Merito vs Pansindacalismo

MERITO VS PANSINDACALISMO 

di Alessandro Basso

 

Uno dei passaggi più interessanti introdotti dalla legge 107/2015 è quello legato alla questione del merito che troverà sicuramente la contrapposizione più accesa da parte dei sindacati, i quali annunciano fin d’ora vertenze, autunno caldo, mobilitazione, grazie ad una rinnovata e ritrovata pax sindacale che fa avanzare tutte le sigle a braccetto sotto il cappello della conservazione a tutti i costi.

Potrebbe suonare come una contraddizione, il fatto che i sindacati abbiano al loro interno forme di valutazione del merito rigorose: tutti sanno che se un sindacalista non riesce ad emettere un certo numero di tessere viene in qualche modo “visto male”dalla organizzazione, destinato allo sportello di consulenza, certamente invitato alla cena per scambiare gli auguri di Natale (o alla festa del primo maggio, dipende dall’ispirazione).

Non dovrebbero i sindacalisti, in qualche modo, risentirsi del fatto che a loro venga associata la mancata sfida del merito quasi ad avvallare un’equazione sindacato=appiattimento?

Senza generalizzare all’opposto, tra di loro si conoscono persone di grande tempra, amici impegnati e valorosi, che si imbarazzano sicuramente quando devono portare avanti battaglie che sono fuori dal tempo e dalla storia.

Purtroppo, è palese e convenuto che se il merito nella scuola non viene riconosciuto è proprio a causa dei blocchi che sono stati posti negli ultimi decenni. Non che non se ne sia parlato, ci sono stati fior di proposte e di commissioni di lavoro che avevano portato anche degli spunti interessanti; ma quando si arrivava alla partita della loro codifica, magari contrattualmente, compariva la formula magica di rinvio ad una sequenza contrattuale che impegnava le parti a ritrovarsi dopo “un certo” tempo per poterne discutere. Il tutto attraverso fior di convegni con esperti internazionali, ministri e studiosi di livello internazionale.

Ad onor del vero, nemmeno la compagine politica si è occupata con determinazione della materia, tener buona la scuola è prassi consolidata per la sopravvivenza di una maggioranza di governo. Il decreto Brunetta è del 2009, lo scontro sul merito nella P.A. era avviato, tanto valeva non lasciare fuori la scuola e portare a termine, nel bene o nel male, il processo riformistico. Una riforma a metà ha effetti peggiori di una riforma mancata.

In questi giorni, ha suscitato grande scalpore mediatico la vicenda dell’assemblea sindacale al Colosseo con un’altrettanto pronta reazione da parte del governo che il giorno stesso ha inserito il settore dei musei tra i servizi minimi essenziali, all’origine ex L. 146/90.

Molti sapranno, però, che quella sui servizi minimi essenziali è una legge che si applica in caso di sciopero, non in caso di assemblea sindacale, diritto sacrosanto del lavoratore, esperienza di democrazia essenziale, simulacro della partecipazione: nessuno osi metterci mano.

Viene da chiedersi come mai non susciti lo stesso clamore quando un servizio essenziale come quello dell’istruzione viene messo in ginocchio con forme di sciopero incessanti e a volte poco proficue alla stessa libertà di sciopero stessa. Mi riferisco all’indizione continua (legittima, sacrosanta ed esempio di democrazia moderna) di scioperi per la prima ora di lezione, magari proclamati da sigle sindacali che contano lo 0,5% di iscritti su tutto il territorio nazionale e che in qualche modo riescono ad inficiare il servizio (ovviamente perché non è bravo il preside ad organizzarsi): si pensi alle scuole del primo ciclo dove è necessario garantire la presenza certa del collaboratore scolastico che apra la scuola e dell’insegnante. I genitori sono ormai rassegnati, non dicono più nulla, riprendono il proprio figlio, caricano lo zaino in macchina e provvedono a badare ai propri pargoli.

È impensabile fare una legge che preveda che i lavoratori con minori siano obbligati a dichiarare preventivamente lo sciopero? Si violerebbe il diritto di fare confusione, di creare lo scompiglio: principi eticamente fondanti e qualificati. La denuncia per attività antisindacale è sempre dietro le porte.

Tornando alla questione iniziale, verrebbe da chiedere a quanti docenti l’appiattimento della carriera produce vantaggi professionali e concreti.

Certamente i fondi destinati al merito dalla buona scuola non cambieranno il mondo, si poteva fare meglio, si poteva fare di più: rappresentano comunque un passaggio culturale fondamentale perché segnano la svolta, dando ai capi d’istituto la possibilità di andare a individuare, assumendosene la responsabilità, chi fa meglio non solo chi fa di più, ambito già destinatario delle attenzioni in sede di contrattazione per il fondo d’istituto, ove imperano principi altisonanti quali l’intensificazione (lavoro in più, ma in orario di servizio, per il personale ATA). Meglio così che dare la possibilità di corrispondere un incentivo al collaboratore scolastico più valoroso della scuola, che lavora per due…lui si deve accontentare.

Questo messaggio va fatto capire bene agli studenti i quali per la prima volta sono valorizzati a tal punto da far parte di un comitato di valutazione che detterà i criteri con cui il preside erogherà questi fondi.

Come potranno essere contrari gli studenti? Come potranno essere contro il principio più lineare della scuola di riconoscere chi fa meglio?

Certo la fiducia nei confronti dei presidi non è elevata, l’hanno dimostrato sondaggi anche autorevoli, ma questa mancanza di fiducia deve essere ricostruita assieme perché è speculare alla mancanza di fiducia delle famiglie nei confronti degli insegnanti.

In questi giorni che ci portano a costruire l’organico potenziato, sono i docenti stessi a chiedere al preside di reperire risorse valide per la realizzazione di progetti ambiziosi: “preside deve arrivare un docente bravo, altrimenti come possiamo potenziare realmente l’Inglese? Chi può valorizzare i docenti se non i presidi?

È meglio rischiare di lasciare ai presidi di scegliere il personale, come accade in qualsiasi contesto lavorativo, oppure continuare a percorrere strade tortuose?

E’ arrivato il tempo di ricostruire la fiducia nei confronti degli operatori della scuola e questa fiducia non passa sicuramente attraverso il disconoscimento della bontà dell’operato dei capi d’istituto, ma facendo in modo che buoni docenti siano valutati e accompagnati da buoni presidi, nella formazione di buoni studenti.

Abbiamo la possibilità e le leve strategiche per ricostruire un sistema di istruzione indipendentemente dalle riforme, di mettere in funzione l’offerta formativa attraverso un nuovo dialogo interistituzionale con nuovi ruoli e nuove competenze assegnate a ciascuno di noi.

Perché una volta tanto non spostiamo l’attenzione dai presidi agli studenti? Questo, secondo me, è quello che vuole il mondo della scuola buona, quello che vogliono i buoni studenti.

Al nostro Ministro mi permetto di chiedere di sostener la fase applicativa della buona scuola e quella della normazione delegata, rimanendo coerenti all’ ispirazione originale della legge: non possiamo permetterci di accettare aggiuntivi appiattimenti, anche a costo di compiere ulteriori scelte impopolari.

Riservisti Legge 68/99

Riservisti Legge 68/99, assunzione negata nel piano straordinario di immissioni in ruolo. L’ANIEF avvia le procedure per adire le vie legali.

 

Ormai è certo che il MIUR nella Fase B del piano nazionale di immissioni in ruolo decretate con la Legge 107/2015, non ha rispettato il diritto alla riserva del posto di cui alla legge n. 68/99 nei confronti delle categorie protette (invalidi, orfani e categorie equiparate). Lo stesso Ministero, nel mese di luglio aveva dichiarato di voler approfondire la questione con il proprio ufficio legale proprio per garantire il rispetto della Legge 68/99, ma poi non ha più dato seguito alle promesse e, di fatto, molti docenti che aspiravano all’immissione in ruolo nella Fase B in qualità di “riservisti” N o M, si sono visti negare il diritto che la legge sul collocamento mirato delle categorie protette riconosceva loro.

 

L’ANIEF promuove per i propri iscritti, dunque, un’azione legale mirata e volta al pieno rispetto della normativa (Legge 68/99) che tutela i docenti invalidi, orfani o appartenenti alle categorie ad essi equiparate con il recupero della percentuale di posti garantita dal nostro ordinamento nelle operazioni di immissione in ruolo. Possibile preaderire al ricorso direttamente online entro il 2 ottobre.

Baby gang e bulli di rincalzo

Baby gang e bulli di rincalzo

di Vincenzo Andraous

Bullismo, violenza, baby gang, il solito corollario di stupore per i fatti accaduti in città, oppure per quel ragazzo suicidato-si perché umiliato con intenzionalità, con persistenza, con un’assimetria vergognosa. In questi ultimi tempi, si verificano fatti delinquenziali compiuti da adolescenti e giovani adulti, non piu’ e non solo di bassa estrazione sociale, ma provenienti da famiglie borghesi e benestanti. Quando ci si addentra nel mondo giovanile c’è il rischio di imbattersi improvvisamente in un altro mondo vicino, c’è una difficoltà estrema a distinguere i tratti di una violenza priva di significati, soprattutto di utilità. La domanda mi ha fatto pensare ad un’altra dimensione, infatti a ben guardare persino in una prigione ogni cosa non e’ piu’ al suo posto, “ le gabbie di partenza “ non sono piu’ le stesse, se osserviamo con attenzione, ci accorgiamo che i tossicodipendenti abbondano, che i giovani non sono piu’ quelli di una volta, che per una precisa scelta di vita decidevano di imboccare il vicolo cieco, consapevoli del rischio di andare a sbattere la testa. Se il problema sicurezza e’ più legato al crimine di piccolo cabotaggio, allora i ragazzi che sopravvivono nelle patrie galere somigliano piu’ ad un groviglio di vite disastrate in dipendenze di ogni genere.

Da noi, per ora, bullismo non è sinonimo di devianza-criminalità, soprattutto non è ancora serbatoio di alcuna organizzazione criminale. Il nostro è un bullismo del benessere, è abuso dell’agio, persino chi non ha niente, possiede qualcosa al fondo delle tasche, non è disagio che picchia contro al mancato raggiungimento di un traguardo economico, è disagio relazionale, paura della vita, non della morte, è incapacità e rigetto della scelta.

Quando poi l’irreparabile accade, l’illusione da parte del nucleo famigliare, di essere per-bene, perché si è raggiunto un benessere economico, crolla insieme alla convinzione che ciò non può comportare alcun tipo di rinculo. Eppure è in questo modo di vivere “ sempre in piedi “ che nasce l’iconografia del nuovo disagio, in un imperativo che contempla e avvolge come linguaggio contemporaneo, che sovverte i lignaggi, le religioni e le politiche, quel linguaggio che mette a soqquadro e drammaticamente inverte il concetto di “ essere con l’avere “. Quale famiglia resiste ai conflitti se gli stili educativi corrono sull’atomizzazione dell’ascolto, in rifugi costruiti a misura che deresponsabilizzano, così facendo è ben più stimolante non subordinare mai le passioni alle regole, a tal punto da trovarsi disarmati e arresi gia in partenza. Ci preoccupano i nostri bulli, bene intruppati in baby gang nel vicolo cieco, invochiamo la frusta, ma l’avviso che ne dovrebbe derivare sta nel non incappare nelle superficialità che potremmo pagare a caro prezzo, c’è la necessarietà di attuare piani economici e politiche sociali che vedano coinvolti non solamente i ragazzi, ma anche gli altri, in quel famoso sostegno alla genitorialità troppe volte dimenticato a metà del guado.

Le responsabilità penali sono sempre individuali, come le vite a perdere di tanti ragazzi, ma forse le armi usate nelle loro contese, sono quelle che i grandi lasciano senza protezione all’intorno, sono le armi delle parole, quelle parole che teatralmente condannano la violenza, per poi esortare i propri figli a non credere a nessuno, neppure alle tante storie anonime, drammatiche, devastanti, scritte e cancellate nella frazione di uno sparo. I bulli si moltiplicano nelle classi come nelle strade, le droghe sono intese come prodotti di uso comune, le regole un optional. Gli adolescenti si difendono attaccando, la famiglia alla finestra ad aspettare, la scuola ricompone la trama trascinando i piedi come un vecchio che ne ha viste troppe per rimanere almeno un po’ indignato. Forse occorre chiedersi se l’autorevole assente in questo protrarsi di contraddizioni e accuse incrociate, sul disagio e la devianza dei più giovani, non sia il fantasma della comunicazione, quella che sottoscrive la soglia di attenzione necessaria affinchè la volontà ad ascoltare e discutere si propaghi nel rispetto dei ruoli e delle competenze, e non scompaia furtivamente alle prime stanchezze dovute ai fallimenti. Nel branco che colpisce, il bullo vince e impara a non fare prigionieri, la violenza è lo strumento di riordino delle idee piegate di lato, una sorta di potere rincorso per arginare chi deride, peggio, opprime con l’indifferenza. Ragazzi difficili ai quali consegnamo l’idolatria dell’immagine, grimaldello per ogni difficoltà che si presenti a sbarrare il passo.

Duri di cartone crescono intorno, nonostante i nostri sforzi, i consigli per gli “ acquisti “ chiaramente disinteressati, soprattutto indicanti una cultura dei bicipiti bulimici. Pugni nello stomaco al più debole, violenza sulla ragazzina meno arrendevole, disvalori del libero mercato, la vita è afferrata come uno scherzo, perché non c’è nulla di buono da aspettarsi dalle proprie capacità. Cosa dire a un bullo arrabbiato, a un ragazzo impreparato, quando sostiene che occorre pestare duro per ottenere le cose, per non essere superati, che la droga è una specie di orgasmo. Forse siete troppo giovani per comprendere bene che la regina delle bugie è proprio la violenza, esattamente come la droga, che ti fa intendere la libertà come una prostituta da inseguire e pagare per avere una prestazione, un piacere dal valore di un’illusione già morta, un piacere come dici tu, scomparso prima ancora di averlo raggiunto. Bullismo che si rigenera, normalità della droga, infantilismo adulto, sono cronaca quotidiana di eventi drammatici, come se ogni tragedia e ingiustizia fosse disadorna della più misera motivazione, anche quando la realtà ci mette con le spalle al muro.
Diluizione energetica è termine scientifico, per addetti ai lavori, insomma, per pochi intimi, eppure dovrebbe diventare dinamica di tutti i giorni, pratica quotidiana, affinché il più difficile dei ragazzi, entri in possesso della chiave di accesso, all’agire con il proprio cuore ma con rispetto dell’altrui misura. La violenza è compagna di viaggio di molta parte di umanità, in questo caso c’è il gesto di crudeltà fine a se stesso, la ricerca di prevaricazione, il dominio sull’altro, poco importa se ottenuto arrecando dolore al più debole, fragile, indifeso. Il branco usa tecniche ben collaudate, la bugia, l’inganno, il tradimento, esprime una caratura professionale consona alla sua età, per soggiogare, mettere sotto, rendere schiavizzata del proprio potere la vittima designata. La baby gang immobilizza il ragazzino, lo colpisce, gli urina addosso, tra scaracchi e risate sguaiate, poi è gia ora di ritornare a casa, ognuno con il proprio balzello ben calato nelle tasche vuote, e ciascuno conoscerà altre ferite, mentre il dolore del ricordo scaverà nelle carni un solco indelebile. Nella necessità di denudare di ogni giustificazione la violenza, c’è la chiave di accesso per ridefinire il problema di un disagio che riguarda tutti, non occorre trasformare il presente in una sorta di rivoluzione per veterani della morale e dell’etica, forse occorre solamente consegnare ai giovani buoni esempi, autorevoli perché credibili, smettendola di banalizzare le proprie mancanze, rifiutando di arrenderci all’avanzare di una vita troppo spesso travestita da fannullona, forse in questo modo saremo più vicini alla nostra libertà e alla nostra capacità di riscattarci.

Minori a rischio tra trasgressione e devianza, nel mondo degli adulti che perde contatto con la pazienza della speranza, non scommette più sul potenziale dei propri figli, non ne supporta più la crescita, come a voler sottolineare che non tutte le persone sono preziose.

Forse occorrerebbe imitare lo stile educativo di don Enzo Boschetti della Comunità Casa del Giovane di Pavia, il quale come un buon padre, pone domande ai suoi giovani ospiti, piuttosto che impartire ordini disimpegnanti, ciò per apprendere il valore di una strategia che parta dal rispetto per se stessi, per giungere alla considerazione e alla fiducia dell’altro.

Ai giovani di oggi bisogna credere, e non soltanto per puro interesse collettivo, ma perchè se ci si sente accettati, coinvolti a dare il meglio di sè, non si ha necessità di attirare l’attenzione con gesti eclatanti, destinati alla follia più lucida.

Ho avuto modo di ascoltare tante voci sottolineare che si parla “troppo” di bullismo, che forse non è vero che sia un fenomeno esteso, un atteggiamento aggressivo che da statistica è diventato dato esponenziale. Ho sentito adulti, padri, madri, affermare che forse non è intelligente discutere di vittime e carnefici nelle scuole, negli oratori, nelle strade, perché da noi non accade, da noi non ci sono bulli, da noi non c’è disprezzo delle regole, da noi è ben compreso e condiviso il valore del rispetto per le persone e per le cose.

“La mia scuola è esente da questi problemi, la mia famiglia è pulita, noi non facciamo uso di droga, né abbiamo prossimità con la violenza”, eppure tutto questo accade e pervade, dentro un paese piagato dall’ingiustizia, dalla prepotenza, dalla arroganza, per questo incapace di valorizzare ciò che è bene, incapace di farlo con il tono autorevole che gli compete. Però non ho sentito parlare di quegli adolescenti che invece dietro l’angolo fumano e calano giù, girano con il serramanico, sballano e menano, fuori dalle regole che invece sono tutela e garanzia per non soccombere ai singhiozzi che verranno.

Branco, baby gang, teppisti e bulli, molte le declinazioni, come le giustificazioni travestite da attenuanti, è violenza che scardina la libertà di crescere insieme, che nega il diritto di essere conformi nel rispetto dell’altro, che disperde il dovere di resistere fino in fondo, per essere degni di vivere con lo sguardo in alto, con il domani ben cucito sulla pelle.

Abitare la cattedra del colpevole, senza facili assoluzioni, è importante per rivedere il proprio passato, ritornare a ciò che è stato, rielaborando ogni trascorso, ancor di più è necessario farlo ora, per esser di aiuto davvero ai più giovani, ponendo termine a questo suicidio collettivo, quanto meno per non essere ancora una volta se non complici, corresponsabili nel silenzio.

Inserimento nelle graduatorie ad esaurimento iscritti alla SSIS

Con la sentenza n. 10847 depositata il 18.08.2015 il TAR del Lazio – Terza Sezione Bis – si è definitivamente pronunciato annullando il D.M. 1° aprile 2014 n. 235 recante “Aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo” valevoli per il triennio 2014-2017 laddove, all’articolo 1, non prevede l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, neppure con riserva, dei docenti che, iscritti alla SSIS IX ciclo, non hanno frequentato i corsi congelando la propria iscrizione, e si sono abilitati con il TFA ordinario.

Il Collegio ha censurato l’irragionevolezza e la disparità di trattamento del predetto decreto laddove esso, nel definire la platea dei soggetti aventi pieno titolo all’iscrizione nella GAE, restringe l’ingresso ai soli insegnati già iscritti con riserva nelle graduatorie ad esaurimento in attesa del conseguimento del titolo, senza invece considerare la categoria – assimilabile sotto il profilo della provenienza e dell’equivalenza (dove non della prevalenza) curricolare – di coloro che, pur ammessi alla SSIS, non hanno potuto frequentarla per concomitante frequenza di un dottorato di ricerca e che sono rimasti in permanenza in tale condizione di “congelamento” per la successiva mancata attivazione delle stesse scuole (nella specie nell’a.a. 2008/2009). Il tutto in un contesto nel quale non era dato prevedere la data di attivazione dei tirocini formativi attivi, avvenuta nei fatti solo molti anni dopo e all’esito dei quali i ricorrenti hanno conseguito l’abilitazione per le medesime classi di concorso nell’a.a. 2012/2013.

Infine, per ciò che concerne l’irragionevolezza della disposizione, il Giudice Amministrativo ha rilevato la mancanza di una chiara logica idonea, nello stabilire un asse di continuità tra SSIS e GAE, a fondare in modo ragionevole l’esclusione in parola.

Avv. Simona Manca

Faraone: abbiamo voltato pagina, dopo anni che non si era fatto nulla

da La Tecnica della Scuola

Faraone: abbiamo voltato pagina, dopo anni che non si era fatto nulla

Secondo il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, il XIII rapporto Cittadinanzattiva sulla sicurezza degli edifici scolastici va considerato tutto sommato in modo positivo.

“Dobbiamo guardare agli aspetti positivi: per la prima volta in Italia abbiamo un’anagrafe dell’edilizia scolastica, anche – ha detto – grazie alle sollecitazioni di associazioni come Cittadinanzattiva. E’ un inizio, ora dobbiamo arricchirla di dati. Entro gennaio i comuni saranno obbligati a fornire altri dati e noi stiamo sollecitando le amministrazioni”.

Anche sul fronte dell’edilizia scolastica Faraone ricorda che “il governo Renzi vi ha messo mano, dopo che per anni non si era fatto nulla. Abbiamo investito 4 miliardi di euro, una cifra enorme. Il governo ha preso un impegno, guardiamo all’aspetto positivo”.

Aumenti di stipendio, per Giannini la scuola parte in vantaggio

da La Tecnica della Scuola

Aumenti di stipendio, per Giannini la scuola parte in vantaggio

Per il ministro dell’Istruzione la questione del rinnovo contrattuale “va discussa in maniera collegiale, all’interno del governo”, ma la scuola parte con un punto di vantaggio.

Le parole del responsabile del Miur arrivano il giorno dopo la sentenza del tribunale di Roma, che ha chiesto alla presidenze del Consiglio e all’Aran di aprire le trattative del rinnovo dei contratti del comparto della conoscenza

Giannini ha detto di “condividere le indicazioni dei tempi date dal ministro Madia” secondo la quale bisogna aspettare la legge di stabilità per poter individuare le risorse. Poi però ha tenuto a dire che “la scuola parte comunque con un punto di vantaggio. Con la Buona Scuola sono stati di fato introdotti incrementi stipendiali, sia per tutti (card per l’aggiornamento dei docenti) sia con la quota del merito, uno dei punti centrali della riforma, per la quale sono stati messi a disposizione 200 milioni l’anno. Penso dunque che quando si arriverà al tavolo di contrattazione – ha concluso – ci sarà una base molto importante di partenza”.

Il ministro ha avuto modo di parlare anche delle supplenze: “il fenomeno dell’instabilità dei primi tempi è stato enormemente ridotto”, ha assicurato, sminuendo in tal modo le dichiarazioni di alcuni sindacati che parlano di caos delle supplenze. “Una semplice comparazione di quello che avveniva gli scorsi anni e di quello che è accaduto quest’anno fuga ogni dubbio – ha detto il ministro a margine di un convegno sulla Prima guerra mondiale – sulla situazione delle supplenze. Finora venivano sempre assegnate dopo l’inizio dell’anno scolastiche, quest’anno sono state attribuite tutte entro l’otto settembre, salvo qualche caso isolato”.

Il ministro ha quindi ricordato che il numero degli insegnanti prima della Buona Scuola era 750 mila, arriviamo a 100 mila in più a potenziamento realizzato, quindi si toccherà quota 850 mila. L’incidenza delle supplenze era del 12%, quest’anno arriviamo al 10% e l’anno prossimo verranno dimezzate”.

Dai sindacati maggioritari non sono giunte repliche. Che è invece arrivata dall’Anief, secondo cui “oggi, per bocca del ministro Giannini, si è finalmente capito chi aveva ragione. Siccome la matematica non è un’opinione, significa – osserva il sindacato – che a fronte di un milione di dipendenti della scuola, ben 100mila continuano ad essere supplenti. Ed è esattamente la cifra che il sindacato aveva indicato due mesi fa. Si tratta di una cifra altissima, in linea con il passato. E che, come gli altri anni, produrrà un inizio di anno scolastico caotico e all’insegna del ‘balletto'” delle cattedre”.

“Per noi l’ammissione odierna del ministro dell’Istruzione – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief – equivale a una resa delle armi. Perché significa che la riforma della scuola ha fallito il suo obiettivo”. “Giannini, anziché esaltarsi, farebbe bene a fare un passo indietro: questi numeri dimostrano che non è in grado di gestire il Miur“.

L’Anief ha anche criticato il ministro per i contratti. “Sul mancato adeguamento stipendiale dei docenti della scuola, il Governo continua a stare fermo. Perché le parole di apertura espresse oggi dal ministro dell’Istruzione, alla luce della sentenza del tribunale di Roma, che ha chiesto alla presidenze del Consiglio e all’Aran di aprire le trattative del rinnovo del contratto della scuola, non contengono nulla di nuovo: primo – spiega il sindacato – perché i 500 euro annui in busta paga per l’aggiornamento dei docenti non rappresentano alcun ‘incremento stipendiale’, come invece vorrebbe far credere Giannini; in secondo luogo, perché quello introdotto con ‘la quota del merito, uno dei punti centrali della riforma, per la quale sono stati messi a disposizione 200 milioni l’anno’, rappresenta solo un’applicazione del Decreto Legislativo 150/09, voluto dall’allora ministro Renato Brunetta: un decreto che ha legato gli incrementi in busta paga con il livello delle performance professionali, in perfetto stile aziendale”.

Presentato il XIII Rapporto di Cittadinanzattiva su sicurezza e qualità delle scuola

da La Tecnica della Scuola

Presentato il XIII Rapporto di Cittadinanzattiva su sicurezza e qualità delle scuola

La sicurezza delle scuole nel nostro Paese lascia ancora a desiderare: quattro edifici su dieci hanno una manutenzione carente, oltre uno su cinque presenta lesioni strutturali, in quasi la metà dei casi gli interventi strutturali non sono stati effettuati.

L’Anagrafe dell’edilizia scolastica, varata ad agosto, resta ancora un’opera non aggiornata ed incompleta, non certo la fotografia nitida da cui partire per programmare la messa in sicurezza delle scuole. E’ questo il quadro presentato stamattina da Cittadinanzattiva con il XIII Rapporto su sicurezza, qualità ed accessibilità a scuola.

La sicurezza delle scuole nel nostro Paese lascia ancora a desiderare: quattro edifici su dieci hanno una manutenzione carente, oltre uno su cinque presenta lesioni strutturali, in quasi la metà dei casi gli interventi strutturali non sono stati effettuati. Più della metà delle scuole, inoltre, si trova in zona a rischio sismico e più di una su dieci a rischio idrogeologico.

L’Anagrafe dell’edilizia scolastica, varata ad agosto, resta ancora un’opera non aggiornata ed incompleta, non certo la fotografia nitida da cui partire per programmare la messa in sicurezza delle scuole: un esempio, all’ICS Eufemia di Gizzeria Lido (CZ) sono in corso lavori per sistemare molte delle criticità segnalate da Cittadinanzattiva, peccato che le condizioni in cui si trova la scuola non siano rilevate dalla Anagrafe. O ancora, la scuola elementare di Laigueglia (SV) risulta dal database come scuola sicura e senza necessità di particolari interventi, difatti lo stesso Comune l’aveva inserita tra i punti di ritrovo in caso di emergenza: peccato che a giugno un’intera parete della palestra sia crollata sull’adiacente ferrovia.

E sui finanziamenti ricevuti con #scuolebelle, i dirigenti ringraziano ma rilanciano: uno su tre non aveva richiesto quel tipo di interventi e sette su dieci dichiarano che la propria scuola aveva bisogno di interventi ben più urgenti.
E’ questo, in estrema sintesi, il quadro presentato stamattina da Cittadinanzattiva con il XIII Rapporto su sicurezza, qualità ed accessibilità a scuola. 101 gli edifici scolastici monitorati in 13 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia e Veneto). Il Rapporto di quest’anno contiene un focus di indagine su ulteriori 80 scuole, interessate dai finanziamenti del Governo per #scuolebelle. E a margine è stata diffusa un’ulteriore indagine “Occhio all’Anagrafe” con cui Cittadinanzattiva ha messo alla prova, per 98 scuole del suo campione, il nuovo database dell’edilizia scolastica.

Giannini: Il rinnovo dei contratti sarà affrontato dopo la legge di stabilità

da tuttoscuola.com

Giannini: Il rinnovo dei contratti sarà affrontato dopo la legge di stabilità
Sulle supplenze, l’instabilità dei primi mesi è stata ridotta

Il tema del rinnovo dei contratti nel settore della scuola “lo affronteremo in modo collegiale all’interno del governo e per quanto riguarda i tempi non posso che condividere le indicazioni date dal ministro Madia: bisogna aspettare la legge di stabilità. Tuttavia, mi preme sottolineare che con la legge la Buona Scuola gli stipendi degli insegnanti sono aumentati, sia per tutti, con la card da 500 euro, sia con la quota di 200 milioni all’anno destinata al merito“. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, a margine di un convegno sulla Prima guerra mondiale a Roma rispondendo ai giornalisti in merito alla sentenza arrivata ieri dal tribunale di Roma che ha sancito l’obbligo, per la presidenza del Consiglio e l’Aran di rinnovare il contratto di lavoro dei lavoratori della scuola.

Per quanto riguarda le supplenze “il fenomeno dell’instabilità dei primi tempi è stato enormemente ridotto“, ha spiegato il ministro.

Una semplice comparazione di quello che avveniva gli scorsi anni e di quello che è accaduto quest’anno fuga ogni dubbio – ha detto il ministro – sulla situazione delle supplenze. Finora venivano sempre assegnate dopo l’inizio dell’anno scolastiche, quest’anno sono state attribuite tutte entro l’otto settembre, salvo qualche caso isolato“.

Il ministro ha quindi ricordato che “il numero degli insegnanti prima della Buona Scuola era 750 mila, arriviamo a 100 mila in più a potenziamento realizzato, quindi si toccherà quota 850 mila. L’incidenza delle supplenze era del 12%, quest’anno arriviamo al 10% e l’anno prossimo verranno dimezzate“.

Cittadinanzattiva, ancora troppi ritardi sulla sicurezza interna alle scuole

da tuttoscuola.com

Cittadinanzattiva, ancora troppi ritardi sulla sicurezza interna alle scuole
Lo rivela il XIII Rapporto su sicurezza, qualità ed accessibilità a scuola, presentato dall’organizzazione

La sicurezza delle scuole nel nostro Paese lascia ancora a desiderare: quattro edifici su dieci hanno una manutenzione carente, oltre uno su cinque presenta lesioni strutturali, in quasi la metà dei casi gli interventi strutturali non sono stati effettuati. Più della metà delle scuole, inoltre, si trova in zona a rischio sismico e più di una su dieci a rischio idrogeologico. È quanto denuncia Cittadinanzattiva con il “XIII Rapporto su sicurezza, qualità ed accessibilità a scuola” che ha monitorato 101 edifici scolastici monitorati in 13 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia e Veneto).

Non solo, dal Rapporto emerge inoltre che l’Anagrafe dell’edilizia scolastica, varata ad agosto, resta ancora un’opera non aggiornata ed incompleta, non certo la fotografia nitida da cui partire per programmare la messa in sicurezza delle scuole. E sui finanziamenti ricevuti con #scuolebelle, i dirigenti ringraziano ma rilanciano: uno su tre non aveva richiesto quel tipo di interventi e sette su dieci dichiarano che la propria scuola aveva bisogno di interventi ben più urgenti.

Il contesto ambientale. Il 73% delle scuole monitorate, rileva Cittadinanattiva, è situato in zona a rischio sismico, il 14% in zona a rischio idrogeologico, il 4% in zona a rischio industriale, il 5% a rischio vulcanico, il 5% in zona a elevato inquinamento acustico. Per quanto poi riguarda lo stato degli edifici, dal rapporto emerge che il 39% delle scuole ha uno stato di manutenzione mediocre o pessimo, una su cinque (21%) presenta lesioni strutturali per lo più sulla facciata esterna (41%), sui corridoi (38%), nelle palestre (27%).

Il 15% delle aule presenta distacchi di intonaco o segni di fatiscenza. Di fronte alla richiesta di piccoli lavori di manutenzione, nel 12% dei casi l’ente proprietario non è mai intervenuto e nel 21% lo ha fatto con molto ritardo. Nel caso di richiesta di lavori di manutenzione strutturale, ben più lunghi e onerosi, nel 45% delle situazioni l’ente non è intervenuto.

Banchi (20%) e sedie (18%) rotti, arredi non a norma nella metà delle aule: stare in classe non è proprio comodo. All’avvio dell’anno scolastico il preside del Liceo Troja di Andria ha invitato i ragazzi a portarsi sedia e banco da casa perché ne mancavano all’appello 60 e la scuola non può comprarli.. Da anni i bambini della scuola elementare di Lampedusa, insieme ai loro genitori, lottano per avere aule sicure e dignitose.

Non va meglio, denuncia Cittadinanattiva, per gli spazi all’aperto. I cortili sono presenti nell’87% delle scuole monitorate. Nel 93% dei casi sono recintati, ma lo stato della recinzione è pessimo in una scuola su cinque. Talvolta vengono usati come magazzino, con presenza di ingombri e di rifiuti non rimossi; in una scuola su tre sono utilizzati come parcheggio, dal personale e dalle famiglie. L’88% è dotato di uno spazio verde e nel 28% anche di una area gioco o sportiva attrezzata. Il 42% dei bagni è sprovvisto di carta igienica, il 53% di sapone, il 77% di asciugamani e il 49% di scopini per il wc.

Per quanto riguarda poi la sicurezza interna il Rapporto di Cittadinanattiva denuncia che mancano scale di sicurezza nel 26% delle scuole monitorate; solo il 34% presenta vetrate a norma; le porte con apertura antipanico sono assenti nel 74% delle aule, nell’89% dei bagni, nel 65% delle aule computer, nel 54% dei laboratori, nel 47% delle mense e nel 37% delle palestre e anche nel 15% dei cortili dove sarebbero obbligatorie per legge.

In più di una scuola su quattro, inoltre, l’impianto elettrico è completamente o parzialmente inadeguato; quasi una scuola su tre ha un impianto anti-incendio in stato arretrato. 340 gli incidenti accorsi, nell’ultimo anno, a studenti e personale delle scuole monitorate: in 45 casi è stato chiesto l’intervento del 118, in 40 è stato disposto il trasferimento in ospedale.

Il 74% delle scuole ha un sistema di vigilanza all’ingresso dell’edificio ma solo l’11% è dotato di telecamera o simili. Ancora frequente (44%) la cattiva abitudine di lasciare i cancelli aperti durante le ore di lezione. Certificazioni e segnaletica. Poco più di una scuola su tre possiede il certificato di agibilità statica (38%), quello di agibilità igienico-sanitaria (35%), e quello di prevenzione incendi (32%). Il 98% ha nominato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, solo il 6% il medico competente. Il piano di emergenza è presente in tutte le scuole, mentre il documento di valutazione dei rischi è stato redatto nel 97%.

Le prove di evacuazione sono effettuate con regolarità nel 98% delle scuole, per lo più relativamente al rischio incendio (86%) e sismico (81%). Veramente rare (5%) le prove per rischio idrogeologico. La piantina con i percorsi di evacuazione è presente nel 92% delle scuole, la segnalazione delle uscite di emergenza nell’85%.

Cittadinanzattiva, in crescita gli episodi di bullismo e vandalismo a scuola

da tuttoscuola.com

Cittadinanzattiva, in crescita gli episodi di bullismo e vandalismo a scuola

Il rapporto “XIII Rapporto su sicurezza, qualità ed accessibilità a scuola” di Cittadinanzattiva presentato oggi denuncia la preoccupante crescita degli episodi di bullismo, che nell’ultimo anno hanno interessato il 36% degli istituti monitorati (lo scorso anno era solo il 10%).

Una scuola su tre ha subito nell’ultimo anno atti di vandalismo, il 14% anche episodi di criminalità all’interno e il 9% nei pressi dell’edificio. Da un’analisi della stampa locale, Cittadinanzattiva ha recensito 45 casi di vandalismo in scuole di ogni ordine e grado, in centri piccoli e grandi: furti di lavagne multimediali e materiale tecnologico, muri imbrattati, libri incendiati, vetri rotti sono tra le azioni vandaliche più frequenti.

Su questo tema, è intervenuta con una dichiarazione la deputata e responsabile scuola e università di Forza Italia, Elena Centemero:  “I dati di Cittadinanzattiva sul bullismo nelle scuole forniscono lo spaccato di un Paese nel quale il percorso educativo appare accidentato da ostacoli sociali e relazionali“.

È uno scenario – ha spiegato – di fronte al quale nessuno può rimanere indifferente perché spesso dai traumi psicologici del periodo adolescenziale derivano conseguenze che influiscono sulla crescita dei ragazzi e sul loro futuro. Per questo è necessario un approccio pragmatico, in un’alleanza che abbracci famiglie, scuole, istituzioni e associazioni“.

Secondo Centemero, “l’obiettivo di tutti deve essere quello di una vera e propria offensiva culturale per insegnare ai ragazzi il rispetto delle differenze e promuovere l’inclusione sociale dei giovani con handicap o di nazionalità diverse. Anche fra i banchi di scuola, una corretta educazione all’affettività deve essere l’antidoto alla prevaricazione e al bullismo, perché da qui passa il rispetto per le persone“.

Miur: entro novembre chiusa ultima fase delle assunzioni straordinarie

da tuttoscuola.com

Miur: entro novembre chiusa ultima fase delle assunzioni straordinarie

Da quest’anno, grazie alla legge n. 107 del 2015 lo Stato ha la facoltà di potenziare il sistema scolastico, incrementando di ben 55.258 posti l’organico docente e assumendo in ruolo, su questi nuovi posti e sugli altri liberi da anni, 102.734 docenti, 66.107 in più rispetto a quanti se ne sarebbero potuti assumere a legislazione previgente. La gran parte di queste assunzioni sarà effettuata quest’anno, le ultime entro novembre quando terminerà la cosiddetta fase C del piano straordinario di assunzioni“.

A dirlo è stato il sottosegretario all’Istruzione Garbiele Toccafondi rispondendo, nell’aula della Camera, a una interpellanza del Movimento 5 stelle sul piano di assunzioni previsto dalla legge sulla ‘buona scuola’.