Il mito seduttivo della carriera docente

IL MITO SEDUTTIVO DELLA CARRIERA DOCENTE 

di Alessandro Basso 

Lo storico percorso di reclutamento che la buona scuola ha accompagnato all’interno del sistema scolastico, ha trascinato con sè un fenomeno particolarmente strano di richiamo di interesse nei confronti della professione docente da parte di persone che avevano scelto nel corso della propria vita di fare tutt’altro.

Non è novità, anzi, è storia che l’accesso al pubblico impiego e alla scuola sia stato legato negli anni passati a una esigenza di reclutamento che a volte ha avuto il sapore di ammortizzatore sociale.

A fianco di persone con una vocazione nei confronti dell’insegnamento particolarmente spiccata, vi sono sacche di insegnanti che sono assurti a tale rango o perché avevano una laurea o perché, peggio ancora, qualcuno li ha chiamati da una graduatoria nella quale ci si inseriva d’ufficio.

Sorge l’interrogativo se esista una vera e propria “vocazione” nei confronti dell’insegnamento e se questa sia necessaria o perlomeno sufficiente per poter esercitare bene la complessa sfida della didattica e dell’educazione.

Volendo riferirsi ad una vocazione di natura innata o addirittura trascendentale, non si spiegherebbero gli sforzi e le attenzioni che abbiamo coltivato nel corso degli ultimi decenni per codificare la professione docente all’interno delle scienze non esatte e per fornire dei parametri sempre più scientifici e meno spontaneistici alla base dei processi di insegnamento- apprendimento.

Per molti l’ insegnamento non ha nulla di scientifico. Invece, è proprio il contrario, perché è un mestiere che si poggia su solide competenze di natura epistemologica che la formazione universitaria accompagna attraverso l’implementazione di altre competenze in campo socio-psico pedagogico- giuridico- relazionale.

Risulta particolarmente evidente che per essere docenti un minimo di approccio vocazionale sia necessario, accompagnato da un congruo “piacere” nello stare a contatto con le nuove generazioni, con una buona dose di pazienza ed empatia. Requisiti necessari, ma non esclusivi.

Ci sono docenti dalla preparazione universitaria spiccatissima con master, corsi di perfezionamento, specializzazioni (anche lasciando da parte il fatto che questi titoli siano stati acquisiti per migliorare la posizione nelle speriamo moribonde graduatorie) che garantiscono alla scuola un certo valore aggiunto che però non si traduce immediatamente in una chiara capacità ad entrare in contatto con gli alunni. Quest’ultimi, a volte, beneficiano maggiormente di insegnanti molto più “semplici” ma che si dimostrano competenti nella relazione e nell’empatia con i propri discenti, a qualsiasi livello di istruzione, costruendo un positivo dialogo educativo prosociale che sta alla base di qualsiasi apprendimento.

 

Durante i primi giorni di settembre si è verificato un fenomeno nuovo per la scuola ovvero l’ingresso nei ranghi di docenti in graduatoria da molti anni, privi di qualsiasi esperienza di insegnamento ( requisito non fondamentale, è bene dirlo) che hanno sentito il richiamo della sirena di un’opportunità da non perdere. Ho sentito frasi del tipo “da bambino volevo insegnare”, o “ricordo ancora la prof. di lettere e volevo provare questa esperienza”o ancora “non volevo lasciare la laurea nel cassetto per tutta la vita.

Risultato dell’esperimento? Non pienamente riuscito, ne sono la riprova i tentativi di fuga in corso d’anno e i pentimenti fuori tempo utile.

Questa esperienza dovrebbe servire al legislatore, al governo in carica o a quelli futuri per accelerare il processo di elaborazione di un codice deontologico del docente, che si accompagni alla disanima della figura del “buon docente” sia dal punto di vista professionale sia, come detto in altre occasioni, quale atto prodromico alla valutazione della qualità della docenza nonchè base di senso e significato per il rinnovo del contratto di lavoro.

Servirà, probabilmente, all’apertura di una nuova fase concorsuale, un’attenta ricognizione della tipologia delle prove, favorendo percorsi attitudinali e pratici piuttosto che l’esplicitazione di conoscenze teoriche, seppur necessarie e fondamentali.

 

Questo a beneficio delle generazioni presenti e future e soprattutto in ossequio ai principi di legalità espressi financo dalla Costituzione, per fare in modo che non siano i giudici, come sta accadendo di fatto, a scegliere chi starà in classe con i notri studenti.

 

 

Spostamento 24 punti SSIS nelle Graduatorie a Esaurimento

Spostamento 24 punti SSIS nelle Graduatorie a Esaurimento, l’ANIEF vince a Bari, Catania e Trani.

 

L’ANIEF vince ancora in tribunale in favore dei docenti precari pluriabilitati e fa riconoscere il loro diritto a spostare il bonus di abilitazione SSIS da una classe di concorso a un’altra all’atto dei periodici aggiornamenti delle Graduatorie a Esaurimento. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli, Adriana Carrabino e Michele Ursini ottengono piena ragione in favore dei nostri iscritti e il riconoscimento del loro giusto diritto ad esprimere la scelta, e a modificarla in qualsiasi aggiornamento successivo, della classe di concorso in cui far valere il bonus aggiuntivo SSIS di 24 punti anche in caso di abilitazioni conseguite “a cascata”.

 

I Giudici del Lavoro stanno accogliendo le ragioni dell’ANIEF e riconoscono senza riserve il diritto dei docenti pluriabilitati tramite SSIS a esprimere la loro scelta della classe di concorso in cui far valere il bonus aggiuntivo di 24 punti anche quando la classe di concorso prescelta risulta afferente all’ambito disciplinare di abilitazione. La tabella di valutazione dei titoli nelle Graduatorie a Esaurimento, infatti, come modificata dalla legge di conversione n. 143 del 4 giugno 2004 e dalle norme di interpretazione autentica di cui all’art. 8–nonies della legge 27 luglio 2004, n. 186, prevede, al punto A.4), che i 30 punti specificamente attribuiti alle abilitazioni SSIS spettano, in caso di più abilitazioni conseguite a seguito della frequenza di un unico corso, ad una sola abilitazione “a scelta dell’interessato” e che “per le altre abilitazioni sono attribuiti punti 6”. Il MIUR, invece, aveva imposto loro di ottenere il bonus SSIS solo nella classe di concorso di effettiva abilitazione ledendo il loro diritto a poter effettivamente esprimere una qualsiasi facoltà di scelta così come prescritto dalla normativa e come da sempre sostenuto dal nostro sindacato.

 

Le sentenze ottenute dai legali ANIEF, dunque, ristabiliscono il diritto dei docenti pluriabilitati, ottenendo dal Tribunale di Catania piena conferma che la norma di riferimento “prevedeva espressamente l’attribuzione del punteggio aggiuntivo su scelta dell’interessato” con il chiarimento che “inoltre, nessuna disposizione di rango primario vietava lo spostamento del punteggio da una classe di concorso ad un’altra in sede di aggiornamento delle stesse graduatorie”. Il Tribunale di Bari specifica, inoltre, che se anche fosse stato il ricorrente ad effettuare l’originaria scelta sulla classe di concorso cui attribuire i 24 punti SSIS, “non chiarisce, l’amministrazione, per quale motivo, in sede di aggiornamento della graduatoria, non dovesse essere possibile revocare la scelta originaria per spendere il bonus in altra graduatoria, se, in quest’ultima, l’interessato avesse maggiori chances di insegnamento. Si tratta infatti di graduatorie in continuo aggiornamento, nelle quali i concorrenti sanno benissimo che la loro posizione potrebbe cambiare al momento dell’aggiornamento (se non altro perché l’insegnamento annuale attribuisce ulteriori punti e non è detto affatto che, in un anno, tutti insegnino e per gli stessi mesi)”.

 

MIUR condannato all’immediato spostamento dei 24 punti SSIS, dunque, così come richiesto dai ricorrenti e condannato dai tre tribunali del lavoro anche al pagamento delle spese di lite per un ammontare complessivo di 10.000 Euro oltre accessori.

Preoccupati per la verifica? Arriva il compito in classe a coppie

da ANSA.it

Preoccupati per la verifica? Arriva il compito in classe a coppie

La sperimentazione di un docente di italiano di un liceo scientifico emiliano

Un giovane prof, Matteo De Benedittis, docente di italiano di un liceo scientifico emiliano, ha creato e sperimentato un nuovo modo di mettere alla prova gli studenti. Non solo infatti si dovrà dimostrare di conoscere alla perfezione la lezione, ma anche di saper lavorare in team.

E’ il sogno di ogni studente impreparato: fare il compito in classe con l’aiuto del compagno di banco. E se addirittura è proprio il prof a proporlo ai ragazzi? E’ ciò che succede davvero nel liceo scientifico San Gregorio Magno, in provincia di Reggio Emilia. Un giovane prof di Italiano, Matteo De Benedittis, sottopone ai propri ragazzi un paio di volte l’anno una prova di ripasso che deve essere svolta proprio a coppie. Una passeggiata? Non proprio: come il prof spiega a Skuola.net, il metodo innovativo stimola i ragazzi a dare il meglio, non solo sul piano dello studio, ma anche su quello relazionale. E se questo non succede, arriva il brutto voto sul registro.

COMPITO IN CLASSE A COPPIE, PERCHE’ FARLO? – “Evviva! Per il compito in classe non studierò, tanto copierò tutto dal mio compagno!” Questo potrebbe essere il pensiero di uno studente che, per la prima volta, si cimenta sul compito in classe a coppie. Ma dopo qualche votaccio, si renderà conto che non è proprio così. Come spiega infatti il prof, “se tutti gli studenti facessero questo discorso, sarebbe un fiasco in primo luogo per la loro pagella!”. Questo tipo di verifica, poi, viene svolta a fine quadrimestre sul ripasso degli argomenti affrontati: solo dopo, quindi, che ogni studente sia già stato valutato sui singoli temi nelle settimane precedenti. Il vero scopo non è perciò capire semplicemente quanto i ragazzi conoscano della materia, ma stimolarli ad imparare gli uni dagli altri in modo cooperativo. Per un ottimo compito non servono solo l’intelligenza e la memoria ma anche altre “soft skills” come la capacità di collaborare, ascoltare, risolvere i problemi e lavorare in team: esattamente ciò che oggi è tanto richiesto dal mondo del lavoro.

UN VOTO CHE FA MEDIA – Una rivoluzione quindi, ma da non prendere sotto gamba. La valutazione ottenuta infatti viene riportata sul registro e fa media: “il voto è il mezzo più efficace per far affrontare la prova in maniera seria agli studenti” sostiene il prof. Ognuno dei ragazzi compila tuttavia il proprio compito personale, pur potendosi confrontare con il compagno, per poter rispondere a modo suo in caso di vedute differenti. Di solito si ottengono voti più alti del solito: per questo, come spiega il docente di Italiano, per non falsare il profilo complessivo dello studente la verifica deve essere proposta “non più di 2/3 volte nel corso di un anno scolastico”. Allo stesso tempo però può essere “più lunga o più difficile delle tradizionali, e può contenere anche più materie”

NUOVI EQUILIBRI IN CLASSE – Nuove alleanze tra i banchi di scuola: con il compito in classe al coppie il “problema” della verifica a due riguarda tutti i componenti della squadra. Non si va d’accordo? Bisogna superare i problemi. Non si capita con qualcuno del “gruppetto” dei migliori amici? Si deve stringere un nuovo rapporto fin dalla preparazione al compito, soprattutto nel caso in cui le coppie siano state stabilite dal prof (o sorteggiate) in anticipo. Senza contare che i compagni “secchioni” diventano le nuove star della classe e sorpassano in popolarità il bulletto. A patto però di saper condividere le conoscenze. E il prof? “Il docente, nella vita di tutti i giorni, è visto dagli studenti come un allenatore, un arbitro e contemporaneamente anche un componente della squadra avversaria. Per una volta in questo modo è l’aspetto migliore a prevalere: il prof è colui che ti stimola e che ti mette a fianco un alleato per vincere la sfida”.

Scuola, la digitalizzazione che non c’è. Corte dei Conti: solo 7% delle aule ha un Pc. Tablet? Inesistenti

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, la digitalizzazione che non c’è. Corte dei Conti: solo 7% delle aule ha un Pc. Tablet? Inesistenti

Una relazione della magistratura contabile boccia la “dematerializzazione” dell’Istruzione avviata nel 2012 dal ministro Profumo. Funzionano solo le iscrizioni online e il registro elettronico, con il solito divario tra nord e sud. Ora il governo promette gli “animatori digitali” nelle classi, ma cosa faranno se solo 12mila aule su 180mila hanno a disposizione un computer?

Sciopero del 13 novembre: accordo sugli obiettivi, qualche incertezza sulla manifestazione

da La Tecnica della Scuola

Sciopero del 13 novembre: accordo sugli obiettivi, qualche incertezza sulla manifestazione

Bisognerà aspettare ancora un paio di giorni per capire con precisione come si svolgeranno le manifestazioni che accompagneranno lo sciopero del sindacalismo di base del 13 novembre.

Sfumata l’ipotesi di una manifestazione unica sostenuta da tutte le sigle che hanno proclamato lo sciopero (Cobas, Unicobas, CUB, Anief, Sisa, Usi-Surf) e dai coordinamenti che hanno aderito (Comitati LIP, Adida, Mida, Autoconvocati, Partgiani della Scuola e altri ancora), nel pomeriggio di oggi 7 novembre i sindacati e i gruppi promotori (mancavano Cobas e Anief) hanno provato a cercare un punto di incontro, ma tutto è stato rimandato a martedì prossimo quando una delegazione accaompagnata anche da alcuni parlamentari si recherà alla questura per capire quale soluzione adottare.
L’Unicobas vorrebbe mantenere ferma la proposta di un corteo con partenza da Piazza Esedra, come avviene quasi sempre in questi casi. Se però la Questura non dovesse concedere l’autorizzazione, è probabile che -alla resa dei conti – prevalga la mediazione già concordata oggi pomeriggio fra la maggioranza delle sigle: la manifestazione dovrebbe prendere avvio dal Largo dei Partigiani nella zona della Piramide in modo da raccogliere anche il corteo degli studenti che tradizionalmente parte proprio da questa piazza.
A questo punto il corteo si dirigerà verso il Miur dove intanto è previsto il raduno dei Cobas e  così, proprio sotto le finestre del Ministero, le diverse sigle dovrebbero trovarsi tutte riunite.
Al di là del non completo accordo sui dettagli organizzativi, tutte le sigle si propongono però gli stessi obiettivi: contrastare l’applicazione della legge 107 e rivendicare con forza l’avvio delle trattative per il rinnovo di un contratto scaduto ormai da 6 anni.

Fase C, in tutto 55.258 assunzioni: il top in Lombardia

da La Tecnica della Scuola

Fase C, in tutto 55.258 assunzioni: il top in Lombardia

Delle 55.258 proposte di assunzione della ‘fase C’ del piano di riforma, sono 48.812 i posti da assegnare sulle discipline comuni: gli altri 6.446 andranno al sostegno.

La regione che farà registrare maggiori proposte di immissioni in ruolo sarà la Lombardia, con 7.008 posti, a cui se ne sommeranno anche 1.023 per il sostegno; in seconda posizione la Campania (5.314 e 691), seguita dalla Sicilia (4.394 e 649), Lazio (4.412 e 788), Veneto (3.803 e 465) e Puglia (3.569 e 468). Ultimo il Molise (del resto il potenziamento è distribuito per il 90% in proporzione al numero degli alunni), con rispettivamente 535 assunzioni più 34 di sostegno, preceduta dall’Umbria (962 e 94) e dalla Basilicata (767 e 50).

L’agenzia Ansa sostiene che negli stessi giorni in cui i candidati alle assunzioni staranno valutando se accettare o meno la proposta pervenutagli, dal 12 al 20 novembre gli ambiti territoriali saranno chiamati a verificare le assegnazioni nelle classi di concorso nei diversi singoli istituti, tenendo d’occhio il già accennato criterio di proporzionalità e le diverse esigenze dei territori, come ad esempio le aree montane, quelle a bassa densità demografica, o magari caratterizzate da forti flussi migratori o anche alte percentuali di alunni stranieri.

Considerando che alcune classi di concorso risultano già esaurite prima di avviare quest’ultima tornata di assunzioni, è prevedibile che non tutte le 55.258 proposte di assunzione della ‘fase C’ andranno in porto. Il problema, tuttavia, potrebbe essere in parte superato dalla richiesta di personale docente, da parte delle scuole, non su singole classi di concorso ma su ambiti disciplinari.

In ogni caso, esaurita questa tornata di stabilizzazioni, tutti gli abilitati che non dovessero rientrarvi avranno presto la possibilità per rifarsi: entro il 1° dicembre 2015, come previsto dalla Legge 107/15, verrà pubblicato il bando di concorso a cattedre, con oltre 63 mila posti in palio, di cui alcune migliaia destinati agli insegnanti di sostegno (con questi ultimi però assegnati con una selezione a parte).

Assunzioni, ecco perché diranno quasi tutti sì

da La Tecnica della Scuola

Assunzioni, ecco perché diranno quasi tutti sì

Come già avvenuto con la fase B del piano straordinario di assunzioni, i precari a cui il 10 novembre arriverà la proposta di immissione in ruolo sarà un prendere o lasciare.

La maggior parte saranno docenti iscritti nelle graduatorie a esaurimento; solo poche migliaia figurano nelle liste di attese regionali relative agli idonei dell’ultimo concorso a cattedra, bandito nel 2012.

Per tutti dire no all’assunzione sarà davvero improbabile. Innanzitutto perchè la scelta più sofferta, se aderire o meno alle Fasi B e C, a rischio lontananza anche estrema da casa, è stata fatta ad agosto. Alcune decine di migliaia non hanno aderito. Ma chi l’ha fatto è davvero difficile che si tiri indietro ora.

Non a caso, già nella fase B ha accettato quasi il totale degli individuati. E’ davvero molto probabile, quindi, che in questa ultima tornata di assunzioni andrà nella stessa maniera.

In caso contrario, l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale parla chiaro: “i docenti che rifiutano o non accettano la proposta di assunzione sono definitivamente espunti dalle graduatorie di merito e ad esaurimento in cui sono iscritti”.

Considerando che la riforma della Buona Scuola prevede che d’ora in poi si assumerà solo tramite concorso pubblico, l’estromissione dalle GaE e Gm sarebbe quindi un mezzo suicidio professionale.

Gli unici a “salvarsi”, a derogare da questa novità, sono gli abilitati che non hanno presentato domanda e ancora nelle GaE. Le quali, infatti, verranno mantenute in vita sino al loro esaurimento (a quanto ci risulta, al termine della Fase C ne rimarranno comunque ancora da assumere almeno 50mila).

C’è poi almeno un altro motivo per dire sì alla proposta che perverrà dal Miur il prossimo 10 novembre: rispetto alla Fase B, gli assunti fuori provincia dovrebbero essere molti di meno. Quindi il pericolo lontananza per i più è scongiutato.

Per accettare o meno la proposta di assunzione avranno una decina di giorni: dovranno dire i fatidico sì entro le ore 15.59 del 20 novembre, sempre attraverso il sistema telematico “Istanze on line”.

Ricordiamo, infine, che tutti coloro che verranno assunti con questa tornata di immissioni in ruolo confluiranno nei cosiddetti albi territoriali, figli della riforma.

Uil: assegnare i 10 mila posti ancora liberi della fase C ai docenti delle GaE

da La Tecnica della Scuola

Uil: assegnare i 10 mila posti ancora liberi della fase C ai docenti delle GaE

Quali sono le conseguenze concrete della legge del governo sulla scuola e quali invece sono soltanto ipotesi suggestive?

La UilScuola torna sul tema dei decreti attuativi della legge delega sulla formazione e reclutamento.

Legge che deve trovare nella fase transitoria una  definizione per il personale già abilitato che da anni presta servizio continuativo nelle scuole statali.

Intanto, specifica la UilScuola, occorre attuare la legge che prevede che i posti residui della fase C vengano assegnati al personale delle graduatorie ad esaurimento: si tratta di oltre 10 mila posti, secondo le stime della Uil Scuola, che resteranno ‘scoperti’ e che vanno assegnati anche attraverso la riapertura di una nuova procedura.

In questa fase di transizione – sottolinea la UilScuola – appare essenziale trovare una soluzione anche per tutti quei supplenti, con l’abilitazione, che lavorano nelle scuole da almeno tre anni. Si potrebbe pensare anche ad una procedura che li veda partecipare al concorso con una sola prova orale, quella relativa alla positiva novità della lezione simulata.

E’ qui che si possono trovare, in tempi brevi, con procedure certe, quelle professionalità esistenti, a partire dagli insegnanti di matematica – aggiunge –  che il ministro cerca altrove, mentre li ha sotto gli occhi da anni.

Solo 1 su 4 ce la fa: a superare il concorso

da La Tecnica della Scuola

Solo 1 su 4 ce la fa: a superare il concorso

Partendo dalla suddivisione dei posti che verranno messi a bando nel prossimo concorso: 6.800 per la scuola dell’infanzia, 15.900 per la primaria, 13.800 per la secondaria di primo grado e 16.300 per la secondaria di secondo grado, la percentuale, secondo Il Fatto quotidiano, che riuscirà a prendere la cattedra sarà solo di 1 su 4, vista la sicura partecipazione di oltre 20mila aspiranti.

Contestualmente si attende pure di conoscere la ripartizione in base alle classi di concorso, mentre la ministra Stefania Giannini fornisce alcune indicazioni: “Il concorso sarà in particolare un’occasione per recuperare insegnanti nelle discipline in cui storicamente mancano, come matematica e le materie scientifiche”. Nulla di nuovo sotto il sole. Ma, ha aggiunto, “tra le materie più gettonate ci saranno anche lingue e italiano”.

Resta da capire contenuto e modalità delle prove di concorso. Sicuramente riservato ai soli abilitati, ma questo non è una sorpresa. La grande novità  è che potrebbe non esserci più la prova preselettiva (se per tutti i gradi o solo alcuni non si sa): via i quiz nozionistici, sia lo scritto che l’orale dovrebbero essere più improntati sulla simulazione di una lezione. E – pur all’interno dello stesso concorso – ci sarà una prova e una graduatoria separata per gli insegnanti di sostegno.

Ma il ministero dovrebbe pure risolvere: ordinanza sulle commissioni, decreti ministeriali su prove, titoli e comitati scientifici, infine il bando vero e proprio.

Meno di un mese e tutto sarà chiarito: la prima prova dovrebbe essere già in primavera (forse prima) visto che l’obiettivo è portare in cattedra la prima tornata di assunti il prossimo settembre. Per i docenti esclusi dal piano straordinario è una grande occasione, l’unica fino al 2019 per abbandonare la precarietà. Tuttavia soltanto uno su quattro ce la farà: i candidati infatti dovrebbero essere oltre 200mila.

Villaggio africano per educare

VILLAGGIO AFRICANO PER EDUCARE di Umberto Tenuta

CANTO 566 “Per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”,

Sabato 10 maggio papa Francesco ha incontrato il mondo della scuola. Tutte le componenti erano rappresentate: studenti di ogni livello, docenti, dirigenti, genitori, personale degli uffici, collaboratori scolastici. Infatti, come ha ricordato il papa facendolo ripetere in coro a tutti i presenti: “Per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”, proverbio che proviene dalla saggezza delle genti d’Africa. 

 

Il Villaggio che educa -la Polis che educa- l’abbiamo rinchiuso nelle quattro pareti di un’aula.

Il che non significa che quello che avviene là dentro sia top secret.

E che per sapere quello che avviene là dentro ci vogliano le cimici.

Le cimici piazzate dalla Polizia.

I maestri ateniesi educavano nell’agorà.

I pedagoghi romani educavano per le vie della città.

E la cattedrale medioevale, nella quale il Pontifex maximus leggeva i sacri testi, era aperta a tutte le genti.

Ma le aule scolastiche sono cattedrali nel deserto.

Bunker, nei quali nessuno ha il diritto di vedere quello che vi si fa.

Quello che vi si fa deve restare affidato solo alle sinapsi cerebrali.

Il massimo che vi si consente è che gli alunni conservino memoria visiva, uditiva e grafica di quello che in esso avviene.

Nelle aule scolastiche c’è divieto di accesso per gli ordigni digitali: audio e videoregistrazioni.

Se dotati di buona memoria, gli alunni ricorderanno le auliche parole dei docenti ed i loro scarabocchi sulle LIM.

Diranno alla mamma che la Professoressa ha messo la mano davanti alla bocca mentre tossiva.

Diranno che il Professore ha chiosato ogni parola dell’INFINITO.

Perché?

Perché diversamente non si spiegherebbe la ricca dotazione dei libri di testo.

E dei Quadernoni.

E delle Biro.

Suvvia!

Mica non vi basta l’aver sostituito alle pergamene la carta stampata?

Oddio, i libri di testo sono anche in formato digitale!

Questa è la scuola digitale!

Mica vi si conviene adoprare anche i TABLET?

I Tablet e gli Smartphone con le loro diaboliche audio-videoregistrazioni.

Troppo comodo, ragazzi, risentirsi a casa le ammalianti dizioni dell’INFINITO!

Troppo comodo, ragazzi, rivedersi i grafici dei docenti sulle LIM!

Troppo comodo, ragazzi, fare a meno dei block notes!

Sia ben chiaro!

La Casa è digitalizzata.

La Scuola è digitalizzata.

Ma casa e scuola sono disconnesse!

Due mondi.

Il mondo extrascolastico, con tutte le diavolerie digitali.

Il mondo scolastico, gelosamente conservato nella purezza degli occhi, delle orecchie e della bocca.

A nessuno è consentito profanare i luoghi sacri della parola orale e scritta con tutte le diavolerie digitali.

Nessuna fotocamera la fotografi.

Nessuna videocamera la videoregistri.

La scuola è una tomba nella quale risuonano e muoiono le sacre parole dei docenti.

Una tomba nella quale viene seppellita ogni festosa giornata scolastica.

Nessuno mai sappia quello che nella scuola è avvenuto!

Chissà perché?

Quali misfatti in essa si compiono?

 

Tutti i miei canti –ed altro- sono pubblicati in:

www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in:

www.rivistadidattica.com

E a chi volesse approfondire una qualsiasi tematica basta che ricerchi su INTERNET:

“Umberto Tenuta” “voce da cercare”