Sentenza del Consiglio di Stato: il disabile non è una persona malata

da Superabile

Sentenza del Consiglio di Stato: il disabile non è una persona malata

Si chiude la lunga battaglia legale che ha visto contrapposte due associazioni che si contendevano il bando per la gestione dei Centri diurni per disabili nei comuni di Cinisello Balsamo e Cusano Milanino. Al centro la qualifica che devono avere gli operatori: di tipo sanitaria o educativa?

MILANO – La storia è particolarmente ingarbugliata. Sembra una questione per addetti ai lavori. In realtà poneva una domanda fondamentale: il disabile è una persona malata? Il Consiglio di Stato ha dato una risposta: no, non è una persona malata. Sì è conclusa così la lunga battaglia legale che ha visto coinvolto l’azienda consortile “Insieme per il sociale”, che gestisce i Centri Diurni Disabili (Cdd) nei Comuni di Cinisello Balsamo e Cusano Milanino, e l’associazione “Senza limiti”. Oggetto del contendere: il bando di gara per l’affidamento dei servizi a carattere educativo, socio assistenziale e di supervisione nei Cdd dei due comuni milanesi. Il bando, infatti, era stato contestato dall’associazione “Senza limiti”, che aveva fatto ricorso sostenendo che nei Cdd potevano lavorare solo gli operatori in possesso della qualifica di “Educatore Professionale” rilasciato dalle facoltà di Medicina e chirurgia. Per i Comuni invece bastava quella rilasciata da Scienze dell’Educazione. La differenza tra le due è che quella rilasciata da Medicina e chirurgia è specializzata nella prestazione di cure di tipo sanitario.
La Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha) si è schierata da subito con i Comuni. Per un semplice motivo: i Cdd sono luoghi di aggregazione, di formazione, di socializzazione, dove il disabile non è un paziente, ma una persona che partecipa ad attività e incontri. In un primo momento, il Tar della Lombardia ha accolto il ricorso dell’associazione “Senza limiti” e annullato il bando di gara. Il consorzio dei Comuni ha successivamente impugnato questa decisione in appello davanti al Consiglio di Stato, che ha messo definitivamente la parola “fine” alla vicenda. I giudici affermano infatti che non può essere sostenuta la tesi dell’associazione “Senza limiti” “tesa ad assegnare ai centri diuni una prevalente e pressoché esclusiva funzione di cura e assistenza sul piano terapeutico ed infermieristico/medicale dei soggetti in condizione di disabilità”.

In altre parole, il Consiglio di Stato conferma quanto sostenuto dai legali di Ledha: i Centri Diurni Disabili non sono servizi sanitari e le persone con disabilità non sono malati. “Abbiamo intrapreso questa battaglia legale, schierandoci fin da subito a fianco dei Comuni, perché siamo profondamente convinti che il fine ultimo di questi servizi sia quello di favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità”, commenta Alberto Fontana, presidente Ledha. “Non si tratta di negare o sottovalutare le esigenze di cura delle persone con disabilità – aggiunge -. Ma ridurre il tutto di una persona ai suoi problemi di salute, più o meno connessi alla sua menomazione, è per noi sbagliato”.

“Siamo soddisfatti per l’esito positivo di questa battaglia legale. Da un lato per la tutela dei diritti dei lavoratori, ma soprattutto perché le amministrazioni comunali del nostro ambito hanno sempre sostenuto le necessità di pensare ai centri diurni come luoghi educativi e di socializzazione – commenta Gianfranca Duca, assessore alle politiche sociali del Comune di Cinisello Balsamo -. Ledha ci ha supportato in questa battaglia culturale, fornendoci una preziosa consulenza e supporto nella definizione della linea difensiva”. (dp)

A testa alta di Emmanuelle Bercot

“A testa alta“, un film di Emmanuelle Bercot

di Mario Coviello

atestaaltaNel 1959 il film di un esordiente chiamato François Truffaut lasciò il suo segno sul festival di Cannes con la storia di un ragazzino difficile, malamato in famiglia, finito in un istituto correzionale. Era “I 400 colpi”.

Albert Einstein diceva: “Non esistono grandi scoperte né reale progresso finché sulla terra esiste un bambino infelice.” Dall’alto della sua saggezza non sbagliava. Il legame con l’ultimo film di Emmanuelle Bercot, A Testa Alta (La Tête Haute), presentata in apertura al Festival di Cannes 2015 (il film è uscito la scorsa settimana in Italia in occasione della giornata mondiale dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza), è significativo ai fini della storia e della sua possibile analisi.

Qual è il prezzo da pagare per vedere gli occhi di un bambino colmi di gioia e il suo sguardo disteso se durante l’infanzia gli è stato rubato il sorriso?
“L’educazione è un diritto fondamentale. Esso deve essere assicurato dalla famiglia, ma se essa non vi provvede, spetta alla società assumersene l’onere”, recita la nostra Costituzione.

Il film è la storia di un adolescente infelice, un giovane smarrito senza una guida, è l’immagine riflessa allo specchio di una anima triste, avvolta nell’ombra di un’apparente cammino di crescita la cui retta via non è mai stata tracciata. Malony è un ragazzo che non ha avuto una madre capace di seguirlo passo dopo passo, ed è costretto a vivere un tragico dramma esistenziale, infettato di dolore e solitudine, in perenne equilibrio tra ragione e istinto.

Per una società che vuole ampliare i suoi orizzonti in nome di un progresso mirato è fondamentale stabilire un contatto con i cittadini più bisognosi , tracciando un percorso ‘educativo’ che garantisca loro un futuro e una graduale integrazione comunitaria. Ognuno deve poter camminare “a testa alta” Ed è grazie al lavoro di persone che svolgono con passione e fedeltà il proprio mestiere che esiste ancora oggi una ferma speranza per l’avvenire, la volontà di riuscire a cambiare lo stato dei fatti e a sanare l’insanabile.

Giustizia, tenacia e solidarietà, il messaggio lanciato dalla regista francese è chiaro: A Testa Alta focalizza l’attenzione su una pagina triste e spiazzante della storia di un minorenne problematico, “out of control”, e di una famiglia ‘adottiva’ che cerca di salvarlo dalla perdizione con tutti i mezzi possibili per guidarlo verso un’ideale strada che porta alla redenzione.

“Il punto di partenza del film ha radici molto specifiche” – spiega la regista – “ Ho uno zio educatore e da bambina ero andata a trovarlo in Bretagna dove era responsabile di un campo estivo per giovani delinquenti. Uno di loro era un bambino. Da ragazza di buona famiglia, sempre protetta e incoraggiata, ero affascinata dal comportamento di questi adolescenti che non avevano avuto la mia stessa fortuna, ero attratta dalla loro insolenza, dal loro atteggiamento ribelle nei confronti dell’autorità e delle convenzioni sociali. Allo stesso tempo ammiravo lo sforzo di mio zio e degli altri assistenti sociali per rimetterli in carreggiata, educarli, insegnar loro ad amare se stessi e gli altri, portare rispetto ai propri simili, ma soprattutto a se stessi. Il ricordo è rimasto in me così presente che da adolescente volevo diventare un giudice minorile. Questo ricordo mi ha spinto a fare un film sull’argomento”.

Emmanuelle Bercot con grande capacità legge attentamente le situazioni, utilizza la macchina da presa in modo utile ed essenziale e mette a proprio agio gli attori, lasciandoli liberi di muoversi sulla scena e di sfoderare performance autentiche di incredibile impatto reale. Il film fotografa lo spaccato sociale della Francia di oggi,la Francia ferita dagli attentati a Parigi di questo mese, dove il sistema e le istituzioni tutelano appieno i diritti dei minori, favorendo l’educazione piuttosto che la repressione

In un via vai tra trasferimenti in ostelli della gioventù sperduti nella bucolica realtà di una Francia contadina legata all’agricoltura intensiva ed istituti di correzione, tra sbandate di testa ed isterie ingovernabili, forse alla fine il ragazzo riuscirà a capire sulla sua pelle il valore della famiglia e le responsabilità che gli competono quando da ragazzo e figlio diviene genitore precoce e per nulla deliberato o programmato.

Quando in un film si narra il disagio giovanile, la mente va quasi istantaneamente a registi come i fratelli Dardenne e Van Sant e, andando più indietro nel tempo, come ho scritto all’inizio, a maestri del cinema come Truffaut. Ai docenti, agli operatori sociali, alle persone che hanno il coraggio di guardare avanti, in queste settimane di paura, consiglio la visione di questo film da vedere e far vedere.

Lavoro, Poletti: piuttosto parliamo di docenti e meritocrazia

da Il Fatto Quotidiano

Lavoro, Poletti: piuttosto parliamo di docenti e meritocrazia

Non c’ero. Non l’ho sentito di persona. Il che è stato un bene perché, anche se non è stagione, avrei rischiato di verificare le teorie associate al celebre articolo scientifico di George Perec “Experimental Demonstration of the Tomatotopic Organization in the Soprano. (Cantatrix sopranica L.)”, avvalendomi dell’assistenza involontaria dell’onorevole ministro Poletti.

La stampa riporta che il ministro Giuliano Poletti abbia dichiarato che “Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21. Così – ha aggiunto il ministro-  un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare”. Mentre nel nostro paese, ha spiegato Poletti, “abbiamo un problema gigantesco: il tempo. I nostri giovani arrivano al mercato del lavoro in gravissimo ritardo. Quasi tutti quelli che incontro mi dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro e fare la gara con chi ha sei anni di tempo in più diventa durissimo”.

Ministro, forse lei non ha capito che il giovane (quanto odio il termine “giovane”..) non ha bruciato proprio niente. Ha solo buttato via tre anni dimostrando un bel nulla di niente. Ministro, quelli che incontra dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro, le dicono anche che hanno una laurea con il massimo dei voti, la lode e il bacio accademico?

Non si tratta di prendere in tre anni una laurea con una votazione di 97 centesimi. Bisogna capire che se ci si iscrive all’università l’obiettivo è di conseguire la laurea con il massimo dei voti che si è in grado di prendere nel tempo richiesto, non un semestre in più, vivendo quei tre anni in apnea, studiando tutto il tempo necessario, investendo su se stessi. L’unica risorsa su cui si può contare. Se non rispetti la tabella di marcia sei fuori, non in parcheggio per un imprecisato numero di anni fino a che l’agognata laurea viene concessa per sfinimento del corpo docente.

Certo, avere un sistema universitario dove la regola sono i docenti strutturati a tempo pieno – oggi sono l’eccezione; basato su meritocrazia e selezione, su serietà e impegno; dove gli studenti sono seguiti e viene loro insegnato oltre a un sapere anche l’etica civile e professionale, di certo faciliterebbe le cose. Già, ma di questo signor ministro non ne ha parlato, vero?

Invece di chiedere scusa di avere ridotto il sistema educativo nazionale a una pelle di leopardo con poche macchie di eccellenza ancora alimentate dai pochi che non hanno gettato la spugna, si propongono umilianti soluzioni di compromesso.

Mi sorge un dubbio: ministro, stava consigliando gli studenti o i suoi colleghi della politica?

Il 91 % studenti italiani pensa di trovare lavoro entro 5 anni dalla laurea

da La Stampa

Il 91 % studenti italiani pensa di trovare lavoro entro 5 anni dalla laurea

Negli universitari cresce l’intenzione di andare all’estero

Il 91% dei giovani universitari italiani tra i 19 e i 26 anni è convinto di trovare un lavoro entro i prossimi 5 anni. È quanto emerge dalla seconda edizione dell’osservatorio di L’Oréal Italia realizzata da Eumetra Monterosa dal titolo “Gli studenti universitari guardano al mondo del lavoro – scelte e aspettative dei giovani italiani”. Inoltre, il 76% dei ragazzi italiani che frequentano l’Università in Italia o all’estero, crede che questo lavoro sarà anche soddisfacente, coerente con gli studi svolti per il 75% di loro, socialmente utile per il 71%.

«La ricerca L’Oréal ha il grande merito di avere aperto un canale di ascolto sulle percezioni e aspirazioni degli studenti italiani – ha dichiarato il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Stafania Giannini – e ha evidenziato il loro pragmatismo lucido e il loro ottimismo. Dobbiamo rispondere a questo patrimonio di disponibilità e fiducia e come Governo stiamo rimettendo al centro dell’agenda politica e sociale il valore dell’istruzione. L’Istruzione di qualità – ha concluso Giannini – è la leva fondamentale per creare società migliori».

Gli studenti ritengono che i punti di forza delle università italiane siano un’eccellente preparazione teorica (26%), le competenze dei docenti (11%) e l’ampia scelta dei corsi di specializzazione (11%), anche se il 20% sottolinea che l’aspetto fondamentale da migliorare delle nostre accademie sia la capacità di preparare al mercato del lavoro rafforzando la connessione con le imprese.

«Come imprese – ha commentato Cristina Scocchia, amministratore delegato l’Oréal Italia – dobbiamo saper dialogare con una generazione matura, consapevole che le inclinazioni personali devono essere rispettate e coltivate, una generazione che ricerca aziende dove poter crescere senza sacrificare nulla della propria individualità».

Rispetto alla precedente edizione, negli universitari cresce l’intenzione di andare all’estero (+11%): il 47% dei giovani ha avuto o vorrebbe avere nel prossimo anno un’esperienza di studio fuori dal nostro paese, principalmente per imparare o perfezionare la lingua (56%), a dimostrazione di una maggiore consapevolezza dell’importanza di confrontarsi in contesti internazionali.

Inoltre, l’85% degli studenti crede che all’estero ci siano più opportunità lavorative che in Italia perché il mercato del lavoro è più aperto, flessibile e meritocratico. Il 70% dei ragazzi intervistati, infatti, vorrebbe meno raccomandazioni e maggiore meritocrazia in Italia.

Riforma, domenica 29 novembre assemblea nazionale contro legge 107

da La Tecnica della Scuola

Riforma, domenica 29 novembre assemblea nazionale contro legge 107

“Ripresa della lotta per una buona scuola per la Repubblica e contro la pessima legge 107”: è l’ordine del giorno dell’assemblea nazionale del movimento per la scuola.

All’assemblea, che si svolgerà a Roma domenica 29 novembre, sono state invitate tutte le organizzazioni sindacali della scuola, comitati e associazioni e quelle che si occupano di lavoro, ambiente e questioni istituzionali.

“Hanno già assicurato la loro presenza – informa il Comitato nazionale di sostegno alla Legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica (Lip) che ha promosso l’iniziativa – rappresentanti di Fiom, Coordinamento per la democrazia costituzionale, Libertà e Giustizia, Comitato acqua bene comune, Cobas scuola, Flc-Cgil, Gilda, Unicobas, Usb Pubblico Impiego/ Scuola nazionale, Usi, Associazione Adam, And, Illumin’Italia, Associazione Per la scuola della Repubblica, Unione degli studenti, Comitati locali Lip, Comitati locali per la scuola pubblica”.

A questa lista si aggiungono parlamentari dei gruppi 5 stelle, Sinistra italiana, Misto ed esponenti di Prc e Possibile.

Autunno caldo? No, tiepido anzi freddo

da La Tecnica della Scuola

Autunno caldo? No, tiepido anzi freddo

Quello che doveva essere – almeno sul piano sindacale – l’autunno più caldo degli ultimi anni, si appresta invece ad essere archivio con un autunno freddo o, al massimo, tiepido.

A luglio si parlava di “un Viet-nam in ogni scuola” mentre le cronache raccontano che – tranne casi del tutto sporadici – la riforma viene metabolizzata e assorbita senza troppi intoppi.
Lo sciopero del 13 novembre proclamato dal sindacalismo di base non è andato molto al di là del 3 per cento di adesioni, anche se i dati andrebbero analizzati un po’ meglio “perchè – fa osservare Stefano d’Errico (Unicobas) in un ampio documento pubblicato negli ultimi giorni – ci sono città come Cagliari, Nuoro, Livorno, Bologna e Roma con percentuai ben più significative, tra i 6 e l’11 per cento, a dimostrazione che non c’è nessuna pacificazione in atto”.
Sta di fatto che i sindacati del comparto scuola si sono limitati ad aderiire ad una manifestazione di tutto il pubblico impiego prevista per la giornata di domani mentre, visti i tempi necessari per proclamare uno sciopero, è ormai pressochè certo che di sciopero non si parlerà più.
Sembra insomma che i sindacati del comparto abbiano già deciso di deporre le armi non solo sulla questione della applicazione della legge 107 ma anche sul tema del rinnovo del contratto visto e considerato che nella legge di stabilità, almeno per ora, lo stanziamento previsto per questa voce è poco più che simbolico.
Ed è anche molto strano che nessuno dica nulla sui risparmi legati ad un piano di assunzioni più ridotto rispetto a quanto previsto dalla legge (si parla di un importo che potrebbe variare dai 400 ai 700 milioni di euro).
Qualche novità potrebbe arrivare invece domenica 29 dalla assemblea nazionale promossa dal Comitato a sostegno della LIP scuola nel corso della quale si parlerà dei referendum abrogativi ma anche della situazione creatasi nelle scuole dopo l’approvazione della legge 107.

Stipendi fermi, in 5 anni persi 4.800 euro a lavoratore

da La Tecnica della Scuola

Stipendi fermi, in 5 anni persi 4.800 euro a lavoratore

Tra inflazione e blocco della contrattazione, in sei anni, i lavoratori pubblici hanno perso in media circa 4.800 euro lordi a testa.

La quantificazione di perdita in busta paga, conseguente al blocco contrattuale avviato nel 2009 per tutti i dipendenti pubblici, è stata calcolata dalla Fp-Cgil, alla vigilia della manifestazione nazionale dei servizi e dei settori pubblici, fissata per sabato 28 novembre a Roma.

I lavoratori manifesteranno chiedendo al Governo segnali chiari. Lo slogan coniato per l’occasione sarà ‘Contratto subito’.

In piazza scenderanno 25 sigle in rappresentanza di scuola, sanità, funzioni centrali, servizi pubblici locali, sicurezza e soccorso, università, ricerca, afam e privato sociale.

La giornata di mobilitazione, hanno annunciato con un comunicato unitario Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa, servirà per lanciare un messaggio al governo: “se davvero vuol cambiare il paese non può lasciare i settori e servizi pubblici a un destino di abbandono. Una tendenza da invertire attraverso il contratto e non con le imposizioni legislative: la sola via per un cambiamento vero che investa su professionalità e competenze e che migliori i servizi ai cittadini”.

Concorso docenti: se non sarà l’1 sarà il 2, ma siamo in dirittura d’arrivo

da La Tecnica della Scuola

Concorso docenti: se non sarà l’1 sarà il 2, ma siamo in dirittura d’arrivo

Nessun rinvio: il concorso per titoli ed esami per portare direttamente in cattedra oltre 63mila nuovi insegnanti verrà pubblicato la prima settimana di dicembre.

Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, parlando a margine della sua visita a “Job&Orienta” a Veronafiere, sulla pubblicazione del concorso previsto nell’abito della riforma “La buona scuola”, che si implementa nei vari gradi di assunzioni, ormai giunte al capolinea.

“L’iter, come sempre nel nostro Paese, è complesso, ci sono vari atti formali in corso. L’1 dicembre è martedì prossimo, se non sarà l’1 sarà il 2, ma siamo in dirittura d’arrivo”, ha dichiarato il responsabile del Miur, confermando così in pieno le previsioni della Tecnica della Scuola. Come, del resto, già previsto dalla Legge 107 del 2015.

“Il concorso è un altro passo fondamentale – ha tenuto poi a dire Giannini – perché è il ripristino della Costituzione”.

Questo passaggio, ha concluso il ministro, è fondamentale, perché è finalizzato ad una “selezione di qualità per giovani”.

È infine anche assodato che il concorso si effettuerà sulla base delle nuove classi concorsuali, su cui si è anche espresso un paio di giorni fa la commissione Istruzione del Senato e che a breve dovrebbe avere anche il via libera definitivo del Consiglio dei ministri.

Dirigenti scolastici, cosa accade quando si sospende un docente dal servizio

da La Tecnica della Scuola

Dirigenti scolastici, cosa accade quando si sospende un docente dal servizio

Maria Elena Burgello (*)

La recentissima sentenza n. 690 del 3 novembre 2015 del Tribunale di Lodi, Sezione Lavoro, offre lo spunto per una riflessione intorno ad una questione di non poco rilievo per gli operatori dell’amministrazione scolastica.

Il provvedimento in parola si inserisce in un orientamento giurisprudenziale, per il momento piuttosto isolato e non (ancora) consolidato, in base al quale è precluso al dirigente scolastico il potere di comminare la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio fino a dieci giorni nei confronti del personale docente.

Il Giudice lodigiano, con una motivazione piuttosto epigrafica ha stabilito che: “il dirigente scolastico non è dotato del potere di irrogare al personale docente la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione” in quanto “l’interpretazione delle norme di legge e di contratto collettivo portano a ritenere che la competenza del dirigente debba ritenersi limitata alle infrazioni di minore gravità”.

Nella specie, per il giudicante, detto assunto troverebbe giustificazione nell’interpretazione dell’art. 492 del D.L.vo 297/94 in combinato disposto con l’art. 55 bis del D.L.vo n. 165/2001.

Com’è noto, effettivamente, ai sensi dell’art. 492 del D.L.vo n. 297/94, ancora vigente, le sanzioni irrogabili al personale docente sono:

a) censura;

b) sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese;

c) sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio da oltre un mese a sei mesi;

d) sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio per un periodo di sei mesi e l’utilizzazione, trascorso il tempo di sospensione, per lo svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o direttiva;

e) la destituzione.

L’art. 55 bis, comma 1, del D.L.vo n. 165/2001, così come modificato dal D.L.vo n. 150/2009, ha introdotto un tipo di procedimento disciplinare c.d. breve o semplificato, la cui competenza è stata attribuita direttamente al responsabile della struttura nella quale lavora il dipendente, purchè, ovviamente, abbia qualifica dirigenziale. Detto tipo di procedimento interessa le infrazioni di minore gravità ovvero quelle per le quali siano comminabili sanzioni superiori al rimprovero verbale, sino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per una durata massima di dieci giorni.

E, dunque, per il tribunale di Lodi il dirigente scolastico non può comminare la sospensione dal servizio fino a dieci giorni giacché, a differenza di quanto previsto per il personale Ata, per il personale docente, a mente del predetto art. 492 D.L.vo n. 297/94, non è prevista analoga sanzione.

Il giudicante ha, essenzialmente, tenuto conto del solo principio di tipicità e tassatività delle sanzioni.

E tuttavia, poco “protetto” sembra l’approdo normativo cui il giudice ha ricondotto il caso!

Infatti, a giudizio di chi scrive, l’avallo normativo posto a fondamento della sentenza in esame appare carente poiché la fattispecie non può ritenersi esaurita e risolta attraverso il richiamo del mero (per quanto rilevante) principio di tipicità delle sanzioni.

Nel tentativo di svolgere una più compiuta ricostruzione del quadro normativo all’interno del quale collocare l’odierna fattispecie, si osserva che il D.L.vo n. 150/2009 ha dispiegato, come è noto, un incisivo intervento in materia disciplinare al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici e di contrastare fenomeni di scarsa produttività.

La materia era prima largamente affidata alla contrattazione collettiva, sia per la definizione delle fattispecie di illecito disciplinare e delle relative sanzioni, sia per la regolazione dei profili procedurali. Il D.L.vo n. 165/2001 conteneva solo alcune norme di principio, più che altro relative al procedimento ed alla eventuale impugnazione delle sanzioni, con ampi rinvii alla contrattazione ed allo Statuto dei Lavoratori, il tutto contenuto negli artt. 55 e 56.

La riforma del 2009 muove da un innovativo (a seconda dei punti di vista!) presupposto fondamentale: la materia disciplinare è affidata prevalentemente alla legge ed in particolare a disposizioni caratterizzate dal principio dell’imperatività, con conseguente sostituzione automatica delle clausole contrattuali nulle per contrasto con norme imperative. Pur restando il rinvio alla contrattazione collettiva per la definizione delle infrazioni e delle relative sanzioni, viene, ad ogni modo, fatto salvo quanto previsto dai nuovi articoli inseriti nell’originario D.L.vo 165/2001 dopo l’art. 55. Il che significa che le norme introdotte dalla riforma non chiudono gli spazi alla disciplina di fonte contrattuale, ma la integrano , delineando inderogabilmente alcune fattispecie.

Anzitutto, la riforma ha introdotto un nuovo modello procedurale dell’azione disciplinare prevedendone forme e termini proprio nell’art. 55 bis del novellato D.L.vo 165/2001. La norma ha senza dubbio introdotto un nuova rappresentazione delle c.d. infrazioni di minore gravità che il Legislatore ha ritenuto, conseguentemente, di punire con sanzioni che vanno dal rimprovero verbale alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a 10 giorni.

Se ne deduce che, per tutti i pubblici dipendenti, la gamma delle sanzioni meno gravi siano, oggi, da considerare quelle che spaziano dal rimprovero verbale alla sospensione fino a 10 giorni.

In disparte l’affermato principio di prevalenza della legge rispetto al contratto, non vi è dubbio che la disposizione di cui all’art. 55 bis, primo comma, del D.L.vo n. 150/2009 abbia modificato il citato art. 492 del D.L.vo n. 297/94, in ragione del principio della successione nel tempo delle leggi, con la evidente conseguenza che le sanzioni di minore gravità previste per il personale docente non possono più ritenersi esclusivamente il rimprovero verbale e la censura, ma a quelle deve aggiungersi anche la sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a 10 giorni.

Per completezza, si rammenta altresì che per il principio del tempus regit actumdeve essere applicata la normativa vigente al momento dell’adozione del provvedimento.

Ciò premesso, è fuori discussione che la competenza ad irrogare le sanzioni di minore gravità sia da ascrivere ad un soggetto avente qualifica dirigenziale; e, d’altra parte, è quanto dispone espressamente il medesimo art. 55 bis.

Ora, non vi è chi non riconosca che il “preside” sia un dirigente!

A fugare eventuali dubbi è doveroso richiamare l’art. 25 del D.L.vo n. 165/2001, intitolato “dirigenti delle istituzioni scolastiche”, nella parte in cui la norma stabilisce che : “il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane”. Ed ancora: “nell’ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale”.

Ne deriva che il personale della scuola, compreso chiaramente il personale docente, è assoggettato al potere direttivo del dirigente scolastico, potere da cui direttamente promana quello disciplinare, circoscritto, per le considerazioni che precedono al rimprovero verbale, alla censura ed alla sospensione dal servizio fino a 10 giorni.

(*) Funzionario Miur

Firmata Intesa tra Miur e Confindustria

da tuttoscuola.com

Firmata Intesa tra Miur e Confindustria
I dati Miur sull’alternanza: +12,79% dei percorsi in licei, istituti tecnici e professionali nel 2014-15. Parte ora l’alternanza obbligatoria per 1,5 milioni di studenti nel prossimo triennio

Firmato questa mattina a JOB&Orienta un protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Confindustria, che garantirà per i giovani lo sviluppo di competenze e abilità professionalmente riconoscibili e spendibili nel mercato del lavoro. L’accordo prevede un’azione congiunta tesa a favorire la diffusione nelle scuole della pratica dell’alternanza scuola lavoro, resa obbligatoria dalla recente legge di riforma del sistema di istruzione per tutti gli studenti degli ultimi tre anni della scuola secondaria di secondo grado. Con il Protocollo Confindustria si impegna a sostenere l’attuazione della “Buona Scuola” mobilitando le aziende associate, anche attraverso la propria articolazione territoriale e settoriale.

Il Protocollo siglato oggi costituisce un importante passo avanti nell’attuazione della ‘Buona Scuola’. Grazie anche a questa intesa il 2016 sarà l’anno in cui scuola e lavoro stringeranno un’alleanza vera” ha dichiarato il ministro Stefania Giannini. “Si tratta di una tappa decisiva verso una maggiore e migliore occupabilità dei giovani. È un grande salto verso un orientamento che mostra subito ai ragazzi la strada per individuare e potenziare i loro talenti”.

L’altro firmatario del Protocollo, il presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Marco Gay, così commenta: “È un passo significativo anche per le imprese, che da lungo tempo chiedono l’alternanza nella formazione: aiuterà non solo i ragazzi a conoscere prima il mondo del lavoro ma anche le aziende, promuovendone lo sviluppo con nuove competenze”.

 

L’alternanza scuola lavoro integra l’istruzione con la formazione “on the job”, ossia svolta in un contesto lavorativo. Novità di quest’anno, i percorsi di alternanza potranno essere svolti anche in periodi extrascolastici (inclusi i mesi estivi) e all’estero. Inoltre le strutture riceventi potranno essere anche enti pubblici e istituzioni culturali.

Intanto, i dati relativi all’alternanza riferiti all’anno scolastico 2014-2015 evidenziano già un aumento dei percorsi realizzati negli istituti tecnici, negli istituti professionali e nei licei, così come è cresciuto in misura rilevante il coinvolgimento degli studenti. I dati Miur (sempre per l’anno scolastico 2014-2015) evidenziano che il 48,56% delle scuole secondarie di secondo grado ha utilizzato questa metodologia didattica: 2.756 sul complessivo di 5.675, di cui 1.109 sono istituti tecnici (il 55,56% del totale di questa tipologia di istituti), 1.051 sono istituti professionali (il 68,51% del totale dei professionali) e 596 sono licei (il 27,79% del totale dei licei).

Nell’anno scolastico in corso, a seguito della riforma, il numero degli studenti impegnati in attività di alternanza scuola lavoro salirà sensibilmente, coinvolgendo più di 720mila studenti (il 27,35% del totale degli alunni delle scuole secondarie di secondo grado): di questi circa 529mila iscritti nelle classi terze (in modalità obbligatoria).

Fra tre anni, dunque a regime, l’attività di alternanza scuola lavoro coinvolgerà circa un milione e mezzo di studenti. Le imprese e le altre strutture ospitanti, sia pubbliche che private, sono chiamate quindi a uno sforzo comune per offrire alle ragazze e ai ragazzi l’opportunità di acquisire le cosiddette “nuove competenze della scuola del ventunesimo secolo”. Obiettivo a cui stanno lavorando anche Unioncamere e il Miur per costruire un Registro nazionale delle imprese, che raccoglierà le aziende disponibili a ospitare ragazzi in alternanza.

Help! Help! Piccolo terremoto nelle scuole per l’organico potenziato

da tuttoscuola.com

Help! Help! Piccolo terremoto nelle scuole per l’organico potenziato

Non sappiamo ancora quanto sia diffuso l’effetto non positivo provocato dall’applicazione dell’organico potenziato nelle scuole, ma, stando ad alcune segnalazioni delle ultime ore, sembra proprio che le cose non stiano andando come si sperava.

Il ministero non ha ancora fornito indicazioni sull’utilizzo dei docenti dell’organico potenziato e, soprattutto, non ha chiarito se, assenti per varie ragioni (in primis supplenti annuali in altre scuole), potranno essere sostituiti. Ma c’è dell’altro.

In taluni casi, a fronte dell’assegnazione virtuale di sei-sette docenti dell’organico aggiuntivo (assegnazione che aveva fatto ben sperare), in effetti non è arrivato nessuno perché i destinatari hanno fatto scelte diverse..

Contemporaneamente diversi docenti impegnati in supplenza temporanea hanno interrotto il servizio per la nomina in ruolo altrove e non possono essere sostituiti per mancanza di docenti del potenziato o impraticabilità della graduatoria d’istituto.

Vi sono dirigenti che, per non interrompere il servizio, hanno chiesto prestazioni aggiuntive straordinarie al personale di ruolo.

Insomma, invece del bel tempo è arrivata la pioggia con grandine.

Forse il tutto è determinato da un primo impatto che troverà (speriamo, a breve) un assestamento positivo, ma nel frattempo vi è una sofferenza organizzativa non da poco.

Ed è augurabile che non sia generalizzata.

Concorso dirigenti: 700 posti? Preoccupazione di DiSAL

da tuttoscuola.com

Concorso dirigenti: 700 posti? Preoccupazione di DiSAL

Nel suo intervento al Consiglio nazionale di DiSAL a Palermo due settimane fa, il sottosegretario all’istruzione, Davide Faraone, a proposito del reclutamento dei dirigenti scolastici aveva dichiarato che il Miur stava riscrivendo il regolamento relativo al bando di concorso per la assunzione dei dirigenti scolastici con l’intento sia di superare il modello che prevede forme preselettive basate su test sia la delega alla Scuola Pubblica amministrazione per la realizzazione del concorso e della formazione dei dirigenti scolastici.

La notizia era sta accolta con favore da tutto il Consiglio nazionale in quanto da sempre sostenuta da DiSAL, favorevole a forme di reclutamento che valorizzino le esperienze professionali dei concorrenti e modalità di formazione che rafforzino un profilo di dirigente non solo esperto di tematiche gestionali ed amministrative, ma anche formative e pedagogiche.

Faraone non aveva parlato del numero di posti da mettere a concorso e ora, proprio su questo elemento non secondario, il giudizio di DiSAL si fa più preoccupato, come si evince da un comunicato dell’Associazione

“Nel riportare una delle voci circolanti sul tema, dopo le comunicazioni che il sottosegretario Faraone aveva dato al Consiglio nazionale di DiSAL a Palermo, ci auguriamo che la notizia dei 700 posti non sia fondata.

Infatti se così fosse, una volta espletata tutta la procedura del concorso (quella del 2011 ha impiegato 4 anni !!!) si coprirebbe solamente un quinto del fabbisogno. Vale a dire: si avvierebbe una macchina assolutamente inutile rispetto al fabbisogno reale. Sarebbe veramente sconfortante allora vedere confermata la prassi pluridecennale dell’amministrazione scolastica di non arrivare mai alla stabilizzazione dei posti necessari alla scuola”.