Il liceo dei licei

Il liceo dei licei

di Maurizio Tiriticco 

 

LOGO VIRGILIO BLACKQuella del “liceo dei licei”, avanzata dal dirigente scolastico del Liceo Virgilio-Redi di Lecce Dario Cillo, è un’espressione efficace e, per certi versi, rivoluzionaria. Ma rivoluzionaria per l’assetto attuale del nostro attuale sistema scolastico, non davvero per la realtà dei concreti bisogni di Educazione, Istruzione e Formazione di cui necessitano i nostri giovani. Si tratta di concetti chiaramente esposti nella normativa che ha fatto seguito all’avvio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche alla fine del secolo scorso. In effetti all’articolo 1, comma 2 del dpr 275/1999, leggiamo testualmente: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”.

Il successo formativo che dobbiamo garantire a tutti – non uno di meno – si può realizzare proprio a condizione che il nostro sistema scolastico educhi ai valori della democrazia e della solidarietà, formi le persone nel pieno rispetto delle attese di ciascuno, le istruisca a quei saperi che garantiscano il raggiungimento di quelle competenze che consentano l’accesso a studi ulteriori all’accesso al mondo del lavoro.

Questo è l’impegno che abbiamo assunto quindici anni fa, ma che ancora non siamo riusciti a realizzare pienamente. In effetti, se leggiamo attentamente gli articoli 3, 4 e 5 del dpr 275/1999 – considerando anche che l’articolo 3 è stato profondamente rinnovato e implementato dall’articolo 1, comma 14 della legge 107/2015 – vi ritroviamo tutte le condizioni per un rinnovamento radicale dei nostri percorsi di studio.

Che cosa non ha permesso di avviare quel riordino implicito nel dpr 275/1999? A mio vedere, i maggiori ostacoli sono stati due: a) la difficoltà di applicare totalmente quanto indicato nei citati tre articoli del dpr 275 a causa della oggettiva rigidità del sistema; b) un mancato riordino dei cicli.

Ora, la riscrittura del citato articolo 3 sarà sufficiente a far sprigionare quelle energie idispensabili per quel necessario rinnovamento dei percorsi di studio e della didattica? Non credo, in quanto i laccioli pregressi, di cui – come si suol dire – alla normativa vigente, non sono stati rimossi. E ancora: l’insistere su percorsi di studio frammentati in quanto sia a gradi che ad ordini non aiuta quel rinnovamento auspicato ed estremamente necessario. Si tratta di gradi e ordini che vengono da lontano, che si sono sovrapposti l’uno sull’altro in seguito a necessità che nel corso degli anni sono venute emergendo e che non sono state mai affrontate con una visione di insieme e una prospettiva di lunga durata. Comunque, va dato atto a due ministri, anche se di visioni opposte, Luigi Berlinguer e Letizia Moratti, di aver tentato di por mano a riordini complessivi dei cicli, ambedue fallimentari per ragioni diverse e che in questa sede non occorre analizzare.

Ma vediamo quali sono le maggiori difficoltà. Che senso ha avere istituito un obbligo di istruzione decennale che poi si consuma e si sbriciola, letteralmente, lungo tre spezzoni che spesso tra loro non si parlano? E con un primo ciclo che termina con un esame complicato e pesante che sembra concludere un “qualcosa” che invece non conclude nulla? Ed è anche noto che la certificazione delle competenze di cittadinanza (di cui alla Raccomandazione UE del 18 dicembre 2006 e da noi fatte proprie con il dm 139/2007) e delle competenze culturali (di cui a quattro assi culturali pluridisciplinari e al secondo livello dell’European Qualifications Framework del 23 aprile 2008) è, nella stragrande maggioranza dei casi, un’operazione semplicemente formale. Per non dire poi della eterna frammentazione in tre ordini dell’istruzione secondaria, che riflette la politica scolastica di sempre, da Gentile in poi, inossidabile: i licei per i cosiddetti alunni migliori, i tecnici per i “così cosi” e i professionali per gli “sfigati”! Un assunto che oggi è assolutamente fuori dalla realtà sia dei nostri giovani che del mondo del lavoro. Per non dire poi delle ulteriori polverizzazioni: sei percorsi liceali; due settori e sei indirizzi tecnici; due settori e undici indirizzi professionali! E tutti rigidamente canalizzati! Le cosiddette passerelle da un percorso a un altro inoltre, pur previste, sono sempre di difficile realizzazione.

In un simile contesto, l’iniziativa assunta dal dirigente scolastico Dario Cillo non è soltanto lodevole per l’originalità, ma estremamente necessaria. Non si tratta solo di una “sperimentazione”, stricto sensu, ma di un vero e proprio indispensabile suggerimento di cui le cosiddette autorità competenti dovrebbero prendere atto.

Che cosa significa un Liceo dei licei? O meglio, un Polo liceale? Semplicemente questo: progettare nell’arco ampio di un triennio – come previsto dal Piano triennale dell’offerta formativa, di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 107/2015 – un curricolo in cui sia prevista, accanto a un percorso comune e indispensabile mirato all’acquisizione delle competenze linguistiche e logico-matematiche indispensabili, un’offerta di discipline tarata sui bisogni concreti espressi dagli studenti e debitamente verificati dagli insegnanti nel corso dei primi due anni con cui si conclude l’obbligo di istruzione. E’ importante rilevare che, in ordine proprio a quanto disposto dal dm 139/2007, che all’articolo 2 prevede che occorre assicurare “l’equivalenza formativa di tutti i percorsi” (quindi liceali, tecnici e professionali con le relative scansioni), occorre garantire al biennio il massimo della flessibilità per rispondere sia ai concreti livelli di partenza degli alunni sia ai loro bisogni espliciti e impliciti e alle loro aspettative. E di tale flessibilità il Polo liceale proposto tiene il debito conto.

Ovviamente, l’operazione progettata non è cosa semplice, stante la tradizionale rigidità dei pacchetti orari annuali delle singole discipline e degli orari di scuola degli studenti. Ma lo spirito e la lettera della citata legge 107 spingono al loro superamento, anche se i decreti delegati a venire dovranno essere più espliciti in materia. Comunque, nella medesima legge è previsto il potenziamento dell’organico dell’autonomia (commi 18 e 79-83), l’erogazione di un fondo di funzionamento (comma 11) nonché una più ampia offerta disciplinare (comma 7). E l’assunzione del personale docente (commi 95-113 della legge 107) con contratti triennali, se saggiamente mirata a quanto il progetto del Polo liceale si propone, permetterebbe di erogare, accanto all’offerta formativa fondante, un’offerta formativa supplementare più ricca e articolata. I percorsi avviati saranno sostenuti da intense attività di orientamento e riorientamento, di passaggi interclasse che ovviamente non sarà facile governare, anche con il supporto di una scuola “aperta” al sociale e impegnata nell’alternanza scuola-lavoro.

Ovviamente l’impresa non sarà cosa facile. La legge 107 da un lato “apre” all’arricchimento dell’offerta formativa e a all’innovazione, dall’altro “lascia in piedi” i curricoli di sempre e non liquida la cosiddetta legislazione vigente in materia di orari, cattedre e classi di età. I miei rilievi critici sulla legge li ho già espressi in altra sede! Ma la legge c’è e ogni comma può essere un’occasione preziosa per un rinnovamento che parta dal basso. In effetti sono solo le scuole e i loro dirigenti e insegnanti che possono veramente innovare. La sfida il dirigente Cillo l’ha lanciata al territorio e all’amministrazione. Dario Cillo ha intelligenza, coraggio ed esperienza! E sono tre virtù che possono garantire il successo dell’iniziativa.


quotidiano121115

L’indeterminatezza delle “Nuove idee per la didattica laboratoriale nei Licei scientifici”

L’indeterminatezza delle “Nuove idee per la didattica laboratoriale nei Licei scientifici”

di Enrico Maranzana

 

Il Miur ha indirizzato ai Licei Scientifici un bando di concorso per incoraggiare le attività di laboratorio: “Le scuole devono presentare un progetto finalizzato all’elaborazione di esperienze di laboratorio povero con la realizzazione di materiale didattico organizzato in Kit trasportabili“.

 

L’esplicitazione del significato di LABORATORIO è il fondamento dell’approccio razionale al problema: procedura disattesa dai provvedimenti ministeriali. “Povero” e “Kit trasportabili” non veicolano la natura e la sostanza della didattica laboratoriale: riguardano aspetti secondari.

Se il problema fosse stato affrontato con il dovuto rigore, sarebbe stato valorizzato il capitale che le discipline pedagogiche hanno costituito.

Il laboratorio non va inteso come fatto isolato ma come parte di un sistema di laboratori che coinvolge tutta la scuola” scriveva Francesco De Bartolomeis: solo la ricerca è in grado di garantire l’efficacia del servizio scolastico. Un indirizzo di pensiero che mette in secondo piano le discipline per privilegiare i metodi d’approccio ai problemi, la didattica attiva, la promozione di capacità.

Visione confermata dai regolamenti di riordino del 2010 che includono, tra i punti fondamentali e imprescindibili della didattica liceale, “la pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari”.

Una vera rivoluzione: l’immagine delle discipline si dilata. Le materie d’insegnamento non sono più viste come organica struttura del conosciuto. La loro immagine si vitalizza nella progressione: problema – metodo – argomento – problema – metodo …

Questo l’aspetto culturale e operativo dell’assunto “Il laboratorio deve coinvolgere l’intera scuola”: una didattica fondata sui metodi disciplinari sollecita, promuove e rinforza le competenze.

Le competenze generali costituiscono le mete formative di tutti gli insegnamenti: la convergenza dei percorsi di conquista delle competenze specifiche è la relativa strategia vincente.

 

In rete “La professionalità dei docenti: un campo inesplorato” approfondisce il tema.

FAQ: Carta del docente/bonus a.s.2015-2016

FAQ: Carta del docente/bonus a.s.2015-2016
a cura
della Direzione generale per il personale scolastico

Come si può utilizzare

  1. La Carta del Docente consente “l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale” (legge 107/2015, art. 1, comma 121). Questi acquisti devono essere attinenti alle discipline insegnate dal docente (ad esempio: un docente di matematica può utilizzare il bonus per l’acquisto di un romanzo) ?
    L’acquisto di libri, pubblicazioni e riviste, anche in formato digitale, non deve essere necessariamente attinente alla disciplina insegnata, così come previsto dalla legge 107/2015 (art. 1, comma 7), che riconosce fondamentale la formazione professionale del docente nel quadro degli obiettivi formativi, che riguardano competenze disciplinari e trasversali, scelte educative e metodologie laboratoriali, non riconducibili a una sola e specifica professionalità.
  2. La Carta del Docente consente “l’acquisto di hardware”: vi rientrano anche smartphone, tablet, stampanti, toner, cartucce e pennette USB?
    La Carta del Docente permette “di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali” (art. 1, comma 121, legge 107/2015). Di conseguenza, personal computer, computer portatili o notebook, computer palmari, tablet rientrano nella categoria degli strumenti informatici che sostengono la formazione continua dei docenti. Altri dispositivi elettronici che hanno come principale finalità le comunicazioni elettroniche, come ad esempio gli smartphone, non sono da considerarsi prevalentemente funzionali ai fini promossi dalla Carta del Docente, come non vi rientrano le componenti parziali dei dispositivi elettronici, come toner cartucce, stampanti, pennette USB e videocamere.
  3. Quali sono i software acquistabili con il Carta del Docente?
    Vi rientrano tutti i programmi e le applicazioni destinati alle specifiche esigenze formative di un docente, come ad esempio programmi che permettono di consultare enciclopedie, vocabolari, repertori culturali o di progettare modelli matematici o di realizzare disegni tecnici, di videoscrittura e di calcolo (strumenti di office automation). Questi programmi sono quindi compresi nella Carta del Docente.
  4. Rientra nella Carta del Docente anche un abbonamento per la linea di trasmissione dati ADSL?
    No, in quanto l’ADSL è una tecnologia di trasmissione dati utilizzata per l’accesso alla rete Internet. Non è quindi un software destinato alle specifiche esigenze formative di un docente. Non vi rientrano neppure il pagamento del canone RAI o la Pay tv.
  5. La Carta del Docente può essere usata per “l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale”. Dove posso trovare l’elenco degli enti accreditati per la formazione personale docente aggiornato?
    L’elenco degli enti accreditati per la formazione del personale docente è consultabile sul sito internet del MIUR al seguente link: http://archivio.pubblica.istruzione.it/dg_pers_scolastico/enti_accreditati.shtml
  6. Con la Carta del Docente si può seguire un corso on line?
    Sì, se svolto da università, consorzi universitari e interuniversitari, Indire, Istituti pubblici di ricerca o altri enti accreditati dal Miur così come previsto dall’art.1 comma 2 della Direttiva Miur 90/2003.
  7. Posso utilizzare il bonus o parte di esso per seguire un corso di laurea o un master universitario, o corsi universitari destinati alla formazione dei docenti?
    Sì. Posso seguire ogni tipologia di corso organizzato da Università o da Consorzi universitari e interuniversitari (corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, corsi post lauream o master), come anche un corso destinato specificamente alla formazione degli insegnanti, purché inerente al mio profilo professionale, in quanto la Direttiva del Miur 90/2003 considera le Università, i Consorzi universitari e interuniversitari e gli Istituti pubblici di ricerca “Soggetti di per sé qualificati per la formazione del personale della scuola” (art. 1, comma 2).
  8. Posso usare il bonus o parte di esso per un corso per lo studio di una lingua straniera all’estero?
    Sì, purché il corso venga erogato da uno dei soggetti di per sé qualificati per la formazione nella scuola, ovvero dagli “Enti culturali rappresentanti i Paesi membri dell’Unione Europea, le cui lingue siano incluse nei curricoli scolastici italiani”, ai sensi della Direttiva del Miur 90/2003, art. 1, comma 2.
  9. Con la Carta del Docente posso sostenere l’esame di certificazione di una lingua straniera?
    Sì, purché l’esame sia promosso da uno degli Enti certificatori delle competenze in lingua straniera del personale scolastico, che è possibile consultare al seguente link:
    http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/dg-personale-scolastico/enti-certificatori-lingue-straniere
  10. La Carta del Docente può essere usata per assistere a “rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo”. Queste manifestazioni culturali sono generiche o devono essere attinenti alla materia insegnata? (ad esempio: un docente di italiano può utilizzare il bonus per visitare un museo scientifico?)
    Le rappresentazioni cinematografiche, l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo non devono essere necessariamente attinenti alla disciplina insegnata, in quanto la formazione professionale del docente riguarda competenze disciplinari e trasversali, scelte educative e metodologie laboratoriali, non riconducibili a una sola e specifica professionalità.
  11. Si può utilizzare il bonus o parte di esso per l’acquisto di titoli di viaggio per la partecipazione a eventi o per viaggi culturali?
    No, potranno essere rimborsati solo i biglietti per le “rappresentazioni teatrali e cinematografiche” e quelli per “l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo”.
  12. Con la Carta del Docente posso seguire un corso di formazione organizzato dalla mia o da altre scuole?
    Sì, purché coerente “con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione” (legge 107/2015, art. 1, comma 121), in quanto “Le istituzioni scolastiche singole o in rete e/o in consorzio possono […] proporsi come Soggetti che offrono formazione sulla base di specifiche competenze e di adeguate Infrastrutture” (Direttiva del Miur 90/2003, art. 1, comma 3).
  13. Posso contribuire con una parte o con l’intero bonus della mia Carta del Docente all’acquisto di strumentazioni elettroniche digitali che migliorino la sperimentazione didattica multimediale della mia scuola, come per esempio una LIM, o la sperimentazione didattica in generale, come ad esempio libri, riviste o materiale didattico per la biblioteca scolastica?
    Sì. Anche l’impiego diretto del bonus o di parte di esso per la sperimentazione didattica rientra nell’organizzazione delle “attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione”.
  14. Posso contribuire con una parte o con l’intero bonus della mia Carta del Docente a realizzare un corso insieme ad altri docenti esterno al piano di formazione della mia scuola?
    Sì. Anche in questo caso si ricorda che va valorizzata la formazione professionale del docente, non solo in rapporto al piano dell’offerta formativa della singola scuola, ma anche in riferimento a competenze disciplinari e trasversali, scelte educative e metodologie laboratoriali, non riconducibili a una sola e specifica professionalità, che saranno descritte e individuate nel prossimo piano nazionale per la formazione.

Cordoglio per le morti di Parigi -Solidarietà ai lavoratori e agli studenti in Italia

Cordoglio per le morti di Parigi -Solidarietà ai lavoratori e agli studenti in Italia colpiti dalle forze dell’ordine

Nazionale – sabato, 14 novembre 2015

Guerra e terrorismo, sfruttamento e repressione questa è la violenza dei padroni

La solidarietà vera è nella lotta organizzata e unitaria dei lavoratori
20 Novembre Sciopero di tutti i lavoratori pubblici

Ieri è stata una tremenda giornata di violenza ma non è la prima ne sarà l’ultima.
I morti di Parigi mettono in secondo piano ogni altro fatto: lo sgomento, il dolore e la rabbia sono i sentimenti che suscita la violenza cieca che colpisce innocenti.
La strage di ieri ci ricorda tutte le altre, è un atto della guerra continua che coinvolge il mondo intero e non ci sono morti che valgono di più.
È passato meno di un mese dalla strage di Ankara dove sono stati uccisi oltre 120 manifestanti contro la guerra, migliaia sono gli immigrati che hanno trovato la morte ai confini dell’Europa che li bombarda e li sfrutta, e altri attentati a Beirut e prima in Tunisia, i bombardamenti continui contro i popoli siriano, curdo e palestinese, sono solo le tragedie più vicine.
Fiumi di sangue per garantire profitti altrimenti difficili da fare.

L’economia di guerra, che il sistema capitalistico sta imponendo a tutti, è frutto della sua crisi strutturale, la distruzione è il carattere comune di tutti gli aspetti della politica dei governi e della stessa Unione Europea.
Si bombarda all’estero, con relative spese per gli armamenti; si taglieggiano i lavoratori del proprio paese, si sostiene l’odio razziale e religioso, si alimenta l’ignoranza mentre si distrugge lo Stato Sociale e si cancellano le libertà democratiche in uno stato di guerra perenne.
La Trojka e i Governi suoi servitori, fanno scempio delle libertà collettive, dal diritto di manifestare a quello di sciopero, la democratica Europa reprime chi si ribella come in Grecia dove il sindacato PAME subisce arresti e licenziamenti politici, o nella stessa Francia come nel caso dei lavoratori dell’Air France.

Ieri è stata anche la giornata del primo sciopero della Scuola in Italia e abbiamo visto all’opera la repressione violenta nei confronti degli studenti e dei lavoratori.
La repressione sistematica degli studenti, sempre i più giovani, è la vera faccia “dell’istruzione” e della “formazione” che i governi della nuova epoca danno alle nuove generazioni.
Semina paura. La paura di partecipare alla vita democratica del paese, la paura di dire la propria nelle piazze come a scuola.
Fa sentire la forza della classe al potere che è intenzionata a difendere la sua posizione a tutti i costi.
Ieri, inoltre, l’opera è stata ancor più fine, per la prima volta a Roma non ci sono stati scontri: nella Roma dei Prefetti si è concentrata la forza mediatica che doveva rassicurare mentre a Napoli e a Milano la polizia caricava violentemente.

Esprimiamo la nostra completa solidarietà agli studenti e ai colleghi che

ieri hanno scioperato e manifestato contro la legge 107/2015, denunciamo

la violenza delle forze dell’ordine che li ha colpiti e lo facciamo proseguendo la

lotta, contro la politica di guerra impressa dal Governo Renzi nella prossima legge di

stabilità contro lo Stato Sociale e i lavoratori tutti.

Roma 14.11.2015

20 novembre 2015

SCIOPERO DI TUTTI I LAVORATORI PUBBLICI

MANIFESTAZIONI A NAPOLI, ROMA E MILANO

Modificare il sistema attraverso la leadership scolastica

Consiglio nazionale a Palermo.
‘Modificare il sistema attraverso la leadership scolastica’

Si è svolto dal 12 al 15 novembre 2015 a Palermo  il Consiglio Nazionale di DiSAL, con la presenza di oltre cinquanta dirigenti di scuole statali e paritarie in rappresentanza di tutti i gruppi associativi regionali. Il Consiglio, nell’affrontare le tematiche emerse nei diversi ambiti regionali, ha voluto approfondire i percorsi professionali sui quali l’Associazione si impegnerà durante l’anno scolastico.  “Il Consiglio  – ha richiamato all’inizio dei lavori il presidente Ezio Delfino –  esercita la responsabilità di valutare il percorso associativo e, alla luce degli ideali originari, di indicare le future linee operative”.
I lavori sono stati introdotti dalla relazione del prof. Dario Nicoli, dell’Università Cattolica di Bergamo, che ha documentato come la scuola sia oggi l’istituzione decisiva per il ‘risveglio’ culturale della nostra società. La sua qualità, secondo Nicoli, si evidenzia in cinque missioni: essere punto di riferimento nel territorio;  mobilitare le risorse della comunità;  suscitare e mobilitare le risorse ed i talenti degli studenti; formare in modo educativo i giovani; svolgere un’azione generativa per famiglie, mondo economico, mondo associativo ed istituzionale.
Accettando un franco dialogo con i presenti, il Sottosegretario all’Istruzione on.le Davide Faraone ha indicato ai membri del Consiglio Nazionale le prospettive di riassetto della scuola italiana che Governo e Parlamento hanno avviato. Nel dialogo sugli aspetti applicativi della riforma che ancora richiedono azioni di chiarimento e di sostegno, il Sottosegretario ha ascoltato le proposte di miglioramento che i dirigenti italiani stanno rilevando in questa prima fase attuativa. In particolare ha comunicato che il Miur sta riscrivendo il regolamento relativo al nuovo Bando di concorso per dirigenti scolastici con l’intento  di superare il modello dei test preselettivi e di superare la delega alla Scuola di Pubblica Amministrazione. DiSAL ha accolto con favore le scelte in quanto da sempre favorevole ad un reclutamento che valorizzi le esperienze professionali ed a modalità di formazione che focalizzino tematiche gestionali, relazionali, amministrative, ma anche formative e pedagogiche.
I lavori del Consiglio nazionale, sempre sorprendentemente ricchi di cultura professionale ed amicizia, hanno  elaborato riflessioni e proposte sui problemi più urgenti della scuola italiana e della professione direttiva: dalla valutazione dei docenti, all’alternanza scuola-lavoro, dai Piani di Miglioramento alle attività di Rete.
Il Consiglio ha rilanciato , inoltre, gli strumenti della presenza associativa quali il nuovo sito internet di prossima pubblicazione, la rivista semestrale ‘Dirigere scuole’ unica nel suo genere ed i Laboratori regionali come luoghi di solidarietà professionale sull’attuazione della L 107/2015.
Il Consiglio ha inoltre stabilito di proporre con urgenza a tutti i colleghi italiani ed alle forze associative una modifica delle norme che caricano ingiustamente sul preside la responsabilità della sicurezza dell’edificio, per evitare che riaccada una vicenda come quella che ha tristemente colpito il collega dell’Aquila, al quale i colleghi hanno inviato tutta la loro umana solidarietà.
“La tre giorni – ha sintetizzato Ezio Delfino – ha documentato la vivacità culturale dell’Associazione e rinnovato il desiderio di una presenza sempre più adeguata al sostegno di una reale leadership educativa nelle scuole.”.

Ormai è guerra… ricordando Valeria

Ormai è guerra… ricordando Valeria

di Maurizio Tiriticco

 

Non c’è da farsi illusioni: una buona parte del mondo islamico ci ha dichiarato guerra. Si tratta di quel mondo che non è stato contaminato da quei movimenti che hanno interessato da secoli e per secoli noi dell’Occidente del mondo. E quanta fatica e quante sofferenze abbiamo dovuto affrontare per giungere al Rinascimento, all’età dei lumi e a quelle tre grandi rivoluzioni, quella industriale, quella francese e quella russa. Abbiamo combattuto e abbiamo battuto ogni forma di intolleranza religiosa e abbiamo pagato da sempre con scomuniche, torture efferate imposte da una inquisizione cosiddetta santa, roghi a non finire, decapitazioni! Se oggi abbiamo un Papa Francesco, non credo lo si debba tanto alla Chiesa in sé, quanto a quella cultura liberale che anche nella Chiesa con enorme fatica nel corso dei secoli ha fatto breccia. La Chiesa non si è rinnovata per risorse interne: va sempre ricordato che l’insegnamento evangelico nulla ha a che vedere che con la Chiesa secolare costantiniana (Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre! Dante, Inferno XIX).

Ricordiamo l’arretratezza di un Pio IX! I diritti dell’uomo del 1779? Una carta scritta dal demonio! Un papa che ha resistito in mille modi contro il diffondersi dello spirito liberale, saldamente represso con le efferate pubbliche decapitazioni di Mastro Titta, ben 516, fino al 1870, e con una pena di morte che è stata formalmente abolita nello Stato pontificio solo nel 2001. Se poi si è giunti alle Rerum Novarum e, più recentemente alla Laborem excercens, ciò lo si deve a quello spirito liberale – non chiamo in causa lo spirito laico che è altra cosa – che da cent’anni a questa parte ha contaminato la Chiesa.

Quei diritti dell’uomo, fatti propri dall’Onu nella Carta del 1948, che integrano e arricchiscono le quattro libertà fondamentali enunciate dal presidente Usa Roosevelt nel 1941, “di parola, di credo, dal bisogno e dalla paura”, e ben presenti anche nella nostra Carta costituzionale varata nel 1947, sono i fondamenti del nostro convivere insieme nel rispetto del pensiero libero di ciascuno e di tutti.

Non è un excursus inutile ciò che ho scritto finora. Intendo soltanto dire che ogni religione è, per sua originaria natura un’altra cosa rispetto allo spirito liberale! La religione “lega” prima di “liberare”! E quando poi una religione è monoteista, cominciano i guai. Ciascuna sostiene che solo il suo dio è vero! Altra cosa il politeismo! Il politeismo greco e latino è stato uno dei fondamenti di due grandi culture e civiltà. Nel mondo classico non ci sono state quelle guerre di religione che invece hanno sconvolto l’Europa per secoli.

E l’Islam – non vanno dimenticati gli altri credi diffusi sull’intero pianeta; parlo dell’Islam perché è quello che ha a che fare con la nostra civiltà europea e con il nostro continente – ebbene, l’Islam purtroppo non è stato ancora contaminato! So bene che esiste un Islam moderato, ma… si tratta di quell’Islam che obtorto collo convive con religioni e culture “altre”: una moderazione indotta dalla necessità. In effetti quell’Islam che non deve convivere, ma che è dominante, è tutt’altra cosa! Io allibisco quando vedo che a Dubai hanno costruito il grattacielo più alto del mondo e quelle arditissime Palm Islands sul Golfo persico – segno di tecnologie avanzatissime – ma frustano, lapidano e decapitano le donne secondo un diritto degno del più immondo nostrano medioevo! Rileggetevi Tertulliano, un Padre della Chiesa: quante ne dice contro le donne! Il fatto che non debbono uscire a volto scoperto è solo una finezza! D’altra parte, quale valore possiamo attribuire a un essere che è solo una diaboli ianua, una porta del diavolo? E’ tutta colpa di Eva, se Cristo è dovuto salire in croce per liberarci!!! Lo scrive Tertulliano! Allora, come posso stupirmi, se i militanti dell’Isis schiavizzano, stuprano, ammazzano le donne, anche se vecchie e bambine!!! E sono militanti pronti anche a farsi esplodere! Tanto nel paradiso di Maometto troveranno altrettante donne, le Uri, tutte giovani e vergini, pronte a soddisfare tutti i loro bisogni sessuali! Un paradiso ridotto a casa di tolleranza! Non vorrei!

Con i fanatici che non solo aspirano a rafforzare l’Isis (Islamic State Iraq Syria), ma a costruire con la forza uno Stato islamico mondiale c’è poco da scherzare! Abbiamo già percorso una strada simile, quanto un certo Hitler pensava che solo la pura razza ariana germanica fosse degna di governare il mondo! E quanto abbiamo sofferto.

Sono fortemente preoccupato!

LINEE COMUNI DEI SINDACATI PER IL CONTRATTO DELLA SCUOLA

COMUNICATO UNITARIO FLC CGIL – CISL SCUOLA – UIL SCUOLA – SNALS CONFSAL

LINEE COMUNI DEI SINDACATI PER IL CONTRATTO DELLA SCUOLA

FLC Cgil CISL Scuola UIL Scuola SNALS Confsal congiuntamente presentano le loro linee rivendicative comuni per rinnovare il Contratto della Scuola.
Portando a sintesi i contributi emersi nei tanti momenti di confronto fra le organizzazioni e con i lavoratori, all’interno di un percorso di mobilitazione da tempo avviato e che li vede oggi impegnati con precisi obiettivi e scadenze, a partire dalla manifestazione del 28 novembre, i sindacati hanno definito un documento che traccia le linee comuni di orientamento per la costruzione di una piattaforma per il rinnovo del CCNL che insieme stanno rivendicando.
Il documento viene proposto come traccia di riferimento per il dibattito che ciascuna sigla svilupperà al suo interno e per i momenti di attivo coinvolgimento della categoria con percorsi, modalità e strumenti che potranno essere ad ogni livello unitariamente individuati.
I contenuti proposti sono in linea con gli obiettivi più volte al centro delle iniziative assunte unitariamente rispetto soprattutto alle tante criticità della legge 107, in particolare per quanto riguarda le materie che si punta a recuperare pienamente e legittimamente all’ambito della disciplina contrattuale.
I Sindacati della scuola, ribadendo la centralità del negoziato come strumento, costituzionalmente previsto, di innovazione e miglioramento del servizio scolastico oltre che di tutela del lavoro, collocano le loro rivendicazioni in una dimensione europea.
Pur coi necessari adeguamenti alla situazione nazionale, propongono più Europa, in materia di retribuzione, orario, valutazione, carriera.
Le linee di orientamento comuni per il Contratto, presentate dai Sindacati Scuola, esprimono quanto il movimento unitario ha posto all’attenzione di tutti in questi ultimi mesi e affrontano la questione scuola come questione nazionale, vero fulcro per la crescita civile culturale economica del Paese, che né la società civile né la società politica possono più eludere.
Tali linee saranno oggetto da subito di una campagna diffusa e capillare di confronto con i lavoratori ai fini di condividerne e approfondirne i contenuti.
Per ragioni legate alle specifiche modalità previste dal suo Statuto in materia di elaborazione delle piattaforme contrattuali, Gilda Unams non compare tra le sigle che sottoscrivono il documento, pur confermando il pieno coinvolgimento nelle azioni di mobilitazione con le stesse condivise.


LINEE COMUNI DI ORIENTAMENTO PER IL RINNOVO DEL CONTRATTO DELLA SCUOLA

Per la piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro. Il Contratto come diritto dei lavoratori riconosciuto dalla Costituzione.

Riaffermiamo il valore del Contratto Collettivo come strumento essenziale di riconoscimento e tutela dei diritti dei lavoratori.
Il Contratto consente fra l’altro al lavoratore di esercitare concretamente il diritto “a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art 36 Cost.).
Occorre pertanto confermare la contrattualizzazione piena del rapporto di lavoro e procedere subito al rinnovo dei contratti di lavoro nel settore pubblico, come impone anche il recente pronunciamento della Corte Costituzionale.

Recupero del salario perduto
Il potere d’acquisto degli stipendi dei lavoratori del comparto scuola, dopo 6 anni di mancato rinnovo del Contratto, ha perso, rispetto all’inflazione, in termini nominali, 220 euro su base mensile, quindi per recuperare la perdita per il periodo 2010-2015 occorrerebbe un aumento retributivo medio mensile di pari entità. Gli stipendi del comparto scuola risultano ridotti anche in termini reali, infatti, secondo il Conto Annuale, la retribuzione media annuale del comparto scuola del 2013 (ultimo dato disponibile) risulta ridotta di 1.100 euro rispetto al 2009.
Nella comparazione con le retribuzioni del personale degli altri Paesi dell’area Euro, gli stipendi sono tra i più bassi: dietro l’Italia solo la Grecia e l’Estonia.
Si tratta di una vera e propria emergenza stipendiale del personale della Scuola.
Da questi dati bisogna partire per avanzare una proposta di incremento salariale e per recuperare la perdita relativa.
È necessario dare a chi lavora nella scuola dignità sociale e retributiva; eventuali meccanismi volti a rinnovare e valorizzare le professionalità devono essere sostenuti da un ampio consenso anche per assicurarne la miglior efficacia. L’obiettivo di avvicinare i salari del personale della scuola italiana alla media dei colleghi europei potrebbe, tenuto conto dell’attuale situazione economica, essere conseguito progressivamente attraverso due contratti.
Va ribadita comunque la centralità della progressione salariale tramite gli scatti di anzianità, in quanto valore aggiunto professionale basato sull’esperienza maturata sul campo.

Il Contratto e le leggi già approvate
Il nuovo Contratto non può non fare i conti con ciò che è già avvenuto con gli interventi legislativi degli ultimi Governi, che si sono succeduti dal 2009, e che hanno sottratto alla contrattazione contenuti che necessariamente sono da recuperare, riportando alla negoziazione temi importanti fatti oggetto di norme di legge.
L’obiettivo è ripristinare il primato del Contratto, relativamente alle materie attinenti la regolazione delle condizioni di lavoro e l’esercizio della funzione docente, fatte impropriamente oggetto di interventi legislativi.
Ad esempio non è accettabile che ci siano norme come quella sul limite della durata dei contratti a termine introdotta dalla legge 107 al comma 131 che, anziché punire l’abuso del datore di lavoro, sanziona il lavoratore impedendogli di lavorare dopo 36 mesi di servizio. A ciò si aggiunga quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 178/2015 in materia di tutele e relazioni sindacali che la legge 107 sulla scuola vorrebbe annullare con il comma 196 (Deroghe).
L’invasività delle leggi degli ultimi 7 anni in materia di salario, contratto, profili, ha creato una tale sovrapposizione di istituti contrattuali e normativi che spesso è fonte di contenzioso e di disfunzionalità nelle scuole. E’ necessaria una corposa revisione normativa in modo che la fonte contrattuale sia un punto di riferimento chiaro per il personale in tema di doveri, opportunità e diritti, affinché questi ultimi siano pienamente esigibili.

Specificità della professionalità docente
Ogni discorso che si fa sulla professionalità docente deve partire da uno sguardo europeo che le OO.SS. condividono pienamente, con i normali adattamenti al contesto italiano.
Gli elaborati, infatti, congiunti delle parti sindacali e imprenditoriali europee parlano di valutazione del sistema e del personale sulla base di criteri assai convincenti: condivisione, trasparenza, progressività, inclusività, coerenza.
Il tema da porre con gradualità e con coraggio è quello di una valutazione che escluda la competizione e valutazioni arbitrarie delle prestazioni. Noi chiediamo che la valutazione sia invece centrata sulla valorizzazione della collegialità e dell’impegno per il miglioramento della scuola. Valutazione, dunque, come certificazione di collegialità e di impegno, ad accesso universale, che abbia a riferimento la didattica e gli obiettivi formativi comportando non solo compensi a carattere accessorio ma progressioni accelerate da riconoscere oltre l’attuale progressione per sola anzianità; quest’ultima va mantenuta, come avviene nella quasi totalità dei Paesi Europei.
Occorre a tal fine fare riferimento a criteri nazionali, certificazione territoriale o di scuola fatta da organismi collegiali competenti (non genitori e studenti) a composizione mista (con membri interni alla scuola dove si presta servizio ed esterni ma provenienti dal mondo scolastico).
In ogni caso tale materia, con le risorse – necessariamente di carattere aggiuntivo – ad essa correlate, ivi compresi i 200 milioni di euro della legge 107/2015, va ricondotta interamente all’interno della contrattazione nazionale.

Carriera correlata alla funzione unica docente.
L’unicità della funzione docente è connessa alla funzione istituzionale della scuola nel quadro costituzionale del nostro Paese, che non può essere ridotta a un “semplice” servizio a domanda individuale.
La scuola, attraverso un’istruzione di qualità e la serietà degli studi, offre a tutti i giovani cittadini gli strumenti di accesso al sapere e riconosce il merito, l’impegno e le competenze acquisite, in tutti i livelli di istruzione, assolvendo a una precisa funzione dello Stato.
Per questo la funzione docente va intesa sia nell’accezione di una sola figura professionale accreditata scientificamente e socialmente, svolta nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria, nella scuola secondaria, sia nell’accezione di un ruolo senza gerarchie interne, che può prevedere incarichi “di compito” che la scuola dell’autonomia alla luce dei contratti e delle leggi, si dà.

Trasparenza sui carichi e sull’orario di lavoro

C’è un aggravio di lavoro, non riconosciuto, a causa degli interventi normativi e ordinamentali che hanno contribuito a rendere più pesante e complesso il lavoro nella scuola . L’ emersione dell’orario di lavoro e la sua codificazione è questione cruciale per dimostrare in maniera trasparente quanto affermano i dati Ocse: le ore annualmente lavorate dai docenti italiani sono nella media dei paesi Ocse e comunque in Italia si fanno più ore che in Finlandia e in Francia.

Specificità della professione Ata
L’offerta formativa nella scuola della autonomia non riguarda solo la didattica, ma coinvolge e chiama in causa l’organizzazione complessiva della scuola e tutte le componenti dell’istituto. Per questo va richiesta, tramite il contratto, la partecipazione di queste figure, già oggi a pieno titolo rappresentate nei Consigli di Istituto, in tutti i momenti in cui si decide l’organizzazione della scuola (commissioni pof, sicurezza, viaggi di istruzione, ecc).
E’ necessario far emergere la specificità delle funzioni Ata che si svolgono sia nelle segreterie, sia nei laboratori sia negli spazi della scuola a contatto diretto con i minori in formazione (caso unico nella PA) in collaborazione con la docenza e la dirigenza
scolastica, ivi compresa la condivisione dei profili di responsabilità nella vigilanza sugli alunni.
Per questo riteniamo significativo avanzare la richiesta di retribuzioni adeguate alla specificità del lavoro scolastico e all’accresciuta professionalità di Dsga, Assistenti amministravi e tecnici e collaboratori scolastici.
Vanno inoltre riattivati attraverso il contratto i canali di mobilità professionale tra aree e profili.

Relazioni sindacali. La contrattazione decentrata e le funzioni delle RSU
Si deve riaffermare la funzione equilibratrice e di garanzia in tutto il territorio nazionale del Contratto Nazionale di Lavoro.
Ciò è in coerenza con la difesa dei due livelli contrattuali attraverso l’ estensione della contrattazione decentrata e il rafforzamento, in particolare, della funzione contrattuale delle Rsu.
In questo quadro va ribadito che deve essere materia di contrattazione di livello scolastico l’intera materia dell’organizzazione del lavoro, soprattutto alla luce della gestione dell’organico potenziato introdotto dalla legge 107. Come, con tutta evidenza, è sempre il Contratto la sede più idonea a trattare e a regolare i processi di formazione del personale, in quanto connessi ai mutamenti legislativi, di ordinamento e di innovazione organizzativa e didattica e pertanto legati alla dimensione collegiale del lavoro nel contesto di ogni singola scuola autonoma.
Da ciò la necessità di ridefinire regole certe nelle relazioni sindacali integrative, sia a livello ministeriale (centrale e periferico), sia a livello di istituzione scolastica.

Inclusività e equiparazione dei diritti
Il tema dell’equiparazione dei diritti del personale precario non è rinviabile. La Sentenza della Corte di Giustizia Europea ha messo un punto fermo sull’equità della retribuzione a parità di prestazione laddove si afferma che se il datore di lavoro impegna un lavoratore con un contratto a carattere temporaneo per più di 36 mesi è segno che le sue esigenze sono stabili. Pertanto il cosiddetto lavoratore precario ha diritto alla stabilità.
Il Contratto è lo strumento per ricomporre le varie tipologie lavorative, per riconoscere, includere e tutelare, a partire dalla parificazione di diritti e regole retributive fra personale a tempo indeterminato e personale a tempo determinato. In tale prospettiva si colloca la richiesta di estensione della Card anche al personale con contratto a T.D.

Formazione
E’ necessario istituire un sistema nazionale di formazione in servizio capace di mettere in moto meccanismi virtuosi e di costante miglioramento della dinamica tra
insegnamento e apprendimento, ricerca e sviluppo, prestazione lavorativa e qualità dei servizi erogati. La formazione in servizio deve rappresentare un obbligo per l’amministrazione e un dovere per l’insegnante in modo da diventare il fondamento su cui incentrare lo sviluppo professionale dell’intera vita lavorativa. Principio che vale anche per gli Ata.

Il valore della condivisione
Considerata la natura peculiare di un servizio la cui miglior efficacia è assicurata dal concorso di tutte le professionalità in esso operanti, nel contesto di una comune e condivisa assunzione di responsabilità nella progettazione del lavoro, nella sua gestione e nella sua valutazione, qualsiasi decisione che comporti implicazioni su questi versanti (progressione della carriera, valutazione certificata del lavoro e dell’impegno) dovrà fondarsi su processi di attivo coinvolgimento della categoria.

INCONTRO NAZIONALE DOMENICA 29 NOVEMBRE

INCONTRO NAZIONALE DOMENICA 29 NOVEMBRE
PER UNA RIPRESA DELLA MOBILITAZIONE UNITARIA
con il seguente ordine del giorno:
• definizione dei temi dei quesiti relativi al referendum abrogativo della Legge 107 (relazione del comitato tecnico scientifico)
• verifica della possibilità di creare un percorso referendario sociale che tenga uniti i temi della scuola, del lavoro,dell’ambiente e delle riforme istituzionali
• proseguimento del contrasto e della mobilitazione contro la “buona scuola” (legge 107/2015)
ore 10.00 – 18.00
Aula Magna Istituto “G. Galilei”
Via Conte Verde, 51 – ROMA
Metro linea A – fermata Manzoni

Per adesioni mandare una mail a: info@lipscuola.it

Strage di Parigi, oggi un minuto di silenzio nelle scuole e nelle università

da Il Sole 24 Ore

Strage di Parigi, oggi un minuto di silenzio nelle scuole e nelle università

Nelle scuole e nelle università si terrà oggi un minuto di silenzio per commemorare i morti nei sanguinosi attacchi terroristici che venerdì sera hanno sconvolto Parigi. A proporlo è stata la ministra Stefania Giannini: «Invito le scuole, le università, le istituzioni dell’Alta formazione artistica e musicale a dedicare, nella giornata di lunedì, un minuto di silenzio alle vittime della strage parigina e almeno un’ora alla riflessione sui fatti accaduti».
Sulla sua pagina Facebook la responsabile dell’Istruzione ha scritto che «i gravissimi fatti di Parigi rappresentano un attacco al cuore dell’Europa senza precedenti» al quale «dobbiamo subito dare una riposta, innanzitutto educativa e culturale». Nel ricordare l’hashtag #PorteOuverte (porta aperta, ndr) che è stato sui social network dai cittadini di Parigi subito dopo gli attacchi terroristici, per offrire un riparo a chi era in strada terrorizzato, la ministra ha aggiunto: «Porta Aperta deve essere anche la nostra risposta. Non possiamo restare indifferenti, paralizzati e chiuderci nelle nostre paure». Da qui la sua seconda proposta: dedicare – sempre oggi – «almeno un’ora alla riflessione sui fatti accaduti. Porte Aperte significa anche coinvolgere la cittadinanza, le famiglie».

Il lavoro subito dopo la scuola

da Il Sole 24 Ore

Il lavoro subito dopo la scuola

di Roberta Miraglia

A scuola per trovare subito un’occupazione. È la scommessa del sistema duale che sta crescendo in Italia e vede molte aziende investire in formazione insieme a Its e Regioni. Nonostante uno sviluppo frammentario e rallentato da resistenze culturali, il modello comincia a prendere forma.

Di recente la Camera di commercio italo-germanica (Ahk) ha fatto il punto sulle novità, in un convegno a Milano, presentando Dual.Concept, la società che sarà il suo braccio operativo nella formazione. Si tratta di un progetto, come dice lo slogan, “Designed in Germany, Made in Italy!”. Jörg Buck, consigliere delegato di Ahk, spiega che insieme a partner italiani e all’interno dei percorsi di formazione duale vengono realizzate esperienze dotate degli standard applicati in Germania, dalla progettazione dei corsi ai certificati di qualità fino alla gestione degli esami. Lo standard tedesco, infatti, attira sempre più Paesi perché il suo corollario è un tasso di disoccupazione giovanile del 7,4 per cento. Pioniere del duale sono state imprese tedesche con sede nel nostro Paese. In alcuni casi offrono posizioni retribuite già al momento dell’inserimento nel percorso formativo, in altri invece il posto arriverà, facilmente, poco dopo gli esami finali.

Penny Market, del gruppo Rewe, 330 negozi e 3mila dipendenti, utilizza un sistema formativo basato sul “learning by doing” e fortemente ispirato al modello tedesco. Nell’ottobre 2013 è partita la prima classe in Italia. Oggi gli studenti sono 56, in sei classi tra Milano, Bologna, Firenze e Bari. Anche l’anno prossimo ci saranno classi nel capoluogo lombardo, toscano, pugliese e forse anche in Piemonte. «Il programma è triennale e prevede due anni di Its, presso il S.Paolo d’Argon di Bergamo, e uno in azienda – spiega il direttore HR -. Selezioniamo neodiplomati con il potenziale di diventare direttori di punto vendita». La peculiarità del progetto-pilota, messo a punto con Ahk, è la modalità formativa: l’apprendimento per l’80% avviene in negozio. All’addestramento quotidiano nei punti vendita si aggiunge un giorno alla settimana in aula con docenti professionisti. Alla fine la certificazione del percorso avviene attraverso la commissione d’esame istituita da Dual Concept. «A differenza dell’alternanza, questo modello duale mischia le due fasi» spiega la direzione HR, «e ciò agevola l’apprendimento perché si può mettere in pratica subito quanto imparato in classe». I giovani vengono assunti con contratto di apprendistato, da quest’anno, grazie alle novità contenute nella “Buona scuola”.

Quest’anno, infatti, con il decreto legislativo 107 e il Jobs act «è l’anno decisivo per la costruzione normativa del sistema duale» osserva Carmela Palumbo, direttore generale del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. «È richiesto un grandissimo impegno organizzativo – aggiunge – perché il nostro sistema formativo fatica a preparare profili spendibili subito nel mondo del lavoro. E manca ancora un sistema organico mentre esistono molte belle esperienze sul territorio». Prove tecniche di duale si stanno sperimentando in molte Regioni. Bosch, con il network Allenarsi per il futuro ha dato il via a corsi in varie città. A Bari, con l’Its Cuccovillo, è partito il secondo ciclo post-diploma di tecnico superiore per la produzione: 10 giovani che si aggiungono ai 10 dell’anno scorso e si preparano nelle officine-laboratori dello stabilimento Bosch. Più numerosi i posti nel progetto Its Lombardia di Sesto San Giovanni, realizzato con Assolombarda e una 30ina di aziende. Sessanta ragazzi, compresa l’aula di quest’anno, sono coinvolti in un percorso biennale per formare meccatronici. E con l’Itis Galileo Galilei di Milano è iniziato un percorso di alternanza scuola-lavoro insieme a Bosch Rexroth per formare tra quest’anno e il prossimo 16 ragazzi del terzo e quarto anno dell’indirizzo meccatronica.

All’istituto Belluzzi Fioravanti e all’Aldini Valeriani di Bologna è in corso il progetto messo a punto con Ducati e Lamborghini (gruppo Volkswagen) che offre a 44 ragazzi su due classi un biennio di studio-lavoro retribuito con 600 euro mensili per diventare tecnici meccatronici nel settore auto e moto. L’esperimento, partito nel 2014, si concluderà nel 2016 e alterna a un primo semestre a scuola un secondo periodo nei laboratori dell’azienda. La società sta studiando un progetto dalle caratteristiche simili da iniziare l’anno prossimo, dice Umberto Tossini, direttore risorse umane di Lamborghini. «Siamo partiti tra i primi – aggiunge – e abbiamo dato un contributo al dibattito generale. Ora lavoriamo per integrare questa esperienza con le possibilità offerte dalla nuova normativa».

Fontani: docenti “pecore” ubbidienti di presidi despoti e impuniti

da La Tecnica della Scuola

Fontani: docenti “pecore” ubbidienti di presidi despoti e impuniti

“I dirigenti scolastici sono obbligati a rispettare le norme e non possono abusare dei loro poteri”: a dirlo, qualche giorno, fa è stato Luigi Maglio, coordinatore della Gilda di Lodi.

Il tribunale di Lodi ha bacchettato l’Ufficio scolastico regionale lombardo, annullando la sanzione disciplinare inflitta illegittimamente ad una docente, sospesa per un giorno dal servizio e dalla retribuzione: una sentenza che si inquadra in un vero e proprio filone giurisprudenziale, ha spiegato la Gilda, inaugurato dal tribunale di Potenza, dove un dirigente scolastico è riuscito a collezionare ben 7 sentenze di annullamento di altrettanti provvedimenti disciplinari illegittimi.

La Tecnica della Scuola ha intervisto sull’argomento Adriano Fontani, docente toscano di scuola primaria e presidente del Comitato nazionale contro il Mobbing-Bossing scolastico (CO.NA.M.BO.S), che da anni rivendica una legge a tutela dei docenti.

 

Maestro Fontani, lei da tempo combatte per denunciare il mobbing contro gli insegnanti: l’impressione è che il fenomeno negli ultimi anni si sia ampliato?

La situazione è peggiorata dal 2005, con l’aumentare dei poteri ai dirigenti scolastici: solo che nel frattempo la scuola si è assuefatta. Al punto che una sommatoria di reati penali (in assenza di uno specifico reato anche di carattere penale si può quindi agire lo stesso) ed un grave illecito civile (con richiesta danni che si può fare perfino entro 10 anni dai fatti), viene considerato dalle gerarchie scolastiche un quasi diritto del preside-manager.

 

Anche tra gli insegnanti c’è rassegnazione?

Certamente: per la maggior parte dei docenti è una realtà inevitabile, quasi fisiologica. Anzi, per evitarla occorre sempre più farsi “pecore” docili e ubbidienti.

 

Diversi addetti ai lavori sostengono che il mobbing attuato dai dirigenti è più sottile ma anche più distruttivo per chi lo subisce: è d’accordo?

Le esperienze che ho raccolto quasi vanno nella direzione opposta. Nel senso che con le nuove leggi, che conferiscono ai dirigenti sempre più poteri discrezionali e protezioni ai loro abusi da parte delle gerarchie scolastiche superiori, i presidi commettono abusi sempre più sfacciati ed evidenti. Questo avviene proprio perchè possono contare sull’impunità ‘interna’. Ha mai avuto notizia di un capo d’Istituto sanzionato o rimosso perchè ‘mobbizzava’ un docente, un Dsga o un Ata? Nemmeno io. E solo pochissimi docenti decidono di affrontate la difficile e costosa strada che porta alle procure e ai tribunali.

 

Quanti casi di mobbing vengono denunciati alle autorità competenti ogni anno?

Pochissimi, percentuali infime. Una esatta è impossibile determinarla, perchè manca uno dei due dati.

 

Quindi, è impossibile stabilire quanti docenti sono o si ritengono ‘mobbizzati’?

Tanti, ma è impossibile stabilirlo. In compenso abbiamo disponibili delle sentenze civili contro i dirigenti scolastici, emesse dai giudici del lavoro di condanna penale per mobbing o per altri specifici abusi per reati commessi a scuola contro Dsga, docenti ed Ata in ogni zona d’Italia: da Ragusa a Padova, da Cesena a Latina, da Forlì ad Avezzano, da Roma a Torino.

Qual è il caso più assurdo di mobbing contro i docenti di cui è venuto a conoscenza?

È una risposta difficile, ma solo perchè ce ne sono tanti: si tratta di singoli abusi, che rientrano comunque nei casi di mobbing.

 

Se ne ricorda qualcuno?

Certamente. Ricordo di una professoressa sanzionata per aver creato disorganizzazione alla scuola, per non aver comunicato in anticipo, ma solo la mattina stessa, l’improvvisa morte notturna del padre per cui chiedeva i tre giorni per lutto. E anche di un maestro che venne allontanato dalla sua scuola per “incompatibilità ambientale”, nonostante non avesse contro neppure un solo genitore e che anzi tutte le famiglie si fossero mobilitate con ripetute assemblee, raccolte di firme e petizioni perché restasse ad insegnare ai loro figli, e nonostante che i vertici scolastici sapessero bene che cacciandolo avrebbero condannato quelle classi prime ad un continuo cambio di docenti negli anni successivi. Perchè quel maestro erano l’unico di ruolo ed abitante in loco.

 

Tra gli episodi più curiosi?

C’è sicuramente l’anziana docente sanzionata per aver fatto uscire gli alunni al suono della campanella, come aveva fatto per decenni, mentre il dirigente aveva appena stabilito da circolare che dovevano uscire solo quando lui fischiava, tipo il capostazione.

 

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Ha invece avuto modo anche di riscontrare casi di docenti ‘amici’ dei dirigenti non sanzionati?

Sì. Ricordo di una vicenda accaduto nella stessa scuola e nello stesso mese: la dirigente sanzionò un docente per “omessa vigilanza” per una ventina di secondi passati a parlare con il collaboratore scolastico alle 8.30. Ma poi non sanzionò la collega docente (mentre la docente parlava con altre tre colleghe e la stessa preside), che si fece scappare un alunno nel cortile, da un buco della rete: il bimbo andò a casa da solo e la mamma lo riportò a scuola.

 

Come si dovrebbe comportare un docente che si sente vittima di mobbing nella sua scuola?

Registrare, registrare, registrare: audio e video, ogni attività scolastica ed ogni suo contatto, anche solo telefonico, con la scuola di appartenenza. Soprattutto le ispezioni subite. Il registratore dovrebbe diventare un fedelissimo amico dei docenti. Chi vuole difendersi sino in fondo, farebbe bene a scaricarsi le registrazioni al computer e a creare un archivio cronologico e tematico.

 

Ma non si sta un po’ esagerando?

Non direi. Si tratta di pratiche validissime e legittime, senza bisogno di dover avvertire la controparte. E, in determinate circostanze ed a determinate condizioni, sono valide perfino se fatte come intercettazioni in assenza di chi le fa.

 

È sicuro di questo?

Certo. Proprio in un processo a mio carico per “calunnia” contro un ispettore scolastico è stato stabilito questo importante precedente giurisprudenziale e sono stato assolto il 22 ottobre scorso, proprio grazie alla prova determinante di questo tipo di registrazioni.

 

L’ultima domanda riguarda la legislazione sulla materia: secondo lei, dove essere migliorata?

Il punto è che ad oggi manca lo specifico reato di mobbing nel nostro codice penale, col vantaggio che permetterebbe di invertire l’onere della prova. Ma, ripeto, per fare mobbing nella pubblica amministrazione, si devono commettere almeno tra i due e i quattro reati insieme: in questo caso anche ora si può procedere penalmente.

23 milioni di ‘analfabeti digitali’ sono troppi: pure in Italia il Digital Day

da La Tecnica della Scuola

23 milioni di ‘analfabeti digitali’ sono troppi: pure in Italia il Digital Day

Anche l’Italia si appresta a vivere il suo primo Digital Day: si svolgerà il 21 novembre, sabato prossimo, alla Reggia di Venaria, a Torino.

“Non faremo una festa, non un convegno, ma il lancio di un nuovo patto con il Paese”, ha detto il Digital Champion, Riccardo Luna, che dal 2012 ricopre, sotto l’etichetta inglese, la carica di ambasciatore dell’innovazione.

Al ‘Digital Day’ di Torino, scrive l’Ansa, potrebbe esserci anche il premier Matteo Renzi.

Tuttavia, non si partirà da zero, visto che da aprile la fatturazione elettronica è una realtà in tutta la Pubblica Amministrazione (se ne sfornano centomila al giorno) e c’è già un dossier definito sulla strategia per la banda ultralarga e la crescita digitale. Ancora, in estate è stato dato il via libera alla riforma della P.A, che si apre con la delega per la ‘Cittadinanza digitale’ e per la stesura del Freedom of Information Act. In porto sono andate anche le operazioni per il certificato di proprietà auto digitale e per la dichiarazione dei redditi precompilata.

Da ultimo, nei giorni scorsi, è stato fatto un altro passo in avanti per il fascicolo sanitario elettronico (il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale). Inoltre a dicembre inizia la sperimentazione dell’Anagrafe unica in 27 comuni, tra cui il capoluogo Piemontese, che oltre ai dati classici (nome, cognome, sesso, data e luogo di nascita) conterrà anche il ‘domicilio digitale’, ovvero la mail. E’ poi in corso la selezione di quelli che saranno i fornitoti dello Spid, l’identità digitale che permetterà con un click di accedere ai servizi on linea della P.A.

Si arriva così al 21 novembre, quando si parlerà di “Digital Action Plan”, un Piano di Azione Digitale, una tabella di marcia con target precisi per il prossimo biennio. Una road-map che verrà fuori da una giornata che vedrà tanti interventi. Nella sede della Reggia di Venaria avranno spazio tra gli altri, con tutta probabilità, il ministro della P.A, Marianna Madia, il direttore dell’Agid, Antonio Samaritani, il direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, l’economista Jeremy Rifkin.

I lavori saranno divisi in quattro sezioni: rete e diritti (internet, banda larga e regole di accesso), agenda digitale (tutte le novità per una P.A. ‘smart’), economia (sostegno alle start-up e il progetto fabbrica 4.0) e competenze digitali. E qui entrerà in ballo la scuola, con focus su progetti formativi: l’obiettivo è rimediare ai 23 milioni di italiani ‘analfabeti digitali’.

Concorso docenti 2015: chi potrà partecipare e chi no

da La Tecnica della Scuola

Concorso docenti 2015: chi potrà partecipare e chi no

Ormai il conto alla rovescia per la pubblicazione del prossimo concorso per titoli ed esami è iniziato.

Si stanno effettuando gli ultimi ritocchi per fare partire una macchina organizzativa pantagruelica, che vedrà partecipare circa 200mila abilitati non di ruolo, per 90mila posti.

La data prevista per la pubblicazione del bando è quella del 1° dicembre 2015.

Chi sarà escluso dalla partecipazione di questo attesissimo concorso?

Non potranno partecipare tutti i docenti che sono già entrati in ruolo, compresi coloro che stanno entrando in ruolo in questi giorni con la fase C. Infatti è chiaramente specificato nel comma 110 della legge 107/2015 che a questo concorso a cattedra non può comunque partecipare il personale docente ed educativo già assunto su posti e cattedre con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato nelle scuole statali.

Quindi, la condizione necessaria per poter partecipare al suddetto concorso è quella di avere conseguito già un’abilitazione e in caso dei posti di sostegno la specializzazione.

Infatti, sempre nel già citato comma 110 si legge che potranno presentare domanda di partecipazione i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all’insegnamento e, per i posti di sostegno per la scuola dell’infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, i candidati in possesso del relativo titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. Per il personale educativo continuano ad applicarsi le specifiche disposizioni vigenti per l’accesso alle relative procedure concorsuali.

Cosa accadrà invece per il titolo di diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002? Sarà considerato titolo abilitante per la partecipazione al concorso a cattedra per scuola primaria e dell’infanzia? Su questo punto c’è il presagio che non ci sia la volontà politica di riconoscere il titolo come abilitante.

Altra questione che appare controversa è quella degli insegnanti che hanno già maturato 36 mesi di servizio e sono già abilitati, stiamo parlando di coloro che di fatto sono in II fascia d’istituto: saranno chiamati a partecipare al concorso per entrare in ruolo o hanno già raggiunto questo diritto per la sentenza della Corte di Giustizia europea?

A quanto è dato sapere, per loro non si parla di alcuna stabilizzazione per legge e, quindi, appare scontata la loro partecipazione al concorso. L’inclusione o l’esclusione dei diplomati al magistrale entro il 2001/2002 e dei docenti della seconda fascia d’istituto con almeno 36 mesi di servizio, potrà innalzare o abbassare notevolmente il numero dei partecipanti.

Tra le novità di questo concorso a cattedra c’è anche l’eliminazione della contestatissima prova preselettiva per gli aspiranti docenti delle scuole secondarie, possibilità che invece potrebbe restare per l’infanzia e la primaria, soprattutto se parteciperanno anche gli abilitati con il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002.

Strage di Parigi, Giannini: lunedì in scuole e università un minuto di silenzio

da La Tecnica della Scuola

Strage di Parigi, Giannini: lunedì in scuole e università un minuto di silenzio

Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha pubblicato un messaggio, sul proprio profilo Facebook, riguardo i gravi fatti accaduti ieri a Parigi.

Il messaggio contiene anche un invito alla riflessione, da svolgere lunedì nelle scuole, per docenti, studenti e genitori su quanto accaduto.

Ecco l’intero messaggio del Ministro su Facebook:

I gravissimi fatti di Parigi rappresentano un attacco al cuore dell’Europa senza precedenti. Un attacco al quale dobbiamo subito dare una risposta, innanzitutto educativa e culturale. ‪#‎PorteOuverte‬, Porta Aperta, è stata la parola d’ordine lanciata sui social network dai cittadini di Parigi subito dopo gli attacchi terroristici, per offrire un riparo a chi era in strada terrorizzato. Una reazione di grande civiltà e coraggio.

Porta Aperta deve essere anche la nostra risposta. Non possiamo restare indifferenti, paralizzati e chiuderci nelle nostre paure. Per questo, invito le scuole, le università, le istituzioni dell’Alta formazione artistica e musicale a dedicare, nella giornata di lunedì, un minuto di silenzio alle vittime della strage parigina e almeno un’ora alla riflessione sui fatti accaduti. Porte Aperte significa anche coinvolgere la cittadinanza, le famiglie.

Le nostre scuole, le nostre università, i nostri centri di ricerca sono il primo luogo dove l’orrore può essere sconfitto, a diversi livelli di consapevolezza, che resta l’antidoto più efficace di fronte alla violenza e a questa guerra senza frontiere e senza eserciti.

I nostri ragazzi hanno il diritto di sapere, di conoscere la storia, di capire da dove nasce ciò che stiamo vivendo in queste ore. Il nostro patrimonio di valori può essere difeso solo se le nuove generazioni sono aiutate ad uscire dall’indifferenza. Non possiamo cambiare ‘canale’ davanti a queste immagini di morte. Dobbiamo parlarne con i nostri studenti e aiutarli a capire che c’è e ci potrà sempre essere un principio di ricostruzione della nostra identità in cui credere e riconoscersi. E dobbiamo aiutarli a rifiutare, oggi più che mai, qualsiasi tentazione xenofoba o razzista. È già successo tante volte nella storia, siamo figli e nipoti di persone che hanno dato la vita per affermarlo. L’educazione è il primo spazio in cui riaffermare i nostri valori, le nostre radici, quindi la nostra libertà.

Grazie ragazzi, grazie insegnanti, professori e ricercatori per il vostro impegno e per la vostra testimonianza.

L’Islam in classe: che fare?

da tuttoscuola.com

Sono 300 mila gli studenti musulmani in Italia (+371% rispetto al 2001)
L’Islam in classe: che fare?
Sono pari a tutti gli alunni di una Regione di medie dimensioni come la Calabria. Nelle aule italiane studiano 1.073 siriani, 403 libici, 339 iracheni.

La sindrome dello scontro culturale Islam-Occidente si vince soprattutto a scuola. Il ministro Giannini ha invitato i docenti ad affrontare i temi d’attualità: ma cosa fare quando in classe c’è un alunno musulmano? Tuttoscuola pubblica i dati sugli alunni con cittadinanza non italiana di cultura islamica ma non solo. I consigli agli insegnanti per una didattica multiculturale.

 

SOMMARIO:
 

La sindrome dello scontro Islam-Occidente si vince a scuola

La mappa degli alunni musulmani in Italia

Parigi 2015. Barbarie o scontro di civiltà?

Come trattare l’argomento a scuola

Islam e Occidente, una tematica da approfondire

Il 52% di alunni stranieri è nato in Italia da genitori con cittadinanza non italiana

I consigli per una didattica multiculturale

 

La sindrome dello scontro Islam-Occidente si vince a scuola

La sindrome dello scontro culturale Islam-Occidente si vince soprattutto a scuola. Troveranno gli insegnanti italiani le parole giuste per spiegare ai loro alunni marocchini, siriani, pakistani, che la risposta dell’Europa agli attentati terroristici non è la guerra dell’Occidente contro la cultura dei propri genitori che ogni venerdì vanno a pregare in Moschea?

Mentre i mass media parlano di ‘scontro di civiltà’ e di guerra contro l’estremismo islamico, gli insegnanti sono stati invitati dal ministro dell’istruzione Stefania Giannini a dedicare un minuto di silenzio alle vittime della strage parigina e almeno un’ora alla riflessione sui fatti accaduti: come evitare che allievi di cultura islamica siano isolati e guardati con sospetto dai loro compagni italiani? Che la sindrome dello scontro culturale Islam-Occidente si sviluppi proprio in aula?

Si tratta di un problema educativo non da poco, se si calcola che il numero di alunni di fede islamica nelle scuole italiane raggiunge più o meno quello di tutti gli alunni di una Regione di medie dimensioni come la Calabria. E che solo a scuola si possono mettere le basi per una corretta convivenza tra le culture del pianeta.

Sono almeno 300.000 i bambini e i ragazzi provenienti da Paesi di religione musulmana che frequentano la scuola italiana, tra questi, ad esempio, ci sono 1.073 siriani, 403 libici, 339 iracheni.

E sono in crescita tumultuosa. L’11 settembre 2001 gli alunni musulmani nelle nostre classi erano 81 mila: da allora si sono incrementati del 371%, arrivando a 302 mila. Nel 2013 (ultimo dato disponibile) vi erano 33 alunni musulmani ogni 1000 alunni italiani (3,3%).
Tuttoscuola ha elaborato i dati ufficiali pubblicati dal Ministero dell’Istruzione. Ecco una ricostruzione statistica della provenienza e dei flussi degli “alunni con cittadinanza non italiana” che frequentano le nostre scuole, con particolare riferimento a quelli di fede musulmana.

  • Gli alunni di nazionalità non italiana che si sono seduti fino al giugno scorso sui banchi delle nostre scuole sono stati quasi 802 mila.
  • I ragazzi musulmani, o comunque originari di Paesi con prevalente popolazione di cultura islamica, sono circa 300 mila, in buona parte provenienti dai territori del bacino mediterraneo: Marocco 101.167, Tunisia 18.363, Egitto 15.239, Algeria 4.546.
  • Vi sono anche pakistani (18.128), Siriani (1.073), Iraniani (716), Giordani (191), Irakeni (339) e Afghani (1.612).

 

La mappa degli alunni musulmani in Italia

Gli 802 mila ragazzi stranieri scolarizzati in Italia rappresentano 174 nazionalità diverse.

Gli alunni stranieri sfiorano il 9% dell’intera popolazione scolastica, e quelli musulmani – stimati da Tuttoscuola sulla base dei dati sulla nazionalità degli studenti stranieri e sulle religioni prevalenti nei diversi Paesi interessati – sono circa il 38% del totale stranieri. Sono almeno 14 le religioni, oltre a quella cattolica, professate dagli studenti stranieri in Italia. 113 le diverse lingue parlate dai ragazzi o, meglio, dalle loro famiglie. La comunità più ampia è proprio quella islamica, con un trend in forte crescita.

Gli alunni musulmani rappresentano il 3,3% della popolazione scolastica delle scuole statali e paritarie (complessivamente 9.036.499 nel 2013-14).

Gli studenti seguaci di Maometto sono soprattutto al Nord (quasi due terzi del totale), pari al 5% del totale degli alunni in classe con punte in Lombardia 74.247 (5,2%), in Emilia Romagna 35.178 (5,7%), in Veneto 34.986 (4,8%).

Anche nel Centro Italia – secondo i dati elaborati da Tuttoscuola – c’è una discreta presenza di alunni musulmani (poco meno di 70 mila unità) con il Lazio che ne ha in classe 29.017 (3,4%), con la Toscana che ne ha 24.230 (4,7%).

Nel Mezzogiorno, dove gli alunni musulmani sono poco meno di 37 mila (12%), la loro incidenza, rispetto al complesso della popolazione scolastica, si aggira intorno all’1%.

Di fronte alla crescente presenza di alunni di fede islamica sul banche delle scuole italiane, il Miur  ha sottoscritto a inizio 2013 (ministro Francesco Profumo) un protocollo d’intesa con la Coreis (Comunità Religiosa Islamica italiana, presidente Shaykh ‘Abd al-Wahid Pallavicini). Scopo dell’intesa promuovere “l’interculturalità, l’educazione interreligiosa, l’integrazione degli alunni musulmani”, ma anche “favorire nelle scuole un sempre maggiore approfondimento della cultura islamica, prevenendo il diffondersi dell’antisemitismo, dell’islamofobia e del radicalismo”. L’Intesa ha ricevuto anche il patrocinio dell’Isesco (Islamic Educational, Scientific and Cultural Organization), la più prestigiosa organizzazione per la cultura e l’educazione nel mondo islamico, emanazione dell’Oci (Organizzazione della Conferenza Islamica) che raccoglie 52 Paesi musulmani.


Parigi 2015. Barbarie o scontro di civiltà?

Ciò che è avvenuto a Parigi venerdì 13 novembre 2015, una vera e propria operazione militare di quelle che non si erano viste nell’Europa occidentale dai tempi della seconda guerra mondiale, va esaminato non solo sotto il profilo della politica internazionale, militare e della sicurezza, ma anche del significato che occorre attribuirle dal punto di vista culturale e della ricaduta che potrebbe avere in contesti come quello dei sistemi educativi europei, sempre più multietnici e multiculturali.

Perché un conto è ritenere che ci si trovi di fronte a un’azione che, per quanto sanguinosa e condotta in modo organizzato, resta su un terreno politico-militare, che si tratti insomma di un episodio di terrorismo, reso ancora più barbaro dal fatto di aver fatto vittime assolutamente incolpevoli.

Altro è, e su questo va fatta un’approfondita riflessione, giungere alla conclusione che la strage di Parigi restituisca attualità e attendibilità alla teoria dello ‘scontro di civiltà’, proposta tra molte polemiche negli anni novanta dello scorso secolo da Samuel Huntington, secondo il quale, a seguito della crescita economica e demografica di altre civiltà, come quella islamica (o quella cinese, indiana ecc.), il modello di civiltà occidentale, fondato su pluralismo, tolleranza e libertà individuale, sarebbe destinato a entrare in conflitto con altri, come quello islamico, ove prevalgono tendenze integraliste, assolutiste e teocratiche.

Bisogna capire se è questo che sta avvenendo, e se davvero il mondo occidentale deve rassegnarsi ad abbandonare il progetto (che ha radici giudaico-cristiane e percorre tutta la cultura euro-americana, da Kant a Dewey) di una universalizzazione dei diritti e dei valori della sua tradizione politica, filosofica e anche pedagogica, centrata sull’incommensurabile importanza, dignità e valore della persona e della sua vita: quella vita, a partire dalla propria, che i kamikaze islamici di Parigi hanno mostrato di non tenere in alcun conto.

Noi ci auguriamo che quanto accaduto a Parigi non induca il mondo occidentale ad arroccarsi e a rinunciare al dialogo con altre culture, che è l’unica strada che può portare a recidere le radici del fanatismo e dell’ideologia della ‘bella morte’.


Come trattare l’argomento a scuola

Che cosa succederà lunedì mattina nelle scuole italiane, dopo un week-end di cronache e immagini,  una più drammatica dell’altra, provenienti da Parigi? Se ne parlerà? Chi ne parlerà? Cambierà il rapporto tra gli studenti italiani e quelli stranieri di religione musulmana?

Sarebbe grave e preoccupante che dietro il velo di una studentessa o nell’abbigliamento di uno studente qualcuno scorgesse un potenziale terrorista da guardare con sospetto e standone lontani. La ricaduta scolastica degli eventi parigini va governata dal punto di vista educativo e didattico.

Opportunamente il ministro Stefania Giannini ha subito invitato – tramite Facebook e il sito del Miur – “le scuole, le università, le istituzioni dell’Alta formazione artistica e musicale a dedicare, nella giornata di lunedì, un minuto di silenzio alle vittime della strage parigina e almeno un’ora alla riflessione sui fatti accaduti”.

A nostro avviso dovrà essere un’ora di riflessione e dialogo che muova dal fatto che gran parte dei musulmani che vivono in Europa condivide sostanzialmente i valori e le regole che si sono dati i Paesi nei quali vivono e studiano.

Ma dovrà essere fatta chiarezza, per prenderne le distanze in modo totale, sulla visione del mondo dell’Islam integralista, che si pone in radicale antitesi con i valori, a partire da quello della vita e della libertà individuale, che caratterizzano l’Occidente da diversi punti di vista: economico, politico, culturale e anche pedagogico.

 

Islam e Occidente, una tematica da approfondire

È proprio sul versante pedagogico, a ben vedere, che si manifesta la massima distanza tra il monismo chiuso e teocratico del fondamentalismo islamico, che indottrina i maschi nelle ‘madrasse’ (scuole coraniche) e nega il diritto all’istruzione delle donne, e il modello educativo aperto e pluralista delle liberal e social-democrazie occidentali.

Dopo il 7 gennaio 2015, il giorno di un’altra strage parigina, quella che ha colpito i vignettisti di ‘Charlie Hebdo’, si è aperto in Francia, con qualche eco (fievole, purtroppo) anche in Italia, un dibattito interessante – ora destinato a riaccendersi alla luce di quanto accaduto il 13 novembre – tra i sostenitori, come lo scrittore e regista Emmanuel Carrère, della compatibilità tra la religione islamica e la concezione occidentale e illuministica della libertà individuale, e coloro che, come l’altro famoso scrittore Michel Houellebecq, autore del best seller ‘Sottomissione’ (traduzione letterale della parola araba Islam), ritengono che questa compatibilità possa darsi al massimo tra l’Islam e “qualcosa che è veramente radicato in Occidente, il Cristianesimo”, insomma tra religioni, ma non con il “razionalismo illuminista” e quindi con il pluralismo culturale della tradizione democratica occidentale.

Ecco una tematica che meriterebbe di essere approfondita anche in Italia, con la convinzione che Houellebecq trovi da noi pochi seguaci, e la speranza che non ne trovi neanche uno.

 

Il 52% di alunni stranieri è nato in Italia da genitori con cittadinanza non italiana

Nel 2013-14, secondo i dati forniti dal Miur, gli alunni stranieri di seconda generazione erano nella scuola dell’infanzia l’84%, mentre nella primaria sfioravano il 65%.

Nella secondaria di I e di II grado erano in quantità minori, ma nel procedere degli anni tenderanno ad aumentare per un processo naturale.

Poiché il tasso di immigrazione da alcuni anni è in flessione per una molteplicità di cause, nella scuola dei prossimi anni saranno sempre più presenti alunni stranieri di seconda generazione che potrebbero mantenere la loro cultura e la loro religione pur essendo italiani a tutti gli effetti.

Infatti, se la legge sullo jus culturae in discussione in Parlamento andrà in porto, moltissimi di quei ragazzi potranno acquisire presto la cittadinanza italiana, conservando comunque la loro religione.

Anche per questo sarà importante formare quei ragazzi a conoscere a fondo la cultura del paese che li ospita e che presto sarà il loro Paese. E questo senza rinunciare alle proprie radici. L’integrazione non è solo tra persone, ma anche culture.

Per avere a grandi linee una stima di questo passaggio di cittadinanza si può considerare il seguente quadro complessivo dei ragazzi musulmani presenti nelle nostre scuole, con riferimento ai maggiori gruppi nazionali presenti nei quali l’Islam è quasi sempre la religione prevalente.

Tra gli 802 mila alunni con cittadinanza non italiana, le famiglie di alunni non italiani provengono da Paesi prevalentemente di religione islamica, con particolare riferimento alla Albania con 107.862 alunni, il Marocco con 101.167, la Tunisia con 18.363, il Pakistan con 18.128, l’Egitto con 15.239, il Bangladesh con 13.163, il Senegal con 12.441, il Kosovo con 9.185, la Nigeria con 6.176, l’Algeria con 4.546, la Turchia con 3.868, l’Afghanistan con 1.612, la Siria con 1.073, la Giordania con 536, la Libia con 403.


I consigli per una didattica multiculturale

L’inserimento dei ragazzi stranieri nella scuola rappresenta ormai un dato strutturale per l’Italia. Occorre predisporre una strategia mirata anche sotto l’aspetto didattico. Ecco le proposte di Marco Braghero, PhD Researcher presso University of Jyväskylä in Finlandia e presidente di PeaceWaves International Network (www.peacewaves.org ) impegnata in progetti di educazione interculturale:

– sviluppare programmi di formazione e Azione-Ricerca almeno per i coordinatori di classe sull’approccio dialogico e di cooperazione aperta e preventiva sulle preoccupazioni dei processi di integrazione, con il coinvolgimento, oltreché dei docenti, di studenti e famiglie;

– predisporre i documenti scolastici e il sito nelle lingue presenti nella comunità scolastica, coinvolgendo in questo lavoro gli studenti e le famiglie straniere già integrate e presenti a scuola da almeno due anni;

– formare in ogni scuola almeno un gruppo preparatorio per i bambini e ragazzi che arrivano a lingua 0 e/o poco alfabetizzati. Il gruppo, sull’esempio di altri Paesi soprattutto del nord Europa,  dovrebbe essere di massimo 12/15 studenti. All’interno del gruppo i ragazzi svolgono una parte del curricolo per imparare Italiano lingua 2, principi di cittadinanza attiva (regole, diritti,  doveri, etc) e life skills. Il processo di integrazione con il resto del gruppo classe è graduale e costante;

– permettere agli studenti di imparare anche la loro lingua madre con gruppi, anche qui flessibili negli orari e nei tempi, di minimo 6 studenti;

– un forum permanente sulle esperienze interculturali presenti in Italia, per realizzare una banca dati sulle esperienze didattiche a disposizione dei docenti;

– formare i docenti esperti di mediazione culturale (almeno due docenti per istituto – e/o lavorare con i coordinatori): almeno 40 ore all’anno proponendo piste didattiche per l’insegnamento interculturale;

– formazione giovani studenti stranieri già inseriti nelle scuole e ragazzi italiani disponibili per diventare team leader ‘misti’ della ‘mediazione e culturale’, con l’obiettivo di occuparsi dell’accoglienza e del processo di integrazione dei nuovi stranieri. Tali profili potrebbero essere d’interesse anche per la comunità territoriali,  le municipalità,  enti e associazioni;

– contratti di formazione lavoro per gli studenti stranieri per consentire sia frequenza scolastica sia il lavoro. Si eviterebbe l’abbandono degli studi di molti ragazzi stranieri;

– apertura della scuola al territorio: generare relazioni stabili e produttive con le associazioni in rappresentanza delle varie etnie presenti a scuola. In questo caso sarebbe opportuno istituire un incontro permanente con questi rappresentanti (es. un incontro ogni due mesi) coinvolgendoli nella progettazione e nella realizzazione di eventi interculturali;

– incontri periodici con testimoni delle varie comunità;

– affrontare attraverso le varie discipline in modo dialogico i contributi che le diverse culture e religioni hanno apportato nella storia dell’umanità.

 

Ed ecco altri consigli per promuovere in classe una didattica multiculturale:

–       la ridefinizione di  nuovo profilo professionale dei docenti che ricombini i nuovi elementi che compongono la società. Un nuovo profilo che va definito individuando un percorso per promuovere l’inclusione di tutti  i ragazzi appartenenti a religioni, valori  e tradizioni diverse che sia sintesi alta tra ciò che abbiamo di meglio e il nuovo ciclo che si è aperto tra le filiere culturali;

–       dedicare un’ora settimanale (o un tempo complessivo equivalente), tra quelle riservate alle materie opzionali, al quarto dei grandi obiettivi formativi indicati dall’UNESCO, quello del “saper vivere insieme”, che integra i tre tradizionali “saperi” – sapere, saper fare, saper essere – aggiornandoli alla luce della crescente complessità multietnica e multiculturale delle odierne società ad elevato sviluppo economico.

Occorre integrare le attività curricolari legate alla transdisciplina “educazione alla convivenza civile” con una azione formativa supplementare, mirata specificamente alla conoscenza, non teorica e libresca, ma concreta ed esperienziale, della cultura, della storia e della fede dell’”altro”. Il saper convivere, l’integrazione passano per una reciproca conoscenza, che deve riguardare dunque in primo luogo i nostri ragazzi.
Concludiamo il nostro speciale con una frase suggestiva e ricca di significato, che potrebbe anche essere proposta come titolo di un tema in classe:

Non può essere straniero

Se il tuo Cristo è ebreo,
se la tua democrazia è greca,
se la tua scrittura è latina,
se i tuoi numeri sono arabi,
se la tua maglietta è cinese,
se le tue vacanza sono slave,
allora
il tuo vicino non può essere straniero.

Scritta sui muri della metropolitana di Monaco di Baviera.