Alunni disabili e sostegno, le mamme raccontano i primi giorni di scuola

Alunni disabili e sostegno, le mamme raccontano i primi giorni di scuola

Va meglio ma non per tutti. “Bisogna sempre fare rumore per farsi sentire e ottenere ciò che ci spetta di diritto”: è la conclusione tratta dalla mamma di un bimbo autistico. Storie belle e meno belle, alla fine della prima settimana di scuola. Ricorsi gratuiti con Anief

da Redattore sociale
20 settembre 2015

ROMA – Alina è soddisfatta ma solo a metà: quest’anno l’insegnante di sostegno per suo figlio c’era fin dal terzo giorno (un record positivo, rispetto agli anni passati) ed è specializzata. Ma manca l’assistente. Anche Patrizia è contenta, “non posso dire che quest’anno sia perfetto, ma mio figlio è entrato in classe fin dal primo giorno ed è un bel risultato”. Il figlio di L. invece è “coperto” solo due giorni a settimana, il martedì e il venerdì, perché si sostegno ha avuto solo 10 ore e l’assistenza ancora non c’è. La mamma di Christian sta lottando per avere l ‘insegnante che spetta al suo bambino autistico, “ma no accetto di toglierla ad altri bambini, magari a chi è ancora più fragile. Non può vincere solo chi fa rumore”. E poi c’è un altro Christian, a Valmontone, che a quanto pare inizia di nuovo a trascorrere le ore nella stanza del silenzio, che tanto clamore aveva destato lo scorso anno. Luci e ombre, insomma, su questo nuovo anno scolastico, dove la campanella suona puntuale, ma non per tutti. Di nuovo, come nel settembre scorso, abbiamo scelto di dar voce ad alcune mamme, tornando a cercare anche quelle che, allora, ci raccontarono le loro difficoltà e le loro battaglie: casi per lo più risolti, ma dopo strenue battaglie e una grande fatica.

Alina, che l’anno scorso ci raccontava i disagi e le mancanze dei primi giorni, oggi è un po’ più soddisfatta: “L’insegnante di sostegno è arrivata il terzo giorno di scuola ed è specializzata: proprio di sostegno e non precaria come l’anno scorso. Quindi andiamo bene”. I problemi però non mancano: “non sappiamo ancora quando arriverà l’assistente educativo e sono sicura che passerà molto , dovrò ricominciare con le denunce”. Combattere, d’altra parte, pare necessario: “la guerra che ho fatto l’anno scorso ci ha fatto avere, adesso, l’insegnante già dal terzo giorno. Chissà che lunedì non arrivi pure l’assistente…”
Ancora più contenta, seppure con cautela, è Patrizia, che lo scorso anno si era vista costretta a sedere al banco insieme a suo figlio: “quest’anno invece, fin dal primo giorno, Matteo è stato accolto dalla sua nuova insegnante di sostegno e dalla sua assistente educatrice. Così è riuscito a entrare in classe fin da subito e a rimanerci qualche minuto. Il quinto giorno di scuola e, sebbene due giorni fa Matteo abbia avuto una grossa crisi, stamattina era nuovamente in classe. Questo dimostra come un sostegno specializzato faccia la differenza e dimostra anche quanto il mio bambino sia coraggioso e determinato. Non posso dire che tutto quest’anno sia perfetto ma è giusto così. La difficoltà sta nel fatto che Matteo fa molta fatica a fidarsi e anche io e mio marito siamo molto dibattuti tra la voglia di potersi finalmente rilassare e il non riuscire ad abbassare le antenne. E poi mi chiedo: è proprio necessario arrivare a tanto per vedere rispettati i diritti di un bambino con una disabilità grave?”

Sulle criticità che, immancabilmente, si verificano per gli studenti disabili all’apertura della scuola, si è intanto attivata Anief: “i nostri legali – fa sapere l’associazione – patrocineranno gratuitamente i ricorsi per ottenere la corretta attribuzione delle ore di sostegno e tutelare, così, il loro diritto all’istruzione e all’integrazione.  Il sindacato chiede la collaborazione di tutti i docenti e di tutti i dipendenti della scuola per una corretta e tempestiva informazione alle famiglie”. E riferisce il presidente, Marcello Pacifico: “i risultati raggiunti sinora attraverso i tribunali ci danno ragione. Perché una buona scuola deve essere prima di tutto una scuola giusta che aiuta i ragazzi più deboli e non li abbandona mai, neanche in nome dei ‘sacri’ vincoli di bilancio”. Le istruzioni utili per proporre il ricorso potranno essere richieste scrivendo a sostegno@anief.net (cl)

Del dirigente scolastico che formula gli indirizzi ma non approva il pof

Del dirigente scolastico che formula gli indirizzi ma non approva il pof
Ovvero: dell’illusione di rinnovare la scuola attraverso gli indirizzi

di Mario D’Adamo

La riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, approvata durante la scorsa estate con la legge n. 107, non so quanto possa assicurare l’innovazione e il progresso che tanti anche su questa rivista auspicano nella progettazione di una buona scuola; sono certo, però, che non appartenga alla categoria delle innovazioni significative il trasferimento della competenza dal consiglio di circolo/istituto al dirigente scolastico di definizione degli indirizzi per la redazione del piano dell’offerta formativa, sulla base dei quali prima il collegio dei docenti lo elabora poi il consiglio di circolo/istituto lo approva. Devo anzi dire che mi preoccupa non tanto che sia ora un dirigente scolastico a definire gli indirizzi (i dirigenti, si sa, sono volenterosi e pieni di buone intenzioni) ma che l’atto formale di approvazione del piano dell’offerta formativa rimanga in capo al consiglio di circolo/istituto, poiché ciò equivale a porre le premesse di conflitti tra organi. Prima della riforma il sistema aveva una sua coerenza: il consiglio emanava gli indirizzi e il collegio elaborava il testo. Se il consiglio accertava la rispondenza del piano con i propri indirizzi, lo adottava; se non lo adottava, lo rispediva al mittente. Ora da un lato il dirigente emana gli indirizzi, dall’altro non è poi lui ad approvare il piano; la competenza resta radicata nel consiglio, anche con la metamorfosi del verbo (da “adottato” ad “approvato”). Di quali mezzi dispone il dirigente per cambiare i contenuti del piano che non rispettano i suoi indirizzi? Dirlo nel consiglio, ma quest’organo, nel quale il dirigente ha solo il suo voto, può approvare lo stesso il Pof. Lo stesso dicasi della fase elaborativa a cura del collegio, che può declinare gli indirizzi nei più svariati modi, non tutti coerenti con le idee che il dirigente aveva al momento di formularli (gli indirizzi). È vero che il ds può sospendere l’esecuzione delle delibere, segnalando il caso all’Ufficio scolastico regionale, ma è una strada tutta in salita, soprattutto se si tiene conto del fatto che gli indirizzi non sono una puntuale definizione di istituti giuridici e di prassi pedagogico – organizzative ed educativo – didattiche ma indicazione di percorsi; e attenzione a non urtare la libertà di insegnamento o le competenze di merito del collegio. Se poi gli indirizzi non sono di cristallina evidenza, come emerge dalla lettura di alcuni lacerti, il gioco è fatto.

La buona scuola non verrà dunque dal trasferimento di competenze dai consigli ai dirigenti, ci vuole altro. E poi, come pensare che gli indirizzi, che prima il consiglio d’istituto adottava spesso accogliendo senza modifiche le proposte del dirigente, possano cambiare ora che il dirigente li elabora in prima persona? I dirigenti non sono mica dei dott. Jekyll e mr. Hide.

Tre piccole notazioni. Nessuna proroga è alle viste della scadenza del 31 ottobre per l’approvazione del pof: un’autorità amministrativa, il ministero, non può spostare una scadenza decisa dal legislatore. Sarebbe un’indebita invasione di campo. In ogni caso, la nuova norma non interessa l’anno scolastico in corso. Il piano da adottare entro il prossimo mese di ottobre riguarda il triennio successivo 2016/2019 (art. 1, comma 12, della l. 107). Il pof di quest’anno dovrebbe già essere stato adottato, con gli indirizzi del consiglio e non del dirigente.

È vero che richiami e rimandi rendono non chiaro il testo di disposizioni che nuove leggi modificano ma parlamento e presidenza del consiglio hanno provveduto a rimediare all’inconveniente e hanno da tempo aperto un portale (www.normattiva.it), che consente di consultare le norme nel loro testo originario e nel testo vigente, facendo così risparmiare agli operatori del diritto un faticoso lavoro di ricostruzione.

La disposizione, infine, che tratta del Pof è contenuta nel comma 14 dell’articolo 1, che è anche l’unico della legge 107. Nell’articolo del collega Stefanel “gli indirizzi del dirigente” e negli allegati a esso la parola “articolo”, che precede i numeri 14, 28, 29, 30, 33 e 35, andrebbe quindi sostituita con “comma”.

L’istruzione abbandonata

L’istruzione abbandonata

Franco Buccino

(Repubblica ed. Napoli 20 settembre 2015)

L’anno scolastico, anche a Napoli, è cominciato in tono dimesso: se n’è parlato poco. Non c’è più quell’atmosfera del primo giorno: i ragazzi, dalle elementari, arrivano con smartphone e tablet; i genitori neanche li accompagnano; gli insegnanti, tranne qualcuno, hanno altro a cui pensare; inutile cercare lacrime, bronci, nastri e grembiuli, gessi, lavagne e odore di scuola. E poi la scena l’hanno rubata altri avvenimenti. Da mesi si parla ogni giorno del piano assunzioni dei precari e di “buona scuola”, quella del premier Matteo Renzi. Non tenuta in grande considerazione dagli studenti delle superiori che hanno già esposto striscioni di protesta. Neanche i precari sono contenti: pochi in più finora sono passati di ruolo e per province lontane; hanno ottenuto quest’anno la supplenza in casa e per tempo, ma nella fretta gli uffici scolastici hanno fatto molti errori. Come ogni anno.

Ma poi c’è stato altro di cui interessarsi in queste ultime settimane: criminali vecchi e nuovi, morti ammazzati, perfino ragazzi, sparatorie in pieno centro, “paranze di bambini”, cittadini terrorizzati. Episodi così gravi che hanno innescato reazioni d’ogni tipo, manifestazioni, fiaccolate, e poi discussioni, discussioni interminabili, fiumi di parole, polemiche, stomachevoli strumentalizzazioni politiche. Tra l’altro si è detto che le scuole hanno perso l’occasione di dare avvio all’anno scolastico partecipando alle iniziative contro la malavita organizzata, per la legalità. In realtà è stata una fortuna non prender parte a tali iniziative. Perché, diciamocelo, gli studenti e le loro scuole sono stanchi di essere coinvolti e qualche volta obbligati a partecipare a commemorazioni, anniversari, sempre da spettatori mai da protagonisti. Speriamo che durante l’anno scolastico trovino il tempo per approfondire il triste fenomeno che condiziona il loro presente e il loro futuro, e che facciano esperienze concrete di democrazia partecipata e di legalità.

E soprattutto speriamo che le scuole siano messe in condizione di svolgere il loro compito primario con adeguate risorse umane e materiali. Proprio in questi giorni Save the Children ha pubblicato un rapporto sullo stato della scuola nella nostra regione. Alcuni dati: un adolescente su tre, in Campania, è sotto la soglia minima di competenze in matematica. Uno su quattro in lettura. I dati diventano ancora più drammatici in quartieri come la Sanità e Barra, dove l’associazione ha aperto “punti luce” per combattere la povertà educativa. Una povertà che, come tutte le povertà, nasce da mancati interventi pubblici o da interventi sbagliati. In questi giorni in cui tutti parlano e scrivono del quartiere Sanità, la cosa più interessante l’ho trovata in una lettera pubblicata su Repubblica da un consigliere della terza municipalità: un lungo elenco di chiusure e tagli nel quartiere, dall’ospedale ai presidi sanitari, ai servizi sociali, culturali, alle scuole. Le scuole nelle aree a rischio dovevano salvarsi dal processo di dimensionamento e dai tagli, invece sono state le prime ad essere colpite. Le conseguenze sono dispersione e devianze. E c’è chi continua a teorizzare la necessità di faraonici progetti di recupero su tali fenomeni conclamati anziché di interventi ordinari sulle cause che li originano.

All’inizio dell’anno scolastico, a Napoli e in Campania, occorrerebbe riflettere sul destino delle scuole e sul carattere esemplare delle loro storie. Anche per comprendere gli episodi di criminalità di queste settimane. Per capire che siamo vittime non solo della malavita. E per non rassegnarci, forti della generosità dei nostri studenti.

C. Wolf, Cassandra

Il tempo superato

di Antonio Stanca

 

«…ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dì mortale,
venne…» Foscolo, Dei Sepolcri.

 

wolfUn’altra donna, Cassandra, la leggendaria figlia di Priamo, re di Troia, città dell’Asia Minore collocata sulle rive dell’antico Scamandro, è la protagonista di un altro romanzo di Christa Wolf, la scrittrice tedesca di origine polacca, nata nel 1929 e morta nel 2011. Aveva ottantadue anni e non solo aveva scritto tanto, poesie, diari, racconti, romanzi, critica letteraria, ma aveva anche fatto tanto. Era vissuta nella Repubblica Democratica Tedesca, aveva preso parte alla sua formazione dopo gli eventi della Seconda Guerra Mondiale, aveva militato nelle file del partito marxista, non aveva distinto tra il suo impegno letterario e quello politico, sociale, aveva fatto dei problemi suoi e di ogni donna dei suoi tempi, dei suoi ambienti, quelli delle protagoniste di molte sue opere, aveva creduto nella funzione sociale, didattica della letteratura, era stata convinta che l’opera non fosse solo dell’autore ma di tutti perché di tutti doveva dire e a tutti doveva giungere quanto in essa contenuto, quanto da essa significato. Solo così si poteva sperare di avviare quel processo di formazione di una nuova coscienza civile del quale tanto si parlava e al quale erano affidate tante speranze.

Non mancarono le critiche per certe sue convinzioni e per alcuni comportamenti tenuti in pubblico dalla Wolf ma estesi furono anche i riconoscimenti come quando nel 1963 le fu assegnato il premio letterario Heinrich Mann per il suo romanzo d’esordio, Il cielo diviso, che nel 1964 sarebbe diventato un film e che oggi risulta tra i migliori della letteratura contemporanea. La Rita dell’opera che, dopo le alterne vicende vissute col suo Manfred nella Germania divisa, verrà da questo lasciata e si vedrà costretta a tornare a credere solo in sé, nella sua capacità, nella sua volontà, nel suo coraggio, diventerà una figura ricorrente nella Wolf scrittrice. Attraverso essa vorrà dire che la donna deve formarsi, deve prepararsi ad essere sicura, a farsi valere, ad affrontare imprevisti, pericoli anche a rischio di rimanerne vittima dal momento che tutto avviene in un ambiente per secoli permeato da maschilismo. Ma un’isolata femminista risulterà la Wolf e tale rimarrà. Isolata e inascoltata sarà pure la protagonista di Cassandra, romanzo scritto nel 1983 e recentemente ristampato dalla casa editrice E/O di Roma con la traduzione dal tedesco e la postfazione di Anita Raja (pp.143,€10,00).

Nella leggenda, nel mito è andata questa volta la Wolf a trovare il suo esempio di donna sola, destinata a non essere creduta, della troiana Cassandra ha scritto, della sacerdotessa di Apollo da lui investita di poteri profetici ma condannata a non essere ascoltata perché non gli si era concessa. Ne ha fatto la protagonista del romanzo e come negli altri anche in questo la scrittrice non si è solo proposta di mostrare quella femminile come una grave condizione che dura da secoli ma ha pure inteso alludere, tramite quanto rappresentato, ai tempi moderni, ha voluto fare della vicenda narrata la metafora di una più ampia situazione, di un più pericoloso momento storico quale quello attuale. In tal modo la Cassandra che per tutto il romanzo parla di sé e degli altri, della sua e della loro vita, delle sue e delle loro vicende, dei tempi, dei luoghi, dei popoli, degli uomini, degli dei dell’epoca, che scongiura i Troiani di entrare in guerra contro i Greci, che nella guerra vede la rovina della città, che in nessun altro ammonimento, in nessun’altra profezia è stata ascoltata in precedenza, la Cassandra che assiste inerme a Troia che brucia dopo l’inganno del cavallo di legno, rappresenta per la Wolf la voce dei grossi pericoli che corre il mondo d’oggi sospeso tra le ambizioni, le pretese, le rivalità di capi di stato che sono diventati tanto potenti, che si fanno tanto valere da non prestare ascolto a nessun invito alla pace, a non temere la guerra. Un mondo sempre al limite della guerra nucleare è diventato il moderno e la Wolf che lo grida è la Cassandra che ha superato il tempo per predire, senza essere creduta, questo grave pericolo che incombe sull’umanità.

Non poteva trovare esempio migliore! In Cassandra la Wolf ha voluto identificare se stessa anche in nome delle tante difficoltà, dei tanti problemi che le avevano procurato le sue convinzioni, fossero culturali, politiche, morali, religiose, delle tante volte nelle quali non era stata ascoltata. Come Cassandra è stata la Wolf, come quella di Troia sarà la storia del mondo e non c’era modo più idoneo per esprimere entrambe.

Per una manifestazione nazionale della scuola il 24 ottobre e per uno sciopero nella prima parte di novembre

Il popolo della scuola pubblica chiede ai sindacati che hanno indetto i grandi scioperi di maggio-giugno di convocare una manifestazione nazionale e uno sciopero generale contro gli effetti nefasti della legge 107 – la cattiva scuola di Renzi – e per un forte recupero salariale
Proponiamo agli altri sindacati che il 24 ottobre si svolga a Roma una oceanica manifestazione nazionale e che lo sciopero della scuola venga effettuato nella prima parte di novembre, dopo la presentazione della Legge di stabilità
Nonostante una straordinaria  stagione di lotta del popolo della scuola pubblica (e in primo luogo di docenti ed Ata con i grandi scioperi del 5, 6 e 12 maggio contro il progetto Renzi e l’Invalsi, e il plebiscitario blocco degli scrutini dal 3 al 14 giugno, il governo, pur vacillando ripetutamente, ha infine imposto dittatorialmente la volontà renziana di disgregare la scuola pubblica, varando la legge 107/2015. Ma, contrariamente alle previsioni governative, nelle scuole non c’è stata la resa e l’abbandono del conflitto! In questi giorni nelle scuole si susseguono enormi assemblee unitarie (su tutte quella straordinaria di Firenze, con 4000 presenti) che testimoniano la volontà diffusa di impedire la realizzazione degli effetti nefasti della legge 107, con particolare riferimento alla grottesca pretesa di individuare tramite il Comitato di valutazione i “buoni” docenti da premiare e i “cattivi” da punire, nonché di usare nel Piano triennale i docenti come tappabuchi, disposti a tutto in quanto assunti e licenziati per volere sovrano di presidi-padroni, modello Marchionne.
Ma docenti ed Ata segnalano con forza che non si può rinchiudere tale lotta solo all’interno delle singole scuole e chiedono con insistenza che i sindacati che hanno condotto lo scontro con la cattiva scuola di Renzi negli scioperi di maggio e giugno, riprendano unitariamente le fila di quell’epico conflitto e diano vita in tempi ragionevolmente rapidi ad un nuovo e plebiscitario sciopero generale della scuola e ad una oceanica manifestazione nazionale, ove chiamare a raccolta tutti i settori popolari a cui sta a cuore la difesa e il miglioramento della scuola pubblica. Per la verità la richiesta prevalente è stata finora quella di far coincidere lo sciopero con la manifestazione nazionale. Ma dobbiamo prendere atto che i cinque sindacati (Cgil-Cisl-Uil-Snals-Gilda), che insieme a noi hanno convocato gli scioperi di maggio-giugno, hanno indetto una giornata di mobilitazione per il 24 ottobre con manifestazioni regionali. Dalle assemblee unitarie nelle scuole (ma anche da assemblee nazionali come quella svolta dai Comitati LIP) è venuta non solo la forte pressione per lo sciopero e la manifestazione nazionale ma anche la richiesta che ciò avvenga mantenendo l’unità senza precedenti che ha fatto fare un salto di qualità alle mobilitazioni: e dunque sarebbe sbagliato  contrapporre a questa data (cade di sabato quando circa la metà dei docenti non lavora), un’altra ove sia possibile far coincidere sciopero e manifestazione nazionale.
D’altra parte nella seconda parte di ottobre avremo a disposizione il testo della Legge di Stabilità, da cui apparirà chiarissimo che, pur obbligato da una sentenza della Corte Costituzionale a rinnovare il contratto, il governo non ha alcuna intenzione di restituire neanche una parte del salario perso (almeno il 20%) nell’ultimo decennio da docenti ed Ata: ci saranno solo ridicole briciole, in cambio delle quali Renzi vorrebbe imporre nel contratto l’applicazione normativa della 107: e dunque la volontà dei lavoratori/trici di recuperare il maltolto salariale potrà aggiungere altra benzina nella macchina del conflitto. Perciò, si può anche impostare la lotta su due giornate, una di manifestazione nazionale e una di sciopero generale. In tal senso, proponiamo agli altri sindacati che il 24 ottobre si svolgano non manifestazioni regionali ma una grandiosa manifestazione nazionale a Roma, da gestire unitariamente; e che si convochi nella prima parte di novembre uno sciopero generale della scuola per la cancellazione degli effetti nefasti della 107 e per un forte recupero salariale per docenti ed Ata, escludendo l’applicazione della 107 nel contratto. Riteniamo che le date preferibili siano il 6 o il 13 novembre, disposti a prendere in considerazione altre date, a patto che non si vada oltre la metà del mese. Attendiamo una risposta, precisando, per chiarezza, che, qualora non ne ricevessimo in tempi ragionevoli, dovremmo procedere alla convocazione, pur con la massima disponibilità a rivederne la data unitariamente.
Ricordiamo che in queste mobilitazioni confluirà sia l’indignazione degli Ata che, oltre a vedersi togliere posti in organico di diritto e bloccare l’assunzione dei precari per lasciar posto ai dipendenti delle Province, non possono essere sostituiti (i bidelli addirittura per 7 giorni, oltre ai docenti per il primo giorno) in caso di assenza; sia quella dei precari, per nulla “stabilizzati” ma resi “precari triennali” ricattabili, costretti nel ruolo deprimente di “supplenti tappabuchi” o addirittura condannati alla disoccupazione malgrado la nota sentenza della Corte Europea di giustizia.
Facciamo dunque appello ai Cinque perché si possa lanciare insieme la manifestazione nazionale a Roma per il 24 ottobre e lo sciopero generale nella prima parte di novembre; e nel contempo invitiamo tutti i lavoratori/trici della scuola, i collettivi e comitati locali e nazionali – nonché gli studenti che sciopereranno e manifesteranno già nella prima decade di ottobre – affinché si lavori congiuntamente per la realizzazione unitaria di questi due momenti cruciali di lotta.

Piero Bernocchi  portavoce nazionale COBAS

Grembiluli diversi

GREMBIULI DIVERSI NIENTE UGUALE ANCHE NELLA SCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 545

TUTTO E TUTTI DIVERSI ANCHE NELLA SCUOLA.

 

Andate in giro per il bosco.

Non troverete due alberi eguali.

Osservate le trecento pecore di un gregge.

Non ne troverete due eguali.

Osservate i vostri venticinque alunni.

Non ne troverete due eguali.

Andate in giro per il mondo intero.

Non troverete due persone uguali.

La Bellezza della DIVERSITà.

E voi che fate?

Imponete i grembiulI uguali!

Fate pure.

Ma poi non punite i due compagni che hanno scritto temi uguali!

Quale contraddizione!

Questo è l’anno della SCUOLA BUONA.

Valorizziamo la DIVERSITà.

Cominciamo dai grembiuli.

GREMBIULI DIVERSI PER ALUNNI DIVERSI!

−Oddio che sciocca quel Signore, indossa uno smoking uguale a quello dello sposo!

E a scuola?

Non sono consentiti grembiuli uguali!

Al Corso li avete visti i vostri alunni nella loro passeggiata domenicale?

Venticinque, Cinquanta, Cento… tutti con abiti diversi!

La bellezza della Diversità.

La ricchezza della Diversità.

La salvezza della Diversità.

Anche nella SCUOLA BUONA.

Anche nella SCUOLA BUONA gli studenti sono tutti diversi.

Anche nella SCUOLA BUONA le professoresse sono tutte diverse. E meno male!

Anche nella SCUOLA BUONA gli studenti vestono grembiuli tutti diversi.

Ve le immaginate le Professoresse con i grembiuli tutti uguali?

Ve li immaginate i Dirigenti ed i Collaboratori vicari con i grembiuli tutti uguali?

NO!

Nella SCUOLA BUONA gli alunni hanno diritto alla loro sacrosanta diversità anche nel vestire.

E, quindi, è d’obbligo il grembiule diverso!

Oddio, protesterà il merciaio!

Mica la scuola deve essere vittima del globalismo economico!

Anzi, deve combatterlo.

Deve valorizzare la diversità.

Il mondo non è monocromo

Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo lo stesso orizzonte.

«Laudata sii, Diversità delle creature, sirena del mondo…».

Misurato come sempre, D’Annunzio intonava questo roboante inno alla Diversità tra le creature, sul modello del celebre cantico di san Francesco.

In verità, non è detto che l’essere diversi e molteplici sia sempre un incanto.

Un altro famoso poeta come William Blake, che aveva per primo definito la Bibbia «il grande codice» della nostra cultura, doveva però riconoscere in una sua lirica che «entrambi leggiamo la stessa Bibbia giorno e notte / ma tu leggi nero dove io leggo bianco!».

Sta di fatto, comunque, che la varietà della mente, dei cuori, delle esperienze è da considerare come un arcobaleno dotato di un suo fascino: immaginate che tristezza un mondo monocromo o un’umanità daltonica!

La diversità è strutturale alla realtà, come ci ricorda la battuta che sopra ho citato e che è attribuita a un grande statista tedesco, Konrad Adenauer (1876-1967).

La sua è una considerazione che intreccia due coordinate. L’una è verticale ed è l’unità “celeste” del genere umano: in tutti noi corre la stessa linfa e abbiamo il medesimo tessuto “adamico”, siamo creature umane basilarmente uguali.

L’altro asse è orizzontale e si sfrangia in mille prospettive, rivelando così la pluralità e quindi le differenze.

C’è una suggestiva metafora rabbinica che afferma: Dio ha fatto tutti gli uomini con lo stesso conio ma, a differenza delle monete che risultano uguali, le creature umane sono tutte diverse (si pensi solo alle impronte digitali).

In questo mese di viaggi in luoghi estranei, scopriamo allora l’arazzo mirabile della diversità e dunque il rispetto e la tolleranza.

(Da AVVENIRE Http://www.avvenire.it/rubriche/Pagine/Il%20mattutino/Il%20mondo%20non%20e%20monocromo_20110802.aspx?Rubrica=il%20mattutino )

Non sto parlando di GENDER.

Sto parlando della ricchezza di ogni umana creatura.

La sua inconfondibile diversità.

Sa difendere, da coltivare, da valorizzare!

A cominciare dai GREMBIULI SCOLASTICI.

Tutti diversi.

Nei colori.

Nei disegni

Nelle forme.

Anche quelli delle Professoresse!

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”

 

Lotteria Scuola

LOTTERIA SCUOLA CONCORSO A PREMI di Umberto Tenuta

CANTO 544 “gli insegnanti saranno umiliati ogni anno dal “concorso a premio” all’italiana, un meccanismo deleterio che innesca nella scuola la competizione invece della collaborazione (https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=66194)

 

La legge della giungla non è forse la competizione?

E la società non è forse un giungla?

E la BUONASCUOLA non deve forse preparare a vivere nella giungla della società?

E così sia!

La nostra ministra, oh che ministra!

Ha provveduto immantinemente.

Competizione necessita, e competizione sia!

Mica la nostra Ministra è una sprovveduta.

Appena nominata ministra dell’Istruzione, saggiamente davvero, Ella di Saggi gentiliani si è provveduta.

Nihil novi sub sole.

Che sono queste innovazioni della COOPERAZIONE?

Cooperazione economica, cooperazione culturale, cooperazione politica.

MARE NOSTRUM.

Qui ci vuole COMPETIZIONE.

E competizione sia.

Sin dalla scuola dell’infanzia.

Albi d’onore.

Medaglieri.

Guerrieri.

Guerrieri i nostri giovani!

La Patria vi attende.

Competere oportet.

Se guerra deve essere, guerra sia.

Sin dalla scuola dell’infanzia.

Sin dalla scuola primaria.

Sin dalla scuola secondaria.

Oh gentiliana Riforma, quanto mi sei cara!

−O miei gentili consiglieri, mi ci vuole una riforma della competizione!

−O Gentile Stefania, mica è difficile.

Oggi c’è il copia e incolla.

−Svegliate dal loro letargo gli archivisti ministeriali, perchè dalle secolari polveri traggano i sacri testi del R. D. 6/5/1923, n. 1054: Ordinamento della istruzione media e dei convitti nazionali. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 129 del 2/6/1923.

-Spolveratela, lucidatela, mettetela a nuovo e copiatela sul mio tablet e su quelli degli Onorevoli Deputati e Senatori della Repubblica italiana.

Reperto storico, non si modifica, non si falsifica, nel testo integrale lo si approva.

Ecco la SCUOLA DELLA COMPETIZIONE!

Comb… competere!

−Io competo

−Tu competi

−La Professoressa compete

−Noi studenti competiamo

−Voi docenti competete

−I Dirigenti competono.

Evviva Evviva Evviva la COMPETIZIONE!

Abbasso − Abbasso − Più Abbasso la COOPERAZIONE!

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”

 

 

Seduti

SEDUTI di Umberto Tenuta

CANTO 543 Ditemi come stanno seduti i vostri studenti e vi dirò che docente siete.

 

Un’indagine INVALSI da mille dollari!

Niente preoccupazioni dei docenti.

Niente prepreparazioni degli alunni.

In qualsiasi giorno di qualsiasi settimana di qualsiasi mese di qualsiasi anno si scatta una qualsiasi fotografia da qualsiasi angolazione di una qualsiasi aula.

TRE FILE DI BANCHI BIPOSTI

Monoposti o biposti, non importa.

Importano le file.

Allineati e coperti.

In fila indiana, mica portoghese!

Sguardi convergenti sul docente.

Bocca aperta, solo quella della docente.

Solo LEI ha diritto di parola.

Parla nel SILENZIO UNIVERSALE.

Avete capito?

È la scuola della SIGNORA LEZIONE.

Signora, con quella bocca può dire quel che vuole.

Tanto, nessuno, nessuno, nessuno l’ascolta.

La sua lezione è già preregistrata nel TABLET.

A casa la si ascolta senza noiosi brusii.

Se non capisci, sei uno stupido studentello.

Ma non importa.

Mica la scuola fa distinzione tra stupidi e intelligenti.

La lezione è uguale per tutti.

E poi che importa capirla?

Importa invece memorizzare, cioè immagazzinare nelle celle della memoria.

Quando l’arcigna professoressa ti interroga, tu non avere paura.

Tocchi il bottone e il tuo altoparlantino monotono ripete.

Quante volte la Professoressa ama ascoltarsi.

Quello che solo importa è che tu non modifichi una sola sillaba di quello che la Professoressa ha vomitato dopo averlo ingoiato la sera prima a casa sua.

Oddio che puzza in quest’aula.

Puzza di venticinque vomiti!

CINQUE TAVOLI TETRAPOSTI

Maschi e femmine.

Alti e bassi.

Magri e grassi.

Che bel Varietà!

Nessuno tace.

Ognuno dice la sua.

MARIA: Se i lati sono quattro, si tratta di un QUADRILATERO.

ALDO: Se i lati opposti sono paralleli si tratta di un PARALLELOGRAMMA.

ANTONELLA: Se i lati opposti sono uguali si tratta di un ROMBO.

LUCIA: Se i lati opposti e i quattro angoli sono uguali si tratta di RETTANGOLO.

LUCIANA: Se lati ed angoli sono tutti eguali si tratta di un QUADRATO.

La Professoressa, meravigliata e contenta, applaude:

−Grazie, o giovani baldi e fieri, sono stata davvero brava!

−Vi ho saputo talmente motivare e guidare che avete scoperto da soli quello che io volevo far apprendere.

E sì!

Veramente brava questa Professoressa con la P maiuscola.

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Decreto Legge 20 settembre 2015, n. 146

Decreto-Legge 20 settembre 2015, n. 146

Misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione. (15G00165)

(GU Serie Generale n.219 del 21-9-2015)

 
 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
  Visti gli articoli 9, 77 e 87 della Costituzione; 
  Visto gli articoli 3 e 101 del decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n. 42, e successive modificazioni; 
  Rilevata la straordinaria necessita' e urgenza di  adottare  misure
che assicurino la continuita' del servizio pubblico di fruizione  del
patrimonio storico e artistico della Nazione; 
  Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella
riunione del 18 settembre 2015; 
  Sulla proposta del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  del
Ministro dei beni e delle  attivita'  culturali  e  del  turismo,  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,  il  Ministro
del  lavoro  e  delle  politiche  sociali,   il   Ministro   per   la
semplificazione e la pubblica amministrazione; 
 
                              E M A N A 
                     il seguente decreto-legge: 
 
                               Art. 1 
 
 
Modifiche alla legge n. 146 del  1990  in  materia  di  sciopero  nei
                     servizi pubblici essenziali 
 
  1. All'articolo 1, comma 2, lettera a), della legge 12 giugno 1990,
n. 146, e successive modificazioni, dopo le parole: "di vigilanza sui
beni culturali;" sono aggiunte le seguenti: "l'apertura  al  pubblico
di musei e luoghi della cultura, di cui all'articolo 101 del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;". 
                               Art. 2 
 
 
                          Entrata in vigore 
 
  1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso  della  sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  italiana  e
sara' presentato alle Camere per la conversione in legge. 
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare. 
    Dato a Roma, addi' 20 settembre 2015 
 
                             MATTARELLA 
 
 
                                Renzi, Presidente del  Consiglio  dei
                                ministri 
 
                                Franceschini,  Ministro  dei  beni  e
                                delle  attivita'  culturali   e   del
                                turismo 
 
                                Padoan,  Ministro   dell'economia   e
                                delle finanze 
 
                                Poletti, Ministro del lavoro e  delle
                                politiche sociali 
 
                                Madia,      Ministro      per      la
                                semplificazione   e    la    pubblica
                                amministrazione 
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando