CONTRATTO E LEGGE 107, IN PIAZZA IL 28 NOVEMBRE

CONTRATTO E LEGGE 107, FGU IN PIAZZA IL 28 NOVEMBRE

Anche la Federazione Gilda-Unams scenderà in piazza a Roma il prossimo 28 novembre con gli altri sindacati per chiedere con forza un rinnovo dignitoso del contratto e la modifica della riforma dell’istruzione.

“Le risorse stanziate nella legge di Stabilità per il rinnovo del contratto – afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Fgu – sono a dir poco irrisorie , mettere nel piatto appena 219 milioni di euro per tutto il pubblico impiego è una provocazione che lascia intendere la chiusura del Governo rispetto a una contrattazione seria e, dunque, la volontà di lasciare il contratto bloccato alle attuali condizioni”.

“La Fgu – aggiunge Di Meglio – manifesterà anche per denunciare ancora una volta il caos provocato dalla legge 107 e chiedere certezza del diritto attraverso la definizione chiara degli ambiti di intervento, così da porre fine alle continue incursioni legislative operate in ambito contrattuale dai Governi nel corso dagli anni a partire da Brunetta. In mancanza di risposte certe – conclude il coordinatore nazionale – il percorso verso lo sciopero generale appare inevitabilmente segnato”.

Due proposte per la scuola

Due proposte per la scuola:

la prima tratta il tema della contemporaneità: le difficoltà che si riscontrano nel trattarlo a scuola, sia per la mancanza di tempo ma soprattutto per la difficoltà di intercettare un punto di sintesi.
Il tentativo è quello di fornire degli spunti interpretativi ai docenti non solo di storia ma anche di scienze, arte ecc, attraverso quattro incontri con esperti sul tema.

La seconda invece è la proposta di 4 gruppi di lavoro su tematiche inerenti la legge 107/15, la riforma della scuola.

Arte Quantistica: nuove visioni del futuro della conoscenza

Arte Quantistica: nuove visioni del futuro della conoscenza

Paolo Manzelli* e Daniela Biganzoli**

 

 

 

 

 

Sunto: A fondamento del futuro processo di cambiamento culturale è lo sviluppo della “QUANTUM BRAIN THEORY” (QBT) che comporta un profondo cambiamento della percezione da falsamente oggettiva a virtuale e probabilistica. Il funzionamento quantistico delle attività cerebrali in sintesi porta ad affermare che : “il mondo che percepiamo corrisponde ad uno scenario virtuale delle probabili interazioni genetiche con l’ ambiente“.

 

Parole Chiave: arte quantistica, cervello quantistico, percezione quantistica, scienza quantistica.

 

Abstract: At the foundation of the future process of cultural change and the development of “QUANTUM BRAIN THEORY” (QBT), it involves a profound change of perception by falsely objective to virtual and probabilistic vision. The operation of the quantum brain activity in synthesis leads to state that: “the world we perceive corresponds to a virtual scenario of probable genetic interactions with the ‘environment’.

 

Keyword: quantum- art, quantum-brain, quantum-perception, quantum-science.

 

Citazione: Manzelli P., Biganzoli D., Arte Quantistica: nuove visioni del futuro della conoscenza. «ArteScienza», Anno.

 

 

1.Premessa

A partire dal principio di Indeterminazione (1927), la fisica quantistica, ha rivoluzionato il nostro modo di vedere il mondo, mettendo in evidenza i limiti concettuali della visione oggettiva, del realismo tradizionale di un mondo separato dall’effettiva capacità di costruzione cerebrale del soggetto.

In seguito la biologia quantistica applicata al sistema vivente, (Schroedinger 1944) ha dimostrato come il riduzionismo meccanico della scienza genera una visione locale e deterministica dell’ambiente percepito che è solo un’utile simulazione macroscopica della realtà[1]. E’ proprio a partire da questi aspetti del cambiamento cognitivo della scienza quantistica che Egocreanet, a partire dal 2012, ha iniziato a promuovere la nuova prospettiva d’innovazione creativa dell’Arte Quantistica con l’ intento di far nascere nuovi sviluppi coscienti delle opportunità creative prodotte da una simbiosi transdisciplinare tra arte e scienza quantistica.

 

  1. L’Arte nell’era digitale.

 

 

Nel passaggio da una cultura digitale rapidamente affermatasi ad una cultura di rinnovamento della conoscenza l’arte contemporanea vive oggi in una condizione di generale apatia creativa. I nuovi media digitali rendono anonima l’espressione artistica in quanto facilmente duplicabile così che la sfida creativa dell’arte moderna nel sviluppare espressioni estetiche innovative viene in gran parte inibita[2].

Pertanto con la predominanza della rapidità comunicativa ed interattiva di internet, l’arte visiva tende a perdere la propria identità creativa chiudendosi nel ricercare sensazioni di effetto emotivo ovvero trovate originali sul piano commerciale e reclamistico, piuttosto che produrre idee innovative generative di una estetica anticipativa di nuove conoscenze coerenti con le esigenze di cambiamento culturale, scientifico e sociale contemporaneo, coniugate con una dimensione critica ed etica dello sviluppo economico percepibile per tramite nuovi significati espressivi dell’ arte.

Alcune eccezioni alla perdita di spinta creativa e di significato estetico dell’arte contemporanea sono state sviluppate a partire dal convegno Egocreanet su: “FUTURE HORIZON OF QUANTUM ART AND AUGMENTED REALITY” nel movimento dell’Arte Quantistica, che si e’ assunto responsabilmente la promozione di un programma di “arte e scienza” con finalità euristiche tese ad esprimere visioni innovative delle conoscenze strettamente correlate alla moderna neuro-estetica ed alla scienza quantistica.[3] Lo Sviluppo dell’ “entanglement”(intrigo) tra arte e scienza quantistica, ha prodotto fino ad oggi un programma di riconversione semantica ed estetica, ottenibile a partire dal sistematico superamento del riduzionismo “meccanico ” della società industriale al fine di favorire nuovi orizzonti di creatività della futura società della conoscenza[4].

 

  1. Il Cervello Quantistico

Le potenzialità espressive che provengono dalle nuove finalità di fare Arte Quantistica nel promuovere una estetica scientifica nell’era virtuale, hanno il fulcro nel ribaltamento del dualismo tra soggetto ed oggetto della percezione sensoriale prodotta dalla Teoria del Quantum Brain (QBT) che applica al cervello le conoscenze acquisite dalla bio-quantistica proponendo una netta transizione dalla vecchia Cultura Meccanica alla moderna Cultura Quantistica. Nel quadro cognitivo della QBT il cervello non è più semplicemente una macchina che elabora segnali fisici di informazione (fotoni, ed altri segnali vibrazionali elettrici o meccanici) recepiti dall’ occhio e dai sensi; ciò in quanto il “cervello quantistico” elabora l’informazione genetica ed epigenetica con modalità che trasformano l’informazione fisica in modelli biologici di probabilità percettive e sensoriali che danno vivo significato al mondo che ci circonda[5]. L’epigenetica (dal greco epì = “sopra” ) è l’informazione proveniente dall’ambiente che induce l’espressione dell’informazione genetica descritta dal DNA, la molecola a forma di nastro a doppia elica chiuso su se stesso, nel quale è registrato il codice segreto di ciascuno di noi. Il DNA sarebbe pertanto uno scrigno inutile, senza un cervello che, interpretando l’informazione epigenetica, consente di decifrare il DNA per creare immagini, suoni, colori ed altre sensazioni che percepiamo. Per la QBT ciò che vediamo e percepiamo non è quindi un film fotograficamente riproduttivo del mondo esterno; infatti, sappiamo che le immagini e le sensazioni costruite internamente dal cervello, le possiamo anche sognare con gli occhi chiusi in uno stato semi-cosciente. La realtà esterna nota per tramite segnali epigenetici viene letta dal cervello integrandola con l’informazione genetica; il cervello nel procedere a tale combinazione informazionale per la costruzione di immagini e sensazione si comporta come un computer bio-quantistico. Il risultato di tale elaborazione cerebrale sono pertanto modelli di probabilità che vediamo e percepiamo come previsione anticipativa delle nostre possibili interazioni con l’ ambiente. Pertanto con la QBT il dualismo Cartesiano che rende inconciliabili “pensiero e materia” così come la tradizionale contrapposizione tra “Natura e Cultura”, perdono ora di ogni significato cognitivo; inoltre di conseguenza alla rottura di tali barriere dualistiche si aprono oggi nuovi orizzonti alla creatività scientifica ed artistica. In particolare l’azione di Egocreanet orientata a favorire lo sviluppo del movimento di “Arte Quantistica” mette in evidenza le nuove opportunità di indagare le dinamiche di integrazione transdisciplinare tra arte e scienza al fine di costruire una cultura innovativa e dirompente, sulla base delle possibilità creative di modulare, con l’immaginario artistico, l’informazione epigenetica così da indurre un’espressione estetica ed emozionale innovativa orientata a prendere coscienza dei profondi cambiamenti dell’ecosistema.

 

 

  1. L’Arte Quantistica

 

L’Arte Quantistica ricrea la passione per l’arte in quanto abbandona definitivamente la sua relazione con il concetto di osservazione del mondo esterno (fondamentale nella scienza sperimentale meccanica) e lo sostituisce con la capacità di rendere visualizzabili tramite espressioni estetiche innovative i processi cerebrali quantistici di creazione interiore di forme ed emozioni, che senza l’immaginazione creativa dell’artista  rimarrebbero oscuri ed incomprensibili in quanto concepiti esclusivamente sul piano prettamente cognitivo della scienza[6].

Tale complementarietà tra “arte e scienza quantistica” induce l’artista ad esprimere rappresentazioni  che non sono più completamente arbitrarie perché prive di significato scientifico[7].

La crisi contemporanea dell’arte sta proprio nel produrre opere dell’ immaginazione con una capacità rappresentativa ed emotiva  fine a se stessa, fondamentalmente basata su una opinabile critica retorica, esclusivamente orientata nel  far crescere il  valore economico/mercantile della produzione artistica.

Viceversa l’Arte Quantistica diviene anche essa  un’attività di ricerca conoscitiva capace di investigare le prospettive future di sviluppo, che vanno al di là della pura e semplice ipotesi, in quanto sono coerenti con le  esigenze di una profonda revisione cosciente del cambiamento  concettuale che è reso necessario dall’ esigenza di attuare un superamento delle concezioni meccaniche riduttive della scienza che sono state in voga durante tutta l’epoca industriale. In tal misura  l’Arte Quantistica  essendo anch’essa un prodotto del “cervello quantico”, diventa una forma collaborativa del rinnovamento quantistico della scienza, poiché attraverso i processi di visualizzazione propone ed anticipa soluzioni per una rinnovata  ricerca sulla realtà non osservabile ed occulta costruita interiormente dal cervello, riuscendo ad esprimersi come probabile forma di evoluzione del pensiero creativo[8].

 

  1. L’Arte quantistica di Daniela Biganzoli (Dab)

 

L’arte, nel suo procedere non lineare, ha subito una trasformazione graduale e progressiva che vede oggi la nascita di una nuova forma espressiva, l’Arte Quantistica. Questa diviene il vettore ideale per trasmettere una nuova coscienza, indagando e rendendo manifesti gli aspetti più misteriosi della Scienza. L’arte quantistica si rivolge al Microcosmo, al mondo delle particelle subatomiche, ad una realtà invisibile e immateriale dove non si possono conoscere gli oggetti, ma solo le loro relazioni; una realtà dove tutte le cose e tutti gli eventi sono interconnessi.

L’Arte, come diceva Paul Klee, non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è. L’Arte quantistica fa proprio questo, mostra, evidenzia quello che spesso altri linguaggi non riescono a dire, fornendo una nuova concezione del mondo meno limitativa e condizionante. L’Arte quantistica diviene linguaggio ideale per un cambiamento radicale di paradigma, una visione olistica che cerca di comprendere la realtà delle cose nel suo insieme. Una visione che non è più pensiero individualista ed egocentrico ma collettivo divenendo un canale veicolante verso un cambiamento radicale della realtà. L’arte, infatti, rappresenta il miglior linguaggio perché possiede un’intensità superiore a quello parlato e scritto. Pensiamo ad esempio a Van Gogh, con l’opera “Notte stellata”, dipinto mentre osservava il cielo notturno dal manicomio dove era ricoverato a causa della sua psicosi. Gli astronomi ultimamente si sono accorti che questo grande artista senza rendersene conto era riuscito a rappresentare nella sua opera il comportamento della turbolenza nella dinamica dei fluidi, uno dei fenomeni più difficili da capire per la scienza. Infatti, soltanto molti anni più tardi, nel 1941 il russo Andrej Kolmogorov riuscì a descriverne il suo comportamento.

Per Van Gogh era importante cogliere il movimento della luce e i suoi effetti che riproduceva con pennellate marcate. Cercava di ricreare l’intensità visiva che si ottiene da una percezione diretta della realtà. Come?Ad esempio con l’uso armonioso dei colori complementari, tenendo presente che più si mischiano e si sovrappongono i colori, meno luce riflette l’opera. Uno degli aspetti più straordinari del cervello umano è la capacità di riconoscere dei modelli e descriverli.

Negli artisti la percezione è particolarmente intuitiva tanto da accedere a nuovo sapere, a una realtà dinamicamente possibilista. Una realtà dove gli eventi coesistono in stati sovrapposti fin da prima di potersi manifestare nel presente.

La Scienza classica riduzionista, che si basa sulla convinzione di poter smontare ogni cosa per isolarne le singole componenti e studiarle una alla volta, sta attraversando un momento di profonda trasformazione e rinnovamento. È una scienza che non tiene conto che negli esseri viventi il tutto è superiore alla somma delle parti, secondo la visione olistica. La fisica quantistica sta veramente rivoluzionando l’intera concezione della realtà. Le implicazioni delle scoperte degli ultimi decenni, tuttavia, non hanno ancora nemmeno cominciato a scalfire le nostre convinzioni acquisite ormai da secoli durante tutta l’epoca industriale. La scienza è progredita oltre la nostra capacità di comprendere. Feynman, premio Nobel per la fisica, sosteneva che la nostra immaginazione riesce a comprendere solo la materia, il tempo che scorre verso il futuro e le tre dimensioni. Siamo prigionieri di certi schemi interpretativi da noi stessi creati nel passato. Le impalcature mentali, le ideologie, i concetti, le opinioni, condizionano sempre il nostro agire.

La scienza, secondo David Bohm, consiste nel creare nuove modalità percettive che ci permettono di ampliare gli orizzonti del pensiero, così da estendere la nostra intuizione oltre il senso comune, fino a comprendere un mondo che effettivamente si trova al di là della nostra percezione e creare nuove visioni. Ciò che emerge supera, infatti, ogni immaginazione, per questo è necessaria la collaborazione degli artisti che si affidano alla fantasia, alle intuizioni. Heisemberg, uno dei fondatori della meccanica Quantistica oltre che premio Nobel per la Fisica, sosteneva che:

“… gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso ai punti di interferenza tra due

diverse linee di pensiero”[9].

 

 

  1. Conclusioni

 

Già Galileo Galilei si rese conto della relatività della percezione osservando che la Luna quando appare la sera dietro un monte ha una dimensione molto più grande di quando sembra levarsi verso il cielo. La variazione osservata della dimensione delle grandezze fisiche della luna rappresenta, infatti, la probabilità delle aspettative di interazione relativa tra osservatore ed osservato[10].

In seguito ad aver preso coscienza delle nuove possibilità d’immaginazione creatrice derivanti del connubio transdisciplinare tra arte e scienza, la moderna Arte Quantistica si propone di dare sviluppo alla transizione tra la vecchia scienza dualistica che divide la mente dalla materia ed una nuova dimensione paradigmatica del pensiero creativo, proponendo una rinnovata sintesi non più limitata ad un esercizio riproduttivo del mondo esteriore. Infatti, l’Arte quantistica unisce l’universo esterno a mondi interiori, in una nuova prospettiva che mette in evidenza la reale “indeterminazione” del conoscere che deriva dall’imprescindibile relazione di simultaneità relativa tra l’osservatore e l’osservato. L’estensione al funzionamento del cervello (QBT) estende il “principio di indeterminazione”, mentre contemporaneamente determina una più ampia libertà di evoluzione delle conoscenze con modalità d’ innovazione culturale coerente ed olistica che divengono più coscienti di una effettiva realtà dove l’uomo stesso e la sua creatività sono parte integrante della natura della vita nel nostro pianeta.

 

 

 

 


[1]
Presidente della ONG di R&S EGOCREANET e Docente di Chimica Fisica, Dipartimento di Chimica dell’ Università di Firenze; egocreanet2012@gmail.com.


[1]
Pittrice e designer e responsabile del Movimento “quARte” di Arte Quantistica, promosso da EGOCREANET, ONG di Ricerca e Sviluppo dell’Università di Firenze; daniela.biganzoli@gmail.com.

[1]
[1] Erwin Schrödinger, ”What is Life?”, Cambridge University Press
[2]
[2]http://www.steppa.net/html/scienza_arte/scienza_arte1.htm

[3]
[3] http://met.provincia.fi.it/news.aspx?n=131682

[4]
[4]Brian Clegg ,“The God Effect: Quantum Entanglement, Science’s Strangest Phenomenon”, 1st St. Martin’s Griffin ed.

[5]
[5] https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=59450 ; http://gsjournal.net/Science-Journals/Essays-Ecology%20-%20Life/Social%20Sciences/Download/6217
[6]
[6] https://dabpensiero.wordpress.com/2014/09/01/quantum-art-design-paolo-manzelli/

[7]
[7] Rosella Lupacchini, Annarita Angelini,“The Art of Science”, Springer International Publishing, 2014.

[8]
[8] http://neuroesthetics.org/pdf/lartista_e_un_neurologo.pdf

[9]
[9] Fritjof Capra, “Il Tao della fisica”, Gli Adelphi, 2007

[10]
[10] http://www.meteoweb.eu/2012/03/la-luna-piena-dietro-il-monte-hamilton-ad-est-di-san-jose/123601/123601/

Question time

Il Parlamentare PD, Davide Zoggia, commenta la risposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca della Repubblica Italiana, Stefania Giannini esposta oggi, mercoledì 28 ottobre 2015, durante il question time, all’interpellanza presentata la settimana scorsa sul ritardo del sistema scolastico per l’organizzazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro. L’interpellanza era stata sottoscritta da trenta parlamentari con primo firmatario Davide Zoggia.

“ Sono soddisfatto delle risposte del Ministro Giannini che ha recepito le difficoltà della situazione e  l’urgenza di risolvere questo grave ritardo nell’attuazione dei percorsi di alternanza scuola – lavoro che sono fondamentali per facilitare l’inserimento dei giovani nel contesto lavorativo. Il completamento del registro nazionale degli enti coinvolti e la formazione di insegnanti tutor che seguano gli studenti nelle ore di apprendimento lavorativo sono due driver fondamentali per realizzare questa svolta culturale che finora è stata disattesa. Auspico che al più presto questa situazione di stallo dovuta per lo più da una certa diffidenza nell’aprire le porte da parte di  molte istituzioni al mondo della scuola e delle nuove generazioni si risolva. E credo che il Governo, che tra l’altro mette  a disposizione 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 per questa normativa stia lavorando nella giusta direzione”.

LA VOSTRA STABILITA’ LA NOSTRA PRECARIETA’

LA VOSTRA STABILITA’ LA NOSTRA PRECARIETA’
CONTRO IL GOVERNO RENZI FACCIAMOCI SENTIRE

Da mercoledì a venerdì Torino ospiterà la sfilata dei ministri del governo Renzi che farà la sua comparsa all’Assemblea Nazionale dell’ANCI, presieduta dal sindaco Fassino.
Giovedì 29 ottobre nel pomeriggio a Lingotto Fiere saranno presenti il presidente Matteo Renzi e il ministro dell’istruzione Giannini.
Nella città più indebitata d’Italia, sindaci e governo cercano di trovare un accordo ipocrita su come derubarci delle poche risorse pubbliche rimaste.
La contrapposizione tra enti locali e governo si risolverà nella solita messa in scena nella quale non abbiamo intenzione di schierarci. Con la legge di stabilità, infatti, non si fa che tagliare i finanziamenti pubblici, in particolar modo il diritto alla sanità; il Comune di Torino invece mascherandosi dietro lo specchietto per allodole del voler maggiori finanziamenti per il welfare da anni privatizza, svende e specula a scapito del diritto allo studio e all’abitare.
Il fallimento delle politiche del Pd è evidente tanto a livello nazionale quanto a livello locale: lungo tutto il paese la disoccupazione cresce, nonostante il tanto sbandierato Jobs-Act, e le possibilità di condurre una vita dignitosa si riducono ogni giorno di più.
La legge di stabilità oltre ad attaccare la sanità, non tiene minimamente conto delle necessità del mondo della formazione: la Buona scuola, il nuovo calcolo dell’ISEE ( causa di un aumento delle tasse e dell’esclusione dal diritto allo studio per migliaia di studenti) e la Buona Università si traducono nell’ennesimo definanziamento dell’istruzione. Come se non bastasse l’attacco si estende anche ai movimenti che in questi mesi sempre più vedono ridotta la loro agibilità e la loro possibilità di esprimersi: gli sfratti a Torino e Bologna, la violenza della polizia in università a Pisa e Roma e la negazione del diritto di sciopero dei lavoratori ne sono l’esempio
Per tanto di fronte a tale attacco non possiamo stare in silenzio!

Giovedì alle 15.30 studenti medi e universitari, lavoratori e insegnanti si troveranno in presidio davanti a Lingotto Fiere.

#EUDialogues

 #EUDialogues: dibattito con il Commissario UE Navracsics e il Ministro Giannini su cultura e istruzione

Il 28 ottobre 2015, alle ore 11.30, il Teatro Argentina di Roma ospiterà il Dialogo con i cittadini su cultura e istruzione. Tibor Navracsics, Commissario europeo per l’Istruzione, la cultura, i giovani e lo sport, e Stefania Giannini, Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca saranno presenti per rispondere alle domande dei cittadini.

Come utilizzare il Fondo europeo per gli investimenti strategici per sostenere il settore dell’istruzione? Quali sono le nuove priorità della collaborazione a livello europeo nel settore dell’istruzione e della formazione? Qual è il ruolo della scuola nel promuovere l’integrazione? Come possono la cultura e la diplomazia culturale contribuire a rafforzare la presenza dell’Europa sulla scena mondiale?

Partecipa al dibattito con Tibor Navracsics, Commissario europeo per l’Istruzione, la cultura, i giovani e lo sport, e Stefania Giannini, Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca. L’appuntamento è per il 28 ottobre alle 11.30 a Roma, al Teatro Argentina (Largo di Torre Argentina, 52).

Durante il dialogo saranno presi in esame i programmi di alternanza scuola-lavoro e il partenariato strategico avviato tra Commissione europea, Parlamento europeo e governo italiano per promuovere la dimensione europea dell’educazione civica nelle scuole italiane.

 

Per partecipare è necessario iscriversi compilando il modulo online.

Per seguire l’iniziativa anche in web-streaming e partecipare al dibattito su Twitter con l’hashtag #EUDialogues(account di riferimento: @europainitalia).

 

Cosa sono i Dialoghi con i cittadini?

Il Presidente Juncker ha inviato i membri della Commissione a “svolgere un ruolo politicamente attivo negli stati membri”, impegnandosi in un dialogo costante con i cittadini. Obiettivo del dialogo è spiegare le iniziative politiche europee e ascoltare idee, preoccupazioni e aspettative dei cittadini. I Dialoghi incarnano perfettamente questa esortazione: strumenti importanti di ascolto e partecipazioni, pensati per accompagnare l’agenda europea per tutti il ciclo di vita delle principali iniziative, dal loro annuncio fino all’attuazione, e strettamente legati alle 10 priorità della Commissione.

Il Comitato di valutazione, il commissariamento degli omnicomprensivi e la partecipazione

Il Comitato di valutazione, il commissariamento degli omnicomprensivi e la partecipazione

di Cinzia Olivieri

 

E’ rimessa al consiglio di istituto dal comma 129 della L 107/15, che ha rinnovellato l’art. 11 del Dlgs 297/94, la “scelta”, secondo le modalità liberamente adottate dallo stesso, di uno dei docenti e dei due genitori ovvero del genitore e dello studente che devono costituire il nuovo “comitato per la valutazione dei docenti”.

Per gli istituti omnicomprensivi, dove manca il consiglio di istituto, recenti FAQ ministeriali hanno stabilito che (n. 12) “Attualmente in queste istituzioni scolastiche particolari opera normalmente un commissario straordinario che provvederà a individuare i tre componenti previsti (docente, genitore/studente)”.

 

L’art. 2 comma 3 del DPR 233/98 – che ha indicato i parametri per effettuare il  dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell’art. 21 Legge n. 59 del 16.07.97 – ha previsto infatti la possibilità di costituire istituti comprensivi di scuole di ogni ordine e gradoNelle piccole isole, nei comuni montani, nonché nelle aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche … che si trovino in condizioni di particolare isolamento”. Sicché, mentre l’OM 267/95 è intervenuta agevolmente a normare le modalità di elezione negli istituti comprensivi e l’OM 277/98 nei casi di aggregazione anche di scuole secondarie di secondo grado, la CM 192/00 nel dettare le istruzioni per le elezioni degli organi collegiali nell’anno 2000/01, non ha potuto che disporre “Per quanto riguarda, invece, gli istituti comprensivi sia di scuole dell’obbligo che di scuole secondarie superiori, costituiti a norma dell’art. 2, comma 3 del D.P.R. 18.6.1998 n.233, le SS.VV. nomineranno il commissario straordinario, mentre si dovrà soprassedere ad indire le elezioni del consiglio d’istituto, in attesa delle istruzioni che questo Ministero si riserva di diramare non appena acquisito il parere del Consiglio di Stato in merito alla corretta ripartizione dei seggi tra le varie componenti.”

Invero la soluzione era e resta di carattere normativo dal momento che l’art. 8 del Dlgs 297/94 (antecedente al regolamento per il dimensionamento) non prevede la composizione del consiglio di istituto per questo tipo di istituzione scolastica e conseguentemente è impossibile definire le modalità di elezione delle componenti.

L’attesa dura da quindici anni ed anche la CM 18/15 ha stabilito “Nelle istituzioni scolastiche che comprendono al loro interno sia scuole dell’infanzia, primarie e/o secondarie di primo grado, sia scuole secondarie di secondo grado, invece, continuerà ad operare il commissario straordinario, non essendo ancora intervenuta una soluzione normativa circa la composizione del consiglio di istituto delle scuole in questione.”

Così, per effetto del progressivo inarrestabile processo di dimensionamento, attualmente un centinaio circa di istituti omnicomprensivi, praticamente in quasi ogni regione d’Italia (si annoverano: Sicilia, Marche; Abruzzo; Toscana; Campania; Veneto; Sardegna; Molise; Calabria, Puglia; Lazio; Liguria; Trentino Alto Adige; Lombardia, Umbria; Basilicata; Piemonte; Friuli) sono privi di consiglio di istituto, sostituito da un commissario straordinario.

Ma, a parte le considerazioni riguardo all’impoverimento di una selezione non più collegiale, quest’ultimo può da solo scegliere i membri del comitato definendo da sé anche i criteri di tale scelta?

In materia, storica fonte normativa è la CM 177/75, che forniva ulteriori istruzioni in prima applicazione del dpr 416/74 ed all’art. 9 afferma “(…) si chiarisce che in caso di scioglimento, con atto del provveditore agli studi, del Consiglio di Circolo o di istituto, s’intende sciolta anche la giunta esecutiva, essendo la stessa emanazione del consiglio. Conseguente allo scioglimento è la nomina da parte del provveditore agli studi, di un commissario straordinario, con il compito di preparare immediatamente le elezioni del nuovo consiglio e di provvedere agli improrogabili atti di amministrazione. Il commissario straordinario firma, unitamente al preside e al segretario di circolo o di istituto, gli ordini di incasso e di pagamento e qualsiasi atto contabile che comporti impegno di spesa

Analogamente il DI 28 maggio 1975, ora però sostituito dal DI 44/01 che nulla statuisce in merito, nel dettare le Istruzioni amministrativo-contabili per i circoli didattici, gli istituti scolastici d’istruzione secondaria ed artistica statali e per i distretti scolastici ha stabilito all’art. 9 rubricato Commissario straordinarioNei casi di scioglimento dei consigli di circolo o d’istituto e nel caso di nuove istituzioni, fino a quando detti consigli non siano insediati, nonché nei casi di scioglimento del consiglio scolastico distrettuale, il Provveditore agli Studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, nomina un commissario per l’amministrazione straordinaria. Spettano a quest’ultimo le attribuzioni di cui, rispettivamente, agli articoli 1 (ndr. consiglio di circolo o di istituto), 2 (ndr. Presidente del consiglio di circolo o d’istituto), 3 (ndr. Giunta Esecutiva), 6 (ndr. Consiglio scolastico distrettuale), 7  (ndr. Presidente del consiglio scolastico distrettuale) ed 8 (ndr. Giunta esecutiva del consiglio scolastico distrettuale). Il commissario straordinario firma, unitamente al direttore didattico o al preside e al segretario del circolo o dell’istituto, gli ordini d’incasso (reversali), di pagamento (mandati) e qualsiasi altro atto contabile che comporti impegno di spesa”.

Premesso che consigli scolastici distrettuali e provinciali sono ormai stati cancellati di fatto – e quindi nessun parere potrebbe essere reso né funzione esercitata – nonostante il Consiglio di Stato, con sentenza del 18 febbraio 2014 n. 866,  abbia confermato  la sentenza del Tar Lazio che aveva obbligato il MIUR ad adottare l’ordinanza prevista dall’art. 2 comma 9 del Dlgs 233/99 per regolare l’elezione (che si è svolta per la prima volta il 28 aprile 2015 a seguito dell’OM 7/15) e la composizione dei componenti del (solo) Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ritenendo per l’effetto vigente tale norma, dal combinato disposto di questi due articoli si desume che il commissario è in primo luogo una figura transitoria che ha il compito di guidare in breve tempo l’istituto verso le elezioni per la ricostituzione dell’organo ed ha funzioni limitate agli improrogabili atti di amministrazione”. Insomma, appare quanto meno incoerente una durata ultradecennale ed indefinita di un organo per definizione eccezionale e se è comprensibile che si cerchi una soluzione alla costituzione del comitato per la valutazione occorre che sia secondo norma, altrimenti potrebbero anche sorgere questioni di legittimità. Del resto non è l’unica problematica che determina la mancanza del consiglio di istituto (*)

Poiché la Nota 21 settembre 2015, AOODGSIP 5714 ha previsto la costituzione dei Gruppi di coordinamento regionale per la Partecipazione” anche con il compito di verificare il corretto funzionamento degli Organi collegiali e la partecipazione dei genitori alla vita scolastica, l’indagine negli omnicomprensivi appare quindi presto fatta.

Considerata l’urgente necessità di integrazione normativa, stante lo stralcio della delega per la riforma degli organi collegiali, un’opportunità può essere offerta dal comma 181 della L 107/15 che prevede tra l’altro il riordino delle disposizioni normative in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione attraverso la redazione di un testo unico delle disposizioni in materia di istruzione già contenute nel Dlgs 297/84 ed altre fonti normative “anche apportando integrazioni e modifiche innovative e per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica, nonché per adeguare le stesse all’intervenuta evoluzione del quadro giuridico nazionale e dell’Unione europea”. In fondo si tratta solo di integrare un comma di un articolo … se si vuole salvare la partecipazione.

(*) Elezioni scolastiche 2015/16 ed il commissariamento infinito degli omnicomprensivi

Apprendistato e alternanza, incentivi fino a 3mila euro

da Il Sole 24 Ore

Apprendistato e alternanza, incentivi fino a 3mila euro

di Gianni Trovati

Sono in arrivo gli incentivi per le imprese che accolgono gli studenti con l’apprendistato «duale», che a differenza di quello tradizionale si svolge a braccetto con i corsi in aula, e con l’alternanza scuola-lavoro. Al ministero sono in calendario nei prossimi giorni le riunioni chiamate a chiudere il cantiere delle regole, che dovrebbero produrre un bonus da 3mila euro pro-capite per l’apprendistato e da 5-600 euro per l’alternanza. In gioco ci sono i fondi da 174 milioni di euro messi sul piatto per dare gambe a questo capitolo del Jobs Act, e nei piani del Governo c’è l’obiettivo di coinvolgere 60mila giovani. A confermare i tempi stretti c’è il calendario delle prossime tappe, che prevede entro il 10 novembre la selezione di 300 istituti sperimentatori.

I due meccanismi
L’apprendistato duale si rivolge in particolare agli studenti dell’istruzione professionale, e prevede 400 ore in azienda, cioè oltre un terzo dell’impegno annuale chiesto agli studenti. Il modello è quello tedesco, e gli incentivi servono per far decollare la formazione condivisa fra scuola e azienda anche in una realtà come quella italiana, popolata soprattutto da aziende piccole e medie per le quali i costi per la formazione e la gestione degli apprendisti diventano una voce importante in bilancio. Allo stesso principio si ispirano gli incentivi all’alternanza scuola-lavoro, che si rivolge a tutti gli istituti superiori e prevede 400 ore negli ultimi tre anni (200 nei licei) da svolgere in parte nell’anno scolastico e in parte durante le vacanze.

L’obiettivo
I due progetti si muovono su piani diversi, ma il denominatore comune è dato dall’esigenza «di offrire un orientamento effettivo ai giovani, e a rendere meno aride le materie di studio facendole vivere nel mondo reale dell’impresa». Lo ha sottolineato Buono Scuotto, vicepresidente della Piccola impresa di Confindustria, nel corso di un convegno che ieri mattina ha richiamato all’Expo di Milano i protagonisti delle esperienze che nel corso dell’anno scolastico 2014/2015 hanno anticipato la versione “strutturata” dell’alternanza scuola-lavoro. La macchina viaggia a velocità diverse a seconda della storia dei territori, per cui se a Bergamo le alleanze fra imprese e scuole coinvolgono ormai quasi mille studenti all’anno ci sono aree in cui numeri e dimensioni sono più ridotte.
In tutti i casi presentati ieri, dal Nord a Napoli passando per l’Umbria, i progetti nascono dall’intesa fra le scuole e le imprese del territorio, spesso piccole e medie, che puntano su questi progetti anche come strumento di pre-selezione del personale futuro ma ne affrontano i costi, a partire dal personale che deve accompagnare gli studenti in azienda, garantirne la sicurezza e condividere il progetto. Gli incentivi in cantiere al ministero del Lavoro servono a loro.

Un miliardo per la nuova scuola digitale

da Il Sole 24 Ore

Un miliardo per la nuova scuola digitale

di Pierangelo Soldavini

Tutte le scuole italiane connesse in banda larga per il 2020, tablet e smartphone personali, docenti formati a una didattica innovativa, studenti interattivi, aule rifatte per aprirsi al digitale. È questa la scuola digitale del futuro, delineata nel Piano nazionale scuola digitale presentato ieri dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Un progetto che mira a «riposizionare il sistema educativo italiano in una società in cui il digitale è un elemento pervasivo» e che punta a recuperare il ritardo, evidente in tutte le statistiche internazionali, sul fornte digitale.

Per questo il Miur ha scelto una strada originale, che non vuole essere solo un dispiegamento di tecnologia, ma che riconosce il digitale come strumento abilitante al servizio di una scuola rinnovata intesa «come spazio aperto per l’apprendimento e come piattaforma che metta gli studenti nelle condizioni di sviluppare le competenze per la vita», sulla base di un nuovo paradigma educativo che mette lo studente al centro: «Uno studente attivo, protagonista di un’interazione innovativa con il docente», sintetizza Giannini.

Il Piano mette sul piano un miliardo di euro – 600 milioni per le infrastrutture e 400 milioni per il “software”, le competenze e la formazione – tra fondi derivanti dalla Buona scuola e risorse del Pon 2014-2020 per adeguare la scuola per 35 azioni definite con scadenze definite. A partire dall’impegno per portare la connessione veloce in tutte le scuole entro il 2020, fino all’ingresso (Ftth), nell’ambito del Piano banda ultralarga del Mise; il Miur coprirà il cablaggio interno e il canone annuo. Questo quadro dovrà essere armonizzato per permettere l’accesso ai ragazzi con i propri device personali. Così come anche i contenuti potranno essere reperiti in rete in maniera collaborativa, nel rispetto della sicurezza e della privacy.

Accanto al pilastro infrastrutturale c’è l’aspetto delle competenze digitali, componente fondamentale per la cittadinanza attiva e allo stesso tempo supporto necessario per le competenze trasversali. In questo ambito il pensiero computazionale – il coding – sarà progressivamente portato nella scuola primaria. Il terzo pilastro è quello costituito dalla formazione dei docenti, intesa non tanto nella preparazione tecnica, quanto all’utilizzo della tecnologia per l’innovazione della didattica. Con un investimento di 30 milioni l’anno saranno creati 300 poli formativi per raggiungere tutti i territori per la formazione strutturale, quella contemplata anche dalla Buona scuola. Ogni scuola avrà un “animatore digitale”, che farà da regista delle politiche innovative e connettore con le esperienze di eccellenza già esistenti. Perché si tratterà di fare rete e di collaborare anche tra docenti.

Il Sud resta ancora indietro nella qualità dell’istruzione

da Il Sole 24 Ore

Il Sud resta ancora indietro nella qualità dell’istruzione

di Eugenio Bruno

Il capitale umano è una variabile cruciale per lo sviluppo. Parte da questo assunto, ormai generalmente accettato, la Svimez per analizzare a che punto è il Sud nel recupero del suo gap formativo con il resto del paese. E lo fa per evidenziare come al recupero sul piano della «quantità» dell’istruzione non ne sia però corrisposto uno analogo dal punto di vista della «qualità». Ancora troppo bassi appaiono infatti sia i livelli generali dell’apprendimento sia la quota di popolazione in possesso di una laurea.

Il recupero quantitativo
Il rapporto sottolinea come negli ultimi due decenni, l’Italia abbia «realizzato sul piano della “quantità” di istruzione progressi significativi in particolare per la scuola superiore. Grazie a un processo di scolarizzazione «ancora più accentuato nel Mezzogiorno che ha compiuto straordinari passi avanti superando sui principali indicatori le performances del resto del
Paese». Confermato da due numeri su tutti: la quota di diplomati meridionali ha addirittura superato quelli settentrionali (80 contro 75% nel 2013); anche nell’istruzione universitaria il Sud ha raggiunto il resto della penisola. Non tutti i nodi sembrano però essere stati sciolti perché i livelli di istruzione complessivi rimangono più bassi al Mezzogiorno. E non solo nelle fasce di età più elevate. Complice un calo delle immatricolazioni che ha interessato l’intero stivale ma che al Sud fa sentire maggiormente i suoi effetti

I ritardi qualitativi
Al netto miglioramento della “quantità” di istruzione – precisa la Svimez – corrisponde «invece una situazione non certo soddisfacente per la “qualità”». La prima conferma arriva dalle indagini internazionali. I test Pisa sulla conoscenza della matematica certifica che il 25% degli studenti italiani non raggiunge le competenze internazionalmente riconosciute. Una quota che al Sud supera il 33 per cento. Questi dati vengono avvalorati dalle rilevazioni nazionali dell’Invalsi che – si legge nel rapporto – dimostrano come la qualità degli apprendimenti diminuisca «in maniera sensibile a mano a mano che ci si sposta da Nord a Sud». Risultati che, secondo l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, sono dovuti ai lunghi anni di crisi che hanno caratterizzato l’economia meridionale. «I risultati formativi infatti si innestano nella società attraverso le occasioni di lavoro che favoriscono la valorizzazione delle conoscenze acquisite e aumentano le opportunità di mobilità sociale».

L’ascensore sociale si è fermato
Un quadro del genere di fatto ha fermato l’ascensore sociale che la scuola può rappresentare. I miglioramenti nel campo dell’istruzione – fa notare la Svimez – non sembrano «essere in grado di “emancipare” gli studenti dai contesti sociali e territoriali di provenienza, e dunque di promuovere un’effettiva uguaglianza delle opportunità». Un fenomeno dovuto anche alle dinamiche insite nel nostro mercato del lavoro e allo squilibrio che caratterizza la domanda e l’offerta di soggetti qualificati. Tra il 2008 e il 2014, infatti, i laureati hanno avuto un incremento percentuale del 19,3% mentre i soggetti attivi con basso titolo di studio si sono ridotti del 33,7 per cento. Peccato che nello stesso periodo in Italia sono diminuite le quote di occupati in professioni che richiedono un titolo di studio alto o medio (rispettivamente -8,7% e -3,4%) ed è aumentata del 16,7% quella relativa alle professioni che richiedono un titolo di studio basso. Con le solite divergenze territoriali: se il Mezzogiorno ha registrato la contrazione più importante della domanda di skill elevati (-14,1%), il Centro-Nord presenta, invece, una crescita consistente della domanda di bassi skill.

Il giudizio sulla «Buona scuola»
In questo solco si inserisce la riforma dell’istruzione varate nei mesi scorsi. Che, a detta della Svimez, va apprezzata soprattutto per la logica di programmazione pluriennale che la caratterizza. Fermo restando – aggiunge – che «il vero banco di prova, su cui si dovrà misurare l’efficacia o meno della riforma, è proprio nella sua capacità di essere strumento di equità e di promozione sociale, come da tempo ha smesso di essere, di colmare i divari quali-quantitativi tra aree territoriale e tipologie di scuole». In quest’ottica un ruolo cruciale lo avrà un corpo docente «più motivato e meglio remunerato sulla base delle sfide e dei risultati». A patto di non ragionare solo in termini quantitativi di stabilizzazioni, bensì «rafforzando dunque quei meccanismi premiali e motivazionali» che guardano ai risultati dell’insegnamento anche sulla base della difficoltà della sfida che si affronta.

Insegnanti, ora leggete di più

da Il Sole 24 Ore

Insegnanti, ora leggete di più

di Carlo Ossola

Molti sono gli elementi di innovazione della cosiddetta Legge sulla Buona Scuola, in ordine a una migliore efficacia dell’insegnamento come: l’«apertura pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni e di studenti per classe o per articolazioni di gruppi di classi, anche con potenziamento del tempo scolastico o rimodulazione del monte orario» nonché l’«incremento dell’alternanza scuola-lavoro nel secondo ciclo di istruzione».

Si iniettano a questo fine investimenti cospicui (almeno in previsione): «pari complessivamente a 1.012 milioni di euro per l’anno 2015, a 2.860,3 per il 2016, a 2.909,5 di euro per il 2017, a 2.903,7 milioni di euro per il 2018, a 2.911,2 milioni di euro per il 2019, a 2.955,067 milioni di euro per il 2020, a 3.000,637 milioni di euro per il 2021» (comma 204), con la promessa di reperire « almeno 800 milioni per attività didattiche aggiuntive».

Per la formazione degli insegnanti infine viene fornita una “carta elettronica” di 500 euro/anno che sarà assegnata a ognuno dei 762.274 insegnanti in organico di diritto, per un impegno ulteriore per lo Stato pari a 127 milioni di euro per le esigenze formative del 2015 e 381 milioni per il 2016. Nella nota ministeriale si precisano le attività di formazione per le quali questi 500 euro ad personam possono essere spesi: a) acquisto di libri; b) acquisto di hardware o software; c) iscrizione a corsi di aggiornamento; d) rappresentazioni teatrali o cinematografiche; e) ingresso a musei, mostre, etc.

Ora quest’ultimo punto deve far riflettere, e con urgenza: lo Stato riversa in un anno un investimento in “beni culturali” di 381 milioni per il 2016, lasciando tuttavia una discrezionalità di spesa eccessiva (si può prevedere di tutto: personal acquistati come dono natalizio per i figli; abbonamenti per andare la sera al cinema o a teatro, etc.); e qualche correttivo si doveva introdurre subito, assegnando d’ufficio una porzione di almeno il 20% alla scuola stessa anziché al singolo, perché la maggior parte dei progetti di formazione non si possono organizzare individualmente, ma solo in un ambito di ampia collegialità.

E tuttavia l’investimento, anche depurato della dispersione che avverrà, delle “agenzie di formazione” che si improvviseranno e accrediteranno, resta cospicuo: pur ammettendo che ai libri rimanga soltanto il 50% dell’investimento pubblico, è pur sempre un insieme di 190 milioni di euro che dovrebbe arrivare alle librerie. Se si prendono le statistiche Aie (Associazione Italiana Editori) si osserva che «la filiera editoriale nel 2013 ha sviluppato un fatturato di 2,660miliardi di euro con una flessione del -6,8% (pari a 194,2milioni di euro in meno, dati Ufficio studi AIE). Rispetto al 2010 si sono persi 572 milioni di euro pari al –17,7 per cento». Nella crisi dunque dell’editoria italiana, un afflusso di circa 200 milioni di euro corrisponderebbe a quasi il 10% del fatturato globale della libreria. Ora qui si osserva l’insufficienza delle buone intenzioni: avrebbe dovuto essere istituita, sin dall’inizio dell’iter della buona scuola, una concertazione Aie – Miur affinché gli editori (e di séguito i librai) preparassero delle apposite liste, disciplina per disciplina, di “biblioteca minima”, aggiornata, del buon matematico, del buon filosofo, del buon letterato, etc., cercando di occupare tempestivamente lo spazio di spesa. 500 euro di libri, al prezzo medio di 15 euro, sono pur sempre – per ogni anno – una bibliotechina di 30 libri per insegnante. Ogni editore, certo, pensando alla propria lista affinché la pluralità sia salva.

Non è mai troppo tardi: e avvicinandosi la strenna natalizia, sarebbe quanto mai urgente che i minima moralia del sapere fossero pensati, ordinati tematicamente, proposti agli insegnanti-lettori; facendo altresì uscire gli editori da una pigrizia colpevole, visto che una gran parte di libri essenziali che hanno formato intere generazioni giacciono ora fuori catalogo, perché sono gli editori stessi a incrementare il non-mercato del non-libro. Potrei redigere qui la lunga lista di libri, indispensabili per ben insegnare, che sono esauriti da almeno 20 anni; e un’altra, non meno lunga, di succedanei che rendono opaco il desiderio di acquistare libri (l’inappetenza dei lettori è spesso ben giustificata). L’occasione, anche per questo, non va persa: i lettori potenziali ci sono (e obbligati a rendicontare la spesa al 31 agosto 2016); occorre vedere se gli editori sono ancora in grado di comprendere che la scuola -non le stazioni – è il loro primo mercato.

Miglioriamo autonomia e amministrazione

da Il Sole 24 Ore

Miglioriamo autonomia e amministrazione

di Luigi Berlinguer

Lo scorso 11 settembre, addirittura prima dell’inizio delle lezioni, ad opera della Direzione generale per le risorse umane e finanziarie del Miur, è arrivata ad ogni scuola la somma che le spetta sul «Fondo per il funzionamento amministrativo e didattico». Inusitatamente tempestiva. Finora essa arrivava assai tardi, sotto Natale. Non basta: ieri il finanziamento ammontava complessivamente a 110 milioni di euro, ora ne è arrivato il doppio, 110+126 milioni, stanziati in più dalla nuova legislazione. La quale (nuovo anch’esso) oltre a raddoppiarlo proietta ed assicura il finanziamento fino al 2021.

Per favorire la capacità di programmazione è materialmente arrivata una prima tranche per gli ultimi quattro mesi dell’anno in corso, accompagnata da un’attendibile “previsione di assegnazione” della seconda quota per il periodo restante fino all’ Agosto 2016. Previsione che il Ministero si obbliga a confermare ed erogare tempestivamente, fin dal mese di gennaio 2016. Un’assegnazione certa per i 12 mesi dell’anno scolastico. Si supera così la tradizionale e nociva contraddizione fra cadenza dell’anno solare (amministrazione contabile dello Stato) e cadenza dell’anno scolastico. E se fosse per caso arrivato con questa inconsueta razionalitá programmatoria il modo di dotare adeguatamente le scuole di carta igienica?

Vorrei parlare anche così di autonomia scolastica. Mi viene un dubbio: ma siamo veramente riusciti a chiarire che cos’è questa autonomia? E quanto essa si colleghi con il necessario cambiamento dell’intera scuola italiana? In altri termini: è pacifico che si debban studiare – e bene – tutte le materie, ma è anche necessario che il sapere scolastico non si limiti a questo, che debba oggi com-prendere un universo di conoscenze e di esperienze estetiche molto più ampio. E questo richiede progettualità curriculare in ogni scuola, un insieme di competenze e di apprendimento anche “non formale”, finora esclusi. L’autonomia è la nuova forma di scuola, necessaria per un tal risultato, fondata su un nuovo tipo di apprendimento. Scuola “aperta” cioè; disponibile verso la ricchezza espressa da ogni stimolo intellettuale anche esterno, e insieme capace di fornire un efficace metodo di accesso e selezione anche per queste altre fonti. Allargare quindi orizzonti e contenuti (è il nuovo mondo), ma anche risorse finanziarie proprie per il sistema scolastico e per le singole scuole dell’autonomia. E qui casca a fagiolo il provvedimento testé richiamato. L’autonomia si afferma e si sostiene su vari fronti. So bene che lo strumento quantitativamente modesto, seppure raddoppiato, a causa delle attuali scarse disponibilità. Ma una volta riformato è ancor più valida la richiesta di nuovi finanzia-menti. Quando istituimmo l’autonomia ne assicurammo la possibilità di agire, stanziando 400 milioni di euro con una legge ad hoc (la n. 440), per sostenere la progettualità educativa delle singole scuole. Purtroppo, negli anni e coi governi successivi, quella provvista finanziaria è stata progressivamente cancellata: un vero colpo alle scuole. “Fatta l’autonomia, trovato l’inganno”.

Vorrei avanzare una richiesta Renzi e Giannini: rifinanziate la legge 440, ossigeno dell’autonomia, destinandola alle scuole.

Devo ricordare anche un’altra novità del provvedimento: sono stati e saranno modificati i criteri di assegnazione del fondo, fino a ieri basati esclusivamente su una rilevazione puramente quantitativa, su parametri solo oggettivi. Con un nuovo decreto in elaborazione, previsto dalla legge 107, si introdurranno criteri di “stimolo premiale”, con riconoscimento alle scuole di aver ben agito, con brillante efficienza organizzativa, capacità di programmare, rapidità e buona destinazione della spesa, risultati conseguiti. In tal modo si potrà innescare un comportamento emulativo e di qualità fra le scuole, migliorando le performances.

L’autonomia è una leva educativa, uno strumento culturale; ma ne vanno curati anche gli strumenti generali di gestione, persino contabile. Ora la legge 107 impone che entro il gennaio 2016 sia rinnovato il regolamento di contabilità 44/2001, il vademecum per le scuole sugli aspetti finanziari. Mi pare che ci si stia già lavorando, ma non si può abbassare la guardia: occorrono tempi certi. Evitiamo i rinvii, ma soprattutto snelliamo le procedure e favoriamo agilità e sem-plificazione. Al nuovo regolamento mi raccomando che si giunga attraverso l’ascolto e la consultazione degli operatori della scuola, di chi soffre il vecchiume delle arcaiche antiche procedure. Approfittando allora di questa nuova aria per così dire quasi costituente, credo si deve por mano alla figura del Direttore dei servizi generali amministrativi nella scuola. Perché come è necessario un buon dirigente scolastico, organo in prevalenza educativo, lo è anche il Dsga, figura responsabile per gli aspetti gestionali ed economico-finanziari, regolatore e semplificatore (!) dell’efficacia amministrativa, che con la sua professionalità, progressivamente qualificata, dovrà rendere scorrevole l’attività di gestione economica nel quadro del piano triennale dell’offerta formativa.

Sembra qui superfluo, ripetere che è altra la sede per il ben più rilevante tema del funzionamento pedagogico culturale dell’intera attività didattica: qui si è solo voluto sottolineare che una struttura così complessa e delicata come una scuola oggi, specie in regime di autonomia, non può sottovalutare il funzionamento della sua macchina amministrativo-finanziaria.

Neoassunti, conferme in bilico

da ItaliaOggi

Neoassunti, conferme in bilico

Il dicastero dell’istruzione ha aperto a collegi imperfetti. Nomine a rischio ricorso. Il comitato di valutazione senza i prof è contra legem

Carlo Forte

Comitati di valutazione senza docenti, e la conferma in ruolo dei neoassunti è a rischio. La legge 107 prevede che il parere sul superamento dell’anno di prova debba essere formulato dal comitato di valutazione con la sola presenza dei docenti e del dirigente scolastico. Ma il ministero ha detto che, se il collegio dei docenti e il consiglio di istituto dovessero rifiutare di designarli (due docenti il collegio e uno il consiglio), apertura dovuta alla necessità di superare eventuali comportamenti ostruzionistici, il comitato potrà ritenersi costituto anche senza gli insegnanti. Le disposizioni sono contenute in alcune faq pubblicate sul sito web del dicastero di viale Trastevere (reperibili all’indirizzo: http://www.istruzione.it/snv/docenti_faq.shtml). E se saranno prese alla lettera, potranno determinare non pochi problemi in sede di attuazione.In particolare per quanto riguarda la risposta alla faq n. 13.

Interpretando in via analogica una disposizione generale sulla composizione degli organi collegiali, il ministero, infatti, ha spiegato che non è necessario che tutte le componenti previste dalla legge siano rappresentate nel comitato di valutazione. « Ciò vale, ad esempio», si legge nella risposta «se il Consiglio d’Istituto o il Collegio dei docenti non provvede volontariamente alla scelta dei componenti di sua spettanza». In realtà le cose non stanno esattamente così. La legge 107/2015 prevede espressamente che tra le competenze specifiche del comitato di valutazione vi sia quella di esprimere il proprio parere sul superamento del periodo di formazione e di prova per il personale docente ed educativo. E per svolgere questa funzione deve essere costituito dagli stessi docenti previsti per le funzioni ordinarie, dal dirigente scolastico, che lo presiede e deve essere «integrato dal docente a cui sono affidate le funzioni di tutor». La legge dispone, infatti, che quando opera in questa veste, il comitato non debba includere la componente dei genitori e degli alunni. Dunque, qualora la componente dei docenti non dovesse essere costituita, il comitato non si troverebbe in condizione di operare. Perché trattandosi di un organo collegiale, non si raggiungerebbe il numero minimo di 3 componenti, previsto dal principio del «tres faciunt collegium». Principio secondo il quale, un organo collegiale per operare deve essere costituito almeno da tre persone. Tra l’altro quando le votazioni terminano in pari, è prassi consolidata che prevalga il voto del presidente. E dunque, nel caso del comitato di valutazione, costituito solo dal dirigente e dal tutor, la deliberazione andrebbe a coincidere, necessariamente, con quanto deciso dal preside. Che nel caso specifico deciderebbe due volte la stessa cosa. La prima volta in seno al collegio di valutazione (da lui controllato per effetto della prevalenza del suo voto su quello del tutor) e la seconda volta in sede di decisione finale. E in questo caso si andrebbe a violare il principio del «ne bis in idem», non due volte la stessa cosa. Ciò potrebbe sollevare seri dubbi sulla legittimità degli eventuali decreti di conferma in ruolo dei circa 47.476 docenti immessi in ruolo delle fasi 0, A e B del piano straordinario di assunzioni. Ai quali si aggiungeranno a breve i 55.258 docenti che saranno immessi in ruolo nella fase C. E metterebbe in forse anche la legittimità di eventuali passaggi di cattedra o di ruolo, che necessitano, appunto, della conferma in ruolo. Con tutto il contenzioso che ne seguirebbe.

Il problema non si pone, invece, per quanto riguarda le funzioni ordinarie. Che possono essere svolte anche senza i docenti. Per lo meno dal punto di vista della legittimità formale. Il comitato di valutazione, peraltro, può legittimamente operare anche se non si trova nella veste di collegio perfetto. La giurisprudenza ha spiegato, infatti, che a meno che la legge non preveda i membri supplenti, i collegi possano operare tranquillamente anche se qualche membro risulti assente. Quanto alle mansioni generali, la legge 107 prevede che la competenza ordinaria del comitato consista nell’individuare i criteri per la valorizzazione dei docenti sulla base dei risultati ottenuti dagli alunni ad esito del processo didattico-apprenditivo, della partecipazione alle iniziative di potenziamento delle competenze, sempre degli alunni e degli incarichi svolti in materia di coordinamento organizzativo, didattico e nella formazione del personale.

Sulla base di questi criteri i dirigenti scolastici elargiranno dazioni in denaro a docenti da loro individuati, traendole da un apposito fondo che sarà assegnato annualmente alle istituzioni scolastiche, la cui entità si aggirerà mediamente sui 24mila euro. Le dazioni dovranno essere erogate sulla base di motivata valutazione e avranno natura di retribuzione accessoria, sottoposte ad una imposizione che si aggirerà nell’ordine di circa un terzo dell’importo. L’istituto rappresenta un caso unico di rilegificazione in materia di retribuzioni nel pubblico impiego, finora appannaggio della contrattazione.

Fase C, immissioni ma a caso

da ItaliaOggi

Fase C, immissioni ma a caso

La ripartizione non seguirà le richieste delle scuole

Carlo Forte

Entra nel vivo la fase C del piano straordinario di assunzioni previsto dalla legge 107/2015. In questi giorni i direttori regionali stanno emanando i decreti di ripartizione dei 48.812 posti comuni e 6.446 posti di sostegno. Le assegnazioni dei contingenti per le varie classi di concorso sono disponibili sui siti delle varie direzioni regionali. Secondo l’intenzione del legislatore, l’individuazione delle classi di concorso e delle tipologie di posto da assegnare avrebbe dovuto seguire le richieste delle scuole. Richieste a loro volta collegate alle esigenze individuate nei piani di potenziamento, emanati in fretta e furia dalle istituzioni scolastiche per fare fronte ai tempi stretti assegnati dal ministero. Per inserire le istanze a sistema, infatti, le segreterie scolastiche hanno avuto appena 5 giorni dal 10 al 15 ottobre.

Nella realtà le cose stanno andando diversamente. In pratica, secondo quanto risulta a Italia Oggi, la ripartizione sarebbe stata operata direttamente dall’amministrazione centrale. Agli uffici periferici sarebbe stata data solo la facoltà di allocare le tipologie di cattedre e posti assegnati, suddividendoli tra le province di cui si compongono le rispettive regioni. In buona sostanza, dunque, il criterio principe seguito dal viale Trastevere sarebbe quello di svuotare il più possibile le graduatorie a esaurimento. E dunque, sebbene il comma 95, quarto periodo, dell’articolo 1 della legge n. 107/2015, preveda che «alla ripartizione dei posti tra le classi di concorso si provvede con decreto del dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale, sulla base del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche medesime» il criterio del fabbisogno sarebbe stato soddisfatto solo in parte. Ciò è dovuto al fatto che lo stesso comma 95 chiosa il quarto periodo specificando che il fabbisogno espresso dalle scuole va «ricondotto nel limite delle graduatorie di cui al comma 96». Vale a dire, individuando gli aventi titolo traendoli, nell’ordine, tra gli aspiranti docenti inclusi nelle graduatorie del concorso del 2012 e gli insegnanti precari attualmente collocati nelle graduatorie a esaurimento. Va detto subito, peraltro, che la stragrande maggioranza dei docenti inclusi nelle graduatorie dell’ultimo concorso sono stati già assunti nelle fasi 0, A e B.

Si tratta di soggetti che hanno superato selezioni in posti e classi di concorso dove vi è un maggior numero di posti vacanti. Tant’è che in quelle classi non sono stati banditi nemmeno i concorsi. Il ministero non ha ancora reso noto la percentuale delle immissioni in ruolo effettuate traendo gli aventi titolo dalle graduatorie dei concorsi del 2012. Ma è ragionevole ritenere che le prossime immissioni in ruolo della fase C) riguarderanno solo in via residuale questa tipologia di aspiranti. Che in ogni caso avranno la precedenza rispetto agli aventi titolo individuati scorrendo le graduatorie a esaurimento (si veda il 2° periodo del comma 98 della legge 107/2015). Dunque, la parte del leone la faranno i docenti precari delle graduatorie a esaurimento. In modo particolare gli aspiranti docenti appartenenti alle classi di concorsi che presentano più esuberi.

Per esempio, le classi di concorso A019 e A017, rispettivamente, discipline economiche e giuridiche ed economia aziendale. Che presentano graduatorie molto affollate. Perché la mancanza cronica di posti vacanti, insieme alla necessità di ricollocare in organico di fatto i docenti in esubero, da una parte ha reso pressoché impossibili le immissioni in ruolo e, dall’altra parte ha ridotto al lumicino gli incarichi di supplenza. Conseguentemente, le immissioni in ruolo che saranno disposte nel mese di novembre, in favore degli aspiranti docenti di queste discipline, in diversi casi riguarderanno docenti che hanno smesso di insegnare da diversi anni.

Secondo quanto risulta a Italia Oggi, anche nella fase C, le accettazioni dovranno essere effettuate dagli interessati esclusivamente avvalendosi delle funzioni predisposte nel sistema informativo del ministero dell’istruzione. In pratica tramite la maschera di «istanze on line». Coloro che non accetteranno la proposta non potranno ricevere ulteriori proposte di assunzione a tempo indeterminato, così come previsto dal comma 98, dell’articolo 1, della legge 107/2015. E saranno anche depennati dalle graduatorie dei concorsi e dalle graduatorie a esaurimento nelle quali sono iscritti.

Anche i neoassunti delle fase C potranno far valere il diritto al differimento della presa di servizio. Sempre però che risultino già in servizio non breve o saltuaria. Il differimento assumerà rilievo fino alla scadenza del termine del contratto. I titolari di supplenza temporanea fino al termine delle attività didattiche, invece, dovranno prendere servizio nella nuova sede il 1° luglio 2016.

Pensioni, la Legge di Stabilità lascia i parametri immutati: i sindacati si mobilitano

da La Tecnica della Scuola

Pensioni, la Legge di Stabilità lascia i parametri immutati: i sindacati si mobilitano

Sulle pensioni serviva un urgente intervento per ridurre i parametri in uscita, invece la Legge di Stabilità è stata una delusione.

“Le rilevanti ingiustizie e iniquità presenti nel sistema previdenziale non trovano risposta nella Legge di Stabilità”, hanno spiegato con una nota congiunta, il 27 ottobre, i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Vera Lamonica, Maurizio Petriccioli e Domenico Proietti.
Per queste ragioni Cgil, Cisl e Uil svilupperanno, a partire dai prossimi giorni, “un’ampia mobilitazione unitaria in tutto il Paese, con iniziative nei luoghi di lavoro e sui territori e attraverso incontri con tutti i gruppi parlamentari al fine di ottenere, nel corso dell`iter legislativo, soluzioni positive a questi problemi”.

“E’ un grave errore non introdurre la flessibilità di accesso alla pensione – spiegano – così si continuano a penalizzare sia i lavoratori che i giovani i quali vedono ancora bloccato il turn over nel mercato del lavoro. La proroga del blocco della perequazione fino al 2018 delle pensioni è sconcertante e non ripristina il diritto alla rivalutazione già previsto dalla recente sentenza della Corte costituzionale”.

Secondo i sindacati ” Non si dà una soluzione alle migliaia di dipendenti della scuola, che continuano a essere penalizzati dal più grossolano errore della legge Fornero né al tema delle ricongiunzioni onerose”.

“Lestensione, pur parziale, della no tax area per i pensionati è positiva - aggiungono - ma va attuata nel 2016 e non nel 2017 come prevede la legge. La settima salvaguardia degli esodati, così come è definita, non è risolutiva in quanto non copre tutta la platea stimata dallInps e l`attuazione dell’opzione donna è limitata al 31 dicembre 2015″. Tra l’altro, l’opzione donna è vero che dà facoltà di lasciare a 57-58 anni, ma in cambio del taglio dell’assegno pensionistico del 20-30%: non poco per delle pensioni attorno, in media, ai 1.500 euro.