circolare sulle supplenze che ha previsto la possibilità per gli immessi in ruolo di partecipare anche all’assegnazione delle stesse e, in caso di incarico, spostarsi nella sede di titolarità alla fine della supplenza. Un escamotage che ha evitato lunghi viaggi e sconvolgimenti familiari a 4 neoassunti su 5 e che si è concluso nel corso della prima settimana di settembre. L’occasione di restare vicini ad amici e parenti è stata colta al volo da tutti. Dei 5 immessi in ruolo da fuori regione in provincia di Palermo, uno solo ha preso servizio nel capoluogo siciliano. Gli altri quattro arriveranno nel 2016. Stesso discorso per i tantissimi palermitani spediti al nord: quasi 2.000 si sono rifugiati nella supplenza e partiranno fra dieci mesi. Dei 1.500 immessi in ruolo nel Lazio da fuori regione, ben 1.200 “disertano” la scuola di titolarità grazie ad una supplenza. A Torino sono il 60 per cento. Copione che si ripete un po’ dappertutto. In provincia di Genova sono stati nominati 89 docenti ma soltanto in quattro si sono presentati per sottoscrivere il contratto. I posti vacanti verranno assegnati ad altrettanti supplenti inseriti nelle graduatorie d’istituto. Sarà il caso? Nient’affatto, spiega l’inquilino di viale Trastevere. «I supplenti che si assegnano dagli uffici scolastici — ha sottolineato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini nel corso nel videoforum a Repubblica. it di ieri pomeriggio — sono sempre arrivati nelle scuole il 20 settembre, noi abbiamo dato gli incarichi l’8 settembre. Tre settimane di anticipo. Anche questo è un segno di serietà». La Giannini, dopo le polemiche sulle migliaia di meridionali assunti al nord, rivendica la bontà di una operazione che ha evitato il solito balletto di supplenti ad anno scolastico inoltrato e l’esodo nelle regioni settentrionali. Ma restano da assegnare ancora migliaia di supplenze. Fenomeno che in Lombardia presenta una dimensione completamente diversa. Nelle 12 province lombarde per garantire il servizio scolastico serviranno addirittura 3.000 precari, 2.000 dei quali di sostegno. Il grosso degli immessi in ruolo nel corso della fase B — soprattutto siciliani e campani — hanno preferito la supplenza nella propria provincia. Ma grazie ai precari «la continuità della didattica è salvaguardata», ha affermato il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale Delia Campanelli.

Giannini: in busta paga 500 euro ai docenti

da La Stampa

Giannini: in busta paga 500 euro ai docenti

Il ministro dell’Istruzione a Zapping: il contributo per l’autoformazione forse già a ottobre

500 euro netti. Forse già dalla busta paga di ottobre, i docenti italiani si vedranno accreditare per la prima volta il contributo per l’autoformazione previsto dalla legge sulla buona scuola. Un annuncio a sorpresa, fatto dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, a Zapping su Radio Uno. Rispondendo ad una domanda, il ministro ha ribadito che il contributo è «oramai legge» e che per quest’anno, «sarà dato in busta paga, forse già a ottobre».

 

La titolare di viale Trastevere ha così risposto ad una delle questioni inerenti alla riforma sollevata dai sindacati proprio in queste ore. Secondo la Uil Scuola, infatti, mancava proprio il decreto di attuazione del comma 122 sulla formazione dei docenti: «doveva essere approvato entro 60 giorni. Intanto gli insegnanti dovranno aggiornarsi a spese proprie. Come sempre».

 

E se per quest’anno i 500 euro andranno direttamente sullo stipendio, dal «prossimo anno – ha confermato il ministro – ci sarà la card del docente, con cui fare gli acquisti per la formazione, libri e non solo».

 

Giannini ha fatto anche il punto su altre questioni aperte.

 

ASSUNZIONI/SUPPLENZE

Che 4 insegnanti su 5 di quelli assunti nella fase B abbiano scelto la supplenza annuale «me lo spiego e non lo critico», ha detto il ministro, chiarendo che si è scelto di dare questa opportunità «per garantire continuità didattica quest’anno». «Il pensiero – ha aggiunto – è stato per gli studenti. Se non avessimo fatto così ci sarebbe stata una mobilità incontrollabile». «La mobilità verrà discussa nell’ambito della trattativa contrattuale e sindacale. È l’inizio – ha proseguito Stefania Giannini riferendosi al piano di assunzioni – di un processo fisiologico: usciamo dalla patologia ed entriamo nella fisiologia».

 

L’ORGANICO PER IL POTENZIAMENTO

ha spiegato «è permanente, non è provvisorio, non è una panchina o una classe B. Questo organico si traduce in insegnanti in più e dal prossimo anno, quando si riaprirà con il piano dell’offerta formativa triennale e la mobilità straordinaria avremo un organico unico».

 

Altro punto dolente ad ogni riapertura di anno scolastico sono gli edifici: l’EDILIZIA SCOLASTICA

«ha finanziamenti ulteriori rispetto ai 3 mld previsti dalla Buona scuola. Tra fondi strutturali, fondi Bei e nazionali abbiamo un `tesoro´ di 3 miliardi e mezzo», ha sottolineato il ministro, ricordando anche che dopo 20 anni è stata messa a punto l’Anagrafe dell’edilizia (40.000 circa gli edifici scolastici in Italia). «Offre la fotografia reale su uno stato degli edifici che non è preoccupante, non è allarmante (ricordiamo che il 50% è stato costruito prima degli anni ’70), ma certo c’è un’attenzione costante e c’è bisogno di fare un grande lavoro».

 

Infine, il PROSSIMO CONCORSO PER INSEGNANTI

sarà «aperto solo ad abilitati». Quanto alle prove che dovranno affrontare i candidati, il ministro ha spiegato che una commissione ad hoc sta lavorando su questo: «L’idea è quella di fare una prova il più possibile modernizzata che punti alla qualità della selezione ma non sia con i vecchi sistemi del tema e dello scritto a penna».

 

E per quel che riguarda la MATEMATICA «i posti sono tanti e gli insegnanti pochi. Nel concorso che partirà entro dicembre queste saranno le priorità e chi è in attesa di insegnare matematica avrà un’opportunità straordinaria», ha detto Giannini, rispondendo ad una docente precaria di matematica e fisica non abilitata.

Coding per 1 milione di studenti

da La Stampa

Coding per 1 milione di studenti

Al via il progetto del Miur “Programma il futuro”

Coding per 1 milione di studenti nel prossimo anno scolastico e nell’arco di cinque anni arrivare a 3 milioni, soprattutto nella primaria. È l’obiettivo del progetto “Programma il futuro” avviato dal Miur per insegnare agli alunni i rudimenti della programmazione con il pc (coding). Lo ha indicato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, presentando alla Camera, l’iniziativa che è al secondo anno di sperimentazione e che fa dell’Italia il Paese con la maggiore partecipazione nelle scuole dopo gli Usa.

 

«Il coding – ha osservato il ministro – non è un’attività specialistica per informatici o ingegneri, é, invece, una competenza trasversale che è fondamentale acquisire fin dai banchi di scuola. Il coding è l’acquisizione di una nuova modalità di pensiero logico e critico».

 

«L’obiettivo da raggiungere è diffondere l’alfabetizzazione digitale in tutta la società, includendo anche generazioni come la mia, e formare gli insegnanti. Questo Governo ha investito molto, sin dal primo giorno, sulla scuola che cambia» ha sottolineato Stefania Giannini aggiungendo che tra i punti qualificanti della Buona scuola c’è il Piano nazionale per la scuola digitale.

 

Il ministro ha quindi fatto un bilancio della partecipazione al progetto nello scorso anno scolastico (2014-2015): oltre 16.000 classi, quasi 310.000 studenti (la maggioranza nella Primaria) e 5.000 insegnanti coinvolti (la metà di Matematica, il resto di discipline umanistiche e altri settori).

 

Al lancio dell’edizione 2015/2016 del progetto hanno partecipato anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, e Hadi Partovi, fondatore e amministratore delegato di http://code.org, piattaforma no profit che ha lo scopo di ampliare l’accesso all’informatica.

Solo il 66,8% degli studenti italiani usa Internet a scuola

da La Stampa

Solo il 66,8% degli studenti italiani usa Internet a scuola

I dati del rapporto Ocse su istruzione e competenze informatiche

Nelle scuole italiane c’è un computer ogni 4,1 allievi quindicenni, contro una media Ocse di 4,7, ma solo il 66,8% degli allievi usa il computer durante l’orario scolastico, contro una media del 72%. Lo rileva un rapporto dell’organizzazione parigina su istruzione e competenze informatiche, basato su dati dell’indagine Pisa 2012.

 

Nettamente inferiore alla media anche la percentuale di allievi italiani che usano Internet per fare i compiti, a scuola (28,8%, contro una media Ocse del 41,9%) o a casa (49,1% contro una media Ocse del 54,9%).

 

Il dato risulta inferiore alla media anche in termini di minuti al giorno trascorsi su Internet: i quindicenni italiani passano 93 minuti al giorno a navigare sul web fuori da scuola in settimana e 97 nel weekend, contro una media Ocse rispettivamente di 104 e 138 minuti. Questo nonostante la percentuale di ragazzini che hanno almeno un computer a casa sfiori il 99%.